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ma la distanza tra i due sessi è meno lampante (Guy et al., 2001)

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DISCUSSIONE

Osservando il campione dei cani nella sua interezza, si nota, per prima cosa, come le femmine siano numericamente superiori rispetto ai maschi, rappresentando il 60,99% del totale. Ciò riflette, probabilmente, la più facile reperibilità di questi soggetti sul territorio. I proprietari di animali, infatti, sono, in genere, abbastanza aperti alla possibilità di castrare una femmina, mentre mostrano molta più reticenza se l’intervento deve riguardare un maschio. Questo sarebbe confermato da alcune ricerche, secondo le quali, fra i cani da compagnia, la percentuale delle femmine castrate oscillerebbe tra il 31% e il 57% (Mahlow, 1999), mentre quella dei maschi sarebbe di circa il 12% (Beaver, 2009). Valori diversi si ottengono da un sondaggio condotto in Canada su 3226 proprietari di cani, in base al quale le femmine castrate sono significativamente più numerose (78,3%) rispetto ai maschi castrati (64,1%), ma la distanza tra i due sessi è meno lampante (Guy et al., 2001).

E’ interessante vedere come l’età media sia praticamente identica tra maschi e femmine e pari a circa 6 anni e 4 mesi.

Metà dei soggetti, il 51,26% delle femmine ed il 49,42% dei maschi, sono meticci, mentre, tra gli altri, le razze più diffuse sono il Pastore Tedesco (7,66%) ed il Labrador (5,50%), seguiti da Boxer (2,97%), Dalmata (1,62%) e Yorkshire Terrier (1,53%); ugualmente distribuiti, con l’1,44%, appaiono, invece, il Bassotto, il Beagle, l’Alano, il Pinscher Nano e il Dobermann; sono poco meno presenti il Golden Retriever (1,35%), il Rottweiler e il Border Collie (1,17%) e l’American Pit Bull Terrier (1,08%), mentre le restanti 50 razze rappresentano tutte percentuali inferiori all’1%.

Dallo stesso sondaggio prima citato (Guy et al., 2001), si ricava che i meticci sono i cani più diffusi (39,9%), seguiti da Labrador (6,2%), Golden Retriever (5,7%), Pastore Tedesco (5,2%) e Pastore Scozzese (4,4%).

Ipotizzando che in circolazione vi siano lo stesso numero di femmine di razza e di femmine meticce, le prime, stando ai nostri risultati, non sembrerebbero avere più probabilità di essere castrate, come invece emerge da un’altra

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ricerca (Mahlow, 1999), secondo la quale le cagne di razza sottoposte ad ovarioisterectomia sarebbero il 40,3%, contro il 26,0% di quelle meticce.

La maggioranza dei cani analizzati (il 37,48%) è stata presa da un privato, una buona parte (il 22,34%) è stata acquistata in un allevamento ed un’altra (il 20,81%) adottata in un canile o tolta dalla strada (14,95%).

L’età alla quale i soggetti sono entrati in famiglia è per lo più assai giovane e mostra come molti di loro fossero cuccioli; solo il 14,15%, infatti, aveva più di un anno.

Per quanto riguarda, invece, l’età media dei cani al momento della castrazione, essa appare superiore nei maschi, essendo di circa 3 anni e 2 mesi, mentre nelle femmine è di circa 2 anni e mezzo; da questo si deduce che, in entrambi i casi, la castrazione praticata prima della maturità sessuale non è la più diffusa. In effetti, se andiamo a contare il numero degli animali castrati entro i sei mesi di vita, vediamo che, su un campione di 1110 cani, ci sono solamente 12 maschi e 63 femmine.

Passando ai motivi che spingono un proprietario a far castrare il proprio animale, si nota come vi siano molte differenze, a seconda che il cane sia maschio o femmina.

Il 23,56% dei maschi, infatti, viene sottoposto ad orchiectomia perché troppo aggressivo. Vari autori concordano nel ritenere che il calo di testosterone circolante determini una diminuzione di questo comportamento (Hart e Hart, 1997; Neilson et al., 1997; Hart et al., 2006), mentre altri sostengono che l’aggressità sia una funzione della maturazione del maschio e non del testosterone (Voith,1979).

La seconda motivazione, in ordine di importanza, è data dalla volontà di evitare accoppiamenti, che rappresenta il 22,17% delle risposte; segue poi, con il 21,02% dei casi, la necessità di eseguire l’intervento per scopi terapeutici. Ad esempio, in presenza di ipertrofia prostatica benigna, la rimozione delle gonadi permette di ottenere una riduzione di volume della ghiandola, con possibilità di ritorno a dimensioni normali (Johnston, 1991;

Slatter, 1993).

