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Sintesi della tesi di dottorato
La rappresentazione del divino nelle fonti letterarie in lingua greca è intersecata dal riso e dalla comicità. Il legame degli dèi con il riso e il comico nelle fonti letterarie abbraccia un arco cronologico molto ampio, e diventa oggetto di elaborazione, rielaborazione e indagine da parte di poeti, intellettuali e filosofi, per molti secoli. Il γέλως e la comicità, sono componenti integranti e ricorsive nella rappresentazione degli dèi, così come lo sono della rappresentazione degli uomini.
Nelle fonti letterarie afferenti al genere dell’epica, gli dèi, al pari degli uomini, ridono, sorridono e, dato assai importante, fanno uso di ironia e sarcasmo, ricorrono a battute umoristiche e arguzie linguistiche che divertono il destinatario interno alla narrazione e, in alcuni casi, quello esterno. La rappresentazione del mondo olimpio nell’Iliade e, in misura quantitativamente inferiore eppure significativa, nell’Odissea, è scandita dal riso e dal sorriso degli dèi. Restando sempre nell’universo dell’epica, è possibile constatare come le divinità siano, oltre che fautrici, anche oggetto del riso dei propri simili e allo stesso tempo fonte di divertimento per il pubblico antico. È il celebre caso dell’episodio di Efesto nel libro I dell’Iliade e dell’altrettanto celebre racconto dell’adulterio di Ares e Afrodite nel libro VIII dell’Odissea. Efesto, brutto e zoppo, si improvvisa coppiere, ruolo destinato a divinità più belle, e per questo scatena il riso degli altri dèi. Essere inadeguati rispetto al compito che ci si prefigge, ed esserlo anche dal punto di vista estetico, è un meccanismo del riso che funziona sia per gli dèi che per gli uomini, come dimostra il caso di Tersite. Nel Canto di Ares e Afrodite, gli dèi ridono invece della coppia di amanti colta in flagranza di adulterio e si lasciano andare a battute divertenti e licenziose, come se fossero uomini. In Omero, gli dèi sono rappresentati in tutta la loro potenza ma anche con tutte le loro debolezze, in atteggiamenti poco solenni che a volte sconfinano nella turpitudine: questa incongruenza, questo scarto spesso repentino, è all’origine del divertimento che il pubblico antico provava ascoltando queste storie, come testimoniato da diverse fonti.
La Commedia e il dramma satiresco esasperano a loro volta l’antropomorfismo degli dèi, ne sfruttano la paradossalità assottigliando il più possibile la differenza tra uomini e divinità. Il contrasto tra la complessità delle figure divine e la tipizzazione in chiave umana cui esse vanno incontro produce uno scarto decisivo che mette in moto la macchina comica.
Accanto agli episodi omerici e alle rappresentazioni delle divinità sul palcoscenico comico, non bisogna tralasciare, infine, le opere che riprendono con intenti dichiaratamente parodici o umoristici la rappresentazione del mondo olimpio, come nella Batracomiomachia e nella vasta e varia produzione di Luciano, nella quale spiccano i Dialoghi degli dèi.
La scherzosa rappresentazione del divino nelle fonti è sintomo di una scherzosa dialettica tra dèi e uomini. Questo atteggiamento si differenzia in modo palese dall’atto vero e proprio di derisione del
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divino, esemplificato in alcuni miti e opportunamente sanzionato. Le forme di umoristica, comica rappresentazione e dell’altrettanto umoristica, parodica destrutturazione del mondo olimpio sembrano chiaramente indicative di una scelta di configurazione e di racconto della sfera divina che non respinge ma contempla il riso e la comicità quali strumenti privilegiati per indagare il modo in cui gli uomini pensano se stessi e i propri dèi.