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Sommario
CAPITOLO 2: Metodologie di indagine della vulnerabilità sismica e modalità di intervento per la sua
riduzione negli edifici industriali prefabbricati ... 2
2.1. Metodologie di modellazione ed analisi sismica ... 2
2.1.1 Il rischio sismico ... 2
2.1.2 Lo studio della vulnerabilità sismica ... 4
2.1.3 Metodologie e livelli di analisi della vulnerabilità ... 5
2.2. Tecniche diagnostiche per edifici industriali ... 11
2.2.1 Metodi di indagine sui materiali ... 11
2.2.2 Prove su elementi strutturali... 19
2.3. Tipologie di intervento ... 24
2.3.1 Criteri di adeguamento ... 25
2.3.2 Interventi sugli edifici industriali prefabbricati ... 27
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CAPITOLO 2: Metodologie di indagine della vulnerabilità sismica e modalità di intervento per la sua riduzione negli edifici industriali prefabbricati
2.1. Metodologie di modellazione ed analisi sismica
In questo paragrafo viene proposto un inquadramento generale delle problematiche all’interno delle quali si inserisce il lavoro di tesi: verranno brevemente trattati i concetti alla base degli studi di rischio sismico a livello territoriale e affrontate in modo sintetico le principali metodologie speditive di analisi della vulnerabilità sismica del costruito ordinario.
2.1.1 Il rischio sismico
A seguito di un evento sismico, il rischio sismico è definito in termini economici come la possibile perdita di proprietà o di funzionalità degli edifici e delle strutture. In altre parole il rischio è definito come la probabilità che in un certo intervallo di tempo venga raggiunto un prefissato livello di perdita: dal punto di vista quantitativo si può esprimere il rischio con una relazione che lega la pericolosità sismica, la vulnerabilità e l’esposizione.
Rischio Sismico = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione
La pericolosità sismica è la probabilità che si verifichi in una data area ed in un certo
periodo di tempo un evento sismico in grado di causare danni. Sulla base di studi statistici
basati sui terremoti passati, l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ha
realizzato delle mappe di pericolosità del territorio nazionale (alcune delle quali mostrate in
figura 2.1) che forniscono, in funzione della longitudine e della latitudine, i valori di
accelerazione spettrale e di accelerazione di picco al suolo (Peak Ground Acceleration -
PGA) al variare della probabilità di superamento in 50 anni, dei percentili e del periodo.
Figura 2.1.
L’esposizione sismica è una parametro che rappresenta il valore (economico e sociale) di ciò che può essere colpito dall’azione sismica: g
da tutto ciò che è stato realizzato dall’uomo, la cui condizione e il cui funzionamento essere danneggiato, alterato
dettata da vari aspetti del costruito (dislocazione, consistenza, qualità delle attività presenti sul territorio
La vulnerabilità sismica è invece intesa
un determinato livello a fronte di un evento sis
La vulnerabilità mette quindi in relazione da un lato l’azione sismica, e dall’altro il che essa provoca sul sistema fisico;
vantaggioso utilizzare le grandezze
correlate alla pericolosità, offrono la possibilità di avendo un chiaro significato meccanico.
la sua scelta è legata al raggiungimento
raggiungimento di specifici livelli di spostamento o di resistenza delle strutture.
Il parametro maggiormente utilizzato per esprimere la vulnerabilità sismica di un edificio è il rapporto tra l’accelerazione che porta al superamento dello stato limite SLV (Stato Limite di Salvaguardia della Vita) e l’
rapporto può essere visto come un fattore di sicurezza che individua gli edifici rapporto maggiore di uno) e quelli da adeguare (con rapporto minore di uno).
Figura 2.1. Mappe di pericolosità del territorio nazionale
una parametro che rappresenta il valore (economico e sociale) di ciò che può essere colpito dall’azione sismica: gli elementi esposti al rischio sono costituiti
tutto ciò che è stato realizzato dall’uomo, la cui condizione e il cui funzionamento alterato o distrutto dall’evento sismico. L’entità di questo parametro, , è
del costruito (dislocazione, consistenza, qualità delle attività presenti sul territorio).
è invece intesa la propensione di una struttura a subire un danno di fronte di un evento sismico di una data intensità
La vulnerabilità mette quindi in relazione da un lato l’azione sismica, e dall’altro il essa provoca sul sistema fisico; per quanto riguarda l’azione sismica vantaggioso utilizzare le grandezze spettrali (ad esempio il PGA)
correlate alla pericolosità, offrono la possibilità di valutare il danno in un’analisi strutturale avendo un chiaro significato meccanico. Per quanto riguarda il parametro di danno invece,
raggiungimento di determinati stati limite definiti attraverso raggiungimento di specifici livelli di spostamento o di resistenza delle strutture.
Il parametro maggiormente utilizzato per esprimere la vulnerabilità sismica di un edificio è ra l’accelerazione che porta al superamento dello stato limite SLV (Stato Limite di Salvaguardia della Vita) e l’accelerazione attesa nel sito per lo stesso stato limite rapporto può essere visto come un fattore di sicurezza che individua gli edifici
rapporto maggiore di uno) e quelli da adeguare (con rapporto minore di uno).
3 zionale
una parametro che rappresenta il valore (economico e sociale) di li elementi esposti al rischio sono costituiti tutto ciò che è stato realizzato dall’uomo, la cui condizione e il cui funzionamento può L’entità di questo parametro, , è del costruito (dislocazione, consistenza, qualità e valore dei beni e
struttura a subire un danno di mico di una data intensità.
La vulnerabilità mette quindi in relazione da un lato l’azione sismica, e dall’altro il danno er quanto riguarda l’azione sismica, risulta esempio il PGA) che oltre ad essere valutare il danno in un’analisi strutturale Per quanto riguarda il parametro di danno invece, di determinati stati limite definiti attraverso il raggiungimento di specifici livelli di spostamento o di resistenza delle strutture.
