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Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

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Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 47

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

3.1 Metodi di determinazione del peso molecolare

Le proprietà macroscopiche di un materiale polimerico, incluse le proprietà reologiche, dipendono fortemente dalla struttura e dalla distribuzione dei pesi molecolari. La determinazione del peso molecolare si effettua in genere misurando uno o più parametri fisici o chimici ad esso correlati. Esistono molti sistemi di analisi, basati su diversi principi. La maggior parte dei metodi individua un peso molecolare medio, ed anche in questo caso esistono più medie che possono essere prese in considerazione. Le piu’ note sono:

 Peso molecolare medio numerale Mn

 Peso molecolare medio ponderale Mw

 Peso molecolare medio viscosimetrico Mv

Per un confronto qualitativo sulle potenzialità ed i limiti di alcuni di essi, in funzione dell’applicabilità ad un sistema quale il bitume, se ne riporta una breve descrizione.

3.2 Peso molecolare medio numerale

Il peso molecolare medio numerale di un composto è definito come:

= ( )

) (

i i

i i i

M n

M n

Mn M (3.1)

dove n i è la frazione numerica di molecole con peso molecolare M i .

Alcune tecniche di determinazione di Mn sono note da molto tempo e sfruttano le

proprietà colligative di una sostanza, oppure la reattività chimica dei singoli gruppi

(2)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 48 funzionali presenti in una molecola: in entrambi i casi sono effettivamente “contate”

le molecole presenti in un composto.

3.2.1 Analisi dei gruppi terminali

La molecola deve contenere gruppi funzionali determinabili quali per esempio poliesteri (COOH), poliammidi (-COOH NH 2 ), polieteri (-OH), ecc. Con questo metodo si contano i gruppi terminali della molecola in un dato peso di polimero, ad esempio per mezzo di titolazioni. Noto il numero di gruppi funzionali presente in ogni molecola si risale al peso molecolare. Il metodo non è impiegabile per pesi molecolari alti ( 10000), in quanto la frazione molare di gruppi terminali diventa troppo bassa per essere misurata con precisione.

3.2.2 Proprietà colligative: metodi ebullioscopici e crioscopici I metodi ebullioscopici e crioscopici sono stati fra i primi utilizzati. Secondo la legge di Raoult, soluzioni della stessa molalità di soluti diversi nello stesso solvente presentano uguale variazione dei punti d'ebollizione e di fusione. Utilizzando quindi soluzioni a molalità unitaria di soluti a peso molecolare noto, si ottengono le costanti ebullioscopiche e crioscopiche molali K di ogni solvente mediante la relazione:

C M T

K = ∆ (3.2)

dove M è il peso molecolare del soluto, C la concentrazione (in g/l) del soluto e ∆T la variazione del punto d'ebollizione o di fusione rispettivamente. Per le misure delle variazioni del punto d'ebollizione si impiegano gli ebullioscopi o ebulliometri, e per il punto di fusione i crioscopi.

I metodi ebullioscopici sono attualmente poco utilizzati, a causa di molte difficoltà

pratiche: risentono dell'influenza della pressione atmosferica e di fenomeni di

surriscaldamento; inoltre le costanti ebullioscopiche dei solventi sono molto più

piccole di quelle crioscopiche. Infine il punto d'ebollizione del solvente deve differire

(3)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 49 di almeno 150°C da quello del soluto per rendere trascurabile la volatilità di quest'ultimo.

La crioscopia, oltre che per la misura del peso molecolare delle sostanze, è utilizzata per la determinazione dei coefficienti d'attività degli elettroliti e del comportamento delle soluzioni o di miscele liquide nei processi di congelamento. Per esempio un'applicazione molto diffusa riguarda la determinazione del punto di congelamento del latte per svelarne l'aggiunta fraudolenta di acqua.

3.2.3 Proprietà colligative: osmometria in pressione di vapore Gli osmometri utilizzano per la misura del PM alcune proprietà delle soluzioni legate alla pressione osmotica. Come è noto l’osmosi è un fenomeno di trasporto di materia la cui forza motrice e’ legata ad un gradiente di potenziale chimico. Se due soluzioni con gli stessi componenti, ma in diversa concentrazione sono separate da una membrana permeabile al solo solvente, questi si trasferira’ per osmosi dalla soluzione diluita a quella a maggior concentrazione (a parità di tutti gli altri parametri come temperatura, pressione, potenziale elettrico etc.). Il passaggio del solvente dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata provoca in quest’ultima un aumento di volume e quindi un aumento del livello della soluzione, che a sua volta si traduce in una pressione idrostatica che contrasta il passaggio di solvente. Ad un certo punto l’aumento di livello, e quindi di pressione idrostatica, raggiunge un valore critico di equilibrio in corrispondenza del quale e’ impedito il passaggio del solvente. Il valore di pressione idrostatica corrispondente all’aumento di livello della soluzione concentrata è detto pressione osmotica della soluzione. Per soluzioni diluite, la relazione che lega la pressione osmotica al volume della soluzione stessa ad una certa T può essere approssimativamente descritta da una legge analoga a quella dei gas perfetti (Vant’Hoff):

nRT V =

π ⋅ (3.3)

dove

π

è la pressione osmotica ed n le moli di soluto.

(4)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 50 Fra gli strumenti che si basano sul principio dell’osmosi i più usati sono gli osmometri a membrana ma soprattutto quelli a tensione di vapore (VPO) più propriamente detti tensiometri differenziali.

Gli osmometri a membrana sono generalmente costituiti da due recipienti separati da una membrana semipermeabile. In uno dei due è posta la soluzione del campione da misurare e nell’altra il solvente puro. Sui due recipienti sono presenti due capillari posti in verticale; quando è raggiunto l’equilibrio osmotico si misura la differenza di livello fra i due capillari. Altri tipi di osmometri misurano lo stiramento della membrana deformata dalla pressione osmotica.

Questo metodo è utile se il peso molecolare medio da determinare è piuttosto elevato (compreso mediamente fra 20000 e 100000) poiché le membrane lasciano passare le piccole molecole.

