CAPITOLO I
LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE: IL BILANCIAMENTO TRA IL PRINCIPIO DI INDIPENDENZA ED IL PRINCIPIO DI IMPARZILITÀ DELLA MAGISTRATURA
Sommario: 1) Introduzione: un metodo d’indagine; 2) La nozione di
giurisprudenza nella nostra carta costituzionale; 2.1) La soggezione del giudice soltanto alla legge; 2.2) Il principio di terzietà del giudice; 3) La responsabilità dei giudici e la responsabilità dei pubblici ministeri; 4)L’esercizio dello ius dicere: tra indipendenza e responsabilità; 5) La responsabilità civile del magistrato.
1. Introduzione: un metodo d’indagine
Quello della responsabilità degli appartenenti all’ordine giudiziario è un tema che da sempre viene considerato particolarmente sensibile, e che nell’attuale momento storico, alla luce della recente riforma della legge n. 18 del 27 febbraio 20151, si pone al centro del dibattito socio-politico.
Attraverso il presente studio ci si prefigge l’obiettivo di investigare il complesso percorso storico che ha portato all’approvazione dell’odierna disciplina, con la speranza di cogliere sia i profili più innovativi che quelli più problematici della stessa.
In primo luogo, si rimarcherà come quello della responsabilità del magistrato sia un concetto intrinsecamente collegato al ruolo del Potere giudiziario nell’ordinamento ed alla natura della funzione giurisdizionale2.
In proposito, a grandi linee si osserveranno le origini di quella che oggi è denominata “funzione giurisdizionale”, rintracciabili nell’epoca immediatamente antecedente alla rivoluzione francese, in cui cominciò a delinearsi l’idea di un’attività, autonoma e separata rispetto al potere politico3, diretta alla tutela dei diritti dei cittadini ed alla soluzione delle controversie; a questo punto, poi, si
1
Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 marzo 2015, n. 52 e che modifica in più punti la l. del 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilità civile dello Stato-giudice.
2
Cit. F. DAL CANTO, La responsabilità dei magistrati nell’ordinamento
italiano, reperibile sul sito www.archivio.rivistaaic.it, 2007.
3In particolare, si farà riferimento all’esperienza francese ed a quella prussiana ed
ripercorreranno le tappe evolutive della figura del giudice nel nostro Paese.
Successivamente, si procederà ad un approfondimento comparativo di alcuni sistemi europei di disciplina della responsabilità del magistrato; ed, infine, ci si soffermerà sul nuovo inquadramento della normativa, fornito con la citata riforma della l. n. 18/15.
2. La nozione di giurisdizione nella nostra carta costituzionale
La Costituzione repubblicana del 1948 segna una svolta incisiva nell’assetto strutturale dell’ordine giudiziario, soprattutto riguardo ai principi ed alle garanzie relativi all’esercizio della funzione giurisdizionale4.
In particolare, per quanto sia sostanzialmente impossibile fornire a priori un concetto di “giurisdizione”5, dalla lettura del dettato costituzionale si evidenzia che la stessa viene intesa quale “attuazione ultima degli interessi e dei diritti soggettivi da parte di
soggetti indipendenti e terzi”6.
4Vedi G. SERGES, Principi in tema di giurisdizione, in Governo,
Amministrazione, giurisdizione: Principi costituzionali di C. COLAPIETRO e G.
SERGES, Torino, 2012, 103. Ciò, nonostante la Parte seconda del Titolo IV della Costituzione dedicato alla “Magistratura” costituisca il frutto di un compromesso scaturito dall’opera dell’Assemblea Costituente.
5
La giurisdizione è stata talvolta definita come “un’attività volta all’applicazione certa, inesorabile, senza esitazioni e debolezze del diritto”, REDENTI, 1917, 493ss; altre volte come “l’attuazione della legge mediante la statuizione dell’attività di organi pubblici all’attività altrui”, CHIOVENDA, 1928, 401; altre ancora come la “funzione che ha per oggetto il mantenimento e l’attuazione dell’ordinamento giuridico”, S. ROMANO, 1957, 306.
6 Vedi G. SCARSELLI, Ordinamento giudiziario e forense, Milano, 2013, 36. Per
una teoria della giurisdizione quale attuazione ultima dei diritti vedi anche FABBRIANI, Potere del giudice, cit., 721, per il quale “ Che la giurisdizione nel
Difatti, nonostante l’articolo 101 Cost., comma primo della Costituzione si limiti ad attribuire l’esercizio della funzione giurisdizionale a “magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”, considerandone in qualche modo presupposta la definizione, il primo comma dell’articolo 24 Cost., al contrario, fa propria la nozione su cui ci siamo focalizzati, statuendo che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”.
