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Capitolo primo IL LINGUAGGIO LOGICO-MATEMATICO 1. La proposizione speculativa di Hegel.

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Capitolo primo

IL LINGUAGGIO LOGICO-MATEMATICO

1. La proposizione speculativa di Hegel.

Franz Rosenzweig (1886-1929) inizia la propria carriera universitaria studiando medicina. Nel 1908, però, si rende conto che questa non è la sua strada; sceglierà, infatti, di frequentare la facoltà di storia a Friburgo, seguito da Friedrich Meinecke. La storia appare a Rosenzweig l‟unica disciplina in grado di unificare l‟oggettività del mondo con la realtà del soggetto. Col tempo cresce l‟interesse del giovane studioso ebreo per la filosofia. I suoi punti di riferimento sono Goethe e Kant1. Quest‟ultimo in particolare, con la sua Critica della ragion pura, mostra i limiti della conoscenza umana e delimita l‟ambito della scienza. Nel 1912 Rosenzweig discute la tesi di dottorato dal titolo Hegel e lo Stato2. Negli anni giovanili Hegel è il suo punto di riferimento. Questo autore, tuttavia, risulterà sempre

più problematico, soprattutto negli anni della crisi spirituale di Rosenzweig.

1

Franz Rosenzweig ne parla in una lettera del suo diario del 24.5.1908. Cfr. I. Kajon, Profezia e

filosofia nel Kuzari e nella Stella della Redenzione. L‟influenza di Yehuda Ha-Lewi su Franz Rosenzweig, Biblioteca dell‟«Archivio di Filosofia», Cedam, Padova 1996, p. 20. Sul rapporto

Rosenzweig-Kant cfr. E. D‟Antuono, Rosenzweig e Kant. Un‟affinità elettiva, in «Prospettive settanta», XIII (1991), n. 4, pp. 698-714 e N. M. Samuelson, Revelation and the God of Israel, Cambridge University Press, Cambridge 2002, p. 66.

2

Cfr. F. Rosenzweig, Hegel und der Staat [1912], Oldemburg, Berlin 1920, tr. it. di A. L. Künkler Giavotto (libro I) e R. Curino Cerrato (libro II), Hegel e lo Stato, il Mulino, Bologna 1976. Su questo tema cfr, anche E. D‟Antuono, Ebraismo e filosofia. Saggio su Franz

(2)

8

Per capire bene il progetto filosofico rosenzweighiano è opportuno comprendere la concezione di quel filosofo che è stato il suo riferimento costante, Hegel appunto. A questo proposito è utile cogliere il senso della

Prefazione3 alla Fenomenologia dello Spirito, dove si ritrovano concetti fondamentali. Una Prefazione ha il compito di chiarire ciò che l‟autore ha esposto nell‟opera. Hegel esprime chiaramente la propria posizione quando scrive:

«[..] Tutto dipende dall‟intendere e dall‟esprimere il vero non solo come sostanza, ma anche come soggetto[..]. La sostanza vivente è inoltre l‟essere, il quale è in verità soggetto o, che è lo stesso, è in verità reale, ma soltanto se essa è il movimento del porre se stessa, o la mediazione del divenir-altro-da-sé con se stessa»4.

Da questa citazione è evidente il ruolo centrale che il Soggetto o Spirito ricopre in Hegel: la fenomenologia non è altro che scienza dell‟esperienza della coscienza5. La differenza tra soggetto e oggetto è puramente illusoria; l‟„Io‟ si potrebbe definire come Spirito che si estrinseca e che, alla fine, ritorna dialetticamente a sé in maniera più consapevole. La morte è semplicemente il negativo che deve essere superato. La proposizione speculativa è diversa da quella apofantica; Hegel ne parla nella Prefazione:

3

Cfr. G.W.F. Hegel, Prefazione, Rubbettino, Catanzaro 2006.

4

Ivi, p. 36.

5

(3)

9

«L‟essere è assolutamente mediato; - esso è contenuto sostanziale, che altrettanto immediatamente è proprietà dell‟Io, è un Sé, ossia il concetto [..]. Ciò che in essa lo spirito si prepara è l‟elemento del sapere. In quest‟elemento si dispiegano i momenti dello spirito nella forma della semplicità, che sa il proprio oggetto come se stessa [..]. Il loro movimento, che si organizza in tale elemento come l‟intero, è la logica o filosofia

speculativa»6.

Hegel in seguito chiarisce ancora:

«Come dunque nel suo comportamento negativo, di cui sopra si è discorso, il pensiero raziocinante stesso è il Sé nel quale ritorna il contenuto, così, al contrario, nel suo conoscere positivo, il Sé è un soggetto rappresentato, al quale il contenuto si riferisce come accidente e predicato»7.

Il predicato ci parla di un soggetto; ma il predicato è tuttavia una predicazione del soggetto: si tratta di un duplice movimento, in cui il Soggetto è il protagonista incondizionato8. Dire «Dio è l‟eterno»9 è privo di senso per Hegel in quanto «in una tale preposizione si comincia con la parola Dio. Questo è per sé un suono senza senso, un mero nome»10. L‟essere „in sé‟ dello Spirito diventa „per sé‟, ovvero consapevole di essere ciò che esso è11. Chiarito il contenuto della Prefazione, si comprende perché Rosenzweig si sia allontanato dal suo maestro, soprattutto a partire

6

Cfr. Hegel, op. cit., p. 48.

