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2. COSTRUZIONI STORICHE IN MURATURA

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Academic year: 2021

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2. COSTRUZIONI STORICHE IN MURATURA

Lo sviluppo delle costruzioni, per diversi secoli, è avvenuto di pari passo a quello delle tipologie e tecniche di esecuzione delle pareti in muratura, le quali rappresentano fonte di conoscenza insostituibile per la progettazione degli edifici realizzati con materiali lapidei. La conoscenza delle diverse tipologie costruttive e delle tessiture murarie che caratterizzano le strutture in muratura gioca, infatti, un ruolo fondamentale nel definire la risposta strutturale degli edifici in muratura. Tali edifici, indubbiamente di carattere tradizionale, presentano varietà tipologiche alquanto complesse e di non facile schematizzazione.

L’analisi cronologica dell’evoluzione delle tecniche costruttive dei paramenti murari risulta spesso complicata a causa della mancanza di trattazioni sistematiche adoperate a partire dal tardo Medioevo.

Oltre alla tipologia di materiale lapideo, assume ruolo fondamentale, per la definizione del comportamento strutturale, la tecnologia di realizzazione delle murature, che può risultare molto variabile. In particolare le strutture murarie sono strettamente dipendenti dalla disponibilità locale di materia prima (tufi, pietre calcaree, laterizi, leganti, ecc.) e dalla struttura sociale ed economica dell’area. Questi fattori influenzano notevolmente le modalità di realizzazione dei setti murari e conferiscono loro connotati e proprietà strettamente locali che, quindi, non possono essere direttamente estese ed applicate in un contesto geografico diverso.

Nel caso delle regioni del Mediterraneo ad esempio si è fatto prevalentemente ricorso a materiali prelevati direttamente dal sottosuolo o da cave localizzate nelle aree circostanti, e messo in opera secondo tessiture non dissimili tra loro. In particolare le tipologie murarie hanno una storia ed un’ evoluzione legate agli sviluppi storici, economici e sociali di un più ampio contesto.

Bisogna, infatti, conoscere il passato per operare nel presente e preservare gli antichi edifici nel futuro: “un futuro nel quale le costruzioni in cemento armato, minate dal cancro dell’armatura, saranno destinate a scomparire mentre l’edilizia in muratura, vittoriosa nella battaglia della sopravvivenza sarà destinata a un recupero sempre maggiore, oltre che ad un rinnovato interesse” (Nicola Augenti da “Calcolo sismico edifici in muratura”, 2008).

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2.1 Cenni storici sullo sviluppo delle tipologie costruttive murarie

La conoscenza dello sviluppo che ha caratterizzato le costruzioni murarie, non solo è presupposto essenziale alla progettazione dei nuovi edifici, ma costituisce bagaglio imprescindibile per chi debba intervenire sul patrimonio edilizio esistente con interventi di manutenzione, consolidamento, miglioramento o adeguamento.

La muratura si è sviluppata in maniera sistematica con l’avvento delle grandi civiltà urbane e segna il passaggio da tecniche edilizie primordiali legate all’uso del legno, della paglia, delle pelli a un periodo storico caratterizzato da edifici più duraturi e solidi.

Inizialmente il muro portante era realizzato a secco, semplicemente sistemando pietre sbozzate una sull’altra, cercando di incastrarle al meglio possibile per raggiungere una buona stabilità e portanza.

Con lo sviluppo delle tecniche di lavorazione delle pietre si sono prodotti muri a secco di ottima qualità, come le mura ciclopiche o le mura megalitiche, realizzate in epoca preistorica o protostorica con grandi blocchi irregolari che venivano accostati compensando le lacune con pietre più piccole, malte argillose o pietrame, senza vuoti o cavità sulla superficie.

Il muro in pietra squadrata è molto resistente e molto stabile, ma è senza dubbio più complesso da realizzare, stante la necessità di cavare e lavorare le pietre, oltre che di posizionarle. La compattezza del muro di un edificio aveva come scopo sia quello di creare un ambiente interno isolato da quello esterno, sia quello di distribuire in maniera il più possibile regolare le forze di compressione agenti sul muro stesso.

Il muro di pietre squadrate di grandi dimensioni nel mondo romano e greco veniva rafforzato con delle grappe di piombo che venivano colate allo stato fuso in alloggiamenti ricavati appositamente sulle stesse pietre. Tale tecnica è stata utilizzata in molti templi dell’Acropoli di Atene e nel Colosseo, oltre che in tutte le altre importanti strutture del periodo.

Il Colosseo, ad esempio, privato nel tempo di tali grappe di ancoraggio, tolte per ricavare il piombo che veniva fuso e riutilizzato, subì notevoli danni a causa del terremoto di Roma del XIII Secolo.

Parallelamente allo sviluppo del muro di pietre squadrate avanzano le tecniche del muro in mattoni. Inizialmente il mattone era ottenuto mediante un semplice impasto di terra e paglia,

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civiltà mesopotamica. La terra utilizzata non era semplicemente limo, ma era spesso argilla o altri terreni sedimentari compatti. La terra cruda era molto utilizzata all’epoca mesopotamica, sebbene risultasse un materiale estremamente friabile e poco affidabile nel tempo. Per tale motivo si fece ricorso alla cottura dell’argilla che ad alte temperature induriva notevolmente acquistando solidità, e fornendo un prodotto arrivato fino ai nostri giorni.

Con la scoperta della calce, la muratura subì l’ultima grande evoluzione dando luogo al muro allettato con calce. Tale tecnica consisteva nel posizionare i mattoni l’uno sull’altro avendo cura di gettare uno strato di calce tra due file di mattoni e tra un mattone e l’altro della stessa fila. La calce, indurendosi, si legava ai mattoni cotti aventi superficie scabra per favorire la presa e creando con essi un unico elemento strutturale molto più resistente del solo mattone crudo. Dal punto di vista della resistenza, della durata e della qualità complessiva, il muro di pietre squadrate di grandi dimensioni rimase però la miglior soluzione possibile. Esso venne infatti utilizzato in tutto il periodo classico e nel periodo gotico per la realizzazione degli edifici di maggior pregio.

Il costo della pietra squadrata di grandi dimensioni, cresciuto notevolmente nei secoli rispetto al muro di mattoni, contribuì già nel Rinascimento all’abbandono della pietra proprio a favore del mattone allettato (Fig. 2.1). Rimase in auge la tecnica del muro di pietre squadrate di piccole dimensioni, più vicina a quella del muro di mattoni.

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Fig. 2.1 - Muratura di mattoni: (a) a una testa in folio, (b) a una testa, (c) e (d) a due teste, (e) a tre teste, (f) a quattro teste.

