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Academic year: 2021

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1 S

INTASSI

E

TESTUALITÀ

1.1 D

IALOGO E NARRAZIONE

Il dialogo è certamente una componente essenziale del realismo e della drammaticità della Commedia, come si evince fin da un semplice riscontro quantitativo: il discorso riportato diretto infatti occupa 7804 versi su un totale di 14233, corrispondente al 55%. Appare rilevante poi che le parole dei personaggi siano riportate dal narratore quasi esclusivamente in forma diretta mentre sono scarsamente utilizzate nel poema le diverse forme indirette del discorso riportato pur possibili e ben attestate nella prosa narrativa coeva1. Del resto, l'autore stesso, nel momento dell'investitura profetica in conclusione del percorso purgatoriale, fa pronunciare a Beatrice le seguenti parole:

Tu nota; e sì come da me son porte, così queste parole segna a' vivi del viver ch'è un correre a la morte. (Pg XXXIII 52-54)

La maestria di Dante nella costruzione delle scene dialogiche è stata a più riprese sottolineata nella secolare esegesi del poema e in effetti il dialogo mi sembra rientrare appieno in quei meccanismi di «sottrazione di informazione»2 che sono una delle componenti essenziali del realismo dantesco: l'allusione continua dei personaggi al contesto dell'enunciazione e a conoscenze non contestuali che solo i parlanti e presumibilmente i lettori contemporanei condividono, infatti, fanno sì che spesso anche i discorsi più retoricamente elaborati, a una lettura continua, sembrino intuitivamente avere i tratti di una conversazione reale, nella quale il parlante, secondo un principio di economia, dice solo ciò che è strettamente necessario per farsi comprendere dall'interlocutore. In altre parole si ha l'impressione che la conversazione non si svolga «per il lettore», ma «davanti al lettore», il quale

percepisce l'universo fittizio del libro non diversamente da come percepisce la realtà circostante: a volte, con piena cognizione di ciò che vede e ascolta; altre volte, con cognizioni solo parziali; spesso semplicemente per induzione o per intuizioni; non di 1 Su cui cfr. da ultimo Colella 2012b e Ferraresi-Goldbach 2010. Per una trattazione teorica

sull'italiano contemporaneo v. Calaresu 2000 2 Tavoni 2009: 31-32.

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rado senza comprendere ciò che vede e ascolta (Santagata 2007: 69).

La narrazione del viaggio ultraterreno di Dante si realizza perciò con un continuo passaggio da un piano enunciativo all'altro, secondo l'alternanza diegesi/mimesi che fin da Aristotele è individuata come una delle caratteristiche strutturali della narrazione, e l'intero poema potrebbe essere interpretato come una grande «rappresentazione e riproduzione di discorsi». Questa espressione, utilizzata da Calaresu (2000: 30) nel suo studio teorico sul discorso riportato, sviluppato a partire da un corpus di parlato contemporaneo, può definire sotto una luce forse nuova anche il poema dantesco. La definizione «rappresentazione e riproduzione di discorsi», che comprende il contesto citante e il discorso riportato vero e proprio, intende sottolineare tre aspetti di questo processo discorsivo: 1) la distanza di contesto dei due piani enunciativi e la rielaborazione formale rispetto all'“originale”; 2) la possibilità che il discorso riportato non sia mai stato pronunciato (e dunque il possibile carattere finzionale dell'enunciazione di primo grado rispetto all'enunciazione di grado zero); 3) il carattere teatrale del discorso diretto, per cui l'emittente costruisce una “scena” all'interno della quale anima diversi personaggi.

Osservando la Commedia sotto questo punto di vista, una domanda che sorge immediatamente nel tentare di descrivere un profilo della sintassi del periodo del poema è quali caratteristiche pragmatiche e linguistiche del testo mutino con il mutare del centro deittico dell'enunciazione.

Nelle sezioni diegetiche il centro deittico è il narratore omodiegetico, che narra in retrospettiva il viaggio compiuto. La funzione pragmatica di queste parti è dunque prioritariamente quella di narrare una storia3, per cui prevalgono l'utilizzo della terza persona e l'uso dei “tempi della storia” (Benveniste 1966)4, cioè dei tempi passati, ma 3 Del resto, costituzionalmente «il testo narrativo può includere (e anzi tipicamente include) anche sequenze non narrative, di tipo descrittivo, esplicativo, argomentativo: tali sequenze, che nei testi più elaborati possono raggiungere anche una notevole estensione, sono tuttavia funzionalmente subordinate al resoconto di eventi, che costituisce lo specifico del testo narrativo» (Roggia 2011) 4 «Più precisamente, gli studi sui tempi verbali in prospettiva testuale (Benveniste 1966; Weinrich

1964) hanno mostrato che il paradigma temporale dell’italiano come quello di altre lingue affini è articolato in due sistemi distinti e complementari: del primo fanno parte il passato remoto, l’imperfetto, il trapassato prossimo e i condizionali; del secondo fanno parte il presente, il passato prossimo e il futuro. Il primo sistema sarebbe specificamente destinato alla narrazione (Weinrich parla di tempi “narrativi”, Benveniste di tempi «della storia»); il secondo sarebbe invece destinato all’uso della lingua per interagire e modificare le opinioni dell’interparlante (Weinrich parla di tempi “commentativi”, Benveniste di tempi “del discorso”» (Roggia 2011).

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ovviamente, come ben sa qualsiasi lettore della Commedia e come si avrà modo di commentare ampiamente, sono numerosissime nel poema le “incursioni” dell'io narrante nel dettato diegetico come voce commentante. Nelle sezioni mimetiche invece il centro deittico sono i personaggi: i dialoghi sono dunque espressione di una composita molteplicità di punti di vista e hanno pragmaticamente una estrema varietà di funzioni. La grande particolarità dei personaggi che il narratore pone sulla scena del viaggio oltremondano, e che dicono io nel discorso diretto, è che vivono, pensano e interagiscono in una dimensione che si colloca al di fuori del tempo umano: l'eterno ripetersi della pena per i dannati, la penitenza e nel contempo la speranza che caratterizzano gli abitanti del secondo regno, l'eterna concordia con il volere divino che contraddistingue i beati. Sarà interessante quindi chiedersi come questi elementi, che l'autore vuole presentarci come caratterizzanti della dimensione cognitiva delle anime dell'aldilà, si riflettano a livello linguistico nei loro discorsi riportati in forma diretta.

Forse per l'altissimo grado di codificazione ed elaborazione retorica del poema, per il suo accogliere sincreticamente un'estrema varietà di tradizioni letterarie, negli studi complessivi sulla lingua della Commedia l'elemento strutturale del dialogo non è mai stato valutato in un'ottica complessiva5. L'alternanza dialogo-narrazione è stata di volta in volta presa in considerazione nell'analisi linguistica e stilistica di singoli canti6, oppure si è indagata la presenza nel poema di singoli fatti linguistici riconducibili al campo dell'oralità (cfr. ad es. D'Achille 1990 e Serianni 2005).

Nelle pagine che seguono, analizzando il poema come il prodotto dell'interagire di due blocchi enunciativi, la cornice diegetica e il dialogo, si cercherà di fornire una descrizione della sintassi della frase complessa nella Commedia avendo tra gli obiettivi primari quello di comprendere se si possano individuare, tramite il confronto, dei sistemi di fatti linguistici riconducibili a ciascun piano enunciativo7.

5 Baldelli 1978: 111 solo in conclusione del capitolo Lingua e stile posto nell'Appendice all'Enciclopedia dantesca, osserva cursoriamente che «l'inserimento del discorso diretto porta di continuo a frangimenti notevoli del verso e della terzina», e anche nelle trattazioni di Ageno e Agostini, sempre nell'Appendice, sono sempre sparse ed episodiche le osservazioni sulle peculiarità sintattiche del discorso riportato.

6 Basti citare, tra le altre, le illuminanti analisi di Spitzer e Auerbach rispettivamente del XIII e del XV canto dell'Inferno.

7 Un impianto affine si ritrova nello studio di Erico Testa (1991) sulla «simulazione di parlato» nelle novelle quattro e cinquecentesche, come si evince, ad esempio, dalle considerazioni dell'autore proprio in merito alle differenze individuabili tra la strutturazione sintattica della cornice diegetica e quella delle parti narrative: «l'importanza e la necessità stilistica delle forme della sintassi che

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In § 1.1.1 si cercherà in primo luogo di delineare un profilo delle modalità con cui il dialogo si inserisce nella cornice in ciascuna cantica, per poi mettere in relazione questi dati con primi rilievi di ordine sintattico (§§ 1.1.1-2).

1.1.1 E

STENSIONE

,

OCCORRENZE

,

DURATA DEL DISCORSORIPORTATODIRETTO NELLETRE CANTICHE

Nel poema le configurazioni dialogiche variano dal veloce scambio di battute tra i personaggi sulla scena ai lunghi discorsi dal carattere monologico. Per questo sarà opportuno avere in primo luogo una panoramica generale della presenza quantitativa del dialogo, delle diverse funzioni che esso riveste e delle modalità con cui si inserisce nel dettato diegetico delle tre cantiche per ricostruire delle scene dialogiche tipo per ognuna di esse.