L’osmometria in pressione di vapore (VPO) è forse il metodo più utilizzato per la determinazione di PM relativamente bassi, inferiori a 10000 UMA; con questo metodo un campione di soluzione del composto diluito e del solvente sono introdotti in una camera satura dei vapori del solvente stesso.

Il vapore saturo condensa sulla goccia di soluzione con una velocità dipendente dalla frazione molare di soluto nella soluzione; l’aumento di temperatura nella camera dovuto alla condensazione è misurato con due termistori.

Sopra la camera sono presenti due siringhe di iniezione, dalle quali prima dell’analisi è iniettata una goccia di solvente puro sui termistori: in questo modo non si avrà variazione né di temperatura né di resistenza. Nella camera sono presenti due canali per l’introduzione di solvente e soluzione: durante l’analisi da un canale è introdotto il campione disciolto nello stesso solvente erogato dall’altro canale. In questo modo sui due termistori si crea una differenza di temperatura proporzionale alla differenza di resistenza, misurata da un ponte di elevatissima sensibilità: dal grafico resistenza- concentrazione si risale al peso molecolare della sostanza.

Il procedimento richiede pochi minuti e raggiunge una precisione circa 10 volte

superiore ai metodi ebullioscopici e crioscopici. Il campione può essere liquido o

solido, basta che sia solubile in determinati solventi. I più comunemente utilizzati

sono toluene, cloroformio, dicloroetano, benzene, acqua, isopropanolo. Il metodo

(5)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 51 valuta il numero delle molecole presenti e non è quindi in grado di distinguere le specie chimiche. Di conseguenza volendo determinare le molecole di un composto questo deve essere presente relativamente puro. E’ comunque un metodo assoluto che non fa uso di comparazioni con le proprietà di altri polimeri.

3.3 Peso molecolare medio ponderale Mw

Il peso molecolare medio ponderale è definito come:

∑ ∑

= ( )

) (

i i

i i i

M w

M w

Mw M (3.4)

dove w i ( M i ) rappresenta la frazione in peso di polimero con un peso molecolare M i . Dato che n i ( M i ) ⋅ M i = w i ( M i ) si può scrivere:

= ⋅

i i i

i i i

M M n

M M Mw n

) (

)

( 2

(3.5)

Il peso medio ponderale Mw si può ottenere con i metodi di light scattering o di ultracentrifugazione.

3.3.1 Light scattering

La fotometria di diffusione della luce è uno dei metodi più usati nella determinazione

del peso molecolare, in quanto è un metodo assoluto e potenzialmente rapido. La

teoria di Raleigh mette in relazione il peso molecolare con l’angolo di diffusione

della luce secondo l’equazione:

(6)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 52 ν θ

λ

θ 2 π ( 1 ) 1 cos 2 ( )

4 2

0

2 = n − ⋅ +

I r

i

 

 

=

=

=

=

=

diffuso raggio

del intensità i

luce della onda d' lunghezza

volume di

unità per molecole di

numero

rifrazione di

indice n

incidente raggio

del intensità

0

θ

λ ν

I

(3.6)

La relazione permette di ottenere la quantità di molecole per unità di volume e il peso molecolare dal numero di Avogadro. L’utilizzo del laser come sorgente di radiazione monocromatica permette di focalizzare sul campione grandi quantità di energia in un piccolo angolo solido, aumentando l’intensità della luce diffusa; in questo modo sono ridotti sia il volume del campione che i processi di chiarificazione della soluzione.

Questo ha permesso di utilizzare celle di flusso e quindi di applicare l’analisi in luce diffusa per la misura della massa molecolare in effluenti da una colonna di analisi cromatografica (paragrafo 3.5).

3.3.2 Ultracentrifugazione

L’ultracentrifugazione è un metodo meno utilizzato del light scattering principalmente per l’alto costo e la difficoltà di gestione dei macchinari. Il metodo si basa sulla differenza di densità fra le molecole di solvente e quelle di soluto;

quest’ultime, sottoposte a forze centrifughe, tendono ad allontanarsi dall’asse di rotazione. Il solvente deve avere una densità il più possibile diversa da quella del polimero ed un indice di rifrazione fortemente variabile con la concentrazione.

Questo parametro è utilizzato quindi come mezzo di indagine poiché misurando l’indice di rifrazione all’estremità della cella di centrifugazione in condizioni di rotazione sempre più spinta è possibile rilevare la quantità di molecole con pesi molecolari sempre maggiori.

3.4 Rapporto di polidispersione e curve di distribuzione

Pur non conoscendo la curva di distribuzione, è possibile farsi un’idea della sua

(7)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 53 forma attraverso misure di peso molecolare medio eseguite con le diverse tecniche appena citate.

Si definisce rapporto di polidispersione la quantità Mw/Mn, che può essere considerata una misura dell’ampiezza della distribuzione dei pesi molecolari. In pratica tanto più ampia è la distribuzione dei pesi molecolari tanto più le diverse medie si differenziano le une dalle altre. Dato che i pesi molecolari maggiori pesano di più sulla media, avremo sempre Mw≥Mn ed il polimero si dice polidisperso . Monodisperso (Mw=Mn) e’ il caso ideale di polimero le cui catene hanno tutte la stessa lunghezza. In generale, tanto maggiore è il valore della polidispersità e tanto più ampia è la curva di distribuzione dei pesi molecolari.

In ogni caso non è possibile ottenere con i metodi sopra esposti una curva di distribuzione completa dei pesi molecolari, soprattutto per un sistema fortemente eterogeneo quale il bitume. Più precisamente, non è possibile ottenere queste informazioni con un’unica prova.

Occorre prima effettuare un frazionamento dei singoli componenti e procedere con la determinazione del peso molecolare per ogni frazione. Sono comunque metodi ampiamente utilizzati anche per avere un confronto con i dati ottenuti dalla cromatografia o dalla spettrometria di massa, che forniscono una curva di distribuzione completa. E’ infine estremamente importante sottolineare il fatto che tutti questi metodi prevedono l’impiego di un solvente, il quale inevitabilmente altera l’equilibrio colloidale presente nel bitume. Alle complicazioni legate alla polidispersità si aggiungono quindi quelle dovute all’effetto del solvente sullo stato di aggregazione dei suoi componenti.