La cosiddetta Rivoluzione industriale caratterizzò gli ultimi decenni del secolo XVIII e la prima metà del secolo XIX. Una rinnovata visione strutturale, l'edificio non veniva più riguardato come insieme di elementi ma come organismo unitario, inteso a trasferire i carichi dalla struttura in elevazione a quella di fondazione. La nascita di materiali non naturali, resistenti a trazione oltre che a compressione, mentre consentiva nuovi modelli di calcolo e nuove tipologie strutturali, segnava il tramonto dell'egemonia della Muratura che per tanti secoli aveva dominato, praticamente incontrastata, il mondo delle costruzioni.

Una modificazione della struttura resistente, già nell'ambito delle stesse costruzioni lapidee, consistette nel sostituire gli elementi bidimensionali (costituiti dalle murature portanti) con elementi monodimensionali (costituiti da pilastri in muratura, di pietre spesso artificiali) che, particolarmente per gli edifici delle grandi periferie urbane destinati alla locazione, consentivano una maggiore flessibilità dei distributivi interni. Aveva, così, inizio quella distinzione tra strutture verticali portanti e portate che nel tempo si sarebbe sempre di più accentuata, sino a divenire caratteristica degli edifici in conglomerato cementizio armato e di

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Quindi l’impiego delle pareti in muratura divenne sostanzialmente quello di separare lo spazio architettonico esterno da quello interno, in un edificio retto da una struttura a telaio, allo scopo di isolarlo termicamente e di creare una sorta di barriera al passaggio dell’umidità. Infatti fino a non molti anni fa la tamponatura era essenzialmente composta da una doppia muratura di mattoni forati, quella esterna più spessa (circa 25 cm) e quella interna piu snella (circa 8 cm), separati da un intercapedine non ventilata d’aria di spessore pari a 4 cm, il tutto finito con intonaco interno ed esterno per uno spessore finale di 40 cm circa.

2.2 Tipologie murarie

Le tipologie di murature utilizzate nelle costruzioni storiche possono ricondursi alle seguenti categorie:

 Murature in pietra. Sono composte di pietra naturale, in genere tagliata o no, o squadrata più o meno regolarmente, di diversa qualità (pietra arenaria, pietra calcarea, tufo, ecc…). i blocchi in pietra possono essere o meno legati con malta. Una muratura con pietra di buona qualità e ben lavorata può raggiungere e superare resistenze di 150 kg/cm2 . Le murature in pietrame dotate di una certa regolarità nella tessitura mostrano migliori resistenze meccaniche. Tra questa tipologia di muratura vi rientrano:

• i monoliti o megaliti, ossia quelle costruzioni realizzate con pochi grandi blocchi di pietra;

• le strutture a blocchi di pietra non squadrati senza l’impiego di malta; • murature di blocchi non squadrati con l’impiego di malta;

• le strutture a blocchi di pietra squadrati con l’impiego di malta; • le murature miste;

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Fig. 2.1 - Muratura in pietrame non semi squadrato con assenza di malta.

• Murature a sacco. Consistono in due paramenti di pietra o di mattoni, che costituiscono le facce esterne della muratura, ed un riempimento interno, in genere costituito da materiale di pezzatura irregolare, sciolto o scarsamente cementato. Sono sostanzialmente eterogenee e possono avere una resistenza effettiva assai minore di quanto lascerebbe supporre l’apparente robustezza (in genere sono di spessore molto grande). Possono essere soggette a seri fenomeni di degrado, dovuti alla perdita di consistenza del riempimento interno, che non solo finisce per non contribuire alla resistenza, ma viene anche ad esercitare pressioni trasversali sui paramenti, creando gobbe, distaccamenti e rendendoli soggetti a fenomeni di instabilità, compromettendo la stabilità d’insieme.

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Fig. 2.2 - Muratura a sacco.

• Murature miste o listate. Sono in genere in pietrame non squadrato, intercalato ad opportuni livelli da filari di mattoni. I ricorsi di mattoni (disposti orizzontalmente su almeno due strati, o nel caso migliore tre strati) si estendono per l’intero spessore del muro e svolgono la doppia funzione di regolarizzazione dei piani orizzontali, ridistribuendo le tensioni, e di legatura trasversale della muratura.

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superfici perfettamente piane, in modo da assicurare un contatto uniforme tra le superfici. Il comportamento di una muratura a secco è influenzato dalla forma e dalla dimensione dei blocchi nonché dalla scabrosità delle superfici tra i blocchi stessi.

Fig. 2.4 - Muratura a secco con blocchi di pietra non squadrati.

• Murature in mattoni. Sono costituite da ricorsi alternati, più o meno regolari, di mattoni e malta. Lo spessore della malta varia in funzione dell’epoca di costruzione. La resistenza della muratura è inversamente proporzionale allo spessore della malta e questo è dovuto sia a fenomeni di ritiro e viscosità, sia dagli sforzi trasversali che la maggiore deformabilità delle malte producono nei mattoni. Le caratteristiche meccaniche della muratura nel suo complesso dipendono quindi dalle caratteristiche meccaniche e geometriche dei materiali costituenti, in particolare dalle dimensioni degli elementi (in funzione delle varie zone di costruzione) e dall’altezza del ricorso di malta. I giunti vengono sfalsati con un miglior collegamento trasversale degli elementi. A seconda della disposizione degli elementi si hanno murature con diversi spessori, a 1, 2 o più teste.

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Fig. 2.5 - Muratura in mattoni.

2.3 Le caratteristiche della muratura

La muratura non può essere considerata come materiale singolo, ma deve essere considerata come una struttura costituita da l’assemblaggio di più elementi le cui proprietà possono variare, non solo da muro a muro, ma anche all’interno dello stesso manufatto.

Le più importanti caratteristiche della muratura dal punto di vista del comportamento meccanico sono:

La disomogeneità

La disomogeneità è dovuta al fatto che gli elementi e la malta di cui è costituita la muratura possono avere caratteristiche meccaniche fortemente diverse.

Inoltre, spesso non è sufficiente conoscere le caratteristiche dei materiali componenti presi singolarmente per prevedere il comportamento meccanico dell’insieme, in quanto un ruolo fondamentale è giocato dall’interfaccia, ovvero dall’unione fra i componenti, che per particolari fenomeni chimico-fisici tende a sviluppare un comportamento meccanico non necessariamente riconducibile a quello dei singoli componenti. Il comportamento meccanico macroscopico della muratura può quindi essere considerato come il risultato dell’interazione meccanica fra gli elementi e la malta attraverso la loro interfaccia.

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L’anisotropia

L’anisotropia è dovuta alla direzionalità intrinseca della muratura, legata alla forma ed alle proporzioni degli elementi ed al modo con cui essi vengono disposti, nonché all’eventuale presenza di fori e alla loro direzione. La quasi totalità delle murature moderne presentano elementi regolari disposti per corsi orizzontali, con giunti orizzontali di malta continui, laddove i giunti verticali sono invece sfalsati per “legare” meglio la muratura.

