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Analisi di vulnerabilità sismica e proposte di intervento sulla scuola Carlo Collodi a Firenze

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

S

CUOLA

DI

I

NGEGNERIA

Tesi di Laurea Magistrale in

I

NGEGNERIA

E

DILE E DELLE

C

OSTRUZIONI

C

IVILI

C

URRICULUM

C

OSTRUZIONI

C

IVILI

A

NALISI DI VULNERABILITÀ SISMICA E

PROPOSTE DI INTERVENTO SULLA SCUOLA

C

ARLO

C

OLLODI” A

F

IRENZE

Relatori:

Candidato:

PROF.SSA ING. MARIA LUISA BECONCINI FLAVIO MUSTO

PROF. ING. PIETRO CROCE ING. FILIPPO LANDI

ING. CATERINA MOCHI

ANNO ACCADEMICO 2017/2018 09/10/2018

(2)
(3)
(4)
(5)

SOMMARIO

- 1 -

SOMMARIO

SOMMARIO ... - 1 -

INTRODUZIONE ... - 5 -

1. ANALISI DELLA SISMICITA’ ... - 9 -

1.1 Il rischio sismico ... - 9 -

1.2 Quadro normativo ... - 10 -

1.2.1 In Italia ... - 11 -

1.2.2 In Toscana ... - 14 -

1.3 Documento conoscitivo del rischio sismico in Toscana ... - 18 -

1.4 Sismicità nella città metropolitana di Firenze ... - 19 -

1.4.1 Classificazione sismica di Firenze ... - 21 -

1.4.2 Classificazione sismica del sito oggetto di studio ... - 21 -

1.5 Storia sismica fiorentina, “il Grande Terremoto” ... - 22 -

1.6 Edilizia scolastica in Italia ... - 23 -

2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA ... - 27 -

2.1 Comportamento scatolare ... - 28 -

2.1.1 Valutazione del collegamento parete-parete ... - 29 -

2.1.2 Valutazione del collegamento pareti-orizzontamenti ... - 31 -

2.1.3 Valutazione della qualità del sistema resistente ... - 33 -

2.1.4 Regolarità in pianta e in altezza ... - 35 -

2.1.5 Comportamento diaframmatico dei solai ... - 37 -

2.1.6 Comportamento delle strutture di copertura ... - 37 -

2.2 Principali meccanismi di collasso per edifici in muratura ... - 39 -

2.2.1 Meccanismi di collasso della parete fuori dal piano ... - 39 -

2.2.2 Meccanismi di collasso della parete nel piano ... - 44 -

2.2.3 Disgregazione della tessitura muraria ... - 48 -

2.3 Normativa italiana sugli edifici esistenti ... - 48 -

2.4 Procedure per la valutazione della sicurezza ... - 50 -

3. LA SCUOLA PRIMARIA “C. COLLODI” ... - 51 -

3.1 Descrizione del complesso scolastico ... - 51 -

3.2 Analisi storica ... - 55 -

3.2.1 Progetto originale... - 56 -

3.2.2 Interventi recenti ... - 58 -

(6)

- 2 -

3.3.1 Piano Seminterrato ... - 70 -

3.3.2 Piano Terra ... - 74 -

3.3.3 Piano Primo ... - 77 -

3.3.4 Piano Secondo – ex casa del custode ... - 80 -

3.3.5 Sottotetto ... - 81 -

3.3.6 Copertura ... - 83 -

3.4 Descrizione degli elementi strutturali ... - 84 -

3.4.1 Le fondazioni ... - 84 - 3.4.2 Le murature ... - 85 - 3.4.3 I solai ... - 86 - 3.4.4 La copertura ... - 88 - 3.4.5 Le scale ... - 90 - 3.4.6 Architravi ... - 90 -

4. INDAGINI IN SITU SULL’EDIFICIO ... - 91 -

4.1 Saggi e esecuzione delle prove ... - 91 -

4.1.1 Termografia ... - 93 -

4.1.2 Stonacatura delle murature ... - 94 -

4.1.3 Prove di estrazione ... - 96 -

4.1.4 Martinetti piatti ... - 102 -

4.1.4.1 Prova con martinetto singolo ... - 105 -

4.1.4.2 Prova con martinetto doppio ... - 108 -

4.1.5 Rimozione dei controsoffitti ... - 115 -

4.1.6 Rimozione del pavimento ... - 116 -

4.1.7 Pacometro e rimozione del copriferro ... - 117 -

4.2 Determinazione dei parametri meccanici della muratura ... - 118 -

4.2.1 Livelli di Conoscenza e Fattori di Confidenza ... - 118 -

4.2.2 Parametri meccanici delle murature ... - 121 -

5. ANALISI DEI CARICHI ... - 127 -

5.1 Pesi propri portanti ... - 127 -

5.2 Carichi permanenti ... - 128 -

5.2.1 Solai piano terra e piano primo ... - 128 -

5.2.2 Scale ... - 130 -

5.2.3 Tramezzi ... - 131 -

5.2.4 Copertura ... - 132 -

5.2.5 Interventi successivi alla costruzione ... - 134 -

(7)

SOMMARIO

- 3 -

5.4 Carico neve ... - 138 -

5.5 Azione del vento ... - 141 -

5.6 Azione sismica ... - 145 -

5.7 Combinazioni delle azioni ... - 154 -

6. METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA ... - 159 -

6.1 Analisi dinamica modale ... - 159 -

6.2 Verifica degli elementi in muratura ... - 164 -

6.2.1 Verifica a pressoflessione nel piano ... - 164 -

6.2.2 Verifica a pressoflessione ortogonale al piano ... - 166 -

6.2.3 Taglio per fessurazione diagonale ... - 169 -

6.3 Analisi statica non lineare ... - 171 -

6.3.1 Analisi POR ... - 171 -

6.3.2 Analisi Pushover ... - 183 -

6.3.3 Indice di vulnerabilità definito con l’analisi pushover ... - 191 -

6.3.4 Analisi POR modificata ... - 193 -

6.4 Analisi per allineamenti di pareti ... - 193 -

6.4.1 Calcolo della resistenza a taglio di un allineamento ... - 194 -

7. MODELLAZIONE STRUTTURALE ... - 197 -

7.1 Introduzione ... - 197 -

7.2 Modellazione con il software Aedes PCM ... - 198 -

7.2.1 Il metodo agli elementi finiti ... - 198 -

7.2.2 Definizione del modello di calcolo ... - 199 -

7.3 Modellazione con E-PUSH ... - 200 -

7.3.1 Introduzione all’algoritmo ... - 200 -

7.3.2 Applicazione al caso in studio ... - 201 -

8. RISULTATI DELLE ANALISI E VERIFICHE ... - 203 -

8.1 Risultati dell’analisi per allineamenti di pareti ... - 203 -

8.1.1 Blocco 1 ... - 204 -

8.1.2 Blocco 2 ... - 225 -

8.1.3 Confronto risultati per allineamenti tra EPUSH e Aedes PCM ... - 236 -

8.2 Risultati analisi dinamica modale ... - 240 -

8.2.1 Blocco 1 ... - 241 -

8.2.1.1 Verifiche della muratura ... - 243 -

8.2.2 Blocco 2 ... - 246 -

8.2.2.1 Verifiche della muratura ... - 249 -

(8)

- 4 -

9. MECCANISMI LOCALI ... - 257 -

9.1 Analisi cinematica lineare ... - 262 -

9.1.1 Verifiche allo Stato Limite di Danno ... - 266 -

9.1.2 Verifiche allo Stato Limite di Salvaguardia della Vita ... - 267 -

9.2 Analisi cinematica non lineare ... - 268 -

9.2.1 Verifiche allo Stato Limite di Salvaguardia della Vita ... - 271 -

10. PROPOSTE DI CONSOLIDAMENTO ... - 273 -

10.1 Inserimento del piano rigido ... - 274 -

10.1.1 Analisi con EPUSH ... - 275 -

10.1.2 Analisi con Aedes PCM 2016 ... - 287 -

10.1.3 Confronto EPUSH e Aedes PCM 2016 ... - 306 -

10.1.4 Osservazioni sul modulo tangenziale elastico ... - 309 -

10.1.5 Conclusioni ... - 313 -

10.2 Intonaco armato ... - 314 -

10.2.1 Introduzione ... - 314 -

10.2.2 Analisi con Aedes PCM ... - 316 -

10.2.3 Conclusioni ... - 319 -

10.3 Inserimento di catene ... - 319 -

10.3.1 Analisi cinematica lineare - Verifica allo SLD ... - 324 -

10.3.2 Analisi cinematica lineare - Verifica allo SLV ... - 324 -

10.3.3 Analisi cinematica non lineare ... - 325 -

10.3.4 Contributo dei tiranti nel meccanismo a flessione verticale ... - 329 -

10.3.5 Conclusioni ... - 333 -

10.4 Chiusura di più aperture esterne ... - 333 -

10.4.1 Analisi con EPUSH ... - 334 -

10.4.2 Conclusioni ... - 337 - CONSIDERAZIONI FINALI ... - 339 - ALLEGATI ... - 341 - BIBLIOGRAFIA ... - 342 - Riferimenti bibliografici ... - 342 - Articoli ... - 342 - Tesi di laurea ... - 343 - Riferimenti normativi ... - 343 -

