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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

Monitoraggio della

respirazione: stato dell’arte

In generale, i sistemi di monitoraggio respiratorio continuo possono essere classificati in:

- dispositivi che misurano il movimento, il volume o i cambiamenti dei tessuti (per esempio le tecniche basate sulla rilevazione dell’impedenza transtoracica o la pletismografia);

- dispositivi che misurano i flussi d’aria (per esempio termistori per l’individuazione del flusso oronasale);

- dispositivi che individuano le variazioni di concentrazione dei gas nel sangue (per esempio pulsossimetri).

Questi dispositivi possono essere classificati anche in base al livello di informazione sulla respirazione che possono fornire agli operatori. Il più semplice dispositivo fornisce solamente una stima della frequenza respiratoria, mentre i dispositivi più ricercati possono anche fornire informazioni sul volume corrente e i parametri che descrivono lo scambio gassoso. La scelta della tecnologia più appropriata per il monitoraggio respiratorio dipende, quindi, dalla particolare applicazione (16).

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4.1 Il monitoraggio ospedaliero

Allo stato attuale, il monitoraggio della respirazione in ambito ospedaliero è effettuato manualmente. Le misure manuali sono operatore-dipendente e quindi non sono continue nel tempo e richiedono personale addestrato, comportando un’inutile spesa economica (20).

I movimenti della parete toracica possono essere rilevati in molti modi (29). Una metodica è la pletismografia induttiva, in cui torace e addome sono circondati ognuno da una spirale e i movimenti respiratori sono rilevati sotto forma di modificazioni nell'autoinduttanza.

L'approccio più usato comunemente è l'impedenza transtoracica (29), una tecnica abitualmente utilizzata nei monitor elettrocardiografici disponibili in commercio. In questa tecnica, una piccola corrente alternata (tipicamente 100 μA) a circa 100 kHz è fatta passare attraverso una coppia di elettrodi elettrocardiografici, permettendo di misurare continuamente l'impedenza elettrica transtoracica tramite un cambiamento nel voltaggio indotto a 100 kHz. Alterazioni a bassa frequenza nell'impedenza respiratoria possono essere facilmente demodulate dal segnale. Tuttavia il monitoraggio dell’impedenza transtoracica è spesso soggetto a errori causati da artefatti da movimento (20).

Anche l'elettromiografia dei muscoli respiratori può essere utilizzata per monitorare la respirazione (29), benché sia più difficile a causa della contaminazione del segnale elettromiografico da parte di un potenziale elettrocardiografico di voltaggio molto superiore.

La fotopletismografia è il monitoraggio delle modificazioni indotte dalla respirazione nell'assorbimento della luce da parte di cute e vasi sanguigni (29). I

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sensori fotopletismografici possono rilevare modificazioni cicliche nel flusso ematico periferico causate dal respiro. Questi sensori PPG, che consistono di una sorgente infrarossa e di una cellula fotoelettrica per misurare la luce retrodiffusa, sono stati applicati vicino a una vena dell'avambraccio e sono riusciti a rilevare i movimenti respiratori in pazienti dopo anestesia generale. Lo svantaggio principale di questi monitoraggi di movimento consiste nel fatto che essi possono non essere in grado di rilevare un'apnea ostruttiva, in cui lo sforzo ventilatorio o il movimento possono avvenire senza flusso di gas.

Poiché l'apnea può non causare alcuna anomalia fisiologica, è preferibile una misura dei suoi possibili effetti avversi (cioè ipossia o ipercapnia). La misurazione continua della CO2 di fine espirazione, benché facile in un paziente intubato, è più difficile in un paziente non intubato a causa del fastidio derivato dal posizionamento del catetere e dal suo intasamento da parte di muco e saliva. Questo problema accompagna spesso il posizionamento diretto di una cannula nella rinofaringe. Alcuni miglioramenti possono essere ottenuti se il catetere è posto nel naso. Una soluzione più soddisfacente è usare cannule nasali progettate specificamente, in cui una delle terminazioni nasali è utilizzata per campionare il gas espirato, mentre l'altra è usata per erogare O2.