L’asimmetria di comportamento rispetto al segno delle sollecitazioni (compressione- trazione)

L’asimmetria di comportamento meccanico è la diretta conseguenza del fatto che sia gli elementi, sia la malta, sia l’interfaccia malta-elemento presentano un comportamento asimmetrico nei riguardi della trazione e della compressione. Un particolare ruolo in questo fenomeno è giocato dall’interfaccia, che in molti casi presenta una resistenza a trazione più bassa e più aleatoria di quella dei singoli componenti. È su queste basi che la muratura viene modellata frequentemente come materiale non reagente a trazione.

La non linearità del legame sforzi-deformazioni

La non linearità, che può essere vista in parte come un risultato di alcune delle caratteristiche sopra elencate, caratterizza in modo marcato il comportamento della muratura in compressione, in trazione, e in stati di sollecitazione composti.

Per le applicazioni non è sempre possibile né necessario tenere in conto tutte le caratteristiche sopra elencate. In particolare, nella prassi progettuale si utilizzano modelli in cui il materiale viene idealizzato come un continuo omogeneo equivalente al materiale non omogeneo di riferimento e l’anisotropia viene tenuta in conto in modo estremamente semplificato, se non addirittura trascurata (Figura 2.6).

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Fig. 2.6 - Il comportamento in compressione monoassiale di un prisma di muratura è intermedio fra quello del singolo mattone e quello della malta, a causa della coazione che si instaura fra malta e mattoni.

2.4 Il comportamento delle murature soggette ad azioni sismiche

I danni rilevati sulle strutture murarie dopo gli eventi sismici mostrano che le parti strutturali e le soluzioni tecnologiche più deboli risultino le più vulnerabili sotto sisma. Pertanto l’analisi dell’organizzazione strutturale attuale consente così di prevedere i possibili danni o collassi futuri. A differenza di quanto avviene negli edifici con strutture a telaio, la carenza o la mancanza di connessione tra gli elementi strutturali delle costruzioni in muratura realizzate in assenza di norme specifiche permettono il verificarsi di collassi parziali: in generale il crollo della struttura muraria avviene per perdita dell’equilibrio di porzioni di essa. Per questo motivo, la valutazione della sicurezza degli edifici in muratura esistenti va eseguita, oltre che con riferimento al comportamento sismico globale, anche considerando i possibili meccanismi locali di collasso. Questo approccio richiede una osservazione accurata delle caratteristiche costruttive degli edifici da analizzare, per procedere ad una affidabile modellazione strutturale.

Individuati tali meccanismi, occorre poi definire uno o più modelli di analisi per valutare l’entità dell’azione sismica che ne determina l’attivazione provocando il collasso della costruzione. L’analisi è rivolta alla quantificazione del moltiplicatore dei carichi orizzontali agenti sugli elementi strutturali, che attiva il cinematismo in questione.

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A tal fine è possibile considerare le strutture murarie come costituite da corpi rigidi, i macroelementi coinvolti nei cinematismi. La valutazione delle condizioni di equilibrio limite sotto l’azione del sisma è condotta trascurando la resistenza a trazione della muratura.

I valori dei moltiplicatori di collasso ottenuti per i diversi meccanismi compatibili con le caratteristiche costruttive dell’edificio analizzato, consentono di individuare quello che determina la crisi della struttura, caratterizzata dal valore minore, e l’entità dell’azione sismica che lo attiva; consentono anche di segnalare altre potenziali situazioni di pericolo dovute a possibili meccanismi associati ai più bassi valori del moltiplicatore.

Si osserva tuttavia che le verifiche sugli edifici in muratura eseguite attraverso l’analisi limite dell’equilibrio hanno significato solo se è garantita una adeguata monoliticità delle pareti murarie, tale da impedire collassi localizzati per disgregazione della muratura.

I danni tipici del costruito in muratura possono essere distinti secondo due fondamentali modalità di collasso: i cosiddetti meccanismi di primo e secondo modo.

Per i meccanismi di primo modo si intendono quei cinematismi di collasso connessi al comportamento delle pareti in muratura fuori dal proprio piano, quindi con comportamento flessionale e di ribaltamento. I meccanismi di secondo modo riguardano invece la risposta della parete nel proprio piano, con tipici danneggiamenti per taglio e flessione. Volendo definire una gerarchia completa delle modalità di collasso delle pareti in muratura, si dovrebbe aggiungere quella inerente alla disgregazione della tessitura muraria, anche se essa risulta dipendere esclusivamente dalla qualità e dalla modalità di accoppiamento (tessitura) dei materiali costituenti la muratura, più che dalle sollecitazioni agenti. È opportuno precisare, che l’attivazione dei meccanismi fondamentali di collasso è però strettamente dipendente dal comportamento globale dell’edificio, che a sua volta discende dalle caratteristiche tipologiche e tecnologiche.

Viene proposta una rassegna di modelli per l’analisi dei più frequenti meccanismi di collasso riscontrati negli edifici in muratura ordinari.

I cinematismi studiati sono stati classificati in:

Meccanismi fuori piano:

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− Meccanismi di flessione verticale; − Meccanismi di flessione orizzontale; − Meccanismi di ribaltamento composto.

Meccanismi nel piano:

− Meccanismi da flessione-ribaltamento e taglio-scorrimento.

Per ognuno di tali raggruppamenti è opportuno illustrare le caratteristiche e le modalità di collasso, l’ambito di applicazione ed i requisiti che si devono verificare negli edifici affinché il meccanismo si possa manifestare e le possibili condizioni differenti che è possibile riscontrare nelle strutture e che possono influenzare l’evoluzione del fenomeno.

2.4.1 Ribaltamento semplice

L’azione sismica può causare il cinematismo di ribaltamento semplice relativo a pareti esterne egli edifici. Questo cinematismo rappresenta una situazione di danno tra le più frequenti e pericolose. Tale condizione si genere essenzialmente quando non è presente un adeguato vincolo in sommità o quando il collegamento tra le pareti ortogonali risulta poco efficace o in alcuni casi assente. Se l’edificio ha subito un evento sismico tale cinematismo risulta facilmente individuabile: si manifesta infatti attraverso lesioni verticali in corrispondenza delle intersezioni murarie (angolate e martelli murari) e/o con fuori piombo della parete ribaltante e/o con lo sfilamento delle travi degli orizzontamenti.

Il ribaltamento semplice può interessare l’intera facciata di un edificio o parte di essa, in relazione alla modalità di connessione tra i solaio e le murature ai vari livelli della struttura. Si osserva inoltre che a volte gli edifici storici presentano strutture murarie costituite da due cortine separate (il caso limite è rappresentato dalla muratura a sacco), non garantendo perciò un comportamento monolitico nello spessore per la mancanza di elementi di collegamento trasversale. In questi casi il meccanismo di ribaltamento può interessare la sola cortina esterna.

