C
APITOLO
II
L’
ESECUZIONE DELLE SENTENZE FAVOREVOLI
ALL
’A
MMINISTRAZIONE FINANZIARIA
1. PREMESSA
Nel presente capitolo verrà posta l’attenzione sulle problematiche che hanno per oggetto l’efficacia delle sentenze pronunciate dalle commissioni tributarie, dovendo andare a stabilire se nel nostro processo vale uno dei principi fondamentali del rito ordinario, ossia l’immediata esecutività delle sentenze emanate dal giudice1.
L’inapplicabilità al rito tributario di questo principio è pienamente coerente con l’orientamento per cui il nostro processo è sempre un processo d’impugnazione di un atto impositivo e la sentenza del giudice non sarà mai una pronuncia mirata alla sostituzione dello stesso atto. Questo anche nel caso in cui il ricorso venga parzialmente accolto (e quindi l’atto parzialmente annullato)2.
Al contrario, andando a riconoscere efficacia immediata alla sentenza, dobbiamo ritenere che quest’ultima avrà un’incidenza sul rapporto d’imposta, sostituendo così l’atto impositivo che è stato oggetto del giudizio. In un simile contesto, il giudice non si limiterebbe a giudicare la legittimità dell’atto, ma andrebbe a prendere parte attiva, partecipando a tutti gli effetti all’imposizione tributaria, basandosi sul fatto che questa non sia stata svolta in modo corretto dall’Amministrazione finanziaria.
1 Tale principio, tuttavia, non è privo di strumenti posti a tutela della parte soccombente, infatti il giudice, nonostante la sentenza sia immediatamente esecutiva, può sospenderne l’efficacia.
Nelle pagine che seguono verranno analizzate le disposizioni degli artt. 68, 69 e 703 D.Lgs. 546/1992, delineando una linea di confronto tra le
normative vigenti prima della riforma introdotta dal D.Lgs. 156 del 24 settembre 2015 e quelle attualmente in vigore.
2. LE SENTENZE DI CONDANNA E QUELLE RELATIVE AL PAGAMENTO DEI TRIBUTI
Riprendendo quanto appena detto, possiamo proseguire la trattazione con l’analisi dei dati normativi di riferimento, introducendo, seppur brevemente in quanto saranno oggetto di un’attenta e successiva analisi, le disposizioni di cui agli artt. 68, 694 e 70 D.Lgs. 546/1992.
Possiamo subito distinguere due tipi di sentenze a cui fanno riferimento le norme appena citate:
a. le sentenze di condanna dell’Amministrazione, che, per quanto riguarda l’esecuzione, trovano applicazione negli artt. 69 e 70 D.Lgs. 546/19925;
b. le sentenze avverse al contribuente relative al pagamento dei tributi, la cui disciplina è rinvenibile nell’art. 68 D.Lgs. 546/1992.
Per quanto concerne le prime, la qualifica di sentenze di condanna attribuita dagli articoli sopra citati (sub a.) è riferibile solo ed esclusivamente a quelle che vedono come parte soccombente l’Amministrazione finanziaria, quindi quelle emesse contro l’ente impositore o il concessionario della riscossione.
3 Di tale articolo sarà proposta un’analisi approfondita nel capitolo seguente.
4 L’art. 69 D.Lgs. 546/1992, in particolare, è stato completamente riscritto e riformato in occasione della riforma del 2015.
5 Per la trattazione di questo aspetto si rimanda alla seconda parte del presente capito, in cui verrà trattato della sentenze favorevoli al contribuente.
Sono da considerarsi sentenze di condanna non solo quelle che hanno ad oggetto il pagamento di somme6, ma anche quelle che impongono
l’eliminazione di un atto impositivo da parte dell’Amministrazione7.
Prima della riforma del 2015, il presupposto per l’acquisto dell’efficacia esecutiva di queste sentenze era il passaggio in giudicato. Infatti, il rilascio del titolo esecutivo di cui all’art. 69 D.Lgs. 546/1992 (vecchia versione) e l’ammissibilità del giudizio di ottemperanza erano subordinati al passaggio in giudicato della sentenza8.