La curva di distribuzione si può esprimere anche in termini di distribuzione

cumulativa dei pesi molecolari. Una funzione di distribuzione cumulativa ha

andamento monotono ed essendo una funzione statistica normalizzata, sarà compresa

fra 0 e 1. Rappresenta nel nostro caso la frazione di molecole che hanno un peso

molecolare minore o uguale ad un certo valore. In Figura 3-1 sono riportate una

curva di distribuzione gaussiana e la corrispondente curva di distribuzione

cumulativa. A seconda dell’ampiezza della curva di distribuzione la funzione

cumulativa avrà una pendenza più o meno accentuata.

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Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 54

Figura 3-1: curve di distribuzione

3.5 Cromatografia ad esclusione sterica (GPC e SEC)

La cromatografia ad esclusione si basa sulle proprietà di setaccio molecolare proprie di numerosi materiali porosi, che permettono la separazione delle molecole del campione da analizzare in base alla forma e al peso molecolare.

I materiali più comunemente usati a questo scopo sono un gruppo di polimeri presenti sotto forma di reticolo tridimensionale poroso che conferisce loro proprietà di gel (gel permeation chromatography GPC). Nel caso invece che vengano usati come setacci molecolari granuli di vetro poroso, si parla di cromatografia su vetro a porosità controllata.

Il principio è abbastanza semplice: una colonna contenente particelle di gel o di granuli di vetro poroso è in equilibrio con un solvente adatto alle molecole da separare. Le molecole più grandi, completamente escluse dai pori, passano attraverso gli spazi interstiziali, mentre le molecole più piccole si distribuiscono nel solvente presente sia all'interno sia all'esterno del setaccio molecolare e attraversano quindi la colonna a velocità delle decrescente con le dimensioni. Il vantaggio di questo metodo è che consente di determinare sia i valori medi che la distribuzione dei pesi molecolari: il peso molecolare è inversamente proporzionale al tempo che la molecola impiega ad attraversare la colonna, mentre un apposito dispositivo quantifica la frazione di molecole che giunge al rivelatore in funzione del tempo.

L’inconveniente è implicito nel metodo di analisi: con la SEC si misura la massa in

termini di volume idrodinamico delle molecole, ossia quanto spazio occupa una

particolare molecola di polimero in soluzione. La relazione fra volume idrodinamico

(9)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 55 e peso molecolare è ottenuta dal confronto con polimeri standard per i quali si conosce questo rapporto. Con i dati ottenuti si ottiene un’approssimazione del peso molecolare, perché il rapporto fra massa e volume idrodinamico non è proprio lo stesso per tutti i polimeri.

3.6 Spettrometria MALDI

La spettrometria MALDI è uno dei più recenti sistemi di determinazione del peso molecolare tramite la spettrometria di massa (MS). Questa tecnica, nonostante anche in questo caso si utilizzi un solvente, presenta molti vantaggi rispetto alla cromatografia. Il composto da determinare deve essere disciolto in un solvente adeguato e la soluzione miscelata con particolari composti, quali l’acido trans- cinnamico o l’acido diidrossi-idrobenzoico.

Questi composti presentano la particolarità di assorbire la luce ultravioletta e sono aggiunti in quantità molto maggiori rispetto al composto da determinare, con un rapporto di circa 10 4 . Il campione così preparato è poi posto sull’estremità di una sonda campione e viene fatto il vuoto. In questo modo il solvente evapora e rimane uno strato del composto UV assorbitore contenente una piccola quantità di polimero:

si dice che il polimero è disperso in una matrice del composto assorbitore.

Figura 3-2: diagramma semplificato dell'apparecchiatura MALDI

La sonda è poi colpita con un laser a ultravioletti ad una lunghezza d’onda di 330-

360 nm: in pratica il campione assorbe gli UV attraverso le molecole del polimero e

contemporaneamente la matrice reagisce con i polimeri trasformandoli in ioni, dotati

(10)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 56 quindi di carica elettrica.

La quantità di energia assorbita è tale da far evaporare i polimeri (grazie anche alle condizioni di vuoto spinto), che permangono nella camera in stato gassoso.

A seconda del tipo di composto e del tipo di matrice utilizzata il polimero può diventare un catione o un anione; alla fine della camera sono disposti due elettrodi, un anodo e un catodo, e la vaporizzazione avviene fra questi due elementi.

Considerando che il polimero da analizzare diventi un catione, si dirigerà verso l’anodo, accelerato dal campo elettrico; questa accelerazione è utilizzata per dirigere le molecole di polimero verso il rivelatore. La forza elettrica, infatti, è proporzionale alla carica della particella e nel caso dei polimeri si forma in genere una sola carica positiva su ogni molecola di polimero; in pratica le molecole polimeriche più grandi, aventi quindi una massa maggiore, raggiungeranno il rivelatore in tempi più lunghi mentre le molecole polimeriche con lo stesso peso raggiungeranno il rivelatore nello stesso momento.

L’esperimento permette quindi di ottenere una serie di picchi come in Figura 3-3, dove la dimensione del picco è proporzionale al numero di molecole che colpiscono il misuratore nello stesso momento.

Figura 3-3: distribuzione dei pesi molecolari

Il grande vantaggio di questa tecnica rispetto alla cromatografia è che valuta

direttamente il peso molecolare senza effettuare nessun tipo di confronto, fornendo

una misura praticamente assoluta della massa.

(11)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 57

3.7 Peso molecolare medio viscosimetrico Mv

Il peso molecolare si può ottenere anche dalla misurazione della viscosità di una soluzione polimerica; il metodo si basa sul principio che catene polimeriche molto grandi aumentano la viscosità di una soluzione molto più delle piccole molecole.

Il peso molecolare così determinato cade fra il peso molecolare medio numerale e quello ponderale, ma il suo valore è molto più vicino a quest’ultimo.