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RIBALTAMENTO GLOBALE Il meccanismo risulta influenzato da:

 inefficace ammorsamento tra le pareti ortogonali;  assenza di vincoli in sommità;

 presenza di aperture troppo vicine all’intersezione tra le pareti ortogonali;  presenza di coperture spingenti.

Il meccanismo di danno si presenta con lesioni pressoché verticali in prossimità dell’intersezione tra le pareti ortogonali.

RIBALTAMENTO PARZIALE Il meccanismo è influenzato da:

 assenza di vincoli in sommità;  presenza di vincoli di interpiano;

 inefficace ammorsamento tra le pareti ortogonali;

 presenza di aperture troppo vicine all’intersezione tra le pareti ortogonali;  presenza di coperture spingenti;

 presenza di corpi addossati.

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RIBALTAMENTO DEL TIMPANO Il meccanismo è influenzato da:

 assenza di vincoli in sommità;

 discontinuità con la muratura sottostante;

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2.4.2 Ribaltamento composto

Per cinematismo di ribaltamento composto si intende il ribaltamento della parete ortogonale all’azione sismica, coinvolgendo uno o più livelli di essa, più il trascinamento di porzioni di parete parallele all’azione sismica.

Si manifesta quando non si è in presenza di un vincolo in sommità e quando è presente un efficace connessione con le murature di spina.

Questo tipo di meccanismo è riconoscibile attraverso la presenza di lesioni inclinate sulle pareti di controvento, di fuori piombo della parete ribaltante e di sfilamento delle travi degli orizzontamenti.

Nel caso in cui siano presenti solai rigidi (ad esempio in latero-cemento o comunque dotati di una soletta armata, o cordoli in c.a.), nella parete di spina è anche possibile l’instaurarsi di un cuneo di distacco caratterizzato da una doppia diagonale (Fig. ), fenomeno che generalmente non accade con i solai deformabili (ad esempio semplici solai in legno).

A causa infatti dell’elevata rigidezza di tali strutture, il cuneo, che tende a sollevarsi in modo canonico, viene impedito nel suo movimento rotazionale e va pertanto incontro ad una seconda fessurazione dovuta alla concentrazione degli sforzi che si viene a creare tra cuneo e cordolo, con un possibile conseguente effetto di “martellamento verticale” (colpo di frusta) sulla sommità della parete.

Fig. 2.7 - Evoluzione del cinematismo di rottura per azioni nel piano in presenza di cordoli o solai rigidi. L’azione sismica può indurre una rotazione dell’orizzontamento, che tende a sollevarsi dalla parete determinando un effetto di decompressione delle murature sottostanti, le quali, restando prive dell’azione di contenimento esercitata dai carichi sovrastanti, collassano sotto l’azione dell’accelerazione orizzontale.

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maggiore è l’angolo di inclinazione φ del cuneo di muratura coinvolto nel meccanismo di ribaltamento.

Fig. 2.8 - Inclinazione del cuneo di distacco in funzione della tipologia costruttiva della muratura; a) muratura di mattoni pieni con filari alternati di fascia e di testa; b) muratura mista di pietra e laterizi;

c) muratura mista di pietre (materiale prevalente) e laterizi; d) muratura di pietrame sbozzato.

RIBALTAMENTO GLOBALE Il meccanismo è influenzato da:

 assenza di vincoli in sommità;

 efficace ammorsamento tra le pareti ortogonali;

 presenza di aperture troppo vicine all’intersezione tra le pareti ortogonali;  presenza di spinte non contrastate di archi e/o volte.

Il meccanismo di danno si presenta con lesioni oblique in prossimità dell’intersezione tra le pareti ortogonali.

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RIBALTAMENTO PARZIALE Il meccanismo è influenzato da:

 assenza di vincoli in sommità;  presenza di vincoli di interpiano;

 efficace ammorsamento tra le pareti ortogonali;

 presenza di aperture troppo vicine all’intersezione tra le pareti ortogonali;  presenza di corpi addossati;

Il meccanismo di danno si presenta con lesioni oblique in prossimità dell’intersezione tra le pareti ortogonali.

RIBALTAMENTO DEL CANTONALE Il meccanismo è influenzato da:

 presenza di spinte localizzate di volte a crociera;  presenza di puntoni diagonali spingenti in copertura.

Il meccanismo di danno si presenta all’intersezione tra due pareti ortogonali con lesioni oblique convergenti nella parte bassa dell’angolata.

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RIBALTAMENTO DI CORPI ADDOSSATI Il meccanismo è influenzato da:

 presenza di superfetazioni su piedritti (i piedritti ruotano e la parte a essi sovrastante trasla di conseguenza);

 martellamento dell’edificio principale sulla superfetazione.

2.4.3 Flessione verticale

Il cinematismo di flessione verticale si manifesta con la formazione di una cerniera cilindrica orizzontale che divide la parete in due blocchi, i quali ruotano attorno a tale asse a causa di azioni fuori piano.

Questo accade quando la parete investita dall’azione sismica, ortogonalmente al suo piano, è efficacemente vincolata solo in sommità (ad esempio con cordoli o tiranti) e libera nelle zone intermedie (solai semplicemente appoggiati alle pareti). Il meccanismo è comunque favorito dalla presenza localizzata di spinte orizzontali, dovute ad esempio ad archi o volte. Stessa situazione può verificarsi su una parete muraria delimitata da due solai ben vincolati a essa. Tale cinematismo può instaurarsi anche nelle pareti interne degli edifici quando ad esempio si è in presenza di solai sfalsati: questi infatti, per effetto dell’oscillazione orizzontale in

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Per l’effetto dell’azione sismica si vengono a creare fenomeni di perdita di equilibrio per i quali, essendo la muratura costituita da elementi lapidei o laterizi sovrapposti e vincolati per semplice contatto o da una malta con scarsa resistenza a trazione, la parete in muratura resiste a sforzi di flessione indotti dalle azioni orizzontali e perpendicolari al proprio piano, solo se lo sforzo normale mantiene la risultante interna alla sezione trasversale.

In un edificio colpito dal sisma, la flessione verticale viene riconosciuta attraverso la presenza di spanciamenti e fuori piombo della parete, di lesioni orizzontali (in corrispondenza della cerniera cilindrica tra i due blocchi) e verticali (in corrispondenza del mancato ammorsamento con le pareti adiacenti o ortogonali a quella investita dal sisma), e di sfilamento delle travi degli orizzontamenti. Anche in questo caso come nei precedenti casi di ribaltamento semplice e composto, il cinematismo può interessare uno o più livelli dell’edificio e può essere influenzato dalla presenza di aperture.

Nel caso di pareti a doppia cortina, il meccanismo tende a verificarsi solo sulla cortina esterna quando solo quella interna risulta vincolata dal solaio di interpiano (questo è il caso degli edifici nei quali sono stati realizzati erroneamente cordoli in breccia).

FLESSIONE VERTICALE Il meccanismo è influenzato da:

 presenza di vincoli sommitali (ad esempio cordolature perimetrali);  assenza di collegamento tra parete e solaio di interpiano.

