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CAPITOLO 4

IL

CONTROLLO

DEI

PARAMETRI

RELATIVI

ALLA

CONSERVAZIONE

1 – INTRODUZIONE AI PROBLEMI DI CONTROLLO DEI PARAMETRI FISICO TECNICI Gli oggetti, i materiali, i manufatti presenti negli ambienti museali, nelle biblioteche, negli archivi o nei depositi debbono essere assolutamente protetti dai rapidi meccanismi di deterioramento che aumentano di pari passo alla crescita della fruizione degli spazi da parte dei visitatori. Allo stesso tempo l’aumento delle sostanze disperse in atmosfera e il conseguente peggioramento della qualità dell’aria negli ambienti interni stanno accelerando i processi di invecchiamento dei materiali. Questi due fenomeni, l’uno per certi aspetti positivo, l’altro categoricamente negativo, sono destinati ad aumentare.

Molte delle opere d’arte, che tutt’oggi sono ammirate, sono giunte ai tempi nostri senza che il problema di controllare le condizioni degli ambienti in cui le stesse erano conservate sia mai stato affrontato e pertanto gran parte dei problemi di conservazione deriva proprio dalla non idoneità degli edifici e degli ambienti adibiti a museo, ad archivi e ad altre funzioni accessorie.

In Italia a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti e in molti paesi europei, dove per i musei si costruiscono quasi sempre nuovi edifici, progettati appositamente per tale destinazione, si tende a utilizzare edifici storici con caratteristiche monumentali: palazzi nobiliari, dimore storiche, castelli, chiese, complessi architettonici e fortificazioni. Questi sono chiaramente sorti per uso diverso, ma l’utilizzo culturale e museografico rappresenta una via di scampo all’incuria, al degrado e alla speculazione edilizia e, nello stesso tempo, l’unico modo per essere offerti di nuovo. Infatti 28 edifici attualmente sede di museo sono anteriori al XII secolo, 483 sono stati realizzati tra il XII e il XVI e 544 tra il XVII e il XIX secolo1.

Per di più, spesso l’edificio storico è inserito in un più vasto contesto urbano inteso esso stesso quale museo, ciò per renderlo fruibile al pubblico e farne il fulcro di attività culturali. É ciò che si potrebbe definire la realizzazione di un “museo interno”: l’adattamento di spazi storici alle innovazioni museografiche; una laboriosa ricerca di equilibrio tra edifici monumentali e nuove funzioni, tra antiche collezioni e nuovi fruitori. Nel nostro paese c’è quindi un nesso determinante tra musei e territorio che ne fa un “museo a cielo aperto”, un grande “museo diffuso”2.

Le nuove finalità comportano, però, inevitabilmente, una modifica dell’organizzazione spaziale e funzionale e dell’ordinamento scientifico. Tutti gli edifici rinnovati o riordinati, oppure appositamente costruiti in questi ultimi decenni, presentano delle caratteristiche tali che sarebbe vano ricercare in quelli, anche più autorevoli, istituiti nel XIX secolo.

Oggi la superficie di un nuovo museo non è più occupata esclusivamente dalle sale di esposizione: esse ne costituiscono quasi sempre solo una metà, il resto è destinato ad attività diverse ognuna delle quali richiede spazi e una dotazione di allestimenti particolari, nonché condizioni microclimatiche differenti. Si possono avere infatti spazi di ampie dimensioni con notevoli altezze su di un unico livello, o di dimensioni più ridotte disposte su vari livelli, o costituiti da un unico grande ambiente o da spazi estremamente piccoli. In generale troviamo situazioni miste e comunque

1

Huber, 1997

2 a fine Settecento da Quatrèmere de Quincy nelle sue “Lettres sur les prejudices qu’occasioneroient aux Arts et aux Sciences le deplacement de monuments de l’art de l’Italie…”, dove osservava che “mille cause riunite

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128 una diversità di situazioni secondo l’esposizione e l’uso a cui sono destinati gli ambienti quali depositi, aree per esposizioni permanenti, aree per esposizioni temporanee, biblioteche, sale didattiche e laboratori. Il microclima nei diversi ambienti può variare pertanto notevolmente in relazione alla loro disposizione, numero, ampiezza ed uso, alla presenza o assenza di finestre, di impianti di riscaldamento, condizionamento o climatizzazione, al tipo di illuminazione e infine all’afflusso dei visitatori. I depositi, luoghi dove vengono collocate le opere per lo più per mancanza di spazi espositivi, sono spesso situati in interrati, seminterrati o sottotetti dove l’aerazione è scarsa, e, quando presenti, vi sono soltanto impianti di riscaldamento invernale.

Negli ambienti deputati all’esposizione permanente e temporanea troviamo differenti situazioni microclimatiche, strettamente legate alla presenza o assenza di finestre o vetrate, ai diversi tipi di sorgenti luminose e alla presenza o assenza di tutti quegli impianti che permettono un controllo dei parametri ambientali. Le finestre, quando sono presenti, possono essere sigillate o quando non lo sono vengono aperte per periodi variabili. In quest’ultimo caso, scambiando con l’esterno, l’andamento termoigrometrico interno

subisce notevoli variazioni e nel caso di microclima controllato da macchine per la climatizzazione, consumi eccessivi di energia.

Anche la presenza di impianti di illuminazione artificiale determina, come abbiamo visto, variazioni sensibili dell’andamento termoigrometrico e in particolare aumenti della temperatura nelle zone circostanti le fonti luminose. Molto spesso l’illuminazione è mista, artificiale e naturale e si possono verificare processi di fotodegradazione degli oggetti esposti se non sono adottate opportune raccomandazioni per una corretta illuminazione e schermatura delle radiazioni.

L’aspetto della conservazione assume sempre più peso nelle scelte architettoniche e impiantistiche, che si riallacciano attualmente anche ad altre problematiche attuali di gestione delle risorse energetiche disponibili.

Per decidere l’adozione di un qualsiasi procedimento di protezione dal deperimento, si devono prendere in considerazione tutte e tre le principali categorie di degrado esaminate nel capitolo precedente.

Si può quindi dire che i requisiti cui deve soddisfare un ambiente destinato alla conservazione di opere d’arte siano:

- il controllo delle condizioni termoigrometriche che deve assicurare in primo luogo la continuità di queste nel tempo, impedendone variazioni tali da provocare un’attivazione improvvisa di scambi di calore e di acqua tra l’opera e l’ambiente.

- il corretto illuminamento delle opere

- la purezza dell’aria che deve essere attentamente controllata

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129 2 - CONTROLLO DI UMIDITA’ E TEMPERATURA

Tra tutte le cause di degrado prese in esame nel corso di questa ricerca, si possono considerare come le più significative quelle dovute all’umidità ed alla temperatura, ed in particolar modo, proprio le cause fisiche, sia perché caratterizzate da parametri più facilmente determinabili e quantificabili, sia perché si è visto che anche le altre cause di degrado sono strettamente collegate alle condizioni termoigrometriche dell’ambiente in cui si verificano: si hanno infatti importanti sinergie con l’inquinamento ambientale.

L’opera d’arte scambia calore e vapore acqueo con l’ambiente in cui si trova e può essere interessata, all’interno e sulla superficie, da fenomeni di natura chimica e biologica determinati da agenti contenuti nell’aria stessa. Sia i processi di carattere termoigrometrico, sia quelli provocati da agenti chimici e biologici influiscono sullo stato di conservazione dell’opera in modo tanto maggiore quanto maggiore è la loro entità.

Si può quindi ritenere che le condizioni più favorevoli per la conservazione delle opere d’arte siano legate alla realizzazione di condizioni di equilibrio termoigrometrico tra opera e ambiente.

La determinazione dei parametri da soddisfare per la corretta conservazione, legata a idonei valori di temperatura e umidità relativa dell’ambiente in relazione al tipo di materiali esposti è stata già analizzata. Ora resta da individuare quali siano gli interventi che mirano a ridurre l’entità e la velocità dei fenomeni che provocano variazioni dello stato di conservazione dell’opera, connessi essenzialmente con l’edificio che la ospita.

I sistemi che permettono quindi il controllo delle condizioni microclimatiche sono essenzialmente i seguenti:

- progettazione consapevole e attenta delle strutture e dell’involucro dell’edificio

- mantenimento delle condizioni termoigrometriche attraverso opportuni impianti di climatizzazione

- protezione fisica delle collezioni mediante l’ausilio di prodotti igroscopici

Prima di procedere però all’analisi dei singoli sistemi occorre individuare una serie di fattori che concorrono nella valutazione relativa alla scelta della migliore soluzione per la conservazione. Vista la pluridisciplinarità delle tematiche che confluiscono in questo studio, le indicazioni riportate rappresentano necessariamente una sintesi di tematiche assi ampie e complesse, nella consapevolezza che ciascuna di esse richiederebbe una specifica e dedicata trattazione.