Da uno studio di Carmelo Tramontana (1999) – che a sua volta coglie uno spunto teorico e metodologico di Mineo (1988) – traggo tre parametri di osservazione pertinenti: la quantità, cioè il numero di battute mimetiche, l'estensione, cioè il numero complessivo di versi occupati da parti mimetiche, e la durata, risultato del rapporto tra i primi due elementi, cioè il numero di versi per cui si estende ogni intervento dialogico. I dati da me raccolti sono parzialmente diversi da quelli di Tramontana, poiché il suo studio prende in considerazione solo le occorrenze puramente dialogiche, cioè che pragmaticamente implicano un'interazione verbale tra i parlanti. Qui invece si è tenuto di conto di tutta la fenomenologia del discorso riportato diretto, includendo anche imprecazioni, preghiere, invocazioni, exempla8, e parole «che o non sono ancora state proferite, o sono solamente pensate o immaginate» (Ferraresi-Goldbach 2010: 1313).

Le seguenti tabelle sintetizzano i dati relativi ai tre parametri scelti:

alludono al parlar popolare si manifestano con particolare evidenza quando livello mimetico e livello diegetico non si differenziano per tratti fono-morfologici o lessicali. Qui, il cambio del respiro sintattico diviene il meccanismo principale della fictio dell'oralità e dà luogo ad un confronto, regolato dai termini dell'opposizione, tra l'andamento subordinativo del testo del narratore e il procedere coordinativo, paratattico e segmentato, del testo del personaggio» (Testa 1990: 174). 8 Tramontana non esplicita i propri criteri di selezione delle sezioni dialogiche, tuttavia, stando alle

diversità tra i suoi e i miei conteggi, evidenti soprattutto per i discorsi diretti del Purgatorio, sembra che egli non abbia conteggiato come occorrenze dialogiche gli exempla pronunciati da penitenti anonimi o da voci incorporee o scolpiti nel marmo delle pareti.

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Numero delle occorrenze dialogiche9 Inferno 370 Purgatorio 335 Paradiso 160 Commedia 863 Tabella 1: Quantità Enunciato narrativo Estensione dialogica10 % Inferno 4720 vv. 2496 vv. 53% Purgatorio 4755 vv. 2524 vv. 53% Paradiso 4758 vv. 3009 vv. 63% Commedia 14233 vv. 8029 vv. 56% Tabella 2: Estensione

Estensione dialogica / numero occorrenze dialogiche

Inferno 6,7

Purgatorio 7,5

Paradiso 18,8

Commedia 9,3

Tabella 3: Durata

Da questi dati emerge che l'estensione del dialogo è costante nelle prime due cantiche, mentre nel Paradiso si registra un incremento notevole della componente dialogica. Ma in modo ancor più cospicuo nella terza cantica varia la durata delle singole battute mimetiche: parallelamente a una progressiva diminuzione delle occorrenze dialogiche, infatti, aumenta il numero di versi che ciascuna di esse occupa, in media più del doppio delle prime due cantiche. Inferno e Purgatorio rivelano dunque una maggiore uniformità rispetto al netto mutamento che si riscontra nel Paradiso. E 9 Ho conteggiato due volte le battute mimetiche pronunciate dello stesso personaggio, ma separate da

un segmento narrativo significativo.

10 Questi dati mantengono un certo margine di approssimatività poiché nel conteggio sono stati inclusi anche i versi che sono solo parzialmente parzialmente occupati da una sezione mimetica, mentre invece sono stati esclusi i versi interamente occupati da uno stacco diegetico che si inserisce all'interno della battuta mimetica.

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questa affermazione, ovviamente, non è valida solo a proposito della durata, ma anche a proposito della quantità: se il Purgatorio conta 35 occorrenze dialogiche in meno rispetto all'Inferno, il Paradiso ne ha 175 in meno del Purgatorio.

Questi primi rilievi ovviamente restituiscono valori medi, che non rendono conto della varietà di “configurazioni dialogiche” che si incontrano nel poema: sarà dunque opportuno specificarli meglio nelle sezioni dedicate a ciascuna cantica.

1.1.2 M

IMESI E DIEGESI NELL

'I

NFERNO

1.1.2.1 DURATADELLEBATTUTEMIMETICHE, CONTESTICOMUNICATIVI, PERSONAGGI

Secondo i dati testuali fin qui esposti, si può affermare, prendendo in prestito una dicitura coniata da Carmelo Tramontana (1999), che la prima cantica è quella con il maggior “tasso di dialogicità”, cioè quella con il maggior numero di occorrenze dialogiche per canto, circa 11, la cui durata media è di poco meno 7 versi. Il sistema dialogico della prima cantica è dunque caratterizzato in larga parte da uno scambio di battute brevi e frequenti, che si collocano lungo due “direttrici dialogiche” o circoli comunicativi: una è quella tra Dante e Virgilio, e una è quella tra Dante (e in misura minore Virgilio) e la grande quantità di personaggi che i due incontrano lungo la discesa nel primo regno11.

Le tabelle 4 e 5 offrono un quadro più preciso della situazione:

11 In base alle direttrici dialogiche privilegiate, possono essere individuate tre tipologie di canto:

1) Canti dominati dal dialogo tra Dante e un dannato: V, VI, X, XIII, XV, XIX, XXIV, XXVI, XXVII

2) Canti dominati dalla voce di Virgilio: I, II, III, IV, VII, IX, XI, XIV, XX, XXXI, XXXIV

3) Canti polifonici, in cui più voci prendono parte all'azione drammatica senza che nessuna sia predominante: VIII, XII, XVI, XVII, XVIII, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVIII, XXIX, XXX, XXXII, XXXIII

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Estensione Quantità Durata

vv. %

Dante 448 18% 98 4,6

Virgilio 1036 42% 129 8

altri 1012 41% 143 7,1

Tabella 4: Estensione, quantità, durata, dei dialoghi dei personaggi della prima cantica

Durata Dante Virgilio altri tot

1 v. 10 11 29 50 14% 2 vv. 11 12 21 44 12% 3 vv. 40 31 31 102 28% Tra i 4 e i 10 vv. 31 52 34 117 32% Tra gli 11 e i 30 vv. 6 19 24 49 13% Oltre i 30 vv. - 4 4 8 2%

Tabella 5: Durata: dati specifici

Dalla tabella 4 si evince che circa i 2/3 delle battute mimetiche della prima cantica sono pronunciati da Dante o da Virgilio, i discorsi diretti dei quali ricoprono, sommati, circa il 60% dell'estensione totale del dialogo nella cantica. Le occorrenze dialogiche dei due personaggi, tuttavia, si differenziano significativamente in merito alla durata, poiché quelle di Virgilio durano in media circa doppio rispetto a quelle di Dante.

Dalla tabella 5 si può avere un'idea più puntuale di come si ottengano questi valori medi per la durata delle battute mimetiche. Nella prima cantica i discorsi diretti di Dante personaggio hanno una durata abbastanza omogenea: la grandissima maggioranza di essi si aggira infatti tra i 3 e i 10 versi, cioè grossomodo tra una e tre terzine, e sono solo 6 su 98 le occorrenze dialogiche che superano i 10 versi. Questa omogeneità testuale corrisponde ad un'omogeneità pragmatica: infatti Dante prende parola sempre nelle medesime situazioni comunicative, cioè in contesti in cui l'interazione verbale tra i parlanti è molto serrata e veloce, in cui lo scambio di informazione tra gli attori in scena è rapido. In particolare, il parlante Dante pone domande o richieste a Virgilio oppure commenta con lui eventi della realtà oltremondana; pone inoltre domande ai dannati che

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incontra o, viceversa, risponde, alle loro domande con la sinteticità che è propria di chi ha come missione prioritaria quella di apprendere.

Le rarissime occasioni in cui il discorso diretto di Dante ha una durata maggiore (la quale tuttavia è sempre contenuta entro i 30 versi), sono momenti di particolare carica emotiva, come il momento di smarrimento in If II 10-36 e l'amara invettiva contro i papi simoniaci in If XIX 90-117; oppure momenti in cui Dante incontra dannati con i quali instaura una conversazione di più ampio respiro, come Guido da Montefeltro in If XXVII 36-57 e Brunetto Latini in If XV 79-96.