Figura 3-4: Distribuzione del PM

Per la misura del Mv la soluzione contenente una certa percentuale di polimero viene fatta passare in un tubo (a fianco uno schema semplificato) con un aumento di sezione fra i punti a e b, in modo da rallentare il tempo di efflusso t. Sono misurati differenti t al variare delle concentrazioni di soluto ed anche il tempo di percorrenza t 0 del solvente puro. Si possono quindi ottenere una serie di valori della viscosità alle varie concentrazioni, esprimibili come viscosità relativa

η

r o viscosità specifica

η

sp:

puro solvente del

efflusso di

tempo

soluzione della

efflusso di

tempo

0

=

= t t

η r (3.7)

1

0

0 = −

= − r

sp t

t

t η

η (3.8)

Il rapporto fra la viscosità specifica e la rispettiva concentrazione della soluzione è

(12)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 58 definita viscosità ridotta

η

rid :

Figura 3-5: viscosità ridotta

c

sp rid

η = η

[ ] η [ ] η

η rid = k ⋅′ 2c +

(3.9)

(3.10)

Rappresentando su un grafico il valore della viscosità ridotta alle varie concentrazioni si ottiene una retta come in Figura 3-5, la cui intercetta con l’asse y (estrapolata ad una ipotetica concentrazione zero, cioè a diluizione infinita) è definita viscosità intrinseca [

η

], e questo valore è in diretta relazione con il peso molecolare del polimero . Il valore della pendenza di questa retta è dato da m = k’ ·[

η

] 2 dove k’ è il parametro da determinare. Una conferma del valore delle costanti si può avere calcolando la viscosità inerente , (Figura 3-6) e riportando il suo andamento in funzione della concentrazione. Si ottiene ancora una retta (di diversa pendenza), la cui intercetta è di nuovo [

η

].

Figura 3-6: viscosità inerente

c

r inh

) ln( η

η =

[ ] η [ ] η η inh = k ′ ⋅′ 2c +

(3.11)

(3.12)

Se i valori trovati sono corretti le due rette, riportate sullo stesso grafico, si devono intersecare al valore della viscosità intrinseca. Il valore di [

η

] è legato al peso molecolare dalla relazione:

[ ] η = k ⋅′ M α (3.13)

(13)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 59 definita relazione di Mark-Houwink; k’ e

α

sono due costanti, diverse per ogni polimero. Esiste una serie specifica di costanti Mark-Houwink per ogni combinazione polimero-solvente e questa è una grossa limitazione, perché non si può ottenere il peso molecolare di polimeri o composti sconosciuti. E’ quindi un metodo relativo, che necessita di una “taratura” da effettuarsi con altri metodi.

Inoltre si devono usare soluzioni molto diluite per realizzare questo tipo di prove; se le soluzioni sono troppo concentrate, le molecole di polimero possono avvicinarsi troppo tra loro e interagire una con l'altra. Questo fa si che la viscosità aumenti in un modo diverso dalle equazioni esposte e quindi non possono essere effettuate misure accurate. In ogni caso l’ottenimento di una viscosità intrinseca già indica che siamo in presenza di un polimero, cioè di un composto con un peso molecolare relativamente alto.

Come si può comprendere, data la dimensione relativamente piccola delle molecole asfalteniche, tale metodo non è utilizzato nel caso del bitume.

3.8 Determinazione del Peso Molecolare degli asfalteni

Come già accennato nel secondo capitolo l’individuazione del peso molecolare degli asfalteni è un problema di difficile soluzione. Tutti i metodi presentati forniscono valori estremamente differenti dei pesi molecolari: Analisi effettuate tramite spettrometria di massa individuano pesi molecolari fra 400 e 750 U.M.A.

L’osmometria in pressione di vapore (VPO) o i metodi ebullioscopici forniscono un valore intorno a duemila. La cromatografia (SEC o GPC) registra pesi molecolari dell’ordine di diecimila U.M.A. mentre addirittura con l’ultracentrifugazione si sale ad oltre un milione. Un altro metodo, più raramente utilizzato, si basa sullo studio della tensione superficiale, che fornisce risultati molto vicini a quelli spettrofotometrici, ma occorre prestare particolare attenzione agli effetti di solvatazione. La tecnica che sembra promettere i risultati più validi è la spettrometria MALDI [7], comunque ancora in fase di valutazione per l’applicabilità alle molecole asfalteniche.

La ragione di risultati così differenti è proprio la natura colloidale delle particelle

(14)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 60 asfalteniche, che sono in uno stato di equilibrio dinamico con i malteni.

Negli ultimi anni c’è stato un rinnovato interesse sulla natura e la forza di queste interazioni. E’ stato ormai appurato che la percentuale di asfalteni ottenuta dal frazionamento è molto variabile a seconda del tipo di solvente utilizzato. La precipitazione con n-eptano fornisce in partenza quantità di asfalteni minori del n- pentano. Effettuando un’estrazione con acetone sulla frazione asfaltenica ottenuta dalla precipitazione con n-pentano di un bitume Athabasca, Strautz et al. [7] hanno identificato i composti in Tabella 3-1. Questi composti non possono essere classificati come asfalteni, ma sono la frazione maltenica polare, cioè le resine, equiripartite fra la soluzione di n-pentano e il precipitato.

Tabella 3-1:composti identificati tramite estrazione con acetone

Un altro metodo di separazione si basa su successivi lavaggi della frazione asfaltenica ottenuta dal primo frazionamento. Il fatto che occorrano sei o sette precipitazioni prima di separare tutta la frazione solubile, indica la presenza di forti interazioni fra la frazione maltenica e gli asfalteni.

Ulteriori diluizioni spostano l’equilibrio fra la soluzione e la fase adsorbita sugli

(15)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 61 aggregati asfaltenici allontanando le resine malteniche. E’ stato dimostrato che questo desorbimento è la causa dell’apparente diminuzione del peso molecolare degli asfalteni ottenuto dall’osmometria in tensione di vapore.

Il GPC è stato usato da Strautz con un nuovo obiettivo. Invece di misurare direttamente il peso molecolare è stata seguita la variazione del tempo di ritenzione in funzione del tempo trascorso dalla preparazione di una soluzione molto diluita.

All’aumentare dell’età della soluzione il tempo di ritenzione degli asfalteni nella colonna GPC cresce indicando il passaggio da pesi molecolari di diverse migliaia fino a valori inferiori a 1000 UMA. Il range di tempo sul quale è stata osservata questa variazione è circa due settimane raggiungendo un 80-84% della dissociazione.