Le sentenze sub b. vengono rese su una domanda di annullamento dell’atto impositivo impugnato da parte del contribuente-‐ricorrente.
Come abbiamo già avuto modo di vedere in precedenza, queste possono disporre:
a. il rigetto del ricorso, lasciando così immutata l’esistenza dell’atto impugnato;
b. l’accoglimento integrale del ricorso, eliminando l’atto impositivo;
c. l’accoglimento parziale, che renderà necessaria la rideterminazione del tributo sulla base della parte dell’atto non annullata9.
Ciò che preme segnalare, è che queste sentenze, in particolare quelle
sub a., sono immediatamente efficaci secondo quanto stabilito dall’art. 68
D.Lgs. 546/199210 relativamente a fattispecie che attengono sia al contenuto
6 Quindi che hanno attinenza a domande di rimborso presentate dal contribuente e che sono suscettibili di esecuzione così come stabiliva la vecchia disposizione dall’art. 69 D.Lgs. 546/1992, che faceva esplicito riferimento all’art. 475 c.p.c. 7 Tali sentenze saranno suscettibili di esecuzione attraverso il ricorso al giudizio di ottemperanza di cui all’art. 70 D.Lgs. 546/1992.
8 FRANCO BATISTONI FERRARA E BRUNELLA BELLÈ, Diritto tributario processuale, 2014, p. 208. GIANNI BELLAGAMBA, Il contenzioso tributario, 1996, p. 209.
9 DOMENICO MARTINI, Esecutività provvisoria delle sentenze delle commissioni tributarie, in Rassegna Tributaria, 2006, fasc. 1, p. 162.
10 “L’art. 68 detta una disciplina secondo la quale le sentenze dei giudici tributari, anche se impugnate, legittimano la riscossione di una frazione crescente del tributo a seconda del grado nel quale sono state pronunciate”, così PASQUALE RUSSO,
della sentenza che ai versamenti già effettuati dal contribuente11.
3. L’ART. 68 D.LGS. 546/1992
1. Anche in deroga a quanto previsto dalle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:
a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;
b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.
…
Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.
2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’art. 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale.
11 FRANCO BATISTONI FERRARA E BRUNELLA BELLÈ, Diritto tributario processuale, 2014, p. 205.
3. Le imposte suppletive debbono essere corrisposte dopo l’ultima sentenza non impugnabile o impugnabile solo con ricorso in cassazione.
In passato la riscossione frazionata del tributo in pendenza del giudizio era disciplinata dalle singole leggi d’imposta. Con l’introduzione dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992, il legislatore ha voluto porre delle regole generali che rendessero uniforme la riscossione durante il processo, andando perciò a derogare (comma 1) quanto statuito in modo individuale dalle singole leggi.
Questa nuova norma regola il problema della riscossione frazionata in maniera differente rispetto a quanto avveniva precedentemente. Tuttavia, dobbiamo sempre far riferimento all’effetto non sostitutivo delle sentenze del giudice tributario, secondo cui l’iscrizione provvisoria a ruolo, e quindi la riscossione frazionata, hanno come fondamento l’atto impositivo impugnato con il ricorso e non la sentenza emessa dal giudice tributario. Deve essere chiaro che ad essere titolo per la riscossione, non è la sentenza, ma l’atto stesso sopravvissuto al giudizio12.
L’art. 68 D.Lgs. 546/1992 non dispone alcunché in merito alle sanzioni dovute in aggiunta al tributo accertato con l’atto impositivo. Per questo motivo si rende necessario un riferimento all’art. 19 D.Lgs. 472/1997, che disciplina la riscossione provvisoria delle sanzioni in corso di giudizio13.
