• Non ci sono risultati.

1. La combustione senza fiamma

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. La combustione senza fiamma"

Copied!
19
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

12 

1. La combustione senza fiamma

 

Come già detto la combustione senza fiamma prevede il preriscaldamento dei reagenti e la diluizione del sistema, ad esempio ricircolando i gas esausti. Quello che si ottiene è un sistema con turbolenza e miscelamento cosi intensi che non si osserva la presenza di un fronte di fiamma definito, ma piuttosto si nota una regione di combustione molto ampia, che occupa gran parte del volume del combustore. Inoltre si hanno incrementi di temperatura limitati e il campo di temperatura risulta piuttosto omogeneo; ciò si traduce in una minore produzione di NOx e fuliggine, e nella possibilità di utilizzare materiali meno

costosi [1].

In letteratura sono presenti diverse definizioni per questo processo.

Cavaliere et al. [1] definiscono la combustione senza fiamma come combustione MILD (Moderate to Intense Low oxigen Dilution), vale a dire un processo di combustione nel quale la temperatura di ingresso dei reagenti è maggiore della temperatura di auto-ignizione della miscela, ma l’incremento massimo di temperatura durante la combustione è minore della temperatura di auto-ignizione stessa (in Kelvin).

L’elevata temperatura dei reagenti si ottiene generalmente preriscaldando il comburente, nella maggior parte dei casi sfruttando il contenuto energetico dai gas esausti ad alta temperatura.

Per contenere invece l’aumento di temperatura occorre diluire il sistema. Un modo per aumentare il livello di diluizione è quello di ricircolare i gas esausti inerti, conseguendo inoltre una diminuzione del contenuto di ossigeno.

A questo si riferisce la definizione di combustione senza fiamma (flameless) riportata da Milani et al. [5], secondo i quali perché si possa parlare di combustione senza fiamma devono essere soddisfatte due condizioni:

1. i reagenti devono superare la temperatura di auto-ignizione della miscela;

2. i reagenti devono aver trascinato una quantità sufficiente di prodotti di combustione inerti tale da ridurre la temperatura finale di reazione ben al di sotto della temperatura adiabatica di fiamma.

Il trascinamento dei prodotti di combustione nella zona di reazione abbassa la concentrazione di ossigeno molto al di sotto di quella atmosferica, in alcuni casi sono stati raggiunte frazioni massiche di ossigeno pari al 3%.. Il sistema si comporta come un reattore perfettamente miscelato e l’aumento di temperatura dovuto alla combustione è limitato a poche centinaia di gradi Kelvin. Vengono inoltre ridotti notevolmente i picchi di temperatura [6].

(2)

Un’altra definizione è quella riportata da Oberlack et al. [7] e Peters [8], secondo i quali per essere in regime di MILD combustione non devono essere più individuabili i fenomeni di ignizione e estinzione; inoltre il passaggio da gas freschi a prodotti di combustione deve essere monotono.

Data l’estrema importanza che riveste la temperatura di auto-ignizione della miscela, i parametri fondamentali per descrivere il processo sono quelli che determinano tale temperatura [1], e cioè:

• composizione del flusso in ingresso (% combustibile, % ossidante, % diluente) • pressione

• tempo di residenza dei reagenti.

Come riportato da Weber et al. [9], quando si opera in regime senza fiamma:

• la combustione avviene in tutta la fornace e spesso non è visibile alcuna fiamma; • la temperatura all’interno della fornace è uniforme, a parte piccoli gradienti in

prossimità del bruciatore. La stessa cosa vale per il profilo di concentrazione dell’ossigeno;

• i flussi radiativi sono uniformi; non ci sono sostanziali differenze tra i flussi in prossimità del bruciatore e a valle della fornace.

Tutto ciò è mostrato nella figura seguente (Figura 1.1), nella quale vengono confrontate la combustione tradizionale e quella senza fiamma.

Combustione tradizionale

Combustione senza fiamma

(3)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

14 

L’assenza di un fronte di fiamma apre una prospettiva nuova per l’utilizzo di quei combustibili poveri considerati difficili per il loro basso potere calorifico, la mancanza di sostanze volatili o per la loro composizione variabile. L’adozione della combustione senza fiamma potrebbe inoltre essere giustificata dalla possibilità di utilizzare combustibili liquidi pesanti o residui di raffineria contenenti elevate percentuali di macrocomposti organici [11].

1.1 Aspetti fluidodinamici

Come suggerito da Dally et al. [12] il ricircolo dei gas esausti è il cardine della combustione senza fiamma, in quanto questi gas permettono di abbassare la concentrazione di ossigeno in modo da mantenere bassa la temperatura nella zona di combustione, e il calore contenuto in essi consente di innalzare la temperatura dei reagenti.