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2.4.4 Flessione orizzontale

È il caso questo di pareti in muratura vincolate efficacemente alle pareti ortogonali e con la sommità libera per assenza di dispositivi di confinamento (ad esempio cordoli). Per effetto dell’azione sismica orizzontale si instaura un fenomeno di perdita di equilibrio del solido murario creando nel suo spessore un effetto arco orizzontale. In questo modo l’azione sismica viene trasferita alle estremità della parete investita dal sisma: tale azione può essere scomposta in una parallela alle pareti di controvento (T), che viene assorbita da tiranti eventualmente presenti, o dalle stesse pareti trasversali, e in una perpendicolare (H) alle pareti di spina, che potrebbero essere soggette a ribaltamento.

Come nel caso della flessione verticale, in condizioni limite si formano tre cerniere, due alle estremità in corrispondenza degli incroci murari e una intermedia (Fig. ). Nel caso in cui siano presenti cavedi interni (ad esempio canne fumarie) alla sezione della parete muraria interessata dal meccanismo, l’arco di scarico che si instaura avrà una freccia minore, quindi una spinta H maggiore rispetto al caso precedente. Infine questo effetto arco si può instaurare anche in presenza di nicchie in posizione asimmetrica nella sezione della parete.

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In funzione delle condizioni di vincolo della parete interessata dal meccanismo si ha una diversa capacità di ostacolare la spinta H dell’arco di scarico nello spessore della parete. Negli edifici isolati il collasso si manifesta quando la parete non trova elementi strutturali in grado di fronteggiare le azioni H.

Nelle pareti inserite all’interno di una schiera, invece, le porzioni di muratura contigue sono in grado di opporre sufficiente resistenza e la rottura può avvenire solo per schiacciamento della parte interna del muro (verifica di resistenza).

L’evoluzione del meccanismo dipende dunque essenzialmente dalla capacità dei muri laterali di sopportare le spinte H. A tal proposito si possono distinguere 2 casi:

 se la parete non trova elementi di contrasto capaci di fornire una reazione pari e opposta alla spinta H, si instaura un sistema una volta labile con conseguente attivazione del meccanismo di flessione orizzontale;

 se la parete appartiene a una cella interclusa di un aggregato edilizio, la spinta H è assorbita dalle pareti contigue. Si procede a un’analisi di tipo tensionale verificando la condizione di schiacciamento della parte interna del muro soggetta a forti

sollecitazioni di compressione.

Il cinematismo di flessione orizzontale si manifesta con l’espulsione di materiale dalla zona sommitale della parete e col distacco di corpi cuneiformi. È favorito da pareti trattenute da tiranti disposti in adiacenza alle pareti di controvento e dalla presenza localizzata di spinte in copertura. È influenzata dalla presenza di vuoti che indeboliscono la sezione muraria, come ad esempio le canne fumarie, da aperture allineate della fascia muraria di sottotetto e non da ultimo dalla qualità muraria che influisce sulle dimensioni del corpo che caratterizza il cinematismo. Si manifesta attraverso lesioni verticali o oblique sulla fascia esterna e interna della parete, rigonfiamenti e attraverso lo sfilamento delle travi.

Inoltre puo verificarsi anche in pareti a doppia cortina nelle quali l’arco di scarico può generalmente interessare, in prima istanza, la sola cortina esterna.

FLESSIONE ORIZZONTALE Il meccanismo è influenzato da:

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 presenza di aperture, anche tamponate, nella parte centrale della facciata (indebolimenti).

Il meccanismo di danno si presenta con due lesioni verticali o oblique che tendono a convergere nella parte inferiore (nel caso di una finestratura) o superiore (nel caso del portone di ingresso) delle aperture.

2.4.5 Meccanismi di danno di secondo modo

Nei confronti delle azioni orizzontali, ed in particolar modo nei riguardi delle azioni sismiche è possibile assimilare il comportamento di una parete in muratura a quello di un assemblaggio di pannelli: maschi murari, pannelli di fascia e di nodo (Figura 9).

Figura 2.10 - Comportamento delle fasce di piano come elementi di accoppiamento di maschi murari.

Dall’osservazione dei danni riscontrati sia su casi reali che sperimentali, si evidenzia come tipicamente il danneggiamento sia generalmente concentrato nei maschi murari e nelle fasce

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deformativo si mantenga sempre entro i limiti elastici e, quindi, possa essere considerato trascurabile nella valutazione complessiva della parete in cui sono determinanti le deformazioni non lineari delle altre parti.

I meccanismi di danno connessi all’azione orizzontale, tipici per i maschi in muratura sono in generale suddivisibili in due categorie: meccanismi di rottura per flessione-ribaltamento (Figura 10 a)) per le pareti snelle dove il rapporto H/B > 1.5, o per taglio, con questi ultimi contraddistinti dal fenomeno di scorrimento (Figura 10b)) o di trazione diagonale (Figura 10 c)) per le pareti tozze dove il rapporto H/B è prossimo all’unità.

Figura 2.11 - Meccanismi di rottura nel piano : a) flessione-ribaltamento; b) per taglio-scorrimento; c) taglio-trazione diagonale.

La funzione strutturale delle fasce è tutt'altro che secondaria in quanto, fornendo l'accoppiamento fra i maschi murari, possono influenzare considerevolmente il meccanismo di risposta di una parete multipiano sia sotto l’aspetto della resistenza laterale che della duttilità.

L'accoppiamento che può essere fornito dalle fasce è principalmente funzione della compressione a cui esse sono soggette in direzione orizzontale. Solo questa compressione, infatti, fornisce la resistenza "flessionale" che contrasta l'attivazione del meccanismo di ribaltamento delle colonne di muratura che possono formarsi tra aperture verticalmente allineate. È quindi molto importante l’effetto di elementi resistenti a trazione disposti al livello delle fasce stesse, quali catene o cordoli in c.a., che si oppongano a tale meccanismo. Le catene o i cordoli, opponendosi all’allontanamento degli elementi verticali generano un

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murari di essere efficacemente collegati. In tale situazione il meccanismo è dovuto all’azione nel piano della parete che produce la rottura a taglio.

Le lesioni possono interessare i pannelli murari fra le aperture di uno stesso piano o le porzioni murarie fra le aperture di piani differenti (Figura 2.12). Le lesioni sono tanto più nette in presenza di una muratura di buona qualità.

Figura 2.12 - Meccanismi collasso murature rottura a taglio nel piano.

Questi meccanismi, dipendenti direttamente dalla resistenza a taglio della muratura, seppur frequenti sono raramente responsabili del collasso completo dell’edificio.

LESIONI PER DISCONTINUITA’ ALTIMETRICA

Il meccanismo è influenzato dalla presenza di corpi adiacenti di diversa altezza.

Il meccanismo di danno si presenta con una lesione inclinata (biella compressa) e una zona disgregata causata dal martellamento reciproco dei due corpi.