Meno omogenea è la durata dei discorsi diretti di Virgilio: sulle 129 battute mimetiche da lui pronunciate, 23 superano i 10 versi, e di queste 3 hanno una durata eccezionale: 83 versi in II 43-126, 52 versi in XI 15-66, 73 versi in XX 27-99. La maggior parte delle battute dialogiche da lui pronunciate ha una durata compresa tra i 4 e i 10 vv., ma non sono infrequenti anche occorrenze dialogiche di scarsissima durata (1-3 vv.). A queste oscillazioni nella durata corrisponde anche una maggiore varietà di scopi con i quali Virgilio prende la parola: le porzioni dialogiche più estese sono quelle con cui il poeta latino impartisce insegnamenti dottrinali a Dante, gli fornisce informazioni sui diversi cerchi e le diverse pene, gli indica anime degne di nota. Generalmente questi interventi in forma di discorso diretto sono intervallati dalle domande e dalle richieste di chiarimento di Dante. Una durata tendenzialmente minore hanno le frequentissime esortazioni che il maestro rivolge al pellegrino per spronarlo ad osservare, a parlare, a proseguire il cammino. Non di rado, infine, Virgilio si rivolge alle anime infernali, anche in questo caso con diverse finalità: dalle aggressive apostrofi rivolte ai mostri infernali che sbarrano il cammino ai due viandanti, come Pluto, Minosse, Caronte, Flegias, Nembrot, agli appelli rivolti a Gerione e Fialte; dalle “mediazioni comunicative” tra Dante e le anime dannate, come negli episodi di Pier della Vigna e Ulisse, al violento scontro verbale con i diavoli della bolgia dei barattieri12.

Le 143 occorrenze di discorso diretto non di Dante o Virgilio sono suddivise tra 67

12 A queste situazioni comunicative, va aggiunto un caso isolato, che sarà invece poi tipico del Virgilio del Purgatorio, in cui Virgilio prende il posto di Dante, chiedendo informazioni a un dannato e in cui addirittura Virgilio risponde a una richiesta di identità da parte di un dannato (If XXIX).

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personaggi13 che dunque pronunciano in media due battute a testa. Come si può immaginare, le oscillazioni nella durata delle singole battute è ancora più cospicua. Anche se la durata si aggira prevalentemente tra i 3 e i 10 vv., sono notevolmente diffuse sia le battute mimetiche brevissime, di 1-2 vv. o talvolta anche di un solo emistichio, sia quelle che si estendono tra gli 11 e i 30 vv.

Tra i discorsi diretti più brevi, la maggior parte sono minacce, avvertimenti, imprecazioni, lamentele che i dannati si rivolgono tra di loro – basti citare come esempio il serrato confronto tra Maestro Adamo e Sinone in If XXX – o indirizzano a Dante e Virgilio; oppure sono domande che le anime rivolgono al vivo che attraversa il loro mondo. Le sezioni mimetiche di maggiore durata sono invece quelle con cui i dannati narrano il proprio vissuto: in questo caso lo spazio dedicato a ciascun personaggio varia in maniera cospicua. Il racconto del vissuto si può esplicare in discorsi diretti molto lunghi, che assumono quasi le fattezze di un monologo, come nel caso, ad esempio, di Ulisse, Ugolino, Guido da Montefeltro; oppure può alternarsi alle domande di Dante-personaggio, che orientano il racconto del dannato, come nel caso di Francesca da Rimini; oppure ancora il dannato, su sollecitazione del suo interlocutore, può alternare la narrazione del proprio vissuto a momenti descrittivi della realtà oltremondana, a considerazioni di più ampio respiro su vicende storiche, a sezioni profetiche e in questo caso gli esempi che saltano immediatamente alla mente di qualsiasi lettore della Commedia sono quelli di Farinata e Brunetto Latini. Le narrazioni del vissuto possono infine essere anche abbastanza brevi, come quelle, per fare alcuni 13 Basandomi sulla classificazione di Bernard Delmay (1986), corretta in qualche punto, propongo qui la lista completa dei personaggi parlanti nella prima cantica, suddivisi in cinque tipologie: 1) personaggi presenti all'azione che parlano storici o esistiti realmente o da Dante ritenuti tali : Agnolo dei Brunelleschi, Alessio Interminelli, anonimo suicida (If XIII), anonimo traditore (If XXXII), Bertram de Born, Bocca degli Abati, Brunetto Latini, Buoso da Duera, Buoso Donati, Camicione dei Pazzi, Capocchio, Catalano dei Malavolti da Bologna, Cavalcante dei Cavalcanti, Ciacco Ciampolo di Navarra, Farinata degli Uberti, Filippo Argenti, Francesca da Rimini, Francesco dei Cavalcanti, frate Alberigo, Griffolino d'Arezzo, Guido da Montefeltro, Guido Guerra, Iacopo da Sant'Andrea, Iacopo Rusticucci, Lano dei Maconi, Loderingo degli Andalò, Maestro Adamo, Maometto, Mosca dei Lamberti, Nembrot, Niccolò III Orsini, Omero, Pier da Medicina, Pier della Vigna, Puccio Sciancato, Reginaldo degli Scrovegni, Tegghiaio degli Aldobrandi, Ugolino della Gherardesca, Vanni Fucci, Venedico dei Caccianemici. 2) personaggi presenti all'azione, che parlano, mitostorici: Capaneo, Flegias, Minosse, Sinone, Ulisse. 3) personaggi presenti all'azione, che parlano, mitologici o simbolici: Aletto, Caco, Caronte, Chirone, Megera, Nesso, Pluto, Tisifone. 4) personaggi presenti all'azione, che parlano, di natura puramente spirituale: Alichino, Barbariccia, Cagnazzo, Demoni ignoti, Demonio ignoto, Demonio ignoto, Libicocco, Malacoda, Messo celeste, Scarmiglione. 5) personaggi non presenti all'azione le cui parole sono citate all'interno della narrazione diegetica: Atamante, Dedalo, falconiere, serpi.

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esempi, di Venedico Caccianemico (XVIII, 52-63), per il quale la brevità è un sintomo della reticenza e del fastidio del dannato per essere stato sorpreso nella sua verità di peccatore, e Ciampolo di Navarra (If XXII 48-58), costretto alla sintesi per la pressione dei diavoli che vogliono respingerlo sotto la pece.

La varietà delle situazioni comunicative e delle corrispondenti modalità dialogiche viste fin qui comporta tessiture dialogiche diverse da un canto all'altro che si distinguono in base all'estensione e alla collocazione del dialogo all'interno dell'unità-canto.

1.1.2.2 DIALOGOENARRAZIONE NELL'UNITÀ-CANTO

Per avere un'idea di come il dialogo si inserisce nell'economia narrativa dei diversi canti si osservi la tabella 6, che espone per ciascun canto i dati relativi ai tre parametri testuali fin qui adottati14:

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Prendendo come parametro di riferimento l'estensione dialogica media (53%) possono essere individuate tre tipologie di canto:

I) canti con equilibrio tra dialogo e narrazione diegetica (I, V, VI, VIII, XII, XIV, XVI, XVIII, XIX, XXI, XXIII, XXVIII, XXIX, XXXII.);

II) canti a bassa estensione dialogica (III, IV, IX, XVII, XXII, XXIV, XXV, XXXI, XXXIV);

Tabella 6: Estensione, quantità, durata nei canti infernali canto I 69 5 13,8 II 118 3 39,3 III 54 12 4,5 IV 51 10 5,1 V 80 12 6,7 VI 65 10 6,5 VII 85 11 7,7 VIII 71 23 3,1 IX 49 10 4,9 X 90 21 4,3 XI 106 7 15,1 XII 82 13 6,3 XIII 97 15 6,5 XIV 83 10 8,3 XV 84 11 7,6 XVI 62 9 6,9 XVII 30 9 3,3 XVIII 58 10 5,8 XIX 70 8 8,8 XX 103 3 34,3 XXI 69 18 3,8 XXII 56 16 3,5 XXIII 74 16 4,6 XXIV 49 8 6,1 XXV 18 8 2,3 XXVI 88 7 12,6 XXVII 104 4 26,0 XXVIII 74 10 7,4 XXIX 79 13 6,1 XXX 90 16 5,6 XXXI 56 10 5,6 XXXII 67 15 4,5 XXXIII 117 10 11,7 XXXIV 46 7 6,6 TOT 2494 370 6,7

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III) canti ad alta estensione dialogica I, VII, X, XI, XIII, XV, XX, XXVI, XXVII, XXX, XXXIII.

I CANTICON EQUILIBRIOTRADIALOGOENARRAZIONEDIEGETICA

Nei 14 canti in cui rapporto tra mimesi e diegesi è praticamente paritario, le configurazioni dialogiche sono molto varie15, ma possono essere ricondotte sostanzialmente a due macrotipi: canti con un alto numero di battute mimetiche di breve durata (tendenzialmente compresa tra 1 e 9 vv.), oppure con un numero di occorrenze dialogiche nella media o al di sotto, tra le quali 2 o 3 hanno una durata che supera i 10 vv..

Per quanto riguarda la collocazione degli scambi dialogici nell'unità-canto, possono essere individuate due strutture ricorrenti che si distinguono prioritariamente per il tipo di incipit del canto: quella in assoluto più frequente è quella con un attacco narrativo lungo, seguito dall'alternanza tra battute dialogiche e brevi stacchi diegetici; la chiusa è dialogica oppure è un brevissimo frammento diegetico (I, V, VI, XIV, XVIII, XIX, XXI, XXVIII, XXXII).