Il resto della fase asfaltenica dovrebbe comprendere o aggregati ancora indissociati o molecole covalenti ad elevato peso molecolare definibili effettivamente come molecole asfalteniche. A causa del tempo di diluizione così lungo, questa prova sembra dimostrare che tutti i metodi tradizionalmente utilizzati non sono in grado di valutare l’effettiva dimensione delle molecole asfalteniche.

3.9 Determinazione del peso molecolare da proprietà reologiche

Gli studi effettuati sulla possibilità di ottenere la curva di distribuzione dei pesi molecolari dalle proprietà viscoelastiche sono stati dettati anche dalla necessità di trovare un metodo di determinazione valido per tutti i materiali polimerici. Le analisi condotte in soluzione influiscono in maniera più o meno accentuata sull’effettivo valore dei pesi molecolari; inoltre non sempre sono possibili, in quanto molti polimeri non sono affatto solubili.

Sono state sviluppate molte teorie molecolari per illustrare le relazioni fra le

proprietà viscoelastiche ed il peso molecolare. Nel 1953 Rouse ha proposto una

teoria, successivamente sviluppata da altri autori, per predire il comportamento in

soluzione dei polimeri.

(16)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 62 3.9.1 Modello di Rouse per le soluzioni diluite

L’autore ha proposto un modello per le catene polimeriche costituito da un sistema di masse collegate da catene flessibili che si comportano come elementi puramente elastici. Per questo modello sono state fatte delle ipotesi:

 Le forze che agiscono sulle molle sono dovute al moto Browniano, quindi la costante elastica di ogni segmento è proporzionale al valore della temperatura assoluta.

 Le masse subiscono gli effetti della resistenza viscosa dovuta al moto, quantificata in un coefficiente di attrito ξ.

 La combinazione degli effetti delle costanti elastiche e della resistenza viscosa dà luogo al comportamento viscoelastico del materiale.

Questa teoria non considera le interazioni idrodinamiche fra le molecole; assume cioè che la resistenza al moto delle singole catene dovuto al solvente non sia influenzata dalla presenza delle altre. In realtà le linee di flusso causate dal moto di una particella modificano la resistenza del solvente al moto delle altre, anche di quelle presenti nella stessa catena. La teoria quindi non risulta pienamente valida neppure per soluzioni a diluizione infinita. Inoltre la teoria di Rouse, nonostante l’importante contributo che ha dato all’interpretazione del comportamento viscoelastico, non è applicabile sotto la transizione vetrosa.

Successivamente Bueche ha considerato l’applicabilità della teoria di Rouse a polimeri di basso peso molecolare non in soluzione, studiando il moto di una delle molecole e ipotizzando che le altre si comportino come “un solvente” per quella considerata. Maggiori dettagli sono riportati in [2].

Questa teoria implica l’esistenza di un peso molecolare critico Mc sopra il quale si

creano forti interazioni fra le molecole (entanglement coupling) dovute alla

incapacità delle singole catene di muoversi secondo percorsi “incrociati”; ogni

molecola, circondata dalle altre, subisce forti limitazioni nei movimenti, che si

risentono a livello macroscopico sulle proprietà viscoelastiche. A maggior

chiarimento in Figura 3-7 a pagina seguente è riportato l’andamento del modulo

elastico G’(ω) per tre tipi di polimeri lineari.

(17)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 63 Per pesi molecolari bassi (curva A) non c’è “entanglement”e la curva di G’

diminuisce linearmente al diminuire della frequenza.

L’aumento del peso molecolare si manifesta con l’apparire di un “plateau” e la zona terminale trasla verso frequenze più basse. Si presenta una situazione diversificata a seconda che il polimero sia monodisperso o polidisperso. Nel primo caso (curva B) la zona di plateau è molto ampia, in quanto le molecole hanno tutte un peso molecolare elevato e superiore a Mc. Nel secondo caso il plateau sarà meno accentuato per la presenza di molecole più piccole che permettono un maggior moto relativo.

Figura 3-7: andamento di G' in funzione del Mc

La presenza di un plateau è tipica dei polimeri reticolati, ad ulteriore conferma di quanto siano forti le interazioni che si hanno fra le catene lineari di grandi dimensioni.

Un’altra manifestazione della presenza di queste interazioni è l’effetto sulla viscosità.

Nella teoria di Rouse modificata, precedentemente esposta, la viscosità risulta avere una dipendenza lineare dal peso molecolare. Per pesi molecolari M >Mc la viscosità inizia a crescere con una proporzionalità del tipo:

4 .

M 3

η ∝ (3.14)

indicando un tipo di interazione più forte della forza idrodinamica.

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Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 64 E’ stato valutato che il peso molecolare critico Mc è circa 2Me, dove Me è il peso molecolare medio fra due punti di entaglement, cioè fra due incroci delle catene polimeriche.

3.9.2 Reptation

In anni più recenti fra le teorie molecolari che coinvolgono specie di alto peso molecolare, ha suscitato grande interesse la teoria della “reptation”. Il nome deriva dal latino “reptare”cioè scivolare. La teoria infatti ipotizza che le lunghe catene molecolari in soluzione, circondate dalle altre, possano muoversi solamente in direzione della lunghezza. In direzione perpendicolare sono possibili solo piccoli movimenti, come se la catena polimerica scorresse in un lungo tubo contorto.

Doi e Edwards hanno esteso tale teoria ai polimeri non diluiti, ipotizzando che ogni catena polimerica si possa muovere in un tubo di lunghezza L e diametro d, e analizzando la risposta delle catene molecolari ad una variazione della conformazione del tubo dovuta a sollecitazioni esterne, cioè alle forze o alle deformazioni applicate. In questo caso non interviene il peso molecolare Me come parametro, in quanto le catene sono considerate isolate nei singoli tubi. Sono invece individuati due tempi caratteristici: λ e e λ d . Il primo interviene a tempi brevi (alte frequenze) ed è legato ad una “ridistribuzione” dei segmenti di catena all’interno del tubo, il secondo è legato ad un’ulteriore risposta delle catene alla sollecitazione, che iniziano a scivolare lungo il tubo.