2.1- FATTORI DETERMINANTI PER LE SCELTE NEL CONTROLLO DI UR E TEMPERATURA

Al fine di poter prevedere le operazioni che si rendono necessarie per raggiungere le condizioni ottimali di conservazione è indispensabile conoscere tutta una serie di fattori che concorrono alla determinazione di diversi scenari possibili nell’edificio, connessi ovviamente all’UR ed alla temperatura.

Per questo si deve tener conto delle condizioni in cui si opera, e quindi individuare la quantità, le caratteristiche e la provenienza dell’umidità dell’aria, la quale può avere diverse fonti:

Esterne – Le condizioni climatiche all’esterno di un edificio sono influenzate chiaramente dalla posizione geografica sul globo terrestre e variano molto con il giorno, la notte e le stagioni. Inoltre, brusche variazioni di umidità, come piogge copiose o l’evaporazione d’acqua da fiumi e torrenti, o da giardini e zone verdi vicine al sito possono comportare effetti negativi maggiori sulle collezioni da conservare.

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130 Un museo, una biblioteca, un archivio,

costituiscono in un certo senso un rifugio, un riparo, una protezione dalle condizioni del clima in cui sorgono.

Ad esempio in gran parte dell’estremo oriente (India meridionale, Sri Lanka, Indocina, Malesia, Indonesia, Filippine ed a parte della costa cinese) le condizioni esterne sono rimaste sopra il 65% di UR per tutto l’anno e per molti anni (registrazioni degli anni ’80 e ’903).

Sebbene le variazioni siano più piccole, si può considerare che, all’interno, il clima rimanga al di sopra del 65% di UR, in virtù anche del fatto che operazioni di riscaldamento non sono strettamente necessarie in quella parte

del mondo. Questa zona può esser definita tranquillamente come “umida” e la sua caratteristica principale da un punto di vista della conservazione è la molto probabile formazione di muffe. All’opposto della zona umida vi sarà invece quella “arida”. La tabella mostra che ci sono zone aride naturali sparse per il mondo, anche se non va dimenticato che condizioni simili si possono ottenere anche artificialmente, ogni qualvolta negli edifici, soprattutto in quelli europei o nord americani, si ricorre all’uso del riscaldamento invernale.

TIPO DI CLIMA ESEMPIO VALORE MEDIO DI UR

FORESTA PLUVIALE EQUATORIALE MALESIA,INDONESIA 75–80% COSTIERO CALDO BOMBAY,DURBAN,MADRAS 70–75% TROPICALE CON STAGIONE SECCA INDIA CONTINENTALE 50–70%

STEPPA CON POCHE PIOGGE PAKISTAN 40–50%

DESERTO EGITTO,ALGERIA 40% O MENO

TABELLA 23 – UR e clima nelle parti del mondo più calde

Tamen Rasset, una piccola cittadina posta su un oasi nel centro del Sahara algerino, è così arida che non è neppure possibile istallare delle tubature per l’acqua. Londra invece è solitamente considerata una città umida. Se però si considera un riscaldamento invernale che porta la temperatura fino a 20° C, l’umidità del clima indoor può esser di fatto accostata a quella del Sahara. Una delle peggiori situazioni possibili, ma anche penosamente comune, rende il confronto ancora più ravvicinato. Se il riscaldamento viene spento di notte, così come tutto il sistema di illuminazione, compreso quello sopra o addirittura dentro le teche protettive degli oggetti, il risultato è quello di avere una situazione più critica ancora che non nelle notti sahariane, creando un processo ciclico in cui si alternano condizioni calde e secche di giorno a fredde ed umide di notte.

3 Thomson G. The Museum Environment, 2a Ed. Butterworths, Londra, 1986 e Studi sui cambiamenti

climatici dell’ European Environment Agency, Nov. 2012.

FIGURA 29 – Situazione climatica del Sud Est asiatico. L’aria in verde ha registrato UR >65% durante l’anno e

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131 FIGURA 30– Situazione climatica a confronto tra Tamen Rasset (Sahara) e Londra

Esiste poi anche il clima delle zone temperate, specialmente lungo il litorale mediterraneo dove il tasso giornaliero medio di UR rimane compreso nei limiti tollerabili tra il 40 ed il 70% , nei quali il controllo climatico è notevolmente più semplice.

Comunque, in generale, nella maggior parte dei climi il pericolo arriva o da un umidità eccessiva, o da condizioni troppo secche, non da entrambe. In questi casi si può essere in grado di eliminare le condizioni pericolose senza essere in grado di garantire per brevi periodi un valore di UR entro i limiti migliori.

Perciò in Europa, anche lungo le coste, il pericolo spesso è dato dalle condizioni troppo secche generate dal riscaldamento estivo, come detto poc’anzi. Nei tropici, nella stagione dei monsoni, il problema è l’umidità durante il monsone stesso, ed anche se nella stagione secca l’umidità può scendere sotto quella ideale, non si raggiunge mai un livello di secchezza pericoloso. Anche in condizioni troppo asciutte dovute alle condizioni naturali un oggetto può similmente rimanere lontano da danni significativi, specialmente quelli che sono di origine locale e che sono sempre stati in quelle condizioni.

Nonostante non si possa collegare direttamente il comportamento di oggetti, ad esempio in legno, all’interno di un locale, con le variazioni di condizioni climatiche esterne, è possibile comunque individuarne una relazione. La figura seguente mostra come, sempre il legno, che in questo caso è semplicemente “riparato” (non sistemi particolari di controllo del microclima), segue le variazioni di UR dell’atmosfera esterna, presentando però un ritardo che dipende dalle dimensioni, dalla forma, dal tipo di trattamento sulla superficie dell’oggetto, o comunque da altri aspetti secondari. Per effetto del ritardo il legno talvolta è in grado di ridurre i cambiamenti estremi.

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132 FIGURA 31 – Andamento del legno in funzione dell’UR atmosferica. Misurazione effettuata a Salonicco, Grecia. La registrazione è durata un anno e mezzo, a partire da maggio. La curva nera è quella relativa all’UR dell’aria mentre

quella colorata indica in contenuto di acqua nel legno (EMC) in termini di UR equivalente.

È possibile peraltro anche studiare e quantificare il tempo con cui un oggetto si adatta alle variazioni esterne. Sono stati effettuati molti test e studi in questo senso, anche se il comportamento sotto l’effetto dell’UR non può essere chiaramente generalizzato.

In definitiva però, ovunque ci si trovi nel mondo, si è destinati ad avere interferenze del clima esterno con quello interno in qualche maniera, e tanto più vi sarà interazione, tanto delicate e dispendiose, in termini tecnologici, costruttivi, economici ed energetici saranno le contromosse da adottare per garantire la migliore conservazione possibile.

Interne – Un fattore che caratterizza gli ambienti espositivi è la presenza del pubblico. Nei musei di particolare interesse storico-artistico l’afflusso dei visitatori è intenso e in aumento, mentre in altri può essere scarso. La massa circolante di visitatori rappresenta un potenziale pericolo per gli oggetti esposti, in quanto l’apporto sia termico che igrometrico, legato alla respirazione e traspirazione del corpo umano e al tipo di abbigliamento, modifica i gradienti termici e igrometrici ambientali. L’afflusso del pubblico determina un aumento dell’umidità relativa dell’aria che dovrà essere tenuto in conto per il calcolo del valore dell’umidità relativa ambiente. Inoltre i visitatori rappresentano i vettori di aerospore che possono essere trasportate con i capelli, con la pelle e con gli abiti e che possono favorire il proliferare di microrganismi.

Il calore sensibile emesso in un’ora da una persona equivale a quello emesso da una lampada a incandescenza da 100 W. Jones4 dà una misura di 105 W a 20° C, che si riduce a 72 W a 26° C. L’umidità emessa in condizioni di comfort è intorno ai 1000 ml al giorno (o 50-100 g/ora), ma può salire anche di 10 volte durante un lavoro in un clima particolarmente umido. L’umidità immessa da un corpo (umano) nell’aria tramite l’evaporazione dell’acqua corporea, che si ha con la traspirazione, la sudorazione ed il respiro, può essere anche calcolata ricorrendo alla misura del calore latente. Perciò si può affermare che un uomo in piedi a 20° C emana, oltre ai 105 W di calore sensibile, 45 W di calore latente, poiché questo è il calore necessario per far evaporare circa 1500 ml di acqua al giorno a 20° C. (calore latente dell’acqua a 20° C = 585 cal). Ogni persona quindi agisce come una piccola unità di condizionamento dell’aria e ne risulta che l’effetto immediato di una folla di persone, generato in una sala priva di ventilazione e isolata, è quello di aumentare la temperatura e abbassare l’UR.

