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Le Organizzazioni internazionali africane

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Le Organizzazioni internazionali africane

Le organizzazioni internazionali1 in Africa hanno acquisito un ruolo fondamentale, poiché la

decolonizzazione e la crescente consapevolezza degli stati africani della loro fragilità, unite alla volontà di ridurre la dipendenza dalle ex potenze colonizzatrici, hanno sempre spinto verso una ricerca di unità e cooperazione.

Alla base della spinta associativa dei Paesi africani vi furono principalmente tre elementi:

• Il Pan-africanismo, movimento politico e culturale finalizzato al superamento delle divisioni africane, attraverso l’unità politica, sociale ed economica dei popoli dell’Africa2, promovendo inoltre la riscoperta della civiltà africana e la sua

riabilitazione. Inizialmente sviluppato da intellettuali afroamericani, esso si diffuse all’interno delle élite africane (che vi individuavano un importante veicolo delle aspirazioni indipendentiste); tra i principali promotori del Panafricanismo vi furono alcuni importanti leader della decolonizzazione, come il presidente del Ghana (ex Costa d’Oro) Kwame Nkrumah3 e Julius Nyerere, presidente della Tanzania.

• La Decolonizzazione, ovvero il processo di rimozione del dominio coloniale attraverso il quale i Paesi africani riacquistarono libertà ed autonomia4, che diede un’ulteriore

impulso alla cooperazione africana, necessaria per sostenere e difendere le rivendicazioni indipendentiste dei territori occupati, sia a livello locale che mondiale (vedere l’azione dell’OUA all’interno dell’ONU, in particolare contro il colonialismo portoghese).

• La mancanza, nei nuovi stati indipendenti, di una classe dirigente ed amministrativa in 1 Forma di istituzioni che si riferisce ad un sistema di regole ed obiettivi, strumento di amministrazione

razionalizzata, con una organizzazione ufficiale materiale e tecnica, dotata di atti costitutivi, emblemi, personale ed una gerarchia, in C. Archer, International Organizations, London, Routledge, 2001, pag.2.

2 M.E.Page, P.M.Sonnenburg, Colonialism: an international, social, cultural, and political encyclopedia,

Oxford, ABC-CLIO, 2003, pag.454.

3 Promotore della “Prima Conferenza degli Stati Africani Indipendenti”, tenutasi ad Accra nel 1958. 4 M.E.Page, P.M.Sonnenburg, op.cit., pag.164.

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grado di rilevare la gestione del Paese dai precedenti occupanti e di subentrare nello sfruttamento delle immense risorse territoriali5. Infatti, sin dai primi anni, furono

ricercate soluzioni a queste carenze, soprattutto attraverso entità politico-federative, come ad esempio la Federazione del Mali6 e il Senegambia7, entrambe con risultati

fallimentari. Migliori risultati furono raggiunti attraverso i programmi economici transfrontalieri, gli accordi multilaterali in campo sociale e sanitario, ma non a livello politico, come in seguito vedremo.

Non mancarono ovviamente ulteriori motivazioni ed incentivi alla nascita e sviluppo delle organizzazioni africane, dalla marginalizzazione politica ed economica8, alla volontà di

ridurre la dipendenza dalle ex potenze coloniali (protrattasi grazie a sistemi di scambio preferenziale, come la Organisation International de la Francophonie ed il Commonwealth) e contrastare il neocolonialismo, il coordinamento dei programmi di sviluppo. Recentemente si sono aggiunte le nuove sfide della globalizzazione, ove le organizzazioni sono divenute trampolino di inserimento delle entità statali nella dinamica della mondializzazione.

Gli esperimenti coloniali

Già nel periodo coloniale in Africa presero vita federazioni amministrative, sotto la direzione della madrepatria, quali l’Africa Occidentale Francese9 (AOF) e l’Africa Equatoriale

Francese10(AEF), morte con il Referendum del 1958, che approvò la Costituzione della Quinta

Repubblica con la quale i Territori d’Oltremare divennero Stati autonomi dotati di autogoverno interno11. Rapidamente le repubbliche autonome si organizzarono in federazioni,

previste nella Costituzione12: sorsero così la Federazione del Mali nel 1959 (comprendente

5 V. Piacentini Fiorani, Processi di decolonizzazione in Asia e Africa, Milano, I.S.U., 2000, pag.154. 6 Entità politica composta dal Senegal e dal Sudan francese (oggi Repubblica del Mali) dal 1959 al 1960.