12 CLAUDIO CONSOLO, Commentario breve alle leggi del processo tributario, 2012, p. 787.
13 Tale articolo statuisce, al comma 1, che “In caso di ricorso alle commissioni tributarie anche nei casi in cui non è prevista la riscossione frazionata si applicano le disposizioni dettate dall’art. 68, commi 1 e 2, D.Lgs. 546/1992”. Il comma 6 dello stesso articolo dispone che “Se in esito alla sentenza di primo o di secondo grado la somma corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l’ufficio deve provvedere al rimborso entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza”. Questa è una disposizione che ricalca pienamente quanto disciplinato dal comma 2 dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992 in tema di rimborso dell’indebito, anche se sarebbe più corretto parlare di “rimborso da sgravio”.
3.1. LE ISCRIZIONI FRAZIONATE: UNA TUTELA PER L’AMMINISTRAZIONE
Il principio della riscossione frazionata del tributo nel corso del processo può essere valutato come un ridimensionamento della normale esecutorietà degli atti impositivi dell’Amministrazione a vantaggio del contribuente. Tuttavia, l’inserimento nella legge sul processo tributario della sospensione cautelare dell’atto14 ha creato dubbi sulla necessità di
continuare ad applicare la riscossione frazionata in quanto viene concessa al contribuente la possibilità di richiedere la sospensione dell’atto ove ne ricorrano i presupposti15.
Cambiando prospettiva di analisi, però, possiamo dire che la riscossione frazionata è posta a tutela delle ragioni dell’Amministrazione. Infatti, l’impugnazione di atto impositivo provoca una sospensione dell’esecutività dello stesso, al punto che la legge, tramite la riscossione frazionata in pendenza del giudizio, ha voluto salvaguardare gli interessi dell’Amministrazione, ponendola quindi come mezzo di tutela così come la sospensione cautelare ex art. 47 D.Lgs. 546/1992 lo è per il contribuente.
Non bisogna dimenticare che la riscossione gradata definita dall’art. 68 D.Lgs. 546/1992 ha come condizione necessaria la pendenza di un processo, infatti, in assenza di quest’ultimo16, l’iscrizione a ruolo non avverrà secondo
l’articolo appena citato, quindi non sarà frazionata, ma sarà effettuata a titolo definitivo sulla base di quanto definitivamente determinato17.
Sul tema dell’iscrizione a ruolo dobbiamo porre l’attenzione sul rapporto che intercorre tra l’iscrizione provvisoria, così come disciplinata
14 Art. 47 D.Lgs. 546/1992.
15 GIANNI BELLAGAMBA, Il contenzioso tributario, 1996, p. 208. I presupposti per la sospensione dell’atto possono essere individuati nel periculum in mora e nel fumus boni iuris.
16 Si considera il fatto che la sentenza emessa dalla commissione tributaria non sia stata impugnata e quindi sia passata in giudicato.
17 CLAUDIO CONSOLO, Commentario breve alle leggi del processo tributario, 2012, p. 789.
dall’art. 68 D.Lgs. 546/1992, e l’iscrizione a titolo definitivo che segue il passaggio in giudicato della sentenza.
Per quanto riguarda la prima, la legge non individua limiti temporali che l’Amministrazione dovrà rispettare nell’effettuazione dell’iscrizione. Quella definitiva, invece, è soggetta a termini decadenziali18.
3.2. LE SENTENZE CONTRO IL CONTRIBUENTE, IL PAGAMENTO DEL TRIBUTO
L’art. 68 D.Lgs. 546/1992 propone una particolare disciplina secondo la quale, nonostante siano state impugnate, le sentenze del giudice tributario sono immediatamente efficaci contro il contribuente dichiarato soccombente dalla sentenza stessa19, legittimando, infatti, la riscossione del
tributo in frazioni crescenti a seconda del grado di giudizio nel quale sono state pronunciate20.
È pacifico quanto implicitamente possiamo riscontrare dall’interpretazione dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992, cioè che nessuna riscossione a titolo provvisorio potrà aver luogo a seguito di sentenze interamente favorevoli al contribuente-‐ricorrente21.