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133 La ventilazione può ridurre l’effetto, ma non ne cambia la direzione del processo, perché la stessa porzione di calore e umidità entra nell’aria, che venga ricambiata o meno.

Altre attività quali la pulizia ed il lavaggio delle superfici possono essere altrettanto influenti, ma in modo negativo, se non si adottano tutte le accortezze del caso.

FIGURA 32 –Effetto delle persone sull’UR. 16 persone visitano una sala nel pomeriggio, divise in due gruppi. Le misurazioni effettuate nell’ambiente dimostrano come gli effetti dell’aumento delle temperature e della diminuzione dell’UR si presentino con picchi corrispondenti proprio al momento in cui i gruppi di visitatori erano presenti.

Intermedie (Edificio) – la barriera tra quello che avviene all’esterno e l’ambiente indoor è costituita proprio dall’edificio, dalle sue strutture e dalle pareti. Una sala costruita con materiale isolante eviterà in parte che le variazioni esterne siano risentite all’interno e quanto maggiore sarà l’inerzia termica delle murature, tanto minore sarà l’influenza esterna. Inoltre, le sale disposte al centro del museo avranno un clima più stabile di quelle dotate di finestre che danno sull’esterno.

Vi sono due gradienti di temperatura e di umidità sulle pareti dell’edificio, una sulla superficie esterna e una su quella interna. Per questo vi è sempre un movimento d’acqua per ridurre questi gradienti. Durante l’inverno, con UR alte da mantenere all’interno insieme alle alte temperature, il contenuto di umidità deve essere più alto di quello esterno e perciò il movimento del gradiente è verso l’esterno. Una sorgente molto pericolosa di umidità è quindi la condensa che si può formare all’interno degli strati della parete stessa, oppure sulle superfici, ed in particolare su quelle vetrate, specialmente se gli ambienti non sono adeguatamente ventilati. Con le temperature esterne invernali che raggiungono anche valori molto prossimi allo zero, se non inferiori, l’umidità rischia seriamente di arrivare al punto di rugiada, se non addirittura di gelare sulle superfici o all’interno delle pareti stesse, causando peraltro danni agli strati di muratura.

Il pericolo principale della condensa è in primavera, quando gli edifici sono aperti alla ventilazione e l’aria umida, più calda, che entra all’interno incontra le superfici ancora fredde per l’inverno. Il rischio di proliferazione di muffe cresce notevolmente.

Problema analogo e non meno importante è la risalita capillare di acqua, che permea nelle strutture e aumenta considerevolmente l’umidità negli ambienti, principalmente ai livelli interrati o a diretto contatto con il terreno.

Le condizioni termoigrometriche sono influenzate anche da altri fattori quali il carico termico dell’ambiente, ossia la potenza termica rilasciata dalle sorgenti luminose (naturali o artificiali), il calore sensibile e latente determinato dai ricambi d’aria esterna introdotta attraverso le infiltrazioni e le aperture di porte e finestre. L’insieme di tutti i fattori complica lo studio e determina spesso la difficoltà di mantenimento nel tempo delle condizioni termoigrometriche impostate.

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134 2.2- COMPROMESSI NEL CONTROLLO DI UR E TEMPERATURA

Il problema cruciale da fronteggiare negli ambienti museali in relazione alla qualità climatica indoor è quello di riuscire a mantenere stabili nel tempo e uniformi nello spazio i parametri termoigrometrici. È quindi essenziale disporre di un sistema edificio + impianto di climatizzazione che possieda le potenzialità di controllo climatico necessarie al raggiungimento dei desiderati livelli di qualità microclimatica.

In base a questa valutazione è possibile suddividere la casistica degli edifici esistenti in tre categorie:

- edifici o locali destinati ad altri usi e adattati successivamente. - edifici costruiti ad hoc privi di impianti di climatizzazione - edifici costruiti ad hoc dotati di impianti di climatizzazione

FIGURA 33 – a) Allestimento storico realizzato in struttura d’epoca (Collezioni Comunali, Bologna); b) Allestimento moderno realizzato in struttura d’epoca (Musei di San Domenico, Forlì); c) Allestimento moderno realizzato in struttura moderna (Mart – Museo d’arte moderna, Rovereto)

Il numero di collezioni che si trovano in edifici, anche di recente costituzione, che sono stati progettati per altre destinazioni (conventi, scuole, abitazioni ecc.) è assai elevato. Spesso per carenza di spazio vengono utilizzati gli ambienti più disparati e meno idonei (umidi, privi di ventilazione, ecc.). In ambienti di questo tipo si hanno le condizioni climatiche più varie, non facilmente schematizzabili e che comunque di frequente favoriscono il deterioramento dei materiali. La maggior parte delle collezioni è conservata in edifici costruiti in epoche diverse, con criteri diversi, senza climatizzazione, e nei quali si ha una vasta gamma di microclimi. Si va dalle collezioni più antiche, ubicate in edifici monumentali, a quelle ottocentesche con muri spessi e strutture portanti, infissi e arredi lignei, a quelle del primo e secondo Novecento, che si trovano in edifici in cemento armato sovente con ampie vetrate. Nell’ambito della stessa costruzione si ha una varietà di situazioni a seconda dell’ubicazione degli ambienti (interrati, seminterrati, piani intermedi, sottotetti), della loro esposizione, della presenza o meno di finestre, dell’uso a cui sono destinati (magazzini, sale di studio, uffici ecc.) ed infine dello stato di conservazione del materiale. Solo una piccola percentuale di archivi, musei o biblioteche, si trova invece in edifici costruiti ad hoc e dotati di impianti di climatizzazione nei quali esistono impianti per il controllo dei parametri termoigrometrici e per la filtrazione dell’aria. In essi, se esiste una corretta regolazione di tali parametri, il rischio di processi di degradazione fisica, chimica e biologica è molto ridotto. Il maggior problema da superare è la realizzazione di un buon progetto di climatizzazione e di allestimento.

Il microclima dei singoli ambienti ha ovviamente un diverso andamento nel corso dell’anno a seconda che essi siano dotati o meno di impianti di termoventilazione o riscaldamento. Nel primo

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135 caso esso subisce l’influenza del clima esterno soprattutto nel periodo primaverile-estivo, mentre nel secondo caso tale influenza si fa sentire nell’arco di tutto l’anno ed è strettamente correlata all’alternanza delle stagioni che causano escursioni termoigrometriche notevoli. Ad esempio nei depositi che si trovano in località con clima semicontinentale, come le località della Pianura Padana, durante l’inverno si hanno spesso minimi termici prossimi allo zero e nel periodo estivo massimi intorno ai 40°C. Per tale motivo è essenziale innanzitutto stabilire quali siano i valori di UR, e parallelamente di temperatura, che si intendono adottare.

L’analisi fatta nel capitolo precedente (vedi anche Allegato X) ha mostrato come vi siano valori ottimali di conservazione molto discordanti tra le diverse tipologie di oggetti o di materiali. Tuttavia, soprattutto in merito all’umidità relativa si può notare come la tendenza sia quella a privilegiare valori prossimi al valor medio. La tabella sottostante mostra quanto detto.

SCELTA DEI LIVELLI DI UR IN ACCORDO COL CLIMA 65%

ACCETTABILE PER COLLEZIONI MISTE NEL CLIMI TROPICALI.TROPPO ALTA

TUTTAVIA PER ASSICURARE LA STABILITÀ DI FERRI E BRONZI CONTENENTI CLORURI. È FONDAMENTALE LA CIRCOLAZIONE DELL’ARIA

55%

AMPIAMENTE RACCOMANDATA PER DIPINTI, MOBILI E SCULTURE LIGNEE IN EUROPA, E SODDISFACENTE PER COLLEZIONI MISTE.PUÒ PERMETTERE PROBLEMI DI CONDENSA O CONGELAMENTO NEI VECCHI EDIFICI, SPECIALMENTE NELLE AREE INTERNE DELL’EUROPA E NEL NORD AMERICA

45-50%

UN BUON COMPROMESSO PER LE COLLEZIONI MISTE E DOVE LA CONDENSA PUÒ ESSERE UN PROBLEMA RILEVANTE.FORSE È LA MIGLIORE CONDIZIONE PER ESPORRE TESSILI O CARTA ALLA LUCE

40-45% IDEALE PER LE COLLEZIONI DI SOLI OGGETTI METALLICI.ACCETTABILI ANCHE PER I MUSEI PRESENTI NELLE ZONE PIÙ ARIDE CHE ESPONGONO OGGETTI LOCALI

NOTE – Le mostre internazionali e gli oggetti in prestito richiedono un accettazione internazionale dei livelli di UR e introducono una tendenza verso un livello medio di 50-55%

TABELLA 24 – Valori consigliati di UR da mantenere negli ambienti per la conservazione. Da G. Thomson, The Museum Environment, Butterworths, Londra 1986.