Il parametro maggiormente utilizzato per esprimere la vulnerabilità sismica di un edificio è
ra l’accelerazione che porta al superamento dello stato limite SLV (Stato Limite
stesso stato limite: tale
rapporto può essere visto come un fattore di sicurezza che individua gli edifici adeguati (con
rapporto maggiore di uno) e quelli da adeguare (con rapporto minore di uno).
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2.1.2 Lo studio della vulnerabilità sismica
Come indicato al punto 8.3 delle NTC08 [5] , le costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione della sicurezza quando si è in presenza di:
− -riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune parti;
− comprovati gravi errori di progetto o di costruzione;
− cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione.
La circolare 617 del 2/2/2009 definisce la valutazione della sicurezza come un procedimento quantitativo volto a stabilire se una struttura esistente è in grado o meno di resistere alle combinazioni delle azioni di progetto contenute nelle NTC, oppure a determinare l’entità massima delle azioni, considerate nelle combinazioni di progetto previste, che la struttura è capace di sostenere con i margini di sicurezza richiesti dalle NTC.
Questo procedimento è finalizzato a stabilire se
− l’uso della costruzione possa continuare senza interventi;
− l’uso della costruzione debba essere modificato (declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione di limitazioni e/o cautele nell’uso);
− sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la capacità portante.
Le NTC individuano due grandi categorie di situazioni nelle quali è obbligatorio effettuare la verifica di sicurezza:
• variazioni, improvvise o lente, indipendenti dalla volontà dell’uomo (danni dovuti al terremoto, a cedimenti, al degrado, alla corrosione, errori progettuali o esecutivi);
• variazioni dovute all’intervento dell’uomo sulla struttura oppure sulle azioni.
Le modalità di verifica dipendono dal modo in cui tali variazioni si riflettono sul
comportamento della struttura: nel caso di variazioni relative a porzioni limitate della
struttura che influiscono solo sul comportamento locale di uno o più elementi strutturali, la
verifica potrà concernere solamente le porzioni interessate dalle variazioni; nel caso invece
di variazioni che implicano sostanziali differenze di comportamento globale della struttura,
la verifica sarà necessariamente finalizzata a determinare l’effettivo comportamento della
struttura nella nuova configurazione.
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2.1.3 Metodologie e livelli di analisi della vulnerabilità
Come indicato dalle NTC al paragrafo 8.5, nelle costruzioni esistenti le situazioni concretamente riscontrabili sono le più diverse ed è quindi impossibile prevedere regole specifiche per tutti i casi. Di conseguenza, il modello per la valutazione della sicurezza dovrà essere definito e giustificato dal Progettista, caso per caso, sulla base di:
− Analisi storico-critica dal manufatto tesa a ricostruire il processo di realizzazione e le successive modifiche subite nel tempo, oltre agli eventi che lo hanno interessato.
− Rilievo geometrico - strutturale finalizzato ad individuare l’organismo resistente e a valutare la qualità e lo stato di conservazione di materiali ed elementi costitutivi.
− Caratterizzazione meccanica dei materiali basata su documentazione già disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali.
− Definizione dei Livelli di conoscenza sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive sopra riportate, in modo da definire i correlati fattori di confidenza, da utilizzare come ulteriori coefficienti parziali di sicurezza.
− Identificazione dei valori delle Azioni e delle loro combinazioni.
Fondamentalmente questi metodi possono essere divisi in tre categorie:
• Metodi empirici
• Metodi basati sul giudizio di esperti
• Metodi meccanici
Metodi empirici
Questo tipo di approccio è basato sull’analisi statistica dei danni provocati dai terremoti;
questi metodi valutano la vulnerabilità di aggregati urbani di edifici basandosi sulla
definizione di classi identificate da fattori quali la tipologia costruttiva, la morfologia in
pianta, l’altezza, l’anno di costruzione etc.. Ad ogni classe è associabile una matrice di
probabilità di danno o una curva di vulnerabilità. La verifica delle ipotesi formulate in sede
di costruzione delle curve di vulnerabilità o delle matrici di danno è affidata all'elaborazione
statistica dei danni causati dai terremoti passati agli edifici. In questo modo assegnando un
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edificio ad una certa classe gli si assegna automaticamente la curva di vulnerabilità, o la matrice di probabilità di danno, che competono alla classe.
Metodi basati sul giudizio di esperti
I metodi basati sul giudizio degli esperti si basano sulla possibilità di attribuire ad ogni edificio un indice di vulnerabilità, e cioè un numero v che viene determinato sulla base di indicatori interpretati come sintomi di una idoneità a sopportare i terremoti (ad esempio l'efficienza dei collegamenti, la resistenza dei materiali, la regolarità morfologica.
Normalmente l'indice di vulnerabilità è calcolato in funzione di indici parziali corrispondenti a ciascun indicatore ed attribuibili a seguito di esami qualitativi dell'edificio.
Questo tipo di metodo attua delle valutazioni qualitative o quantitative dei fattori che governano la risposta sismica e le relative elaborazioni consentono di introdurre informazioni sulla regolarità, duttilità, sulle resistenze, geometria ecc… ottenendo la valutazione di un indice di vulnerabilità.
Sicuramente tra tutti i metodi basati sul giudizio di esperti il più diffuso e quello che attualmente viene usato in Italia sono le schede di vulnerabilità di primo e secondo livello redatte dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT) del C.N.R.
Metodi meccanici
Il danno è valutato totalmente in maniera meccanico analitica e viene associato al raggiungimento di uno stato limite che può essere identificato dal raggiungimento di una rotazione limite o di un meccanismo di collasso della struttura, mentre l’azione è generalmente espressa in termini di quantità spettrali come ad esempio la PGA.