7

Ivi, p. 63.

8

Ivi, p. 35. L‟Assoluto è definito da Hegel come A=A; questa concezione sarà utile per capire la concezione rosenzweighiana di Dio.

9

Ivi, p. 39.

10

Ibidem.

11

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10

dal 1913, anno della sua decisione di rimanere ebreo, dopo aver assistito alla cerimonia dello Yom Kippur a Berlino12. Il sistema onnicomprensivo di Hegel annulla totalmente la dignità del singolo uomo e, per questo, non può risolvere il difficile problema del rapporto soggetto-oggetto. L‟unica via che sembra conciliare la realtà dell‟individuo con quella del mondo sembra essere la religione, in particolare quella ebraica.

Dopo l‟incontro con Rosenstock, docente di diritto all‟università di Lipsia, i dubbi di Rosenzweig sulla propria identità religiosa aumentano. Tuttavia l‟interesse per gli autori ebrei medievali, a partire dal 1914, sarà fondamentale per lo sviluppo del pensiero rosenzweighiano. Centrale risulta in particolar modo il ruolo di Yehuda Ha-Lewi, poeta ebreo vissuto in Spagna nel dodicesimo secolo13. Il Kuzari di Ha-Lewi è un‟opera che riesce infatti a conciliare il difficile rapporto tra filosofia e teologia, grazie all‟idea di profezia14

. La profezia prevede una relazione tra Dio e il

12

Su questo punto è opportuno il rimando alla lettera che Rosenzweig scrive a Rudolf Ehrenberg nell‟Ottobre 1913, in cui comunica al cugino la sua decisione di rimanere ebreo. Rosenzweig si richiama a precisi passi biblici per argomentare la sua scelta: Cor 1, 23 e 15, 25-28; Rom 11, 25 e Joh 14, 6. Per la versione in italiano della lettera cfr. F. Rosenzweig, La radice

che porta. Lettere su ebraismo e cristianesimo (coautore E. Rosenstock), tr. it. e cura di G.

Bonola, Marietti, Genova 1992, pp. 16-17 ; per approfondire cfr. A. Fabris, Ebraismo e filosofia

nel “nuovo pensiero” di Franz Rosenzweig, in «Archivio di filosofia», LXI (1993), p. 345 e

«Teoria», Percorsi dell‟ebraismo, XVIII (1998), n. 2, pp. 27-31; cfr. anche Kajon, op. cit., p. 30.

13

Rosenzweig nel 1925 ha tradotto in tedesco gli inni del poeta; cfr. F. Rosenzweig,

Fünfundneunzig Hymnen und Gedichte Deutsch und Hebräisch [1925], tr. it. di G. D. Cova, Non nella forza ma nello Spirito. Novantacinque inni e poesie scelte da Franz Rosenzweig,

Marietti, Genova 1992. Sempre a partire dal 1925 Rosenzweig inizia la traduzione della Bibbia in tedesco insieme a Buber, fino a quando non verrà colpito dalla malattia.

14

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11

profeta-uomo: il profeta ascolta il comando divino; Dio si manifesta e il profeta lo accoglie. Solo la profezia può costituire il presupposto del pensiero filosofico e illuminare, quindi, il cammino della riflessione razionale: la filosofia «dalla Ionia fino a Jena»15 ha esaurito il proprio ruolo. In particolare, la filosofia hegeliana ha ridotto il pensiero a pure astrazioni. Sarà il concetto di „Rivelazione‟ a costituire il vero punto di svolta.

Sarebbe opportuno discutere a quale Rivelazione il filosofo di Kassel faccia riferimento: certamente a quella ebraica, rappresentata dall‟evento narrato nell‟Esodo (Es 3, 14)16

. Per quanto riguarda la rivelazione cristiana, Rosenzweig si dimostra più scettico, soprattutto per il modo in cui la teologia liberale tedesca nel „700 e nell‟„800 ha interpretato la venuta di Cristo sulla Terra17. Tuttavia, anche il cristianesimo, insieme all‟ebraismo, rappresenterà una via fondamentale per raggiungere la verità18.

15

Cfr. F. Rosenzweig, Der Stern der Erlösung [1921], Kauffmann, Frankfurt a. M., tr. it. di G. Bonola, La stella della Redenzione, Marietti, Casale Monferrato (AL) 1985, 1986, rist. 1996, p.12 . D‟ora in poi per riferirmi a quest‟opera scriverò: SR.

16

Cfr. F. Rosenzweig, La Scrittura. Saggi dal 1914 al 1929, tr. it. di G. Benvenuti e G. Bonola, Città Nuova, Roma 1991, p. 101.

101. Qui Rosenzweig riporta i versetti dell‟Esodo.

17

Cfr. a questo proposito il saggio di Rosenzweig Teologia atea [1914], in La Scrittura.., cit., p. 229 e Kajon, op. cit., p. 42.