Tra gli altri sistemi in uso per la misura della respirazione troviamo la pneumotacografia, i termistori, i sensori di pressione e la misurazione della circonferenza toracica tramite strain gauge (15).

Il sistema di monitoraggio della respirazione notturna proposto in (19) si applica specificamente al monitoraggio notturno in ambiente ospedaliero e permette l’individuazione degli eventi di apnea senza in nessun modo disturbare il paziente, utilizzando un sensore di pressione posizionato in un materasso ad aria. Il sistema può anche alterare la posizione del paziente quando rileva un’apnea, manovrando un letto ospedaliero. Il sensore di pressione è, però molto sensibile, ed è quindi soggetto a numerose fonti di rumore. Sui segnali di pressione opportunamente filtrati è applicato un algoritmo di peak detection. Quando è rilevata un’interruzione del flusso respiratorio di almeno 10 secondi, viene avviato un aggiustamento automatico della posizione del letto, per cercare di aiutare il

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paziente a uscire dall’evento di apnea. Il paziente deve quindi comunque trascorrere una notte in ospedale, cosa che non favorisce una riduzione dei costi; inoltre, a causa della natura del metodo di misurazione, questo può essere fortemente influenzato dal peso e dalla posizione del paziente. Quindi l’algoritmo di peak detection deve essere personalizzato per studiare il paziente specifico.

4.2 Dispositivi per il monitoraggio

continuo notturno in ambiente

extra-ospedaliero

La polisonnografia rimane il gold standard nella diagnosi di apnee. Questa metodica monitora varie funzioni corporee e effettua una registrazione complessiva dei cambiamenti biologici che avvengono durante il sonno. È necessario applicare numerosi sensori al paziente ed è inoltre indispensabile che uno specialista effettui uno screening manuale dei dati registrati. Proprio per questo un numero significativo di casi di apnee non viene diagnosticato. È quindi evidente la necessità di uno strumento che possa essere usato a casa da utenti non esperti (15).

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45 4.2.1 Sistemi basati su accelerometri

Il sistema presentato in (15) rappresenta un monitoraggio della respirazione che offre una quantificazione indiretta del flusso respiratorio tramite accelerometro. A questa informazione è affiancata quella relativa al muscolo cardiaco, rilevando la frequenza e la relativa variabilità. Inoltre il sistema registra le vibrazioni acustiche associate per discriminare i diversi eventi di apnea.

Figura 14. Diagramma che mostra il sistema usato per acquisire ed elaborare i dati.

In questo studio (15) è stata scelta come posizione ottimale per l’accelerometro il nodo soprasternale, perché i suoni e le vibrazioni tracheali sono particolarmente rappresentative della respirazione. Il nodo soprasternale si trova sul bordo superiore del manubrio dello sterno, tra i nodi clavicolari, e risulta vicino alla posizione dove la pulsazione della carotide è massima e vicino all’origine dei suoni di russamento che si possono manifestare nel sonno. Quindi questa posizione risulta il giusto compromesso per la misurazione di tutte le variabili di interesse. In figura è mostrato l’andamento di un segnale acquisito durante un test notturno.

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Figura 15.Segnale acquisito dall'accelerometro e uno zoom

Viene utilizzato un accelerometro monoassiale, posto sul paziente in posizione supina (ritenuta la posizione che garantisce la miglior sensibilità). La posizione laterale può, infatti, creare problemi di sensibilità e attrito con i vestiti. La posizione prona è stata scartata. Il posizionamento del sensore vicino alla trachea risulta semplice e presenta scarse interferenze dovute alla peluria rispetto all’area toracica. Viene, infatti, utilizzata della cera d’api per tenere fermo il sensore. La variabilità della frequenza cardiaca è spesso utilizzata come ausilio nella diagnosi di apnea, ma viene solitamente calcolata dai segnali elettrocardiografici. In questo caso invece la frequenza cardiaca è ottenuta dall’intervallo S1S1 dei toni

cardiaci registrati dal segnale di accelerazione. Per fare questo il segnale viene sottocampionato e filtrato con un passa alto a 0.5 Hz per rimuovere le informazioni non collegate all’attività del cuore, come appunto i movimenti respiratori e vari artefatti. Per l’individuazione dei picchi relativi dai toni cardiaci viene utilizzata una versione adattata dell’algoritmo di Pan-Tompkins.