Tale struttura è caratteristica dei canti più statici, non nel senso che manchino di azione, ma nel senso che narrano una vicenda che si svolge nella medesima partizione della conca infernale. La lunga apertura diegetica infatti è generalmente funzionale a descrivere il nuovo cerchio, il nuovo girone o la nuova bolgia visitati da Dante e Virgilio: tratteggia dunque la nuova scena cioè il nuovo ambiente fisico, le nuove pene, il nuovo contesto morale che faranno da sfondo ai dialoghi successivi16. È da notare che queste sezioni diegetiche iniziali talvolta descrivono un ambiente che fa da cornice al 15 Nella maggior parte di essi il numero delle occorrenze dialogiche è nella media o, più spesso, al di sopra (unica eccezione di rilievo è il canto I con 5 occorrenze dialogiche). La durata media delle battute mimetiche del canto segna una forte escursione: cinque canti hanno una durata delle occorrenze dialogiche al di sotto della media (VIII, XVIII, XXI, XXIII, XXXII), e, conseguentemente un numero di occorrenze assai elevato; altri cinque hanno una durata che si attesta intorno al valore medio della cantica (V, VI, XII, XVI, XXIX), quattro hanno una durata superiore alla media (I, XIV, XIX, XXVIII)

16 La selva oscura (I); la bufera infernal che nel secondo cerchio trascina con sé i lussuriosi (V); la pioggia gelata che sferza i golosi nel cerchio successivo (VI); il sabbione infuocato del terzo girone dell'ottavo cerchio (VIII), dove sono puniti bestemmiatori, sodomiti e usurai; il pavimento roccioso nel quale sono conficcati i simoniaci nella terza bolgia dell'ottavo cerchio (XVIII); il lago di pece sorvegliato dai diavoli nel quale sono sommersi i barattieri nella quinta bolgia (XXI); l'ammasso di corpi mutilati della nona bolgia (XXVIII); il lago ghiacciato nel quale sono immersi i traditori nel nono cerchio (XXXII).

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singolo canto in questione e che muta nel canto successivo; altrove dipingono una scena che sarà la medesima anche nel canto o nei canti successivi (XIV, XXI, XXXII). Un attacco particolare è quello di XVIII, dove viene fornita prima una descrizione d'insieme dell'ottavo cerchio, le Malebolge, seguita da una breve descrizione della prima bolgia, che è lo sfondo dello scambio dialogico tra Dante e Venedico Caccianemico.

Gli attacchi narrativi lunghi, che nella maggior parte dei casi si estendono per oltre 40 vv., sono anche luoghi testuali in cui si fa sentire con maggiore insistenza la voce in prima persona del narratore con commenti metanarrativi, invocazioni, esclamazioni e interrogazioni retoriche. Sono qui inoltre sempre collocate ampie e complesse similitudini, spesso proprio nella porzione testuale di collegamento tra diegesi e mimesi. All'incipit esteso segue una sezione prevalentemente dialogica in cui gli scambi di battute tra i personaggi sulla scena sono intervallati da stacchi diegetici più o meno ampi. Le occorrenze dialogiche possono essere intervallate da brevissimi sintagmi introduttori che si limitano a indicare il personaggio parlante (E io, e io a lui, rispuosemi, allor mi disse...), oppure possono alternarsi separate da porzioni narrative più corpose, che descrivono le azioni e le reazioni dei personaggi durante lo scambio dialogico, esprimono commenti del narratore agli eventi raccontati, introducono nuovi personaggi sulla scena o descrivono brevi spostamenti che si mantengono comunque all'interno della cornice descritta nell'esordio. Solo in XVIII, di cui si è già segnalata la particolarità a proposito dell'incipit narrativo, una sezione centrale più estesa del solito segnala il passaggio da una bolgia all'altra, e dunque un cambiamento di scena fisica e morale (dai diavoli che frustano i lusingatori e i seduttori nella prima bolgia, alla massa di sterco in cui sono immersi i lusingatori).

La chiusa, quando non è in dialogo (XIV, XVIII, XXVIII, XXXII), è una sezione diegetica breve o brevissima che segnala la conclusione dello scambio dialogico, narrando per lo più lo spostamento dei due pellegrini verso un altro cerchio o un'altra bolgia con la descrizione dei quali si aprirà il canto successivo (I, VI, XIX, XXI)17.

Un secondo tipo di strutturazione del rapporto mimesi/diegesi si ha nei canti VIII, 17 Oltre ad accennare allo spostamento di Dante e Virgilio verso una nuova zona dell'Inferno, questa sezione può avere le medesime funzioni degli stacchi diegetici tra una battuta mimetica e l'altra, come descrivere una reazione di un personaggio alle parole appena pronunciate dall'interlocutore (V, XIX, XXI) oppure l'incontro con un nuovo personaggio che verrà sviluppato nel canto successivo (VI).

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XII, XVI, XXIII, XXIX, nei quali il dialogo prende avvio dopo un breve, spesso brevissimo, attacco narrativo che riprende la chiusa del canto precedente e introduce, in maniera rapida, poche indicazioni sul contesto e gli attori dello scambio dialogico. In tutti questi casi, infatti, l'ambiente in cui si svolge lo scambio dialogico è già stato caratterizzato nel canto precedente (VIII, XVI), oppure il dialogo che apre il canto avviene durante lo spostamento di Dante e Virgilio da un ambiente all'altro (XII, XXIII, XXIX). L'incipit breve è caratteristico dei canti più dinamici, in cui luoghi e personaggi18 che partecipano all'azione mutano nel ristretto spazio del canto.

Dopo il breve attacco diegetico, in VIII e XII gli scambi dialogici si susseguono fino alla fine del canto, intervallati però da sezioni diegetiche più corpose e frequenti rispetto al tipo di struttura visto precedentemente: si tratta infatti di canti ricchi di azione e incontri, in cui l'interazione verbale tra i personaggi sulla scena si alterna alla narrazione dei movimentati attraversamenti della palude stigia (VIII) e del Flegetonte (XII) e degli animati incontri/scontri di Dante e Virgilio con i diavoli (VIII) e i centauri (XII).

In XVI, XXIII e XXIX le battute mimetiche che si alternano successivamente al breve attacco narrativo sono intervallate da sezioni diegetiche brevi con le stesse funzioni riscontrate per il primo tipo di struttura (descrizione delle azioni dei personaggi sulla scena, introduzione di nuovi personaggi, commenti del narratore), ma ad esse se ne aggiunge una, collocata al centro o alla fine del canto, di estensione più cospicua. In XVI una prima parte del canto (vv. 1-87) è dedicata all'incontro con i tre sodomiti fiorentini tra Iacopo Rusticucci, Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandeschi. A questo incontro, caratterizzato da un fitto scambio dialogico, segue lunga sezione essenzialmente diegetica che si estende fino alla fine del canto, la quale narra l'arrivo di Dante e Virgilio allo strapiombo che separa il settimo dall'ottavo cerchio e che prepara l'arrivo, nel canto successivo, di Gerione. I canti XXIII e XXIX sono tra i pochi (come XVIII) in cui il passaggio di Dante e Virgilio da una bolgia all'altra non coincide con l'inizio o la fine del canto: in entrambi i casi una lunga sezione diegetica centrale descrive lo spostamento da un luogo all'altro e le caratteristiche del nuovo ambiente infernale: si hanno così, in incipit e in explicit due nuclei dialogici ben distinti che si svolgono in ambienti diversi e coinvolgono personaggi diversi.

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All'interno del panorama estremamente vario qui tratteggiato, risultano assai interessanti i luoghi in cui il dialogo è quasi assente o nei quali, viceversa, è il modo dominante. Queste due serie di canti mostrano delle caratteristiche narrative e testuali comuni, come si può osservare da un'analisi più approfondita.

II CANTICONBASSA ESTENSIONEDIALOGICA

Nei nove canti che rientrano in questa categoria, la scarsa estensione generalmente non è data da un numero particolarmente basso di occorrenze mimetiche, che anzi sono tendenzialmente nella media19, ed è invece da ricondursi a una durata media delle battute mimetiche che è sempre inferiore a quella della cantica e che va dai 2,3 vv. di XXV ai 6,6 di XXXIV20. In cinque canti (III, IX, XVII, XXXI e XXXIV) la netta prevalenza della diegesi sulla mimesi corrisponde a una preponderanza tematica del motivo del viaggio e dell'attraversamento di una soglia: allo scopo di porre in evidenza una particolare cesura fisica del mondo infernale, alla quale corrisponde una cesura morale, il racconto si dilata in squarci narrativi ampi se paragonati alle brevi porzioni che generalmente descrivono gli spostamenti di Dante e Virgilio da una bolgia all'altra o da un cerchio all'altro, per lo più collocate in zona incipitaria o in chiusura dei canti. Questi canti di passaggio fungono anche da canti introduttivi per tutto il nucleo di canti successivi, ambientati nella medesima partizione dello spazio infernale, anticipandone l'atmosfera e dando al lettore un'impressione generale dello sfondo che caratterizzerà gli incontri seguenti. Sono inoltre porzioni narrative di estremo realismo, dove rispetto alla riflessione morale che scaturisce dalla parola e dagli incontri con i dannati o dalle spiegazioni dottrinali di Virgilio, prevale la descrizione delle sensazioni fisiche, visive e uditive. Allo stesso tempo, infine, sono anche scene dove si fa più intensa la componente allegorica.

