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Sviluppi di “Cinema Sud” e del “Laceno d’Oro”

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Sviluppi di “Cinema Sud” e del “Laceno d’Oro”

Il lavoro, iniziato nel lontano 1958, parte da un gruppo d’intellettuali la cui popolarità diviene man mano notevole in Europa, confermando la funzione di avanguardia dell’Irpinia nella critica cinematografica e gratificandola di un posto importante nella cultura neorealistica, il che documenta le trasformazioni profonde dell’intero Paese. La solida collaborazione di almeno un ventennio con Zavattini da parte dei redattori di “Cinema Sud”, il cui lavoro teorico si produce secondo un indirizzo che rispecchi la fedeltà innanzitutto alla scuola di verità umana e sociale chiamata Neorealismo e poi all’uomo che fu maestro ed al tempo stesso il migliore interlocutore di un dibattito risolutivo di tanti interrogativi aperti, permette di analizzare i film sempre in chiave ideologica. I neorealisti irpini si fanno perciò promotori, sotto la guida politica di Marino e sotto quella artistica del famoso soggettista emiliano, di uno strumento cinematografico sociale e morale per ampliarne i nuovi compiti.

Il contatto con i Paesi dell’Europa occidentale e dell’estremo oriente, che accettano il colloquio, è d’inflessibile e nota moralità. La rivista sostiene il confronto leale e sincero tra tutte le forze democratiche del mondo. Gran parte dei cineasti si rende conto di quale importanza abbia dimostrato l’intuizione culturale assunta da Marino nel quadro del cinema mondiale per serietà e vitalità, divenuta poi nel Mezzogiorno d’Italia la più ricca d’iniziative educative e didattiche: ad esempio è forte il coinvolgimento sociale delle scuole nelle varie edizioni del Festival. Avellino, nei momenti più burrascosi

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della storia (sono gli anni della guerra fredda, del terrorismo politico, sino ad arrivare al tragico terremoto del 1980) si pone con il ruolo di mediazione tra cultura e politica, di distensione tra Europa occidentale e quella dell’Est, da più parti criminalizzata. L’amorevole culto collettivo nei confronti degli ideali umanistici e progressisti trova la giusta sintesi nel fatto che ben quindici paesi d’Europa, ad un certo punto, partecipano e mandano delegazioni alle manifestazioni veicolate dalla rivista. La vita culturale di “Cinema Sud”, nella provincia irpina, è la premessa per le basi di un Neorealismo veramente popolare nel quadro di una valida battaglia che non si dimostra solo politica ma soprattutto estetica per il Mezzogiorno ed il cinema italiano. Il regista Carlo Lizzani, che collabora con passione fraterna al progetto di riscatto di Marino dice che il gruppo di “Cinema Sud” ha sempre operato per il progresso civile e culturale, non solo dell’Irpinia ma della cultura cinematografica italiana in generale. “Cinema Sud”, strumento operativo della rassegna, lentamente acquisisce notorietà e serietà internazionale grazie alle sue valide posizioni mai formali nel disegno di individuare nuove tecniche d’avanguardia, non astratte ma rivoluzionarie nei contenuti e nei linguaggi. Sono presenti appelli ai neorealisti per il dovere di rappresentare tutto ciò che è politico, estetico e ed etico nei confronti diretti con la più scottante attualità. Le conquiste, gli obiettivi e i programmi sono condensati accanto al Neorealismo cinematografico. “La nostra capacità e tenuta culturale con la rivista, ed il piccolo lago Laceno che divenne caro a Pasolini, ci fornirono del suo prestigioso contributo perché l’estetica della scuola neorealista dalle colonne del giornale non risparmiasse la sua

