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CAPITOLO 4: PROVE DI ROTTURA ACCELERATA IN SITO

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CAPITOLO 4: PROVE DI ROTTURA ACCELERATA IN SITO

4.1 INTRODUZIONE

Come già accennato in precedenza, l’obiettivo principale di questo studio è quello di andare a monitorare direttamente in situ le performance strutturali dell’R2M. Per raggiungere questo scopo sono state condotte campagne di rilievo non distruttive utilizzando strumentazioni deflettometriche, nello specifico per realizzare i rilievi è stata utilizzata l’innovativa strumentazione Dynatest FastFWD, per poter eseguire prove APT (Accelerated Pavement Testing) in situ, misurare la risposta strutturale di una pavimentazione soggetta ad un carico dinamico simile a quello veicolare e valutare di conseguenza il comportamento delle miscele a lungo termine.

Dopo aver eseguito le prove in situ, i dati di deflessione ottenuti sono elaborati per poter andare a stimare le caratteristiche meccaniche dei singoli strati o della pavimentazione nel suo insieme ed analizzare l’evoluzione delle performance strutturali della miscela in sito. Queste informazioni in genere vengono poi utilizzate per andare ad ottimizzare il processo di progettazione di interventi manutentivi durante la vita utile della pavimentazione o anche per valutare la corretta posa in opera dei materiali durante la realizzazione dell’infrastruttura.

Le strumentazioni deflettometriche sono le seguenti: • Light Weight Deflectometer- LWD;

• Falling Weight Deflectometer- FWD e Heavy Weight Deflectometer- HWD; • Fast Falling Weight Deflectometer- FastFWD o FFWD.

A seguire, oltre a descrivere alcuni degli strumenti sopra citati, si presenteranno anche i processi di elaborazione dei dati raccolti e la teoria su cui questi sono basati.

Tra le strumentazioni riportate e descritte a seguire si ha anche l’HVS, utilizzato per realizzare le prove di rottura accelerata; anche se nel corso di questo studio è stato possibile, per valutare il comportamento delle miscele a lungo termine, condurre le prove di danno accelerato attraverso l’uso dell’innovativa strumentazione FastFWD della Dynatest. Il FastFWD Dynatest permette infatti di sollecitare la pavimentazione con un numero

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elevatissimo di battute concentrate in pochi giorni di prova e permette quindi lo studio dell’evoluzione delle performance strutturali della miscela in situ.

4.2 STRUMENTAZIONE DEFLETTOMETRICA

Nel Capitolo 1 sono stati introdotti i vari meccanismi di ammaloramento che possono interessare le pavimentazioni stradali, ed è stato osservato come l’entità del degrado presenta un andamento di crescita pressochè esponenziale. L’ammaloramento progressivo indotto dal traffico veicolare interessa in maniera più o meno accentuata tutti gli strati della pavimentazione, seppure con modalità differenti a seconda del materiale con cui è costituito lo strato in esame. Ogni passaggio veicolare induce nel pacchetto stradale uno stato tenso deformativo che interessa, a seconda dell’entità del carico e dei materiali, un certo spessore della pavimentazione. La ripetizione di tali carichi veicolari, in particolare dei veicoli pesanti, ha sulla pavimentazione un effetto cumulativo, provocando il degrado progressivo della pavimentazione secondo differenti modalità. Sono due i meccanismi principali di degrado strutturale, la fessurazione per fatica degli strati legati soggetti a tensioni cicliche, e le deformazioni permanenti, tipiche invece dei materiali granulari.

Figura 4.1: Carichi indotti dal traffico

Quindi il progetto di una pavimentazione stradale si distingue per il fatto che, nel corso della vita utile, i materiali che costituiscono i diversi strati subiscono un progressivo degrado, a causa delle ripetute azioni derivanti soprattutto dai carichi da traffico. Questo comporta una conseguente perdita delle caratteristiche strutturali e funzionali, influendo sulla qualità e sulla sicurezza della circolazione, fino a che il livello di degrado della

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pavimentazione non renda necessario un intervento sulla pavimentazione per ripristinare le caratteristiche.

In passato la progettazione delle pavimentazioni veniva affidata a procedimenti quasi del tutto empirici, basati sull’osservazione sperimentale del comportamento delle sovrastrutture componenti le reti stradali o di tratti sperimentali appositamente costruiti. Attraverso un grande impegno in termini di ricerca riguardo le caratteristiche meccaniche dei materiali e dei relativi fenomeni di degrado, si sono affermati i metodi di progettazione cosiddetti razionali, in cui il design delle sovrastrutture stradali viene effettuato attraverso un procedimento di calcolo basato sull’integrazione della teoria elastica e dall’esperienza ricavata dalle osservazioni sperimentali. Secondo questo approccio la vita utile di una sovrastruttura stradale non è un parametro assegnato a priori, ma il risultato di un processo di ottimizzazione in cui l’obiettivo è minimizzare i costi complessivi relativi alla pavimentazione. Tali costi, oltre che comprendere gli oneri derivanti dalla costruzione, devono tenere conto delle risorse necessarie per gli interventi di manutenzione e dei danni subiti dal traffico durante l’intera vita utile.

Figura 4.2: Evoluzione del livello di funzionalità di un’infrastruttura stradale

Quindi per assicurare l’efficienza delle prestazioni d’uso (adeguate caratteristiche di integrità e di regolarità superficiale) e massimizzare il rapporto benefici-costi, nel corso degli anni sono stati elaborati dei programmi e modelli per la gestione e la manutenzione delle infrastrutture e degli impianti; questi devono tener di conto degli specifici aspetti tecnici e del tipo d’uso per cui è stata progettata l’infrastruttura, altri aspetti fondamentali sono la frequenza e le modalità con cui vengono effettuati gli interventi di manutenzione. Risulta quindi fondamentale individuare le tempistiche migliori per andare ad effettuare gli

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interventi di manutenzione e di corretta conservazione dell’infrastruttura, in modo da ottimizzare le risorse, sia tecniche che economiche, e ciò è possibile mediante l’analisi e il monitoraggio delle condizioni della pavimentazione in esercizio.

Le strumentazioni Falling Weight Deflectometer (FWD), anche detti deflettometri dinamici a massa battente, sono stati sviluppati proprio con l’obiettivo di fornire valutazioni affidabili sulle condizioni degli strati costituenti l’infrastruttura stradale.Tali strumentazioni rientrano nella categoria degli strumenti di rilievo non distruttivi (NDT o Non-Destructive

Testing), in quanto i sondaggi non richiedono l’asportazione o la distruzione di campioni

della pavimentazione in esame. Infatti le prove con strumentazione FWD consistono nel misurare con dovuta precisione le deflessioni massime causate dalla caduta di una massa battente sulla superficie stradale. Le deflessioni sono registrate attraverso un sistema di sensori posti a differenti distanze radiali dal punto di applicazione del carico, il quale, colpendo un sistema di smorzamento, cerca di riprodurre le sollecitazioni indotte nella pavimentazione dai carichi veicolari. I dati raccolti dalle prove deflettometriche vengono quindi elaborati con specifici software, insieme agli altri dati relativi agli spessori e ai materiali dei diversi strati che compongono il pacchetto stradale, andando, attraverso un processo di backanalysis, a valutare le rigidezze di ciascuno strato, così da poter stimare la capacità portante dell’intera infrastruttura.

La caratteristica fondamentale dei sondaggi effettuati con la strumentazione FWD è la possibilità di valutare lo stato della pavimentazione in esame nelle reali condizioni di esercizio. Inoltre mediante una corretta elaborazione dei dati rilevati in sito è possibile valutare le condizioni di ciascuno strato, come anche dell’intera pavimentazione nel suo complesso di struttura multistrato.

Un approccio di questo tipo è definibile “prestazionale”, per cui si devono quindi verificare le prestazioni che l’opera deve garantire dopo la sua ultimazione, ed è particolarmente adatto alla verifica delle condizioni in situ dell’infrastruttura. La simulazione del comportamento della pavimentazione sottoposta a carichi veicolari permette di ottenere un quadro chiaro del comportamento globale dell’intero pacchetto stradale, fornendo quindi un ottimo strumento per il monitoraggio delle condizioni di ammaloramento di una rete

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stradale, così come un’affidabile metodologia di valutazione delle prestazioni dei materiali posti in opera nella fase di controllo qualità.