Per quanto riguarda il segnale respiratorio è stata paragonata l’informazione rilevata dall’accelerometro con i dati ottenuti dal termistore usato nella polisonnografia tramite il criterio di Bland-Altmann. Viene effettuata inizialmente una decimazione per passare da una frequenza di campionamento di 8192 a 8 campioni al secondo. La frequenza respiratoria normale si trova tra i 6 e i 30

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respiri al minuto (0.1-0.5 Hz). Dopo aver rimosso la componente continua, il segnale passa in un filtro passa basso con frequenza di taglio a 1Hz, in modo da rimuovere rumore e ulteriori informazioni fuori dalla banda di interesse.

Per il calcolo della frequenza respiratoria si utilizza un metodo di autocorrelazione, selezionando il massimo valore di autocorrelazione nella banda tra 0.1 e 0.5 Hz. Per realizzare questo sistema sono stati creati 124 segmenti da 75 secondi estratti da 15 pazienti. Per ogni segmento si è applicato l’algoritmo per stimare la frequenza respiratoria, usando sia il segnale di accelerazione sia l’informazione sul flusso d’aria. Questo sistema mostra una elevata correlazione tra la componente respiratoria estratta dall’accelerometro (componente in bassa frequenza) e l’informazione del flusso d’aria estratta dalla polisonnografia.

Figura 16. Plot di Bland-Altmann per comparare la frequenza respiratoria rilevata

Anche per quando riguarda la frequenza cardiaca e il segnale di russamento il sistema mostra risultati in accordo con quelli forniti dalla polisonnografia.

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Figura 17. Esempio di segnali acquisiti e relativo paragone con le tecniche utilizzate nella polisonnografia

Sono stati considerati diversi eventi apnoici, valutando la loro manifestazione su differenti segnali acquisiti.

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Figura 18. Segnali del respiro acquisiti con diverse tecniche per tre tipologie di apnea: a) ostruttiva, b) complessa, c) centrale

La figura sopra mostra chiaramente che sebbene i segnali di sforzo mostrino una componente in caso di apnea ostruttiva, il sensore di accelerazione non viene eccitato, seguendo il pattern mostrato dal segnale di flusso d’aria. Questo risultato è fondamentale perché bisogna notare che molti algoritmi in letteratura si basano unicamente sulla frequenza del flusso di aria per calcolare la frequenza delle apnee. Questa caratteristica porta alla possibilità di discriminare le differenti tipologie di apnea. Si possono anche creare algoritmi basati sul calcolo di particolari soglie energetiche per la classificazione delle apnee tramite i segnali accelerometrici.

In (16) viene proposto un altro metodo per individuare la forma d’onda del segnale respiratorio da un accelerometro fissato al torace. Il sistema proposto consiste di un accelerometro fissato in una fascia elastica, insieme al suo sistema di alimentazione e una scheda di acquisizione connessa al computer. Si utilizza un

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accelerometro biassiale (ADXL204). La respirazione causa infatti un movimento periodico del torace e questo si riflette sulle variazioni di inclinazione dell’accelerometro posizionato sul torace, Δθ. In condizioni di riposo, l’accelerometro misura solamente l’accelerazione di gravità e riflette queste variazioni periodiche prodotte dalla respirazione.

In posizione verticale l’angolo θ è molto piccolo (θ≈0):

In posizione orizzontale invece θ*≈0:

Questo dimostra che la direzione perpendicolare alla gravità è la più sensibile per le misure dei movimenti toracici.