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feconda vivacità critica e creativa di quel patrimonio nato all’indomani della guerra di liberazione.” Non mancano, nonostante ciò o forse paradossalmente proprio per questo, gli oppositori e le vili forme d’ostracismo contro “Cinema Sud”, quando ormai è divenuta la rivista più impegnata del cinema politico in Italia ed in Europa caratterizzandosi come la più battagliera e più ideologica: alla fiera di Pesaro, gli organizzatori della diciassettesima edizione della Mostra del Nuovo Cinema dopo ben sedici anni di presenza, non rilasciano i necessari accrediti insofferenti, forse, della fastidiosa posizione estetica ed internazionalistica assunta dai giornalisti che si impegnano a rispettare le linee culturali di Marino. Questi, in maniera alquanto velenosa, così commenta la vicenda: “Miccichè e compagni hanno ritenuto di tenerci lontano da Pesaro temendo i nostri interventi polemici nei confronti di tanti critici. In questo contesto ove gli interessi dei gruppi politici, editoriali e cinematografici spesso sono soliti coincidere, la voce libera e creativa della nostra redazione sarebbe stata nociva e terribile alle orecchie del direttore e avrebbe scosso la sua tranquillità”. Il mercato commerciale si oppone, purtroppo, al cinema progressista. I redattori, a volte detestati e combattuti per l’esercizio critico ed il lavoro politico, continuano la propria battaglia non per vanagloria o per la propria carriera. L’esperienza quarantennale della rivista fatta anche d’inchieste, fondata e diretta da Marino, incide tuttora in misura significativa sulla memoria e sulla cultura cinematografica in Irpinia. Viene ancora richiesta ed apprezzata in occasione dei Festival più noti, primo fra tutti la Mostra del cinema di Venezia, ancora ricca di spunti interessanti ed attuali. L’impegno critico e

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culturale di Camillo Marino e la sua memoria storica sono presenti in misura rilevante in “Cinema Sud”, creatura cinematografica che costituisce oggi un modello culturale e un impulso ineludibili per la promozione della cultura soprattutto in provincia di Avellino e nell’intera Campania. Il suo prestigio, unito alla popolarità del fondatore, è stato negli anni il filo conduttore di molte iniziative culturali, su tutte quella del Festival. La rivista, fin dai primi anni, ha ottenuto in Italia ed all’estero consensi ampi ed autorevoli. Ma oggi la novità è rappresentata dall’interesse che “Cinema Sud” comincia a suscitare presso cineasti, studiosi, cinefili delle nuove generazioni, che della rivista non hanno conoscenza e memoria diretta. Una delle novità più significative è questa: la collezione quasi completa della rivista è ora disponibile, oltre che nella Biblioteca Provinciale di Avellino (per donazione dello stesso Marino), anche in quella della Scuola Nazionale di Cinema a Roma e, prossimamente, presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino. Ciò denota che ancora oggi esiste un vivo interesse per “Cinema Sud” e non è difficile prevedere che la rivista costituirà un punto di riferimento per tanti giovani studiosi di cinema, che potranno scoprirvi numerosi saggi ed articoli di notevole interesse culturale e rigore scientifico e critico.

• Il “Laceno d’Oro”:

 Nel 1981 sono premiati Giuseppe Ferrara per la regia di “Panagulis Zei” e Giuseppe De Santis per l’opera omnia. Partecipano le delegazioni di Algeria,

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Vietnam e Usa. L’edizione è dedicata alle vittime del terremoto del 1980, ma è un “festival delle macerie”.

 Nel 1982 la targa Pasolini va a Mario Monicelli perché ha “ben registrato il rapporto tra società e cultura”. Il premiato per la fotografia è Marcello Gatti, mentre Lina Wertmüller riceve il giusto attestato di una vita dedicata al cinema. La manifestazione ha inventato sin ora registi ed attori nuovi, iscrivendoli nella storia della cinematografia mondiale. Il “Laceno” ha scoperto nuove frontiere del cinema cominciando ad occuparsi di cinematografie prima sconosciute e adesso protagoniste di rassegne internazionali quelle, in pratica, di Bulgaria, India, Svizzera, Jugoslavia che si sono affacciate dall’Irpinia al mondo. Si esaminano i fatti della storia e della società, con coerenza contenutistica e politica.