Per quantificare il ricircolo dei gas è utile introdurre il cosiddetto Recirculation Rate, definito da Wünning et al. [13] come:

1 Si tratta del rapporto tra la quantità di gas ricircolati e le quantità di combustibile e aria in ingresso al sistema. I pedici indicano:

e: gas esausti f: combustibile a: aria

Per valori di Kv pari a 0,2÷0,3 (cioè per concentrazioni di ossigeno pari al 17% circa), in

condizioni tradizionali non sarebbe più possibile stabilizzare la fiamma, poiché troppo vicini al limite d’infiammabilità della miscela.

In regime senza fiamma, invece, il comburente e il combustibile vengono miscelati localmente con una gran quantità di gas esausti prima di bruciare, in modo da abbassare la concentrazione di ossigeno nella miscela. Il vincolo della stabilità cade in questo caso perché si lavora al di sopra della temperatura di auto- ignizione della miscela [11].

Tutto ciò è ben visibile nel Diagramma di Stabilità, di cui un esempio è mostrato in Figura 1.2.

(4)

Figura 1.2: Diagramma di Stabilità per miscele metano/aria [11].

La regione A è quella della combustione tradizionale, la regione B è una regione di instabilità e la regione C è quella della combustione senza fiamma.

Nella regione B si osserva comparsa della fiamma anche bruciando metano.

Si pensa che ciò accada quando la velocità del flusso di combustibile scende al di sotto di certi limiti [12].

Sono state proposte diverse geometrie di bruciatori al fine di assicurare il ricircolo dei gas esausti. Generalmente questo è ottenuto sfruttando l’effetto di trascinamento dovuto alla quantità di moto dei getti in ingresso di comburente (come si può vedere in Galletti et al. [2]).

In prossimità dell’uscita del getto si osserva una forte dissipazione dell’energia cinetica turbolenta; ciò sopprime l’ignizione della fiamma in questa regione e assicura che il combustibile e l’aria “viziata” si mescolino prima di reagire [12].

1.2 Emissioni inquinanti

Oltre ad una maggiore efficienza energetica, la combustione senza fiamma consente anche di ridurre la formazione di inquinanti, soprattutto per quanto riguarda gli ossidi di azoto e la fuliggine.

(5)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

16 

Ossidi di azoto

La formazione degli ossidi di azoto segue essenzialmente tre cammini, per cui si parla di NOx termici, NOx da combustibile e NOx prompt. I primi due meccanismi sono quelli che

danno contributo maggiore alla formazione degli NOx.

Le basse temperature e l’uniformità del campo di temperatura tipiche della combustione senza fiamma riducono fortemente la produzione di NOx termici e NOx fuel.

Inoltre lo stretto range di temperatura nel quale si opera coincide con quello utile per l’utilizzo della SNCR (Selective Non Catalitic Reduction) per l’abbattimento degli NOx

formati. [1].

Il risultato è una produzione notevolmente minore di NOx, come mostrato nella Figura 1.3.

Figura 1.3: Andamento della produzione di NOx in funzione della tecnologia adoperata [11].

In alcuni test sperimentali (Galletti et al. [2] ) si è giunti a produzioni di NOx di 30 ppm in

modalità senza fiamma Fuliggine

La formazione e distruzione della fuliggine è stata analizzata in dettaglio da Cavaliere et al. [5].

La formazione di fuliggine è estremamente sensibile alla temperatura raggiunta durante la conversione del combustibile. In particolare, sia in condizioni pirolitiche che in condizioni

(6)

ossidanti, c’è un range di temperatura nel quale la produzione di fuliggine è favorita. Un aumento del rapporto C/O sposta verso l’alto l’estremo superiore di questo range, ampliandolo.

In condizioni diluite, inoltre, si ha comparsa della fuliggine ad altezze maggiori al di sopra del bruciatore, poiché la diminuzione della temperatura sfavorisce le reazioni che portano alla formazione della fuliggine. Di conseguenza occorrono tempi di residenza maggiori perché si abbia comparsa di fuliggine e quindi se ne forma meno.

In condizioni senza fiamma però, l’effetto combinato di temperatura e concentrazione di ossigeno sfavorisce l’ossidazione della fuliggine prodotta. Questo perché basse temperature e basse concentrazioni di ossigeno rallentano la produzione dei maggiori responsabili dell’ossidazione della fuliggine, vale a dire i radicali OH. Per contro la diminuzione della temperatura causa la diminuzione del raggio medio delle particelle di fuliggine; ciò è dovuto alla minor velocità di comparsa della fuliggine. Il risultato è una migliore ossidazione delle particelle stesse.

Nella pratica comunque, il ricircolo dei gas esausti apporta al sistema CO2 e H2O che

inibiscono la formazione della fuliggine.