Entrando nel dettaglio della norma, il legislatore ha previsto, in deroga a quanto diversamente statuito dalle singole leggi d’imposta, che il contribuente-‐ricorrente debba pagare, subito dopo la pronuncia della
18 La sentenza della Cassazione n. 5765 dell’8 maggio 2000, in banca dati Lex24, è intervenuta sul problema che si era creato circa il rapporto tra l’iscrizione provvisoria e quella definitiva. Si pensava, infatti, che la decadenza del termine in capo all’Amministrazione per l’iscrizione definitiva a ruolo potesse andare a inficiare l’iscrizione provvisoria. La Cassazione ha evidenziato che la legittimità dell’iscrizione provvisoria a ruolo non può essere pregiudicata dalla tardiva iscrizione della residua parte del tributo che ancora non è stata riscossa. Infatti, le conseguenze della tardiva presentazione della cartella di pagamento limitata alla riscossione di parte del tributo non possono influenzare l’iscrizione provvisoria che si è svolta regolarmente.
19 FABIO COLI, L’esecuzione delle sentenze tributarie in corso di giudizio ed eguaglianza tra le parti, in Rivista di diritto tributario, 2009, fasc. 3, p. 99.
20 PASQUALE RUSSO, Manuale di diritto tributario, 2005, p. 309.
21 FABIO COLI, L’esecuzione delle sentenze tributarie in corso di giudizio ed eguaglianza tra le parti, in Rivista di diritto tributario, 2009, fasc. 3, p. 99.
sentenza di primo grado che lo vede soccombere, i due terzi di quanto dovuto22 e sarà tenuto a versare il saldo rimanente una volta che verrà
pronunciata la sentenza di secondo grado23.
Nel caso di accoglimento parziale del ricorso il contribuente, soccombente solo in parte, sarà tenuto al pagamento della somma indicata dal giudice nella sentenza di primo grado, tuttavia tale somma non potrà essere superiore ai due terzi della pretesa originaria24.
Per quando riguarda invece le sentenze delle commissioni tributarie regionali (sentenze di secondo grado), la norma concede loro il titolo per la riscossione del tributo e degli interessi nella misura intera (non frazionata) determinati nella sentenza stessa25.
Dall’analisi della disciplina in oggetto appare chiaro che il processo tributario fa forza sul principio dell’esecutorietà delle sentenze anche se non divenute definitive. Sulla base di questo principio, una pronuncia della commissione tributaria, nonostante manchi il passaggio in giudicato26,
diviene titolo per la riscossione.
Dobbiamo rilevare, però, che gli effetti dell’esecutività riscontrata nella norma risultano essere differenti a seconda che la sentenza veda soccombere il contribuente o l’Amministrazione27.
Tornando all’art. 68 D.Lgs. 546/1992, dobbiamo puntualizzare che, qualora il contribuente-‐ricorrente decida di impugnare soltanto parzialmente un atto impositivo dell’Amministrazione, quest’ultima potrà
22 Il “dovuto” è composto non solo dal tributo, ma anche dagli interessi. 23 Art. 68 D.Lgs. 546/1992, comma 1, lett. a).
24 Art. 68 D.Lgs. 546/1992, comma 1, lett. b).
25 Art. 68 D.Lgs. 546/1992, comma 1, lett. c). GIANNI BELLAGAMBA, Il contenzioso tributario, 1996, p. 207. PASQUALE RUSSO, Manuale di diritto tributario, 2005, p. 310.
26 Vuoi perché sia già stata impugnata dinnanzi all’organo giurisdizionale superiore, vuoi perché non sono ancora trascorsi i termini utili per l’impugnazione. 27 ANDREA PODDIGHE, Giusto processo e processo tributario, 2010, p. 132.
procedere alla riscossione dell’imposta relativa alla parte dell’atto che non è stata oggetto dell’impugnazione28.
Sempre su questo tema, in passato era sorto un dubbio di incostituzionalità della disciplina in oggetto, in quanto si credeva potesse andare a ledere i diritti dei contribuenti. La Corte Costituzionale si è più volte espressa sul punto ritenendo costituzionalmente legittima tale disciplina sulla base delle tutele concesse al contribuente; la legge infatti riconosce a questi la possibilità di ottenere la sospensione della sentenza, propone una riscossione parziale e gradata ed infine prevede un reintegro patrimoniale di quanto indebitamente versato29.