La strumentazione FWD viene generalmente utilizzata a livello progettuale, con lo scopo di conoscere le condizioni strutturali di una specifica sezione dell’infrastruttura, e conseguentemente individuare la migliore alternativa di intervento. Inoltre negli ultimi anni si sta sviluppando un interesse per il suo utilizzo anche a livello di rete, con lo scopo di costruire e tenere aggiornata una banca dati delle condizioni strutturali di una rete stradale gestita attraverso un Pavement Management System (PMS).

Figura 4.3: Esempio di un software di gestione di una rete stradale (PMS)

Tra i dati input fondamentali da inserire in questi programmi vi sono quindi i dati relativi all’analisi delle caratteristiche strutturali e funzionali delle pavimentazioni:

Analisi delle caratteristiche strutturali Analisi delle caratteristiche funzionali

• Prova di portanza su strati non legati: Light Weight Deflectometer;

• Prove di portanza sulle pavimentazione: Heavy/Falling Weight Deflectometer (HWD/FWD);

• Spessore degli strati: Ground Penetrating Radar (GPR);

• Prove di portanza in continuo: Rolling Wheel Deflectomer (RWD);

• Prove di rottura accellerata: FFWD- HeavyVehicle Simulator (HVS).

• Rilievo delle regolarità longitudinale e trasversale: Road Surface Profiler; • Rilievo degli ammaloramenti

supeficiali della pavimentazione e automatic crack detection: Multifunctional Vehicle MFV; • Analisi delle condizioni di aderenza

della pavimentazione: Runway Friction Tester.

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Per la verifica dell’attuazione delle norme prestazionali previste dalla normativa, che si riferiscono alle prestazioni che l’opera dovrà garantire dopo la sua ultimazione, è necessaria la disponibilità dei risultati di prove di laboratorio, dotati di specifiche attrezzature sperimentali, e di prove in sito, che debbono essere ad “alto rendimento”, cioè capaci di determinare in breve tempo i parametri richiesti.

Nel corso di questo capitolo faremo riferimento nello specifico alle prove di rottura accellerata, realizzate mediante Fast Falling Weight Deflectometer della Dynatest, che permettono di studiare l’evoluzione delle performance strutturali della miscela in sito. Mediante la prova di danno accelerata è stata quindi analizzata l’evoluzione dei dati deflettometrici registrati, così come quella dei moduli di rigidezza degli strati costituenti la pavimentazione.

4.2.1 Breve storia e primi utilizzi dei FWD

Come accennato in precedenza, le informazioni riguardanti la capacità portante di una pavimentazione risultano fondamentali al fine di individuare i tempi di intervento che permettono di ottimizzare le risorse economiche e le alternative di manutenzione più adatte per la pavimentazione in esame. Proprio per questo motivo, a partire dagli anni ’50 furono realizzati diversi strumenti in grado di misurare la capacità portante in situ di un’infrastruttura stradale. Tuttavia l’utilizzo di queste prime strumentazioni risultava poco efficace, in quanto la risposta strutturale ed il comportamento di una pavimentazione è strettamente dipendente dalla velocità e dal livello di applicazione del carico e gli strumenti di allora non erano in grado di riprodurre fedelmente le caratteristiche proprie dei carichi veicolari.

Nel 1952 la Western Association of State Highway Organizations (WASHO) Road Test sviluppò la trave di Benkelman; un semplice dispositivo basato sul principio del braccio di leva. Lo strumento misura le deflessioni dovute al passaggio dell’asse posteriore di un veicolo pesante sul quale viene montato.

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Figura 4.4: Procedimento di misura della deflessione con la trave Benkelmann

Il sistema risultava avere determinati svantaggi di utilizzo: come l’utilizzo di carichi pressoché statici (non rappresentativi delle condizioni di carico cui è sottoposta la pavimentazione), il basso rendimento e la difficoltà ad individuare il livello zero cui fare riferimento per le misurazioni, per cui vennero ricercate soluzioni alternative. In Francia venne quindi sviluppato il deflettografo Lacroix, strumento che può essere visto come l’evoluzione dinamica della trave Benkelmann, dal momento che è sempre basato sul principio del braccio di leva, ma può effettuare misurazioni delle deflessioni a basse velocità, dell’ordine dei 3 km/h.

Sulla base di ricerche sulle misurazioni delle deflessioni originate da carichi impulsivi, nel 1964 in Danimarca il National Road Laboratory cercò di elaborare il primo apparato FWD, anche se gli studi iniziali dimostrarono che questo non era abbastanza efficiente in merito alle modalità di trasmissione dell’impulso generato. In seguito a successive sperimentazioni la Technical University of Denmark riuscì a costruire uno strumento in grado di produrre un impulso di carico semi sinusoidale, simile a quello generato dal passaggio sulla pavimentazione di un asse di un veicolo pesante. Nonostante i primi apparecchi FWD presentassero delle difficoltà di utilizzo, furono eseguiti numerosi test di comparazione delle deflessioni generate dalla massa battente di un FWD e da un carico veicolare e fu dimostrato che i bacini di deflessione generati risultano essere molto simili tra loro, confermando quindi la valenza tecnica dello strumento.

Nel 1976 fu fondata la danese Dynatest, azienda leader nel campo dei FWD, nata dalla cooperazione tra il Danish Road Institute e la Technical University of Denmark, e negli

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anni ’80 diverse aziende svilupparono una propria versione della strumentazione FWD, creando quindi una larga varietà di apparati, così come di metodi di interpretazione delle deflessioni acquisite. Tutto ciò portò il C.R.O.W. (Centre for Research and Contract Standardisation in Civil and Traffic Engineering), ente europeo per la standardizzazione in campo civile e stradale, a definire, con lo scopo di standardizzare ed armonizzare le strumentazioni FWD, delle linee guida riguardanti le caratteristiche costruttive, la calibrazione, l’utilizzo e l’interpretazione dei dati. Successivamente sono state svolte altre ricerche, anche da parte di altri enti di ricerca, come per esempio l’associazione europea COST, con lo scopo di definire le linee guida di utilizzo dello strumento, sia a livello di progetto che a livello di rete, e di calibrazione della strumentazione.

4.2.2 Dynatest e FastFWD

Nel 1976 fu fondata la danese Dynatest, azienda leader nel campo dei FWD, da un gruppo di ingegneri e tecnici che, combinando scienza e tecnologia, hanno sviluppato metodologie e macchinari altamente specializzati per lo studio delle pavimentazioni. Il primo prodotto, il Falling Weight Deflectometer (FWD) per la realizzazione delle prove di portanza sulle pavimentazioni, fu introdotto nello stesso anno sul mercato e da allora è diventato uno strumento noto in tutto il mondo per la sua affidabilità e qualità.

L’obiettivo principale della Dynatest è di sviluppare e rendere accessibile all’industria delle pavimentazioni un’ampia gamma di strumenti e metodologie distruttive e non distruttive per facilitare la progettazione, lo studio, il monitoraggio e la manutenzione delle pavimentazioni. La Dynatest fornisce anche strumentazioni per l’Accelerated Pavement

Testing (APT), cioè per studiare il comportamento a fatica di una pavimentazione andando

ad indurre un carico ripetuto corrispondente a circa 20 anni di traffico in un tempo ridotto. Finora è stato utilizzato l’HVS, Heavy Vehicle Simulator, ma è stato recentemente introdotto e sviluppato un nuovo macchinario, il FFWD, Fast Falling Weight Deflectometer per ottenere i medesimi risultati con estrema velocità e praticità. Il Fast Falling Weight Deflectometer, come in seguito più specificatamente illustrato, nasce da un ulteriore sviluppo del Falling Weight Deflectometer, ma è stato dimostrato che, potendo applicare oltre 100˙000 impulsi di carico in un lasso di tempo limitato (compreso in genere tra

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qualche settimana e un mese), rientra nei protocolli ATP, e può quindi essere utilizzato per realizzare prove di resistenza a fatica in situ delle pavimentazioni.

Per le prove in sito realizzate nel corso della presente tesi è stato proprio utilizzato il Fast Falling Weight Deflectometer della Dynatest, qui a seguire descritto nel dettaglio.