(9)

INTRODUZIONE

- 5 -

INTRODUZIONE

Il nostro paese è caratterizzato da una pericolosità sismica medio-alta, ma anche da una vulnerabilità delle costruzioni molto elevata: il nostro patrimonio edilizio è, infatti, caratterizzato da una notevole debolezza, dovuta soprattutto all’età e alle caratteristiche tipologiche e strutturali delle costruzioni; di qui, la necessità di valutarne la vulnerabilità e conseguentemente individuare un programma di interventi volti a ridurre tale vulnerabilità.

Il presente lavoro di tesi ha per oggetto lo studio della vulnerabilità sismica dell’edificio in muratura portante in cui ha sede il complesso scolastico “Scuola primaria C. Collodi”, ubicato in Via Maffei n° 44 – 46 nel quartiere “le Cure” di Firenze (FI), e di alcune proposte di consolidamento atte a migliorarne il comportamento locale e globale se soggetto ad azione sismica.

Esso nasce dalla convenzione per lo svolgimento in comune di attività di pubblico interesse mediante accordo di ricerca’’ stipulata in data 12/10/2016 fra il Comune di Firenze ed il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, allo scopo di effettuare attività di ricerca relativa all’accertamento della vulnerabilità sismica del patrimonio comunale di edilizia scolastica ed impiantistica sportiva.

A tal fine, l’ordinanza PCM 3274 del 20/03/2003 introduceva l’obbligo della valutazione della sicurezza degli edifici esistenti cosiddetti strategici o rilevanti, con l’obiettivo di stabilire il livello di adeguatezza di tali costruzioni rispetto agli standard definiti dalle norme tecniche e dalla classificazione sismica, e di definire una programmazione degli interventi di adeguamento.

Le procedure per la valutazione della vulnerabilità sismica possono essere condotte con diversi gradi di approfondimento e complessità di calcolo; nel caso dell’edilizia pubblica, gli enti interessati di solito hanno un numero molto elevato di edifici che richiedono la valutazione di vulnerabilità, tale da rendere necessaria l’applicazione di procedure speditive.

E’ questo il caso del Comune di Firenze, che, trovandosi nella necessità di valutare la vulnerabilità sismica degli edifici scolastici, ha deciso di affidare all’ Università di Pisa il compito di individuare una metodologia di valutazione speditiva e affidabile e di

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- 6 -

applicarla sul campione di edifici scolastici fiorentini in muratura, di cui la scuola primaria ‘’C. Collodi’’, oggetto del lavoro di tesi, fa parte.

Dopo aver effettuato una attenta ricerca storica presso l’Archivio Storico della città di Firenze e il Genio Civile della Provincia di Firenze, seguito da un dettagliato rilievo geometrico strutturale, approfondito con estesi saggi in situ volti ad ottenere un livello di conoscenza LC3 del fabbricato, è stato possibile realizzare un modello numerico rappresentativo dell’attuale stato di fatto della struttura, sia tramite un software commerciale di calcolo agli elementi finiti (Aedes PCM) sia utilizzando un algoritmo ideato e creato dall’Ingegnere Filippo Landi (EPUSH) basato sul metodo POR.

La struttura è stata analizzata suddividendola in due corpi differenti a causa del sensibile dislivello tra una parte e l’altra, oltre che a dislivelli presenti all’interno di ciascun corpo. In base a quanto previsto dalle NTC 2008, il comportamento delle due parti è stato caratterizzato attraverso le analisi modale e pushover. La prima ha avuto come obiettivo la definizione dei modi di vibrare della struttura e l’esecuzione delle verifiche a taglio e pressoflessione. La seconda, invece, sottopone la singola struttura ad una forza tagliante crescente associata agli spostamenti del punto di controllo. Infine, la risposta della struttura viene confrontata con una forza sismica calcolata secondo la normativa.

Per quanto riguarda l’analisi pushover, la struttura allo stato attuale è stata analizzata per allineamenti di maschi murari perché i solai non sono possono essere considerati infinitamente rigidi. Per dimostrare che i risultati ottenuti utilizzando l’algoritmo EPUSH e il software commerciale Aedes PCM sono simili, è stato eseguito un confronto in termini di curve di capacità.

Successivamente, in base alle caratteristiche dell’edificio in esame e sulla base di calcoli semplificati, lo studio dei meccanismi locali ha evidenziato la presenza di criticità localizzate.

In seguito sono state analizzate alcune soluzioni atte a migliorare il comportamento locale e globale di ciascun blocco nei confronti dell’azione sismica, tra cui l’inserimento di piani rigidi, il consolidamento mediante intonaco armato, l’inserimento di catene e la chiusura di alcune aperture esterne.

La fase finale consiste nella valutazione dei risultati derivanti dalle analisi condotte sia a livello globale che locale, in base alla quale sono state date indicazione sulle proposte di

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INTRODUZIONE

- 7 -

intervento da prendere in considerazione per ridurre la vulnerabilità maggiormente penalizzante.

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(13)

1. ANALISI DELLA SISMICITA’

- 9 -

1

.

ANALISI DELLA SISMICITA’

1.1 Il rischio sismico

Il rischio sismico è il risultato dell’azione combinata tra il terremoto e le principali caratteristiche della comunità esposta (popolazione, edifici, infrastrutture, etc.). Si definisce come l’insieme dei possibili effetti che un terremoto di riferimento può produrre in un determinato intervallo di tempo, in una determinata area, in relazione alla sua probabilità di accadimento ed al relativo grado di intensità (severità del terremoto). La determinazione del rischio sismico è legata a tre fattori principali:

1. Vulnerabilità: consiste nella valutazione della possibilità che persone, edifici o attività subiscano danni o modificazioni al verificarsi dell’evento sismico di una data intensità. Misura da una parte la perdita o la riduzione di efficienza del fabbricato, dall’altra la capacità residua a svolgere ed assicurare le funzioni che il sistema territoriale nel suo complesso esprime in condizioni normali. Ad esempio nel caso degli edifici, la vulnerabilità dipende dai materiali, dalle caratteristiche costruttive e dallo stato di manutenzione ed esprime la loro resistenza al sisma. 2. Pericolosità: esprime la probabilità che, in un certo intervallo di tempo, un’area

sia interessata da terremoti che possono produrre danni. Dipende dal tipo di terremoto, dalla distanza tra l’epicentro e la località interessata nonché dalle condizioni geomorfologiche. In Italia viene assunto come pericolosità sismica di riferimento il valore dell’accelerazione orizzontale al suolo rigido che ha una probabilità del 10% di essere superato in un periodo di 50 anni, cioè con un intervallo di ricorrenza, o periodo di ritorno, di 475 anni.

3. Esposizione: è una misura dell’importanza dell’oggetto esposto al rischio in relazione alle principali caratteristiche dell’ambiente costruito. Consiste nell’individuazione, sia come numero che come valore, degli elementi componenti il territorio o la città, il cui stato, comportamento e sviluppo può venire alterato dall’evento sismico (il sistema insediativo, la popolazione, le attività economiche, i monumenti, i servizi sociali).

Una zona a pericolosità sismica molto elevata, ma priva di attività umane, ha un rischio sismico molto basso. Al contrario, una zona a pericolosità sismica bassa, ma molto popolata, o i cui edifici siano mal costruiti o mal conservati, ha un livello di rischio

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- 10 -

sismico molto elevato, poiché anche un terremoto moderato potrebbe produrre conseguenze gravi.