7 Particolare confederazione africana, poiché composta da una ex colonia francese (Senegal) ed britannica

(Gambia), durata dal 1981 al 1989.

8 Di non facile soluzione, a causa del basso grado di sviluppo delle forze e dei mezzi produttivi.

9 Istituita dalla Francia nel 1895, per coordinare sotto un’unica autorità (al cui vertice era posto il Governatore

Generale) l’azione coloniale francese nell’Africa Occidentale, fu composta nel tempo da Costa d'Avorio, Senegal, Niger, Guinea, Mauritania, Dahomey, Sudan Francese ed Alto Volta, concludendo la propria esperienza nel 1958 a seguito di un referendum attraverso il quale le colonie votarono per la loro trasformazione in repubbliche autonome all’interno della Comunità Francese, ad eccezione della Guinea che optò per l’indipendenza tout-court; i membri della AOF diedero poi vita a diverse organizzazioni nell’area, come ad esempio l’Unione Sahel-Benin nel 1959 (poi Consiglio dell’Intesa) formata da Costa d’Avorio, Dahomey, Alto Volta, Niger e Togo (quest’ultimo dal 1966).

10 Federazione commensurabile alla AOF, raggruppava dal 1910 i territori amministrati dalla Francia nell’Africa

Centrale quali Gabon, Ciad, Oubangui-Chari (poi Repubblica Centroafricana) e Congo-Brazaville, dissolvendosi poi nel 1958 con il famoso referendum; i territori divennero poi indipendenti nel 1960 dopo una brevissima esperienza nella Unione delle Repubbliche dell’Africa Centrale (1959).

11 V.Piacentini Fiorani, op. cit., pagg. 166-167. 12 Ibidem.

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l’Alto Volta, il Senegal, il Dahomey e il Sudan Francese ) e l’Unione delle Repubbliche Centroafricane (ove confluirono i membri della AEF).

In seguito, nei primi anni di indipendenza, furono frequenti i contatti tra i vari capi di stato africani per discutere e promuovere l’integrazione africana; le posizioni si collegavano principalmente a due visioni del processo integrativo:

- Uno più moderato, nazionalista e difensore della sovranità recentemente conquistata, nonché della integrità territoriale detto “Gruppo di Monrovia”13 (ove fu convocata la Conferenza di

tutti gli stati africani nel maggio del 1961), guidato dal presidente Senghor e sostenitore di un’unità progressiva del continente attraverso una cooperazione e partecipazione volontaria, diffidente delle ambizioni personali di alcuni leader panafricani e della loro possibile ingerenza nei loro affari interni14.

- L’altro, chiamato “Gruppo di Casablanca”15 in riferimento alla città marocchina, ove nel

gennaio 1961 Mohammed V invitò i rappresentante dell’ala radicale del panafricanismo16

(molti dei quali militanti nella sfera socialista e non-allineata), favorevole ad una unione politica forte ed ispirata agli Stati Uniti d’Africa e quindi per una rapida e forte integrazione, promossa dal presidente Nkrumah. Gli obbiettivi principali erano lo sviluppo economico centralizzato ed un sistema di difesa e sicurezza a livello continentale, oltre alla promozione della cultura africana17.

I due Gruppi, riuniti in seguito a Lagos nel 1962, optarono finalmente per una riconciliazione, avvenuta poi nel 1963 alla Conferenza di Addis Abeba, con la ratifica da parte tutti gli Stati indipendenti (eccetto il Sudafrica) della Carta dell’Organizzazione dell’Unità Africana, atto istitutivo dell’omonima organizzazione.