Una volta fissato questo punto di partenza, si può proseguire, quindi, con l’esame dei principi di indipendenza e terzietà che caratterizzano la magistratura.
2.1.La soggezione del giudice soltanto alla legge
L’articolo 101 Cost. sancendo che “La giustizia è amministrata in nome del popolo” e che “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”, fissa uno dei principi cardine del nostro intero sistema costituzionale7, poiché in tal modo statuisce che ogni provvedimento giurisdizionale debba essere fondato su una specifica norma di legge8.
suo momento ultimo e conclusivo (nel momento cioè della formazione del giudicato) si presenti nei confronti dei destinatari come potere puro, non controllabile, né sindacabile da parte di costoro, è un dato ovvio e scontato”.
7
In proposito vedi N. ZANON- F. BIONDI, Il sistema costituzionale della
magistratura, Bologna, 2006, 37 ss.
8
Intendendosi in questo caso col termine “legge” qualunque previsione di diritto, sia nazionale che comunitaria.
Il principio di soggezione del giudice soltanto alla legge, tuttavia, assume vari significati.
Invero, prima di ogni altra cosa chiarisce che nel nostro ordinamento è impossibile configurare una gerarchia tra giudici; secondariamente, stabilisce che le competenze del giudice devono essere prescritte previamente dalle legge, in via generale ed astratta; ed, infine, garantisce la liberta d’interpretazione del singolo giudice, che ha il diritto ed il dovere di applicare le norme al caso concreto secondo la propria coscienza e senza nessun condizionamento.
Circa l’autonomia dei magistrati, invece, a detta dell’articolo 104 Cost. “La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere”; l’articolo 107 Cost., poi, aggiunge che “I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della Magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso”; infine, secondo l’articolo 110 Cost. al Ministero di grazia e giustizia competono solo “l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”9.
Ciò nonostante, riguardo ai principi di autonomia ed indipendenza della magistratura vale la pena ricordare che l’orientamento della la
9In proposito, anche gli articoli 105 e 106 della Cost. specificano che “Spettano al
Csm… le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti” e “le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso”.
Corte costituzionale ha teso a far coincidere i due concetti, ritenendo, appunto , che fosse più opportuno parlare di indipendenza esterna, intesa come rifiuto di ogni possibile forma di subordinazione al potere esecutivo, e di indipendenza interna, intesa come esclusione di ogni possibile interferenza tra giudici10.
2.2.Il principio di terzietà del giudice
Secondo il disposto costituzionale l’ufficio del giudice si contraddistingue, oltre che per profili di indipendenza, anche per il carattere di terzietà11.
Ciò premesso, se per quel che attiene l’indipendenza del giudice si tratta, come abbiamo visto, di un principio i cui confini sono stati da sempre ben delineati; al contrario il contenuto del principio di terzietà è stato precisato solo a seguito della legge costituzionale del 23 novembre 1999, n. 2, che ha riformato l’articolo 111 Cost., il quale oggi sancisce che il giusto processo si svolge imprescindibilmente “davanti ad un giudice terzo ed imparziale”. A tal proposito va comunque ricordato che numerosi esponenti della dottrina hanno messo in discussione il contenuto innovativo della
10 Corte Cost. sent. n. 142 del 1973; inoltre, la Corte ha precisato che il termine
“autonomia” usato in Costituzione in questo caso deve essere inteso in senso “generico e non tecnico, a indicare la disciplina diversificata che la Costituzione riserva,e vuole sia riservata, per quanto attiene allo stato giuridico dei magistrati dell’ordine giudiziario, sia garantendo loro direttamente l’inamovibilità,nei sensi ed alle condizione di cui all’articolo 107, primo comma, sia sottraendoli, anche per quel che concerne tutte le vicende del predetto stato ad ogni dipendenza da organi del potere esecutivo”.
11 Vedi “La terzietà e l'imparzialità del giudice nel sistema normativo italiano e
riforma, sostenendo che già dal contesto generale dei valori costituzionali posti a fondamento dell’attività giudiziaria, potesse intuirsi l’importanza dei caratteri di imparzialità e della terzietà del giudice.
In particolare, si argomentava che gli articoli 312, 2413, 2514 e lo stesso comma 2 dell’articolo 101 della Costituzione, sin da prima della novella costituzionale, rispondessero ad esigenze di imparzialità, obiettività ed uniformità connesse all’esercizio della funzione giurisdizionale; e che inoltre i contorni di tale principio fossero ulteriormente ricavabili sia norme della legislazione ordinaria15 che da norme sovranazionali16.
3. La responsabilità dei giudici e la responsabilità dei pubblici
ministeri
Prima di proseguire nella nostra indagine occorre domandarsi se in tema di responsabilità debbano essere fatte delle distinzioni tra autorità giudicanti ed autorità requirenti.