18

(6)

12

L‟Introduzione alla prima parte della Stella della Redenzione, il capolavoro di Rosenzweig scritto tra il 1918 e il 1919 nelle trincee dei Balcani, trascritto inizialmente su cartoline postali, si intitola, non a caso, in

philosophos!19 L‟accusariguarda principalmente la filosofia tradizionale, in particolare quella di Hegel. Secondo Rosenzweig, il desiderio di filosofare scaturisce dalla paura della morte: il singolo non accetta la propria finitudine e il pensiero rappresenta un‟àncora di salvezza:

«Dalla morte, dal timore della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza circa il Tutto»20.

La filosofia con la domanda «che cos‟è?»21 ha ingabbiato la realtà. Alle origini il mythos è stato soppiantato dal logos; nella modernità, soprattutto a partire da Cartesio, il soggetto è diventato padrone del mondo. Con il sistema hegeliano si raggiunge il culmine, in quanto Hegel fa coincidere il

Logos (Spirito, Idea) con il reale: la filosofia è il momento più alto dello

Spirito Assoluto, un momento che supera la religione stessa.

19 Ivi, p. 3. 20 Ibidem. 21

Su questo tema è interessante il rimando alla lettura di un testo che Rosenzweig scrisse nel 1921 e che decise di non pubblicare. Si tratta dello scritto Das Büchlein vom gesunden und

kranken Menschenverstand [1921], Melzer, Düsseldorf 1964, tr. it. di G. Bonola, Dell‟intelletto comune sano e malato, Reverdito Editore, Trento 1987. Qui il filosofare è paragonato ad una

vera e propria malattia paralizzante. Rosenzweig definisce la domanda sull‟essenza come «Was

ist Frage?»: cfr. F. Rosenzweig, Il nuovo pensiero. Alcune note supplementari a «La stella della Redenzione» in La Scrittura.., cit., p. 262.

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13

Rosenzweig intende distruggere la concezione classica della filosofia e darle un senso nuovo22. Rosenzweig, tuttavia, apprezza certi filosofi: Kierkegaard ha rivalutato la coscienza individuale; Schopenhauer si è interrogato sul valore del mondo; Nietzsche ha elevato la vita al di sopra della filosofia23. Quest‟ultimo, in particolar modo, ha messo in discussione il sistema tradizionale dei valori, facendo emergere la dignità del singolo dal Tutto24.

Il 18 Novembre 1917 Rosenzweig scrive a Rudolf Ehrenberg quella che viene chiamata Urzelle, ovvero la «Cellula originaria» della Stella della

Redenzione25: questo testo è fondamentale per comprendere il progetto della Stella.

22

Questo aggettivo risulta calzante poiché Rosenzweig viene considerato uno dei maggiori esponenti della corrente del cosiddetto „nuovo pensiero‟ (Das neue Denken). Pöggeler, tuttavia, sottolinea che Rosenzweig rimane fortemente influenzato da Hegel. Cfr. O. Pöggeler,

Rosenzweig und Hegel, in Der Philosoph Franz Rosenzweig (1886-1929), Internationaler

Kongress Kassel 1986, a cura di Schmied-Kowarzik, Alber, Freiburg/München 1988, vol. II:

Das neue Denken und seine Dimensionen, pp. 839-853.

23

Cfr. SR, pp. 7-9.

24

Nietzsche è un autore che influenza molto il pensiero di Rosenzweig; tuttavia, in una nota del 19.2.1906, il filosofo dichiara che Nietzsche amplifica troppo la figura del soggetto e trascura il ruolo della realtà. Cfr. Kajon, op. cit., pp. 20-21.

25

Cfr. F. Rosenzweig, «Cellula originaria» de la Stella della Redenzione, in La Scrittura.., cit., p. 241.

(8)

14

2. Il differenziale e il concetto di ‘nulla’.

La Stella della Redenzione è un‟opera sistematica. La prima parte (che si apre con l‟Introduzione, analizzata nel capitolo precedente) è suddivisa in tre libri. Tutta l‟opera è divisa in 3 sezioni, tripartite al loro interno. Ogni parte contiene una Introduzione e si conclude con «sezioni conclusive di “passaggio”»26

. La prima parte della Stella parla degli elementi del pre-mondo. Rosenzweig si riferisce alle figure della dialettica trascendentale kantiana: Dio, mondo, uomo:

«Di questi tre pezzi (Dio mondo uomo) [..] non ne sappiamo ancora proprio nulla. Sono i nulla a cui Kant della dialettica trascendentale ha ridotto, criticandoli, gli oggetti delle tre «scienze razionali» del suo tempo: la teologia, la cosmologia e la psicologia razionale»27.

Perché pre-mondo? È difficile capire in questa parte iniziale cosa Rosenzweig voglia esprimere: sappiamo solo che si tratta di un mondo originario, primigenio, in cui vengono a collocarsi quelle che Rosenzweig chiama «Tatsätlichkeiten»28, dati di fatto. Il sistema filosofico hegeliano si è frantumato nei suoi elementi costitutivi; questi sono dei „nulla‟, intesi

26

Cfr. G. Bonola, Franz Rosenzweig ai lettori della «Stella», nota introduttiva a F. Rosenzweig,

La Stella della Redenzione, cit., p. 14.