L’attendibilità di questi metodi è quella ordinaria delle analisi strutturali applicate alle costruzioni esistenti; questi vengono comunemente applicati al calcolo della vulnerabilità di un singolo edificio di cui si ha un livello di conoscenza adeguato. Nel caso degli edifici esistenti, per l’analisi dei meccanismi sia locali che globali (NTC punto 8.7) è possibile ricorrere a diversi metodi, in funzione del modello con il quale vengono descritte la struttura ed il suo comportamento sismico. In particolare è possibile fare riferimento ai seguenti:
• analisi statica lineare;
• analisi dinamica lineare;
• analisi statica non lineare;
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• analisi dinamica non lineare.
Analisi statica lineare
Come indicato al punto 7.3.3.2 delle NTC, l’analisi statica lineare consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze di inerzia indotte dall’azione sismica; il valore di riferimento al suolo di quest’ultima, per lo stato limite ultimo, viene ridotto attraverso il fattore di struttura q, per consentire una verifica in campo elastico; in questo modo si tiene implicitamente conto delle ulteriori capacità di spostamento, una volta raggiunta la resistenza limite, prima che la struttura arrivi allo stato limite ultimo.
Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40 m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente distribuita lungo l’altezza, il periodo del modo principale di vibrazione potrà essere stimato con la seguente formula indicata nelle NTC:
= ∗
dove: H è l’altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione e C
lvale 0,085 per costruzioni con struttura a telaio in acciaio, 0,075 per costruzioni con struttura a telaio in calcestruzzo armato e 0,050 per costruzioni con qualsiasi altro tipo di struttura.
Per le altre strutture il periodo proprio dovrà invece essere stimato con formule opportune o ricavato a partire dalla forma modale principale.
L’entità delle forze si ottiene dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo T
1e la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di vibrare principale nella direzione in esame, valutata in modo approssimato.
La forza da applicare a ciascuna massa della costruzione è data dalla formula seguente:
= ∗ ∗
∑ ∗
dove:
F
h= S
d(T
1) ⋅W⋅ λ /g
F
iè la forza da applicare alla massa i-esima;
W
iW
je W sono i pesi, rispettivamente, della massa i, della massa j e della costruzione;
z
ie z
jsono le quote, rispetto al piano di fondazione delle masse i e j;
S
d(T
1) è l’ordinata dello spettro di risposta di progetto;
λ vale 0,85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e se T
1< 2T
c, 1 negli altri casi;
g è l’accelerazione di gravità.
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Gli effetti torsionali accidentali possono essere trascurati, a meno che non si ritengano particolarmente significativi nel caso specifico.
Analisi dinamica lineare
Come indicato al punto 7.3.3.1 delle NTC, l’analisi dinamica lineare prevede la determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale), il calcolo degli effetti dell’azione sismica (rappresentata dallo spettro di risposta di progetto) per ciascuno dei modi di vibrare individuati, e la combinazione di questi effetti. Devono essere considerati tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% e comunque un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’85%.
Per la combinazione degli effetti relativi ai singoli modi deve essere utilizzata una combinazione quadratica completa degli effetti relativi a ciascun modo:
= ( ∗ ∗ )
con:
E
jvalore dell’effetto relativo al modo j;
ρ
ijcoefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j.
L’analisi dinamica modale viene condotta attraverso un modello elastico lineare e quindi la sua attendibilità nella valutazione del comportamento è spesso limitata: infatti, nel caso di strutture complesse, le analisi lineari possono essere utilmente applicate solo quando, dal confronto tra domanda e capacità, emerge che l’escursione in campo non lineare è modesta.
Può essere utilizzata per valutare il modo principale di vibrazione in ciascuna direzione e determinare un’attendibile distribuzione di forze da adottare nell’analisi statica lineare.
Analisi statica non lineare
Come espresso al punto 7.3.4.1 delle NTC, l’analisi non lineare statica consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite, ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante (taglio alla base) F
b.
Tali forze sono scalate in modo da far crescere, fino al raggiungimento delle condizioni di collasso, lo spostamento orizzontale d
cdi un punto di controllo coincidente con il centro di massa dell’ultimo livello: il diagramma F
b-d
crappresenta la curva di capacità della struttura.
Questo tipo di analisi si utilizza per valutare i rapporti di sovraresistenza α
u/α
1e per
verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati con il
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fattore di struttura q; risulta inoltre un efficace metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione e per la valutazione della capacità di edifici esistenti.
Si può eseguire l’analisi considerando due diverse distribuzioni di forze:
− una distribuzione di forze proporzionale alle masse;
− una distribuzione di forze proporzionale al principale modo di vibrazione nella direzione di analisi.
Questo metodo d’analisi è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto la componente del terremoto considerata è governato da un modo di vibrare naturale principale, caratterizzato da una significativa partecipazione di massa.
L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale equivalente ad un grado di libertà: la forza F
*e lo spostamento d
*del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti grandezze F
be d
cdel sistema reale dalle relazioni:
∗
=
∗
= dove Γ è il “fattore di partecipazione modale”.
Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre poi sostituire una curva bilineare avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico (figura 2.2).
Detta F
bula resistenza massima del sistema strutturale reale ed F
*bu= F
bu/ Γ la resistenza massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per il punto 0,6F
*budella curva di capacità del sistema equivalente; la forza di plasticizzazione F
*ysi individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacità per lo spostamento massimo d
*urelativo ad una riduzione di resistenza
≤ 0,15 F
*bu. Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:
∗
= 2
∗∗Figura 2.2.
Analisi dinamica non lineare
L’analisi non lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della struttura, purché i legami costitutivi siano in grado di simulare non solo il degrado di rigidezza e resistenza a livello puntuale (o di singolo elemento strutturale), ma anche le caratteristiche dissipative associate al comportamento ciclico isteretico.
Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili. L’analisi dinamica non lineare deve essere confrontata con una analis
spettro di risposta di progetto, al fine di controllare le differenze in termini di sollecitazioni globali alla base delle strutture.