Occorre comunque ricordare che è necessario spostarsi dal valore centrale solo ed essenzialmente per due motivi: perché i materiali esposti richiedono condizioni speciali di UR, o perché l’UR in un museo, anche con sistema di condizionamento dell’aria, dovrebbe riflettere i valori medi di UR correlati al clima (più estremo) della località in cui sorge. Gli oggetti antichi che provengono dai siti vicini al museo dove sono esposti, sono sempre stati sottoposti alle condizioni climatiche locali, ed a queste si sono adattati nel corso del tempo, senza trascurare il fatto che è più semplice ed energicamente vantaggioso mantenere le condizioni termoigrometriche presenti in loco.

Un altro aspetto da non sottovalutare è che molti musei al giorno d’oggi hanno mostre temporanee e quindi molte opere sono spesso prestate o prese in prestito per periodi differenti. Per la maggior parte dei musei questo significa un cambio di nazione e quindi inevitabilmente di clima. I musei che prestano le opere possono per altro esigere condizioni ragionevolmente vicine a quelle proprie. Questo rafforza ancora di più la scelta di valori di UR medi (50 o 55%). La tolleranza generalmente è intorno al 4-5% e si basa di più su quello che ci si aspetta dagli impianti di condizionamento dell’aria piuttosto che da quello che accade sulle opere esposte, il che non è ancora stato studiato con estrema esattezza.

Costruire però un edificio con il 50% di UR interna richiederà l’adozione di un adeguato sistema di isolamento, nonché di uno studio attento delle finestrature, evitando il rischio di formazione di condensa.

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136 Rogers5 riporta un maggior costo di costruzione del 14% solo per l’umidificazione al 50%.

Un'altra soluzione proposta da Admur6 è che il museo dovrebbe essere un edificio dentro l’edificio. Solo l’edificio interno, che conterrebbe i materiali maggiormente sensibili, andrebbe mantenuto al 50% di UR, mentre gli spazi attorno, anche con valori di UR minori, sarebbero adatti sempre ad esporre materiali meno sensibili all’umidità come metalli, vetri, pietre senza residui salini e ceramiche.

Una terza soluzione è stata studiata dal Canadian Conservation Institute per un applicazione generale. Questa presuppone un valore di UR più basso da mantenere durante l’inverno. Per esempio, in estate l’UR è impostata su 50% ± 3% (47-53%) ma il set-point viene abbassato di un 2% al mese, per passare dal 50% fino al 38% nel mezzo dell’inverno. Nei successivi sei mesi il processo sarebbe inverso per ritornare in estate al 50% di UR. In questo caso l’idea di un valore costante di UR viene accantonata in favore una variazione lenta e progressiva.

Si può osservare quindi come il controllo dell’UR coinvolge molte tematiche relative all’edificio, e almeno tante quante quelle relative agli oggetti che contiene. Lo studio architettonico e impiantistico richiedono perciò una cura ed una valutazione oculata.

In merito a questo aspetto le normative italiane e le norme UNI, come già più volte affermato, collegano il controllo termoigrometrico per la conservazione dei beni artistici e culturali al monitoraggio e alla verifica dell’ottenimento di specifiche condizioni ambientali con riferimento ad uno specifico singolo oggetto o al singolo materiale.

Un approccio differente, ma particolarmente interessante in quest’ottica è quello proposto dall’American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning (ASHRAE) che definisce per gli ambienti museali e per le collezioni in essi custodite delle classi di controllo per il sistema edificio-impianto, ovvero dei requisiti di controllo termoigrometrico per gli ambienti che espongono/custodiscono opere, suddivisi in Classi di Controllo richieste per la conservazione degli oggetti, così come mostrato nella tabella seguente.

DESTINAZIONE D’USO DELL’EDIFICIO VALORI DI SET-POINT O VALORI MEDI SU BASE ANNUA

MASSIME FLUTTUAZIONI E GRADIENTI PER LE GRANDEZZE TERMOIGROMETRICHE RISCHI PER LA CONSERVAZIONE CLASSE DI CONTROLLO GRADIENTI MARGINE DI VARIAZIONE STAGIONALE RISPETTO AL SET -POINT MUSEI, GALLERIE D’ARTE, BIBLIOTECHE E ARCHIVI UR=50% (O VALORE MEDIO ANNUO DA DATI STORICI PER COLLEZIONI PERMANENTI) T=15°- 25° C AA CONTROLLO “DI PRECISIONE”. NESSUNA VARIAZIONE STAGIONALE PERMESSA UR=±5% T=±2°C UR NESSUNA VARIAZIONE T=±5°C NESSUN RISCHIO DI DANNO MECCANICO PER LA MAGGIOR PARTE DEI MANUFATTI E DEI DIPINTI. ALCUNI METALLI E MINERALI POSSONO DEGRADARSI SE IL VALORE DI UR POSTO AL 50% SUPERA IL VALORE LIMITE DI UMIDITÀ CRITICO PER LA LORO CONSERVAZIONE

5 Rogers, G. de W., “The ideal of the ideal environment”, J. IIC Canadian Group, 2 No. 1, 1976

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137 A CONTROLLO “DI PRECISIONE”. PERMESSI CONTENUTI GRADIENTI E VARIAZIONI STAGIONALI UR=±5% T=±2°C UR=±10% T=±5°C LIEVE RISCHIO DI DANNO MECCANICO PER MANUFATTI AD ALTA VULNERABILITÀ. NESSUN RISCHIO PER LA MAGGIOR PARTE DEI MANUFATTI, LIBRI, DIPINTI, ECC. B CONTROLLO “DI PRECISIONE”. PERMESSI GRADIENTI E DEFINIZIONE DI MASSIMO VALORE DI TEMPERATURA UR= ±10% T=±5°C UR=±10% T=±10°C MA INFERIORE A 30°C IN BASE A QUANTO NECESSARIO PER MANTENERE IL CONTROLLO DELL’UR RISCHIO MODERATO DI DANNO MECCANICO PER MANUFATTI AD ALTA VULNERABILITÀ; RISCHIO LIEVE PER LA MAGGIOR PARTE DEI DIPINTI, FOTOGRAFIE; NESSUN RISCHIO PER LA MAGGIOR PARTE DEI MANUFATTI E DEI LIBRI

C PREVENZIONE DI RISCHI ESTREMI DI CONSERVAZIONE UR=25-75% DURANTE UN ANNO TEMPERATURA PREVALENTEMENTE INFERIORE A 25°C, RARAMENTE SUPERIORE A 30°C RISCHIO ELEVATO DI DANNO MECCANICO PER MANUFATTI AD ALTA VULNERABILITÀ; RISCHIO MODERATO PER LA MAGGIOR PARTE DEI DIPINTI, FOTOGRAFIE; RISCHIO LIEVE PER LA MAGGIOR PARTE DEI MANUFATTI E DEI LIBRI

D PREVENZIONE DI RISCHI DI ROTTURE UR<75% RISCHIO ELEVATO DI DANNO IMMEDIATO O CUMULATIVO MECCANICO PER LA MAGGIOR PARTE DEI MANUFATTI E DIPINTI PER BASSA UMIDITÀ

TABELLA 25 – Classi di controllo termoigrometrico per la conservazione secondo ASHRAE, 2007

Individuati i valori dei parametri termoigrometrici compatibili con la conservazione di una collezione, si individua la idonea classe di controllo del sistema edificio-impianto (da quella di potenzialità più elevata AA fino a quella più modesta D) che identifica le fluttuazioni ammesse a breve termine, o gradienti, e quelle stagionali rispetto al valore di set-point, (50% per l’U.R. e 15-25 °C per la temperatura).

Le “classi di fluttuazione” consentono dunque di spostare l’ attenzione dall’ oggetto singolo all’intero edificio, deputando ai curatori dell’istituzione museale la scelta della precisione da assegnare al sistema di climatizzazione, attraverso considerazioni che esulano anche dall’ aspetto strettamente impiantistico o dai carichi termici conseguenti alla specifica interazione edificio-impianto in oggetto, ma riguardano anche verifiche economiche e necessità gestionali.

La classe AA è la più restrittiva, presentando i requisiti più stringenti che vanno progressivamente allargandosi nelle altre classi. Le categorie B e C sono le più frequenti, tipiche dei musei piccoli e medi, imponendo un controllo di temperatura ed umidità meno rigido che è il massimo che spesso si riesce ad ottenere adeguando a funzione museale vecchi edifici storici. Nella classe D, tipica dei musei che ospitano collezioni caratterizzate da alta stabilità chimica, il controllo è semplicemente limitato all’umidità relativa. Ad integrazione della precedente tabella, è interessante anche osservare l’approccio proposto da Conrad7, che propone una suddivisione in 6 categorie di controllo climatico indoor per gli edifici.