LESIONI NEL PIANO Il meccanismo è influenzato da:

 presenza di aperture nella fascia bassa della facciata (rottura a taglio nella parte bassa della parete);

 presenza di aperture nella parte alta della facciata (rottura a taglio nella parte alta della parete);

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Il meccanismo di danno si presenta con lesioni oblique nella parte alta, bassa e centrale della facciata.

2.4.6 Fattori che possono influenzare i meccanismi di danno

Tutti i meccanismi appena illustrati, sia essi fuori dal piano o nel piano, possono ulteriormente essere influenzati dalle cosiddette vulnerabilità specifiche, vale a dire tutte quelle forme di debolezza che possono caratterizzare ogni singola struttura muraria, favorendo o meno determinate modalità di danno. Esse possono essere cosi suddivise:

 Modalità costruttive iniziali: le modalità con cui un edificio è stato realizzato permette di conoscere le qualità della costruzione, quindi le caratteristiche dei leganti, della muratra, della configurazione strutturale.

 Processi di trasformazione edilizia: la fabbrica nel tempo pio aver subito interventi che hanno modificato la forma e a volte anche lo schema statico

 Dissesti pregressi non sufficientemente riparati: di natura statica o sismica costituiscono vie preferenziali per il danno se non adeguatamente ripresi e/o riparati.

 Interventi strutturali recenti: possono essersi dimostrati dannosi o che hanno prodotto conseguenze negative sul funzionamento strutturale delle pareti durante eventi sismici.

 Degrado strutturale e debito manutentivo: il degrado strutturale (proprio dei materiali e degli elementi costitutivi) è causa della diminuzione dell’efficienza e della resistenza della struttura e contribuisce, insieme a una mancata o inappropriata manutenzione dei componenti della fabbrica, all’attivazione dei meccanismi di danno.

PARETI MURARIE A DOPPIO PARAMENTO

Questo tipo di muratura, costituita da pietre erratiche e irregolari, in condizioni sismiche, tende a far comportare i paramenti in maniera indipendente l’uno dall’altro.

In alcuni casi questo comportamento puo provocare una parziale disgregazione del paramento esterno, mentre quello interno è ancora trattenuto dal solaio. In altri invece si assiste a fenomeni di instabilità dovuti a carichi verticali eccessivi.

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PARETI MURARIE IRREGOLARI CON MALTA DI SCARSA QUALITA’

Le murature realizzate con pietre irregolari e di diverse dimensioni con malta scadente, in condizioni sismiche tendono a disgregarsi. Spesso tale comportamento porta al crollo totale della struttura.

SCONNESSIONI DI ELEMENTI LITICI

In condizioni sismiche, gli elementi litici che fungono da cornice o bordatura delle aperture o semplicemente da elemento decorativo, se non adeguatamente vincolati con la muratura, tendono ad essere espulsi dalla loro sede.

MODANATURE REALIZZATE CON ELEMENTI MAL COLLEGATI

Il cornicione solitamente è realizzato a sezione piena attraverso l’utilizzo della pietra o del laterizio. In alcuni casi però, l’azione sismica puo mettere in luce la sua vera fattezza piuttosto vulnerabile.

PARETI MURARIE CON ASSENZA DI AMMORSAMENTI La ripresa muraria ha efficacia quando esistono delle

zone di sovrapposizione che permettono alle murature di poter collaborare in caso di sollecitazioni. Quando invece la ripresa è effettuata in modo non opportuno o è assente, il tentativo di unire due murature risulta essere inutile, generando risposte differenziate delle pareti semplicemente accostate in relazione alle caratteristiche dei materiali.

CARENZA CONNESSIONI MURO-COPERTURA

La connessione muro-copertura non rappresenta di per sé una vulnerabilità, ma lo è la condizione specifica di appoggio degli elementi lignei. Sotto l’azione sismica la mancata connessione tra l’orditura e la muratura può favorire lo sfilamento delle travi dal loro alloggiamento sulle murature di appoggio.

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INSERIMENTO DI CORDOLI IN CEMENTO ARMATO E COPERTURE PESANTI Intervenire con pesanti strutture in cemento armato può, invece che migliorare il

comportamento strutturale, peggiorarlo.

INSERIMENTO DI PRESIDI INADEGUATI

La funzione degli elementi di presidio è quella di stabilizzare il singolo macroelemento o piu macroelementi contemporaneamente.

Quando pero tali elementi risultano inadeguati per quanto riguarda le dimensioni scelte o il posizionamento, possono provocare conseguenze negative sul funzionamento degli elementi strutturali.

2.5 Analisi sismica globale

Le fabbriche storiche in caso di sisma non manifestano un chiaro comportamento d’insieme, ma esse si discretizzano in parti ben definite, riconoscibili e catalogabili come visto precedentemente; la risposta al sisma dell’edificio è quindi quella offerta dai suoi macroelementi per i quali è possibile verificare la sicurezza ai cinematismi attivabili tramite analisi di tipo locale.

Le attuali NTC prevedono che la sicurezza sismica sia valutata con un’analisi globale e locale. L’analisi globale ha maggior senso se svolta solo dopo aver verificato che non si attivino meccanismi locali (generalmente fuori dal piano), che solitamente si attivano per valori bassi

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Nell’analisi sismica globale ci sono notevoli difficoltà nella modellazione della muratura; innanzitutto una parete muraria è costituita dall’unione di blocchi composti da materiali naturali o artificiali e malta, ed è a tutti gli effetti un materiale composito, mentre erroneamente è pensato come un materiale omogeneo. Inoltre è caratterizzata da scarsa resistenza a trazione, specialmente per la presenza di giunti; infatti, la superficie di interfaccia tra malta e blocchi riesce a sostenere tensioni di trazione e tensioni tangenziali modeste. Il comportamento globale della parete è influenzato dal comportamento dei suoi materiali costituenti, dalla geometria e dalla disposizione degli stessi al suo interno, dalla diversa rigidezza che ha la malta dei giunti orizzontali rispetto a quella dei giunti verticali, molto più bassa rispetto alla prima.

Le strutture storiche in muratura rappresentano un insieme estremamente vario e complesso per tipologie e tecniche costruttive, perciò l’analisi del loro comportamento strutturale e la valutazione della loro sicurezza sono condizionate da elevate incertezze riguardanti le proprietà meccaniche dei materiali e delle condizioni di vincolo tra gli elementi.

Per questi motivi nel calcolo perde significato l'eccessivo affinamento dei metodi di analisi che il più delle volte dovrebbero solo fornire una descrizione approssimata dei fenomeni analizzati.

2.5.1 Comportamento sismico globale delle costruzioni storiche in muratura

La bontà delle connessioni tra le varie parti della struttura influenza fortemente la risposta sismica degli edifici in muratura.