Tuttavia, quanto finora detto riguardo alla riscossione frazionata in pendenza del giudizio presenta alcune eccezioni. Questa, infatti, non sarà applicata nei casi in cui non sia prevista dalle singole leggi.
Nei casi in oggetto30, l’atto impositivo impugnato è immediatamente
esecutivo, sia per le voci contestate, sia per quelle non contestate, e l’Amministrazione può procedere alla riscossione per l’intero ammontare indicato nell’atto anche prima della pronuncia del giudice31.
Altra eccezione è disciplinata direttamente dall’art. 68 D.Lgs. 546/1992, comma 3, il quale dispone in merito alle imposte suppletive.
28 Ove la quantificazione della parte non contestata sia possibile indipendentemente dall’esito del ricorso contro la parte contestata, bisogna ritenere che inizi a decorrere il termine di prescrizione della riscossione da parte dell’Amministrazione, altrimenti il termine decorrerà dal passaggio in giudicato della sentenza. Sul punto si è recentemente espressa la Cassazione con la sentenza n. 8318 del 4 aprile 2013, in banca dati Lex24.
29 Riguardo al rimborso dell’indebito si rimanda a quanto verrà trattato in seguito. 30 Ogni tributo portato dalla cartella di pagamento o ingiunzione fiscale o altri atti di riscossione, imposta complementare di registro (art. 56 D.P.R. 131/1986), ICI (Cassazione, sentenza n. 15473 del 30 giugno 2010, in banca dati Lex24), TARSU (Cassazione, sentenza n. 28091 del 31 dicembre 2009, in banca dati Lex24), imposta sulle pubblicità (Cassazione, sentenza n. 7785 del 21 marzo 2008, in banca dati Lex24), dazi doganali e accise sugli oli minerali (circolare Agenzia delle Dogane 4 aprile 2002, n. 26/D).
31 A sua difesa il contribuente, tuttavia, può richiedere la sospensione dell’atto impugnato a norma dell’art. 47 D.Lgs. 546/1992.
Queste sono riscuotibili soltanto dopo le sentenze pronunciate dalle commissioni tributarie regionali.
3.3. ART. 68, COMMA 2, D.LGS. 546/1992: IL RIMBORSO DELL’UFFICIO
Proseguendo l’analisi dell’articolo in oggetto, dobbiamo soffermarci su quanto disposto dal secondo comma, in base al quale, tenendo conto anche della novità introdotta dalla riforma del 2015, a seguito di una sentenza che accoglie integralmente o solo in parte il ricorso, le somme che il contribuente-‐ricorrente ha versato in eccedenza rispetto a quanto dovuto dovranno essere oggetto di rimborso da parte dell’Amministrazione e ciò risulta essere un obbligo per l’Amministrazione32.