La prevenzione di patologie è stata indicata dal 9,93% dei partecipanti; è noto, infatti, che la castrazione diminuisce l’incidenza di ingrossamento prostatico, ernie perineali e tumori testicolari (Johnston, 1991; Slatter,

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1993); a proposito di questi ultimi, l’orchiectomia è fortemente consigliata soprattutto in caso di criptorchidismo (Moulton, 1990; Slatter, 1993).

Per il 9,24% dei proprietari la ragione dell’intervento sono state le fughe, che, in base ad alcuni studi, si attenuerebbero rapidamente nel 44% dei cani e gradualmente in un altro 50% (Hart, 1976; Hopkins et al., 1976; Hart, 1979).

Motivazioni meno rappresentate, ma comunque presenti, sono state l’irrequietezza del soggetto (5,31%), la monta di persone, animali o oggetti (2,54%), le marcature urinarie (2,08%), il consiglio da parte di terzi (1,15%) e, seppur minimamente, le vocalizzazioni notturne (0,46%).

Osservando, invece, il campione delle femmine, appare evidente come la stragrande maggioranza di esse, il 55,98%, sia stata sottoposta ad ovarioisterectomia perché il proprietario non desiderava avere cuccioli.

Una percentuale considerevole (il 17,43%) è stata operata in seguito ad una patologia ed il 12,56% a scopo preventivo. E’ opportuno ricordare che la castrazione riduce, in particolare, il rischio di neoplasie mammarie, la cui incidenza è dello 0,5% se l’intervento viene eseguito entro il primo calore, dell’8% dopo il primo calore, mentre dal secondo calore in poi risulta uguale a quella delle femmine intere (Mahlow, 1999).

Le false gravidanze sono al quarto posto (con il 6,06%) nella lista dei motivi della castrazione, che, in questo caso, deve, preferibilmente, essere effettuata dopo almeno tre mesi dalla fine dell’estro e, comunque, non prima del termine della pseudogravidanza (Rijnberk e Kooistra, 2010).

Le persone intervistate hanno lamentato spesso (nel 18,92% dei questionari) un problema comportamentale da parte del loro cane, ma, di queste, soltanto il 29,52% ha dichiarato di aver provveduto con un’opportuna terapia.

Il disturbo più comune si è rivelato l’aggressività, che interessa il 40,95% dei problematici, seguito da paura, ansia, iperattività e da altre manifestazioni meno frequenti.

Vari autori ritengono che i maschi castrati dalle 7 alle 10 settimane di vita abbiano almeno tre volte meno probabilità di mostrare problemi comportamentali (Crenshaw e Carter, 1980; Leiberman, 1987; Salmeri et al.,1991). In questi soggetti, invece, alcuni disturbi, come, ad esempio,

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l'alopecia psicogena o la paura dei rumori, sarebbero più ricorrenti, ma questo potrebbe dipendere anche da fattori ambientali (Spain et al., 2004).

Per quanto riguarda il comportamento alimentare, si nota come, in seguito alla castrazione, la maggior parte degli animali non abbia né acquistato, né perduto voracità nel mangiare, conservando le abitudini precedenti all’intervento. L’8,55% dei maschi ed il 6,65% delle femmine, tuttavia, hanno smesso di essere voraci dopo la rimozione delle gonadi, mentre, rispettivamente, il 6,00% ed il 6,65% di loro sembrano esserlo diventati, quando prima non lo erano. Infine, una piccola percentuale di entrambe le categorie mostra di essere rimasta vorace, avendo però attenuato od incrementato questa caratteristica.

A proposito del comportamento durante i pasti, prima della castrazione risultano aggressivi, nei confronti di chi si avvicina alla ciotola, il 30,94% dei maschi ed il 14,33% delle femmine, mentre, in seguito all’intervento, il 21,47% dei cani ed il 10,34% delle cagne.

In altre parole, questa forma di aggressività è stata riscontrata in 231 casi tra i soggetti interi ed in 164 casi tra quelli castrati. Tale variazione è risultata statisticamente significativa.

Solamente in pochissime situazioni è stato segnalato un aumento del fenomeno.

Emerge, inoltre, che il 18,01% dei cani ed il 13,44% delle cagne mangiano di più, contro, rispettivamente, il 6,93% ed il 5,32%, che mangiano di meno.

Secondo alcuni studi, le cagne castrate, rispetto a quelle intere, avrebbero un appetito meno discriminante, fin dai primi giorni dopo l’intervento (Houpt et al., 1979; O'Farrell e Peachey, 1990), che potrebbe contribuire a spiegare il tasso di sovrappeso/obesità di questi soggetti, che va dal 38% al 50%

(Beaver, 2009).