7 Conrad, 1995

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138 CATEGORI A DI CONTROL LO CLASS E CARATTERISTIC HE TIPOLOGIA UTILIZZO SISTEMA ADOTTATO TIPO DI CONTROLLO CLIMATICO CLASSE DI CONTROL LO POSSIBILE N O N CO N T RO L L A T O I STRUTTURA APERTA DEPOSITI, PONTI NON OCCUPAZIONE , APERTURA 365 GG NESSUN SISTEMA NESSUNO D (SE CLIMA BENIGNO) II RIVESTIMENTO PROTETTIVO CABINA, SILOS, CAPANNE NON OCCUPAZIONE , APERTURA SOLO PER EVENTI NESSUN RISCALDAMENT O APERTURA FINESTRE E LUCERNARI VENTILAZIONE C (CLIMA BENIGNO) D (NO CLIMA UMIDO) P A RZ IA L E III MURATURA NON ISOLATA, VETRI SINGOLI NAVI, TRENI, FARI USO ESTIVO TURISTICO, CHIUSURA IN INVERNO LIEVE RISCALDAMENT O VENTILAZIONE ESTIVA, CONTROLLO T E UR IN INVERNO RISCALDAMEN TO, VENTILAZIONE C (CLIMA BENIGNO) D (NO CLIMA UMIDO) IV MURATURA CON ISOLANTE, VETRI DOPPI APPARTAMEN TI, UFFICI, CHIESE, SALE INCONTRO OCCUPAZIONE PROGRAMMAT A. LIMITAZIONE ACCESSI CLIMATIZZAZIO NE ESTIVA ON-OFF, DISPOSITIVO PER IL POST RISCALDAMENT O STANDARD HVAC B (CLIMA BENIGNO) C (INVERNO MITE) D M ICRO CL IM A CO N T RO L L A T O V MURATURA CON ISOLANTE E BARRIERA AL VAPORE MUSEI, GALLERIE, ARCHIVI, BIBLIOTECHE APERTURE AL PUBBLICO, OCCUPAZIONE INCONTROLLA TA CLIMATIZZ. GLOBALE CON CONTROLLO DELL’UMIDITÀ CONTROLLO CLIMATICO, VARIAZIONE STAGIONALE AA (SE INVERNO MITE) A B VI EDIFICIO CON PARETI ERMETICHE, OCCUPAZIONE CONTROLLATA PADIGLIONI, DEPOSITI DI MUSEI, TECHE MUSEALI NON FRUIZIONE, VISITA SOLO PREVIO APPUNTAMEN TO SPECIALE CONTROLLO DEL MICROCLIMA E RIGOROSO TRATTAMENTO DELL’ARIA CONTROLLO TOTALE E COSTANTE DEL MICROCLIMA AA A

TABELLA 26 – Potenziale controllo microclimatico per diverse tipologie di edifici secondo Conrad, 1995

Si evidenzia inoltre la forte connessione esistente tra le caratteristiche termofisiche dell’involucro, la destinazione d’uso e il potenziale controllo microclimatico adottabile.

Ad ognuna delle classi di controllo corrisponde secondo ASHARE una classe di fluttuazione possibile. La tabella esprime, in funzione delle caratteristiche costruttive, tipologiche e funzionali, il possibile controllo microclimatico all’interno di differenti categorie di edificio.

Attraverso soluzioni tecnologiche sull’involucro, nonché mediante interventi di installazione di soluzioni impiantistiche per la climatizzazione, diviene possibile un controllo globale delle condizioni microclimatiche all’interno degli ambienti. Il controllo dei parametri microclimatici nonché la fluttuazione ammessa diviene funzione del livello di precisione, gestione e regolazione dell’impianto di climatizzazione.

È altresì evidente che intervenendo sulla gestione dei flussi di persone, così come sull’isolamento termico dell’involucro, è possibile infine coadiuvare il sistema impiantistico (meccanico e attivo) nel mantenimento di condizioni costanti e uniformi di temperatura e umidità relativa.

(13)

139 2.3- CONTROLLO MEDIANTE L’INVOLUCRO EDILIZIO

L’involucro architettonico riveste un ruolo essenziale nel controllo delle condizioni termoigrometriche che si possono riscontrare all’interno degli ambienti, esso è infatti l’elemento che delimita l’edificio, con la funzione di mediare, separare e connettere l’ambiente interno con l’esterno. L’involucro agisce da elemento di regolazione e controllo dei flussi termici per trasmissione attraverso le pareti e per ventilazione naturale, che rappresenta uno dei punti fondamentali per la progettazione del sistema edificio-impianto.

All’involucro edilizio, costituito da una parte opaca (pareti) e da una trasparente (finestre) sono richieste prestazioni sempre più elevate anche in termini di efficienza energetica: si pensi ai nuovi materiali utilizzati ai fini di un miglioramento dell’isolamento termico.

Per isolamento termico si intende ogni sistema tecnologico o intervento atto a limitare il flusso termico scambiato tra due ambienti (interno – esterno, interno – interno) che si trovano a temperature differenti.

La grandezza che caratterizza l’attitudine di una parete ad isolare è la resistenza. Il parametro che però generalmente si prende in considerazione e caratterizza la parete attraverso la sua attitudine a farsi attraversare dal calore, cioè l’inverso della sua resistenza è la trasmittanza termica , (W/m2 K), ovvero la quantità di flusso termico che, in regime stazionario, attraversa una parete per effetto di una differenza di temperatura di 1°C. Quindi, per materiale isolante si intende un materiale caratterizzato da una ridotta attitudine alla conduzione del calore. Quanto più alto è il valore della trasmittanza, tanto più bassa è la capacità isolante della parete.

Un corretto isolamento termico negli edifici, oltre ad un contributo significativo sulla riduzione della spesa energetica, consente di evitare la presenza di fenomeni di condensazione, interstiziale e superficiale, restituendo così ambienti salubri ed una maggiore durabilità dei componenti edilizi, contribuendo ad una maggiore omogeneità della distribuzione della temperatura nell’ambiente, in particolar modo per locali di limitate dimensioni. Tali aspetti sono di grande importanza in ambito museale dove il controllo della temperatura sia dell’aria che delle pareti è fondamentale per la conservazione.

È bene sapere che la legislazione energetica nazionale relativa alle prestazioni energetiche degli edifici prevede dei limiti da rispettare relativamente alla prestazione delle pareti in termini di isolamento termico, definendo dei valori limite di trasmittanza termica in funzione della zona climatica di appartenenza (zone climatiche che vanno dal clima alpino a quello mediterraneo del sud Italia). Tali valori costituiscono il riferimento per assicurare le condizioni minime ammissibili ai fini energetici dei nuovi edifici o degli edifici ristrutturati. A titolo di esempio, la tabella riporta per una città in zona climatica D i limiti correnti previsti dalla legge nazionale.

TRASMITTANZA U [W/m2K]

VERTICALI OPACHE 0,36

ORIZZONTALI O INCLINATE OPACHE 0,32

ORIZZONTALI DI PAVIMENTO OPACHE 0,36

TRASPARENTI CON INFISSI 2,40

TRASPARENTI VETRO 1,90

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140 Se da un lato è importante acquisire una crescente sensibilità sul tema dell’isolamento termico, dall’altro non si può trascurare il fatto che in edifici esistenti, ed ancor più in edifici storici come spesso sono i musei, tali interventi siano spesso di difficile realizzazione.

Per operare interventi di isolamento termico sugli edifici è necessario effettuare valutazioni puntuali sulla scelta del componente edilizio da isolare, sulla tecnologia da adottare, sul materiale isolante e sul relativo spessore ottimale ai fini energetici ed economici.

Particolare attenzione deve inoltre essere dedicata al comportamento igrotermico delle pareti: oltre che da flussi di calore, le pareti sono infatti attraversate da flussi di vapore d’acqua. Esso è significativamente influenzato dalla tecnologia utilizzata per la costruzione della parete, cosi come dai materiali utilizzati.

Molti fenomeni di degrado delle pareti sono infatti conseguenti a valutazioni igrotermiche non corrette, che si ripercuotono sia sulla stabilità del componente d’involucro sia sulla salubrità degli ambienti interni. Tali processi di degrado possono essere causati dalla condensazione superficiale del vapore acqueo sul lato interno dell’involucro edilizio o dalla condensazione interstiziale del vapore acqueo all’interno delle strutture dell’involucro edilizio. Purtroppo, questi processi sono tristemente comuni anche negli ambienti museali.