Dynatest HVS

L’Accelerated Pavement Testing (APT) è una procedura di verifica distruttiva che può andare ad applicare l’equivalente di 20 anni di carichi di traffico in un breve periodo, circa 3-4 mesi. Il macchinario principalmente utilizzato è l’Heavy Vehicle Simulator (HVS), che fornisce utili informazioni su come realizzare un modello della pavimentazione, studia la flessibilità di nuovi materiali e permette l’analisi economica di differenti soluzioni. Per esempio può essere utile per valutare soluzioni alternative che prevedono l’utilizzo, in zone soggette a carichi elevati, di materiali di qualità superiore pur quanto costosi quando questi garantiscono una vita utile più lunga e minori costi di manutenzione. L’HVS, macchina di circa 50 tonnellate, è infatti in grado di generare sulle pavimentazioni le medesime sollecitazioni indotte da traffico veicolare e da traffico pesante attraverso il passaggio di una ruota caricata, che applica carichi elevati, avanti ed indietro, notte e giorno, per qualche mese sulla superficie di una pavimentazione di ampiezza pari a 4 piedi (1.22 m) e lunga 45 piedi (13.72 m). L’HVS è utilizzato per simulare gli sforzi indotti dal passaggio dei carichi da traffico, permette di studiare il comportamento a fatica dell’infrastruttura stradale, anche in un tempo limitato. A differenza di alcuni dispositivi fissi per la verifica a rottura accellerata, l’HVS è un dispositivo mobile e può essere trasportato in sito, anche per poter valutare l’influenza dell’ambiente locale e di altre condizioni a contorno. Inoltre, una volta posizionato in sito, la sua mobilità permette di testare e valutare più punti della sezione di pavimentazione in esame.

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Dynatest FWD

La scelta del tipo di intervento di manutenzione su di una pavimentazione data è molto importante dal punto di vista economico, poiché tale decisione, se presa senza un’adeguata conoscenza delle condizioni strutturali della pavimentazione, può comportare costose conseguenze; allo stesso modo è fondamentale anche l’individuazione delle tempistiche migliori per effettuare gli interventi di conservazione dell’infrastruttura. L’uso del Dynatest FWD permette di condurre indagini non distruttive sulla pavimentazione stradale, fondamentali per l’analisi ed il monitoraggio delle condizioni di salute della pavimentazione in esercizio, andando a determinare il bacino di deflessione, indotto da un carico superficiale controllato, con accuratezza e risoluzione superiore agli altri metodi di verifica esistenti. Le strumentazioni FWD, anche chiamate deflettometri dinamici a massa battente, sono in grado di generare un carico impulsivo dinamico che simula il carico indotto nella pavimentazione dalla ruota di un veicolo commerciale pesante alla velocità di 40-60 km/h, e sono nate proprio con l’obiettivo di fornire valutazioni affidabili sulle condizioni degli strati costituenti il pacchetto stradale. Questo sviluppo ha quindi permesso l’uso di un approccio meccanicistico per analizzare i dati forniti dal FWD.

Per ottenere delle valutazioni corrette della capacità strutturale della pavimentazione esaminata, i dati raccolti nelle campagne di rilievo devono rispettare determinati criteri di accuratezza. Per questo motivo i sistemi che compongono l’intera strumentazione devono essere conformi ad enunciati requisiti di affidabilità, così come risulta necessario applicare un carico impulsivo con caratteristiche simili a quello derivante dal traffico stradale.

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Di seguito si descrivono i sistemi che compongono gli apparecchi FWD; la configurazione standard prevede 9 geofoni, di cui uno posizionato al centro della piastra di carico e gli altri 8 a distanze variabili fino ad un massimo di 2.45 m dal centro della piastra di carico. In funzione del tipo e degli spessori delle pavimentazioni da analizzare è possibili adottare la configurazione che meglio si presta a condurre specifiche analisi e a minimizzare gli errori delle successive fasi di elaborazione dei dati, non vi sono quindi indicazioni univoche sulla configurazione ottimale da impiegare:

Figura 4.7: Schema costruttivo del Dynatest FWD

- Impulso di carico: La rigidezza di uno strato legato dipende dalla velocità del carico, per cui la risposta della pavimentazione dipende dalla forma dell’impulso di carico applicato. Per questo l’impulso deve essere abbastanza simile a quello generato da una ruota di un veicolo pesante in movimento sulla pavimentazione. Tale impulso, che ha una forma sinusoidale, sarà definito da un picco d’intensità, dal tempo di salita e dalla durata. Il COST 336 indica come parametri dell’impulso: a. Picco d’impulso: 50±5 kN;

b. Tempo di salita: 5±30 ms; c. Durata d’impulso: 20±60 ms.

La maggioranza dei FWD in commercio rispetta tali indicazioni. Per quanto riguarda il picco di carico, bisogna specificare che in caso di pavimentazioni

Masse battenti (50-350 kg) Cella di carico

Piastra applicazione carico

Barra porta-geofoni

9 sensori di deflessione (geofoni) DMI-Misura delle progressive

Sensore di temperatura dell’aria

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seriamente ammalorata si potrebbero ottenere deflessioni maggiori di 2000 μm, che rappresenta il valore massimo per cui l’affidabilità dei sensori di deflessione risulta accettabile.

Figura 4.8: Tipico impulso di carico generato da strumentazione FWD

- Piastra di carico: il compito della piastra di carico è quello di trasmettere l’impulso di carico prodotto dalla massa battente alla superficie della pavimentazione nella forma più omogenea possibile. L’impulso di carico su una pavimentazione finita viene trasmesso attraverso una piastra di carico di diametro 300 mm, mentre per indagare gli strati più profondi è possibile utilizzare una piastra del diametro di 450 mm, in modo che le pressioni risultanti si avvicinino maggiormente a quelle sperimentate a profondità maggiori. Per ottenere una distribuzione di pressioni approssimativamente uniforme, il contatto tra piastra e pavimentazione deve essere il più regolare possibile, e per questo alcune piastre di carico possono essere segmentate, a 2 o 4 segmenti, o essere dotate di un cuscinetto di gomma. Inoltre la piastra di carico deve essere opportunamente costruita in maniera tale da permettere la misurazione delle deflessioni al centro della piastra stessa.

- Cella di carico: la cella di carico ha il compito di registrare il carico reale trasmesso alla pavimentazione. Come si vedrà più avanti, conoscendo il livello di carico per ogni battuta è possibile sia effettuare un procedimento di normalizzazione delle deflessioni che, utilizzando differenti livelli di carico, studiare le eventuali proprietà non lineari del sottofondo. Il COST 336 riporta i requisiti che la cella di carico deve rispettare.

- Sensori di deflessione: le deformazioni verticali devono essere rilevate attraverso un numero sufficiente di sensori, in modo da descrivere adeguatamente il bacino di

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deflessione generato dall’impulso. Inoltre tali sensori devono essere idoneamente distanziati tra loro, in funzione della rigidezza totale della pavimentazione. A seguire sono riportati gli offset consigliati dal COST 336 in funzione della deflessione massima prevista a centro piastra.

Deflessione massima prevista [μm] D0 [mm] D1 [mm] D2 [mm] D3 [mm] D4 [mm] D5 [mm] <500 μm 0 300 600 900 1500 2100 500÷1000 μm 0 300 600 900 1500 1800 >1000 μm 0 300 600 900 1200 1500 Sconosciuta 0 300 600 900 1500 1800

Tabella 4.2: Distanze dal centro piastra dei sensori di deflessione in funzione della deflessione massima prevista suggeriti dal COST 336

Figura 4.9: Sensori di deflessione montati sulla barra porta sensori

Secondo l’ASTM D 4694 i sensori di deflessione, per poter fornire dati sufficientemente affidabili deve rispettare le seguenti prescrizioni:

Risoluzione: 1 μm o migliore nel campo 0÷ 2000 μm (2÷2 mm); Accuratezza: errore sistematico inferiore a ±2% della lettura; Ripetibilità: errore casuale limitato a ±2μm.