Dal punto di vista operativo, l’analisi dinamica non lineare presuppone l’utilizzo di diversi gruppi di accelerogrammi (almeno tre) selezionati in modo da risultare compatibili con lo spettro di risposta corrispondente al tipo di sottosuolo o diversamente determinati secondo quanto indicato al punto 3,2.3.6 delle NTC.
È quindi opportuno utilizzare questo metodo
la complessità della struttura e l’importante contributo di diversi modi di vibrazione non consentono di ricondurre, con sufficiente attendibilità, la risposta sismica a quella di un sistema non lineare equivalente ad un solo grado di libertà. In tali casi, l’analisi dinamica non lineare spesso porta alla
stimata con l’analisi statica non
Figura 2.2. Sistema e diagramma bilineare equivalente
Analisi dinamica non lineare
lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della , purché i legami costitutivi siano in grado di simulare non solo il degrado di igidezza e resistenza a livello puntuale (o di singolo elemento strutturale), ma anche le caratteristiche dissipative associate al comportamento ciclico isteretico.
Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non e, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili. L’analisi dinamica non lineare deve essere confrontata con una analis
spettro di risposta di progetto, al fine di controllare le differenze in termini di sollecitazioni globali alla base delle strutture.
Dal punto di vista operativo, l’analisi dinamica non lineare presuppone l’utilizzo di diversi erogrammi (almeno tre) selezionati in modo da risultare compatibili con lo corrispondente al tipo di sottosuolo o diversamente determinati secondo
3,2.3.6 delle NTC.
È quindi opportuno utilizzare questo metodo di analisi solo in casi molto particolari, quando complessità della struttura e l’importante contributo di diversi modi di vibrazione non ricondurre, con sufficiente attendibilità, la risposta sismica a quella di un ivalente ad un solo grado di libertà. In tali casi, l’analisi dinamica non lineare spesso porta alla valutazione di una richiesta di spostamento inferiore a quella stimata con l’analisi statica non lineare.
10 Sistema e diagramma bilineare equivalente
lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della , purché i legami costitutivi siano in grado di simulare non solo il degrado di igidezza e resistenza a livello puntuale (o di singolo elemento strutturale), ma anche le caratteristiche dissipative associate al comportamento ciclico isteretico.
Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non e, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili. L’analisi dinamica non lineare deve essere confrontata con una analisi modale con spettro di risposta di progetto, al fine di controllare le differenze in termini di sollecitazioni
Dal punto di vista operativo, l’analisi dinamica non lineare presuppone l’utilizzo di diversi erogrammi (almeno tre) selezionati in modo da risultare compatibili con lo corrispondente al tipo di sottosuolo o diversamente determinati secondo
di analisi solo in casi molto particolari, quando
complessità della struttura e l’importante contributo di diversi modi di vibrazione non
ricondurre, con sufficiente attendibilità, la risposta sismica a quella di un
ivalente ad un solo grado di libertà. In tali casi, l’analisi dinamica
valutazione di una richiesta di spostamento inferiore a quella
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2.2. Tecniche diagnostiche per edifici industriali
La correttezza e la bontà delle analisi di un edificio esistente sono direttamente proporzionali alla capacità di stimare correttamente il suo effettivo comportamento: tale considerazione assume validità anche per quanto riguarda la valutazione della vulnerabilità sismica, la quale è pesantemente dipendente dallo stato di fatto dell’edificio stesso.
La fase diagnostica risulta dunque di primaria importanza per la corretta esecuzione delle analisi su un edificio; essa può in genere riguardare due diversi aspetti:
− lo studio dei materiali degli elementi strutturali;
− lo studio degli elementi strutturali nel loro complesso.
La prima tipologia di indagini ha solitamente un carattere locale e prevede metodi diversi a seconda del materiale; la seconda tipologia invece ha carattere globale e ci permette di valutare se un elemento strutturale garantisce un certo livello di risposta in termini di resistenza, deformabilità o rigidezza.
2.2.1 Metodi di indagine sui materiali
Come già detto, esistono metodi di indagine diversi a seconda del materiale che si va a
testare (calcestruzzo, acciaio, muratura, legno..): a prescindere da questo aspetto però, è
consuetudine suddividere i metodi in non distruttivi (non danneggiano sensibilmente la
struttura in esame) e parzialmente distruttivi (infliggono un danno accettabile e
generalmente superficiale, e l’integrità delle superfici può essere facilmente ripristinata).
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Volendo riferirci alle tecniche diagnostiche applicabili all’interno dello studio degli edifici industriali, di seguito verranno presi in considerazione i metodi più consolidati nella pratica relativamente ai materiali utilizzati per questa tipologia di fabbricati, ovvero il calcestruzzo e l’acciaio. Nella presentazione delle diverse tecniche di indagine verrà fatto riferimento a quanto contenuto nella circolare “Linee guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale e per la valutazione delle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo indurito mediante prove non distruttive” emanata dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici [7].
Prove sul calcestruzzo Misure sclerometriche
Il metodo consiste nel provocare l’impatto di una massa standardizzata contro la superficie del materiale e nel misurare l’altezza del rimbalzo come percentuale della distanza percorsa della massa: questa percentuale è detta indice di rimbalzo N.
Dato che l’energia cinetica della massa battente è standardizzata, l’altezza di rimbalzo dipende dall’energia dissipata durante l’impatto, che a sua volta dipende dalla resistenza meccanica della superficie del calcestruzzo; l’indice di rimbalzo tuttavia non è correlato solo alla resistenza a compressione del calcestruzzo, ma anche da molti altri fattori, tra cui l’umidità del calcestruzzo in superficie (rende l’indice di rimbalzo più basso), la presenza di uno strato superficiale carbonatato (aumenta l’indice di rimbalzo), la tessitura superficiale (una superficie ruvida fornisce generalmente un indice di rimbalzo più basso), l’
orientazione dello strumento rispetto alla verticale, la dimensione e il tipo degli aggregati.