In passato, la tutela posta in capo al contribuente in occasione dei rimborsi in oggetto era pressoché nulla33; oggi, invece, l’introduzione del
secondo periodo al comma 2 dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992, permette allo
32 Il rimborso sarà dovuto in seguito alla pronuncia di una sentenza ancora non passata in giudicato ed inoltre non è necessaria un’espressa condanna al rimborso contenuta nella sentenza. Da citare è l’intervento della Cassazione che si è pronunciata sul tema dei rimborsi in oggetto con la sentenza n. 15388 del 5 dicembre 2001, in banca dati Lex24, secondo la quale l’Amministrazione è tenuta al rimborso limitatamente a quanto il contribuente ha pagato in esecuzione dell’atto impositivo impugnato; quindi tale rimborso non si estende ai rimborsi di imposte legittimamente pagate subordinati all’esito dell’accertamento oggetto del giudizio. 33 GIULIANO TABET, La difficile strada della esecuzione delle sentenze tributarie favorevoli al contribuente, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2009, vol. 16, fasc. 2, p. 105. “Si è rimarcata la circostanza che manca, a riguardo, un efficace strumento di tutela. Non è infatti consentito, allo stato dell’attuale normativa, il ricorso al rimedio del giudizio di ottemperanza, stante che l’art. 70 D.Lgs. 546/1992 ne subordina la procedibilità al passaggio in giudicato della sentenza. Ed invece, nei casi in cui alla disposizione in esame, si tratta principalmente di dar esecuzione alle sentenze che, avendo annullato in tutto oppure in parte l’atto impositivo, ancorché possano essere state successivamente impugnate … privano tuttavia … l’Amministrazione finanziaria o l’ente impositore della legittimazione a trattenere le somme eventualmente corrisposte dal contribuente in conseguenza della riscossione a titolo provvisorio del tributo. Per l’esecuzione di questo comando di legge, la normativa vigente non appresta alcuno strumento di tutela”, così FRANCO RANDAZZO, L’esecuzione della sentenza non definitiva nello schema di
stesso contribuente di avere un mezzo di tutela e di poter agire contro l’Amministrazione qualora questa ometta di eseguire il rimborso34.
La norma prevede un termine temporale di novanta giorni dalla notificazione della sentenza entro il quale l’Amministrazione deve (dovrebbe) effettuare il rimborso35.
In realtà, nella prassi, non sarebbe necessario attendere la notifica della sentenza, né la scadenza dei novanta giorni, e neppure specifiche richieste e solleciti di rimborso36, trattandosi di un termine “sollecitorio e non
dilatorio”37, infatti l’Amministrazione dovrebbe provvedervi non appena il
giudice pronuncia il dispositivo della sentenza38, che dovrà contenere ogni
elemento utile e necessario per quantificare l’importo da rimborsare. Quest’aspetto, secondo un’autorevole dottrina, “è come riconoscere in pratica l’immediata efficacia della sentenza”39.
Ancora una volta la Cassazione entra sul punto precisando che, nonostante l’art. 68, comma 2, D.Lgs. 546/1992 faccia esplicito riferimento soltanto alle sentenze pronunciate dalle commissioni tributarie provinciali,
34 Così come espone la relazione illustrativa al D.Lgs. 156 del 24 settembre 2015, “si viene a colmare una lacuna, che vedeva il contribuente del tutto privo di rimedi giuridici di fronte all’inerzia dell’ente impositore, che all’esito di una sentenza – anche non definitiva – favorevole al contribuente, ometteva di eseguire in suo favore il rimborso delle somme medio tempore riscosse”.
35 Tuttavia, nonostante la norma disponga tale termine, “Questa disposizione, nel caso di colpevole inerzia dell’Amministrazione, sarebbe destinata a rimanere priva di garanzia giurisdizionale se per il recupero delle somme si dovesse attendere il passaggio in giudicato.”, così FRANCO RANDAZZO, L’esecuzione delle sentenze
tributarie, 2003, p. 8.
36 FRANCO RANDAZZO, Poco tutelato il contribuente nei rimborsi di somme dovute per effetto di sentenze favorevoli, in Corriere tributario, 2010, vol. 33, fasc. 45, p. 3761. 37 Così FRANCO RANDAZZO, Poco tutelato il contribuente nei rimborsi di somme dovute per effetto di sentenze favorevoli, in Corriere tributario, 2010, vol. 33, fasc. 45, p. 3762.
38 L’Agenzia delle Entrate, emanando la Circolare n. 49/E del 2010, raccomanda agli uffici di eseguire tempestivamente le sentenze favorevoli al contribuente. Tuttavia, una semplice raccomandazione da parte del Direttore dell’Agenzia non può, da sola, risolvere il delicato problema che sta alla base dei rimborsi.
39 FRANCO GALLO, Verso un “giusto processo” tributario, in Rassegna tributaria, 2003, fasc.1, p. 32.
tale disciplina deve essere applicata senza alcun dubbio anche alle sentenze di appello emesse da parte della commissione tributaria regionale40.