- Temperatura degli strati bituminosi: Oltre alla misurazione delle deflessioni, per il calcolo della rigidezza degli strati bituminosi risulta necessario conoscere la temperatura di questi ultimi durante le prove. Questa temperatura verrà infatti utilizzata per normalizzare la rigidezza degli strati asfaltici ad una temperatura di riferimento, tipicamente di 20 °C. Per il rilievo della temperatura degli strati bituminosi si praticheranno dei fori nella pavimentazione in una zona dello stesso colore superficiale della corsia testata. I fori andranno praticati un certo tempo

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prima delle misurazioni, in modo che l’energia creata dalla perforazione possa essere dissipata. Infine i fori saranno quindi riempiti di glicerina per assicurare un buon contatto termico tra termometro e materiale legato.

Il DMRD HD 29/08 richiede una risoluzione di 0.1 °C, una precisione di 0.5 °C, ed una profondità del foro di 100 mm. Inoltre può risultare utile misurare la temperatura a diverse profondità, in modo da poter ricavare il gradiente di temperatura all’interno dello strato asfaltico. In alternativa alla misura in foro può essere rilevata la temperatura superficiale della pavimentazione, insieme allo storico della temperatura dell’aria nei giorni precedenti il test, in modo da stimare la temperatura in profondità attraverso l’equazione BELLS 3. Questo calcolo non si rende necessario quando lo spessore dello strato è troppo sottile per praticare un foro e la temperatura superficiale può essere utilizzata direttamente.

Risulta importante indicare i range di temperatura in cui dovrebbero essere condotti i test. Infatti se la temperatura degli strato asfaltici fosse troppo bassa (< 5°C) si potrebbe avere del ghiaccio tra gli strati non legati, che influenzerebbe più o meno significativamente i risultati del test. Se invece la temperatura fosse troppo alta (> 30 °C) gli strati asfaltici si comporterebbero sempre meno elasticamente e sempre più in maniera visco-elastica, rendendo più difficile la distinzione tra materiali in buono o in cattivo stato. Inoltre più la temperatura si allontana da quella di riferimento per la normalizzazione della rigidezza e più si aggiunge incertezza al calcolo stesso. Per esempio l’intervallo di temperatura più sensibile si ha tra i 20 ed i 30 °C, dove un errore di 1 °C comporta un errore di circa il 10% per il valore del modulo di rigidezza. Per questi motivi il DMRB HD 29/08 ed il COST 336 consigliano di eseguire i rilievi nei range di temperatura compresi tra 5 e 30 °C e di 0 e 30 °C, rispettivamente. Quando si testano pavimentazioni con uno strato di base legato idraulicamente si consiglia di eseguire i rilievi in un intervallo di 5÷15 °C. In questo tipo di pavimentazioni infatti le alte temperature possono portare ad una chiusura delle fessure con un relativo irrigidimento dello strato.

- Odometro: Per poter localizzare correttamente le sezioni testate, il FWD dovrà essere dotato di un odometro, cui si richiede una risoluzione di 1.0 m o meno, ed una precisione di ±5% della distanza misurata.

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Come già detto in precedenza, i rilievi con strumentazione FWD hanno lo scopo di raccogliere dati accurati sulle deflessioni generate da un impulso simile a quello generato dal passaggio dell’asse di un veicolo pesante sulla pavimentazione. Tali dati verranno quindi analizzati ed elaborati per poter ricavare stime sufficientemente precise della capacità strutturale residua della pavimentazione.

Le strumentazioni FWD- Falling Weight Deflectometer, vengono in genere utilizzate nelle analisi a livello di progetto. In questo tipo di analisi l’attenzione è principalmente posta su di una sezione limitata dell’infrastruttura, con lo scopo di determinare le modalità e le tempistiche degli interventi di manutenzione e riabilitazione necessari. Inoltre è presente un interesse crescente per i dati deflettometrici, anche a livello di rete, con lo scopo di raccogliere dati precisi riguardanti l’integrità strutturale di un’infrastruttura da poter inserire in un Pavement Management System (PMS) ed andare così ad ottimizzare gli interventi di manutenzione stradale. Quindi, a seconda del grado di dettaglio richiesto le campagne di rilievo potranno essere effettuate secondo differenti modalità, ciò si traduce nella definizione di determinati parametri che saranno legati al contesto in cui si trova l’infrastruttura (carichi da traffico, temperatura e ambiente, scelta delle corsie, allineamento longitudinale e distanziamento dei punti di test, etc), alla configurazione della strumentazione (correlazione tra FWD di marca e tipo diverso, numero sensori di deflessione, etc) e alle modalità di processamento dei dati (banca dati stradale, spessore degli strati e tipo di materiali, dati di output etc).

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Dynatest FastFWD

Nel Gennaio 2015 la Dynatest, in occasione del meeting annuale del Transport Research Board, ha presentato una nuova strumentazione, detta Fast Falling Weight Deflectometer (FFWD o FastFWD), fondamentalmente un evoluzione del FWD che permette di velocizzare il processo di prova e complessivamente la produttività del dispositivo.

Figura 4.10: Apparecchiatura Dynatest FWD 8012 (FastFWD)

La velocità del dispositivo ed il fatto che sia in grado di riprodurre sulla pavimentazione l’intera gamma di carico indotta dalle ruote di veicoli e camion permettono di utilizzarlo come valido strumento per condurre non solo prove di portanza su strada ma anche prove di rottura accelerata APT:

Produttività per prove di portanza su strada: ≈ 100 postazioni l’ora Produttività per prove APT (Accelerated Pavement Testing): ≈ 2400 cadute all’ora

Il FFWD risponde ai requisiti previsti dalle normative inglesi ed è calibrato conformemente alla AASHTO R32, permette inoltre di testare un maggior numero di punti, a parità di tempo, rispetto al FWD trazionale; arrivando ad essere fino a 5 volte più veloce. Le funzionalità e le caratteristiche di carico, il settaggio dei sensori e l’interfaccia utenti dei due dispositivi sono identici e anche i dati relativi bacino di deflessione ricavati dalle prove con FFWD e FWD sono indistinguibili.

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L’innovativa caratteristica, che contraddistingue il FastFWD da tutti i FWD prodotti in precedenza, si ha nel sistema di sollevamento del carico, che viene rilasciato sulla piastra a contatto con la pavimentazione. Il vecchio sistema di sollevamento utilizzava componenti idrauliche che sono state sostituite da un sistema completamente meccanico, utilizzando un motore elettrico DC con assemblaggio di vite a sfere. Anche se questo può sembrare un cambiamento marginale, permette in realtà una rivoluzione nel campo degli strumenti deflettometrici, dal momento che permette di eseguire rilievi molto più velocemente. Per gli operatori del settore questo si traduce in un notevole risparmio di tempo e conseguentemente di risorse tecniche ed economiche. Inoltre l’assenza di sistemi idraulici riduce notevolmente le esigenze di manutenzione dell’apparecchiatura.

Questo aspetto risulta molto vantaggioso per chi conduce campagne di rilievo delle deflessioni per la diagnosi strutturale delle pavimentazioni a fini manutentivi, ma ciò fa del FFWD un macchinario innovativo è la possibilità di utilizzarlo nel campo della ricerca. La velocità di esecuzione delle battute e l’alta affidabilità della macchina permettono di utilizzare il FFWD per condurre prove APT (Accelerated Pavement Testing) con estrema facilità e rapidità.

Tali test rientrano nella categoria delle prove distruttive, consistono infatti nello stressare la pavimentazione con un alto numero di ripetizioni di carico in un ridotto lasso di tempo, fino a portare la pavimentazione alla condizione di rottura. In questo modo è possibile studiare il comportamento e la risposta dell’intera pavimentazione sottoposta ad un ciclo di carichi simili a quelli che dovrà affrontare durante la sua vita utile. Prima del FFWD questo tipo di prove veniva eseguito in impianti appositamente costruiti oppure in situ, ma mediante l’utilizzo di macchinari ingombranti che devono stazionare sul sito di rilievo per diverse settimane, come ad esempio l’Heavy Vehicle System (HVS) della Dynatest illustrato nel paragrafo precedente. Tramite il FFWD, invece, lo stesso tipo di prove può essere eseguito in poche ore di stazionamento, in quanto lo strumento è in grado di realizzare anche 2400 battute l’ora, conservando al contempo la precisione e l’accuratezza dei sistemi FWD standard. Questo fa del FFWD un nuovo strumento di ricerca, favorendo la diffusione delle prove APT in situ.