Queste caratteristiche sono ben esemplificate in XVII, uno dei canti infernali in cui la componente dialogica è più limitata (22%), nel quale si apre, proprio nel punto centrale della cantica, un ampio spazio narrativo che descrive il passaggio dalla parte alta 19 Sono solo due i casi in cui lo scostamento dal valore medio è rilevante: XXXIV (7 occorrenze) e

XXII (16 occorrenze).

20 In III, XVII e XXV le occorrenze dialogiche non superano mai i 9 vv.; in IX, XXII e XXXIV accanto a battute mimetiche molto brevi se ne aggiunge una di durata maggiore (IX 19-33), (XXII 81-93) (XXXIV 106-126); in IV, XXIV e XXXIV le battute di durata superiore ai 9 vv. sono due.

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dell'Inferno al suo fondo più oscuro, le Malebolge. Il canto si apre con l'arrivo di Gerione al bordo dello strapiombo che separa il settimo dall'ottavo cerchio, prosegue con una breve visita di Dante agli usurai, e si conclude con una lunga descrizione della discesa di Dante e Virgilio verso l'ottavo cerchio sul dorso di Gerione. Carico di allusività, questo canto-cerniera è dominato da immagini e suoni molto intensi e violenti: la mostruosità di Gerione, le smorfie degli usurai, il vento, i lamenti, le fiamme che investono Dante durante la discesa nell'ottavo cerchio21.

Per un secondo gruppo di canti (IV, XXII, XXIV, XXV) la scarsa presenza del dialogo coincide con episodi che si caratterizzano come pause o interludi per atmosfera e strutturazione drammatica o perché dedicati eminentemente a descrizioni di luoghi e gruppi di personaggi (cfr. oltre a quanto si dice per XXII)..

In IV la peculiarità dell'atmosfera è data dalla particolarità dell'ambiente descritto, il Limbo, che segna una netta discontinuità sia con l'orrore, le grida e i lamenti che, nel canto precedente, investono Dante al momento dell'ingresso nell'Inferno, sia con il drammatico incontro con i lussuriosi travolti da una perpetua bufera che occuperà il canto successivo. Qui il dialogo si sviluppa esclusivamente nella sezione centrale e lungo la linea Dante ↔ Virgilio, che in questo caso ha il doppio ruolo di guida e di “rappresentante” degli abitatori del primo cerchio. Invece i numerosi altri personaggi nominati rimangono silenziosi, oppure il narratore sceglie di non riportare direttamente le loro parole («Così vid'i' adunar la bella scola / di quel segnor de l'altissimo canto / che sovra li altri com'aquila vola. / Da ch'ebber ragionato insieme alquanto, / volsersi a me con salutevol cenno, / e 'l mio maestro sorrise di tanto» – vv. 94-99; «Così andammo infino a la lumera, / parlando cose che 'l tacere è bello, / sì com'era 'l parlar colà dov'era» – vv. 103-105; «Genti v'eran con occhi tardi e gravi, / di grande autorità ne' lor sembianti: / parlavan rado, con voci soavi» – vv. 112-114).

21 Come in XVII, anche in III, IX, XXXI e XXXIV la netta prevalenza della diegesi sulla mimesi corrisponde a una preponderanza tematica, rispetto agli incontri con i dannati o alle spiegazioni di Virgilio, del motivo del viaggio e del passaggio da un luogo all'altro dell'Inferno: in III Dante e la sua guida varcano la porta dell'Inferno e giungono sulle sponde del fiume Acheronte; in IX si ha l'attraversamento dello Stige e l'ingresso nella città di Dite, che segna il passaggio dai peccati di incontinenza a quelli di violenza; in XXXI i due pellegrini entrano nel nono cerchio, attraversando il pozzo circondato dai giganti che lo separa dall'ottavo; in XXXIV c'è la risalita, prima lungo il corpo di Lucifero, poi attraverso gallerie buie e disagevoli, dalla conca infernale verso la terra. In ognuno di questi canti l'attraversamento di una soglia, di una separazione fisica del mondo infernale è l'evento centrale.

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In XXII, invece, il carattere di interludio del canto (o meglio della coppia di canti XXI e XXII) è dato dallo stile comico che, altrove relegato a singoli episodi, percorre omogeneamente tutto il canto. Si ha una lunga apertura diegetica con un paragone antifrastico che accosta il peto di Barbariccia rivolto alla schiera di diavoli da lui guidata, con cui si chiude il canto precedente, a fieri segnali guerreschi tratti dall'esperienza del narratore; segue una sezione narrativa che descrive i dannati che emergono dalla pece per respirare, immediatamente tormentati dagli uncini dei diavoli e l'introduzione del personaggio protagonista del canto: Ciampolo di Navarra. Fin qui la struttura del canto è simile a quella di altri canti infernali: la differenza consiste nel fatto che il dialogo con il dannato, che occupa la parte centrale del canto, non ha come tema primario la biografia del personaggio, ed è invece incentrato sulla sua interazione hic et nunc con i diavoli. Ne scaturisce uno degli scambi dialogici più vivaci del poema in cui le brevi battute mimetiche si alternano a colorite descrizioni delle azioni dei personaggi sulla scena come in un copione teatrale.

Il dittico XXIV-XXV è caratterizzato dalla descrizione di una delle punizioni più feroci del primo regno, quella a cui vengono condannati i ladri.

Il canto XXIV, collocato al centro dei tredici canti dedicati alle bolge, ha una struttura unica in tutta la cantica per quanto riguarda il rapporto mimesi-diegesi: la prevalenza della narrazione sul dialogo è da ricondurre ad uno spazio maggiore del solito concesso al motivo del viaggio (come per il primo gruppo di canti a bassa estensione dialogica), anche se in questo caso non c'è la corrispondenza con una particolare cesura fisica del mondo infernale (si tratta infatti del “normale” passaggio da una bolgia all'altra), né il canto ha come centro drammatico esclusivo quello del viaggio e dell'attraversamento; nella seconda metà infatti è dominato da una descrizione della bolgia dei ladri e dall'incontro (e dal dialogo assai significativo) con un dannato, Vanni Fucci. Questa seconda metà del canto riproduce una struttura narrativa che nell'Inferno, come si è già detto, è tipica della prima parte dei canti (attacco descrittivo lungo, seguito dal dialogo con un dannato), e che invece in questo caso si trova eccezionalmente spostata in seconda posizione proprio per la presenza di un'“anomala” cerniera narrativa iniziale22.

22 La particolare struttura di questo canto ha destato non poche riflessioni tra i commentatori. Per un riassunto della questione v. Chiavacci Leonardi 1990: 702.

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Il canto XXV, com'è noto, è il luogo della sfida poetica di Dante narratore ai poeti antichi e ha come nucleo drammatico centrale la descrizione delle terribili metamorfosi a cui sono sottoposti i ladri. Questo canto, assai particolare per l'atmosfera e la struttura, si distingue nettamente da tutti gli altri dell'Inferno anche per la quasi totale assenza del dialogo (è il canto in cui l'estensione dialogica è più ridotta). Le due linee dialogiche che percorrono tutta la cantica (Dante ↔ Virgilio e Dante/Virgilio ↔ dannati) e che sono il motore dell'azione nei canti infernali, sono qui completamente annichilite: Dante e Virgilio non interagiscono mai con i personaggi sulla scena, e assistono attoniti e in qualità di spettatori silenziosi prima all'osceno gesto di Vanni Fucci contro la divinità, poi alla fulminea apparizione del centauro Caco, ricoperto di serpenti, e infine alle metamorfosi dei ladri. Questi ultimi compaiono sulla scena ponendo una domanda sull'identità dei due sconosciuti che attraversano la loro bolgia: a questo punto lo sviluppo drammatico del canto potrebbe essere simile a quello di numerosi altri canti infernali, con la risposta di Dante o Virgilio seguita dalla narrazione, da parte dei dannati, del proprio vissuto terreno. Invece, la consueta domanda che dà avvio agli scambi dialogici rimane senza risposta ed è seguita da una descrizione minuziosa e impersonale delle metamorfosi, nella quale si inseriscono le brevissime battute mimetiche pronunciate dai dannati che le subiscono. Da queste poche parole si ricavano solamente i nomi, o meglio i prenomi, di questi ladri fiorentini, che volutamente vengono lasciati privi di un'identità precisa. In questo contesto, infatti, l'interesse prioritario del poeta è sottolineare la perdita di umanità alla quale è condannato chi in vita sottrasse agli altri i loro beni. Ed è proprio in questa ottica che Dante condanna i ladri fiorentini anche al silenzio, perché è proprio tramite la parola che, anche chi è condannato alle pene più crude, mantiene comunque la propria identità.