12 Sancendo il c.d. principio di uguaglianza.
13Garantendo la generale possibilità di agire in giudizio e l'assoluta inviolabilità del
diritto di difesa
14
Affermando che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito
per legge”.
15Si pensi alla disciplina codicistica in materia di incompatibilità, astensione e
ricusazione, nonché al capo II del titolo I dell'ordinamento giudiziario (artt. da 16 a 19), che regolamentano il regime delle incompatibilità. per i magistrati ad esercitare funzioni proprio in vista della tutela dell'imparzialità del giudice e del suo disinteresse per gli affari sottoposti alla sua competenza.
16 Si pensi alla fondamentale importanza assegnata all'imparzialità del giudice dagli
strumenti normativi più significativi in tema di salvaguardia dei diritti naturali dell’uomo: e cioè negli artt. 6 CEDU; 1 e 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; e 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, in cui con identiche parole si afferma che: "Toute personne a droit à ce que sa cause soit
È noto, infatti, nella Carta costituzionale sono utilizzati indistintamente i termini “magistrato”, “giudice”, “autorità giudiziaria”, come se fossero nozioni fungibili; tuttavia, la dottrina non è sempre concorde nel valutare quali disposizioni si applichino a tutti i magistrati, quali solo ai giudici e quali possano, invece, essere estese anche ai pubblici ministeri.
In linea generale, si ritiene che molte delle disposizioni costituzionali contenute nel Titolo IV si riferiscano sia ai p. m. che ai giudici17 e che l’esercizio delle loro funzioni, giudicante e requirente, siano accomunate dal fatto che in entrambi i casi i magistrati compiano un’attività di interpretazione della legge e qualificazione dei fatti18. Pertanto, alla luce di queste considerazioni, si può affermare che le conclusioni raggiunte in tema di responsabilità per i giudici valgono anche per i pubblici ministeri; anche se, ovviamente, saranno diversi gli atti e le circostanze per cui saranno chiamati a rispondere in ambito civile, disciplinare e contabile19.
Ciò nonostante, meritano di essere segnalate delle questioni inerenti ad alcuni profili caratteristici dell’ufficio del pubblico ministero idonee in futuro a produrre delle ripercussioni in ambito di responsabilità.
17 N. ZANON, Pubblico ministero e costituzione, Padova, 1996.
18Questo vale soprattutto per quanto attiene il reclutamento per concorso,
l’inclusione all’interno dell’ordinamento giudiziario, la cui amministrazione è affidata al Consiglio superiore della magistratura, ed il grado di garanzia di indipendenza “esterna” dei giudici e dei pubblici ministeri. Per un esaustiva analisi della questione vedi F. BIONDI, La responsabilità del magistrato, Milano, 2006, 23 ss.
Innanzitutto, per quel che concerne la struttura e l’organizzazione interna degli uffici, si evidenzia che la legge di riforma dell’ordinamento giudiziario n. 150 del 2005, la c.d. legge Castelli, anche al netto delle modifiche apportate dalla successiva legge n. 269 del 2006,c.d. legge Mastella, configura un sistema in cui risulta fortemente ridimensionata l’autonomia del sostituto procuratore rispetto al Procuratore della Repubblica20; e, dunque, diviene necessario ragionare anche di un’eventuale responsabilità dei primi nei confronti del secondo21.
Inoltre, un’altra forma di responsabilità del pubblico ministero potrebbe prospettarsi in relazione alla concreta realizzazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dall’articolo 112 Cost., visto che, come è noto, il magistrato requirente esercita una certa discrezionalità nel selezionare le notizie di reato che meritano di essere perseguite prioritariamente22.
20 Ai sensi dell’articolo 1, comma 2 della legge n. 269 il Procuratore della
Repubblica è il “titolare esclusivo dell’azione penale”, che “esercita personalmente o mediante assegnazione a uno o più magistrati dell’ufficio”,potendo “stabilire criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività” e, in caso di violazione di tali criteri, o comunque se “insorge un contrasto circa le modalità di esercizio”, il Procuratore della Repubblica “può, con provvedimento motivato, revocare l’assegnazione”.
21 Vedi N. ZANON, La responsabilità dei giudici, relazione al Convegno
Separazione dei poteri e funzione giurisdizionale, Padova, 22-23 ottobre 2004,
in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
22
In particolare, tale ipotesi di responsabilità, alla luce della recente riforma dell’ordinamento giudiziario, dovrebbe riguardare esclusivamente il Procuratore della Repubblica, in qualità di titolare esclusivo dell’azione penale. Tuttavia, almeno fino ad una eventuale modifica dell’articolo 112 Cost., tale forma di responsabilità si porrebbe su un piano di incostituzionalità.