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Figura 4.11: Dynatest Falling Weight Deflectometer 8012- FastFWD o FFWD

Caratteristiche Benefici rispetto al FWD

- 5 volte più veloce per colpo; 75% in più di punti prova orari; - Non ha componenti idrauliche; Minori costi di mantenimento; - Medesimo settaggio dei sensori ed

interfaccia utenti;

Facilità di formazione per operatori e personale tecnico;

- Conforme alle norme AASHTO R32 e alle norme britanniche;

Medesimi dati di deflessione rispetto al Dynatest FWD 8002;

- Attacco compatibile con il rimorchio per FWD tradizionale.

Prestazioni migliorate rispetto al Dynatest FWD 8002.

Tabella 4.3: Caratteristiche e benefici del Dynatest FastFWD rispetto al FWD modello 8002

Tabella 4.4: Incremento di produttività del FFWD rispetto al FWD

4.3 ANALISI DEI DATI DEFLETTOMETRICI

I dati deflettometrici acquisiti durante le campagne di rilievo rappresentano il punto di partenza del processo di backanalysis. Il termine backanalysis definisce un ampio insieme di procedure analitiche attraverso le quali è possibile ricavare le informazioni circa lo stato di salute della pavimentazione in esercizio. Molte volte il termine backanalysis viene confuso con il termine backcalculation. Questo in realtà rappresenta un errore concettuale, in quanto la backcalculation rappresenta il procedimento di stima delle rigidezze degli strati

(19)

191

componenti la pavimentazione, e quindi rappresenta solo una parte, seppur fondamentale, dell’intero processo di backanalysis, quali il preprocessamento delle deflessioni, la suddivisione dell’infrastruttura in sezioni omogenee e la stima dei moduli di rigidezza. 4.3.1 Preprocessamento delle deflessioni

Prima di stimare i moduli di rigidezza degli strati di una pavimentazione risulta necessario sottoporre i dati deflettometrici grezzi ad una procedura di validazione. Lo scopo di questo processo è quello di escludere le misurazioni che presentano un qualche tipo di anomalia, come per esempio un andamento non decrescente all’aumentare della distanza dall’area di carico o dei valori non realistici. In generale questo processo viene eseguito dal programma di acquisizione dei dati del FWD nel momento del rilievo, ma può essere condotto anche da appositi programmi informatici.

Successivamente alla validazione dei dati deflettometrici viene operata la scelta di quale battuta utilizzare nelle elaborazioni successive, infatti, in genere, per una stessa postazione vengono effettuate diverse battute, compresa una battuta iniziale di assestamento, in modo da ottenere una risposta flessionale stabile della pavimentazione. Nei passaggi successivi vengono utilizzati i dati derivanti dall’ultima battuta, che rappresenta la risposta finale della pavimentazione o il bacino di deflessione medio, in modo tale da minimizzare l’errore casuale. Nel caso in cui si voglia comunque utilizzare il bacino di deflessione medio allora è consigliabile scegliere un bacino reale derivante dalle misurazioni e che si avvicini il più possibile al bacino medio.

Nel caso in cui si voglia andare a realizzare un confronto diretto tra le deflessioni registrate o si debbano individuare le sezioni omogenee costituenti l’infrastruttura esaminata, i dati deflettometrici dovranno essere normalizzati. Questo consiste semplicemente in un’interpolazione lineare delle deflessioni rispetto un livello di carico di riferimento, in genere pari a 50 kN. Per una particolare battuta, le deflessioni normalizzate saranno date semplicemente dal prodotto tra le deflessioni misurate ed il rapporto tra il livello di carico di riferimento e quello relativo alla battuta:

(20)

192 Dove: - = ; - = ; - = , 50 ; - = .

Inoltre, dal momento che le deflessioni risultano dipendenti dalla temperatura e dalla durata dell’impulso di carico, la normalizzazione potrebbe essere fatta anche rispetto a tali grandezze. Tuttavia la normalizzazione rispetto alla temperatura e ad una durata dell’impulso di carico di riferimento risulta necessaria solamente se le deflessioni vengono utilizzate per stimare direttamente le deformazioni degli strati, procedimento solitamente poco diffuso. Inoltre queste normalizzazioni risultano essere di tipo empirico, per cui non risultano sempre utilizzabili a seconda delle condizioni in cui le deflessioni sono state misurate.

Per una rapida valutazione delle condizioni strutturali di una pavimentazione e per una più agevole suddivisione in sezioni omogenee sono stati creati degli indici rappresentativi del bacino di deflessione, calcolati a partire dalle deflessioni normalizzate rispetto al livello di carico di riferimento.

Nella tabella seguente si riportano i parametri, presenti in letteratura, utilizzati nell’analisi delle pavimentazioni flessibili:

Indicatore Equazione Unità Informazioni

Deflessione centrale mm Condizioni generali della pavimentazione

Deflessione radiale mm Condizioni generali dello strato alla profondità

equivalente r

Indice di curvatura superficiale SCI − mm Fatica negli strati legati Indice di danno della base BDI !− mm Condizione degli strati di base Indice di curvatura della base BCI "!− mm Condizione degli strati di fondazione Fattore di curvatura del bacino CBF − /

Condizioni dello strato alla profondità equivalente r

Rapporto delle deflessioni /

(21)

193 Dove: - = ; - != ù ; - = ; - "!= ù ; - = ù .

4.3.2 Divisione in sottosezioni omogenee

Una sezione omogenea può essere definita come un tratto dell’infrastruttura oggetto di studio in cui la pavimentazione è caratterizzata da all’incirca il medesimo comportamento strutturale. Attraverso la suddivisione in sezioni omogenee è possibile andare ad ottimizzare il processo di elaborazione dei dati e di stima della vita utile residua della pavimentazione. Prima della suddivisione in sezioni omogenee si rende necessaria un’ulteriore organizzazione dell’infrastruttura in sottosezioni. Una sottosezione è un tratto della strada che presenta differenze sostanziali con un altro tratto adiacente per almeno una delle seguenti caratteristiche:

• Spessore degli strati; • Traffico veicolare;

• Aspetto della pavimentazione; • Sottofondo;

• Deflessioni misurate e parametri del bacino di deflessione; • Rigidezza degli strati;

• Vita utile residua; • Overlay necessario.

La suddivisione dell’infrastruttura in sezioni e sottosezioni basata sulla caratteristiche di rigidezza, vita utile residua ed overlay necessario è possibile solo dopo aver correttamente elaborato i dati deflettometrici ed aver estrapolato tali informazioni. Per quanto riguarda la deflessioni invece la procedura utilizzata per l’individuazione delle sottosezioni omogenee prevede l’utilizzo del metodo delle somme cumulative. Tale procedura è di tipo iterativo, in

(22)

194

cui per ogni postazione si calcola la somma del valore ottenuto al passo precedente e la differenza tra la deflessione misurata e la media delle deflessioni:

$% = &'%− () + $%"! Dove: - $% = ; - '%= ; - ( = + ; - $%"!= − 1.

Ad ogni postazione verrà associato ad un nuovo parametro, il quale sarà dato un parte dalla differenza tra il valore rilevato e la media della sezione, ed in parte dal valore cumulato calcolato per la postazione precedente. Una volta calcolate le somme cumulate queste dovranno essere messe su di un grafico e quindi analizzate per l’individuazione le sottosezioni omogenee. Ogni sezione omogenea infatti presentarà una pendenza delle somme cumulate quasi costante, mentre in corrispondenza delle postazioni in cui si ha un significativo cambio di pendenza si avrà il passaggio da una sottosezione omogenea all’altra; quindi una variazione di pendenza separerà le due sezioni con comportamento strutturale differente.

Figura 4.12: Esempio di grafico delle somme cumulate rispetto la progressiva chilometrica

La suddivisione finale in sezioni omogenee si baserà su tutti i parametri presi in considerazione. Per fini di validità statistica è raccomandabile che ogni sezione omogenea contenga almeno 12 postazioni. Alla fine del processo di suddivisione è possibile indagare la bontà dei risultati da un punto di vista statistico calcolando il coefficiente di variazione CV, definito come il rapporto tra la deviazione standard e la media delle deflessioni del

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195

sensore centrale per ogni sezione individuata. Un CV minore del 30% è segno di una buona omogeneità dei dati, indicando quindi che la sezione individuata corrisponde effettivamente ad una sezione omogenea, mentre le sezioni con CV maggiore risultano disomogenee. 4.3.3 Analisi dello stato tenso-deformativo

Fondamentale per la valutazione dello stato di salute di un’infrastruttura stradale è quindi la stima dei moduli di rigidezza dei diversi strati che costituiscono la pavimentazione. Si parla di stima, e non di calcolo esatto, in quanto il processo di elaborazione dei dati è basato su alcune ipotesi che difficilmente vengono rispettate nella realtà.