Il fenomeno della condensa superficiale è connesso alla temperatura superficiale interna della parete e quindi dipende anche dal grado di isolamento che la parete stessa offre.

In questo senso l’isolamento termico dell’involucro opaco assume un ruolo sostanziale: come è noto occorre minimizzare, fino ad eliminare, la presenza dei cosiddetti ponti termici8 in corrispondenza dei quali possono evidenziarsi fenomeni di condensa.

In buona sostanza tale situazione si manifesta quando la temperatura della superficie interna della parete è inferiore alla temperatura in cui il vapore acqueo presente nell’aria dell’ambiente interno condensa (detta anche temperatura di rugiada). Quello che ne deriva è la formazione di gocce d’acqua sulla superficie della parete, le quali possono dare luogo alla formazione di macchie e muffe, spesso visibile in zone d’angolo delle pareti. In tale senso la corretta posizione ed entità di isolamento termico all’interno della parete è sostanziale per evitare il sopraggiungere di tale grave fenomeno.

Unitamente alle patologie superficiali occorre valutare la possibile insorgenza di fenomeni interstiziali, dovuti alla permanenza di vapore acqueo negli strati interni dei componenti. Durante la stagione invernale il vapore acqueo migra dall’ambiente interno verso quello esterno a causa della differenza di pressione del vapore. Qualora tale flusso di vapore incontri materiali a temperatura tale da causarne la condensazione occorre accertarsi che la condensa accumulata nel periodo invernale possa smaltirsi nel corso della stagione estiva. Se così non fosse, l’acqua formatasi andrebbe ad occupare gli interstizi all’interno delle pareti, riducendone la resistenza al passaggio del flusso termico e un conseguente deterioramento della parete.

8 I ponti termici costituiscono dei punti deboli all’interno dei componenti edilizi di involucro: si tratta di zone

circoscritte, con uno sviluppo lineare o puntuale, in cui la prestazione termica del componente si riduce significativamente a causa di una discontinuità nella stratigrafia, dovuta all’assenza o riduzione di spessore di uno o più strati. Per conseguenza si ottiene una riduzione della resistenza termica del componente medesimo. Le conseguenze indotte dalla presenza di ponti termici sono di diversa natura, e includono questioni energetiche, strutturali e di comfort ambientale degli spazi interni. Le tecnologie ad oggi in commercio consentono, nelle nuove costruzioni, di ridurre significativamente la presenza dei ponti termici anche su nodi particolarmente complessi. Tali componenti, di ormai diffuso utilizzo, posseggono buone prestazioni termiche e strutturali, possono essere posati in opera su tecnologie a secco e a umido. Anche la correzione dei ponti termici in edifici esistenti ha avuto un forte impulso negli ultimi anni.

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141 FIGURA 34 – Esempi di ponti termici più comuni

Per evitare questo problema, la più efficace soluzione progettuale consiste nell’applicazione della cosiddetta

“barriera al vapore”, ossia di uno strato impermeabile al passaggio del flusso di vapore sul lato cosiddetto “caldo” dell’isolamento termico, ossia verso il locale riscaldato. Tale accorgimento, opportunamente verificato a calcolo nel ciclo annuale, può essere condotto mediante l’applicazione di fogli di alluminio o bituminosi, commercialmente disponibili ormai già applicati al materiale isolante, sia esso in rotoli o a blocchi: nel caso della barriera al vapore il parametro prestazionale da verificare è la permeabilità al vapore acqueo ( kg/s m Pa). L’adozione di tale elemento è valevole per qualunque tecnologia di involucro si adotti.

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142 2.3.1–INVOLUCRO OPACO

L’evoluzione della moderna architettura ha portato ad una separazione fra le capacità termofisiche dell’edificio e la sua capacità di mantenere quasi autonomamente un microclima interno. La capacità termica9, comunemente detta anche massa o inerzia termica, insieme alla resistenza termica, giocano un ruolo fondamentale nella cosiddetta costante di tempo dell’edificio: quanto maggiore è la costante di tempo tanto minori sono le oscillazioni termiche interne dell’edificio e quindi tanto migliore il comportamento termico dello stesso. Potendo scrivere che:

= ×

con costante di tempo, resistenza termica e capacità termica) si ha che con la riduzione della massa dell’edificio, a causa dell’utilizzo di murature sempre più leggere e al sopravanzare dell’edilizia industrializzata, la capacità termica diminuisce e, a pari resistenza termica , anche

.

Pertanto, quando fino all’ottocento si costruivano gli edifici con muratura portante, cioè con muri di grande spessore per necessità costruttive, si avevano edifici termicamente più efficienti rispetto agli odierni edifici costruiti con strutture intelaiate e con muri poco spessi, leggeri e in qualche caso addirittura mancanti.

La riduzione di massa delle pareti comporta, se non attentamente controbilanciata, anche una riduzione della resistenza termica e pertanto la riduzione della costante di tempo risulta amplificata con effetti ancor più deleteri sul comportamento termico degli edifici.

Riguardo alla capacità termica, che è il fattore che maggiormente interessa, si può dire che è una proprietà collegata al comportamento termico dinamico delle pareti, cioè alla loro capacità di reagire a sollecitazioni di temperatura che variano nel corso del tempo, come avviene quotidianamente nel corso di una giornata. In particolare, come è noto, un flusso di calore che attraversa una parete viene in parte accumulato dalla parete e in parte lasciato passare: quanto più una parete è caratterizzata da una alta capacità termica, tanto più è significativa la sua tendenza all’accumulo.

Per tali motivi assume un’importanza fondamentale in ambito museale, in cui è basilare mantenere stabili i flussi termici e le temperature superficiali delle pareti e dell’aria interna: estremizzando il concetto, una alta inerzia termica, stabilizzando i flussi termici, tende a stabilizzare le condizioni climatiche indoor, fatto positivo per la conservazione delle opere.

Le oscillazioni della temperatura esterna, che si verificano durante il giorno, determinano, col trascorrere delle ore, una variazione (in aumento o in diminuzione) considerevole del flusso di calore che attraversa l’involucro dell’edificio, al quale può conseguire una variazione anche sensibile della temperatura delle pareti e dell’aria all’interno degli ambienti. Attraverso l’azione congiunta di isolamento termico e capacità termica dell’involucro è possibile contribuire al controllo delle temperature interne dell’edificio.

Lo sfruttamento dell’inerzia termica è tanto più efficace quanto più l’escursione termica giornaliera è ampia. Ciò ovviamente varia da città a città, ma generalizzando è possibile affermare che, se la differenza tra i valori minimo e massimo della temperatura esterna è inferiore a 5°C, è più importante valorizzare l’aspetto d’isolamento della parete, mentre se tale differenza supera i 10°C sono da preferirsi costruzioni massive. Nel caso di differenze di entità intermedia è necessario valutare di volta in volta in funzione del clima.

9

La capacità termica di un corpo con massa m è la quantità di calore necessaria per far variare di 1°C la sua temperatura; essa è data dal prodotto tra la massa m [kg] ed il calore specifico unitario c [kJ/kgK]. Alcuni materiali comuni hanno i seguenti valori di calore specifico unitario: calcestruzzo 0.88, laterizio 0.84, materiale isolante 0.67-1.60, legno 1.22-1.66, pietra 0.88 (kJ/kgK).

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143 L’inerzia termica degli elementi d’involucro ha l’effetto di ridurre e di ritardare l’azione dei carichi termici dell’ambiente, come mostra la figura sottostante, la quale rappresenta schematicamente l’andamento di un onda termica (in questo caso sinusoidale per semplicità) in ingresso attraverso una parete che viene in uscita modificata con gli effetti di smorzamento (cioè con una minore ampiezza di oscillazione rispetto al suo valor medio e con un ritardo rispetto all'onda incidente) e sfasamento, i quali sono in funzione delle caratteristiche geometriche e termofisiche del mezzo stesso.

FIGURA 35 - Effetto della capacità termica sulla temperatura interna. (il significato delle curve è riportato in legenda sul grafico) Time lag = ritardo temporale; Te,max = temperatura esterna massima; Ti,max = temperatura interna massima. Indicativamente si può sostenere che l'attenuazione è principalmente affetta dalla conducibilità e lo sfasamento dalla capacità termica del mezzo. Tuttavia il comportamento complessivo dipende essenzialmente dal rapporto caratteristico (conducibilità/capacità termica) che prende il nome di "diffusività termica”.

Come ordine di grandezza, per sfruttare al massimo la massa termica dell’elemento d’involucro edilizio, lo sfasamento tra il manifestarsi di una sollecitazione termica e il suo effetto in ambiente dovrebbe essere di circa 8/10 ore, in modo che in estate il fresco notturno venga trasmesso all’ambiente interno di giorno, e, viceversa in inverno, il calore diurno arrivi negli ambienti interni durante le ore notturne.