4. L’esercizio dello ius dicere: tra indipendenza e responsabilità Per quanto sia vero ancora oggi ciò che Pietro Calamandrei affermava nel lontano 1921, ovvero che “La civiltà dei popoli, la forza degli Stati, si misura non tanto dalla bontà delle leggi che li reggono, quanto dal grado di indipendenza raggiunto organi che queste leggi sono chiamati ad applicare”23, è altrettanto vero che la funzione giurisdizionale si sostanzia nell’esercizio di un “potere” e pertanto deve essere correlata da un regime di responsabilità24. Negli anni, infatti, in molti hanno sottolineato come la configurazione di un potere senza responsabilità risulti incompatibile con un sistema democratico25, al contrario, però, non è stato unanime il consenso circa l’opportunità di configurare un sistema di responsabilità, giuridica e non, per i membri dell’ordine giudiziario26. In particolare, alcuni hanno concentrato i propri sforzi nel tentativo di configurare una forma di responsabilità “politica” del giudice, appellandosi al dettato dell’articolo 101 della Costituzione, ai sensi del quale “la giustizia è amministrata in nome del popolo”, andando incontro, però, il limite assoluto costituito dal principio della
23
Cit. P. CALAMANDREI, Governo e magistratura, 1921, 7.
24 La nota frase “là où est la responsabilité, là est le pouvoir” risale a L. DEGUIT,
Traitè du droit constitutionnel, Parigi, 1928, 832, e fu espressa in relazione alla
posizione del Capo dello Stato.
25
Vedi N. TROCKER, La responsabilità del giudice, in Riv. Trim, dir. e proc. civ., 1982, 1300; e M. CAPPELLETTI, Giudici irresponsabili?, Milano, 1988, 6 ss.
26 Per una puntuale trattazione della tematica vedi F. DAL CANTO, Opera cit., 3
separazione dei poteri27; altri, invece, hanno preso in considerazione le varie forme di responsabilità “giuridica” del giudice, includendo tra queste una responsabilità di natura disciplinare, una penale, un’altra contabile, ed, infine, una civile.
5. La responsabilità civile del magistrato
Tradizionalmente il concetto di responsabilità esprime l’idea che un soggetto possa essere chiamato a rispondere dei propri comportamenti, ma abbiamo visto che quando si prende in considerazione la responsabilità del magistrato si fa riferimento all’assunto per cui la funzione giurisdizionale costituisca esercizio di un “potere” in parte discrezionale28.
A tal proposito, una definizione di responsabilità in senso ampio è formulata da Mortati, che identifica la “responsabilità” nella situazione che si verifica quando si è chiamati a rispondere degli effetti non conformi a quelli che si sarebbero dovuti attendere dall’esplicamento di un’attività29.
27
Tra questi l’onorevole Claudio Castelli, che propose di affiggere nelle aule giudiziarie una targa con la dicitura”la giustizia è amministrata in nome del popolo”.
28 Vedi G. U. RESCIGNO, secondo cui la responsabilità richiede sempre un
qualche grado di libertà degli uomini, voce Responsabilità (diritto costituzionale), in Enc.dir., XXXIX, Milano, 1988, 1349. In particolare, si muove dalla considerazione che si può imputare ad un uomo la responsabilità dei fatti, solo se esso avrebbe potuto comportarsi diversamente o avrebbe potuto compiere altre scelte. Vi è, dunque, una correlazione molto stretta tra libertà e responsabilità, purché ovviamente, tale libertà non sia assoluta.
29 Cit. C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1975, 22. Secondo
U. SCARPELLI, invece, un soggetto è responsabile se ha un dovere di un comportamento, se a lui è riferibile un comportamento contrastante con tale
Adesso che si fornito una nozione di responsabilità quale concetto unitario, ci si può concentrare sul tema della responsabilità dei magistrati, chiedendoci nei confronti di che essi rispondano e verificare il fondamento e la natura di tale istituto.
In questa sede, nello specifico, interessa analizzare la responsabilità civile del giudice, la quale, pertanto, configura nell’ipotesi in cui il magistrato assuma nei confronti delle parti processuali, o degli altri soggetti aventi causa,un comportamento non conforme ai principi che presiedono l’esercizio dell’attività giurisdizionale.
Soffermandoci, in particolare, su come la disciplina di questa tipologia di responsabilità costituisca nel nostro ordinamento il frutto di un bilanciamento tra il principio di indipendenza della magistratura e quello della responsabilità dei dipendenti pubblici sancito, entrambi garantiti dalla Carta costituzionale.
dovere, e pertanto oggetto di valutazione negativa; se, in dipendenza dal riferimento del comportamento oggetto della valutazione negativa, è a lui eventualmente imputabile, o attualmente imputata, una conseguenza, a sua volta oggetto di valutazione negativa, vedi Riflessioni sulla responsabilità politica.