Punto di partenza per tutti i processi di stima che vedremo in seguito è la modellazione della pavimentazione. Il modello più semplice cui una pavimentazione può essere assimilata è quello del semispazio omogeneo, elastico lineare ed isotropo. Questo modello fu inizialmente studiato da Boussinesq, che nel 1885 formulò le equazioni che permettono di calcolare le tensioni e le deformazioni dovute ad un carico puntiforme applicato sulla superficie di un semispazio omogeneo, elastico lineare ed isotropo, caratterizzato attraverso parametri elastici del modulo di elasticità E e del coefficiente di Poisson.

Figura 4.13: Modello di semispazio infinito studiato da Boussinesq con notazione polare

Negli anni ’40 Burmister ampliò la teoria elastica formulata da Boussinesq sviluppando soluzioni relative al caso di un sistema costituito prima da due e poi da tre strati. Infine negli anni ’60 Schiffman introdusse la soluzione relativa ad un multistrato elastico generico; grazie a questa soluzione e allo sviluppo dei calcolatori, negli anni ’60 e ’70 furono sviluppati numerosi programmi informatici in grado di calcolare tensioni e spostamenti in ogni punto del multistrato elastico. Tuttavia tali programmi non hanno

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196

riscosso un grande successo nell’analisi delle pavimentazioni stradali, se non nell’ambito della ricerca, a causa di diversi fattori: primo fra tutti il fatto che un metodo può essere definito esatto solo quando le ipotesi su cui esso si basa sono corrette. Una delle ipotesi fondamentali di tutte le teorie elastiche è che tutti i materiali siano elastici lineari, però alcuni dei materiali utilizzati per la realizzazione delle pavimentazioni stradali subiscono, oltre alle deformazioni elastiche, anche deformazioni plastiche, viscose e viscoelastiche, che spesso dipendono dal livello di tensione che sperimentano, risultando quindi non lineari. Altra ipotesi non sempre corretta alla base dei programmi e dei metodi definiti esatti è data dal fatto che le teorie elastiche considerano i materiali come omogenei, a differenza dei materiali reali.

Come alternativa ai metodi “esatti” fu sviluppato un metodo approssimativo, derivato dall’unione dei metodi di Boussinesq e di Odemark, detto “metodo degli spessori equivalenti”, estremamente semplice e facilmente programmabile, soprattutto per il suo utilizzo in forma iterativa, inoltre il metodo degli spessori equivalenti permette di considerare il sottofondo stradale come un materiale non lineare, andando a considerare il modulo resiliente come dipendente dai livelli dello sforzo normale medio o dello sforzo deviatorico.

Il principio su cui si basa il metodo di Odemark è quello per cui le tensioni e le deformazioni dipendono solamente dalla rigidezza della struttura sovrastante il punto analizzato; quindi sostituire uno strato di un certo spessore e con determinati parametri elastici con un altro caratterizzato da parametri e spessore differenti ma con la stessa rigidezza non modificherebbe le tensioni e le deformazioni sperimentate dai punti al di sotto dello strato. Secondo Odemark la rigidezza k di uno strato risulta legata allo spessore h ed ai parametri elastici di uno strato, E e ν, secondo una relazione di proporzionalità:

1 − 1ℎ/∙ 02

Si consideri, per esempio, il caso di un sistema a due strati. Lo strato più superficiale sarà caratterizzato da un modulo di rigidezza 0!, coefficiente di Poisson 1!e spessore ℎ!, mentre lo strato sottostante, assunto come semispazio infinito, sarà caratterizzato solamente dai suoi parametri elastici 02 e 12. Nel caso in cui si debba calcolare lo stato tenso deformativo

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197

di un punto al di sopra dell’interfaccia non sarà necessaria alcuna trasformazione, e la teoria di Boussinesq potrà essere applicata direttamente. Nel caso in cui si analizzi un punto al di sotto dell’interfaccia lo strato superiore andrà trasformato in uno di rigidezza equivalente, che presenterà uno spessore equivalente3 e gli stessi parametri dello strato inferiore. Lo spessore equivalente può essere calcolato uguagliando le rigidezza dello strato di partenza e di quello equivalente: ℎ!/∙ 0! 1 − 1!2 = ℎ3/∙ 02 1 − 122 ℎ3 = ℎ!40 ! 02∙ 1 − 122 1 − 1!2 5

Figura 4.14: Trasformazione di Odemark per una struttura a due strati

Effettuata la trasformazione il sistema risulta equivalente ad un semispazio omogeneo, a cui è possibile andare ad applicare le equazioni di Boussinesq. La teoria di Odemark è comunque una teoria approssimata e per ottenere dei risultati più aderenti alla teoria della linea elastica è necessario introdurre per ogni trasformazione un fattore di correzione, variabile tra 0.8 e 1.0 e che dipenderà dalla posizione dello strato considerato e dal numero totale di strati che costituiscono il sistema. Inoltre nella pratica comune i coefficienti di Poissons vengono in genere assunti uguali per tutti gli strati, in questo modo si semplifica la formula dello spessore equivalente:

ℎ3 = ℎ!400! 2

5

Nel caso di un sistema multistrato gli spessori equivalenti degli n-1 strati sovrastanti lo strato n possono essere calcolati come:

ℎ3, = 6… 89ℎ!400! 2 5 + ℎ2: 4002 / 5 + ℎ/; ∙ … + ℎ "!< 400"! 5

=

>

; ?

>

;

@

>

?

A

;

@

A

?

A

;

@

A

=

B

; ?

A

;

@

A

(26)

198

Questa formula è facilmente applicabile in forma ricorsiva ed è quindi particolarmente adatta per una sua programmazione a livello informatico. In corrispondenza di ogni interfaccia è quindi possibile, applicando prima l’equazione di trasformazione di Odemark e successivamente le equazioni di Boussinesq, calcolare i singoli contributi di deflessione. Le deflessioni totali saranno infine semplicemente calcolate come somma di tali contributi. 4.3.4 Moduli superficiali equivalenti

Risulta utile, prima di procedere con il calcolo dei moduli di rigidezza dei differenti strati, analizzare i moduli elastici equivalenti calcolati a partire dalla deflessioni misurate in ogni postazione, facendo riferimento alla teoria di Boussinesq mediante le seguenti equazioni:

0 &0) =2&1 − 1&0)2)D ∙ E

0 & ) =2&1 − 1∙ & )2)D ∙ E

Dove:

- 1 = F , 0.35;

- D = ;

- = ++ ;

- & ) = .

La prima equazione fornisce il modulo equivalente in corrispondenza del centro della piastra, rappresentativo della pavimentazione nella sua globalità, mentre la seconda equazione permette, a partire dalla deflessione a distanza r dalla piastra di carico, di ottenere il modulo elastico equivalente rappresentativo del comportamento meccanico del materiale posto ad una profondità equivalente maggiore di r. Analizzando questi due moduli così ottenuti risulta possibile verificare l’ipotesi di semispazio infinito, elastico lineare, omogeneo ed isotropo per ogni profondità equivalente. Questo risulta utile soprattutto per indagare la natura del sottofondo, infatti nel caso in cui il sottofondo presenti un comportamento elastico lineare (A), i valori dei moduli calcolati a differenti distanze, comunque maggiori della profondità equivalente a cui è sottoposta l’interfaccia del sottofondo, risultano approssimativamente uguali. Al contrario, nel caso in cui il

(27)

199

sottofondo presenti un comportamento di tipo cosiddetto “stress-softening” (B), all’aumentare della distanza dal centro della pistra i valori dei moduli superficiali aumenteranno anch’essi. Sempre attraverso l’analisi dei moduli superficiali risulta infine possibile individuare la presenza di uno strato meno rigido rispetto allo strato asfaltico e al sottofondo, interposto tra questi (C).