Poiché solo il calcestruzzo vicino al punto dell’impatto influenza sensibilmente il valore di N, tale metodo è sensibile ai difetti locali: per mitigare tale dipendenza occorre che nell’intorno d’ogni punto di prova siano eseguite più battute adeguatamente distanziate.
Una volta individuata una zona di misura idonea (cioè priva di armature in prossimità della superficie o di rilevanti irregolarità superficiali), si procede all’esecuzione di almeno 10 battute, secondo una griglia definita, tenendo lo sclerometro perpendicolare alla superficie di misura. Per ogni zona di misura si procede poi al calcolo della media dei valori degli indici di rimbalzo e della sua correzione mediante il coefficiente di taratura dello strumento.
Il legame tra indice di rimbalzo N e resistenza a compressione R
c(figura 2.3) è dato dalla:
R
c= A* N
dove i coefficienti A e B sono calibrati mediante prove distruttive su
Figura 2.3. Andamento della correlazione tra indice di rimba
Misure ultrasoniche
Il metodo basato sulla misura della velocità di propagazione di ultrasuoni della propagazione di onde elastiche longitudina
caratteristica è quella che esso tiene conto delle proprietà meccaniche glo come la densità, il modulo elastico e
La prova misura la velocità di propagazione delle onde elastiche nel calcestruzzo, determinata come rapporto tra la distanza fra trasmettitore e ricevitore ed il tempo
a percorrerla: in realtà, data la presenza di irregolarità all’interno del calcestruzzo, il percorso di propagazione non è lineare e si parla dunque di “velocità apparente”
L’esecuzione delle prove
determinazione della distanza dei punti estremi almeno 10 misure in ogni zona
i valori per le varie prove, si ricava la
Solitamente per calcestruzzi di cattiva qualità qualità 3000 m/s≤V≤4000 m/s e per
La correlazione tra velocità di propagazione, V, delle onde elastiche e resistenza a compressione, R
c, è del tipo rappresentato in
in cui i coefficienti A, B sono opportunamente calibrati mediante prove distruttive su i coefficienti A e B sono calibrati mediante prove distruttive su
Andamento della correlazione tra indice di rimbalzo e resistenza a compressione
Il metodo basato sulla misura della velocità di propagazione di ultrasuoni
della propagazione di onde elastiche longitudinali all’interno del calcestruzzo. La sua aratteristica è quella che esso tiene conto delle proprietà meccaniche glo
l modulo elastico e il coefficiente di Poisson.
La prova misura la velocità di propagazione delle onde elastiche nel calcestruzzo, determinata come rapporto tra la distanza fra trasmettitore e ricevitore ed il tempo
: in realtà, data la presenza di irregolarità all’interno del calcestruzzo, il percorso di propagazione non è lineare e si parla dunque di “velocità apparente”
L’esecuzione delle prove prevede l’individuazione di una zona di misura id determinazione della distanza dei punti estremi dei percorsi di misura
n ogni zona su percorsi diversi registrando il tempo di transito i valori per le varie prove, si ricava la di propagazione.
per calcestruzzi di cattiva qualità si ha V<3000 m/s, per calcestruzzi di media 4000 m/s e per calcestruzzi di buona qualità V>4000 m/s).
La correlazione tra velocità di propagazione, V, delle onde elastiche e resistenza a , è del tipo rappresentato in figura 2.4 e definito dalla:
= ! ∗ "
#∗$in cui i coefficienti A, B sono opportunamente calibrati mediante prove distruttive su
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carote.
lzo e resistenza a compressione
Il metodo basato sulla misura della velocità di propagazione di ultrasuoni prevede lo studio li all’interno del calcestruzzo. La sua aratteristica è quella che esso tiene conto delle proprietà meccaniche globali del materiale,
La prova misura la velocità di propagazione delle onde elastiche nel calcestruzzo, determinata come rapporto tra la distanza fra trasmettitore e ricevitore ed il tempo impiegato : in realtà, data la presenza di irregolarità all’interno del calcestruzzo, il percorso di propagazione non è lineare e si parla dunque di “velocità apparente”
individuazione di una zona di misura idonea e la di misura; vengono effettuate l tempo di transito T: ottenuti
per calcestruzzi di media calcestruzzi di buona qualità V>4000 m/s).
La correlazione tra velocità di propagazione, V, delle onde elastiche e resistenza a e definito dalla:
in cui i coefficienti A, B sono opportunamente calibrati mediante prove distruttive su carote.
Figura 2.4. Andamento tipico della correlazione tra la velocità di propagazione elastiche e la resistenza a compressione del calcestruzzo
Misure mediante sonda Windsor
Nella tecnica basata sulla resistenza alla penetrazione, si misura la profondità di penetrazione nel calcestruzzo di un’asta d’acciaio i
dispositivo impiegato è una speciale pistola (
esplosiva normalizzata. La profondità di penetrazione della sonda è un indicatore de resistenza del calcestruzzo:
l’energia cinetica fornita fratt
che ha approssimativamente la conformazione di un cono.
Il risultato della prova è influenzato dalla durezza e dalla resistenza degli
impiegati per confezionare il calcestruzzo, mentre è poco dipendente dalle condizioni della superficie dell’elemento, quali scabrezza e carbonatazione.
L’esecuzione delle prove prevede l’
aggregati affioranti e lontananza infissioni, effettuate le quali danneggiato per ciascuna zona.
La correlazione tra la lunghezza W e la resiste figura 2.5 e definito dalla:
in cui i coefficienti A e B sono ottenuti mediante prove distruttive a
Andamento tipico della correlazione tra la velocità di propagazione elastiche e la resistenza a compressione del calcestruzzo
sonda Windsor
Nella tecnica basata sulla resistenza alla penetrazione, si misura la profondità di penetrazione nel calcestruzzo di un’asta d’acciaio infissa con energia pr
dispositivo impiegato è una speciale pistola (sonda Windsor) che utilizza una carica esplosiva normalizzata. La profondità di penetrazione della sonda è un indicatore de
nel momento in cui la sonda si infigge nel calcestruzzo
frattura e schiaccia il calcestruzzo, danneggiandolo in una regione ha approssimativamente la conformazione di un cono.