Figura 19. Posizionamento del sensore

Il segnale di respirazione è visibile lungo l’asse anteroposteriore in posizione verticale e lungo l’asse verticale in posizione orizzontale; quindi è stato usato un segnale costituito dalla somma del segnale verticale e di quello anteroposteriore.

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Figura 20. Segnali misurati in posizione verticale (a), e orizzontale (b)

Il segnale di respirazione rilevato dai cambiamenti dell’angolo di inclinazione rappresenta una variazione molto lenta (<1Hz) di debole ampiezza, che viene facilmente mescolata con i movimenti corporei. Entrambi i segnali si trovano alla stessa frequenza, ed è quindi necessario che il paziente resti fermo durante l’acquisizione. I dati sono acquisiti a 1KHz da ogni canale. Questa frequenza di campionamento è necessaria per la fusione del segnale ECG con quello derivante dalla forma d’onda respiratoria rilevata dall’accelerometro. Il segnale registrato viene normalizzato in unità “g”.

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Convenzionalmente la detection sul segnale respiratorio si ottiene utilizzando un filtro passa-banda di caratteristiche costanti per rimuovere il rumore dal segnale misurato. La banda è compresa generalmente nel range tra 0 e 1 Hz. In questo lavoro è stato invece di utilizzare un filtraggio adattativo per rimuovere i numerosi picchi che rimangono dopo un filtraggio su una banda costante. La strategia utilizzata prevede l’individuazione della frequenza respiratoria dominante (quella che presenta la massima energia) e un filtraggio intorno a questa componente frequenziale. L’algoritmo proposto in questo lavoro processa il segnale respiratorio nel modo seguente:

- divide il segnale in segmenti da 1 minuto con 10 secondi di sovrapposizione temporale;

- calcola lo spettro e individua il massimo (f0) nel range tra 0 e 1 Hz (la

scelta di questa banda viene dal numero di respiri al minuto che stanno tra i 6 e i 60);

- filtra il segnale intorno a f0 con un filtro passa-banda di Butterworth del 4°

ordine con una banda [f1, f2]. La legge utilizzata per scegliere la banda di

interesse è la seguente: f1=max(0.1, f0-0.4) Hz; f2=f0+0.4 Hz.

I segmenti utilizzati sono della durata di 1 minuto perché questa durata è sufficiente a determinare f0 nel dominio della frequenza tra 0.1 e 1 Hz, e questi

segmenti sono anche utilizzati per calcolare la frequenza respiratoria.

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Il segnale respiratorio rilevato dall’accelerometro è stato confrontato alle tecniche tradizionalmente utilizzate per la rivelazione della frequenza respiratoria, come la pletismografia induttiva che è considerata il gold standard. È stata individuata la posizione migliore per l’accelerometro vicino al cuore sul torace

Anche il sistema proposto in (17) misura gli sforzi respiratori, monitorando il movimento addominale tramite un accelerometro triassiale. Poiché il sensore è utilizzato come inclinometro, l’accelerometro dovrebbe essere posizionato in un’area dove l’orientazione varia durante i movimenti respiratori. Il più importante muscolo coinvolto nella respirazione è il diaframma, che costituisce la base della cavità toracica. Perciò l’accelerometro è stato posizionato vicino a questo muscolo sotto il processo xifoideo, alla fine dello sterno.

Figura 23. Diagramma del modulo di elaborazione del segnale

Un modulo di processing estrae la frequenza respiratoria dai dati di accelerazione misurati. Nella figura in alto è mostrato il diagramma a blocchi dell’elaborazione. I segnali grezzi vengono acquisiti dal modulo di acquisizione e mandati al blocco di pre-processing. Questo include il condizionamento dei segnali, la segmentazione e un filtraggio passa-banda. Vengono inoltre identificati e rimossi gli artefatti tramite un metodo di classificazione dei pattern. Uno step essenziale prima dell’identificazione della frequenza respiratoria è la fusione degli assi, che ha l’obiettivo di ricostruire il movimento di respirazione originale dai tre segnali lungo i tre assi. Nell’ultimo passaggio viene determinata la frequenza di respirazione o tramite una detection dei picchi nel dominio del tempo o prendendo la frequenza fondamentale del segnale ricostruito e privo di artefatti nel dominio

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della frequenza. In questo studio si concentra però l’attenzione sui possibili metodi di fusione degli assi.