Il plateau inizia quindi ad apparire quando t = λ e , per cui:

G N 0 ≈ G(λ e ) (3.15)

Partendo da questa approssimazione la teoria di Doi ed Edwards fornisce un modello del modulo di rilassamento per t < λ e (zona di transizione) e per t >λ e (plateau e zona terminale).

Le teorie esposte hanno permesso di mettere in relazione il comportamento

(19)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 65 macroscopico dei materiali ed il peso molecolare, ponendo le basi per la determinazione della distribuzione dei pesi molecolari in sistemi eterogenei e polidispersi.

3.9.3 Reologia e distribuzione dei pesi molecolari (MWD) per i polimeri lineari

I primi tentativi di calcolare la distribuzione dei pesi molecolari dalle proprietà reologiche sono stati fatti da Ninomiya e Fujita nel 1957. I due ricercatori trovarono una relazione di tipo lineare fra lo spettro di rilassamento di polimeri lineari e amorfi e la distribuzione dei pesi molecolari. I risultati erano in buon accordo con quelli ottenuti dal frazionamento chimico, ma solo come ordine di grandezza; la pendenza delle curve di distribuzione risultava diversa.

I maggiori passi avanti sono stati fatti nei primi anni ‘80 con il lavoro di Zeichner e Macosko. Studiando il comportamento dei polimeri nella zona terminale hanno trovato una correlazione fra la frequenza di crossover ed il rapporto di polidispersità Mw/Mn. Ricercatori della Mobil hanno verificato nello stesso periodo la sensibilità delle misure ottenute dall’analisi dinamica alla variazione del peso molecolare.

Un particolare contributo a questi studi è stato dato dai lavori di Wu e Tuminello [11],[12],[13] che hanno sviluppato metodi validi per la determinazione della MWD dallo studio dell’andamento di G’(ω) e di G(t) nei polimeri lineari amorfi di alto peso molecolare.

La curva di G’( ω ) presenta per questi materiali quattro zone caratteristiche,

rappresentate in Figura 3-8. Alle alte e altissime frequenze gli strumenti vedono il

polimero come un materiale vetroso poiché i moti molecolari non sono

sufficientemente rapidi da poter “seguire” la deformazione. Questo comportamento è

quello che si verifica infatti alle basse temperature. Al diminuire della frequenza il

materiale è meno rigido e i tempi di rilassamento sono equiparabili alla frequenza

imposta (zona di transizione).

(20)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 66

Figura 3-8: G'(ω ω ω ω) per un polimero lineare

A frequenze ancora più basse si osserva il “plateau”, dove G’( ω ) assume un valore costante, denominato “plateau modulus G N 0 ”. Questa zona è tanto più estesa quanto maggiore è il peso molecolare del polimero.

Oltre una certa frequenza le molecole iniziano a scorrere le une sulle altre (zona terminale).

Come già esposto nel precedente paragrafo, l’ampiezza della zona di plateau e di quella terminale sono proprietà fortemente dipendenti dal peso molecolare; lo studio dell’andamento qualitativo di G’(ω) fornisce già indicazioni qualitative della distribuzione dei pesi molecolari in un polimero.

Sarebbe molto importante trovare il contributo all’andamento di G’(ω) di ogni componente con un certo peso molecolare M i per poter determinare l’effettiva curva di distribuzione.

Wu ha assunto che la distribuzione cumulativa dei pesi molecolari avesse un andamento proporzionale a quello di (G’/G N 0 ) vs ω. Questa ipotesi però è risultata troppo semplificativa, non valida per distribuzioni bimodali dei pesi molecolari (che presentano cioè due picchi), situazione fra l’altro molto comune in sistemi eterogenei. Tuminello propone un approccio leggermente diverso. Basandosi sugli studi effettuati sulle soluzioni polimeriche ha utilizzato la relazione:

( G N 00 G N 0 ) 0 . 5

C = (3.16)

(21)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 67 dove C è la frazione in volume del polimero, G N 00 e G N 0 sono rispettivamente il modulo di plateau del polimero in soluzione e del polimero non diluito. Nel caso di un polimero non diluito si possono fare le seguenti assunzioni:

1. Ad una certa frequenza le catene polimeriche che non si sono rilassate sono

“diluite” dalle catene con tempi di rilassamento più bassi, che in pratica fanno da solvente.

2. Ogni frazione monodispersa il cui peso molecolare è M i , ha una frequenza di rilassamento propria, sotto la quale non contribuisce al modulo.

E’ quindi possibile ipotizzare una diretta analogia fra G N 00 e G ' ( ω i ) : G N 00

rappresenta in pratica il contributo di tutte le catene non rilassate alla zona terminale di G’. Solo le catene a peso molecolare maggiore o uguale a M i contribuiscono al modulo G’ con una relazione del tipo:

( ' ( i ) N 0 ) 0 . 5

u G G

W = ω (3.17)

dove W u è la frazione in peso delle catene non rilassate.

L’assunzione più importante è che la densità non è funzione del peso molecolare del polimero e quindi si può affermare che la frazione in peso è equivalente a quella in volume cioè W u = C.

Dato che la funzione cumulativa di MW (CMW) non è altro che la somma delle frazioni in peso sotto un certo peso molecolare, allora possiamo scrivere :

[ ' ( ) 0 ] 0 . 5

1

1 W u G G N

CMW = − = − ω (3.18)

Quindi la curva di distribuzione cumulativa CMWD si assume proporzionale alla

radice di G ' ( ω ) G N 0 . Tuminello ha osservato che tale rapporto in funzione di log( ω )

ha una distribuzione simile ad una sigmoide approssimabile con la funzione descritta

da Wu:

(22)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 68

∑ + ⋅

= ⋅

j

x C x C j

N

j

j

B B G A

G

) 10 ( 1

) 10 / (

'

10 0 10

(3.19)

dove x=log( ω ); j è unitario per distribuzioni unimodali e vale due per distribuzioni bimodali o curve asimmetriche; A j , B j , C j sono i parametri di fitting della funzione approssimante. Questa approssimazione è valida fino a frequenze non eccessivamente elevate a cui corrisponde la zona di transizione vetrosa. Derivando la funzione cumulativa si ottiene nel suo punto di flesso il massimo della funzione di distribuzione e la corrispondente frequenza di picco. Ricavando le distribuzioni di pesi molecolari per diversi campioni utilizzando la SEC, occorre riportare il loro massimo in funzione della frequenza di picco sopra definita. Da campioni analizzati in due set di misure indipendenti si evince che la relazione che lega log(MW) a log( ω ) è lineare:

4 .