Figura 4.15: Esempi grafici di moduli superficiali equivalenti: A) sottofondo con comportamento lineare; B) sottofondo con comportamento non lineare di tipo “stress-softening”; C) strato meno rigido interposto tra

strato bituminoso e sottofondo

L’analisi di queste informazioni permette di valutare eventuali differenze di comportamento meccanico tra le diverse postazioni indagate, risultando utile non solo per la suddivisione dell’infrastruttura in sezioni omogenee ma anche per una valutazione sommaria della resistenza globale del complesso pavimentazione e sottofondo.

4.3.5 Backcalculation

Il processo di backcalculation si occupa di stimare i moduli di rigidezza degli strati componenti la pavimentazione esaminata a partire dalle deflessioni misurate nel corso delle campagne di rilievo. Fondamentalmente tale procedura si basa sul calcolo per via teorica delle deflessioni prodotte in seguito all’applicazione di un determinato carico sul modello di pavimentazione assunto, questo dovrà descrivere ogni strato costituente la pavimentazione attraverso i relativi spessori ed un set di moduli di rigidezza assunti come noti all’inizio del processo.

Una volta calcolate le deflessioni teoriche si passerà quindi al confronto con quelle rilevate durante le campagne di prova. I valori dei moduli verranno modificati in modo da andare a ridurre il più possibile le differenze tra deflessioni misurate e deflessioni calcolate, secondo

B C

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200

un processo iterativo, che verrà arrestato quando determinate condizioni di accettabilità saranno rispettate, oppure quando verrà raggiunto il numero massimo di iterazioni consentito. Alla fine del processo si otterranno le stime dei moduli di ciascuno strato, insieme ad eventuali parametri di non linearità nel caso in cui il modello assunto per la pavimentazione li preveda.

Nella figura sottostante viene presentato lo schema di funzionamento di un generico programma di backcalculation:

Figura 4.16: Algoritmo di funzionamento di un tipico programma di backcalculation

Il processo iterativo di ricerca dei moduli si arresta o quando si raggiunge il numero massimo di iterazioni previste oppure quando i criteri di accettabilità saranno rispettati. Tali criteri si basano sul porre un limite superiore agli scarti quadratici medi e assoluti delle differenze tra deflessioni misurate e calcolate:

HI$& ) = J!∙ ∑ &%M! L%− %)2 oppure HI$&%) = 100 ∙ J!∙ ∑ &%M! L%− %)2 dove L% e % sono rispettivamente la deflessione calcolata e quella misurata durante le campagne di rilievo in corrispondenza del sensore i-esimo ed è il numero totale dei sensori presi in considerazione.

(29)

201

Per l’analisi dei dati della presente tesi la backcalculation è stata realizzata utilizzando il software della Dynatest ELMOD 6 (Elastic Layer Moduli and Overlay Design), il programma è utilizzato non solo per analizzare i rilievi deflettometrici e per calcolare i moduli di rigidezza degli strati costituenti la pavimentazione ma anche per valutare la vita utile residua dell’infrastruttura e calcolare l’overlay necessario per quelle postazioni caratterizzate da una ridotta capacità portante.

Utilizzando ELMOD 6 la pavimentazione oggetto di studio può essere modellata come un sistema multistrato composto al massimo da 5 differenti materiali, e in cui il sottofondo può essere trattato come un materiale caratterizzato da un comportamento non lineare. Il software permette di effettuare la backcalculation secondo tre diverse modalità:

1. La prima, detta “Radius of Curvature” , permette di calcolare il modulo di rigidezza ed i parametri non lineari del sottofondo a partire dalle deflessioni registrate dai geofoni più lontani dalla piastra di carico. Successivamente viene stimata la rigidezza dello strato superiore della pavimentazione utilizzando il raggio di curvatura relativo alla deflessione dei geofoni più prossimi alla piastra di carico. Vengono infine calcolate le rigidezze degli strati rimanenti in base alla risposta di tutta la sovrastruttura al carico applicato ed in base agli eventuali rapporti tra i moduli degli strati precedentemente calcolati.

2. Nella seconda modalità di calcolo, denominata “Deflection Basin Fit”, a partire da un set di moduli iniziali per gli strati della pavimentazione è possibile calcolare il bacino teorico di deflessione e conseguentemente l’errore rispetto al bacino effettivamente misurato durante le campagne di rilievo. Il set di moduli viene quindi modificato di una quantità variabile tra il 5 ed il 50% e poi nuovamente calcolato l’errore. Il set di moduli cui corrisponde il minor valore di errore viene assunto come la soluzione migliore, ed il processo viene ripetuto in maniera iterativa fino a trovare il set di moduli cui corrisponde un errore inferiore alla soglia di accettabilità prestabilita. Anche in questo caso il sottofondo può essere modellato come non lineare. Il metodo è basato sulla teoria degli spessori equivalenti di Odemark, in cui però i coefficienti correttivi non vengono applicati agli spessori degli strati ma al valore della capacità portante.

(30)

202

3. L’ultima opzione per la backcalculation fornita da ELMOD è il modulo FEM/LET/MET. Attraverso questa funzione è possibile calcolare i moduli elastici secondo tre differenti metodi. Il FEM, Finite Element Method, è un metodo agli elementi finiti, ovvero un metodo di calcolo numerico che utilizza un modello di pavimentazione composto da piccoli elementi, ciascuno caratterizzato dai propri parametri elastici. Questo metodo risulta essere l’unico con cui è possibile trattare ogni strato secondo un modello non lineare. Il modulo LET, Linear Elastic Theory, si base invece sulla teoria del multistrato elastico ed in questo caso ogni strato viene modellato come un materiale elastico lineare, risultando quindi indipendenti dai livelli di sollecitazione applicati. L’ultimo modulo è il MET, Method of Equivalent

Thickness, che risulta essere simile alla modalità “Deflection Basin Fit” trattata

precedentemente, in quanto è basato anch’esso sulla teoria di Odemark; in questo caso però i coefficienti correttivi vengono applicati direttamente agli spessori della pavimentazione invece che ai valori della capacità portante. Anche con questo

metodo è possibile modellare il sottofondo con un comportamento non lineare. 4.4 IL DEGRADO DEGLI STRATI DELL’INFRASTRUTTURA STRADALE

A seconda del tipo di materiale considerato la resistenza alle azioni dinamiche ripetute dovute ai carichi veicolari viene correlata con differenti parametri tensodeformativi, nonché con determinate caratteristiche meccaniche proprie del materiale. Questo deriva dal fatto che tutti i materiali che costituiscono una sovrastruttura stradale, così come il sottofondo, contribuiscono in maniera differente alla capacità portante della pavimentazione ed inoltre si evolvono secondo meccanismi di degrado differenti.

4.4.1 Le leggi di fatica

È stato accennato che ogni materiale contribuisce alla portanza complessiva della pavimentazione in maniera differente. Inoltre è stato osservato sperimentalmente che i parametri tensodeformativi correlabili con il numero di ripetizioni di carico sopportabili sono differenti a seconda che l’attenzione sia rivolta ad un conglomerato bituminoso, ad un misto cementato, ad un sottofondo o come nel nostro caso al R2M. Le equazioni, che mettono in relazione i parametri di deformazione o di tensione con il numero di ripetizioni

(31)

203

che portano a rottura si definiscono leggi a fatica (già introdotte nel Capitolo 2 al paragrafo 2.2.2, relativo al fenomeno della fatica) e sono in generale esprimibili attraverso le seguenti equazioni: O& ) = P!∙ "Q D& ) = P2∙ "R Dove: - O& ) = ; - D& ) = ; - , S, !, 2 = + .

Attraverso un’enorme volume di sperimentazioni sono stati sviluppati molteplici criteri di calcolo della vita utile in funzione dei parametri tensodeformativi che caratterizzano i differenti materiali. I parametri di tensione e deformazione propri della condizione di carico vengono tipicamente ricavati attraverso metodi razionali su modelli della pavimentazione. È importante sottolineare come ogni modello sia stato sviluppato e calibrato a partire da sperimentazioni più o meno estese, e che quindi risultano avere differenti gradi di affidabilità a seconda delle condizioni in cui sono stati studiati.