Numerose ricerche condotte nei paesi sviluppati concordano nel ritenere che il sovrappeso o l’obesità riguardino il 25-40% dei cani adulti, con una più alta prevalenza in quelli di età compresa tra i 5 e i 10 anni (Sloth, 1992;

Dottie, 2006).

E' riconosciuto che l'obesità canina è imputabile primariamente all’eccessiva assunzione di cibo ed alla ridotta attività fisica (Burkholder e Bauer, 1998;

Bland et al, 2009), ma altri fattori responsabili di un aumento indesiderato

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di peso sono stati riconosciuti nel diminuito tasso metabolico, nella scarsa qualità del cibo, nell'età avanzata e nella razza (Edney e Smith, 1986; West e York, 1998; Robertson, 2003).

La castrazione è spesso citata tra le cause di obesità (Anderson, 1974; Houpt e Hintz, 1978; Lewis, 1978; Houpt et al., 1979; McGreevy et al., 2005;

Jeusette et al., 2006), sebbene alcuni autori ritengano che non vi sia correlazione tra obesità e ovarioisterectomia prepuberale (Salmeri et al., 1991; Howe et al., 2001; Spain et al., 2004).

L’importanza di un’attività fisica regolare, per prevenire l’obesità nelle femmine castrate è stata dimostrata da Le Roux (1983).

Un incremento nell’assunzione di liquidi è riportato con la medesima frequenza in entrambi i sessi (4,62% dei maschi e 4,29% delle femmine); lo stesso si può dire per il fenomeno inverso, quello, cioè, di una riduzione delle abbeverate, che interessa il 4,39% dei cani e il 4,73% delle cagne.

Il fatto che gli animali che bevono di più siano grossomodo uguali a quelli che bevono di meno fa supporre che non vi sia correlazione con la castrazione. Del resto, sappiamo che il consumo di acqua è legato a tanti fattori e che la polidipsia, quando non è fisiologica, può dipendere da una patologia, come il diabete mellito o l’insufficienza renale cronica, o essere secondaria ad un disturbo comportamentale, come l’ansia da separazione, la scialorrea associata a paura o l’eccessivo affanno (Houpt, 1982).

Osservando il problema delle marcature urinarie, si nota, innanzi tutto, come esso riguardi primariamente i maschi, essendo, infatti, un comportamento legato al dimorfismo sessuale (Beaver, 2009).

Il 34,87% dei proprietari di cani maschi sostiene di non aver ottenuto miglioramenti in seguito alla castrazione, mentre per il 42,03% di loro questo fenomeno si è attenuato. Se sommiamo al 34,87% dei soggetti che continuano a compiere marcature il 20,09% di quelli che continuano a non compierle, troviamo che il 54,96% del campione è rimasto invariato.

Prima dell’intervento effettuavano marcature urinarie 533 soggetti, mentre, dopo, 409. Tale variazione è risultata statisticamente significativa.

Questi valori sembrerebbero abbastanza in linea con quelli ottenuti da una precedente indagine, secondo la quale, dopo l’intervento, il 30% dei cani

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mostrerebbe un rapido declino delle marcature, il 20% un declino più graduale ed il 50% non manifesterebbe cambiamenti (Hopkins et al., 1976).

Nel campione in esame la maggior parte delle marcature avviene fuori casa.

Ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che il principale stimolo a segnare il territorio è rappresentato dall’odore dell’urina di altri cani (Andersson e Linde-Forsberg, 2002).

Emerge altresì che il 20,32% dei maschi ha ridotto le marcature domestiche ed il 33,03% quelle effettuate all’esterno, in disaccordo con quanto riferito da un altro studio, in base al quale l’orchiectomia diminuirebbe del 50% le marcature domestiche, ma non influenzerebbe quelle compiute fuori casa (Andersson e Linde-Forsberg, 2002); stando ad un’ulteriore indagine, invece, il 69% degli animali castrati attenuerebbe le marcature interne ed il 23%

anche quelle all’aperto (Maarschalkerweerd et al., 1997).

Per quanto riguarda, invece, le vocalizzazioni notturne, si osserva un calo della loro emissione nel 18,47% dei cani e nel 9,89% delle cagne.

Relativamente all’aggressività dei soggetti, il presente lavoro ha messo in luce come questa caratteristica appartenga, in generale, più ai maschi che alle femmine; prima della castrazione, infatti, mostrano qualche forma di aggressività il 39,03% dei primi e solo il 13,44% delle seconde.

Nel nostro campione, l’intervento è stato risolutivo, o comunque ha prodotto un miglioramento, nel 29,56% dei cani e nel 7,53% delle cagne.

In pratica, prima della castrazione erano aggressivi 262 animali, mentre, dopo, 156. Questa variazione è risultata statisticamente significativa.

In una piccola percentuale di entrambi i sessi, tuttavia, è stata segnalata la comparsa di comportamenti aggressivi, in seguito alla rimozione delle gonadi.