L’Organizzazione dell’Unità Africana

“Nous, Chefs d’Etat et de Gouvernement africains, réunis à Addis Abéba, Ethiopie; Convaincus que les peuples ont le droit inaliénable de determiner leur propre destin; Conscients du fait que la liberté, l’égalité, la justice et la dignité sont des objectifs essentiels à la réalisation des aspirations légitimes des peuples africains; Sachant que notre devoir est de mettre les ressources naturelles et humaines de notre continent au service du progrès 13 Costituito da 21 stati, tra i quali l’Etiopia, Libia e Liberia.

14 AA.VV., Histoire Générale de l’Afrique, Vol. VIII, Paris, UNESCO, 1998, pagg.468-472.

15 Dalla Conferenza di Casablanca, 1961, nel gruppo figuravano il Ghana, Marocco, RAU (composta dal 1

febbraio 1958 al 28 settembre 1961 da Siria ed Egitto, poi solo da quest’ultimo fino al 1971), Guinea e Mali.

16 R. P. Lavergne, Intégration et coopération régionales en Afrique de l'Ouest, Ottawa, KARTHALA, 1996, pag.

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général de nos peoples dans tous les domaines de l’activité humaine”18.

Con queste parole, cariche dell’ottimismo panafricano, fu sancita la nascita della più importante organizzazione internazionale africana, l’Organizzazione per l’Unità Africana19.

Fondata il 25 maggio 1963, alla conclusione del Congresso di Addis Abeba, in un compromesso tra le forze moderate e radicali, l’ OUA fu un’importante realizzazione del pensiero panafricano e promotrice, tra fallimenti ed immobilismo politico, delle ambizioni e rivendicazioni di un continente, alla quale presero parte nella sua trentennale storia tutti gli stati africani indipendenti e non20.

L’organizzazione ambì sin dall’inizio a divenire una multipurpose organization21, non

tralasciando nessun ambito d’azione, dotandosi persino di una Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli (1981) ed ispirandosi per la sua struttura all’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Tra gli obiettivi principali perseguiti dall’OUA, secondo il suo statuto, oltre alla promozione dell’unità e solidarietà degli Stati africani, vi sono la coordinazione ed il rafforzamento della cooperazione per offrire migliori condizioni d’esistenza ai popoli d’Africa, difendere la loro sovranità, integrità territoriale e la loro indipendenza; un altro punto importante fortemente sancito nella Carta, e continuamente presente nelle posizioni dell’Organizzazione, fu l’eliminazione in tutte le sue forme del colonialismo dall’Africa (ancora presente nel 1963)22. L’Organizzazione dell’Unità Africana, analisi e bilancio.

Come prescritto dall’articolo VII della Carta costitutiva, le principali istituzioni dell’Organizzazione erano quattro: la Conferenza dei Capi di Stato e di Governo23, il

Consiglio dei Ministri, il Segretariato Generale e la Commissione di Mediazione, Conciliazione ed Arbitrato24.

La Conferenza, la cui Sessione Ordinaria si svolge nel primo lunedì di giugno di ogni anno, è l’organo supremo dell’OUA. Composta dai Capi di Stato e di Governo dei paesi membri ai

18 Prologo, Carta Costitutiva dell’Organizzazione dell’Unità Africana, Addis Abeba, 1963.

19 Con il termine africana, ci si riferisce a gli Stati continentali, al Madagascar ed ogni isola intorno all’Africa,

come precisato nel paragrafo II dell’articolo I, dietro pressione malgascia; T. O. Elias, Africa and the development of international law, Martinus Nijhoff Publishers, 1988, pag.125.

20 S.M.Makinda, F.W.Okumu, The African Union: challenges of globalization, security, and governance,

London, Routledge, 2008, pag. 11.

21 T.D.Zweifel, International organizations and democracy: accountability, politics, and power, Bulder, Lynne

Rienner Publisher, 2006, pag.147.

22 Articolo 2. 23 In seguito CCSG.

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quali spetta un singolo voto non ponderato, essa necessita di un quorum di due terzi25 per far

passare una decisione (tra le prime decisioni prese vale la pena ricordare il boicottaggio delle comunicazioni con la Repubblica del Sudafrica del 1964, vertice presieduto da Gamal Nasser).

Il Consiglio dei Ministri, composto dai ministri degli affari esteri dei paesi membri, è l’organo a cui viene affidata la preparazione delle Conferenze, l’analisi delle problematiche da rinviare, l’esecuzione della cooperazione africana e delle decisioni prese dalla Conferenza; il Consiglio si riunisce due volte l’anno (febbraio e giugno).