In conclusione, sia nel primo gruppo di canti a bassa estensione dialogica, che – soprattutto – nel secondo, una scarsa presenza del dialogo corrisponde non a episodi privi di incontri, ma a scene in cui il personaggio o i personaggi incontrati non hanno valore per la loro vicenda individuale, ma in quanto tipi o collettività: infatti, tutti questi canti, dal punto di vista dei personaggi coinvolti nel circolo comunicativo, sono polifonici o dominati dalla direttrice dialogica Dante ↔ Virgilio. In subordine, un'ulteriore caratteristica dei canti in cui la diegesi prevale nettamente sulla mimesi è

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quella di segnare momenti di discontinuità, sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista stilistico.

III CANTICON ALTAESTENSIONEDIALOGICA

Infine un ultimo nucleo di 11 canti è caratterizzato da un'alta estensione dialogica: 23. Anche per i canti ad alta estensione dialogica possono essere riscontrate delle caratteristiche tematiche e narrative comuni. Per un primo nucleo (II, XI, XX e VII) si potrebbe dire che una cospicua presenza del dialogo corrisponde ad un ampliamento delle tre funzioni ammaestranti che abitualmente assolvono le parole di Virgilio. Questi sono tra i pochi, insieme a I e XXXIV, in cui gli unici personaggi parlanti sono il viator e il poeta latino, le cui parole costituiscono il centro drammatico del canto, di volta in volta con diverse funzioni: in II 43-126 la funzione della lunga orazione del maestro è persuasiva ed esortativa: com'è noto, per la prima volta qui Virgilio espone il motivo e nello stesso tempo il fine ultimo del viaggio di Dante, esortandolo ad abbandonare la viltade e spronandolo ad affrontare con coraggio le difficoltà che incontrerà. Come si è già detto, buona parte delle occorrenze dialogiche di Virgilio, non solo nella prima cantica, ma anche nella seconda, avranno, pur realizzandosi con un'estensione più ridotta, questa medesima finalità, e spesso richiameranno, per movenze sintattiche e scelte lessicali, questa prima, accorata orazione. In XI 16-66 (e poi in XI 76-90 e 97-115) Virgilio si produce in un'ampia esposizione dottrinale che ha lo scopo di dimostrare la razionalità con cui lo spazio fisico dell'Inferno è organizzato gerarchicamente in relazione alle gerarchizzazioni morali dell'Etica aristotelica. Anche in questo caso di potrebbe parlare di una eccezionale dilatazione di una funzione che, con spazi più ridotti, Virgilio assolve per tutta la cantica, quando illustra a Dante il dispiegarsi della legge del contrappasso nelle singole sezioni infernali. Infine in XX 27-99 (e poi 106-129) si realizza in forma estesa un'ultima funzione ricorrente del discorso diretto di 23 La durata delle occorrenze dialogiche in questi canti segna un'escursione molto maggiore rispetto ai primi due gruppi di canti, da una media di 4,3 vv. di X a una di 39,3 vv. di II. Un'ampia estensione dialogica infatti può essere la risultante di diversi fattori: nella maggior parte dei casi deriva da una scena dialogica con un numero di occorrenze inferiore alla media, delle quali una ha una durata eccezionale, cioè superiore ai 50 vv. (II, XI, XX, XXVI, XXVII, XXXIII), ma vi sono anche canti in cui il numero di occorrenze dialogiche è nella media, ma alcune di esse hanno una durata cospicuamente maggiore della media, pur non arrivando a superare i 30 vv. (VII, XV), oppure ancora canti in cui le occorrenze mimetiche sono più numerose della norma e hanno una durata mediamente breve (X, XIII, XXX).

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Virgilio: quella di indirizzare l'attenzione di Dante verso fatti e personaggi degni di nota e quella di raccontare ciò che i personaggi non dicono, cioè quella di narrare egli stesso, sostituendosi alla voce diretta dei personaggi (o a quella indiretta del narratore), le azioni e le circostanze della vita terrena che li hanno portati alla dannazione.

I diversi ruoli ammaestranti di Virgilio sono compresenti nel canto VII. Come accade in XX per gli indovini, questo è uno dei pochi luoghi dell'Inferno24 in cui i dannati, gli avari e i prodighi, non prendono mai la parola e rimangono una massa sofferente e silenziosa che fa da sfondo al passaggio di Dante e Virgilio. La voce protagonista è dunque quella di Virgilio che tuttavia, a differenza di XX, non si realizza in un lungo discorso, ma si articola in cinque interventi abbastanza diversi tra loro per argomento e tono, differenza determinata dalla varietà di situazioni che caratterizza il canto. Nella sezione iniziale il dialogo scaturisce dall'incontro con Pluto: qui la presa di parola del maestro ha la funzione, come di consueto nei momenti di pericolo, di rassicurare Dante e di rimuovere l'ostacolo alla prosecuzione del cammino. Una lunga sezione centrale è dedicata poi al quarto cerchio: qui Virgilio, ogni volta sollecitato dalle domande di Dante, si produce in tre interventi, dei quali il primo indica il tipo di peccato punito nella bolgia, il secondo, la descrizione della pena. Il terzo intervento, che è quello più corposo, è una digressione dottrinale sulla fortuna e sulla vanità dei beni terreni. Infine un ultimo nucleo dialogico si ha nel finale, con la presentazione del quinto cerchio, degli iracondi e della loro pena.

Un secondo gruppo di canti con alta estensione dialogica è caratterizzato da uno spazio insolitamente ampio concesso alla voce di alcuni dannati, i quali pronunciano discorsi di durata eccezionale oppure instaurano un dialogo particolarmente lungo con Dante e la sua guida.

La prima configurazione si ha nei canti XXVI, XXVII e XXXIII dominati rispettivamente dalle figure di Ulisse, Guido da Montefeltro e Ugolino della Gherardesca, gli interventi dei quali si realizzano nella forma di un denso monologo e hanno come unico contenuto la narrazione del vissuto individuale del parlante e, più nello specifico, la fase conclusiva della sua vita terrena.

L'effetto monologico è particolarmente evidente per il discorso di Ulisse, che, in 24 La stessa sorte tocca solo agli ignavi e agli abitanti del Limbo.

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seguito al sostenuto e reverente appello di Virgilio (vv. 79-84), narra tutto d'un fiato il folle volo che lo condusse alla morte. Ulisse, caso unico nell'Inferno, non usa mai, durante il suo discorso, espressioni deittiche che si riferiscano al contesto presente del dialogo, né una chiosa diegetica al termine del suo discorso ci riporta al contesto spazio-temporale in cui il dialogo è prodotto, lasciando il finale del canto sospeso nella realtà mitica e lontana che il consigliere fraudolento ha rievocato. L'incontro con Ulisse si chiude nel silenzio dell'incipit del XXVII canto, con l'allontanamento della fiamma in cui sono racchiuse le anime di Ulisse e Diomede e con l'immediato irrompere sulla scena del nuovo personaggio che sarà protagonista del canto successivo, Guido da Montefeltro. Stupisce che, al termine di un racconto a cui Dante narratore ha dedicato così ampio spazio e una forte carica drammatica, l'incontro si chiuda in questo tono così dimesso, senza un commento del narratore, né con una reazione, verbale o meno, di Virgilio o di Dante-personaggio. Qualcosa di analogo accade anche per l'altro consigliere fraudolento, Guido da Montefeltro: a differenza di quanto accade con Ulisse, è lui ad apostrofare Dante e Virgilio con una domanda, ma già da questo primo intervento si intuisce la particolarità dell'incontro che sta per avvenire. Infatti, a differenza di quasi tutti gli altri dannati25, Guido non interroga i due viandanti sulla loro identità, ma sulle sorti politiche della Romagna, sua terra di origine; questo esordio, insieme alla risposta di Dante che sinteticamente descrive la Romagna come un luogo di violenze e sopraffazioni, prepara l'atmosfera e tratteggia l'antefatto della lunga narrazione del dannato, identificando l'humus etica e politica in cui la sua personalità di fraudolento si è formata. In risposta alla richiesta di Dante, Guido comincia quindi a raccontare gli eventi e gli incontri terreni che hanno fatalmente determinato il suo destino oltremondano: il racconto avviene senza interruzioni e il parlante fa riferimento agli interlocutori e al contesto presente del dialogo solo nella parte iniziale del suo discorso (sanza tema d'infamia ti rispondo, v. 66 e come e quare voglio che m'intenda, v. 72), ma in seguito la dimensione del ricordo diventa totalizzante e il contesto presente pare quasi svanire, mentre entrano in scena, come nel discorso di Ulisse e in quello di Ugolino, dei nuovi personaggi parlanti, quelli appartenenti al tempo del racconto di secondo grado di Guido, cioè Bonifacio, Guido stesso, il diavolo loico. Il tempo 25 In questo Guido è emblematicamente compagno di Farinata

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presente del dialogo torna nelle parole del dannato solo in conclusione del suo lungo racconto (perch'io là dove vedi son perduto, / e sì vestito, andando, mi rancuro, vv. 128-129). Terminato il suo discorso, la fiamma del fraudolento si allontana lamentandosi e contorcendosi, mentre Dante e Virgilio, ancora una volta senza proferire commenti, proseguono il loro cammino e l'attenzione del lettore viene già richiamata sulla bolgia successiva.