La vulnerabilità degli edifici, che dipende dal tipo di costruzione e dal suo livello di manutenzione, resta il fattore principale su cui si può intervenire per ridurre il rischio da terremoto di ogni zona.

1.2 Quadro normativo

Considerando i dati statistici del XX secolo, quasi il 60% delle vittime di disastri naturali è causata dai terremoti. Per questa ragione si è sviluppata negli ultimi decenni una sensibilità sempre più alta rispetto alla problematica della costruzione di edifici in zona sismica.

I primi provvedimenti antisismici sono stati introdotti a seguito di eventi calamitosi. In Italia si sono susseguite varie generazioni di Norme: dalle “puramente descrittive”, della prima generazione, fino alle “prestazionali multilivello” della quarta generazione. Si possono definire, in base ai contenuti delle varie norme che si sono succedute nel tempo, una classificazione generale che prevede:

o Norme di I generazione, puramente prescrittive (antecedenti al 1960);

o Norme di II generazione, prestazionali a singolo livello (dal 1960 al 1980);

o Norme di III generazione, prestazionali a doppio livello (dal 1980 al 2000);

o Norme di IV generazione, prestazionali multilivello (dopo il 2000).

L’approccio prestazionale multilivello rappresenta la naturale evoluzione della filosofia di progetto agli stati limite e scaturisce dalla necessità di definire, accanto agli stati limite di danno ed ultimo, una soglia di danneggiamento ammissibile anche per i livelli dell’intensità sismica, in modo da combinare considerazioni di carattere economico a quelle di sicurezza e salvaguardia delle vite umane.

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1. ANALISI DELLA SISMICITA’

- 11 -

1.2.1 In Italia

La prima classificazione sismica vera e propria del territorio italiano risale alla promulgazione del Regio Decreto del 13 marzo 1927 n.431. In questa norma era riportato un elenco dei comuni sismici italiani, distinti in due categorie, in relazione al loro grado di sismicità ed alla loro costituzione geologica. Pertanto, la mappa sismica in Italia non era altro che la mappa dei territori colpiti dai forti terremoti avvenuti dopo il 1908, mentre tutti i territori colpiti prima di tale data, la maggior parte delle zone sismiche del territorio nazionale, non erano classificati come sismici e, conseguentemente, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della normativa antisismica. La lista, originariamente, consisteva nei comuni della Sicilia e della Calabria gravemente danneggiati dal terremoto del 1908, che veniva modificata dopo ogni evento sismico aggiungendovi semplicemente i nuovi comuni danneggiati.

Nel 1974 fu promulgata una nuova normativa sismica nazionale contenente alcuni criteri di costruzione antisismica, e una nuova classificazione sismica, cioè la lista dei comuni in cui dovevano essere applicate le norme costruttive, aggiornabile qualora le nuove conoscenze in materia lo suggerissero, e nella quale tuttavia, fino al 1980, vennero inseriti semplicemente i comuni nuovamente colpiti da terremoti. Gli studi sismologici e geologici che seguirono i terremoti del 1976 in Friuli e del 1980 in Irpinia, svolti nell’ambito del Progetto finalizzato “Geodinamica” del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), portarono ad un sostanziale sviluppo delle conoscenze sulla sismicità del territorio nazionale e permisero la formulazione di una proposta di classificazione sismica basata, per la prima volta in Italia, su indagini di tipo probabilistico della sismicità italiana. La proposta del CNR fu presentata al governo e tradotta in una serie di decreti del Ministero dei Lavori Pubblici approvati tra il 1980 ed il 1984, che hanno costituito, pertanto, la classificazione sismica italiana fino all’emanazione dell’ordinanza n.3274 del 20 marzo 2003.

Nella proposta del CNR la classificazione sismica ha preso in considerazione tre categorie sismiche, di cui la terza (la meno pericolosa) ha compreso solo alcuni comuni della Campania, Puglia e Basilicata, interessati dal terremoto di Irpinia e Basilicata del 1980, ma che non è stata estesa alle altre zone d’Italia con pari livello di pericolosità.

Relativamente, invece, alle Norme Tecniche, già con il DM del 3 marzo 1975, sono state emanate le prime disposizioni successivamente integrate da una serie di successivi

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decreti, tra cui si ricordano il DM del 12 febbraio 1982, a sua volta sostituito dal DM del 16 gennaio 1996

Immediatamente dopo il terremoto del 31 ottobre 2002 che ha colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia, la Protezione Civile ha adottato l’ordinanza del marzo 2003 n.3274 al fine di fornire una risposta immediata alla necessità di aggiornamento della classificazione sismica e delle norme antisismiche.

Tale ordinanza prevede che tutto il territorio nazionale sia classificato come sismico e suddiviso in 4 zone, caratterizzate da pericolosità sismica decrescente; tali zone sono individuate da 4 classi di accelerazione massima del suolo con probabilità di accadimento del 10% in 50 anni. Le prime tre zone della nuova classificazione corrispondono alle zone di sismicità alta, media e bassa, mentre per la zona 4 viene data facoltà alle regioni di imporre l’obbligo della progettazione antisismica. In ogni zona è, infatti, prevista l’applicazione della progettazione sismica con livelli differenziati di severità, salvo, come detto in precedenza, nella zona 4.

L’OPCM n. 3274 del 20 marzo 203 detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n.112 del 1998 e Decreto del Presidente della Repubblica n.380 del 2001 - “Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone.

Come di può osservare, sparisce il territorio “non classificato”, che diviene sona 4, nel quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo di una progettazione con criteri antisismici.

A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione su roccia:

(17)

1. ANALISI DELLA SISMICITA’ - 13 - o Zona 1, ܽ> 0,25 o Zona 2, 0,15 < ܽ < 0,25 o Zona 3, 0,05 < ܽ < 0,15 o Zona 4, ܽ ≤ 0,05

Qualunque sia stata la scelta regionale, a ciascuna zona o sottozona è attribuito un valore di pericolosità di base, espressa in termini di accelerazione massima su suolo rigido (ܽ௚).

Figura 1: mappa di pericolosità sismica nazionale (fonte: INGV)

Dal 1 luglio 2009, con un anno di anticipo rispetto a quanto in previsione anche a causa del terremoto che ha colpito l’Abruzzo nell’Aprile 2009, entra in vigore il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14/01/2008, anche conosciuto come NTC2008 (Norme Tecniche delle Costruzioni del 2008). I dodici capitoli che le

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- 14 -

compongono hanno comportato una sensibile variazione della filosofia delle verifiche ed hanno introdotto il concetto di pericolosità sismica locale: è stata abbandonata la concezione del territorio italiano diviso in zone sismiche ed è stata formulata una completa zonizzazione mediante adozione di un reticolo i cui vertici sono dotati di caratteristiche puntuali di pericolosità sismica.

Per ogni costruzione ci si riferisce ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera.

Un valore di pericolosità di base definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 Km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali. Si individuano 4 stati limite introdotti dalla normativa, ognuno dei quali attribuibile ad un periodo di ritorno per la definizione dei livelli di accelerazione simica al suolo.

• SLO: Stato limite di operatività; • SLD: Stato limite di danno;

• SLV: Stato limite di salvaguardia della vita; • SLC: Stato limite di collasso.

Quindi la progettazione deve essere svolta sulla base di un’accelerazione individuata dalle coordinate geografiche dell’area di progetto, dalla vita nominale dell’opera e dalla probabilità di superamento relativa allo stato limite considerato.

1.2.2 In Toscana

La prima classificazione sismica della Toscana è avvenuta con Regio Decreto del 13 marzo 1927 n.431 con il quale sono stati dichiarati in zona sismica poco più di 70 comuni delle aree della Lunigiana, Garfagnana, Mugello, Alta Val Tiberina e Amiata.

Nel decennio successivo, più di un terzo vennero declassificati.

Tra il 1981 e il 1984, dopo il terremoto in Irpinia, tutto il territorio nazionale è stato classificato con criteri omogenei e in Toscana 112 nuovi Comuni sono stati classificati ad alta pericolosità (zona 2), insieme ad una parte dei Comuni precedentemente

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1. ANALISI DELLA SISMICITA’

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declassificati. Una buona parte del territorio è rimasta priva di una normativa antisismica per molti anni.