) 3

( /

1 ω ∝ MW (3.20)

Dalla sigmoide è possibile calcolare CMWD come definito sopra e riportarla in grafico in funzione del peso molecolare sfruttando la relazione che lega ω a MW.

Infine derivando la CMWD si ottiene la distribuzione di pesi molecolari MWD in funzione di MW. E’ importante la scelta di queste variabili perché permette un confronto diretto con i dati ottenuti con la SEC per la convalida del metodo.

L’applicazione del metodo a diverse tipologie di polimeri porta a risultati accettabili;

questa affermazione è possibile grazie al confronto fra le distribuzioni ottenute con il metodo descritto e la SEC che risulta in generale buono.

In contemporanea a Tuminello è stato sviluppato un altro metodo da Wu basato su

esperimenti di stress relaxation su campioni di politetrafluoroetilene (PTFE)

ottenendo una relazione centrata sugli spettri dei tempi di rilassamento. Poiché il

polimero non è solubile, non è possibile usare la SEC; per questo è stata adottata per

una conferma sperimentale delle teorie avanzate l’analisi dei gruppi terminali del

(23)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 69 polimero ( − COF, - CF = CF 2 , − COOH) per ottenere un valore di Mn di confronto.

Il valore ottenuto da tale analisi è stato utilizzato per calibrare la scala della curva di distribuzione. La posizione della curva sull’ascissa dei pesi molecolari è uno dei problemi maggiori che si incontrano con questo tipo di analisi. Dalle proprietà reologiche si ottiene infatti una curva verosimile, ma che spesso si presenta traslata sulle ascisse.

Per un polimero polidisperso la relazione fra modulo di rilassamento e tempi di rilassamento è del tipo:

τ τ τ ). exp( / ) ln (

)

( t G 0 H t d

G = ∫ N

(3.21)

dove G(t) è il modulo di rilassamento al tempo t, G N 0 il modulo di plateau, τ il tempo di rilassamento della specie monodispersa e H( τ ) è lo spettro. Considerando la sola fase monodispersa, questa ha un tempo di rilassamento τ m che nella fase polidispersa a causa delle interazioni fra le molecole, potrà subire una variazione quantificata da un fattore di shift µ :

τ m

µ

τ = ⋅ (3.22)

Questo fattore risulta essere minore di uno per i componenti con peso molecolare M inferiore a Mw (media ponderale) e maggiore di uno per le specie con un peso molecolare superiore.

Lo spettro dei tempi di rilassamento così ottenuti è in relazione con il peso molecolare secondo l’equazione:

α β

τ = ⋅ M (3.23)

dove α e β sono costanti specifiche per ogni polimero, da determinare

sperimentalmente. Se i tempi di rilassamento delle specie monodisperse non

presentano variazioni nella fase polidispersa allora il fattore di shift sarà unitario e le

(24)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 70 costanti β diventano:

 per M<Mc β =2

 per M>Mc β =3

 per M>>Mc β =3.5

Wu analizza una miscela di N specie monodisperse con tempi di rilassamento decrescenti da τ 1 a τ N . Ogni specie presente contribuisce al modulo di rilassamento G(t) della miscela polidispersa con contatti binari fra le catene. Il contributo a G(t) nell’intervallo τ j - τ j-1 è calcolato come differenza fra i contributi delle molecole con τ > τ j e τ > τ j-1 . E’ stata dimostrata teoricamente e sperimentalmente la seguente relazione fra lo spettro e la frazione in volume ( φ j ) della generica specie j:

=

=

=

 ≈

 

− 

 

 

=  j

k k j j

i i j

k k

H j

1 1 2

1 2

1

2 )

( τ φ φ φ φ (3.24)

L’approssimazione di H( τ j ) può essere estesa dal dominio discreto al dominio continuo tramite l’utilizzo della la relazione (3.23) e dell’integrale in (3.25a) che può essere risolto analiticamente come riportato in (3.25b):

M d M P M P M

H

M

ln ) ( ) ( 2 ) (

ln

∫ ∞

= (3.25a)

5 . 0

) ln(

) ln(

) (

) ( 5 . ) 0

(

 

 

= ⋅

∫ ∞ M

M d M H

M M H

P

(3.25b)

I tempi di rilassamento e lo spettro H( τ ) sono ricavabili sperimentalmente; con

l’equazione (3.23) è possibile trasformare la variabile τ nella variabile M e con

l’equazione (3.25b) la variabile H nella variabile P(M). In questo modo si ottiene la

distribuzione dei pesi molecolari P(M) in funzione di M.

(25)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 71

3.10 Reologia e MWD nei bitumi

Il comportamento reologico dei bitumi è simile a quello dei polimeri di basso peso molecolare, che non presentano quindi nessun tipo di plateau. E’ quindi necessario trovare una funzione, o meglio una proprietà che possa fornire le adeguate informazioni per la costruzione della curva MWD.

Tutte le proprietà reologiche sono fortemente dipendenti dal peso molecolare, ma alcune sono più sensibili alle variazioni di quest’ultimo. In particolare dagli studi effettuati sui bitumi il valore della loss tangent sembra essere marcatamente legato al peso molecolare delle specie presenti. E’ stata trovata da Stastna e al. [14],[15]

un’equazione per mettere in relazione questa funzione alla distribuzione dei pesi molecolari, basata sulla distribuzione dei tempi di rilassamento delle singole specie.

Naturalmente l’espressione dalla tangente, essendo il rapporto fra G’(

ω

) e G’’(

ω

) (quindi adimensionale) non può fornire da sola tutte le informazioni necessarie. I parametri da utilizzare nell’espressione di tan(

δ

) devono essere ricavati da un’altra proprietà nota, in questo caso il modulo complesso G*(

ω

).