 Nel 1983 targhe d’oro a Stefania Sandrelli per “La chiave,” a Pupi Avati per “Una gita scolastica”, a Giuseppe Fava per il suo impegno meridionalistico come commediografo il quale raggiante dichiara: “Come figlio del Sud sono particolarmente commosso di ricevere un premio proprio in una città martoriata dal terremoto”. Egli “è semplice e sincero, onesto fino alla sofferenza, amico nel senso più puro della parola, legato alla sua terra da un rapporto sconfinato e nello stesso tempo critico imparziale dei suoi profondi malesseri.” Purtroppo, sarà ucciso dalla mafia dopo nemmeno un mese. Presenti anche gli emergenti Carlo Verdone e Jerry Calà. Il cinema per ragazzi continua seppur con miseri mezzi economici, dovuti ad incomprensioni con la Mostra di Venezia, che non ne capisce e non ne riconosce più l’importanza, ma il “Laceno”, per quanto povero e decentrato,

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continua a farsi promotore di un’approfondita azione d’educazione dei ragazzi al linguaggio cinematografico.

 Nel 1984 targhe d’oro a Nanny Loy per la regia, a Marcello Mastroianni per “L’armata ritorna”, a Luca Barbareschi e a Giuliana De Sio come migliori attori. Partecipano anche Cuba, India, Iran. In giuria, tra gli altri, Gatti e Montaldo. Così Michele Serra, cogliendo il giusto spirito dell’evento: “Ad Avellino il cinema non fa spettacolo, ma cultura”. L’ingegnere Nicola Buonomenna, presidente dell’Ente del Turismo di Avellino, commenta positivamente gli sforzi ed i risultati di parte del duo Marino-D’Onofrio: “Sono sollecitati, nel proprio lavoro, solo da tenace e leale coerenza mai spentesi e totalmente arricchite anche da una viva tensione ideale”.1

 Nel 1985 premio a Marina Piperno per la produzione de “La veritàààà” di Zavattini, ad Enrico Montesano per l’opera prima “A me mi piace”, a Giancarlo Giannini per una vita dedicata al cinema ed a Marcello Gatti. Sono premiati anche i registi Nanni Moretti, Francesco Nuti, Damiano Damiani, Sergio Leone, Alessandro Benvenuti e Carlo Vanzina, gli attori Andrea Occhipinti e Serena Grandi, Massimo Troisi ottiene la targa “Bianchi”. Presenti le delegazioni di: Belgio, Bulgaria, Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Unione Sovietica e Cuba ma soprattutto c’è il regista cileno Reinaldo Zambrano che offre una documentazione della sofferenza del suo popolo sotto la dittatura del generale Pinochet. I temi dominanti dei quattordici film sono la droga e le problematiche giovanili. Il venticinquesimo

1. N. Buonomenna, Il saluto del Presidente dell’Ente Turismo nel “Quaderno di Cinema Sud”: “Estetica degli emarginati”, 1984

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anno di attività si svolge secondo una tendenza culturale che esprime, come per il passato, l’inclinazione ai valori di una civiltà contadina attraverso un cinema dalle radici popolari e sociali.

 Il legame soprattutto con l’Est e i Paesi in via di sviluppo continua ad essere forte, si promuovono gli sforzi delle cinematografie locali con le proiezioni di film che difficilmente entrano nel grande giro della distribuzione. I motivi per i qual s’inizia a prediligere questo tipo di cinema sono però sia politici che economici: gli organizzatori, per mancanza di fondi, annunciano la chiusura del Festival e da qui inizia una agonia lunga quattro anni. Un appello alle istituzioni è firmato l’8 dicembre da cineasti, attori e personalità di spicco di tutto il mondo tra cui Damiano Damiani (autore del serial “La piovra”), Giuseppe Ferrara e Marcello Gatto. Sul Quaderno di “Cinema Sud” legato al XXV Festival si legge: “Celebriamo non le nozze d’argento ma i funerali della Lacenese. E l’Irpinia ripiomba nell’Oscurantismo”. Così scrive D’Onofrio: “Sul Festival calerà forse il telone dell’addio ma non si disperderà il tesoro di denunce e di condanne che i neorealisti irpini hanno accumulato. Dopo di noi l’oblio”.