L’Ordinanza PCM n.3274/2003 ha aggiornato l’assegnazione dei Comuni alle zone sismiche, adottando un criterio cautelativo e introducendo la zona 4 che indica una pericolosità moderata. Per la Toscana è stata confermata la precedente classificazione e i Comuni non classificati sono stati inseriti per lo più in zona 3, tranne la Maremma in zona 4.

Figura 2: data di ingresso in zona sismica dei Comuni della Toscana (fonte: INGV)

La Regione Toscana, con la Deliberazione di G.R. del 19/06/2006 n.431, ha modificato la classificazione dell’Ordinanza PCM n.3274/2003, inserendo la nuova zona sismica 3S, che la differenzia dalla classificazione classica a livello nazionale. I comuni che si trovano in tale zona a bassa sismicità devono attuare le predisposizioni tecniche previste per i comuni che ricadono in zona 2.

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- 16 -

Figura 3: mappa classificazione sismica del 2006 in Toscana (fonte: Regione Toscana)

Con l’entrata in vigore del DM del 14 gennaio 2008, la stima della pericolosità sismica di base, intesa come accelerazione massima orizzontale su suolo rigido e pianeggiante, viene definita mediante un approccio “sito dipendente” e non più tramite il criterio della “zona dipendente”.

Secondo l’approccio “zona dipendente”, adottato dalle precedenti normative nazionali in campo antisismico, l’accelerazione di base (ܽ), senza considerare l’incremento dovuto ad effetti locali dei terreni, era direttamente derivante dalla zona sismica di appartenenza del comune nel cui territorio è localizzato il sito di progetto.

(21)

1. ANALISI DELLA SISMICITA’

- 17 -

La classificazione del territorio è scollegata dalla determinazione dell’azione sismica di progetto, mentre rimane il riferimento per la trattazione di problematiche tecnico-amministrative connesse con la stima della pericolosità sismica. Pertanto, secondo quanto riportato nell’Allegato A del DM 14 gennaio 2008, la stima dei parametri spettrali necessari per la definizione dell’azione sismica di progetto viene effettuata calcolandoli direttamente per il sito in esame, utilizzando come riferimento le informazioni disponibili nel reticolo di riferimento1. La Toscana è interessata da 936 nodi.

Non essendo più necessaria la cautela introdotta mediante la zona sismica 3S, la classificazione dei Comuni toscani è stata successivamente aggiornata (DGR n.878/2012) suddividendo il territorio regionale in 3 zone sismiche (2, 3 e 4).

Viene riportata di seguito la mappa della classificazione sismica della Regione Toscana, aggiornata con la Delibera GRT n.421/2014.

Figura 4: mappa classificazione sismica del 2014 in Toscana (fonte: Regione Toscana)

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Su un totale di 280 Comuni:

o 92 sono inseriti in zona 2, con possibili terremoti anche abbastanza forti;

o 164 in zona 3, a bassa sismicità;

o 24 in zona 4, la meno pericolosa.

Come è possibile osservare dalla mappa, le zone sismiche più pericolose sono localizzate in corrispondenza dell’Appennino: la Lunigiana, la Garfagnana, il Mugello, la Val-tiberina al confine con l’Umbria, il Casentino e l’Amiata.

1.3 Documento conoscitivo del rischio sismico in Toscana

Questo documento riassume tutte le attività di prevenzione sismica realizzate sul territorio e il quadro di conoscenza che abbiamo in Toscana sullo stato di pericolosità sismica locale del territorio e sulla vulnerabilità del patrimonio edilizio, attuato mediante indagini, verifiche, interventi strutturali con particolare riferimento agli edifici pubblici strategici e rilevanti in zona 2.

E’ stato introdotto dalla Legge Regionale n.58/2009. Si inserisce nell’ambito del quadro conoscitivo del Piano di Indirizzo Territoriale (PIT), quale strumento di pianificazione per le politiche di prevenzione e di riduzione del rischio sismico.

Si struttura in due parti:

• Parte I: Strumenti di conoscenza per la riduzione del rischio sismico; • Parte II: Programmi di riduzione del rischio sismico.

Nella Parte I è riassunto lo stato di conoscenza del rischio sismico in Toscana e sono illustrati gli strumenti e i metodi per la riduzione del rischio sismico.

Nella Parte II sono illustrate in dettaglio e sintetizzate, sia le attività regionali di prevenzione sismica realizzate, sia le attività che si intendono programmare per la riduzione del rischio in relazione alle priorità ed alle risorse economiche disponibili. Oltre che all’elaborazione e aggiornamento del documento conoscitivo del rischio sismico, la Regione Toscana ha attivato diverse iniziative che sinergicamente concorrono

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1. ANALISI DELLA SISMICITA’

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alla prevenzione sismica della popolazione e del patrimonio edilizio della Toscana, tra cui:

- definizione di studi di microzonazione sismica nei comuni o unioni dei comuni che non lo hanno ancora fatto;

- definizione della regolamentazione delle attività di gestione dell’emergenza post-terremoto, così da assicurare un miglior coordinamento tra le diverse strutture regionali coinvolte nelle molteplici e complesse attività;

- implementazione di un data base di censimento e caratterizzazione degli edifici pubblici strategici.

1.4 Sismicità nella città metropolitana di Firenze

Nel 2005 la Provincia di Firenze ha avviato e portato a termine, grazie ad una convenzione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze, uno studio sul rischio sismico effettuato analizzando le sue tre componenti: pericolosità, vulnerabilità ed elementi a rischio.

Per lo studio della pericolosità sismica sono state utilizzate carte del SSN-GNDT, inoltre sono stati individuati gli epicentri dei maggiori terremoti storici e di quelli registrati strumentalmente negli ultimi venti anni. Quindi è stato condotto uno studio specifico sulle possibili sorgenti sismogenetiche. Lo studio di risposta sismica locale è stato effettuato integrando informazioni geologico-tecniche e morfometriche del territorio provinciale ad acquisizioni strumentali del rumore ambientale per la stima del fattore di amplificazione e dei periodi di risonanza dei terreni.

La vulnerabilità sismica degli edifici è stata stimata in base al loro periodo di costruzione. Sono state individuate tre classi di vulnerabilità e, attraverso matrici di probabilità di danno, è stato possibile mettere in relazione l’intensità del terremoto atteso al livello di danno per ogni classe di vulnerabilità.

Le carte topografiche numeriche sono state utilizzate per estrarre e per classificare gli elementi a rischio che sono stati raggruppati in: edifici e centri abitati, linee di

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comunicazione, reti tecnologiche, materiali pericolosi ed edifici di particolare interesse artistico e religioso.

L’area di Firenze risente soprattutto dei forti terremoti che colpiscono la catena dell’Appennino centro-settentrionale. Recentemente è successo il 26 settembre 1997 in seguito al sisma di Colfiorito nelle Marche con intensità 5 nel Comune di Firenze e il 24 agosto 2016 con epicentro ad Amatrice dove ci fu una magnitudo pari a 6.2 e i cui effetti furono percepiti anche nel territorio fiorentino.

Le aree sismiche più vicine a Firenze sono quelle del Mugello e del Valdarno superiore, dove si sono verificati in passato terremoti importanti.

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1. ANALISI DELLA SISMICITA’

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1.4.1 Classificazione sismica di Firenze

La zona sismica per il territorio fiorentino, indicata nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, aggiornata con la Deliberazione della Giunta Regionale Toscana n. 421 del 26 maggio 2014 è la zona sismica 3.

1.4.2 Classificazione sismica del sito oggetto di studio

Il Piano Comunale di Emergenza redatto dalla Protezione Civile del Comune di Firenze nell’Allegato C3 individua 4 zone in funzione della pericolosità sismica.

Figura 6: Pericolosità sismica di Firenze - Allegato C3

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L’edificio oggetto del presente lavoro di tesi è situato in zona S3, la quale indica una zona con pericolosità sismica locale elevata.

Come descritto nell’allegato, queste sono aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità quiescenti e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici. Si considerano tali gli effetti che possono verificarsi in occasione di eventi sismici, zone potenzialmente franose o esposte a rischio frana per le quali non si escludono fenomeni di instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

Nell’allegato C4 si individuano le zone in funzione del “Fattore di Amplificazione Sismico Calcolato”, dovuto all’assetto del sottosuolo.

L’edificio oggetto di studio ricade nella zona con Fa > 1,7.