Dall’analisi reologica si ottiene quindi la master curve di tan(δ) e del modulo complesso G*, dati da utilizzare per il calcolo della MWD. Tuminello ha dimostrato che l’angolo di fase può essere descritto dalla seguente relazione:

∫ ∞

=

0

)

*, ( ) ( )

( ω W M c M ω dM

δ (3.26)

dove W(M) rappresenta la distribuzione dei pesi molecolari e c ( M *, ω ) l’angolo di fase della frazione “monodispersa” definibile come:

)

* ( 1 ) ,

*,

( M M H M M

c ω = − − (3.27)

H rappresenta la funzione di Heaviside:

(26)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 72

 

<

≥ ⇒

= −

M M se

M M M

M H se

* 0

* 0

*

1 (3.28)

Ad una certa frequenza

ω

corrisponde un numero di molecole che grazie al basso peso molecolare sono in grado di “rilassarsi”, cioè di ritornare in uno stato di equilibrio. Per comprendere meglio questa situazione è sufficiente riferirsi al modello meccanico di Maxwell generalizzato: per alcune molecole la viscosità dell’elemento pistone sarà abbastanza bassa da permettere alla molla di ritornare alla lunghezza iniziale in un tempo sufficientemente breve.

Chiamando M* il limite superiore dei pesi molecolari delle molecole che riescono a rilassarsi vale che per M<M*, c = 0 (poiché H=1); tali molecole non contribuiscono al valore di δ . La variabile M è correlata con la frequenza

ω

da una funzione di potenza del tipo:

ω α

= k

M (3.29)

Sulla base di queste considerazioni, sviluppando i calcoli si ottiene:

[ ]

∫ ∞

=

0

)

* ( 1 ) ( )

( ω W M H M M dM

δ (3.30)

(3.31)

dM M M H M

W

∞ −

=

0

)

* ( ) ( 1 ) ( ω

δ (3.32)

Per la definizione della funzione di Heaviside (zero per M*<M) si ha quindi:

(27)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 73 dM

M W dM M W

M

M

=

=

*

0

*

) ( )

( 1

) ( ω

δ (3.33)

Derivando la relazione appena ottenuta e considerando la funzione che lega M ad ω si ottiene:

[ ]

dx d M k

W k

M dx W

d x x ( )

) 10 ln(

) 10 ( 10

) 10 ln(

) ) (

( δ ω

α α ω

δ = ⋅ ⋅ α ⇒ = α ⋅ (3.34)

Basandosi sulle distribuzioni dei tempi di rilassamento è stato trovato da Stastna che il modulo complesso dei bitumi base e modificati sembra ragionevolmente esprimibile secondo l’equazione:

1

1 1 0

1 1 )

=

=

 

 

 

 

+ +

= ∏

(n m)

n

k

k m

k

k

) i

ω

(

) i

ω

( i

ω

G*(

ω

λ µ

η (3.35a)

[ ]

( )

[ ]

2 / 1

1 1

2

0

1

) ( 1 )

=

=

 

 

 

 

+ +

= ∏

(n m)

n

k

k m

k

k

ω

ω

ω

G*(

ω

λ µ

η (3.35b)

dove µ k e λ k sono tempi di rilassamento ed m e n sono numeri interi, con m<n. Dalle prove sperimentali è stato trovato che nel caso dei bitumi base i parametri dell’equazione che danno un buon modello sono m=0 e n 10, mentre per i bitumi modificati m ≤2. La tangente è invece esprimibile come:

) 2 ( )

1 ( ) (

1 1

ωµ π ωλ

ω

δ  +

 

 −

− ⋅

= ∑ ∑

k

m

k k n

k

arctg arctg

m

n (3.36)

(28)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 74 Utilizzando un software di best-fit (ad esempio “Table Curve”) si impone al programma di modellare contemporaneamente i dati delle master curve di G* e tan(

δ

) per trovare i valori dei tempi di rilassamento (ved. capitolo 4). Calcolando il limite all’infinito del modulo di G* si ottiene:

m) (n

n

G m

G*(

ω

→ 

 

⋅⋅

⋅⋅

= ⋅

=

/ 1

2 1

2 1 0

) lim

lim λ λ λ

µ µ η µ

ω (3.37)

Dato che nei bitumi e nei polimeri la zero shear rate viscosity è proporzionale ad una potenza del peso molecolare, si ottiene:

m) (n

n b m

N AM

G

 

 

⋅⋅

⋅⋅

= ⋅

/ 1

2 1

2 1

λ λ λ

µ µ

µ (3.38)

dove A e b sono costanti. Per semplicità si definisce un tempo caratteristico:

m) (n

m n

 

 

⋅⋅

⋅⋅

= ⋅

/ 1

2 1

2

1 µ µ

µ λ λ λ

λ (3.39)

e di conseguenza la corrispondente frequenza caratteristica ed il relativo peso molecolare sono:

λ π

ω = 2 / (3.40)

ω α

π   ⋅ ω − = ⋅ −

 

 ⋅

= k

A

M G b

b

N 1 /

/

2 1

(3.41)

Da prove sperimentali su un certo numero di campioni i parametri ottimali per la

relazione descritta sopra risultano essere log(k)=2.976 e α =0.1231. I dati con cui

sono stati ricavati tali parametri, ottenuti con la tecnica di osmometria in pressione di

(29)

Capitolo 3: Determinazione del Peso Molecolare

Pag. 75 vapore, presentano una discreta dispersione. Per questo motivo, essendo ottenuto un valore di k medio, la distribuzione di pesi molecolari può subire un leggero shift rispetto al valore reale che dovrebbe assumere. A questo svantaggio corrisponde il vantaggio di ottenere una MWD di elevata risoluzione.

La procedura che mette in relazione l’angolo di fase con il peso molecolare può essere ripetuta anche per il valore assoluto del modulo complesso G*:

 =

 

*

0

) ( ) 1

(

* M

N

dM M G W

x

G (3.42)

e quindi procedendo come descritto per δ si ottiene:

 

 

 

 

⋅ 

= ⋅

5 .

) 0

(

* )

10 ln(

) 10 (

N x

G x G dx

d M k

W α

α

(3.43)

Stastna ha osservato che il primo approccio risulta più sensibile alla distribuzione di

pesi molecolari, che viene ottenuta con una migliore risoluzione.

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