Importanti sono le connessioni tra le pareti verticali (ovvero gli ammorsamenti), ma ancor più indispensabili sono i collegamenti tra le stesse pareti, seppur non ammorsate tra loro, con gli orizzontamenti di piano e di copertura.

Sono sopratutto questi infatti che conferiscono alla struttura muraria quello che in letteratura è definito comportamento scatolare. Inoltre è molto importante che gli orizzontamenti abbiano una certa rigidezza, la quale gioca un ruolo fondamentale nell’analisi globale riguardo alle azioni sismiche.

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Fig. 2.13 - Influenza della rigidezza dell’orizzontamento: (a) solaio deformabile e assenza di cordolo, (b) solaio deformabile e presenza di cordolo, (c) solaio rigido e presenza di cordolo.

Solai flessibili (come ad esempio i classici solai in legno, molto diffusi nell’edilizia storica) favoriscono comportamenti indipendenti delle pareti, poiché le azioni sismiche afferenti a esse sono funzione della massa del solaio relativa alla propria area di influenza. Solai rigidi, invece, conferiscono alla fabbrica muraria un miglior comportamento alle azioni sismiche: in questo caso infatti le azioni orizzontali vengono distribuite in funzione della rigidezza delle pareti, riuscendo tipicamente a sollecitare meno i maschi meno rigidi e più deboli.

In conclusione si può affermare che, sopratutto per gli edifici esistenti, la costruzione composta da pochi elementi strutturali semplici, è tenuta insieme da connessioni il cui funzionamento è spesso incerto: è proprio i mancato funzionamento di tali connessioni che nella maggior parte dei casi provoca l’attivazione dei meccanismi locali (generalmente fuori dal piano) al posto di quelli globali, con conseguente diminuzione della resistenza dell’edificio.

2.5.3 Modellazione di edifici in muratura per analisi di tipo globale

Lo studio del comportamento strutturale globale di un edificio in muratura, quando soggetto ad azioni sismiche orizzontali, passa attraverso la sua modellazione mediante elementi finiti (FEM - Finite Element Method).

I singoli pannelli murari, cosi come le fasce di piano, dovrebbero essere modellati con elementi lastra, con opportuna discretizzazione (mesh) di ogni singolo elemento. Questa

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notevolmente sulla precisione e sull’accuratezza del risultato. Risulta pertanto necessario trovare un giusto compromesso tra la dimensione degli elementi e i tempi di calcolo.

Per ovviare a queste problematiche, semplificando notevolmente la modellazione delle strutture murarie, si può pensare di avvalersi del telaio equivalente. In tale modellazione l’edificio in muratura viene schematizzato come un insieme di elementi monodimensionali (travi) verticali e orizzontali, fra loro collegati ai nodi.

In particolare la modellazione a telaio equivalente conduce a risultati piuttosto attendibili nel caso di strutture regolari: ad esempio incide notevolmente il poter riconoscere nei maschi murari una continuità dalla copertura alle fondazioni.

Modellare una struttura a telaio equivalente consiste nell’individuare tre differenti elementi:

 maschi murari verticali;

 fasce di piano;

 elementi rigidi.

A seconda delle caratteristiche delle fasce di piano è possibile distinguere la modellazione delle singole pareti in tre differenti tipologie.

La prima tipologia si ha quando le pareti sono prive di collegamenti perimetrali e le fasce di piano sono sorrette da elementi privi di resistenza a flessione e a trazione. In questo caso l’intera parete può essere modellata come un insieme di mensole, incastrate alla base e scollegate tra loro, che identificano i singoli maschi murari.

Questa modellazione appare particolarmente restrittiva. Nella realtà, infatti, si possono avere situazione intermedie.

La seconda si ha quando le pareti sono ancora prive di catene o cordoli, ma le fasce sono soggette da elementi resistenti a trazione, come ad esempio gli architravi in legno. In questo secondo caso l’azione sismica provoca la rottura delle fasce per taglio caratterizzata da lesioni diagonali. Le stesse fasce rompendosi non riescono a trasferire le azioni flettenti, dovute al sisma, ai maschi verticale e quindi ad avere un comportamento a trave. La presenza del solo architrave in legno, come elemento resistente a trazione, permette pero che i maschi verticali assumano spostamento congruenti per effetto delle azioni orizzontali. Pertanto la parete può essere modellata come un insieme di mensole (maschi) collegate l’un l’altra da bielle.

Il terzo e ultimo tipo di modellazione si ha in presenza di catene o cordoli a livello di piano e di fasce sorrette da architravi resistenti a trazione. In quest’ultimo caso la trazione esercitata

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dalle catene conferisce un comportamento “flessionale” alla fascia di piano. In questo modo la fascia può essere considerata come una trave e l’intera parete può essere modellata a telaio.

Fig. 2.14 - Modello di calcolo: a mensole scollegate (a); a mensole collegate con bielle (b); a telaio (c).

Dopo aver individuato all’interno della fabbrica storica le pareti e gli orizzontamenti, si procede affidando diversi ruoli agli stessi elementi.

Le pareti verticali avranno il ruolo di elementi resistenti sia nei riguardi delle azioni verticali che orizzontali, mentre gli orizzontamenti avranno il compito di caricare le pareti e di ripartire, in caso di sisma, le azioni orizzontali su di esse.

La normativa attuale, al fine di avere la massima rispondenza con la struttura reale, definisce due differenti modelli strutturali: modellazione a mensole e a telaio equivalente.

La prima schematizzazione prevede che i maschi murari siano continui lungo la verticale e incastrati a terra. La resistenza globale del sistema nei confronti delle azioni orizzontali è affidata ai maschi, mentre le fasce di piano modellate come pendoli, non sono sollecitate a flessione. Nella schematizzazione a telaio equivalente è necessario condurre le verifiche anche sugli elementi di collegamento. In questa modellazione l’ipotesi di nodo rigido si fonda anche sull’osservazione dei danni indotti da terremoti su strutture reali. Il danneggiamento è concentrato principalmente nei maschi murari e nelle fasce di piano, mentre negli elementi di connessione (nodi rigidi) non si riscontrano danneggiamenti e/o semplici fessurazioni.

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 analisi statica lineare;

 analisi dinamica modale;

 analisi statica non lineare (push-over);

 analisi dinamica non lineare.

Tali analisi sono descritte nei paragrafi che seguono.

2.5.4.1 Analisi statica lineare

L’analisi statica lineare consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze d’inerzia indotte dall’azione sismica (fig. ----) e può essere effettuata per costruzioni che rispettino specifici requisiti, a condizione che il periodo del modo di vibrare principale nella direzione in esame (T1) non superi 2,5TC o TD. Mentre per fabbricati realizzati con altre

tipologie strutturali questa analisi si può applicare a condizione che le costruzioni siano regolari in altezza, per gli edifici in muratura è applicabile anche nel caso di costruzioni irregolari in altezza, purché si ponga λ=1,0.

Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40 m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente distribuita lungo l’altezza, T1 può essere stimato, in

assenza di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente:

dove:

H - è l’altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione; C1 - è un coefficiente che vale 0,050 per costruzioni a struttura muraria.

L’entità delle forze si ottiene dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo T1 e la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di vibrare principale nella

direzione in esame, valutata in modo approssimato.

L’azione sismica di riferimento al suolo, per lo stato limite ultimo, viene in questo caso ridotta attraverso il fattore di struttura q, per consentire una verifica in campo elastico.

(34)

Fig. 2.15 - Schematizzazione dell’azione sismica con un sistema di forze proporzionali alle masse.

La forza sismica Fi applicata a ciascuna massa dell’edificio Wi, è cosi definita:

dove:

Sd(T1) - è l’ordinata dello spettro di risposta di progetto;

W - è il peso complessivo della costruzione;

λ - è un coefficiente pari a 0,85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e se T1<TC, e

pari a 1,00 in tutti gli altri casi; g - è l’accelerazione di gravita;

Wi e Wj - sono i pesi, rispettivamente, della massa i e della massa j;

zi e zj - sono le quote, rispetto al piano di fondazione delle masse i e j.

Il metodo considera l’accelerazione spettrale di progetto in corrispondenza del periodo fondamentale della struttura in esame, il che è una approssimazione in quanto si trascurano gli effetti dei modi superiori, in realtà molto importanti con l’irregolarità strutturale.

Con un analisi elastica lineare si riscontrano, spesso, tensioni di trazione, non compatibili con le caratteristiche meccaniche della muratura, o elevate tensioni di compressione negli spigoli degli elementi. In questi casi le verifiche puntuali potrebbero non essere soddisfatte (anche se

(35)

2.5.4.2 Analisi dinamica lineare (analisi modale)

L’analisi dinamica lineare per le costruzioni storiche in muratura può essere eseguita senza sostanziali modifiche rispetto alle altre tipologie strutturali. Tale analisi è condotta attraverso i seguenti passi:

 determinazione dei modi di vibrazione della costruzione;

 calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati;

 sovrapposizione degli effetti relativi a ciascun modo di vibrare.

L'attendibilità della valutazione del comportamento di costruzioni storiche in muratura, in condizioni limite di resistenza, mediante questo tipo di analisi, può essere limitata in quanto essa viene condotta attraverso un modello elastico lineare. Infatti, poiché le fabbriche storiche sono caratterizzate da un comportamento non lineare, non risulterebbe significativo utilizzare questo metodo di analisi. L’utilizzo degli spettri, che presuppone il principio di sovrapposizione degli effetti e regole di combinazione modale calibrate su strutture a telaio, non dovrebbe quindi ritenersi molto attendibile, specie nel caso di strutture complesse, caratterizzate da trasformazioni e fasi costruttive differenti.

L’analisi dinamica modale può essere utilizzata con maggiore confidenza in presenza di strutture flessibili e strutturalmente ben modellabili. In questi casi possono risultare importanti i contributi dei modi superiori.

Inoltre come nella precedenti analisi statica lineare, anche in questo casi si ha difficoltà nel determinare opportuni fattori di struttura e fare riferimento a verifiche puntuali dello stato di sollecitazione.

2.5.4.3 Analisi statica non lineare (pushover)

L’analisi statica non lineare è utile per valutare la capacita, in termini di spostamento, degli edifici esistenti nei riguardi del sisma.

Consiste nell’applicare alcune distribuzioni di forze statiche orizzontali crescenti (durante l’analisi) su una struttura che, all’atto della spinta, risulta già caricata da carichi gravitazionali.

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possibile fare ricorso ad analisi di tipo adattivo, aggiornando progressivamente la distribuzione delle forze.

La risposta elastoplastica deve essere ottenuta mediante un’analisi non lineare tenendo conto della non linearità del materiale. Il compito delle forze statiche è quello di far crescere monotonamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo (ad esempio posto in sommità dell’edificio a livello della copertura), fino al raggiungimento delle condizioni ultime. In sostanza lo scopo dell’analisi è quello di “spingere” in campo plastico la struttura fino a portarla a collasso.

Un aspetto importante è quello di valutare, al crescere dello spostamento del punto di controllo, la compatibilità a livello locale in termini di fenomeni di crisi locale (ad esempio sfilamento delle travi).

Il risultato dell’analisi pushover è una curva detta di capacità che individua una sorta di legame costitutivo dell’intera struttura, ovvero un diagramma riportante in ascissa lo spostamento orizzontale del punto di controllo e in ordinata la forza orizzontale totale applicata (taglio alla base). Tale curva può essere ottenuta dal legame forza-spostamento generalizzato, conseguito attraverso un’analisi incrementale, utilizzando legami costitutivi non lineari.

Il legame forza-spostamento generalizzato deve poi essere convertito in un sistema bilineare equivalente un primo tratto elastico e un secondo tratto perfettamente plastico.

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Dove Fbu è la resistenza massima del sistema strutturale e Γ il “fattore di partecipazione

modale”, il tratto elastico della curva si individua imponendone il passaggio per il punto 0,7F*bu della curva di capacità del sistema equivalente, mentre la forza di plasticizzazione si

individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacità per lo spostamento massimo d*u corrispondente a una riduzione di resistenza <0,20

F*bu.

2.5.4.4 Analisi dinamica non lineare

L’analisi dinamica non lineare può essere utilizzata con modelli non lineari a elementi finiti (o a telaio equivalente), purché i legami costitutivi siano in grado di simulare non solo il degrado di rigidezza e resistenza a livello puntuale (o di singolo elemento strutturale), ma anche le caratteristiche dissipative associate al comportamento ciclico isteretico. Questo metodo di analisi non può prescindere dall’esecuzione, con lo stesso modello strutturale, di un’analisi statica non lineare, al fine di determinare la capacità di spostamento ultimo della struttura, eventualmente attraverso una limitazione della duttilità.

Dal punto di vista operativo, l’analisi dinamica non lineare presuppone l’utilizzo di diversi gruppi di accelerogrammi (almeno tre) selezionati in modo da risultare compatibili con lo spettro di risposta corrispondente al tipo di sottosuolo. È inoltre opportuno segnalare che, in funzione delle caratteristiche dinamiche della struttura, dovrà essere adeguatamente selezionato il passo temporale di integrazione delle equazioni del moto, eventualmente attraverso un’analisi di convergenza.

È quindi opportuno utilizzare questo metodo di analisi solo in casi molto particolari, quando la complessità della struttura e l’importante contributo di diversi modi di vibrazione non consentono di ricondurre, con sufficiente attendibilità, la risposta sismica a quella di un sistema non lineare equivalente a un solo grado di libertà. In tali casi, l’analisi dinamica non lineare porta spesso alla valutazione di una richiesta di spostamento inferiore a quella stimata con l’analisi statica non lineare.

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