27

Cfr. SR, pp. 19-20.

28

Cfr. Rosenzweig, Il nuovo pensiero.., in La Scrittura.., cit., p. 266. Cfr. anche Rosenzweig,

(9)

15

come „nulla‟ del pensiero. Risulta fondamentale chiarire il concetto di „nulla‟29

. Rosenzweig scrive:

«Il nulla non è nulla, è qualcosa. Nell‟oscuro retroscena del mondo si annidano, come suo inesausto presupposto, mille morti ed invece che un unico nulla, che sarebbe realmente nulla, stanno mille nulla che, proprio perché molti, sono qualcosa»30.

Il pensiero parte da un suo „nulla‟; bisogna procedere dal „nulla‟ al „qualcosa‟. I tre elementi rappresentano dei „nulla particolari‟: si distaccano dal «nulla assoluto»31 e rappresentano un „qualcosa‟.

Rosenzweig si rifà ad un concetto utilizzato ha Hermann Cohen, quello di differenziale matematico32:

«Hermann Cohen [..] fu il primo a scoprire nella matematica un organon del pensare, proprio perché essa non produce i suoi elementi dal vuoto nulla di uno zero unico ed universale, bensì li trae da nulla particolari subordinati di volta in volta all‟elemento cercato, dal nulla del differenziale».

E ancora:

29

Cfr. L. Bertolino, Il nulla e la filosofia. Idealismo critico e esperienza religiosa in Franz

Rosenzweig, Trauben, Torino 2005. Emilia D‟Antuono chiarisce come si arriva al „nulla‟,

attraverso i concetti di Verwesung e Vernichtung, cfr. D‟Antuono, op. cit., pp. 60-63.

30

Cfr. SR, p. 5.

31

Secondo Ciglia, questo „nulla assoluto‟ si rifà a quello della mistica e della filosofia negativa. Cfr. F.P. Ciglia, Scrutando la «Stella». Cinque studi su Rosenzweig, Biblioteca dell‟«Archivio di filosofia», Cedam, Padova 1999, p.143.

32

Görtz parla del differenziale come «Verneinung des Nichts»; cfr. H. J. Görtz, Zum

„Konstruktiongesetz‟ des Stern der Erlösung, in Der Philosoph Franz Rosenzweig (1886-1929),

Internationaler Kongress Kassel 1986, a cura di Schmied-Kowarzik, Alber, Freiburg/München 1988, vol. II: Das neue Denken und seine Dimensionen, p. 663.

(10)

16

«Il differenziale assomma in sé le proprietà del nulla e del qualcosa, è un nulla che rimanda ad un qualcosa, al suo qualcosa ed al tempo stesso è un qualcosa che si cela ancora nel grembo del nulla»33.

Cohen concepisce il differenziale come un «inizio né arbitrario né casuale»34. Il differenziale può essere inteso come un «elemento generatore di grandezza finita»35: esso rimanda matematicamente al concetto di „nulla particolare‟; Rosenzweig reinterpreta e utilizza l‟interpretazione di Cohen per spiegare l‟origine del proprio sistema:

«Il “nulla positivo” è un “nulla” per il nostro pensiero ma rappresenta un qualcosa in sé».

Questo „nulla positivo-relativo‟ ha una valenza sia gnoseologica che ontologica: da un lato, esso permette al pensiero puro di ritrovare la propria origine e di inziare un nuovo e consapevole processo conoscitivo: il „nulla‟ determina, quindi, il contenuto del pensiero; dall‟altro, attraverso il principio di affermazione e negazione, gli elementi originari acquistano determinatezza e il pensiero riconosce kantianamente i propri limiti. Dio, uomo mondo sono «“parole originarie” (Urworte) che, come misteriosi fondamenti, giacciono nascoste sotto ogni singola parola palese, ed in essa

33

Cfr. SR, p. 21.

34

Cfr. H. Cohen, Logik der reinen Erkenntnis (1902), in Werke, Bd. VI, G. Olms Verlag, Hildesheim 1977, p. 129 e Bertolino, op. cit., p. 92.

35

Il differenziale viene definito anche come un segmento infinitesimale, non coincidente con il punto, che interseca la tangente e la curva. Cfr. Bertolino, op. cit., pp. 91-92.

(11)

17

salgono alla luce»36. La filosofia ha il compito di narrare la nascita «dal nulla»37 degli elementi. La negazione del „nulla‟ può essere intesa sia in senso soggettivo che oggettivo: da una parte il „nulla‟ (assoluto) del pensiero si nega per far posto al dato di fatto, alla realtà; dall‟altra viene negato il „nulla‟ (relativo) degli elementi per farli emergere in tutta la loro peculiarità38.