Un’altra importante istituzione è il Segretariato Generale, organo centrale e permanente dell’Organizzazione26, presieduto dal Segretario generale insieme ai 5 Segretari Generali

Aggiunti (uno per regione), designati dalla CCSG. Oltre ai Segretari, i molti funzionari alle sue dipendenze contribuiscono all’attività amministrativa ed esecutiva del Segretariato.

L’istituzione della Commissione di Mediazione, Conciliazione ed Arbitrato riprendeva la volontà dell’OUA di utilizzare mezzi pacifici nella risoluzione delle controversie africane. La sua funzione principale doveva essere (secondo gli auspici dei padri fondatori) la mediazione e il raggiungimento di accordi tra gli stati in contrasto, ma problemi politici e finanziari ne affievolirono ben presto il potere27.

Tra gli obbiettivi principali della Carta, la difesa dell’integrità territoriale e della sovranità degli stati fu molto sentita e promossa dai neostati poiché i confini (eredità dei passati coloniali) non seguivano nessuna linea culturale o linguistica, motivo per cui il panafricanismo accusò le loro origini artificiali ed arbitrarie, rendendo la loro accettazione molto labile. L’OUA a questo riguardo proclamò ufficialmente nel 1964 la politica dello uti possidetis (con il rispetto delle frontiere esistenti al momento dell’acquisto dell’indipendenza)28, imponendosi nel panorama continentale quale risolutore delle dispute

territoriali29 attraverso mezzi pacifici, come proclamato dall’articolo XIX della Carta.

La prova del fuoco fu rappresentata dalla disputa tra il Marocco e l’Algeria riguardo i confini postcoloniali, provocata dalla mancanza di precise delimitazioni ed aggravata dalla ricchezza del sottosuolo e dalla politica intrapresa dal regno sceriffiano della ricostruzione del “Grande Marocco”. Entrambi gli stati, con il ritiro delle truppe francesi nel 1962, inviarono 25 Degli stati membri.

26 P.F.Gonidec, L'OUA trente ans après, Paris, Karthala Editions, 1993, pag.33. 27 T.Malawa, op.cit., pagg. 245-246.

28 S.Touval, The Organization of African Unity and African Borders, in “International Organization”, Vol. XXI,

Numero I, Cambridge University Press, Inverno, 1967, pag. 102.

29 Ad esempio tra i membri dell’OUA, le dispute tra il Regno del Marocco e l’Algeria, e tra la Somalia e

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rapidamente le truppe per occupare posizioni nella zona contesa, episodio a cui seguì una escalation militare e poi una vera e propria guerra nel autunno del 196330.

I principali esponenti politici africani si attivarono velocemente nella mediazione fra le parti (che ricercavano una più proficua divisione delle frontiere comuni) con risultati mediocri, fino all’invito da parte del presidente del Mali, Modibo Keita, ai Capi di Stato maghrebini insieme a Haile Selassie, ad un’incontro a Bamako il 29 e il 30 Ottobre 1963, riuscendo dopo considerevoli sforzi ad avvicinare le due parti ad un accordo di cessate il fuoco, prevedente una zona demilitarizzata (determinata da ufficiali dei quattro paesi partecipanti) con osservatori maliani ed etiopi incaricati della sua sorveglianza31, la fine degli atti e della

propaganda ostile, compresa ogni interferenza interna. Inoltre l’accordo comprendeva ulteriori punti, tra cui l’istituzione da parte dell’OUA di una commissione incaricata di accertare le responsabilità del conflitto e soprattutto la verifica della questione dei confini.

Dopo alcuni tentativi da parte marocchina di mantenere il controllo di alcune cittadine in territorio algerino, subito contrastati, il cessate il fuoco divenne effettivo il 5 novembre32. A

seguito di questa importante esperienza di mediazione, l’OUA adottò il principio della supremazia dell’Organizzazione sull’ONU nella risoluzione dei conflitti africani, rafforzando allo stesso tempo il dogma della immutabilità dei confini postcoloniali.