Stando ad una ricerca, infatti, sebbene l’aggressività possa essere più comune nei maschi, è possibile che la sua insorgenza sia una funzione della maturazione del maschio e non del testosterone (Voith,1979).

Una probabile spiegazione dell’aumento di aggressività nelle femmine è che la castrazione rimuove la produzione di progesterone, ormone che influisce positivamente sulla calma (Hart e Eckstein, 1997). Questa ipotesi troverebbe conferma in uno studio che ha evidenziato come le morsicature vengano inferte in maggior misura dalle cagne castrate rispetto a quelle intere (Guy et

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al., 2001).

Il 9,01% dei maschi ed il 5,32% delle femmine, infine, non risentirebbero positivamente della castrazione, rimanendo aggressivi. Queste femmine, esaminate isolatamente, avvalorerebbero la teoria secondo la quale l’ovarioisterectomia non influenza in modo significativo o costante il comportamento aggressivo (Mertens, 2002).

Kim e colleghi (2006) hanno analizzato sette femmine intere e sette sterilizzate di Pastore Tedesco, per valutarne reattività e aggressività. La conclusione è stata che, cinque mesi dopo l’intervento, le cagne operate/sterilizzate mostravano una reattività nettamente superiore rispetto alle altre.

Si deve poi tener conto del fatto che il comportamento aggressivo può essere geneticamente determinato, come affermano più autori.

Uno studio abbastanza recente sui Golden Retriever ha trovato che l’aggressività, in questa razza, è ereditabile nell’80% dei casi ed è legata alla trasmissione di uno o pochi geni (Van den Berg, 2006). Una ricerca sui Cocker Spaniel, inoltre, ha dimostrato che le molteplici tonalità di colore del manto sono associate a diversi livelli di aggressività (Podberscek e Serpell, 1996); in particolare, il mantello fulvo è stato riscontrato più frequentemente nei soggetti aggressivi, che non in quelli non aggressivi (Amat, 2009). Anche nello Springer Spaniel Inglese certi tratti comportamentali, tra cui l’aggressività, sono stati trovati raggruppati in alcune linee di sangue o famiglie (Reisner et al., 2005).

La difesa del territorio porta al manifestarsi di aggressività soprattutto nei maschi, come citato in altre pubblicazioni (Hart e Eckstein, 1997).

Il 24,72% di loro mostra dei miglioramenti con la castrazione, mentre il 28,17% non trova giovamento sotto questo punto di vista; la probabilità che l’intervento produca effetti apprezzabili sembrerebbe, dunque, un po’

inferiore al 50%.

Questa forma di aggressività viene segnalata 464 volte prima della rimozione delle gonadi e 408 volte dopo. Tale variazione è risultata statisticamente significativa.

Vari autori concordano nel ritenere che la castrazione diminuisca la territorialità (Neilson et al., 1997; Hart et al., 2006).

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Osservando, invece, le diverse modalità con cui il cane manifesta la sua ostilità, si vede che queste presentano lo stesso ordine di frequenza in entrambi i sessi: l’espressione più comune dell’aggressività consiste nell’abbaiare ed è seguita, sia nei maschi che nelle femmine, dal ringhiare e dal mordere.

Solamente un numero ristretto degli intervistati ha attribuito al proprio animale atteggiamenti differenti, come l’alzare il pelo, il saltare addosso ed il graffiare.

Passando ora ai bersagli verso cui l’aggressività viene rivolta, prima e dopo la castrazione, si nota che essi sono raramente rappresentati dal proprietario o dai membri della famiglia; se, tuttavia, si verifica una manifestazione di ostilità nei confronti del padrone o di un’altra persona di casa, è più facile che a metterla in atto sia un cane maschio. La castrazione, in questo caso, risulta più efficace di quando si tratta di una femmina; in seguito all’intervento, infatti, la percentuale dei soggetti che smettono di essere aggressivi è superiore rispetto a quella dei soggetti che continuano ad esserlo, mentre nel caso delle femmine, questi valori si equivalgono.

Uno studio ha rivelato che il 40% dei cani ha ringhiato almeno una volta ad un membro della famiglia. Il 20% di questi soggetti lo ha fatto per difendere del cibo oppure un oggetto ed il 15% è arrivato anche a mordere, abbastanza forte da lasciare un segno nel 12% dei casi (Guy, 1999; Guy et al., 2001).

Un’altra ricerca sostiene che più di un cane su quattro (il 26,3%) ha morsicato qualcuno nella sua vita e che la vittima, il 65,2% delle volte, era un familiare (Reisner et al., 2005).

In base ad un’indagine, solo una parte delle femmine sterilizzate smette di essere aggressiva con il proprietario dopo l’intervento (O'Farrell e Peachey, 1990).