Medwell et al. [14] riportano che in condizioni senza fiamma anche bruciando etilene (un combustibile che comporta una notevole formazione di fuliggine) la produzione di fuliggine è notevolmente ridotta.

1.3 Comportamento di diversi tipi di combustibile

Uno dei maggiori vantaggi della combustione senza fiamma risiede nella maggiore flessibilità nella scelta del combustibile, dato che è possibile utilizzare combustibili a basso potere calorifico, sottoprodotti industriali con alto potere calorifico e soprattutto combustibili arricchiti di idrogeno. Per questi ultimi la combustione senza fiamma è una tecnologia interessante anche perché alcune proprietà specifiche dell’idrogeno (elevata velocità laminare di fiamma, elevata temperatura adiabatica di fiamma, elevata reattività) rendono difficoltoso il suo utilizzo in bruciatori tradizionali [15], a causa delle alte emissioni di NOx e problemi di stabilità o flashback.

Negli ultimi anni diversi studi sono stati condotti per verificare quanto fosse adatta la combustione senza fiamma ai combustibili arricchiti con idrogeno.

Medwell et al. [16] hanno effettuato misurazioni dettagliate di temperatura e concentrazione di formaldeide e del radicale OH per la combustione senza fiamma di

(7)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

18 

miscele metano/idrogeno con concentrazione 1/1 in volume, in condizioni JHC (Jet in a Hot diluted Coflow). Il fine del getto in flusso coassiale caldo e diluito è quello di riprodurre condizioni senza fiamma.

Gli autori riportano che una diminuzione del contenuto di ossigeno nel coflow comporta sia una riduzione dei livelli di OH (correlata alle temperature più basse), sia un allargamento dello strato di OH.

Gli stessi autori [14] hanno realizzato simili studi su miscele etilene/idrogeno. Quello che si osserva per bassi livelli di ossigeno nel coflow è un ampliamento della zona di reazione sino al piano di uscita del jet.

Derudi et al. [17] hanno condotto dei test su un bruciatore in scala di laboratorio per valutare la fattibilità della combustione senza fiamma utilizzando sottoprodotti del processo di produzione del carbone, vale a dire COG (Coke Oven Gas). Il COG è tipicamente costituito da miscele metano/idrogeno (composizione 40/60 % vol). Gli autori hanno osservato che la combustione senza fiamma del COG richiede una velocità del jet più elevata ( e pertanto un maggiore ricircolo dei gas esausti) rispetto al metano; ad ogni modo condizioni senza fiamma stabili sono state ottenute anche a basse temperature.

Sabia et al. [18] hanno studiato la combustione senza fiamma di metano con aggiunte di idrogeno fino ad una frazione molare pari a 0.9. Gli autori hanno realizzato gli esperimenti in questione in un reattore perfettamente agitato. La regione di instabilità diminuiva all’aumentare del contenuto di idrogeno.

Per valutare l’effetto che i diversi tipi di combustibile possono avere sulle caratteristiche della combustione senza fiamma sono stati condotti una serie di esperimenti presso l’IFRF, riportati da Weber et al. [19].

I combustibili presi in esame sono stati: gas naturale, olio combustibile leggero (LFO), olio combustibile pesante (HFO) e carbone.

In tutti i test l’aria è stata preriscaldata fino a circa 1300°C, e diluita con azoto, anidride carbonica e argon.

La combustione dell’LFO e del gas naturale sono apparse molto simili: l’intera fornace era illuminata, ma non è stato possibile identificare un fronte di fiamma.

Per quanto riguarda l’HFO e il carbone, invece, le cose sono risultate abbastanza diverse ed è sempre stato possibile identificare la fiamma.

Per tutti i tipi di combustibile in ogni caso si sono avuti campi di temperatura e concentrazioni uniformi lungo la fornace. Inoltre non è stato rilevato monossido di carbonio all’uscita della fornace in nessun caso.

(8)

Lungo l’asse della fornace è stato misurato un elevato flusso radiativo praticamente costante; ciò dimostra che la combustione avviene lungo tutta la fornace.

Nonostante la fornace lavorasse con un eccesso d’aria del 10%, la combustione dell’olio evaporato e dei volatili del carbone ha luogo in condizioni sotto-stechiometriche.

Ottimi risultati sono stati ottenuti con un carbone con alta percentuale di volatili (sono stati prodotti 200 ppm di NOx ).

1.4 Tipologie di bruciatori

Come si è detto, un aspetto fondamentale della combustione senza fiamma è il recupero di calore per realizzare il preriscaldamento dei reagenti. Ciò comporta un aumento del rendimento termico del processo tanto maggiore quanto maggiore è l’efficienza del preriscaldatore dell’aria. Le efficienze maggiori si ottengono utilizzando bruciatori che permettono di decentrare il recupero di calore al singolo bruciatore, mediante estrazione dei fumi caldi in controcorrente all’aria comburente cosi da eliminare la necessità di trasportare aria calda [12].