Altro terreno di lavoro dell’OUA fu la lotta all’apartheid, in un periodo in cui la situazione sudafricana, con il passare degli anni, diveniva via via sempre più paradossale. Infatti persino negli Stati Uniti le discriminazioni razziali e segregazioniste avevano ceduto, di fronte alle pressioni internazionali (in modo particolare da parte dell’OUA e dell’ONU) ed interne dei vari movimenti per i diritti civili.

Con il passare dei decenni, insieme all’alternarsi di successi (pochi) e fallimenti, l’Organizzazione dell’Unità Africana approdò ad una svolta, con la sua trasformazione nell’Unione Africana il 9 luglio 2002 a Durban, in occasione della 38° Conferenza dei Capi di Stato e di Governo.

La spinta a tale progetto risiedette nella constatazione del parziale insuccesso dell’organizzazione nell’affrontare i reali problemi che angosciavano il continente, e nella volontà di imporsi nello scenario internazionale, oltre a mancare la tutela delle popolazioni in 30 Il Marocco rivendicava le zone di confine di Béchar e Tindouf , importanti per i ricchi giacimenti di petrolio

presenti nel sottosuolo. La crisi iniziò il 5 luglio del 1962, con i primi scontri tra le forze armate dei due paesi lungo la frontiera, per poi aggravarsi l’8 ottobre 1963 quando le truppe marocchine occuparono postazioni algerine, subito riconquistate. Cfr. A.Ouardighi, Le Maroc de la mort de Mohammed V à la guerre des sables, 1961-1963, Rabat, A. Ouardighi, 1981.

31 B.B.Ghali, Les conflits de frontieres en Afrique, Paris, Éditions techniques et économiques, 1972, pagg. 34-46. 32 Ivi, pagg.108-110.

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difficoltà a causa dei conflitti e della negazione dei diritti umani. Il Colonnello Gheddafi in questo progetto svolse un importante ruolo, molto probabilmente ricercandovi un’occasione di rilancio della propria immagine, grazie anche ai molti appoggi che si era guadagnato con la sua politica panafricana ed i molti petrodollari a disposizione con cui foraggiare i paesi “amici”. Non a caso il primo passo avvenne il 9 settembre 1999 a Sirte, in Libia, dove furono tracciati importanti obbiettivi ed i lineamenti di un nuovo quadro istituzionale che superasse il mero approccio diplomatico tradizionale dell’OUA33, prevedendo nella sua progettazione la

collaborazione delle parti civili, dell’Onu e di osservatori dell’UE. Quest’ultima era importante in quanto l’UA doveva, secondo i sostenitori, condurre l’Africa ad una maggiore integrazione economica proprio basandosi sul modello europeo.

All’Unione Africana presero parte tutti gli stati del continente ad eccezione del Regno del Marocco, fuoriuscito in segno di protesta dall’OUA nel 1984 contro l’ammissione della Repubblica Democratica Araba Sahrawi.

Anche la fisionomia organizzativa e direttiva cambiò forma attraverso l’introduzione di nuovi organi: un Parlamento Africano, per ora con funzione solamente consultiva, ma con l’ambizione di ottenere in futuro poteri di tipo legislativo, il Consiglio di Pace e di Sicurezza, che svolge un ruolo importante nella gestione dei conflitti, la trasformazione del Segretariato in Commissione dell’UA e l’introduzione di un Consiglio Economico Sociale e Cultura (ECOSOCC), organo consultivo composto da tecnici ed esperti nei differenti ambiti in analisi.

Le Comunità Economiche Regionali

Gli ultimi decenni sono stati contrassegnati dallo sviluppo di ulteriori iniziative di integrazione al di fuori dell’ UA, quindi non deve stupire la presenza nelle varie aree del continente africano di una moltitudine di comunità regionali politiche ed economiche, molte delle quali di tipo settoriale o specifico, nonché dotate di competenza generale; quest’ultima tipologia d’organizzazioni la più rilevante per l’attività di prevenzione e gestione dei conflitti, pur essendo limitate nella loro azione dal predominio delle scelte di tutela delle sovranità nazionali sulle politiche comuni. Vediamo qui in seguito quali sono le principali suddivise per area.