Quando un cane morde un membro della famiglia, lo fa, spesso, a seguito di disturbi della comunicazione cane-proprietario, che generano situazioni di conflitto o di confusione/scarsa coerenza. Questi animali, molte volte sono stati eccitabili e paurosi fin da cuccioli e hanno un trascorso di malattia in tenera età. Il linguaggio del loro corpo prima di un attacco è ambivalente e indica forte eccitazione. Dopo aver morso, di solito si mostrano ansiosi e sottomessi (Luescher A.U., Reisner I.R., 2008).

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La loro aggressività è rivolta tipicamente ai soggetti con cui hanno stretti e frequenti contatti sociali. A volte, però, i cani sembrano impegnarsi in simili conflitti con persone estranee o con cani sconosciuti (Bowen, 2002).

Le persone estranee costituiscono, per entrambi i sessi, il principale fattore scatenante ostilità ed il numero di animali che, con la castrazione, perdono questa forma di aggressività è, sia nei maschi che nelle femmine, inferiore al numero di quelli che la conservano; per di più, il 2,31% dei maschi e il 3,69% delle femmine sembrerebbero averla acquistata. Quest’ultimo dato, però, potrebbe essere ricondotto ad una castrazione effettuata in giovane età;

sappiamo, infatti, che, a differenza dell’ aggressività motivata da paura, che spesso compare precocemente, quella associata a difesa e protezione del territorio si presenta più tardivamente, quando il cane si avvicina alla maturità sociale (Reisner, 2003). Di conseguenza, se il soggetto è maturato successivamente alla castrazione, quest’ultima potrebbe sembrare la responsabile dell’insorgenza dell’aggressività.

Per quanto riguarda i rapporti tra animali che coabitano, si vede che i conflitti tra cani maschi e femmine sono praticamente inesistenti, perché il 97,05% delle femmine ed il 98,38% dei maschi non si è mai dimostrato aggressivo verso l’altro sesso.

Anche la convivenza tra femmine non risulta problematica nel 94,83% delle volte e, qualora lo sia, l’ovarioisterectomia sembra essere risolutiva all’incirca in un caso su quattro. Più frequenti sono, al contrario, le tensioni tra maschi, per le quali l’orchiectomia può fare la differenza in poco più della metà delle situazioni.

Nelle relazioni con altri cani estranei, ma di sesso diverso, la maggior parte dei soggetti, il 92,02% delle femmine ed il 95,38% dei maschi, non manifesta aggressività. Quando questo accade, la castrazione si rivela molto più efficace per i cani, che non per le cagne.

Per i cani è comune essere molto reattivi o aggressivi, verso altri cani, stando legati al guinzaglio, ma poi interagire opportunamente senza di esso (Haug, 2008).

Se si tratta, invece, dell’incontro tra maschi che non si conoscono, la probabilità di un conflitto prima dell’intervento è piuttosto elevata: si mostra, infatti, ostile il 40,65% degli esemplari, mentre dopo solo il 23,33% di essi.

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La rimozione delle gonadi, quindi, determina cambiamenti positivi in quasi la metà dei soggetti, in accordo con quanto riferito da indagini antecedenti, in base alle quali l’orchiectomia provoca un calo dell'aggressività tra conspecifici, in particolare maschi (Neilson et al., 1997; Hart et al., 2006).

Secondo una ricerca, questa diminuzione avverrebbe nel 63% dei casi (Hart, 1976; Hopkins et al., 1976).

Uno studio conferma che la castrazione dei maschi produce un miglioramento dell’aggressività diretta verso i membri della famiglia, di quella rivolta verso altri cani, sia di casa che estranei, e di quella nei confronti di persone che invadono il loro territorio (Hart e Hart, 1997).

Laddove l’intervento chirurgico non apporta i benefici sperati, bisogna tener conto del fatto che, nonostante il testosterone influisca sull’espressione di un comportamento aggressivo, vi è una complessa interazione tra questo ormone, lo status sociale, i sistemi di neurotrasmettitori, il genere e il contesto ambientale (Haug, 2003).

Anche gli incontri tra femmine non sono sempre pacifici e, sebbene il 7,83%

di esse faccia progressi dopo l’ovarioisterectomia, quelle che rimangono aggressive sono numericamente superiori (9,45%).

Nei confronti di animali di specie diversa, sia i cani che le cagne esprimono una certa ostilità, che, in parte, viene a mancare a seguito della castrazione, ma, per lo più, si conserva.

Riguardo la presenza di paura, si vede che, prima dell’intervento, esattamente il 50% dei cani è ritenuto fobico.