4.4.1.1 Il conglomerato bituminoso

Il meccanismo principale di degrado dei conglomerati bituminosi è tipicamente quello della fessurazione per fatica, tradizionalmente valutata tramite il controllo della deformazione orizzontale massima calcolata alla base degli strati legati a bitume. Come già detto, il fenomeno fessurativo si distingue in top-down e bottom-up, a seconda che le fessure si origino rispettivamente in sommità dello strato o alla base. In entrambi i casi la legge a fatica per questi materiali stabilisce una relazione tra il numero N passaggi di assi standard (ESALs) ammissibili a rottura e la deformazione orizzontale di trazione massima O all’inizio della vita utile. In genere la legge di fatica del pacchetto bituminoso ha la seguente espressione:

(32)

204 Dove: - L= ℎ ; - O = S + + S ; - 0= + S , ; - !, 2, /= , .

La scelta del valore da attribuire ai parametri % influisce sul grado di affidabilità della progettazione ed è legata alla conoscenza preventiva dei materiali impiegati e alla possibilità di caratterizzarli tramite prove di laboratorio, al limite di fatica. La ricerca si è concentrata soprattutto nell’esprimere la deformazione di trazione iniziale O in funzione di altri parametri più facilmente rilevabili, come le percentuali volumetriche dei vuoti e di legante rispetto al totale della miscela ed il modulo di rigidezza iniziale del conglomerato. Molti enti ed istituti di ricerca nazionali ed internazionali hanno proposto leggi di fatica per fessurazione e ciascun modello ha un diverso grado di affidabilità anche in relazione alle condizioni in cui è stato studiato. Tra questi si citano: l’Asphalt Institute, i laboratori di ricerca della Shell International Petroleum, l’Università della California-Berkeley, l’Esercito degli Stati Uniti, la Società Autostrade etc. A seguire, nella Tabella 4.8 sono riportati i valori delle costanti delle curve a fatica elaborate da ciascuno dei suddetti enti e laboratori di ricerca.

Modello X> XA XY Riferimento

Asphalt Institute 0.0796 3.291 0.854 Asphalt Institute (1981)

Shell 0.0685 5.671 2.363 Shell (1978), Shook et al. (1982)

TRRL 1.66∙10-10 4.32 0 Powell et al. (1984)

US Army 478.63 5.0 2.66 Department of Defense (1988)

Autostrade 1.467∙10-10 4.2735 0 Giannini e Camomilla (1978)

Belgian Road Research Center 4.92∙10-14 4.76 0 Verstraeten et al. (1984)

UC-Berkeley-Asphalt Institute 0.0636 3.291 0.854 Craus et al. (1984)

Illinois 5∙10-6 3.0 0 Thompson (1987)

Minnesota 2.83∙10-6 3.21 0 Timm et al. (1998)

Modello Indiano 0.1001 3.565 1.4747 Das e Pendey (1999)

(33)

205 4.4.1.2 Il sottofondo

Nel caso di materiali terrosi le ripetizioni di carico sono responsabili di un accumulo di deformazioni plastiche, che quindi rappresenteranno il meccanismo di ammaloramento considerato nel calcolo della vita utile. Il criterio per la verifica razionale di uno strato di sottofondo mette in relazione la vita utile dello strato con la deformazione verticale di compressione sperimentata sulla sommità dello strato. In letteratura è proposta la seguente espressione, per la quale ciascun modello è caratterizzato dalle proprie costanti:

Z= [∙ OL"T\ Dove: - Z= ℎ ; - OL = S ; - [, ]= , . Modello X^ X_ Riferimento

Asphalt Institute 1.365∙10-9 4.477 Asphalt Institute (1981)

Shell 1.05∙10-7 4 Shell (1978)

Tabella 4.7: Parametri delle leggi di fatica del sottofondo secondo diversi autori

Oppure può essere espressa, facendo riferimento al manuale di progettazione sudafricano, anche con la seguente equazione:

`a= 10&Q"! ∙bcdef) Dove: - `a= ++ ℎ ; - Og = à ; - = + i à .

(34)

206 4.4.1.3 R2M

Per quanto riguarda l’R2M, dalle prove di laboratorio non è stato possibile ricavare nel dettaglio il comportamento a rottura del materiale che si ipotizza analogo a quello di un materiale cementizio. Mediante la prova di resistenza alla trazione indiretta (conformi alla norma UNI EN 13286-42) cui è stato sottoposto il materiale è stata individuata la trazione media Rit per cui si verifica la rottura del provino, pari a 3.32 MPa. I provini delle miscele testate in laboratorio sono state quindi sottoposte a prove di rottura, conformi alla norma UNI EN 12697-24, ma, a causa di un limite della sperimentazione, i provini non hanno mai raggiunto la rottura, anche dopo un elevato numero di applicazioni di carico. È stato possibile indagare il comportamento a fatica del materiale solo per una tensione massima pari a 1.5 MPa, circa il 50% della tensione di rottura e corrispondente al massimo carico della macchina di prova. Non siamo quindi stati in grado di individuare l’endurance limit del materiale, definito come “la massima tensione che risulta possibile applicare al materiale per un numero infinito di cicli di carico senza mai giungere a rottura”. Poiché non siamo stati in grado di indagare il comportamento del materiale in un range compreso tra 1.5 e 3.32 MPa, è stato assunto come endurance limit di riferimento 1.5 MPa

4.5 APT-ACCELERATED PAVEMENT TESTING

Nello studio delle prestazioni strutturali delle pavimentazioni le prove di danno accelerato o più semplicemente APT (Accelerated Pavement Testing) sono di fondamentale importanza. Queste prove permettono infatti di osservare il comportamento a lungo termine dei materiali indagato, ciò risulta possibile applicando un elevato numero di cicli di carico in un intervallo ristretto di tempo. L’effetto che si vuole ottenere è quello di simulare le condizioni di esercizio nel lungo termine, monitorando l’evoluzione temporale del comportamento e della risposta dell’intera pavimentazione.

Le prove APT possono essere eseguite su pavimentazioni in esercizio, quindi in situ, tramite l’utilizzo di macchinari specifici come l’HVS, già trattato in questo capitolo, oppure possono essere condotte in specifici impianti o circuiti di prova, come ad esempio l’AASHTO Road Test, la CEDEX in Spagna, il laboratorio francese Central Des Ponts et Chausses e il National Center for Asphalt Technology in Alabama. I carichi veicolari

(35)

207

vengono tipicamente riprodotti attraverso il passaggio ripetuto di una ruota caricata, ma esistono alcuni impianti di prova che utilizzano metodologie differenti, come nel caso della struttura tedesca BASt, in cui viene utilizzato un carico impulsivo, simile a quello applicato dalla strumentazione FWD, oppure come nell’impianto statunitense WesTrack, in cui la pavimentazione testata viene fatta percorrere da reali mezzi pesanti opportunamente caricati.

Tipicamente in una prova APT possono essere utilizzate differenti configurazioni di carico, potendo agire su diversi parametri, quali l’entità di carico, il tipo di ruota utilizzata, la pressione di gonfiaggio o la posizione trasversale rispetto la traiettoria di percorrenza.

Figura 4.17: Confronto dei carichi generici prodotti in una prova APT e dal traffico reale

La velocità di percorrenza risulta essere un parametro poco variabile, dipendendo dalle proprietà costruttive dell’impianto, così come per quanto riguarda il controllo delle variabili climatiche ed ambientali. La temperatura dell’aria è possibile che sia controllata solo in impianti al chiuso, come ad esempio nell’impianto australiano ALF. Alcuni impianti di test, come ad esempio la struttura svizzera LAVOC, sono stati costruiti in apposite camere climatiche, in modo da permettere il controllo di differenti variabili ambientali.

L’obiettivo di qualsiasi strumentazione APT, a prescindere dalle sue proprietà specifiche, rimane comunque quello di sottoporre la pavimentazione esaminata ad un numero elevato di cicli di carico in un ridotto lasso di tempo, per studiarne il comportamento a rottura. Durante le prove dovranno essere condotti appositi rilievi con lo scopo di raccogliere dati utili per valutare e quantificare le performance strutturali della pavimentazione, come la capacità portante o gli abbassamenti subiti, attraverso l’utilizzo di strumentazioni

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