A causa della natura del segnale accelerometrico, la qualità del segnale respiratorio dipende non solo dagli sforzi respiratori ma anche dalla posizione del corpo e dall’orientazione del sensore. È quindi necessario introdurre un modello matematico che mostri come i movimenti indotti dalla respirazione si proiettino lungo i tre assi del sensore.

Figura 24. Orientazione del vettore di gravità e suo eventuale movimento

Nel sistema di coordinate del sensore, i movimenti indotti dalla respirazione possono essere rappresentati come se il vettore di gravità G si muovesse intorno a una posizione di partenza in un piano con una variazione angolare massima Δθ da entrambi i lati della posizione nominale. La proiezione risultante del movimento lungo i tre assi è determinata dall’orientazione del sistema di coordinate del sensore e dall’orientazione del piano in movimento definito da OG’G”, come mostrato in figura. Queste due orientazioni sono definite da tre variabili: γ, l’angolo tra la posizione iniziale di G e l’asse z; ζ, l’angolo tra l’asse y e la proiezione di G nel piano xy; ξ, l’angolo tra l’asse z e la sua proiezione nel piano in movimento.

Il blocco di fusione degli assi ricostruisce i movimenti indotti dalla respirazione sulla base dei segnali triassiali misurati, come mostrato in figura.

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Figura 25. Il segnale respiratorio è proiettato sui tre assi dell'accelerometro e ricostruito da una tecnica di fusione

Sono state individuate tre strategie per ricostruire il segnale indotto dal movimento respiratorio: 1) un approccio analitico (definito “Full Angle”); 2) Analisi delle Componenti Principali (PCA); 3) PCA ibrida, combinando il metodo 1 e 2.

Quello del “Full Angle” è un approccio analitico che fa esplicitamente uso delle informazioni di orientazione del sensore per ricostruire il segnale di movimento respiratorio. Consiste di due fasi. Prima viene massimizzata la proiezione dei movimenti indotti dal respiro in ogni spazio bidimensionale usando la componente continua e l’ampiezza del segnale lungo ogni asse. In un secondo momento il segnale respiratorio è ricostruito calcolando l’ampiezza del vettore della proiezione massimizzata in ogni spazio bidimensionale.

Il problema di fusione degli assi può essere anche considerato un problema di riduzione della dimensione. La PCA è una metodica comunemente usata per ridurre la dimensione dei dati. Consiste in una rotazione del sistema di coordinate del sensore verso una orientazione dove l’asse principale presenta la maggior parte della varianza (e quindi della potenza) dei dati.

La PCA ibrida rappresenta una combinazione di entrambi i metodi, sostituendo il secondo step del metodo “Full Angle” con la PCA.

Inizialmente i segnali utilizzati sono stati simulati per varie posizioni possibili aggiungendo del rumore nella stessa banda del segnale utile. Si sono quindi valutati i tre metodi di fusione degli assi, trovando che la PCA e la PCA ibrida forniscono risultati migliori rispetto all’approccio “Full Angle”.

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Per testare il sistema su segnali reali sono stati individuati 5 pazienti. I segnali sono stati campionati a 10 Hz, in un range di misurazione di ±2g. I dati sono stati elaborati offline usando Matlab® (The MathWorks Inc., MA, US). Sono stati selezionati manualmente dei segmenti di dati che non contenevano artefatti e su questi sono stati testati i tre approcci, ritrovando anche su questi gli stessi risultati ottenuti per i segnali simulati.