Esistono diverse tipologie di bruciatori in grado di realizzare quanto appena detto. Ricordiamo tra queste i bruciatori auto-recuperativi e i bruciatori rigenerativi.

Un tipico preriscaldatore centralizzato è caratterizzato da un’efficienza del 60-65 %; bruciatori auto-recuperativi consentono di raggiungere l’80 % mentre valori ancora maggiori di efficienza sono ottenibili con i sistemi rigenerativi [12,20].

E’ importante, inoltre, che i bruciatori utilizzati nel caso di combustione senza fiamma possano operare anche in condizioni classiche. Infatti non è possibile realizzare una combustione senza fiamma in una camera di combustione fredda. Pertanto la camera di combustione deve essere riscaldata con una combustione classica e solo in un secondo momento si può passare alla modalità senza fiamma [13].

Bruciatori auto-recuperativi

L‘aria viene distribuita ai singoli bruciatori fredda e si preriscalda nel corpo bruciatore fino all‘ugello esposto al forno: quindi si viene a trovare calda al posto giusto e al momento giusto.

I prodotti di combustione o fumi, passano nello strato anulare esterno e vengono raffreddati dall‘aria; quando escono nel plenum di scarico del bruciatore sono già abbastanza raffreddati (tipicamente da 250 a 450 °C) da poter essere trattati senza eccessivi problemi.

(9)

Q en La Br Il uesto schem nergia dei fu a Figura 1.4 Figu ruciatori rig principio ri ma e‘ detto umi per prer 4 riporta una ura 1.4: Schem generativi igenerativo Figura 1.5: S o auto-recu riscaldare l’ a schematiz matizzazione d di riscaldam Schematizzazi uperativo p ’aria in ingr zzazione di di un bruciator mento dell’a ione di un bru Ca perché ogn resso [20]. un bruciato re auto-recupe

aria e‘ illust

uciatore rigene apitolo 1: La c ni bruciatore ore auto-recu erativo [10]. trato nella F erativo [10]. combustione s e recupera uperativo. Figura 1.5. senza fiamma 20 la parte di a 0  i

(10)

I fumi estratti dal forno, alla temperatura della camera di combustione, vengono raffreddati da una capacità termica riscaldandola durante un certo periodo di tempo.

Simmetricamente una capacità termica gemella viene raffreddata dall‘aria che durante questo processo si riscalda . Dopo un ciclo temporale prefissato il flusso viene invertito con un gioco di valvole.

Per capacità termica si intende un letto che ha un certo calore specifico ed e‘ in grado di accumulare calore; c’è anche un problema di scambio termico, perché non basta che la capacità termica sia adeguata, ma occorre altresì che si riscaldi rapidamente per convezione (dato che e‘ lambita da gas) [20].

Questi letti possono essere costituiti da grani oppure possono essere a nido d’ape, e generalmente sono di materiale ceramico. La soluzione a nido d’ape è la migliore poiché è quella caratterizzata dal maggior rapporto superficie/volume.

Quello mostrato nella figura seguente (Figura 1.6) è invece un esempio di bruciatore

auto-rigenerativo.

Figura 1.6: Schematizzazione di un bruciatore auto-rigenerativo [10].

Per sistema auto-rigenerativo si intende che le due capacità termiche, cioè i due letti rigeneratori gemelli, sono inglobati nello stesso corpo del bruciatore, che si presenta particolarmente compatto. Ne risulta un sistema simile allo schema auto-recuperativo [20].

(11)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

22 

Quando il processo richiede un’atmosfera protetta (vale a dire che non deve esserci nessun contatto tra i gas esausti e la carica) si può ricorrere ai cosiddetti tubi radianti. In questo caso la combustione avviene all'interno di un tubo che irraggia calore alla carica, in modo che quest'ultima non venga a contatto con i prodotti di combustione [12].

1.5 Applicazioni industriali

Una delle applicazioni più interessanti per quanto riguarda la combustione senza fiamma si ha nell’industria metallurgica, poiché tale tecnologia consente di lavorare con campi di temperatura uniformi. In particolare i bruciatori senza fiamma sono molto utilizzati per i trattamenti termici degli acciai.

Di seguito si riportano tre esempi di acciaierie che utilizzano la combustione senza fiamma.