È necessario considerare che il rimborso di cui al secondo comma dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992 non necessita il passaggio in giudicato della sentenza emessa, potendo essere definito, in modo forse un po’ improprio, come “rimborso spontaneo”, così da distinguerlo da quei rimborsi che, invece, dovranno essere eseguiti soltanto a seguito di azioni da parte del contribuente avente diritto.
Infatti, prima della riforma, qualora l’Amministrazione ometteva di provvedere al rimborso nei termini disposti, gli unici mezzi a tutela del contribuente per vedersi soddisfatto il diritto al rimborso erano l’esecuzione forzata41 e il giudizio di ottemperanza.
Oggi, invece, il rimedio individuato dal legislatore è esclusivamente il giudizio di ottemperanza. Questo è attivabile decorso il termine dei novanta giorni (comma 2) dalla notifica della sentenza, senza che l’ufficio abbia provveduto all’esecuzione del rimborso. La notificazione della sentenza e il decorso dei novanta giorni costituiscono quindi le condizioni per la proposizione del ricorso in ottemperanza al fine di ottenere il rimborso42.
40 Così la Cassazione con le sentenze n. 20526 del 22 settembre 2006 e n. 19078 del 10 luglio 2008, in banca dati Lex24. Sul punto, inoltre, è stato detto che “La dottrina ha subito rilevato l’illogicità della minore forza esecutiva riconosciuta alla sentenza della commissione regionale (ossia, del giudice di grado superiore) rispetto a quella della commissione provinciale, posto che la prima, a differenza della seconda, non farebbe sorgere il dovere di provvedere d’ufficio al rimborso delle somme provvisoriamente riscosse nel corso del giudizio.”, così FRANCO
RANDAZZO, L’esecuzione delle sentenze tributarie, 2003, p. 147.
41 Quest’azione poteva essere proposta solo dinnanzi al giudice ordinario con la rappresentanza di un professionista abilitato. Prima della riforma, l’art. 69 D.Lgs. 546/1992 disciplinava la modalità attraverso cui il contribuente poteva esercitare l’azione di esecuzione forzata, facendo esplicito richiamo alle norme del codice di procedura civile. L’art. 69 post riforma, invece, non prevede più la possibilità di avvalersi dell’esecuzione forzata, lasciando al contribuente la possibilità di esercitare soltanto il giudizio di ottemperanza, eliminando, come vedremo, il limite del giudicato (art. 70 D.Lgs. 546/1992).
Sempre in tema di rimborsi, in passato è sorto un dubbio sull’esistenza o meno di un potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione di ritardare il pagamento e quindi di effettuare il rimborso di quanto indebitamente versato dal contribuente.
A riguardo è condivisibile la posizione di Batistoni Ferrara, secondo il quale, l’art. 68, comma 2, D.Lgs. 546/1992 impone all’ufficio l’obbligo incondizionato di provvedere al rimborso entro un termine temporale di novanta giorni. Tale obbligo, qualora non venga ottemperato, comporta una responsabilità per l’Amministrazione che potrà vedersi contestati sia gli interessi di mora che il risarcimento del danno derivante dal ritardo43.
Il termine temporale di novanta giorni, tuttavia, è una disposizione che spesso è veramente priva di efficacia, poiché la mancata previsione di una sanzione a carico dell’Amministrazione in caso di mancato rimborso fa sì che non via sia una vera e propria tutela a favore del contribuente, eccezion fatta per la possibilità di esercitare il giudizio di ottemperanza.