Quanto più alta è la capacità termica, tanto più tempo impiegherà il calore ad essere trasmesso attraverso l’involucro; quanto maggiore è la conducibilità termica dei materiali che compongono la stratigrafia, tanto minore sarà il tempo impiegato dal flusso di calore per attraversare l’involucro. Naturalmente, la soluzione migliore consiste in un sistema dotato contemporaneamente di sufficiente capacità termica e bassa conduttività. I materiali da costruzione più adatti per costituire elementi di involucro opaco ad elevata massa termica sono quelli più densi e con un valore maggiore di capacità termica volumica, come il calcestruzzo, i materiali laterizi compatti e le pietre naturali, adatti a rallentare il flusso di calore estivo verso l’interno e ad immagazzinare calore nei periodi invernali per poterlo rilasciare successivamente verso l’interno.

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144 La massa termica può essere sfruttata pertanto sia come contributo al riscaldamento, sia al raffrescamento.

In regime di riscaldamento, la capacità delle strutture che definiscono l’edificio può essere sfruttata per ridurre i consumi dell’impianto sfruttando per esempio l’accumulo della radiazione solare entrante. La stessa idea di accumulo è quella impiegata quando si utilizzando come terminali dell’impianto di riscaldamento i pavimenti radianti: il calore viene accumulato nelle strutture che li ospitano e rilasciato lentamente, inoltre

grazie alla loro capacità termica, gli elementi in cui si trovano collocati i pannelli (pavimento, parete, ecc.) continueranno a fornire calore all’ambiente anche quando l’impianto sarà spento. In regime di raffrescamento, per sfruttare al meglio l’azione della massa termica dell’edificio è necessario garantire alla struttura di dissipare il calore accumulato durante il giorno, ad esempio sfruttando la ventilazione notturna. L’aria fresca notturna proveniente dall’esterno lambisce le strutture a elevata massa termica aumentandone le perdite di calore per convezione e dissipando l’energia termica accumulata durante il giorno. Il giorno successivo gli elementi ad alta inerzia accumulano calore e lo rilasciano più avanti nel tempo secondo lo sfasamento caratteristico.

La massa termica può essere dislocata internamente o esternamente rispetto all’involucro dell’edificio. La massa esterna è costituita da quegli elementi direttamente esposti alle variazioni del clima esterno, come la temperatura esterna e gli apporti diretti della radiazione solare; la massa interna è formata dagli elementi esposti alla temperatura dell’aria interna (partizioni interne, solai interpiano, ecc.) e agli apporti di calore interni (illuminazioni, persone, apparecchi ecc.).

La posizione dell’isolante all’interno della stratigrafia muraria determina in parte tale classificazione differenziazione: massa esterna o interna. Si riportano di seguito alcune considerazioni su tre possibili situazioni di riferimento: isolamento interno, in intercapedine ed esterno a cappotto.

FIGURA 36 – Esempi di tipiche soluzioni di isolamento: A cappotto interno, B cappotto esterno, C isolamento ad intercapedine

Nel primo caso, la presenza di materiale coibente sulla faccia interna delle murature impedisce la fuoruscita del calore, ma ne impedisce anche l’accumulo nella parete retrostante e dunque la possibilità sfruttare la capacità termica degli elementi dell’involucro esterno.

La parete con isolamento in intercapedine presenta una massa termica esterna, che con la sua capacità rallenta l’ingresso della sollecitazione termica, uno strato di isolamento intermedio, che,

(19)

145 grazie alla sua resistenza termica, blocca gran parte del calore, e una massa termica interna che invece accumulando calore.

Nel caso di cappotto esterno, l’isolamento ostacola da subito l’ingresso di calore in estate, mentre in inverno permette l’accumulo del calore prodotto internamente in tutta la parete perimetrale.

Per capire se la massa termica è sfruttata efficacemente bisogna considerare se i maggiori consumi energetici siano legati al raffrescamento estivo o al riscaldamento invernale e ovviamente al tipo e al modo di utilizzo dell’edificio nelle varie stagioni. Se sono maggiori quelli in riscaldamento, è bene posizionare le soluzioni con maggiore massa termica in posizioni in cui possano ricevere molta radiazione solare o calore da sistemi radianti. Se viceversa sono maggiori quelli in raffrescamento, è necessario proteggere gli elementi costruttivi

con elevata massa termica dalla radiazione solare con sistemi di oscuramento o isolamento; è anche preferibile prevedere lo sfruttamento della ventilazione notturna per la rimozione del calore accumulato dalle superfici durante il giorno.

In ogni caso è bene sfruttare la massa dei solai e delle partizioni interne: sono solitamente le dislocazioni più

economiche per posizionare materiali pesanti.

2.3.2–INVOLUCRO TRASPARENTE

Le superfici trasparenti dell’involucro edilizio costituiscono un elemento di notevole influenza sul bilancio termico e sul clima dell’ambiente interno: in un ambiente museale, inoltre, hanno un ruolo fondamentale per permettere l’ingresso della luce naturale, spesso determinante per valorizzare appieno le caratteristiche delle opere esposte, anche se pericolosa per l’energia che trasporta. Rispetto all’involucro opaco, quello trasparente presenta una minor resistenza al passaggio del flusso termico e una capacità termica praticamente trascurabile. Un’adeguata scelta dei componenti trasparenti permette il controllo dei flussi termici, della radiazione solare e, cosa assai importante in ambienti museali, delle infiltrazioni d’aria.

Pur nella consapevolezza che molti degli edifici a destinazione museale sono spesso sottoposti a vincoli architettonici, si ritiene opportuno illustrare da subito i valori limite di legge relativi ai componenti trasparenti. In caso di nuova costruzione o di sostituzione dei serramenti in un edificio esistente (non soggetti a vincoli particolari), questi ultimi, infatti, devono rispettare una serie di requisiti minimi indicati dalla legislazione, volti ad assicurare alcune specifiche prestazioni: ottimizzazione del bilancio energetico dell’edificio attraverso la riduzione delle dispersioni termiche in regime invernale e dell’apporto energetico dovuto all’irraggiamento solare in regime estivo, benessere degli utenti e/o degli oggetti in termini termoigrometrici, visivi e acustici e di qualità dell’aria, stabilità agli agenti atmosferici per ciò che concerne la tenuta all’acqua, la resistenza al vento e la permeabilità all’aria, resistenza meccanica alle forze di azionamento, al carico verticale ed alla torsione statica; sicurezza anti-effrazione ed anti-intrusione, manutenibilità e sicurezza d’uso per ciò che riguarda la resistenza all’usura, agli urti, alle manovre errate, al lavaggio, agli agenti aggressivi ed alle sollecitazioni dell’utenza.

I requisiti prestazionali invernali del componente trasparente sono influenzati principalmente dal tipo di vetro, dal tipo di telaio e dal gas contenuto nell’intercapedine nel caso in cui si utilizzi un vetrocamera. Quelli estivi sono influenzati dal tipo di vetro e dalla presenza o meno di elementi con funzione di schermo, nonché, se utilizzato, dal tipo stesso di schermo.

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146 FIGURA 37 – Stratigrafia di un doppio vetro

Per operare consapevolmente una scelta, è essenziale conoscere i principali parametri che caratterizzano l’elemento finestra, costituiti dalla trasmittanza termica, dal fattore di trasmissione solare e dai relativi fattori di riduzione, e dalla permeabilità all’aria del serramento.

Il parametro sintetico che caratterizza il comportamento termico del componente trasparente è costituito dalla

trasmittanza termica [W/m2K], che rappresenta il flusso termico che, in condizioni stazionarie, attraversa una superficie di area unitaria per differenza di temperatura unitaria tra ambiente interno ed esterno. Essa dipende dalla trasmittanza termica del telaio, da quella del componente trasparente e, nel caso di vetrate multistrato, dal ponte termico generato dalla presenza del distanziatore10 posto tra le lastre di vetro. Inoltre, in presenza di schermi completamente chiusi, la resistenza termica del sistema finestra risulta incrementata dalla presenza della schermatura abbassata, che costituisce un ulteriore strato resistente e crea un’ulteriore intercapedine (ventilata). Tale resistenza dipende dal tipo di schermo utilizzato (tenda esterna, tenda interna, veneziana in vetrocamera, ecc.) e dalla sua permeabilità all’aria11.