Il primo esempio riguarda l'impiego di tubi radianti ceramici eserciti in condizioni senza fiamma, installati su un forno di ricottura per lamiere di acciaio al silicio (per applicazioni elettriche) in atmosfera di idrogeno in uno stabilimento Thyssen Krupp (Bochum). I tubi radianti in carburo di silicio , completi di bruciatore auto-recuperativo ceramico, sono un oggetto tecnologicamente avanzato, costoso e per di più fragile da maneggiare, ma consentono di raggiungere temperature decisamente superiori con gradi di uniformità termica ineguagliabili con tubi radianti tradizionali in lega metallica e presentano anche vantaggi di ridotta manutenzione per la maggior stabilità a caldo. A questo si devono aggiungere naturalmente le eccellenti prestazioni in termini di produzione di NOx e di

rendimento termico dei tubi radianti utilizzati (unità da 50 kW termici). Dimostrato in campo il buon successo della nuova soluzione tecnologica, il concetto è stato esteso al retrofitting di una seconda linea in parallelo con vantaggi economici [11].

Il secondo esempio riguarda ancora un forno di trattamento termico, ma questa volta di ricottura continua in fiamma diretta (i prodotti di combustione lambiscono la carica, contrariamente al caso precedente); la linea continua si trova negli stabilimenti Acciai Speciali Terni, e processa coils di acciaio inossidabile. Il forno consiste di due camere a tunnel attraversate dalla lamiera sostenuta alle estremità da rulli esterni ed è stato equipaggiato con bruciatori rigenerativi WS tipo " Regemat" da 200 kW, installati sulle pareti laterali.

I bruciatori sono azionabili in fiamma o senza fiamma, sono tutti connessi in parallelo alle linee di alimentazione e di estrazione dei fumi e sono controllati mediante accensione

(12)

“tutto-o-niente" e routines di accensione sequenziale; la regolazione avviene in base a un tempo di accensione alternato a un tempo di riposo, calcolati in base alla richiesta termica. Rispetto al tradizionale sistema modulato, che consiste nel ridurre le portate di aria e gas (mantenute in proporzione tra loro) in funzione del carico, si ottengono una precisione e una prontezza di regolazione decisamente superiori. Questo vantaggio, assieme alle caratteristiche di uniformità termica tipiche della combustione senza fiamma, assicura una superiorità qualitativa del prodotto, che, come in tutti i forni per prodotti piani, è molto influenzata appunto dal grado di uniformità termica raggiungibile [11].

Il terzo caso riguarda il revamping di un forno a longheroni mobili per bramme da 230 t/h nella acciaieria NKK di Fukuyama, che è stato equipaggiato con bruciatori rigenerativi NFK, rimpiazzando così due vecchi forni con lo stesso lay-out.

Questi bruciatori (della capacità termica di qualche MW ciascuno) usano un letto a nido d'ape capace di preriscaldare l'aria comburente fin quasi alla temperatura dei fumi massimizzando così il risparmio energetico; anche in questo caso sono garantite l’uniformità termica e la precisione di controllo decisamente superiori al sistema tradizionale [11].

Un altro campo d’interesse per l’applicazione della combustione senza fiamma è quello delle turbine a gas.

Uno dei problemi tipici delle turbine a gas è quello di contenere le temperature, e in particolare le fluttuazioni di temperatura, per evitare problemi legati alla resistenza dei materiali. Una risposta a questo problema potrebbe essere la combustione senza fiamma, la quale, come già detto in precedenza, consente di ottenere temperature più basse e campi di temperatura uniformi. Inoltre la combustione senza fiamma ha il vantaggio di garantire la riduzione del rumore. Ciò sembra sia dovuto all’assenza di fluttuazioni di pressione dovuta a sua volta all’assenza di fenomeni di ignizione e estinzione [3].

Per quanto riguarda le turbine a gas la riduzione del rumore consente di ridurre le pulsazioni distruttive connesse ai sistemi premiscelati diluiti [1].

Va ricordata inoltre la possibilità di sfruttare i gas di scarico delle turbine a gas considerando che le caratteristiche chimico-fisiche di tali gas risultano prossime alle condizioni termochimiche della combustione senza fiamma.

Come evidenziato da Milani et al. [11], l'effluente di scarico di una turbina a gas (il TEG o

Turbine Exhaust Gas), è generalmente a temperatura non inferiore a 450-500 °C e contiene

(13)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

24 

Il TEG può essere quindi considerato come un comburente già diluito e in gran parte pre-riscaldato, adatto a bruciare in modalità senza fiamma diversi tipi di combustibili.

Il TEG è disponibile in progetti di repowering di centrali termiche modificate con l'inserimento di un turbogas a monte della caldaia. In un impianto nuovo, il TEG alimenta un generatore di vapore di recupero (HRSG), concepito come uno scambiatore a tubi alettati che sfrutta il calore sensibile del TEG . E' sufficiente interporre, a monte di

questo generatore una camera di combustione, mantenuta a temperatura superiore alla temperatura di auto-ignizione, per sfruttare il TEG come comburente per un combustibile di recupero. Questo è stato realizzato su grande scala industriale con un ramo by-pass a monte del modulo HRSG della centrale co-generativa di Taranto che usa gas d'altoforno (gas afo) come combustibile di recupero.