Il risultato della prova è influenzato dalla durezza e dalla resistenza degli
impiegati per confezionare il calcestruzzo, mentre è poco dipendente dalle condizioni della superficie dell’elemento, quali scabrezza e carbonatazione.
prevede l’individuazione di una zona di misura
e lontananza dalle barre di armatura) e l’esecuzione di quali verrà calcolata la media dei valori di lunghezza ciascuna zona.
La correlazione tra la lunghezza W e la resistenza cubica R
cè del tipo
! % & ∗
in cui i coefficienti A e B sono ottenuti mediante prove distruttive a compressione su carote.
14 Andamento tipico della correlazione tra la velocità di propagazione delle onde
elastiche e la resistenza a compressione del calcestruzzo
Nella tecnica basata sulla resistenza alla penetrazione, si misura la profondità di nfissa con energia prestabilita; il ) che utilizza una carica esplosiva normalizzata. La profondità di penetrazione della sonda è un indicatore della nel calcestruzzo infatti, ura e schiaccia il calcestruzzo, danneggiandolo in una regione
Il risultato della prova è influenzato dalla durezza e dalla resistenza degli aggregati impiegati per confezionare il calcestruzzo, mentre è poco dipendente dalle condizioni della
individuazione di una zona di misura idonea (assenza di ) e l’esecuzione di almeno 3 lunghezza W del tratto
è del tipo rappresentato in
compressione su carote.
Figura 2.5. Andamento tipico della correlazione tra lunghezza W e resistenza a compres
Prova di pull-out
Il metodo è basato sulla misura della forza necessaria ad estrarre dal calcestruzzo un metallico standardizzato; g
fresco, predisponendoli nelle casseforme,
indurito. La forza è applicata mediante un martinetto idraulico collegato anello di reazione che contrasta con la superficie del calcestruzzo.
viene estratto un cono di materiale
La forza di estrazione è rappresentativa di uno stato di sollecitazione complesso, ma il suo valore è correlabile con la resistenza a compressione. La correlazione tra forza d’estrazione e resistenza a compressione varia al variare della resistenza del calcestruzzo, ma è migliore delle correlazioni esistenti tra resistenza a compressione e indice di rimbalzo o velocità di propagazione delle onde elastiche.
Nel caso di impiego di inserti post
individuare una zona di misura idonea, coincidenti con aggregati affioranti e in ogni area di misura si devo
relativi valori della forza F di estrazione.
La correlazione tra la forza d’estrazione F, ricavata dalla pressione misurata al martinetto, la resistenza cubica R
cè del tipo rappresentato
Andamento tipico della correlazione tra lunghezza W e resistenza a compres
Il metodo è basato sulla misura della forza necessaria ad estrarre dal calcestruzzo un gli inserti metallici possono essere installati nel fresco, predisponendoli nelle casseforme, o inseriti in fori effettuati nel indurito. La forza è applicata mediante un martinetto idraulico collegato anello di reazione che contrasta con la superficie del calcestruzzo.
materiale, dunque la prova è parzialmente distruttiva.
La forza di estrazione è rappresentativa di uno stato di sollecitazione complesso, ma il suo valore è correlabile con la resistenza a compressione. La correlazione tra forza d’estrazione compressione varia al variare della resistenza del calcestruzzo, ma è migliore delle correlazioni esistenti tra resistenza a compressione e indice di rimbalzo o velocità di propagazione delle onde elastiche.
el caso di impiego di inserti post-inseriti nel calcestruzzo, per eseguire la prova occorre una zona di misura idonea, tale per cui i punti di misura
coincidenti con aggregati affioranti e siano sufficientemente distanti dalle barre di armatura n ogni area di misura si devono effettuare almeno 3 estrazioni per poi calcolare la media tr i relativi valori della forza F di estrazione.
La correlazione tra la forza d’estrazione F, ricavata dalla pressione misurata al martinetto, è del tipo rappresentato in figura 2.6 e definito dalla:
15 Andamento tipico della correlazione tra lunghezza W e resistenza a compressione R
cIl metodo è basato sulla misura della forza necessaria ad estrarre dal calcestruzzo un inserto li inserti metallici possono essere installati nel calcestruzzo o inseriti in fori effettuati nel calcestruzzo indurito. La forza è applicata mediante un martinetto idraulico collegato all’inserto ed un anello di reazione che contrasta con la superficie del calcestruzzo. Durante l’operazione
parzialmente distruttiva.
La forza di estrazione è rappresentativa di uno stato di sollecitazione complesso, ma il suo valore è correlabile con la resistenza a compressione. La correlazione tra forza d’estrazione compressione varia al variare della resistenza del calcestruzzo, ma è migliore delle correlazioni esistenti tra resistenza a compressione e indice di rimbalzo o velocità di
per eseguire la prova occorre punti di misura non risultino istanti dalle barre di armatura;
per poi calcolare la media tr i
La correlazione tra la forza d’estrazione F, ricavata dalla pressione misurata al martinetto, e
e definito dalla:
in cui i coefficienti A e B sono
Figura 2.6. Andamento della correlazione tra forza di estrazione F e resistenza R
Carotaggi
Il carotaggio del calcestruzzo permet
attraverso la prova di compressione in laboratorio dei provini cilindrici prelevati in sito.
Il difetto principale di questo tipo di indagine risiede nel fatto che tale prova è parzialmente distruttiva, dunque la scelta del diametro della carota dovrà tenere conto
della sezione resistente dell’elemento in studio
Il numero di carote da prelevare per caratterizzare il materiale dell’elemento strutturale in studio non deve essere inferiore a 3
l’asportazione del provino dovrà essere tale da evitare il taglio di armature.