1.5 Storia sismica fiorentina, “il Grande Terremoto”

Il 18 maggio 1895 si ebbe il “Grande Terremoto di Firenze” che interessò in maniera diffusa tutta La prima traccia nella storia dei terremoti in Toscana risale all’11 Luglio 1293, quando un terremoto di magnitudo stimata di 5.4 colpì la città di Pistoia. Da questa data si sono registrati altri 12 terremoti di particolare rilevanza (con magnitudo superiore a 5), due dei quali hanno colpito il territorio fiorentino.

la provincia fiorentina, causando danni diffusi, in alcune zone anche gravi. La scossa, accompagnata da un fortissimo boato simile ad un’esplosione, fu improvvisa e colse alla sprovvista gli abitanti, non essendo stato preceduto da scosse minori.

A Firenze i danni furono molto estesi, ma nel complesso non gravissimi. Non ci furono grandi distruzioni, ma rimasero più o meno danneggiati quasi tutti i monumenti, le chiese e i palazzi storici. I crolli più o meno gravi interessarono: Palazzo Pitti, la Galleria degli Uffizi, Palazzo Medici, Palazzo Strozzi, le volte dei porticati di Piazza SS. Annunziata e di Piazza della Libertà; danni gravissimi interessarono il museo San Marco e l’omonima chiesa; nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, il celebre Duomo di Firenze, si aprirono numerose crepe nelle volte e una catena che univa gli archi laterali della navata centrale si spezzò; dalla Cupola del Brunelleschi caddero intonaci e stuccature; danni più lievi

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1. ANALISI DELLA SISMICITA’

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interessarono il vicino campanile di Giotto, il Battistero, il complesso di S. Croce, la chiesa di San Miniato Al Monte del Santo Spirito e di Santa Maria Novella.

Complessivamente circa 100 edifici risultarono inagibili. A Firenze non vi furono vittime e si contarono solo 6 feriti non gravi.

Questo terremoto dette inizio ad un periodo sismico che si protrasse per circa 13 mesi, ma senza provocare ulteriori danni, caratterizzato da una cinquantina di repliche, i cosiddetti ‘aftershocks’.

Dal punto di vista sismologico, quello avvenuto il 18 maggio del 1895 non può essere definito ‘grande’: infatti per questo evento è stata calcolata una magnitudo pari a 5.4, che rappresenta un valore moderato, in comparazione con quello del 1976 in Friuli, dove si ebbe una magnitudo pari a 6.5, circa 40 volte più potente di quello avvenuto nella città del giglio.

Tuttavia, il terremoto di Firenze rappresenta un caso emblematico di quello che capita quando una pericolosità sismica media, come quella dell’area fiorentina, si combina con un alto valore di beni esposti, sovente anche molto vulnerabili, che fanno parte di uno straordinario patrimonio edilizio, monumentale e artistico di valore inestimabile.

La Firenze attuale è molto più estesa e per certi versi più vulnerabile rispetto a quella di fine Ottocento. Tutta l’area colpita si presenta molto più costruita e abitata, inoltre, oggi si trovano diversi stabilimenti industriali che aumentano il valore economico esposto a eventuali effetti sismici.

Se oggi si ripetesse un terremoto analogo a quello del maggio 1895 i suoi effetti sarebbero probabilmente peggiori di quelli rilevati all’epoca dell’ultimo ‘grande terremoto’ fiorentino.

1.6 Edilizia scolastica in Italia

Per la prima volta, durante l’anno scolastico 2015/2016, il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) ha fatto una fotografia completa degli edifici scolastici.

Gli edifici censiti in Italia risultano essere 42.408, di cui 33.825 sono quelli attivi, cioè quelli in cui sono svolte attività o comunque associati ad istituzioni scolastiche.

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Dal XVIII Rapporto di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi, pubblicato il 17 ottobre 2017, si evince che quello dell’edilizia scolastica in Italia è un patrimonio ampio, diffuso e, in gran parte, antico. Oltre il 60% degli edifici, infatti, è stato costruito prima del 1976, anno di approvazione delle prime Norme tecniche per le costruzioni in zona sismica, e spesso necessita di interventi di manutenzione se non di importanti riqualificazioni. Inoltre il 50% degli edifici è stato costruito prima del 1971, anno di entrata in vigore della normativa2 che rende obbligatorio il certificato di collaudo

statico.

Figura 8: Elaborazione di Legambiente su dati Anagrafe Scolastica - MIUR

Figura 9: Elaborazione di Legambiente su dati Anagrafe Scolastica - MIUR

Sempre dall’indagine di Legambiente, incrociando i dati dell’anagrafe con quelli della classificazione sismica, emerge che oltre il 41% delle scuole (15.055) si trova in zona sismica 1 e 2 e che il 43,4% di questi edifici risalgono a prima del 1976. Mentre solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progetto o adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica.

Nel complesso, dall’analisi realizzata da Legambiente sui Comuni capoluogo emerge la fotografia di un patrimonio edilizio scolastico di bassa qualità con carenze significative

2 L. 5 novembre 1971 n. 1086 “Norme per la disciplina delle opere in c.a., normale e precompresso ed a

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1. ANALISI DELLA SISMICITA’

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di vario tipo, dalla messa in sicurezza antisismica all’adeguamento alle normative (circa il 50% delle scuole non ha il certificato di idoneità statica, di collaudo statico, di agibilità e di prevenzione incendi).

Dal XV Rapporto di Cittadinanzattiva sulla sicurezza delle scuole (settembre 2017) emerge un quadro poco rassicurante della sicurezza sismica. Secondo tale rapporto, infatti, a livello nazionale solo nel 29,3% degli edifici sono state effettuate le verifiche di vulnerabilità sismica, peraltro obbligatorie secondo l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n°3274 del 20 marzo 2003 emanata dopo il terremoto in Puglia e in Molise.

Per quanto riguarda le scuole toscane, sempre dal Rapporto di Legambiente, risulta che sono di più recente costruzione rispetto alla media nazionale: il 41,5% è stato edificato tra il 1975 e il 2016, contro il 36,4% della media nazionale, quindi sono state seguite normative antisismiche. La verifica di vulnerabilità è stata eseguita per il 45,9% contro il 29,3% della media nazionale.

Firenze risulta essere la terza città a livello nazionale per capacità di spesa per la manutenzione straordinaria e la prima per la manutenzione ordinaria.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN

MURATURA

Per vulnerabilità sismica di una struttura si intende la predisposizione della struttura stessa a subire danni più o meno elevati a seguito di un evento sismico di una certa entità. La sua valutazione può essere effettuata in vari modi. La scelta del metodo dipende innanzitutto dal livello di approfondimento che si vuole conseguire e dalle finalità che si perseguono.

Se l’obiettivo consiste nel rilevare quantitativamente le vulnerabilità dell’edificio, e misurarne le prestazioni a fronte di un evento sismico fino alla determinazione dell’Indice di Rischio, allora è necessario ricorrere ai metodi dell’analisi strutturale, avvalendosi di modelli agli elementi finiti. Affinché tali modelli siano rappresentativi della realtà, occorre che si fondino su una conoscenza dell’edificio estesa e dettagliata, che si può ottenere solo mediante rilievi geometrici, ricerche storiche e indagini sui materiali. E’ un percorso estremamente dispendioso poiché richiede oltre alle conoscenze tecnico-ingegneristiche anche un elevato livello di conoscenza della struttura e della sua concezione originaria, quindi di eventuali interventi successivi.

Altri metodi, detti speditivi, sono finalizzati ad una più rapida e sommaria valutazione. Per esempio, sono utilizzati quando in presenza di grandi complessi edilizi occorre definire le priorità di intervento. Questo approccio risulta meno costoso e di più rapida esecuzione.

La conoscenza dello stato di fatto dell’edificio assume fondamentale, necessaria ed insostituibile importanza nella valutazione delle verifiche di sicurezza dell’edificio e nella progettazione dei successivi interventi di adeguamento e miglioramento sismico (stato di progetto).

Un livello di conoscenza adeguato dell’edificio può essere raggiunto soltanto attraverso l’esecuzione di rilievi, saggi ed indagini estesi a campione sull’intero edificio e mirati a quegli elementi strutturali critici che caratterizzano il comportamento scatolare d’insieme al fine di evidenziare le carenze rispetto ad un comportamento globale ed efficace.