E' stato provato che sopra una soglia di circa 750-800 °C, la combustione di TEG con gas

afo avviene completamente, nonostante il gas afo sia un combustibile poverissimo, con una

diffusa luminescenza azzurra e senza fronte di fiamma.

1.6 Modellazione numerica della combustione senza fiamma

Negli ultimi anni diversi studi sono stati condotti sulla modellazione della combustione senza fiamma, al fine di definire l’approccio modellistico più adatto

Anche se a prima vista questo regime di combustione sembra semplice da modellare, data l’omogeneità della fiamma e la mancanza di gradienti pronunciati, in realtà la combustione senza fiamma si è rivelata ben più complessa da modellare rispetto alle fiamme tradizionali [4].

Nelle fiamme tradizionali la maggior parte delle volte è corretto assumere che i processi ossidativi siano infinitamente veloci, e che sia il miscelamento turbolento a controllare i tassi di reazione (il cosiddetto approccio “mixed is burnt”). Per contro, in condizioni senza fiamma, i tempi di reazione si allungano in conseguenza all’elevato livello di diluizione del sistema e contemporaneamente si assiste ad una diminuzione dei tempi di mixing dovuta all’aumento del livello di turbolenza in seguito alla ricircolazione dei gas esausti.

Tutto ciò comporta che i tempi caratteristici di reazione e miscelamento diventino comparabili e che il numero di Damköhler (vale a dire il rapporto tra i tempi di miscelamento e quelli chimici, Da = τturb/τchim) tenda all’unità. In queste condizioni la

modellazione numerica deve tener conto sia del miscelamento che dei fenomeni chimici [15], in quanto si tratta di due aspetti fortemente accoppiati

(14)

1.6.1 Modello di combustione

Come si è detto nella modellazione della combustione senza fiamma è essenziale prestare attenzione alle interazioni chimica/turbolenza. Ciò si realizza in particolare nella scelta del modello di combustione.

Coelho e Peters [21] hanno eseguito simulazioni di una fornace esercita in condizioni senza fiamma utilizzando il modello flamelet per descrivere le interazioni chimica/turbolenza.

Tale modello, proposto da Peters [22], considera la zona di combustione come una fiamma infinitamente sottile e le reazioni chimiche estremamente veloci, permettendo cosi un semplice accoppiamento tra chimica complessa e turbolenza. La concentrazione delle specie coinvolte viene determinata dal puro miscelamento ed è esprimibile mediante la frazione di miscela locale.

Coelho e Peters hanno confrontato i risultati ottenuti con i dati sperimentali forniti da Plessing et al. [23] e da Özdemir e Peters [24].

Nonostante si osservi un accordo qualitativo tra il campo di flusso simulato e quello sperimentale, sono presenti comunque delle discrepanze. Inoltre il tempo di residenza è stato sottostimato, e la formazione dell’NO non è stata descritta correttamente da questo modello numerico [2].

Pertanto il modello flamelet sembra non essere adatto alla modellazione numerica della combustione senza fiamma [15].

Un altro modello di combustione utilizzato per modellare la combustione senza fiamma è il modello Eddy Dissipation/Finite Rate (ED/FR). In questo modello vengono valutati sia un tasso di miscelamento, , , sia un tasso di Arrhenius, , , e il minore dei due viene

scelto come tasso di reazione per le varie specie reagenti, cioè min , , , . [15].

Questo modello può essere utilizzato solo con meccanismi chimici globali, composti da tre o quattro reazioni, poiché il tasso di miscelamento utilizzato è lo stesso per tutte le reazioni [4].

Inoltre come mostrato da Parente et al. [6], questo modello comporta una sovrastima dei picchi di temperatura.

Il modello di combustione probabilmente più adatto alla modellazione della combustione senza fiamma è il cosiddetto Eddy Dissipation Concept (EDC), formulato da Magnussen [25], che consente di considerare anche dei meccanismi cinetici dettagliati.

(15)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

26 

Tale modello è basato sull’ipotesi di disomogeneità spaziale della dissipazione viscosa e sulla produzione localizzata di vorticità (fine structures) dovuta a stiramento dei vortici. Queste strutture fini sono le regioni del flusso dove avviene la dissipazione dell’energia e hanno dimensioni paragonabili a quelle della microscala di Kolmogorov. Nel modello EDC si assume che la combustione avvenga solo in corrispondenza di queste strutture fini, le quali vengono modellate come dei reattori perfettamente agitati (PSR).