La rimozione delle gonadi produce dei cambiamenti soltanto in una piccola parte dei soggetti; nei maschi le fobie sembrano leggermente diminuite, mentre nelle femmine sono di poco cresciute. Complessivamente, gli animali paurosi aumentano di undici unità. Tale variazione non è risultata statisticamente significativa.

Gli eventi che più frequentemente inducono paura sono, senza dubbio, i forti rumori e i temporali, ma anche la presenza di altri cani o di ospiti estranei e l’utilizzo di elettrodomestici vengono segnalati da diversi proprietari.

Secondo uno studio, stimoli solitamente associati alla paura includono intensi fenomeni ambientali e segnali di minaccia provenienti da animali della stessa specie (Russell, 1979).

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Per quanto riguarda il modo di rispondere ad uno stimolo pauroso, questo rimane sostanzialmente invariato tra il prima e il dopo la castrazione. La reazione più diffusa, in entrambi i sessi, è la ricerca di un nascondiglio dove mettersi al riparo, seguita dalla fuga. A terzo e al quarto posto troviamo, nei maschi, la manifestazione di aggressività e l’inibizione di qualunque attività, che, al contrario, nelle femmine, rappresentano, rispettivamente, l’ultima e la penultima soluzione.

A proposito del comportamento esplorativo, si nota, innanzi tutto, che le esplorazioni all’aperto sono molto più praticate di quelle dentro casa; ciò può dipendere sia dalla maggior quantità di opportunità di svago che gli spazi esterni offrono, sia dal fatto che, spesso, i nostri animali trascorrono lì lunghi periodi. In base ad un’indagine, circa il 46% dei cani sta fuori almeno 11 ore al giorno ed un altro 32% dalle 3 alle 10 ore (Slater et al., 1995).

Un’ulteriore ricerca ha trovato che i cani vaganti tendono ad aumentare quando la temperatura diviene più mite, con un massimo a 23°C. La gran parte delle esplorazioni, in queste giornate, è limitata alle ore del mattino (Berman e Dunbar, 1983).

Dopo la castrazione, il comportamento esplorativo in ambiente domestico scompare o si riduce nel 19,40% dei maschi e nel 13,00% delle femmine, mentre quello compiuto all’aperto nel 21,48% dei maschi e nel 14,63% delle femmine.

Le esplorazioni all’esterno rimangono invariate nella percentuale più alta dei soggetti, che differisce di pochissimo tra i due sessi (66,05% e 65,73%).

Sebbene, infatti, la spinta riproduttiva sia forte ed il girovagare in risposta ad essa sia significativo, soprattutto per i maschi interi, ci sono altri motivi che spingono i cani a vagare, come la ricerca di cibo, di attenzioni particolari o di interazioni sociali (Hart, 1980)

L’abitudine di puntare oggetti o persone, peraltro poco diffusa, diminuisce prevalentemente nei maschi (16,16%), conservandosi nella maggioranza delle femmine, allo stesso modo dello stato di vigilanza e di attenzione ad ogni stimolo, che, pur essendo piuttosto comune, si attenua di più nei cani che nelle cagne.

La masticazione distruttiva riguarda, prima della castrazione, circa la metà del campione e, successivamente, va a calare nel 25,41% dei maschi e nel

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20,53% delle femmine. Questo fatto, tuttavia, potrebbe derivare, oltre che dalla rimozione delle gonadi, dalla crescita dell’animale o da una variazione del suo stile di vita. Sappiamo, infatti, che tale comportamento rappresenta uno sfogo naturale del gioco e dell’esplorazione (Beaver, 1983; Lindell, 1997).

I cuccioli, soprattutto quelli di taglia grande, hanno molta energia da spendere e, se non riescono a consumarla con l’esercizio fisico, cercano di farlo utilizzando i denti. Ciò accade frequentemente anche in soggetti di età superiore ai 4 mesi, provenienti da un rifugio (Marder e Engel, 2002).

La distruzione di oggetti con la bocca può, inoltre, essere effettuata, per la prima volta, da giovani adulti, con nessun precedente di questo tipo; la causa deve allora essere cercata nella storia recente del cane, in un evento stressante che abbia alterato la sua routine, come, ad esempio, la nascita di un bambino, la costruzione di un recinto o la scomparsa di una stimolazione ambientale adeguata (Voith, 1975).

Secondo uno studio, i maschi sono più portati alla masticazione distruttiva (Hart e Eckstein, 1997).

Nel presente lavoro, solo una minoranza dei cani, ingerisce i materiali distrutti e, spesso, smette di farlo dopo la castrazione.

Il pattugliamento del territorio sembra essere un po’ più marcato nei maschi, in accordo con quanto emerge da altre letture (Hart e Eckstein, 1997), ma, allo stesso tempo, è proprio in questo sesso che si riduce maggiormente dopo l’intervento. Al contrario, nel 6,65% delle femmine questo fenomeno compare o si intensifica.

