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6.Fattori prognostici e predittivi di risposta

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Academic year: 2021

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6.Fattori prognostici e predittivi di risposta

Già a partire dal 1993, il Radiation Therapy Oncology Group (RTOG), ha condotto un’analisi multivariata su 1.578 pazienti affetti da neoplasie astrocitarie di alto grado, per identificare categorie prognostiche, stratificare i pazienti e fornire un “parametro” per gli studi clinici; è stato usato un metodo statistico non parametrico definito Recursive Partitioning Analysis (RPA), che ha confrontato variabili dicotomiche pre-trattamento, cioè correlate al paziente e al tumore quali l’età, il Performance Status (PS) e l’istologia, con variabili legate al trattamento, quali l’entità della resezione chirurgica e la dose erogata di radioterapia. Sono stati quindi identificati dei gruppi prognostici31. età < 50 KPS < 90 glioblastoma 11,1 mesi età > 50 glioblastoma resezione chirurgica non deficit neurologici

età >50 KPS 70-100 glioblastoma

resezione chirurgica con deficit neurologici sola biopsia seguita da almeno 54.4Gy

8,9 mesi

età >50 KPS < 70 non deficit neurologici

età >50 KPS 70-100 glioblastoma

sola biopsia seguita da meno di 54.4 Gy

4,6 mesi

età >50 KPS < 70 deficit neurologici

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Recentemente, durante l’ASCO 2012, sono stati presentati i dati del Radiotherapy Oncology Group (RTOG) in cui la classificazione RPA veniva integrata con variabili molecolari quali pAKT, c-MET, MGMT, IDH1, profili mRNA; tale modello ha mostrato come l’implementazione di fattori clinici e biologici possa aumentare la capacità di identificare gruppi prognostici significativamente differenti fra loro. Nel 2005 uno studio clinico randomizzato di fase III condotto dall’European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC) e dal National Cancer Institute of Canada (NCIC) dimostrò che l’aggiunta della chemioterapia con Temozolomide alla radioterapia prolungava significativamente la sopravvivenza dei pazienti con glioblastoma di nuova diagnosi32 . Tale studio confermò la validità dei parametri discussi dall’RPA quali variabili pre-trattamento con significato prognostico. Infatti un’analisi esplorativa per sottogruppi, quali età, sesso, radicalità chirurgica, WHO, performance status, uso o meno di corticosteroidi rivelò che nelle diverse classi il beneficio clinico era mantenuto, con la sola eccezione dei pazienti con basso performance status o sottoposti alla sola biopsia. In seguito, a questi parametri fu aggiunto un ulteriore criterio classificativo definito Mini Mental Status (MMS) che indicava la presenza o meno di deficit neurologico33.

Classi Fattori prognostici Sopravvivenza mediana in mesi (RT esclusiva) Sopravvivenza mediana in mesi (RT+ TMZ)

III

età < 50 WHO PS 0 glioblastoma

15

21

IV

WHO PS 1-2 età < 50 glioblastoma età >50 glioblastoma chirurgia totale/parziale MMSE > 27

13

16

V

età >50 glioblastoma solo biopsia MMSE < 27

9

10

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Recentemente, alla tradizionale definizione istopatologica delle neoplasie gliali, si è affiancata una dettagliata caratterizzazione molecolare, mediante l’uso di marcatori dotati di valore predittivo e prognostico, di cui il più importante è la metilazione di MGMT.

Il gene MGMT è collocato nel locus 10q26 e codifica per una proteina del sistema di riparazione del DNA, la O6-metilguanina DNA-metiltransferasi, che rimuove gruppi alchilici potenzialmente mutageni dalla posizione O6 della guanina, un importante sito di alchilazione34. La riparazione del DNA consuma la proteina MGMT, il cui livello deve essere ripristinato per garantire l’omeostasi cellulare. Nel caso in cui invece il danno alle basi nucleotidiche non venga corretto, esso induce morte cellulare per necrosi o apoptosi. Un elevato livello di attività di MGMT nella cellula tumorale annulla quindi l’effetto terapeutico degli agenti alchilanti producendo un fenotipo resistente. Il silenziamento epigenetico del gene MGMT attraverso la metilazione del promotore si associa a perdita della sua espressione e conseguentemente il meccanismo di riparazione del DNA viene annullato. In uno studio di fase II condotto National Center of Competence in Research Molecular Oncology in cui pazienti con di glioblastoma di nuova diagnosi ricevevano un trattamento combinato radio-chemioterapico con Temozolomide, è emerso che la metilazione del promotore del gene MGMT era associata ad un prolungamento della sopravvivenza35. Tale dato fu poi confermato dallo studio randomizzato di fase III condotto da EORTC e NCIC32. Una possibile spiegazione fu avanzata partendo dai dati dello studio traslazionale di accompagnamento, il cui scopo era di valutare lo stato di metilazione del promotore del gene MGMT nei pazienti dello studio suddetto36; tra i pazienti che presentavano metilazione di MGMT vi era un significativo aumento della sopravvivenza nel gruppo trattato con radioterapia e chemioterapia rispetto al gruppo di controllo, rispettivamente 21.7 mesi versus 15.3 mesi; tale differenza era invece marginalmente significativa in assenza di metilazione. Da una recente analisi con un prolungamento del follow up dello studio

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EORTC/NCIC emerge che il trattamento con Temozolomide mantiene un beneficio in sopravvivenza statisticamente significativo37.