La frazione massica all’interno delle strutture fini, γλ , e il tempo di residenza medio del

fluido all’interno delle strutture fini, τ*, vengono calcolati sulla base del cosiddetto Energy Cascade Model, il quale descrive la dissipazione dell’energia in funzione delle scale caratteristiche: 0.41 / 2 e 2.13 / 3 con: ν : viscosità cinematica

ε : dissipazione dell’energia cinetica turbolenta k : energia cinetica turbolenta

Il termine di generazione medio nell’equazione di conservazione per la specie ksima viene

valutato come:

4 con:

: densità media della miscela

: frazione massica della ksima specie all’interno delle strutture fini

: frazione massica media della ksima specie tra la struttura fine e il fluido circostante.

Il valore di è ottenuto dalla relazione:

1 5 Il modello EDC si adatta alla modellazione della combustione senza fiamma, poiché in queste condizioni tutto il sistema tende a comportarsi come un PSR visto l’estremo grado di diluizione e l’altro grado di ricircolazione promosso dall’aerodinamica interna [6,15].

(16)

Il modello EDC è stato applicato alla modellazione della combustione senza fiamma in numerosi casi riportati in letteratura. In particolare Christo e Dally [4] hanno utilizzato il modello EDC per modellare il bruciatore JHC (descritto nei dettagli in [26]), Galletti et al. [15] per la modellazione di un bruciatore in scala di laboratorio e Parente et al. [6] hanno applicato tale modello ad un bruciatore auto-recuperativo industriale.

In tutti i casi i risultati ottenuti accoppiando il modello EDC a meccanismi cinetici dettagliati erano incoraggianti.

1.6.2 Schema cinetico di ossidazione

Al fine di garantire una modellazione corretta del sistema, oltre alle interazioni chimica/turbolenza e all’effetto della diffusione molecolare, è altresì importante fornire una adeguata rappresentazione dei meccanismi cinetici.

Generalmente al fine di diminuire il costo computazionale, sono stati sviluppati meccanismi cinetici globali a pochi step di reazione, generalmente basati su fiamme convenzionali. Oltre a tali modelli, esistono poi schemi cinetici dettagliati, skeletal o ridotti.

Recentemente è stato mostrato da Parente et al. [27] attraverso la tecnica delle Principal Component Analysis (PCA) applicata al JHC di Dally et al. [26], che la combustione senza fiamma richiede un numero elevato (almeno 4) di variabili di avanzamento, scelte opportunamente, per essere descritta in modo adeguato. Ciò significa che approcci basati ad esempio sulla mixture fraction non sono adatti.

Ciò è particolarmente vero in presenza di idrogeno, in quanto con delle reazioni globali di ossidazione si osserva una combustione dell’idrogeno stesso molto più veloce di quella che realmente si ha [6,15].

Tutto ciò si traduce in una sovrastima della temperatura, rispetto a quelle misurate sperimentalmente, quando si utilizzano reazioni globali. E’ quindi necessario utilizzare un meccanismo cinetico dettagliato.

Inoltre l’utilizzo di un meccanismo dettagliato è fondamentale per la cattura di specie minori, che generalmente non vengono trasportate con meccanismi globali.

(17)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

28 

1.6.3 Diffusione molecolare

La diffusione molecolare (Differential Diffusion) rappresenta un altro aspetto importante nella modellazione della combustione senza fiamma. Generalmente la diffusione molecolare è trascurabile rispetto alla diffusione turbolenta, ma in condizioni senza fiamma queste due grandezze diventano comparabili in seguito ai fenomeni di laminarizzazione del flusso dovuti alle temperature relativamente alte e ai ridotti incrementi di temperatura nella zona di reazione, i quali comportano minori gradienti di densità e fluttuazioni scalari ridotte.

Con la differential diffusion si tiene conto dei coefficienti di diffusione molecolare delle singole specie coinvolte, rappresentandoli come polinomiali di quarto grado della temperatura.

Secondo gli Christo e Dally [4] non tener conto della diffusione molecolare comporta avere temperature di picco circa il 10% più elevate di quelle misurate sperimentalmente. D’altro canto Parente et al. [6] hanno mostrato come l’effetto della diffusione molecolare sia trascurabile per quanto riguarda le previsioni di temperatura in un bruciatore auto-recuperativo, semi-industriale nel quale le condizioni senza fiamma sono raggiunte attraverso una ricircolazione interna dei gas esausti.

Recentemente Galletti et al. [15] sono giunti alla conclusione che il ruolo della diffusione molecolare dipende in larga parte del sistema in esame e risente in modo particolare delle modalità con le quali si raggiungono il regime senza fiamma.

1.6.4 Schema di formazione di NO

x

Generalmente nella combustione tradizionale il meccanismo dominante per la formazione degli NOx è il meccanismo termico.

Poiché in condizioni senza fiamma si hanno temperature più basse e fluttuazioni minori per cui la formazione degli NOx secondo il meccanismo termico è molte volte annullata.