3. La matematica come linguaggio del pre-mondo.

Il linguaggio del pre-mondo è un linguaggio particolare: quello della matematica. Quando pensiamo al linguaggio, pensiamo all‟uso delle parole, allo scambio dialogico. In questa dimensione sospesa, atemporale, la parola non si dà. Il linguaggio logico che Rosenzweig utilizza serve per esprimere le caratteristiche delle tre fatticità primordiali, elementi ancora da definire, misteriosi per il pensiero umano.

Nel primo libro della prima parte della Stella della Redenzione, Rosenzweig cerca di definire la figura di Dio nel pre-mondo perenne. Il prefisso „pre‟ suggerisce che si tratta di una realtà che precede qualcosa,

36

Cfr. F. Rosenzweig, Il filosofo è tornato a casa. Scritti su Hermann Cohen, a cura di R. Bertoldi, Diabasis, Reggio Emilia 2003, p. 143.

37

Cfr. A. Fabris, Linguaggio della Rivelazione. Filosofia e teologia nel pensiero di Franz

Rosenzweig, Marietti, Genova 1990, p. 39.

38

Adriano Fabris propone questa lettura della negazione del nulla sia in senso soggettivo che oggettivo; ivi, p. 40.

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18

una dimensione passata, tuttavia esistente. Sono due le vie che permettono di passare dal „nulla‟ al „qualcosa‟: affermare il „non nulla‟ („SÌ‟) e negare il „nulla‟ („NO‟):39

«Così dal nulla al qualcosa esso (il differenziale)40 dischiude due vie: la via della negazione del nulla e quella dell‟affermazione di ciò che nulla non è. La guida per entrambe queste vie è la matematica. Essa insegna a conoscere nel nulla l‟origine del qualcosa»41.

Dio afferma dapprima se stesso come natura (A=)42; poi, la negazione del „nulla‟ si esprime come libertà (A).

Dio→ A=A43

.

Questa è la formula matematica del divino: libertà assoluta ma determinata; Egli è ciò che deve essere, „così e non altrimenti‟. È proprio

39

«Die Bejahung des Nichtnichts und die Verneinung des Nichts», cfr. W. Schmied- Kowarzik,

Vom Totalexperiment des Glaubens. Kritisches zur positiven Philosophie Schellings und Rosenzweigs, in Der Philosoph Franz Rosenzweig (1886-1929), Internationaler Kongress

Kassel 1986, a cura di Schmied-Kowarzik, Alber, Freiburg/München 1988, vol. II: Das neue

Denken und seine Dimensionen, p. 777. Palese è il riferimento alla dottrina delle potenze della

tarda filosofia di Schelling; cfr. C. Belloni, Filosofia e Rivelazione. Rosenzweig nella scia

dell‟ultimo Schelling (Ricerche. Collana del Dipartimento di Studi sulla storia del pensiero

europeo «Michele Federico Sciacca», Università di Genova. Sezione «Saggi filosofici», vol. 21), Marsilio, Venezia 2002, p. 83.

40

Le parentesi sono mie.

41

Cfr. SR, p. 21.

42

«Il sì è l‟inizio»; ivi, p. 26.

43Anche Hegel intende l‟Idea come A=A (cfr. G.W.F Hegel, op. cit): questa formula esprime

l‟onnicomprenisività del logos; in Rosenzweig, invece, il dio mitico è, sì, una realtà circolare e chiusa in sé ma è totalmente autonoma rispetto al pensiero.

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19

nella „E‟ di questa espressione che la figura divina emerge in tutta la sua vitalità.

A questo punto mi sembra opportuno il riferimento a Schelling44. Rosenzweig nel 1914 ritrova in una biblioteca di Berlino un manoscritto; egli lo attribuisce a Schelling, anche se ancora tutt‟oggi non è chiaro chi sia l‟autore45

. Rosenzweig è affascinato dalla lettura delle opere di Schelling: in particolar modo risultano importanti i Weltalter46 e la tarda produzione

schellinghiana. Rosenzweig dichiara esplicitamente:

«La tarda filosofia di Schelling è il pensiero nel cui solco noi ci muoviamo [..]»47.

Nelle Età del mondo troviamo un solo libro (libro primo), dedicato alla dimensione del passato. Qui Schelling definisce Dio in maniera molto simile a quella di Rosenzweig: Dio è espresso dalla formula matematica

44

Per approfondire il legame tra Rosenzweig e Schelling cfr. Belloni, op. cit. Cfr. anche C. Belloni, La presenza di Schelling negli scritti di Rosenzweig attraverso i testi citati

esplicitamente, in «Annuario filosofico», XVII (2001), pp. 275-310 e C. Belloni, Tautegoria e cipolle. Note per un‟ermeneutica della lettera in Schelling e Rosenzweig, in «Fenomenologia e

società», XXIII (2000), n. 1, pp. 124-130. Cfr. anche X. Tilliette, Rosenzweig et Schelling, in «Archivio di filosofia», LIII (1985), pp. 141-152.

45

Cfr. G.W.F. Hegel (?), F.W.J. Schelling (?), F. Hölderlin (?), Il più antico programma di

sistema dell‟idealismo tedesco, a cura di L. Amoroso, Edizioni ETS, Pisa 2007.