Questi due episodi dedicati alla bolgia dei consiglieri fraudolenti hanno dunque in comune il fatto di avere dialogo come modo dominante, ma per estensione26, non per tasso di dialogicità. In questi due incontri infatti c'è un'eclissi non solo dei personaggi di Dante e Virgilio, ma anche della voce di Dante-narratore, mentre emergono prepotentemente due individualità marcate. La momentanea sospensione delle voci alle quali è normalmente delegato il ruolo di commento e di contestualizzazione delle parole dei dannati e, contemporaneamente, il largo spazio che viene concesso a due spiriti di alto spessore intellettuale fa sì che queste due vicende rimangano più aperte e problematiche, innescando una riflessione che non si conclude nella prima cantica e che è invece destinata a riaffiorare a più riprese nell'arco del poema.

Il canto XXXIII, rispetto ai due canti dedicati alla bolgia dei consiglieri fraudolenti, presenta una strutturazione dialogica solo in parte analoga. Anche nell'incontro con il conte Ugolino c'è una sostanziale eclissi degli interlocutori, posta ancor più in evidenza dal fatto che la coppia adiacente domanda di Dante/risposta del dannato è separata dallo stacco tra un canto e l'altro; inoltre, come accade per il discorso di Guido da Montefeltro, nella prima parte del monologo il dannato si rivolge a un tu che con il procedere del monologo si fa sempre più indeterminato, fino a scomparire definitivamente per lasciare spazio al tempo e agli attori della narrazione del conte. Infine, una volta terminata la narrazione di Ugolino, né Dante né Virgilio intervengono per interrogarlo ulteriormente o commentare la sua vicenda ed egli riprende il suo bestiale rosicare. A differenza di quanto accade per i consiglieri fraudolenti, tuttavia, l'azione non riprende immediatamente e invece interviene la voce di Dante-narratore 26 È vero che in XXVI l'estensione dialogica è minore rispetto a XXVII, ma bisogna considerare che la prima parte del canto, con l'apostrofe a Firenze, è ancora parte, per temi e atmosfera, dell'episodio narrato nel canto precedente, mentre l'arrivo nella boglia dei consiglieri fraudolenti e l'incontro con Ulisse sono nettamente dominati dal modo dialogico.

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con la sua invettiva contro Pisa, al termine della quale la narrazione “oltremondana” riprende senza che venga più menzionato l'episodio del conte. Un'ulteriore differenza con i dei due discorsi commentati precedentemente è che quello di Ugolino si colloca in apertura e non in conclusione del canto, e dunque la sua vicenda non è la protagonista unica del canto, che anzi, nella seconda parte è caratterizzato da una strutturazione dialogica e da un'atmosfera assai diverse: la spregevolezza dei traditori degli ospiti, la cui anima cade nel Cocito prima ancora della morte, la delazione di frate Alberigo ai danni di Branca Doria, lo sgarbo di Dante nei confronti di Alberigo, il rapido scambio di battute tra i personaggi in scena.

In X, XIII e XV ad essere protagoniste sono nuovamente tre spiccate personalità di dannati, Farinata, Pier della Vigna e Brunetto, ai quali viene concesso uno spazio dialogico superiore alla media degli altri personaggi. Questi episodi tuttavia, a differenza di quelli visti in precedenza, sono caratterizzati da una certa interazione con Dante e/o Virgilio e da una certa varietà di temi affrontati dai parlanti. Inoltre, solo nel caso del suicida il contenuto principale dello scambio dialogico è il vissuto del dannato, mentre i colloqui di Dante con Farinata e Brunetto si distinguono da tutti gli altri della cantica per due motivi principali: innanzitutto il ruolo di Dante in questi scambi è notevolmente maggiore rispetto alla norma (solo in II il parlante-Dante ha uno spazio superiore a quello rivestito in questi due canti). In X egli intraprende una vera e propria disputa politica con Farinata, un rapido botta e risposta tra due avversari politici, mentre in XV la maggiore propensione a parlare di Dante è data dalla familiarità storicamente motivata con il maestro Brunetto Latini. L'impressione che si ha in entrambi i casi, determinata anche da una maggiore e inedita sicurezza nel parlare di Dante-personaggio, è che egli si confronti da pari a pari, pur con un grande rispetto, con i due grandi esponenti dell'élite politica e culturale fiorentina delle generazioni precedenti alla sua. Strettamente connessa a questa caratteristica è un'altra peculiarità che accomuna la scena dialogica dei due canti, e cioè il rilievo che in questi scambi assume non tanto il vissuto del dannato, quanto quello (futuro) di Dante.

Isolato rispetto agli altri canti ad alta estensione dialogica è If XXX, unico canto tra questi di tipo polifonico. In questo secondo canto dedicato alla bolgia dei falsari è condensata una straordinaria varietà di voci e di stili: la voce di Griffolino d'Arezzo,

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tremante per essere appena scampato alla rabbia di due idrofobi, che rapidamente presenta a Dante i falsatori di persona; il tono prima elegante e tragico, poi rabbioso e concitato dell'idropico maestro Adamo nel momento della sua autopresentazione; la violenza verbale dell'alterco tra lo stesso maestro Adamo e il febbricitante Sinone; il rimprovero di Virgilio per l'attenzione suscitata in Dante dalla rissa tra i due dannati, le sue scuse, il perdono del maestro.

1.1.3 M

IMESI E DIEGESI NEL

P

URGATORIO

1.1.3.1 DURATADELLEBATTUTEMIMETICHE, CONTESTICOMUNICATIVI, PERSONAGGI

Le tabelle 7 e 8 dimostrano come muta qualitativamente il sistema dialogico del Purgatorio rispetto a quello infernale:

Estensione Quantità Durata

vv. %

Dante 319 13% 71 4,5

Virgilio 612 24% 84 7,3

Beatrice 180 7% 17 10,6

altri 1413 56% 163 8,7

Tabella 7: Estensione, quantità, durata, dei dialoghi dei personaggi della prima cantica

Durata Dante Virgilio Beatrice altri tot

1 v. 10 10 42 62 19% 2 vv. 7 12 2 18 39 12% 3 vv. 26 20 6 34 86 26% Tra i 4 e i 10 vv. 23 25 6 38 92 27% Tra gli 11 e i 30 vv. 5 15 1 19 40 12% Oltre i 30 vv. - 2 2 12 16 5%

Tabella 8: Durata: dati specifici

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ridimensionamento dei ruoli dei parlanti Virgilio e Dante nei dialoghi della seconda cantica rispetto a quelli della prima. In particolare le sezioni dialogiche di Virgilio, che nell'Inferno occupavano il 42% dell'estensione dialogica totale, nel Purgatorio hanno un'estensione quasi dimezzata e anche la durata media delle battute mimetiche subisce una riduzione, mentre aumentano la quantità e l'estensione delle battute mimetiche pronunciate dagli altri personaggi27.

A partire dal confronto tra la tabella 8 e la tabella 5, si può notare che nel Purgatorio si ha un in proporzione un considerevole aumento, rispetto alla prima cantica, delle battute mimetiche che si estendono per lo spazio di un verso, mentre diminuiscono con pari rilevanza le occorrenze con durata compresa tra i 4 e i 10 vv. Si registra infine un aumento delle battute mimetiche con durata che supera i 30 vv. Nei dialoghi della seconda cantica c'è dunque, rispetto all'Inferno, una minore omogeneità nella durata, sebbene più della metà delle occorrenze anche qui abbia un'estensione compresa tra una e tre terzine. Cerchiamo dunque di definire più specificamente le tipologie di battuta mimetica tipiche di Dante, delle sue guide, dei penitenti, per rendere ragione di questa maggiore varietà.

Per quanto riguarda il protagonista, la durata media dei suoi interventi dialogici rimane pressoché invariata rispetto all'Inferno, anche se è possibile riscontrare una minore omogeneità nella durata delle singole battute mimetiche da lui pronunciate. In particolare nel Purgatorio si ha un ridimensionamento, rispetto alla prima cantica, della netta prevalenza delle battute mimetiche di una terzina, che qui si alternano in misura pressoché paritaria con quelle di due o tre terzine. Anche per quanto riguarda gli scopi comunicativi con cui Dante prende la parola, il parlante dimostra un'evoluzione in questo secondo regno. Un'evoluzione che si potrebbe definire come acquisizione di maggiore autonomia da Virgilio, come personaggio e quindi come parlante: in 27 In base alle direttrici dialogiche privilegiate, possono essere individuate quattro tipologie di canto:

1) Canti dominati dal dialogo tra Dante o Virgilio e un penitente: I (Virgilio/Catone); VII (Virgilio/Sordello); IX (Virgilio/angelo portinaio); XIII (Dante/Sapia); XIV (Dante/Guido del Duca); XVI (Dante/Marco Lombardo); XIX (Dante/Adriano V); XX (Dante/Ugo Capeto); XXI e XXII (Virgilio/Stazio); XXIII (Dante/Forese); XXV (Virgilio/Stazio); XXVI (Dante/Guinizelli); XXVIII (Dante/Matelda); XXIX (Dante/Matelda)

2) Canti dominati dalla voce di Virgilio: VI, X, XII, XV, XVII, XVIII, XXVII 3) Canti dominati dalla voce di Beatrice: XXX, XXXIII

4) Canti polifonici, in cui più voci prendono parte all'azione drammatica senza che nessuna sia predominante: II, III, IV, V, VIII, XI, XXIV, XXXI, XXXII

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particolare, la richiesta di informazione, cioè la domanda, rimane lo scopo prioritario con cui il pellegrino prende la parola, ma innanzitutto la domanda è rivolta spesso ai penitenti, mentre nell'Inferno Dante rivolge domande nella maggior parte dei casi a Virgilio28, il quale, come si è già osservato, assume spesso il ruolo di mediatore nella comunicazione con i dannati. Inoltre, mentre nel primo regno accanto alle domande un'altra cospicua serie di interventi dialogici di Dante sono richieste o preghiere rivolte al maestro, nella seconda cantica la quantità di battute mimetiche di questo tipo è assai ridotta.