Pertanto nel modello CFD occorre considerare altri cammini di produzione degli NOx , ad

esempio il meccanismo Prompt suggerito da Fenimore oppure il meccanismo che prevede come intermediario l’N2O.

Il meccanismo Prompt prevede che l’azoto atmosferico reagisca con radicali HC per dare intermedi tipo HCN e CN, i quali vengono poi ossidati a dare ossidi di azoto.

Il meccanismo N2O, invece , è il meccanismo tipico delle basse temperature, e consiste

(18)

6 7 2 8 Inoltre la presenza di idrogeno nel combustibile potrebbe promuovere il cammino che ha come intermediario l’NNH :

9 10 L’ossidazione diretta dell’NNH a NO fu proposta in primo luogo da Bozzelli e Dean [28] e successivamente confermata da Hayhurst e Hutchinson [29], i quali hanno realizzato delle misure di NOx per fiamme laminari premiscelate di metano e idrogeno. I risultati

mostravano delle concentrazioni di NOx troppo elevate per essere spiegate esclusivamente

dal meccanismo di Zeldovich. Aggiungere invece anche la via NNH suggerita da Bozzelli e Dean consentiva di ottenere risultati in migliore accordo con le misure sperimentali. Konnov et al. [30] hanno modellato numericamente la formazione di NOx durante la

combustione di idrogeno in un PSR e hanno confrontato i risultati numerici con quelli sperimentali, ottenuti nel range di temperatura 1500-2200 K. Si osserva che la via NNH rappresenta la fonte principale di ossidi di azoto a 1500 K, non soltanto in condizioni fuel-rich, ma anche in condizioni stechiometriche e ossidanti.

Rørtveit et al. [31] hanno dimostrato che per basse temperature (1800 K) sono fondamentali per la formazione degli NOx i meccanismi che prevedono N2O e NNH;

inoltre hanno osservato che questi due meccanismi dipendono molto poco dalla temperatura, a differenza del meccanismo termico, il quale diventa preponderante per temperature intorno ai 2100 K. Altri studi sono stati condotti [32,33] e tutti hanno dimostrato l’importanza degli intermediari N2O e NNH nella formazione degli NOx per

temperature inferiori ai 1800 K.

Galletti et al. [15] hanno mostrato come in un bruciatore di laboratorio operante in regime senza fiamma e alimentato con miscela CH4/H2, la maggior parte degli NOx fosse formata tramite intermedi N2O e NNH, i contributi del prompt e termici essendo quasi nulli. L’inclusione del meccanismo NNH era quindi fondamentale per la cattura degli NOx. Di recente Parente a altri [34] hanno mostrato che ulteriori miglioramenti nella predizione degli NOx si ottengono variando la temperatura di attivazione del meccanismo NNH

all’interno del range di incertezza (Ta=3600±600 K) indicato da Hayhurst e Hutchinson

[29]. Il valore che fornisce per tutti i casi il migliore accordo con i dati sperimentali è Ta=3600+300 K.

(19)

Capitolo 1: La combustione senza fiamma

30 

Anche Szegö et al. [35] hanno dimostrato come non ci sia un meccanismo dominante nella formazione degli NOx in regime senza fiamma. Infatti il meccanismo termico perde il suo

ruolo dominante poiché le temperature sono minori, e pertanto il meccanismo prompt e il meccanismo con N2O come intermedio acquistano un peso comparabile con quello del

Riferimenti

Documenti correlati

Da questi risultati si può concludere in primo luogo che i due servizi a banda larga fissa e banda larga mobile si trovano in mercati differenti, in secondo luogo che la

Modello numerico per la simulazione delle prove di Ijmuiden

Riduzione dei rischi Riduzione delle violazioni alle norme di sicurezza Riduzione del numero di infortuni Riduzione delle fluttuazioni della produzione Riduzione delle turbative

Varietà vegetali in grado di limitare la crescita e lo sviluppo di determinati parassiti o patogeni, ma che possono mostrare una gamma più ampia di sintomi o danni, se confrontate con

- riorganizzare la rete pubblica nel centro storico con tramvie leggere, filobus, navette ecc., anche riservando esclusivamente ai mezzi pubblici corsie e intere strade: ognuna

Processi di Combustione – A.A. Determinare il rapporto equivalente di esercizio per percentuali di propano pari a 0%, 50% e 100% in moli e, laddove minore di uno, la frazione

1. Sotto le stesse ipotesi, ma ovviamente considerando l’eccesso di O 2 nei prodotti, stimare la temperatura adiabatica di fiamma per il sistema nel

Accordingly, while accepting the view that some forms of 'unequal' treaty brought about by coercion of the State must be regarded as lacking essential validity, the Special