46

F.W.J. Schelling, Die Weltalter [1810], in SW, VIII, a cura di K.F. A. Schelling, Cotta Verlag, Stuttgart-Augsburg 1856-1861, tr. it e cura di C. Tatasciore, Le età del mondo, Guida, Napoli 1991.

47

Cfr. SR, p. 18. La prima parte della Stella corrisponde alla filosofia negativa schellinghiana; la seconda parte corrisponde a quella positiva, con la quale Schelling coglie il „cosa‟ della filosofia negativa nell‟esistenza; cfr. W. Schmied-Kowarzik, Vom Totalexperiment des Glaubens.

Kritisches zur positiven Philosophie Schellings und Rosenzweigs, op. cit., pp. 773-779.

Rosenzweig cita i Weltalter anche nello scambio epistolare con Rosenstock; cfr. Rosenzweig,

La radice che porta, cit., p. 120; l‟espressione erfahrende Philosophie (filosofia esperiente) si

ritrova nello scritto Il nuovo pensiero, scritto nel quale Rosenzweig nomina anche Schelling.; cfr. Rosenzweig, La Scrittura.., cit, p. 262 e p. 267.

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20

A=B; B, il negativo, è in realtà un A²48. Dio, negandosi, fa posto alla necessità e si arricchisce. Questo processo avviene nell‟eternità ancestrale, nella natura, intesa come passato eterno di Dio (A³, puro Spirito)49. Il divino è costituito, quindi, da queste due forze, solo apparentemente opposte. Dio si afferma e si nega nella dimensione passata; tuttavia, nel momento in cui comincia a relazionarsi al mondo e all‟uomo, Egli agisce in maniera contraria, cioè prima si nega e poi si afferma50.

Il dio mitico del pre-mondo rosenzweighiano rimanda alla figura degli dèi greci dell‟Olimpo, chiusi all‟interno della loro realtà, dotati di libertà assoluta ma necessitati dal fato.

Il secondo capitolo del primo libro ci parla del mondo; che aspetto ha il mondo nella dimensione del pre-mondo? Anche qui Rosenzweig ricorre all‟aiuto del linguaggio matematico:

Mondo→ B=A.

La lettera B indica un qualcosa di particolare, di determinato. Il mondo segue un percorso di affermazione diverso da quello di Dio (e da quello dell‟uomo, come vedremo). All‟inizio si ha, infatti, la negazione del „nulla‟

48

Cfr. Schelling, Le età.., cit., p. 64.

49

Ivi, p. 82.

50

Ivi, p. 140. Anche secondo Rosenzweig, Dio nella Creazione e nella Rivelazione nega se stesso per poi affermarsi per mezzo della relazione. Questo punto risulterà più chiaro quando parlerò nel secondo capitolo dell‟influenza della Kabbalah luriana.

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21

(„NO‟), dalla quale emerge il singolo particolare; con il „SÌ‟ emerge la totalità assoluta, la sintesi dei fenomeni, il logos del mondo. Nell‟„E‟ che unisce individuo e specie si realizza la forma del mondo plastico del pre-mondo. Questa realtà primordiale corrisponde al cosmo concepito dai filosofi antichi, un cosmo costituito da molteplici elementi ma governato da una legge interna autonoma. Un esempio di questo „microcosmo‟ è dato anche dalla polis greca.

Nella polis infatti

«[..] la comunità si pone di fronte all‟individuo come un intero, egli sa di essere solo una parte»51.

Nella Stella Rosenzweig fa riferimento alla concezione idealistica del mondo52. Il mondo, secondo gli idealisti, non è altro che un‟emanazione; la formula che lo indica è: A=B. Questa espressione riguarda anche l‟idea neoplatonistica-emanazionistica della realtà: il mondo è il semplice prodotto di una realtà superiore, una derivazione dello Spirito (per Hegel) o di Dio (per Plotino). Rosenzweig vuole ridare dignità a quelle tre datità che precedono il pensiero; come il Dio mitico ha una propria esistenza autonoma, così anche il mondo segue una propria razionalità interna, aldilà del Logos totalizzante.

51

Ivi, p. 54. Già a partire da Protagora, l‟uomo verrà elevato a misura di tutte le cose; cfr. SR, p. 57.

52

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22

Nel terzo capitolo del primo libro Rosenzweig completa l‟esposizione degli elementi del pre-mondo parlando dell‟uomo. L‟uomo riprende lo schema di Dio per divenire un „qualcosa‟. Egli, all‟inizio, si afferma come un infinito essere specifico: B. Successivamente, attraverso la negazione, afferma la sua libertà incondizionata, la sua volontà: B. La formula finale sarà:

Uomo→B=B.

L‟uomo rappresenta l‟unione di caparbietà e carattere. Si tratta dell‟eroe della tragedia greca53, chiuso in se stesso. Egli, come Dio, tende ad affermare totalmente il proprio essere ma è condizionato dal carattere. La sua unicità viene indicata con B, in quanto essere particolare.