43 FRANCO BATISTONI FERRARA, Il rimborso del tributo ai sensi dell’art. 68, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 è soggetto ad apprezzamento discrezionale dell’amministrazione?, in Rivista di diritto tributario, 2009, fasc. 1, p. 38. Altro problema che affronta l’autorevole studioso è se il contribuente abbia modo di costringere l’Amministrazione all’adempimento, non potendosi applicare gli artt. 69 e 70 D.Lgs. 546/1992 prima del passaggio in giudicato della sentenza. Secondo l’autore la risposta non può che essere negativa, “Non c’è dubbio che il rifiuto di adempiere e il comportamento omissivo dell’ufficio sia illegittimo e, in quanto produttivo di danno, concreti un fatto illecito, ma non è nei poteri del Garante attuare una siffatta costrizione, visto che ad esso compete soltanto quello di richiamare l’ufficio al rispetto dei termini previsti per il rimborso dell’imposta e quello di segnalazione delle ipotesi nelle quali il comportamento dell’Amministrazione determina un pregiudizio per i contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’Amministrazione medesima”. Sempre su questo tema, Randazzo puntualizza che il comma 2 dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992 “Sancisce non soltanto l’obbligo dell’Amministrazione di restituire il tributo corrisposto in eccedenza rispetto alla statuizione della commissione tributaria, ma anche il corrispondente divieto di dare ulteriore corso ad una riscossione che, in conseguenza al mutamento giuridico originato dalla sentenza tributaria, non è più legittima.”, così FRANCO RANDAZZO, L’esecuzione delle sentenze tributarie, 2003, p.
3.4. LA NUOVA LETTERA C BIS) DELL’ART. 68 D.LGS. 546/1992
La riforma del 2015 ha aggiunto al primo comma dell’art. 68 D.Lgs. 546/1992 la lettera c bis), allo scopo di precisare che nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio, “l’imposta con i relativi interessi deve essere corrisposta per l’ammontare dovuto in pendenza del giudizio di primo grado e dopo la sentenza della Corte di Cassazione di annullamento con rinvio e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione”44.
Attraverso questa introduzione è stato in un certo senso codificato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale il processo si estingue in caso di mancata riassunzione dopo il rinvio della Corte di Cassazione e l’atto impositivo originariamente impugnato diventa perciò definitivo45.
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità46 ha più volte affermato che
l’estinzione dell’intero processo comporta la caducazione di tutte le sentenze pronunciate fino a quel momento e la definitività dell’atto oggetto di impugnazione, con la conseguente esigibilità delle somme richieste con l’atto stesso.
44 Così la relazione illustrativa al D.Lgs. 156/2015. Si veda al riguardo anche la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 38/E del 2015 p. 77. È quindi doveroso richiamare la disciplina dell’art. 63, comma 2, D.Lgs. 546/1992, secondo la quale, in caso di mancata riassunzione entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione delle sentenza della Cassazione con rinvio, o si viene a creare una causa di estinzione del giudizio di rinvio, o l’intero processo di estingue.
45 La stessa Corte, con la sentenza n. 15643 del 9 luglio 2014, in banca dati Lex24, ha affermato che “nel giudizio tributario, ove nessuna delle parti si sia attivata per la riassunzione ai sensi dell’art. 392 c.p.c. l’intero processo si estingue, determinandosi la definitività dell’avviso di accertamento che ne costituiva l’oggetto. L’estinzione del giudizio ex art. 393 c.p.c. comporta, infatti, il venir meno dell’intero processo, ed in forza dei principi in materia d’impugnazione dell’atto tributario, la definitività dell’avviso di accertamento e l’integrale accoglimento delle ragioni erariali”.
46 Si veda al riguardo Cassazione, sentenza n. 2519 del 5 febbraio 2014 e sentenza n. 16689 del 3 luglio 2013, in banca dati Lex24.
Questa espressa previsione degli effetti della mancata riassunzione ha lo scopo di chiarire ai contribuenti le conseguenze che ne derivano, e questo anche qualora la parte vittoriosa in Cassazione sia lo stesso contribuente47.
47 “Il dettato della nuova lettera c bis) si è allineato alla giurisprudenza della Corte, e la stessa relazione illustrativa al decreto di riforma ha evidenziato che «l’espressa previsione degli effetti della mancata riassunzione ha lo scopo di rendere chiare, soprattutto ai contribuenti, le conseguenze pregiudizievoli che derivano dalla mancata riassunzione del giudizio, indipendentemente da quale parte sia risultata vittoriosa in Cassazione»”, così la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 38/E del 2015.