In definitiva, nel Purgatorio Dante instaura con gli interlocutori un rapporto comunicativo più partitario: sebbene sia comunque preponderante la quantità di informazione che da Virgilio o dai penitenti passa a Dante, aumentano notevolmente sia le occorrenze dialogiche con le quali è Dante a indicare a Virgilio qualcosa da osservare o a invitarlo al cammino, sia le battute mimetiche con le quali è il protagonista a rispondere alle domande che gli vengono poste dai penitenti e non viceversa. Nella prima cantica dialoghi paritari tra Dante e un dannato si verificano solo con Farinata, Brunetto, Jacopo Rusticucci, Catalano e Loderingo, cioè con personaggi che chiamano direttamente in causa Dante e la vita politica fiorentina; oppure con personaggi spregevoli, rispetto ai quali Dante non riesce a contenere il suo sdegno, come Alessio Interminelli, Bocca degli Abati, Filippo Argenti.

Nel Purgatorio invece Dante intrattiene conversazioni autonome, senza l'intermediazione di Virgilio, con un numero maggiore di personaggi: Casella, Nino Visconti, Sapia, Guido del Duca, Adriano V, Stazio, Forese, Bonagiunta, Guinizelli, Beatrice.

Accanto a un mutamento di scopo e di contenuto, il parlare di Dante cambia in una certa misura anche a livello linguistico e stilistico. Qui verrà messo in evidenza soltanto un mutamento del parlato di Dante per quanto riguarda la sintassi del periodo, ma sarebbe interessante verificare a più livelli in che misura il parlato del protagonista si modifica in base agli interlocutori che ha di fronte. Nella seguente tabella si può osservare come le battute mimetiche di Dante-personaggio nel Purgatorio siano strutturate in periodi più ampi e complessi rispetto all'Inferno.

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Le ragioni di questo mutamento, che si realizza in periodi più ampi e in una maggiore percentuale di subordinate, non vanno ricercate in discorsi di particolare ampiezza e complessità sintattica. Le battute che superano i 10 vv.29 di Dante-personaggio nel Purgatorio, anzi, sono tendenzialmente meno elaborate ed estese di quelle infernali.

Le ragioni di questo mutamento sono invece da ricercare in un “parlare medio” di Dante, che si fa più complesso, proprio in relazione alla sua maggiore autonomia cognitiva e relazionale: in una maggiore frequenza (in proporzione) di elaborate captationes benevolentiae, di formulazioni dottrinali30, di strutture di richiesta più articolate31.

Per quanto riguarda Virgilio, nel Purgatorio si è constatato innanzitutto il drastico calo del suo ruolo di parlante, con una netta diminuzione sia del numero di battute mimetiche pronunciate. Diminuisce, anche se in misura minore, anche la durata dei suoi interventi dialogici, che rispetto alla prima cantica hanno un'estensione meno omogenea: in proporzione, si ha un aumento delle battute mimetiche molto brevi (1-2 vv.)32, il 18% sul totale nell'Inferno contro il 26% nel Purgatorio, e una netta diminuzione delle battute tra i 4 e i 10 vv., che rimangono comunque il tipo prevalente, anche se con percentuali molto diverse: il 40% nella prima cantica, il 30% nella

29 Battute mimetiche di Dante che superano i 10 vv.: IV 76-87; VIII 121-132 (elogio di Corrado Malaspina); XVI 52-63 (domanda di alto contenuto politico a Marco lombardo); XXIII 115-133 (narrazione della propria vicenda all'amico Forese); XXVI 53-66 (appello ai lussuriosi).

30 Cfr. ad es. Pg IV 76-87; Pg XI 27-32; Pg XVI 37-45.

31 Alla domanda che si esplica nell'ambito della terzina, ampiamente predominante nell'Inferno, si sostituiscono battute mimetiche più articolate, che seguono schemi come 'risposta + domanda'; 'feedback rispetto a quanto detto dall'interlocutore + nuova domanda'; 'captatio benevolentiae + domanda'.

32 Si veda, per fare solo un es.: «Tu vero apprendi, / e d'iracundia van solvendo il nodo» (Pg XVI 23-24). INF % PURG % princ 161 29% 105 27% coord 77 14% 49 13% subord 307 56% 235 60% altre 8 1% 3 1% TOT 553 392 frasi/periodo 3,4 3,7

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seconda33. Un ridimensionamento di tale entità non pare essere riconducibile esclusivamente al fatto che Virgilio è assente come personaggio parlante negli ultimi sei canti e come personaggio tout court negli ultimi tre, ma sembra piuttosto da ricondurre all'inferiorità morale e cognitiva in cui la guida si trova nel nuovo regno: del resto più volte egli rimanda l'approfondimento alcune curiosità di Dante al suo incontro con Beatrice, e, molto più marcatamente che nella prima cantica, Virgilio è affiancato nel suo ruolo di guida da personaggi che vivono oltre lo spazio di un canto, come Sordello, Stazio e infine Matelda; e ancora gli stessi penitenti sono spesso fonte di informazioni, così come gli angeli delle varie cornici.

Come nella prima cantica, la maggior parte delle volte che Virgilio prende la parola lo fa per esortare Dante, invitandolo al cammino, a osservare qualcosa, a comunicare con le anime dei penitenti: queste battute mimetiche però hanno tendenzialmente una durata minore rispetto all'Inferno e anzi sono proprio queste che giustificano l'aumento delle battute di uno e due versi. Rispetto alla prima cantica, inoltre, si estende molto la direttrice comunicativa Virgilio ↔ anime (si pensi ai dialoghi con Catone, con Sordello, con Stazio): infatti, da un lato, il poeta si trova più frequentemente che nel primo regno a rispondere a domande circa la propria identità, dall'altro è più portato a porre egli stesso domande ai penitenti, poiché l'ambiente purgatoriale è una novità per lui stesso. Tale incremento va a discapito delle prese di parola “autonome” di Virgilio, che nell'Inferno era tipicamente voce commentante alle diverse scene infernali che si presentavano agli occhi dei due pellegrini, anche senza la sollecitazione di Dante o dei personaggi oltremondani.

Accanto a Dante e Virgilio, nella seconda cantica i personaggi parlanti – se si comprendono le personificazioni simboliche, come i 24 seniori di Pg XXIX o la femina balba del sogno di Dante in Pg XIX, e i personaggi portati ad exemplum parlante – sono 6134, ai quali va aggiunto un numero difficilmente quantificabile in maniera precisa, ma 33 Infine sono due le occorrenze dialogiche che superano i 30 vv. (l'apostrofe a Catone in Pg I e la

lunga dimostrazione sull'amore in XVII), contro le 4 dell'Inferno.

34 Propongo qui la lista completa dei personaggi parlanti della seconda cantica, divisi in 6 categorie. Rispetto alle altre due cantiche è da notare la quantità di personaggi parlanti che rimangono senza un nome, segnalati in un'apposita categoria. Altra caratteristica peculiare del Purgatorio è la grande quantità di exempla. 1) Personaggi presenti all'azione che parlano, storici o esistiti realmente o da Dante ritenuti tali: Adriano V, Arnaut Daniel, Belacqua, Bonagiunta, Buonconte da Montefeltro, Casella, Corrado Malaspina, , Forese Donati, Guido del Duca, Guido Guinizelli, Iacopo del Cassero, Manfredi di Svevia, Marco Lombardo, Marco Porzio Catone Uticense, Nino Visconti, Oderisi da

Figura

Tabella 3: Durata
Tabella 4: Estensione, quantità, durata, dei dialoghi dei personaggi della prima cantica
Tabella 6: Estensione, quantità, durata nei canti   infernalicantoI695 13,8II118339,3III54124,5IV51105,1V80126,7VI65106,5VII85117,7VIII71233,1IX49104,9X90214,3XI106715,1XII82136,3XIII97156,5XIV83108,3XV84117,6XVI6296,9XVII3093,3XVIII58105,8XIX7088,8XX10333
Tabella 8: Durata: dati specifici
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