Analizzando il solo elemento vetrato, esso dovrebbe presentare buone prestazioni di isolamento termico, di controllo solare e luminoso: spesso tali caratteristiche sono in contrasto tra loro. Considerando un vetro tradizionale o float, questo presenta un’alta conducibilità termica (pari a circa 6 W/mK), un fattore solare piuttosto elevato (compreso tra 0,77 e 0,84) e un coefficiente di trasmissione luminosa molto alto, garantendo quindi una buona illuminazione naturale all’interno degli ambienti. Utilizzando vetri basso emissivi e vetri selettivi a controllo solare è possibile limitare la quota radiativa delle dispersioni termiche nel primo caso, e controllare gli apporti solari

10

Il distanziatore, cioè l’elemento di separazione inserito tra le lastre di vetro, nel caso di vetrocamera, può essere in metallo, in alluminio o in materiale plastico. Quest’ultimo limita al massimo il ponte termico che si crea tra i diversi elementi che compongono l’elemento finestra. L’eventuale presenza di sali disidratati all’interno del distanziatore serve ad evitare la formazione di condensa.

11

il DPR 59/09 rende obbligatoria la presenza di sistemi schermanti esterni nel caso di nuove costruzioni o ristrutturazioni che interessino gli elementi d’involucro trasparente. Fanno eccezione i casi in cui si dimostri la mancanza di convenienza economica dello schermo attraverso la redazione di una specifica relazione tecnica: in questi casi è possibile omettere il sistema schermante, prevedendo tuttavia superfici vetrate con un fattore solare inferiore o uguale a 0,5. Il fattore di trasmissione solare totale ed i relativi fattori di riduzione (fattore di ombreggiamento, ecc.) costituiscono i parametri sintetici che caratterizzano il comportamento del componente trasparente rispetto alla radiazione solare. Il fattore solare rappresenta il rapporto tra l’energia totale trasmessa nel locale delimitato dalla vetrata in esame e l’energia solare incidente sul vetro: tanto più è ridotto il fattore solare tanto più contenuti sono i flussi solari entranti nell’ambiente interno. Dipendendo dai coefficienti di trasmissione e di assorbimento solare, il fattore solare varia a seconda del tipo di vetro utilizzato. In caso di elementi schermanti, è necessario considerare l’azione dello schermo calcolando il fattore di trasmissione solare globale se lo schermo è parallelo all’elemento vetrato, oppure utilizzando il fattore di riduzione per ombreggiatura se lo schermo è costituito da un aggetto verticale o orizzontale.

(21)

147 nel secondo, pur mantenendo una trasmissione luminosa soddisfacente. Un ulteriore miglioramento delle prestazioni termiche dei componenti vetrati consiste nell’associare tipi di vetro diverso, racchiudendo tra due o più lastre un’intercapedine di aria immobile al fine di limitare gli scambi termici per convezione, almeno fintanto che gli spessori sono minori di 3 cm.

Sostituendo l’aria con un gas più pesante e meno conduttivo, come l’argon, è possibile diminuire ancora la trasmittanza termica dell’elemento vetrato.

Per quanto riguarda invece il telaio, le tipologie più comuni attualmente in commercio sono realizzate in legno, in PVC, in alluminio a taglio termico e in materiali misti (legno-alluminio, legno-PVC, alluminio-PVC). Esse hanno prestazioni energetiche abbastanza simili. Le proprietà termoisolanti degli infissi in legno dipendono principalmente dal tipo di legno e dallo spessore dei profili; quelle dei telai in PVC dal numero di camere d’aria; quelle dei profili in alluminio a taglio termico dal grado di isolamento, dalla dimensione e dalla tecnologia applicativa del materiale interno. I telai misti con legno associano le caratteristiche di resistenza meccanica, di tenuta all’aria e all’acqua dell’alluminio e del PVC con la resa estetica del legno.

2.4- CONTROLLO MEDIANTE GLI IMPIANTI

Per gli ambienti espositivi gli impianti per il controllo delle condizioni microclimatiche rappresentano un componente fondamentale, data la necessità di una perfetta conservazione di opere d’arte di grande valore associata al crescente interesse per l’arte e la cultura e la conseguente notevole affluenza da parte del pubblico a collezioni permanenti e a mostre temporanee.

Gli impianti generalmente si possono classificare in:

- impianti di riscaldamento (controllo della temperatura dell’aria in condizioni invernali) - impianti di condizionamento (controllo della temperatura dell’aria in condizioni sia

invernali che estive)

- impianti di climatizzazione (controllo di temperatura, umidità relativa, velocità e purezza dell’aria in condizioni sia invernali che estive)

- apparecchi autonomi (controllo della temperatura dell’aria in un numero limitato di locali, in condizioni sia invernali che estive)

Per quanto riguarda questo lavoro di tesi, la tipologia che ovviamente interessa maggiormente è quella degli impianti di climatizzazione, in quanto, come più volte sostenuto, la situazione migliore è quella nella quale deve essere garantito un controllo costante di tutti parametri ambientali durante tutto l’anno.

Tuttavia, le condizioni di temperatura ed umidità ideali per le collezioni museali non rientrano di solito nella zona del benessere per le persone, e pertanto sarà necessario adottare gli opportuni compromessi, garantendo nel contempo anche il contenimento dei costi.

Volendo dare un inquadramento sull’argomento, che presenta una vastità di aspetti e soluzioni, è possibile affermare che le principali tipologie di impianti, che generalmente si possono trovare negli ambienti espositivi o negli archivi e nei depositi sono:

- Ad acqua - A tutt’aria - Misti aria-acqua

(22)

148 Inoltre, negli impianti di climatizzazione12 si possono distinguere chiaramente tre elementi a cui sono delegate differenti funzioni, molto chiare anche negli ambienti museali:

- riscaldamento o raffrescamento

- ventilazione, con o senza filtraggio dell'aria - umidificazione o deumidificazione

I sistemi di climatizzazione sono composti, in linea generale, dai seguenti sottosistemi:

- centrale di produzione/trasformazione energetica (produzione di calore o refrigerazione) - rete di distribuzione dei fluidi vettore (acqua, aria, fluidi refrigeranti)

- terminali di diffusione (a convezione, conduzione, irraggiamento)

- sistemi di regolazione (centraline, cronotermostati, valvole termostatiche)

Dal punto di vista delle fonti energetiche utilizzate e dell'approccio rispetto alla sostenibilità ambientale, la climatizzazione può essere:

- artificiale, se basata interamente su fonti non rinnovabili, quali i combustibili fossili (per riscaldamento) o l'elettricità (per raffrescamento e ventilazione)

- naturale (o bioclimatizzazione), se basata sull'utilizzo di risorse rinnovabili e di sistemi di riscaldamento solari, attivi (collettori solari) o passivi (serre, pareti ad accumulo), di ventilazione naturale, di raffrescamento passivo (microclimatico, geotermico, evaporativo, radiativo)

- ibrida, se utilizza entrambi i tipi precedenti, in modo integrato (nello spazio e nel tempo)

2.4.1-TIPOLOGIE DI IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE

Come si è anticipato, un impianto di climatizzazione ha la funzione di mantenere artificialmente le condizioni desiderate all’interno degli ambienti. In particolare, a seconda delle tipologia impiantistica, può essere controllata una o più delle grandezze termoigrometriche. È evidente che in funzione della capacità di controllo gli impianti di climatizzazione presentano complessità diverse. Da un lato gli impianti di riscaldamento consentono il solo controllo della temperatura, limitatamente ad una sola parte dell’anno (periodo invernale di riscaldamento), dall’altro gli impianti di condizionamento dell’aria possono svolgere il controllo della temperatura, dell’umidità relativa e della qualità dell’aria lungo tutto l’anno.

Quindi in funzione della dotazione impiantistica, all’interno dell’ambiente museale è possibile ottenere o meno il puntuale controllo dei parametri che caratterizzano la qualità climatica indoor. A tal fine, è utile riprendere la classificazione degli impianti espressa in funzione del fluido termovettore impiegato (sola acqua, sola aria, sia acqua che aria):

- Impianti ad acqua - Impianti a tutt’aria

- Impianti misti ad acqua e aria.

GLI IMPIANTI AD ACQUA -Permettono soltanto il controllo della temperatura ambiente. L’umidità relativa e la qualità dell’aria non sono meccanicamente controllate. È evidente che questa tipologia di impianto mostra una modesta capacità di controllo climatico indoor per gli ambienti museali, dove è essenziale anche il controllo della umidità relativa e della qualità dell’aria per la conservazione delle opere: seppur con questi grandi limiti questa tipologia è assai diffusa. L’impianto può essere configurato per il controllo della temperatura nel solo periodo di

12 Gli impianti di condizionamento sono detti anche HVAC se assolvono alle funzioni di (H) Heating

(riscaldamento), (V) Ventilation (ventilazione, filtrazione e trattamento dell’aria ), (AC) Air Conditioning (condizionamento, controllo temperatura e umidità).

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