Come già ricordato, però, il comportamento territoriale non si presenta, normalmente, fino ad almeno 6 mesi di età, quando il cane si avvicina alla maturità sociale (Reisner, 2003), per cui gli aumenti sopra indicati potrebbero essere da correlare alla semplice crescita degli animali.

La territorialità si manifesta, primariamente, all’interno dell’abitazione e del recinto del cane, ma può verificarsi anche in auto o in aree in cui il soggetto viene condotto regolarmente. Tale atteggiamento viene ad essere più accentuato lungo la linea di confine, ed i cani, tipicamente, sono più protettivi nei confronti dei piccoli territori, che non di quelli grandi (Overall, 1997).

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La tendenza a fuggire di casa senza motivi apparenti interessa principalmente i maschi; prima della castrazione fuggivano un totale di 236 soggetti, mentre, dopo, 105. Tale variazione è risultata statisticamente significativa.

Stando ad un’indagine, il 20% dei proprietari di cani lamenta che il proprio animale vaga libero o scappa regolarmente (Adams e Clark, 1989); un lavoro successivo riferisce che dal 5,8% al 6,4% degli intervistati considera un problema il fatto che il proprio cane corra via o si allontani ad ogni occasione (Beaver, 1994).

Le abitudini dei lupi prevedono che alcuni membri del branco possano, occasionalmente, andarsene da soli e tornare dopo qualche giorno, per cui la stessa cosa, fatta dai cani, non dovrebbe sorprendere troppo (Hart, 1980).

Il vagabondaggio è considerato un’attività tipica dei maschi, che può essere eliminata, o drasticamente ridotta, con la rimozione delle gonadi (Gerber e Sulman, 1964; Hopkins et al., 1976; Hart, 1980; Hubrecht, 1991).

Riguardo il comportamento sessuale maschile, i risultati ottenuti sottolineano le variazioni che l’attrazione per le femmine in calore subisce con la castrazione. Appare subito evidente che esso precipita nella stragrande maggioranza dei cani.

L’interesse per le secrezioni vaginali durante l’estro è, infatti, dovuto al dimorfismo sessuale (Beaver, 2009).

Alcuni autori sostengono che i cuccioli castrati precocemente non vengano richiamati dalle femmine in calore, a meno che non ricevano iniezioni di testosterone (Beach et al., 1983) ed abbiano molte meno probabilità di sviluppare un comportamento copulatore (Dunbar, 1975; Leiberman, 1987).

Altri, invece, affermano che la tendenza a montare le femmine e la frequenza con cui si verifica non siano diverse da quelle osservate negli animali castrati da adulti (LeBoeuf, 1970; Hart e Eckstein, 1997).

Dove il comportamento copulatore esista, il numero degli accoppiamenti si dimezzerà in 3 settimane dall’intervento, ma l'80% dei cani continuerà ad effettuare monte dopo 15 settimane e il 60% un anno più tardi (Hart e Eckstein, 1997).

Come conseguenza del disinteresse nei confronti delle femmine, il presente lavoro dimostra una notevole diminuzione delle fughe motivate dalla ricerca

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dell’altro sesso. Prima della castrazione, infatti, fuggivano per tale scopo 182 soggetti, mentre, in seguito all’intervento, solo 23. Questa variazione è risultata statisticamente significativa.

Uno studio riporta che l’orchiectomia fa calare del 94% le fughe (Hopkins et al., 1976); secondo un’altra ricerca, invece, questa riduzione sarebbe del 64% nei soggetti mossi da un impulso sessuale, ma di appena il 16% in quelli spinti da altri stimoli (Maarschalkerweerd et al, 1997).

Sulla base dei risultati ottenuti, si evidenzia che, in generale, la castrazione produce, in entrambi i sessi, un’attenuazione statisticamente significativa delle monte inappropriate (non finalizzate alla riproduzione), indipendentemente da quale sia il loro bersaglio. E’ apparso al limite della non significatività statistica soltanto il calo nella monta dei maschi da parte delle femmine.

Nello specifico, il 34,41% dei cani smette (o continua a farlo ma in misura minore) di montare persone, il 22,87% di montare oggetti, il 22,40% altri cani maschi e il 34,64% femmine non in calore. In tutti questi casi, gli animali che conservano invariato il comportamento di monta sono, al massimo, il 6,24% del totale, mentre quelli in cui viene segnalato un aumento del fenomeno rappresentano piccolissime percentuali, mai superiori all’1,62%.

Un’indagine ha rivelato che il 12,2% dei cani esaminati mostrava attività di monta; di questi, il 73,3% erano maschi, di cui il 56,1% castrati (Houpt, 1997).