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La vulnerabilità di un edificio con struttura portante in muratura tende a valutare la sua propensione a subire danni sotto azione sismica di riferimento. Tale indicatore esprime il comportamento sismico della muratura, determinato dai seguenti fattori:

a) l’importanza dei collegamenti tra pareti verticali;

b) l’importanza dei collegamenti tra pareti ed orizzontamenti; c) il ruolo della resistenza meccanica delle pareti murarie.

2.1 Comportamento scatolare

Il buon comportamento di una costruzione in muratura sotto sisma si esplica attraverso il raggiungimento di un funzionamento scatolare: la capacità di resistere alle azioni orizzontali deve essere affidata ad un sistema di pareti verticali (di taglio) disposte nelle due direzioni principali della pianta dell’edificio. Attraverso idonei collegamenti fra di esse e con i solai e la copertura possono essere ridotti i meccanismi di ribaltamento fuori del piano delle pareti e deve essere consentita una partecipazione d’insieme dei setti murari nella risposta sismica.

La muratura, possedendo una ridotta o nulla resistenza a trazione, denota una scarsa resistenza alle azioni perpendicolari al suo piano, quando la parete è isolata; quindi è necessario collegarla efficacemente alle pareti ortogonali in modo da trasferire ad esse le azioni indotte dal sisma.

Visto che il meccanismo di ribaltamento della parete viene attivato anche con azioni sismiche di modesta entità e che invece la rottura nel piano è mobilitata per azioni per entità molto maggiore, si rende ancora più evidente il concetto che per un buon funzionamento scatolare il problema della singola parete ad azioni fuori del proprio paino deve spostarsi sul problema della resistenza alle azioni agenti nel piano della parete, una volta preclusi i ribaltamenti, secondo un ben preciso ordine gerarchico. In questo caso i contributi resistenti sono di tipo flessionale e tagliante; in particolare, il loro contributo dipende principalmente dalla snellezza dei maschi murari.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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• la muratura deve essere realizzata a regola d’arte e con materiali di qualità tale da non subire fenomeni di disgregazione;

• efficacia dei collegamenti tra pareti verticali e orizzontamenti; • il comportamento a diaframma dei solai;

• la presenza di elementi spingenti senza dispositivi idonei a contrastare tali spinte; • il sistema costruttivo delle murature e la qualità e stato di conservazione dei

materiali impiegati;

• le regolarità in pianta e in elevazione dell’edificio;

• la presenza di eventuali interventi successivi alla costruzione che modificano la rigidezza delle strutture e soprattutto aumentano i carichi permanenti;

Nelle costruzioni esistenti in muratura deve essere posta attenzione a tutti gli aspetti precedenti; l’analisi dello stato di fatto deve far emergere le eventuali carenze strutturali intrinseche dell’edifico, al fine di stabilire quanto sia distante il suo probabile comportamento sotto l’azione sismica rispetto al corretto funzionamento scatolare.

2.1.1 Valutazione del collegamento parete-parete

L’efficacia del collegamento tra parete e parete si esplica soprattutto attraverso la conoscenza degli ammorsamenti e delle caratteristiche dei cantonali d’angolo.

Si rendono necessari opportuni saggi conoscitivi al fine di valutare la tecnica costruttiva delle angolate dell’edificio. Devono essere indagate sia la parte esterna del cantonale sia quella corrispondente interna al fine di individuare la possibile presenza di muratura costituita da due paramenti verticali affiancati.

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Non può ritenersi efficace un cantonale che presenta soltanto sul lato esterno elementi verticali (blocchi artificiali o in pietra) disposti in senso alternato lungo lo sviluppo verticale dell’angolata, se dalla parte interna è presente un tipo di muratura che per dimensioni e disposizione degli elementi costituenti non può assicurare un buon ingranamento tra gli elementi stessi ed un sufficiente grado di ammorsamento tra le pareti ortogonali.

L’efficacia del collegamento tra pareti ortogonali si esplica anche attraverso la presenza di catene metalliche adeguatamente disposte e dimensionate. E’ di fondamentale importanza che la catena sia per quanto possibile disposta ’’binata’’, parallelamente ad una parete che funziona da elemento di contrasto, al fine di evitare fenomeni di inflessione della parete ortogonale, in relazione anche alle luci in gioco.

Nella inclinazione dei paletti capochiave occorre prestare attenzione al fatto che questi siano rivolti in modo che sia il solaio, sia la parete verticale, funzionino da elementi di contrasto.

Le piastre o i paletti capochiave devono essere dimensionate in relazione alla tipologia e alle caratteristiche meccaniche della struttura. I paletti sono da preferirsi alle piastre perché permettono di diffondere il tiro nelle catene a zone più ampie di muratura e perché possono essere rivolti in modo da far contrasto su parete e solaio allo stesso tempo. Le catene non devono presentare frecce di inflessione che denotino un’assenza di tiro. Se si garantisce un buon grado di ammorsamento o incatenamento tra le pareti perimetrali e in corrispondenza dei martelli murari, la singola parete investita dall’azione sismica perpendicolare al suo piano, chiama in compartecipazione nella risposta le pareti ad essa ortogonali, trasferendo a queste un’azione complanare alla parete, attivando il meccanismo resistente nel quale esse esplicano la loro naturale resistenza a taglio.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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Figura 10: Meccanismo di ribaltamento della parete in assenza di collegamenti parete-parete

Figura 11: Meccanismo di trasferimento delle azioni orizzontali ai setti di taglio in presenza di collegamenti parete-parete

L’assenza o l’inefficacia dell’ammorsamento tra pareti ortogonali rende la parete vulnerabile nei confronti dei meccanismi di ribaltamento fuori del piano che si possono attivare sotto azione sismica.

Simili meccanismi di danno possono attivarsi anche in presenza di pareti di controvento poste ad eccessiva distanza tra loro oppure in presenza di pareti di controvento che, seppur a distanza limitata, presentano aperture ravvicinate alla zona di incrocio dei setti, che determinano nel ribaltamento cunei di distacco caratteristici della presenza di aperture.

2.1.2 Valutazione del collegamento pareti-orizzontamenti

L’efficacia del collegamento tra pareti ed orizzontamenti si esplica attraverso la conoscenza della tipologia e del dettaglio costruttivo del collegamento.

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Il collegamento è indispensabile per trasferire l’azione orizzontale di piano ai singoli setti resistenti e deve interessare anche i lati paralleli all’orditura del solaio e non solo i lati dove appoggiano direttamente le travi.

Al fine di stabilirne l’efficacia, è necessario effettuare saggi conoscitivi sulla tipologia del collegamento.

Nel casi di presenza di cordoli in c.a. occorre indagare con saggi per verificare la presenza di armature longitudinale e trasversale sia lungo i lati su cui poggiano i travetti del solaio, che sui lati ad essi ortogonali, in modo da ottenere un elemento continuo armato lungo tutto il perimetro e sui muri interni di spina.

Spesso si constata che i cordoli sono debolmente armati o privi di staffe, oppure che la qualità del calcestruzzo usato è scadente.

Inoltre, di frequente negli edifici esistenti il collegamento degli orizzontamenti alle strutture verticali è del tutto assente, in quanto o la trave in legno, o i travetti in c.a. o in c.a.p., o le longarine metalliche sono appoggiate direttamente in scassi prodotti nelle murature. In questi casi possono rivelarsi dannosi gli effetti di martellamento e sfilamento di questi elementi sotto l’azione sismica, specialmente ai piani elevati dell’edificio, dove l’effetto d’attrito sulla muratura dovuto ai carichi verticali superiori è minore.

Il problema del collegamento orizzontamento-parete riguarda anche alcuni interventi di sostituzione dei solai su edifici esistenti con nuovi solai, nei quali il collegamento con le strutture verticali è realizzato con cordoli in breccia alle murature.

Nelle figure di sopra si osservano due situazioni di cordoli in breccia:

a) flusso dei carichi provenienti dai piani superiori sul paramento esterno;

b) martellamento del solaio rigido e pesante e crollo del paramento esterno sotto l’azione sismica.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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Questo, se rapportato alla tipologia delle murature in pietrame, spesso a doppio paramento senza elementi trasversali di collegamento, crea un triplice effetto negativo:

I. da una parte determina uno scarico del nuovo solaio pesante solo sul paramento interno che quindi resiste con una sezione minore di quella dell’intera parete; II. dall’altra i carichi verticali provenienti dai piani superiori confluiscono sul

paramento esterno che può entrare in crisi per problemi di instabilità per carico di punta;

III. inoltre nel momento in cui l’azione sismica investe l’orizzontamento, la presenza di un cordolo rigido in c.a. può creare effetti di martellamento sulla parete esterna con espulsione fuori del piano della muratura.