Il meccanismo del „SÌ‟, del „NO‟ e della congiunzione „E‟ si ripete per tutti e tre gli elementi; questi esprimono loro stessi soltanto nell‟unione conciliata di tendenze opposte, grazie appunto alla congiunzione „E‟. Con il supporto della matematica è stato possibile seguire il percorso che porta dal „nulla‟ al „qualcosa‟; ogni elemento segue una propria via, costituita comunque da due tendenze: affermazione e negazione. Dio, mondo e uomo

53

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23

hanno acquisito alla fine un‟identità: essi sono dei sistemi chiusi, non vi è alcuna comunicazione tra loro54.

È lecito avere dei dubbi sul metodo seguito da Rosenzweig per definire i tre elementi originari: in fondo, come ricorda Bertolino, Rosenzweig «crede» (Glaubt)55 nella fattualità degli elementi: egli parte da presupposti già accettati dalla cultura occidentale.

Un discorso a parte meritano le religioni orientali, quelle dell‟India e della Cina. Rosenzweig ne parla in ogni libro della prima parte, proprio per confrontarle con le figure di Dio uomo e mondo dell‟antichità greca. Le divinità della Cina e del‟India:

«[..] sono costruzioni immani formate da macigni del tempo primordiale: come grezzi macigni esse sopravvivono ancora fino ai nostri giorni nei culti dei “primitivi”»56.

Esse sono prive di vitalità, a differenza degli dèi dell‟Olimpo; il loro è un „NO‟ che si ripete continuamente.

L‟Oriente non possiede un mondo plastico-meta logico: la realtà è concepita come un „nulla‟, il particolare non possiede autonomia57. Naturalmente l‟Asia non prevede neppure la figura dell‟uomo „meta-etico‟:

54

Belloni sottolinea come gli elementi del pre-mondo costituiscano una vittoria sul nulla.

55

Cfr. Bertolino, op cit., p. 85. Per approfondire questo punto è opportuno il riferimento a M. Cacciari, Sul presupposto. Schelling e Rosenzweig, in «aut aut», (1986), n. 21, pp. 43-65.

56

Cfr. SR, p. 35.

57

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24

in India l‟uomo è legato alla sua particolare condizione sociale; in Cina è privo di carattere.

Dice Rosenzweig:

«Se l‟India attribuisce troppo peso al carattere e alla particolarità, la Cina invece ve ne annette troppo poco»58.

4. Il mutismo dell’uomo tragico.

Risulta chiaro che il pre-mondo descritto da Rosenzweig corrisponde al mondo dell‟antichità classica; è opportuno capire il significato delle espressioni „meta-fisico‟, „meta-logico‟ e „meta-etico‟. Il prefisso „meta‟ indica un qualcosa che va aldià della concezione tradizionale: il Dio „meta-fisico‟ è una figura completamente autonoma rispetto alla natura: questa concezione spazza via quella spinoziana-idealistica, secondo la quale la natura coincide con il divino. Lo stesso vale per il mondo „meta-logico‟ e per l‟uomo „meta-etico‟: il logos è un componente del mondo, non il fondamento; l‟uomo dispone del proprio ethos e non viceversa59. Rosenzweig nella Stella precisa le caratteristiche del sé „meta-etico‟:

«Questo daimon cieco e muto, chiuso in sé, assale l‟uomo la prima volta indossando la maschera di Eros, e da allora in poi lo accompagna attraverso la vita fino all‟istante in cui abbandona la maschera e si disvela a lui come Thanatos. Questo è il secondo e, se si

58

Ivi, p. 75.

59

Ivi, p. 17. Rosenzweig contesta la prova ontologica dell‟esistenza di Dio, considerata un retaggio della vecchia filosofia. Hegel invece la approva; cfr. anche Bertolino, op. cit., p. 63.

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vuole, il più segreto giorno natale del „sé‟, così come è il secondo e si vuole, il solo palese giorno della morte dell‟individualità»60

.

L‟eroe, all‟inizio, risveglia il proprio sé, poi affronta un insieme di avventure fino all‟incontro con la morte, vero contenuto della propria esistenza. L‟uomo tragico ha una caratteristica: non parla. Rosenzweig precisa:

«[..] egli tace. L‟eroe tragico ha soltanto un linguaggio che gli corrisponde alla perfezione: il silenzio [..]. Tacendo l‟eroe spezza i ponti che lo collegano a Dio ed al mondo [..]»61.

Nella Stella Rosenzweig fa riferimento alla tragedia greca; nelle tragedie di Eschilo l‟eroe è davvero muto. Con Euripide l‟uomo „meta-etico‟ ancora non parla ma impara a «destreggiarsi nel dibattito»62. Il coro è ciò che ridona tragicità alla scena, la morte è cio che potenzia la personalità del protagonista: il personaggio di Edipo ne è un esempio. Si comprende che per Rosenzweig il fatto che l‟uomo sulla scena inizi a parlare è qualcosa di positivo, poiché egli inizia pian piano ad uscire dal proprio sé:

«Ma nella misura in cui prende parte al colloquio, cessa di essere „sé‟, „sé‟ rimane soltanto finchè è solo»63.