 Nel 1986 si svolge un festival ridotto all’osso ma non ancora morto. Sembra che non ci si renda conto di quello che rappresentano i ventisei anni del “Laceno”: prima di tutto un archivio storico sul movimento neorealista come non esiste in nessun altra parte del mondo. La sopravvivenza provvisoria della manifestazione si deve solo a sforzi considerevoli se non persino eccezionali, sia sul piano organizzativo che su quello culturale ma rimarrà sempre la voce che ha saputo esser alta contro “l’appiattimento delle idee e

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la caduta degli ideali”. Marino ribadisce la grande forza di volontà e i grandi sacrifici per portare avanti il progetto “Laceno d’Oro” senza finanziamenti e sostegno economico da parte delle istituzioni locali. Premiato ciononostante Gian Maria Volonté per “Il caso Moro” di Giuseppe Ferrara.

 Nel 1987 la rassegna si svolge regolarmente: targa ad Alberto Lattuada per una vita dedicata al cinema ed a Leandro Castellani per “Il coraggio di parlare”. In giuria Leopoldo Trieste, Lina Wertmüller, Biagio Agnes, Luigi Zampa, Giuliano Montaldo, Marcello Gatti. Lizzani si prende l’onere di fare il presidente. I film proposti sono avvincenti ed il Festival dimostra ancora vitalità culturale in rapporto ai caratteristici valori sociali ed umani, all’impegno civile di essi. I cineasti sono subito posti al centro dei dibattiti mai mancati di asprezza polemica e critiche, a volte serie ed equilibrate a volte impertinenti e di rottura. La partecipazione sfiora l’irruenza forse proprio perché si avverte nell’aria la conclusione oramai prossima.

 Nel 1988 sono premiati Florestano Vancini per l’opera omnia, Giancarlo Giannini per “Snack bar Budapest” e l’attore Massimo Dapporto. Purtroppo, come tutte le favole e le belle storie, il festival del cinema neorealista termina qui e sicuramente non con un lieto fine: non sono nemmeno cinque i milioni di lire stanziati, e si ricevono solo indegne pacche sulle spalle, finti sorrisi consolatori e frasi di circostanza dagli amministratori locali. Nel 1998, Marino tornerà sulla vicenda analizzandola amaramente dalle colonne di “Cinema Sud”: “Una fine quasi annunciata e deliberatamente preparata con la consueta ostilità, con il chiaro obiettivo di affossare qualsiasi iniziativa che

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si segnalasse antagonista e non sottoposta ad alcuna egemonia culturale”.2 Tra i candidati vi sono nomi, oggi illustri, ma come vuole la tradizione del “Laceno”, all’epoca non molto noti tra cui Roberto Benigni e Giuseppe Tornatore che vincerà l’Oscar nel 1990 per il miglior film straniero.

 Nel 1989 la manifestazione avverte una particolare ed immotivata ostilità, è osteggiata dalla DC proprio nell’anno della caduta del Muro di Berlino. Solo una strana coincidenza o un accanimento della sorte che dà l’ennesima stangata al povero Camillo.

Dopo le morti di Pasolini e Zavattini il povero Marino non ha più punti di riferimento importanti, non potendo più contare su un quadro organico di spessore. L’ambiente intorno a lui, purtroppo, si mostra riottoso nei suoi confronti. Alcuni film proposti alla rassegna vengono addirittura ritenuti “offensivi alla morale cittadina” perché ostili al perbenismo di una città di provincia o perché avevano come protagonisti prostitute ed emarginati le cui immagini dissacranti condannavano il voto di scambio, di sudditanza ed ignoranza del tempo. Il Festival, creatura di Marino, non gli sopravvive: c’è anche chi dice che sia stato meglio così perché forse se ne sarebbe perso lo spirito originario.

D’altra parte egli, che sicuramente gestiva il festival del Neorealismo in maniera artigianale, contando sulle forze di molti amici, l’ha coltivato e fatto crescere come un figlio troppo stretto a sé, facendolo morire con lui, ma nessuno gli può negare i grandi meriti per ciò che è riuscito a edificare.

2. P. Speranza in “Fotogrammi”, op. cit.

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Bisogna dire anche che il “Laceno d’Oro” ha chiuso i battenti soprattutto di fronte alla scarsa sensibilità di chi voleva eliminare ciò che era potuto sembrare, ad un determinato punto, vecchio o perfino obsoleto, senza rendersi conto che il Festival e la rivista potevano essere la punta di diamante della cultura avellinese, senza la quale una povera e piccola provincia come quella di Avellino è destinata solamente all’isolamento.

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