2.1.3 Valutazione della qualità del sistema resistente

Con questo termine si intende da una parte la qualità del tessuto murario intesa come disposizione e dimensione degli elementi costituenti la parete muraria (blocchi artificiali, mattoni o pietre naturali); dall’altra la qualità dei materiali componenti, ovvero della malta e dei blocchi.

Per quanto riguarda la qualità della tessitura muraria, si deve procedere attraverso saggi ed indagini finalizzati a stabilire la disposizione dei blocchi in strati il più possibile regolari, con filari il più possibile orizzontali, con giunti verticali sfalsati, in modo da creare un immaginario reticolo a maglie regolari.

E’ necessario porre attenzione alla presenza di due o più paramenti verticali affiancati, che generalmente compongono le pareti in muratura di pietrame: in questi casi è fondamentale, per il funzionamento monolitico della parete sotto le azioni orizzontali, la presenza di elementi trasversali di collegamento (diatoni) che attraversano tutto lo spessore della parete collegando i due paramenti.

La presenza di paramenti esterni ben organizzati con elementi squadrati non è sempre sinonimo di una muratura ben fatta. Infatti soltanto con saggi integrativi eseguiti dalla parte interna della parete e con considerazioni riguardanti il suo spessore è possibile stabilire la reale conformazione della parete e la probabile presenza di un paramento interno con caratteristiche dimensionali e di apparecchiatura di qualità sensibilmente inferiori.

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Si hanno le seguenti tipologie murarie a doppio paramento: a) muratura a sacco con nucleo incoerente;

b) muratura a sacco con nucleo parzialmente vuoto;

c) muratura a doppio paramento senza elementi trasversali di collegamento (diatoni); d) muratura a doppio paramento con elementi trasversali di collegamento (diatoni); e) muratura a doppio paramento con ricorsi in mattoni pieni a tutto spessore.

Per quanto riguarda la qualità della malta nei giunti tra blocchi, si deve procedere ad una valutazione delle caratteristiche fisico-meccaniche attraverso opportuni saggi ed indagini al fine di ottenere una stima della resistenza tangenziale caratteristica del pannello murario.

E’ richiesto di valutare lo stato di conservazione della malta, influenzato dagli agenti atmosferici, dalla composizione fisico-chimica originale da eventuali interventi successivi di ristilatura dei giunti, etc.

Per quanto riguarda la qualità dei blocchi artificiali o delle pietre naturali, occorre indagare principalmente sulla presenza di murature portanti in blocchi forati con eccessiva percentuale di fori. Queste murature presentano un’elevata vulnerabilità dal momento che anche in presenza di malta cementizia (di buona qualità) tra i giunti denotano comunque una spiccata fragilità.

Anche le murature in pietra arrotondata di fiume presentano un’elevata vulnerabilità a causa della loro superficie estremamente levigata che impedisce un buon livello di aderenza con il legante.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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La presenza di listature, come ricorsi in mattoni pieni o fascioni di calcestruzzo, realizzate per regolarizzare la compagine muraria, deve essere valutata positivamente quando la listatura ha uno spessore pari a quello della muratura sottostante, e la malta tra i mattoni pieni, o il calcestruzzo impiegati, presenta uno buono stato di conservazione. Viceversa, queste possono diventare anche elementi di vulnerabilità, andando ad indebolire l’omogeneità della tessitura muraria.

Nella figura (a) si osserva una muratura listata a doppio paramento con ricorsi in mattoni pieni non a tutto spessore; mentre nella figura (b) i ricorsi sono in calcestruzzo e estesi a tutto lo spessore.

Anche se è richiesto che il solaio sia sufficientemente rigido nel proprio piano (comportamento a diaframma) per permettere la ridistribuzione delle azioni orizzontali sui singoli setti resistenti, spesso la rigidezza del solaio è sinonimo di pesantezza. Le murature sottostanti, soggette a carichi verticali molto superiori a quelli per chi erano state concepite, in caso di sisma possono venire sollecitate da forze d’inerzia di entità tali da superare la loro resistenza a taglio e da provocare dannosi effetti di martellamento con ribaltamento fuori del piano della parete.

2.1.4 Regolarità in pianta e in altezza

Le regolarità in pianta e in elevazione sono altri requisiti essenziali per la corretta risposta sismica dell’edificio. Vi possono essere una serie di fattori che discostano l’edificio dalla sua configurazione regolare:

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• l’eventuale disposizione eccentrica in pianta degli elementi resistenti; • l’eventuale differenza di area resistente nelle due direzioni principali;

• la disposizione delle aperture nelle pareti, che possono determinare pericolosi flussi delle tensioni prodotte dai carichi oppure rendere i setti oltremodo snelli; • la presenza di piani sfalsati che possono indurre fenomeni di martellamento sui

muri a comune in relazione alla loro tipologia e a quella del muro;

• la presenza di successive sopraelevazioni che costituiscono una discontinuità strutturale con la muratura sottostante;

• la presenza di elementi spingenti senza dispositivi idonei a contrastare tali spinte. Per quanto riguarda la forma in pianta, si può dire che le forme compatte, avendo rigidezza paragonabile in ogni direzione, danno luogo ad un miglior comportamento di insieme. Inoltre le forme simmetriche sono da preferire a quelle asimmetriche, in quanto in queste ultime il centro di massa e di rigidezza è molto eccentrico e ciò provoca importanti sollecitazioni torsionali.

Per gli edifici in muratura la disposizione delle aperture influenza significativamente la regolarità in elevazione. Una loro errata disposizione può provocare pericolosi flussi di tensioni prodotte dai carichi e rendere i setti troppo snelli.

La regolarità in altezza non dipende solo dalla geometria, ma anche dai materiali. Per esempio, una sopraelevazione con materiale diverso può incidere negativamente, ancora di più se il materiale è più pesante rispetto a quello originale.

In un edificio composto da due porzioni di altezza notevolmente diversa, si possono infatti generare considerevoli concentrazioni di tensioni nella zona di connessione dovute al diverso comportamento dinamico che avrebbero le due porzioni, se fossero staccate l’una dall’altra.

Le configurazioni che portino ad aumenti di massa dal basso verso l’alto sono da evitare. E’ opportuno disporre le aperture su file, sia verticali che orizzontali; questo consente che gli sforzi fluiscano con regolarità senza dar luogo a pericolose concentrazione di tensione.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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2.1.5 Comportamento diaframmatico dei solai

Un altro aspetto delicato per un buon funzionamento scatolare è il ruolo di diaframma dei solai: questo è necessario per ripartire correttamente le azioni sismiche tra gli elementi resistenti verticali.

Gli orizzontamenti piani possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano medio a condizione che siano realizzati in calcestruzzo armato, oppure in latero-cemento con soletta in calcestruzzo armato di almeno 40 mm di spessore, o in struttura mista con soletta in calcestruzzo armato di almeno 50 mm di spessore collegata agli elementi strutturali in acciaio o in legno da connettori a taglio opportunamente dimensionati.

Spesso la rigidezza del solaio è sinonimo di pesantezza; quindi nel caso di interventi su edifici esistenti in muratura, l’esigenza di irrigidire gli orizzontamenti, mediante l’inserimento di cordoli o la completa sostituzione dei solai esistenti, deve essere bilanciata con la necessità di non causare un eccessivo sovraccarico sulle murature dimensionate per carichi inferiori.

2.1.6 Comportamento delle strutture di copertura

Le coperture devono essere efficacemente collegate alle pareti perimetrali attraverso un cordolo in cemento armato, in grado di trasferire le azioni orizzontali del sisma alle strutture verticali portanti; tale vincolo costituisce una specie di cerchiatura in testa dell’intera struttura che favorisce un comportamento globale dell’edificio.

E’ importante valutare la natura spingente della copertura, infatti la presenza di spinte orizzontali supplementari sulle murature perimetrali dovute al sisma, in aggiunta alla componente orizzontale del peso della copertura stessa, può favorire il collasso per ribaltamento dei setti murari.

Nella figura che segue si può osservare come nelle coperture a padiglione la presenza dei puntoni può creare crolli localizzati della muratura nelle zone d’angolo.