In (18), invece, la frequenza respiratoria viene ricavata dal segnale di

accelerazione tramite la densità spettrale di potenza, ricavando il massimo valore che rappresenta però la frequenza media, non consentendo quindi una diagnosi di apnea.

4.2.2 Sistemi portatili basati su altre tecniche

Le misurazioni della PCO2 percutanea sono particolarmente utili nell’apnea

centrale. I pazienti che presentano un difetto nel controllo respiratorio o nella funzione neuromuscolare tipicamente presentano una PCO2 elevata che tende ad

aumentare progressivamente durante la notte, in particolare durante la fase REM (06).

È necessario sottolineare che l’attendibilità dell’ossimetria notturna nella diagnosi di apnea ostruttiva durante il sonno, dipende fortemente dalla probabilità clinica di malattia valutabile all’anamnesi. Nei pazienti in cui tale probabilità è elevata, l’ossimetria notturna può essere impiegata per confermare la diagnosi, dimostrando la presenza di episodi ripetuti di desaturazione arteriosa di O2.

Queste alterazioni consentono di evitare l’esecuzione della polisonnografia e confermare la diagnosi di apnea notturna. Tuttavia, un risultato negativo del test,

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in un paziente con elevata probabilità clinica di apnea ostruttiva, non esclude la diagnosi e rende necessaria l’esecuzione della polisonnografia. Al contrario, se la probabilità di malattia prima dell’esecuzione del test è ritenuta bassa, l’assenza di episodi di desaturazione arteriosa è utile per escludere la diagnosi e consente, anche in questo caso, di evitare l’esecuzione della polisonnografia. Alcuni studi suggeriscono che in circa due terzi dei pazienti ricoverati, con probabilità intermedia di malattia, l’ossimetria notturna da sola non è diagnostica, rendendo necessario l’esame polisonnografico. Nel terzo restante dei pazienti, con alta o bassa probabilità clinica di malattia, l’ossimetria può evitare la polisonnografia, confermando o escludendo la diagnosi (06).

I pulsossimetri standard non forniscono attualmente informazioni riguardo alla frequenza respiratoria del paziente ed eventuali apnee vengono riconosciute solo quando l’organismo entra in uno stato di ipossia. In (20) viene descritta una tecnica basata sulla trasformata wavelet che permette di ricavare la frequenza respiratoria dal segnale fornito da un pulsossimetro. Infatti uno dei limiti fondamentali dei normali pulsossimetri è la loro incapacità nel rilevare variazioni nella frequenza respiratoria finché questa modifica non porta delle variazioni nei valori di ossigenazione. Il pulsossimetro fornisce una misura accurata della frequenza cardiaca e della saturazione dell’ossigeno, ed è molto utilizzato nelle unità di pronto soccorso, quindi è uno strumento con cui il personale medico ha già una notevole confidenza. Le trasformate wavelet rappresentano uno strumento importante per l’analisi dei segnali biologici, perché consentono di decomporli in modo che possano essere messe in evidenza contemporaneamente sia le caratteristiche in frequenza sia la localizzazione temporale. Questa tecnica quindi consentirebbe di identificare rapidamente dei cambiamenti nel segnale e di rimuovere contemporaneamente eventuali artefatti, dovuti per esempio al movimento. Analizzando il segnale del pulsossimetro a bassa frequenza è infatti possibile rilevare la frequenza respiratoria.

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Figura 26. Wavelet plot che mostra le caratteristiche a bassa frequenza in B (respirazione), separate dal rumore/artefatti N e dalla frequenza di pulsazione P

Il flusso d’aria nasale o orale può essere misurato in sistemi portatili utilizzando delle termocoppie. Questo sistema può aiutare i medici a misurare la frequenza respiratoria o a diagnosticare le apnee, ma non risulta efficace nell’individuare le ipopnee. Sono inoltre utilizzati sensori di pressione per determinare cambiamenti di pressione determinati dall’inspirazione e dall’espirazione. Questi rappresentano una migliore alternativa per la diagnosi degli eventi respiratori perché forniscono una informazione quantitativa sul segnale del flusso di aria senza l’utilizzo di una maschera nasale come avviene invece nel caso della pneumotacografia.