Una volta effettuate le operazioni di taglio, t cemento a presa rapida mentre le carote
onde evitare la formazione di fessurazioni,
che fornirà la resistenza cilindrica di compressione Il valore della resistenza cubic
Tale relazione vale per carote aventi il rapporto altezza/diametro maggiore di 2; per rapporti inferiori, la R
cubicaè ottenuta mediante fattori di correzione tabellati.
'
! % & ∗
in cui i coefficienti A e B sono ottenuti da prove distruttive a compressione su carote.
Andamento della correlazione tra forza di estrazione F e resistenza R
Il carotaggio del calcestruzzo permette una valutazione della resistenza meccanica attraverso la prova di compressione in laboratorio dei provini cilindrici prelevati in sito.
Il difetto principale di questo tipo di indagine risiede nel fatto che tale prova è parzialmente a scelta del diametro della carota dovrà tenere conto
della sezione resistente dell’elemento in studio.
Il numero di carote da prelevare per caratterizzare il materiale dell’elemento strutturale in studio non deve essere inferiore a 3 mentre e la scelta dei punti nei quali effettuare l’asportazione del provino dovrà essere tale da evitare il taglio di armature.
Una volta effettuate le operazioni di taglio, tutti i fori andranno riempiti con m cemento a presa rapida mentre le carote dovranno essere trasportate,
onde evitare la formazione di fessurazioni, presso un Laboratorio Prove Materiali ufficiale che fornirà la resistenza cilindrica di compressione mediante prove di carico
Il valore della resistenza cubica è ottenuta da quella cilindrica attraverso la relazione:
( )
*
0,83
Tale relazione vale per carote aventi il rapporto altezza/diametro maggiore di 2; per rapporti è ottenuta mediante fattori di correzione tabellati.
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compressione su carote.
Andamento della correlazione tra forza di estrazione F e resistenza R
cte una valutazione della resistenza meccanica attraverso la prova di compressione in laboratorio dei provini cilindrici prelevati in sito.
Il difetto principale di questo tipo di indagine risiede nel fatto che tale prova è parzialmente a scelta del diametro della carota dovrà tenere conto della riduzione
Il numero di carote da prelevare per caratterizzare il materiale dell’elemento strutturale in e la scelta dei punti nei quali effettuare l’asportazione del provino dovrà essere tale da evitare il taglio di armature.
utti i fori andranno riempiti con malta di con la massima cautela presso un Laboratorio Prove Materiali ufficiale
mediante prove di carico.
a attraverso la relazione:
Tale relazione vale per carote aventi il rapporto altezza/diametro maggiore di 2; per rapporti
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Metodi combinati
I metodi combinati consistono nell’applicazione di due o più metodi d’indagine per la valutazione della resistenza del calcestruzzo, in modo da utilizzare più correlazioni e migliorare l’affidabilità della stima. Tra i metodi combinati più noti si citano:
1) misura dell’indice di rimbalzo + misura della velocità di propagazione degli ultrasuoni (metodo SONREB);
2) misura dell’indice di rimbalzo + misura della velocità di propagazione degli ultrasuoni + misura della forza di estrazione;
3) misura dell’indice di rimbalzo + misura della velocità di propagazione degli ultrasuoni + misura della profondità d’infissione.
L’esecuzione di prove combinate ed, in particolare di quelle che prevedono l’esecuzione di prove parzialmente distruttive (estrazione di inserti o prove di penetrazione), consente di migliorare la precisione del risultato mediante l’applicazione di tecniche statistiche.
Individuazione della posizione delle armature e stima dello spessore del copriferro
La misurazione dello spessore del copriferro delle armature e l’individuazione delle barre di armatura è effettuata tramite dispositivi denominati “pacometri”: questi strumenti sono dispositivi magnetici che si basano sul principio per cui la presenza dell’acciaio immerso nel calcestruzzo influenza il campo magnetico generato da un elettromagnete.
La sonda di un’attrezzatura tipica è costituita da un nucleo magnetico molto permeabile, a forma di U, sul quale sono montate due bobine, nella prima bobina è fatta passare una corrente alternata nota, la seconda serve per misurare la corrente indotta; la corrente indotta dipende dal valore della riluttanza del circuito magnetico, che, a sua volta, dipende dalla vicinanza delle barre d’armatura: se il circuito magnetico comprende oltre al nucleo magnetico ed al calcestruzzo, anche una barra di armatura, la riluttanza diminuisce ed aumenta la corrente indotta, che viene misurata mediante un amperometro a bobina mobile.
La riluttanza è influenzata sia dal diametro dell’armatura sia dalla profondità a cui essa si
trova al di sotto della superficie, ed pertanto è possibile correlare il valore della corrente
misurata con lo spessore del copriferro ed il diametro dell’armatura.
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Determinazione della profondità di carbonatazione
La prova si basa sulla proprietà di un indicatore chimico ad indicare, con variazione di colore, la basicità di una soluzione acquosa presente su una superficie. Generalmente è utilizzata una soluzione all’1% di fenolftaleina in alcool etilico. La fenolftaleina vira al rosso al contatto con soluzioni il cui pH è maggiore di 9.2 e rimane incolore per valori di pH minori, quali quelle del calcestruzzo carbonatato.
La prova può essere eseguita utilizzando in alternativa un campione che può essere costituito da carote, microcarote o coni d’estrazione oppure una superficie di frattura: in entrambi i casi è fondamentale che sia disponibile un riscontro della quota interna rispetto alla superficie esterna del calcestruzzo, e che la superficie pulita dalla presenza di frammenti e detriti. Nel caso in cui la superficie in esame è particolarmente arida e secca, può essere necessaria una preventiva umidificazione con acqua pulita. La misura della quota della linea che demarca la superficie colorata deve essere eseguita dopo un conveniente tempo di attesa (30 – 60 minuti) mediante un regolo e con la precisione del millimetro ad intervalli equispaziati onde poter rilevare il valore minimo, medio e massimo.