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Le coperture ad una sola falda risultano poco spingenti; nel caso di tetto a due falde invece, per limitare l’azione spingente della copertura, è necessaria la presenza di tramezzi intermedi, oppure di travi di colmo di opportuna altezza; le spinte della copertura possono essere annullate grazie all’inserimento di tiranti metallici (catene) opportunamente disposti oppure di capriate.

E’ evidente che minore è l’inclinazione della falda, minore è la spinta esercitata sulle murature (come si può osservare nella figura che segue).

Nella prima fila sono rappresentati esempi di coperture spingenti, nella seconda fila di coperture poco spingenti e nella terza fila di coperture non spingenti.

Un altro aspetto fondamentale degli orizzontamenti, oltre alla rigidezza è costituito dalla loro massa. Un eccessivo carico dovuto alla copertura incide negativamente sulla

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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vulnerabilità dell’edificio, in quanto determina la nascita di elevate forze di inerzia in sommità che possono portare al superamento della resistenza ultima delle murature.

2.2 Principali meccanismi di collasso per edifici in muratura

Per le pareti di edifici in muratura si possono distinguere tre diverse modalità di collasso principali:

1. meccanismo di collasso della parete fuori dal piano; 2. meccanismo di collasso della parete fuori nel piano; 3. disgregazione della tessitura muraria.

La resistenza dei muri a forze agenti nel piano del muro è molto maggiore rispetto a quella rispetto a forze agenti ortogonalmente al piano, quindi è maggiore la loro efficacia come elementi di controventamento.

Setto resistente e rigido nel piano

Maschio murario non resistente e non rigido fuori piano

2.2.1 Meccanismi di collasso della parete fuori dal piano

Nel caso di collassi fuori dal piano, le situazioni più frequenti negli edifici ordinari corrispondono all’attivazione dei seguenti meccanismi:

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• ribaltamento semplice; • ribaltamento composto; • flessione verticale; • flessione orizzontale; • sfondamento del timpano.

Il ribaltamento semplice di pareti esterne degli edifici dovute all’azione del sisma rappresenta una situazione di danno tra le più frequenti e pericolose. Questa si schematizza come una rotazione rigida di porzioni di parete attorno ad una cerniera cilindrica orizzontale posto alla base; la rotazione è attivata da sollecitazioni fuori dal piano.

Tale situazione si verifica quando il muro investito dall’azione sismica risulta libero in sommità e non ammorsato alle pareti ad esso ortogonali. Anche se queste ultime hanno una qualità insoddisfacente, il collasso si manifesta per primo nella parete normale all’azione sismica. Le condizioni di vincolo che rendono possibile questo meccanismo sono quindi l’assenza di connessioni nel martello murario ed assenza di dispositivi di collegamento, come cordoli o catene, in testa alla tesa ribaltante.

Se l’edificio ha subito l’azione di un sisma, questo tipo di meccanismo è facilmente individuabile da lesioni verticali presenti in corrispondenza dell’incrocio tra la tesa ribaltante e le pareti ad essa ortogonali, fuori piombo e dall’avvenuto sfilamento delle travi dei solai dal muro.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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Figura 12: meccanismo di ribaltamento semplice di parete: lesioni verticali in corrispondenza delle intersezioni murari. (Foto da: MEDEA, 2001)

Figura 13: meccanismo di ribaltamento semplice di parete: lesioni verticali in corrispondenza delle aperture sulla parete

Il ribaltamento composto indica un insieme di situazioni in cui al ribaltamento della parete ortogonale all’azione sismica si accompagna il trascinamento di una porzione muraria appartenente ad un angolata libera oppure a pareti di spina.

In molti casi, infatti, i martelli murari e le angolate presentano connessioni adeguate tra le murature che confluiscono in un nodo, tali da determinare il coinvolgimento di parti di esse nel ribaltamento.

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Figura 14: meccanismo di ribaltamento composto di parete (Foto da: ‘’il comportamento delle strutture in muratura sotto sisma’’ di Alessandra Marini, Università di Bergamo)

La flessione verticale si ha quando, negli edifici in muratura, la tesa muraria è vincolata agli estremi e libera nella zona centrale.

E’ questo il caso, ad esempio, di un edificio con un cordolo in sommità ed i solai intermedi privi di qualsiasi connessione; una situazione di questo tipo si presenta anche quando si considera la porzione di parete compresa tra due solai ben collegati ad essa. In queste condizioni la presenza in sommità di un dispositivo di connessione impedisce il ribaltamento della parete verso l’esterno. Tuttavia questa, sotto l’effetto dello scuotimento orizzontale, può collassare per instabilità verticale.

Infatti la struttura muraria, costruita per sovrapposizione di elementi lapidei e laterizi vincolati da semplice contatto o da una malta con scarsa resistenza a trazione, sopporta gli sforzi di flessione indotti dalle azioni ortogonali al suo piano, solo se lo sforzo normale

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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mantiene la risultante interna alla sezione trasversale. In caso contrario si forma in quel punto una cerniera cilindrica orizzontale attorno alla quale ruotano reciprocamente i due blocchi formatisi nella muratura ed è consentito l’innesco del cinematismo per flessione verticale della parete.

La flessione orizzontale si ha quando, in presenza di pannelli murari efficacemente vincolati alle pareti ortogonali con il lato sommitale non trattenuto da alcun dispositivo, si assiste spesso ad un tipo di crisi riconducibile al comportamento flessionale nel piano orizzontale del solido murario.

La risposta strutturale del pannello si manifesta in questi casi come un effetto ’’arco orizzontale’’ all’interno della parete ed è chiamato in causa dall’azione sismica ortogonale ad essa. In particolare, la spinta trasmessa da solaio o dalla copertura in testa alla struttura muraria si scarica sulla parete di facciata fino ad arrivare ad interessare le pareti ad essa ortogonali (arco orizzontale).

L’attivazione del meccanismo è preceduta dalla formazione di un arco orizzontale nello spessore del muro; nella condizione limite di equilibrio si formano tre cerniere plastiche: una in mezzeria e le altre due in prossimità dell’intersezione della parete in esame ed i muri ad essa ortogonali.

Il meccanismo di sfondamento del timpano si manifesta con l’espulsione di materiale dalla zona sommitale della parete del timpano e col distacco di corpi cuneiformi definiti da sezioni di frattura oblique e verticali per azioni fuori dal piano. Il cinematismo è in genere provocato dall’azione ciclica di martellamento della trave di colmo della copertura. In fase sismica la presenza di travi di colmo di notevoli dimensioni causa il trasferimento di una elevata spinta alla parete del timpano e può determinare il distacco

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di macroelementi cuneiformi e l’instaurarsi delle condizioni di instabilità che si manifestano attraverso la rotazione degli stessi attorno a cerniere oblique.

2.2.2 Meccanismi di collasso della parete nel piano

Il meccanismo di collasso della parete nel piano possono essere di due tipi: • crisi per taglio;

• crisi per pressoflessione.

I principali dissesti provocati da un evento sismico sugli edifici esistenti in muratura sono dovuti a meccanismi di ribaltamento, fenomeni di danno e collasso più frequenti, e a meccanismi di taglio, generalmente meno pericolosi dei primi, dovuti alle forze di taglio agenti nel piano dei muri di controvento che danno luogo alle lesioni dalla forma a X.

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2. VULNERABILITA’ SISMICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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• Crisi per taglio

La rottura per taglio si manifesta con la formazione di fessure inclinate diagonalmente. Esse possono interessare prevalentemente i giunti di malta con la tipica configurazione “a scaletta”, oppure possono formarsi all’interno dei mattoni o dei blocchi.

Solitamente la comparsa di fessure diagonali visibili avviene per valore del taglio agente prossimo al taglio resistente.

La rottura per taglio con fessurazione diagonale è di tipo fragile; in particolare quando l’azione di taglio è di natura ciclica, la crisi avviene con formazione di due sistemi di fessure diagonali incrociate.

Un altro tipo di crisi dovuto alle tensioni tangenziali è lo scorrimento di un setto murario sull’altro, lungo superfici di frattura orizzontali solitamente posti nei letti orizzontali.

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Figura 16: rottura per taglio dei maschi murari

Figura 17: rottura per taglio delle fasce di piano

Figura 18: rottura per taglio in pareti con aperture

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