Sono stati inoltre proposti dei sistemi che prevedono l’utilizzo di un microfono posizionato nel collo del paziente per determinare lo stato di ipoventilazione, stabilendo una correlazione non dettagliata tra questi stati e le apnee e le ipoapnee. In altri studi è stato posizionato un sensore piezoelettrico sul collo per registrare le vibrazioni acustiche sulla gola (18).

In (30) è descritto un sistema che valuta la qualità del sonno con un monitoraggio continuo che fa uso dell’attigrafia, cioè della misura continua, durante più giorni, dei movimenti del paziente. Questa viene effettuata mediante semplici accelerometri che vengono fissati al polso del paziente (come un orologio). Tale metodica viene utilizzata per distinguere, nelle ore dedicate al sonno, il periodo in

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cui il paziente è in effettivo stato di sonno (caratterizzato da nessun segnale all’attigrafo) da una situazione di veglia (caratterizzata da incrementi significativi dell’attività). Poiché ottenere un segnale EEG di buona qualità mediante sistemi indossabili può risultare difficoltoso sotto diversi aspetti, ad esempio per la necessità di misurazioni effettuate con elettrodi posti in posizioni standardizzate, si può pensare di individuare segnali differenti che presentino comunque variazioni correlate con il sonno. Per esempio è ormai assodato che i diversi stati del sistema nervoso centrale, durante i diversi stadi del sonno, hanno un effetto anche sul sistema nervoso autonomo, che risponde variando la bilancia simpato-vagale. Questa può essere facilmente quantificata mediante l’analisi in frequenza del segnale di variabilità cardiaca (HRV, heart rate variability). Numerosi studi hanno messo in evidenza variazioni statisticamente significative della bilancia simpato-vagale nei diversi stadi del sonno, in particolare è stato dimostrato che gli stadi del sonno profondo presentano una predominanza di attività vagale e una frequenza di respirazione sempre più regolare man mano che si procede verso un sonno più profondo; mentre durante il sonno REM l’attivazione simpatica raggiunge valori molto simili a quelli della veglia e l’attività respiratoria diventa molto più irregolare. Per quanto riguarda il riconoscimento delle apnee notturne, è ben noto che tali alterazioni presenti nel segnale respiratorio si riflettano in un ben preciso pattern di tachi-bradicardia nella frequenza cardiaca. Ancora più importante è l’osservazione che le apnee di solito di ripetono con una cadenza di circa 20-30 secondi, andando a imporre un ritmo sincrono anche al segnale di variabilità cardiaca: tale ritmo si manifesta con un picco nella banda delle VLF (Very Low Frequency). Al fine di meglio quantificare il fenomeno, si può pensare di ottenere dal segnale ECG un segnale strettamente correlato con l’attività respiratoria (EDR: ECG derived respiration). Si può osservare che utilizzando questa metodologia la classificazione viene effettuata su una base minuto-minuto, mentre clinicamente la diagnosi si basa su un conteggio delle singole apnee. Tuttavia il metodo è in grado di discriminare i soggetti normali dai patologici e dai borderline e può quindi proporsi come strumento di screening eventualmente adatto a selezionare soggetti con sospetta apnea notturna, da indirizzare a una diagnosi più precisa nei centri del sonno.

Figura

Figura 14. Diagramma che mostra il sistema usato per acquisire ed elaborare i dati.
Figura 15.Segnale acquisito dall'accelerometro e uno zoom
Figura 16. Plot di Bland-Altmann per comparare la frequenza respiratoria rilevata
Figura  17.  Esempio  di  segnali  acquisiti  e  relativo  paragone  con  le  tecniche  utilizzate  nella  polisonnografia
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Riferimenti

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