Prove sugli acciai
Prova Vickers
La prova con microdurometro Vickers permette di ottenere una valutazione della resistenza meccanica dell’acciaio in sito. Per la sua semplicità consente di estendere la prova ad una grande quantità di elementi permettendo una efficace valutazione statistica.
L’area d‘indagine deve preventivamente essere preparata eliminando la vernice e lucidandola con carta abrasiva. La misura della durezza si ottiene premendo la punta di diamante dello strumento sulla superficie dell’acciaio e producendo un’impronta; in questo modo si carica progressivamente una molla elicoidale contenuta nel corpo della sonda.
Quando il carico ha raggiunto un valore corrispondente a quello di taratura lo strumento rileva automaticamente la misura dell’impronta e la memorizza.
Per ogni area di indagine si eseguono 15 misure che sono mediate scartando il valore più
alto e quello più basso, e da esse si ricava il valore medio di durezza Vickers (HV) dal quale
possiamo ottenere la resistenza caratteristica a rottura per trazione dell’acciaio.
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Liquidi penetranti
La prova dei liquidi penetranti ha lo scopo di individuare eventuali cricche e porosità nelle saldature. Le cricche possono presentarsi sia nella zona fusa sia nella zona adiacente alterata dal processo termico di saldatura, e possono essere longitudinali, trasversali o interdendriche (tra i grani dendritici della zona fusa). Secondo un’altra classificazione, le cricche da saldatura sono dette a caldo se si producono nella fase di solidificazione ma a temperature elevate, a freddo se si formano alla fine del processo di raffreddamento.
Per l’individuazione delle cricche il metodo più semplice è quello dei liquidi penetranti.
Questi liquidi oleosi hanno una grande capacità di penetrazione nelle fessure infinitesimali della superficie della saldatura o anche di un semplice elemento metallico.
Dopo aver accuratamente pulito l’area di indagine, si applica il liquido penetrante mediante l’immersione dell’elemento in un contenitore o attraverso la spalmatura con tampone o a spruzzo. Successivamente si lava la superficie e si spruzza un liquido di contrasto che permette di evidenziare, alla vista con lente di ingrandimento, le eventuali penetrazioni del liquido nelle cricche.
2.2.2 Prove su elementi strutturali
Le prove in situ riguardanti gli elementi strutturali sono tipicamente le prove di carico.
La prova di carico consiste nella misura di un abbassamento (freccia) di una parte della struttura quando questa viene sottoposta a carichi imposti con diverse tecniche.
Eseguite sulle strutture sono utili per il controllo globale e diretto della buona esecuzione delle opere costruite, oltre che per la verifica delle deflessioni e delle sollecitazioni prodotte dai carichi. Esse permettono di verificare se gli elementi strutturali restano in campo elastico per effetto delle forze esterne applicate che devono raggiungere, al massimo, quelle previste in fase di progetto agli stati limite di esercizio (carico equivalente).
A tal fine è necessario realizzare condizioni di carico significative, raggiungendo l'intensità
massima attraverso vari incrementi e lasciare le strutture sotto carico massimo costante per
un determinato periodo di tempo affinché il materiale possa deformarsi completamente. La
determinazione degli spostamenti e degli sforzi colti in corrispondenza di punti degli
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elementi esaminati, permette di confrontare il comportamento effettivo con quello ipotizzato e di verificare la validità del calcolo preso in esame nel progetto.
In genere possono essere eseguite su diverse tipologie di strutture come:
− solai, capriate, scale;
− pali di fondazione, setti, micropali;
− pavimentazione, sottofondi;
− ponti, viadotti;
− chiodature, tirafondi.
L'applicazione del carico avviene a seconda del caso in esame: con martinetti idraulici a tiro o a spinta, vasche d'acqua, camion carichi, bancali di cemento ecc.
Gli strumenti di misura sono di solito trasduttori di spostamento millesimali, trasduttori di pressione, livelle ottiche.
La prova potrà essere svolta con più cicli di carico e, alla fine, dovrà essere controllato il valore residuo di deformazione allo scarico.
Nel seguito si descriveranno brevemente le prove di carico che possono essere effettuate nei riguardi degli edifici industriali
Prova su capriate
Nelle prove sulle capriate i carichi sono applicati direttamente sui nodi, generalmente quelli superiori, attraverso l’ancoraggio degli stessi a speciali catene che all’estremo inferiore vengono agganciate a martinetti oleodinamici di trazione, a loro volta fissati ad un opportuno contrasto: quando la pavimentazione è sufficientemente robusta, almeno 15 cm di calcestruzzo armato, i martinetti vengono bloccati a putrelle d’acciaio fissate al suolo tramite tasselli; in altre situazioni l’ancoraggio è costituito da normali pesi o da autocarri.
Questa tecnica ha il pregio di corrispondere alle effettive condizioni di progetto in quanto, il carico distribuito accidentale viene trasmesso, attraverso gli arcarecci, direttamente ai nodi sottoforma di carichi concentrati.
Nella pratica le capriate sono collaudate o analizzate quando la copertura è già in opera, ciò
comporta che i carichi sono in parte ridistribuiti sulle capriate adiacenti tramite gli arcarecci,
i controventi e la copertura stessa: l’ideale, pertanto, sarebbe quello di caricare
contemporaneamente almeno tre capriate.
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Prescindendo da questa dispendiosa possibilità si può considerare l’apporto collaborante delle capriate adiacenti; supponendo che la deformazione si fermi alle prime capriate adiacenti si dovrà incrementare la forza P della parte di carico distribuita lateralmente, attraverso il coefficiente di incremento I ricavato tramite la formula:
/ 1 % ∑ 1
)1 dove Y
c
è la freccia della capriata caricata e Y
a