60 Ivi, p. 72. 61 Ivi, p. 77-78. 62 Cfr. SR, p. 78. 63 Ibidem.

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Tuttavia il dialogo che comincia ad emergere nei personaggi di Euripide

«[..] non istituisce alcuna relazione tra due volontà, poiché ciascuna di queste volontà può volere soltanto la propria singolarizzazione»64.

Rosenzweig prosegue:

«Proprio a questa assenza di linguaggio egli dovrebbe invece rinunciare, dovrebbe diventare, da un sé isolato e solo, un‟anima che parla, ma un‟anima in un altro senso, in quello secondo cui la parola indica una totalità dell‟uomo al di là dell‟opposizione tra “corpo e anima»”»65

.

Questo è un punto molto importante: è vero che l‟eroe inizia a parlare con un altro-da-sé ma non si tratta affatto di uno scambio reciproco: le due figure rimangono pur sempre isolate. L‟apertura verso l‟esterno, come vedremo, si avrà solo grazie alla Rivelazione66.

Sul tema della tragedia mi sembra opportuno il rimando alla Nascita della

tragedia di Nietzsche67. In quest‟opera giovanile Nietzsche affronta il tema della tragedia, l‟unica forma d‟arte in cui i due impulsi originari della realtà, apollineo e dionisiaco, riescono a conciliarsi. L‟immediatezza della tragedia, però, si perde a partire dalla nascita della filosofia: è Socrate, indagatore dell‟essenza, il bersaglio diretto di Nietzsche. A differenza di Rosenzweig, Nietzsche ritiene che le tragedie di Eschilo siano quelle più

64 Ibidem. 65 Ivi, p. 81. 66

Cfr. la seconda parte della Stella, secondo libro, p. 161.

67

F. W. Nietzsche, La nascita della tragedia, Adelphi, Milano 2003. Su questo tema cfr. anche G. Zarone, Morte e verità dell‟uomo metaetico. Le figure di Nietzsche e Rosenzweig, in «Filosofia e teologia», II (1990), pp. 348-359.

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autentiche, quelle in cui appunto è il silenzio a comunicare. Con Euripide, invece, i dialoghi soffocano il naturale scorrere degli eventi e la trama perde naturalezza. Nonostante questa importante differenza, la concezione dell‟uomo tragico è la medesima in entrambi i filosofi. L‟eroe è pura e ferma volontà, un carattere nelle mani del fato; egli non si pone domande, semplicemente agisce, seguendo inconsciamente un piano già stabilito. Attraverso il sacrificio e la morte, il sé raggiunge la propria immortalità. Questo uomo non può essere definito un‟anima. Scrive Rosenzweig:

«E come potrebbe divenire anima? Anima vuol dire uscire dalla chiusura su se stessi, ma come potrebbe il sé uscire? Chi potrebbe chiamarlo? Egli è sordo. Che cosa potrebbe attrarlo fuori? Egli è cieco. Che cosa potrebbe intraprendere là fuori? Egli è muto»68.

Con questa tagliente descrizione si conclude la prima parte della Stella; tuttavia tra la prima e la seconda parte troviamo una sezione detta „passaggio‟, la quale chiarifica il progetto rosenzweighiano: il pensiero adesso, di fronte ai tre elementi emersi dall‟oscurità, sembra di nuovo confuso. Quale dei tre rappresenta il fondamento?

«Il paganesimo, proprio perché ha compiutamente elaborato il monismo di ciascuno di questi tre elementi in un perfetto sentimento di unità e totalità della loro rispettiva fattualità, è non solo “politeismo”, ma anche “policosmismo” e “poliantropismo”»69

. 68 Cfr. SR, pp. 82-83. 69 Ivi, p. 88.

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Il „pre-mondo‟ descritto da Rosenzweig risulta essere un mondo calato in una dimensione passata, senza tempo. Dio, mondo e uomo sono dei „fatti‟ di per sé esistenti, ricostruiti dal pensiero attraverso l‟ausilio dei segni matematici. La caratteristica di questa realtà originaria è l‟assenza di linguaggio, l‟incomunicabilità dei tre elementi: il mutismo dell‟uomo tragico è emblematico. Ora, una volta ricostruiti i pezzi della realtà, a partire dal loro punto di vista e non da quello del soggetto (come aveva da sempre fatto la filosofia occidentale), si tratta di far proseguire il cammino del pensiero «dal mistero al miracolo»70, evitando di ricadere nella cosmologia, nella teologia e nella psicologia:

«La teologia, la psicologia, la cosmologia dell‟antichità valgono per noi, per così dire, come fossero una teogonia, una psicogonia, una cosmogonia»71.

Ognuna di queste scienze finisce per ricondurre uno dei tre elementi a presupposto degli altri: il pensiero non riesce più ad uscire da questo circolo vizioso. Rosenzweig, invece, ha voluto dimostrare nella prima parte che nessuna delle tre „datità‟ è più importante dell‟altra. Seguendo l‟insegnamento di Ha-Lewi, Rosenzweig esprime il bisogno di rivolgersi alla fede per calare i tre elementi nella realtà presente e metterli in relazione. La Rivelazione giocherà proprio questo fondamentale ruolo.

70

Ivi, p. 92.

71

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