Figura 21:Meccanismo d’azione del promoter MGMT.

La valenza prognostica di questa alterazione epigenetica è stata confermata nel 2012 anche in una analisi del Medical Research Council britannico (MRC12) in cui alla recidiva dopo sola radioterapia i pazienti affetti da glioblastoma ricevevano chemioterapia con temozolomide o secondo lo schema PCV (CCNU, procarbazina, vincristina)38. Oltre allo studio sopracitato un ulteriore recente studio ha dimostrato l’importanza della determinazione dello stato di metilazione alla diagnosi e non alla recidiva in quanto il pattern di metilazione può variare, specialmente dopo trattamento chemio-radioterapico, al ripresentarsi della malattia. Il valore prognostico della metilazione di MGMT non viene però mantenuto al momento della recidiva lasciando ipotizzare che meccanismi di resistenza possano insorgere con il progredire della malattia.

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Oltre alla metilazione di MGMT un’altra mutazione che ha acquisito rilevanza clinica è quella della isocitrato deidrogenasi 1 e 2(IDH 1 e IDH 2). Questo enzima, appartenente alla classe delle ossido reduttasi, coinvolte nel ciclo di Krebs svolge la sua funzione di catalizzatore del terzo step del ciclo con la produzione di α-chetoglutarato e CO2 e la trasformazione di NAD+ in NADH. La mutazione di IDH1 rappresenta inoltre un potente fattore prognostico ed è frequentemente correlato ad uno fenotipo metilatore del DNA. Una recente analisi genome-wide ha evidenziato che mutazioni somatiche nel codone 132 del gene dell’IDH1 sono presenti nel 12% dei glioblastomi con maggior frequenza i in pazienti giovani e affetti da glioblastoma secondario. Tale gene codifica per una carbossilasi che converte l’isocitrato in α-ketoglutarato, con produzione di NADPH; quest’ultimo riduce il glutatione, che funge da antiossidante nel metabolismo cellulare. La forma mutante dell’enzima porta alla formazione di un substrato – il 2-idrossi-glutarato (D-2HG) – che rappresenta un oncometabolita in grado di modificare lo stato di metilazione del DNA. Su tale evidenza è stato effettuato uno studio, condotto da Yan, su 445 neoplasie del sistema nervoso centrale e 454 neoplasie extra-craniche: lo scopo era valutare la prevalenza delle mutazioni a carico dei loci di IDH1 e IDH2, quest’ultimo codificante per un prodotto enzimatico con funzione analoga. Le mutazioni erano presenti nell’ 85% dei glioblastomi secondari, nel 5% dei glioblastomi de novo e nello 0% dei glioblastomi pediatrici. I pazienti con glioblastoma con IDH1 e IDH2 mutati erano significativamente più giovani di quelli privi di mutazione (34 anni verso 56, 32anni verso 59, rispettivamente)39.

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Figura 22: Meccanismo d’azione di IDH1 e IDH2.

In uno studio condotto dal Gruppo Ospedaliero del Pitié-Salpêtrière di Parigi nel 2010 sono state prese in considerazione tre varianti della linea cellulare di glioblastoma (HTB14): una linea detta “pure”, una che iperesprime il gene IDH1 wild-type (WT) ed infine una che iperesprime il gene IDH1 mutato (MUT),in quest’ultimo gruppo la spettroscopia di massa ha mostrato la presenza di elevate quantità di D-2HG. L’effetto del D-2HG è stato testato valutando l’influenza che concentrazioni note di D-2HG hanno sulla crescita cellulare, studiando l’influenza che cellule produttrici di D-2HG esercitano su altre linee cellulari e confrontando la crescita spontanea in vitro e in vivo di cellule produttrici di 2HG. I risultati ottenuti dallo studio evidenziano che in vitro, la comparazione della velocità di crescita spontanea tra le tre linee cellulari non mostra una prevalenza delle cellule che formano D-2HG. Al contrario, le osservazioni in vivo hanno evidenziato che le cellule mutate rispetto alle wild type presentano una più marcata tendenza a formare

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il tumore. Il D-2HG aggiunto alle tre linee cellulari esercita un effetto stimolante, infatti determina un netto effetto promuovente sulla proliferazione dei primi. Da queste osservazioni fu dimostrato che il D-2HG non é un prodotto inerte ma, anzi, portatore di un vantaggio biologico e rende verosimile l’ipotesi che la mutazione IDH1 conferisca alle cellule tumorali gliali la capacità di stimolarsi a vicenda in senso pro-proliferativo mediante un vero e proprio effetto paracrino40.

Figura

Tabella 2: classi prognostiche secondo RTOG
Tabella 3: classi prognostiche secondo EORTC
Figura 21:Meccanismo d’azione del promoter MGMT.
Figura 22: Meccanismo d’azione di IDH1 e IDH2.

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