Nel presente studio le monte riguardano anche le cagne, ma in misura molto minore. Secondo Hart (1993), tutti i maschi interi effettuano monte, ma anche il 40% delle femmine lo fa.

Per i giovani maschi, in pubertà, un simile atteggiamento è normale ed accade in molte specie (Beaver, 1977). In soggetti più anziani, che sono fisicamente confinati, la monta di partner insoliti può essere indotta dagli odori dell’estro. Poiché il cane non è in grado di trovare la femmina in calore, reindirizza il comportamento sessuale verso un bersaglio differente (Beaver, 2009).

La monta tra individui dello stesso sesso si verifica comunemente, come manifestazione di dominanza (Beaver, 2009).

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In questo lavoro risulta che i principali bersagli delle monte inappropriate sono le persone e le femmine non in calore, seguite da oggetti e cani maschi.

Secondo Houpt (1993), in più della metà dei casi in cui sono state denunciate monte inappropriate, l’obiettivo dei cani coinvolti era una persona e l’interesse era quasi sempre rivolto ad una gamba o ad un piede.

A proposito del comportamento eliminatorio, i dati indicano che, prima della castrazione, il 15,47% dei maschi ed il 12,70% delle femmine urinano in casa, mentre, dopo l’intervento, lo fanno, rispettivamente, il 9,69% ed il 10,48%. I miglioramenti più sostanziali si ottengono, quindi, nei maschi.

L’abitudine di defecare in casa, invece, interessa il 5,77% dei maschi interi ed il 4,39% di quelli castrati, contro 9,89% delle femmine intere ed il 5,76%

di quelle operate. In questo caso, dunque, i cambiamenti più importanti si hanno nella seconda categoria, in cui il fenomeno arriva quasi a dimezzarsi.

Nei maschi interi, secondo Beaver (2009), vi è una più alta incidenza di eliminazioni domestiche, che nei maschi castrati e nelle femmine. Questa incidenza si aggirerebbe su valori del 60% e sarebbe dovuta alla tendenza dei maschi interi a compiere marcature urinarie.

In alcune indagini svolte tra i proprietari di cani, dal 6,4% al 7,4% degli intervistati ha riferito di qualche forma di eliminazione domestica da parte del proprio cane, facendo guadagnare a questo problema il sesto posto nella lista dei comportamenti fastidiosi più comuni, dopo l’aggressività, le eccessive vocalizzazioni, la masticazione distruttiva, l’attività di scavo e l’accattonaggio di cibo (Voith e Borchelt, 1982; Beaver, 1994; Bamberger e Houpt, 2006).

Potrebbe esistere anche una predilezione di razza, come nel Beagle e nel Bichon Frisè, dove sono state riportate incidenze maggiori rispetto alle attese (Bamberger e Houpt, 2006).

Per quanto riguarda la perdita involontaria di urina, i dati riferiscono un suo aumento, successivo alla rimozione delle gonadi, nel 13,30% delle femmine e nel 6,93% dei maschi.

Questi valori non sorprendono, se si pensa che estrogeni e testosterone sono necessari per il normale tono uretrale, in particolare per quello della muscolatura liscia. Quando un animale è sveglio, il contenimento dell’urina dipende sia dalla muscolatura liscia, che da quella striata, ma, durante il

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sonno, quest’ultima si rilassa ed il compito spetta solo alla striata. Se il livello degli ormoni sessuali si abbassa, la muscolatura liscia uretrale si indebolisce e l’uretra diventa incompetente. Da uno studio è emerso che questo accade nel 37% dei cani castrati. L’incontinenza urinaria può sopraggiungere subito dopo l’intervento, o nell’arco di 18 mesi (Andersson e Linde-Forsberg, 2002).

La perdita involontaria di feci è segnalata soltanto in minime percentuali del campione, tutte inferiori al 2%, indipendentemente dalla castrazione.

Dalla presente ricerca emerge che la maggior parte dei cani castrati, rapportandosi con un conspecifico dello stesso sesso, interagisce normalmente, mentre, prima della rimozione delle gonadi, è più facile che i maschi siano tra loro aggressivi.

Quando si tratta, invece, dell’incontro con un soggetto di sesso diverso, la reazione è amichevole in oltre il 70% dei casi, sia prima che dopo l’intervento.

L’aggressività tra femmine in calore è più elevata di quella tra femmine non in calore.

Le cagne in estro sembrano essere più aggressive anche verso i maschi;

viceversa, questi ultimi lo sono di meno con loro.

Alcuni autori sostengono che il comportamento della cagna diventa progressivamente più irrequieto sotto l’influenza crescente degli estrogeni (Christie e Bell, 1972).

Secondo Beaver (2009) è soprattutto durante il proestro che una femmina può rivelarsi più aggressiva nei confronti dei maschi (Beaver, 2009).

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