Africa Australe

Nella zona meridionale del continente coesistono differenti organismi di cooperazione, spesso in conflitto nella loro attività, ma tutti originariamente connessi ad un unico comun 33 Mediando tra le parti in conflitto, con il misero risultato di limitarne l’azione.

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denominatore storico: annullare, o perlomeno limitare, la potenza politica e soprattutto economica del Sudafrica, deus ex machina dell’Africa Australe. La prima importante organizzazione che si prefisse tale obbiettivo fu la Southern African Development Coordination Conference (o SADCC), fondata il 1° aprile 1981 dal cosiddetto Fronte di Lusaka34. Essa fu promotrice del sostegno e supporto ai movimenti di liberazione nella

regione, spinse per una maggiore indipendenza finanziaria e politica da Pretoria, il superamento della divisione economica e per il coordinamento dei progetti di sviluppo regionale35, anche attraverso il conferimento di responsabilità di settori specifici del piano

programmatico ai singoli membri.

Con il mancato ridursi della dipendenza economica e soprattutto con i cambiamenti politici in corso in Sudafrica, i Capi di Stato e di Governo dei paesi membri riuniti ad Harare nel 1989 decisero di dare una svolta all’organizzazione, favorendo un processo di maggiore istituzionalizzazione ed integrazione conclusosi il 17 giugno 1992, con la ratifica a Windhoek (Namibia) della Dichiarazione e del Trattato istitutivo della Southern African Development Community (SADC)36. La nascita della SADC segnò il passaggio dal semplice coordinamento

di progetti finanziati dall'estero, all'integrazione economica tra tutti gli stati membri sulla base del vantaggio reciproco, dell’equità e dell'interdipendenza37. Un’ulteriore novità fu l’ingresso

nell’organizzazione del Sudafrica nel 1994 (successivo a quello della Namibia nel 1990). Il Trattato istitutivo struttura l’organigramma della SADC, prevedendo al suo vertice il Summit dei Capi di Stato e di Governo, massima autorità decisionale, nonché responsabile della direzione generale e del controllo delle attività, assistito nella sua funzione dal Consiglio dei Ministri (responsabile per la definizione delle aree di lavoro). Per la coordinazione e cooperazione dei programmi sono costituite apposite commissioni e comitati di settore supervisionati dai rispettivi Comitati dei Ministri. Come per l’UA, l’attività organizzativa, gestionale ed amministrativa della SADC è svolta dal Segretariato, diretto dal Segretario Esecutivo.

34 Composto da Botswana, Mozambico, Angola, Tanzania, Zambia, Zimbabwe (tutti questi erano parte degli

“Stati del Fronte”, un’organizzazione informale degli anni ‘70 nata per contrastare la politica aggressiva della Repubblica del Sud Africa), ai quali si aggiunsero il Malawi, il Lesotho e lo Swaziland.

35 M.Mannini, Africa australe: organismi di cooperazione economica,in “Africa e Mediterraneo”, n°9, 1994,

pagg.123-135.

36 Con sede a Gabarone, Botswana, la SADC raggruppa al suo interno circa 150 milioni di abitanti ed il PNL

totale dei paesi membri è pari a 200 mld di dollari; fonte: S.Wright, African Foreing Policies, Boulder, Westview Press, 1999, pag.219.

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Un grande ruolo nello scacchiere australe ed orientale è stato giocato dalla Preferential Trade Area for Eastern and Southern African States38 (PTA), generato dalla Commissione

Economica per l'Africa delle Nazioni Unite, creata nel 1981 con l’obbiettivo di rafforzare la cooperazione economica tra i membri, la graduale riduzione delle barriere tariffarie e la formazione di una tariffa comune verso i paesi extra PTA39. Successivamente la PTA si è

trasformata nel dicembre del 1994 nel Mercato Comune per l’Africa Orientale ed Australe (COMESA), comunità economica a cui aderiscono oggi 20 stati, spinti dalla volontà di maturare un vero e proprio mercato comune integrato dell’area di 400 milioni di abitanti da confluire successivamente in un più globale mercato comune africano, attraverso comuni politiche doganali e di sviluppo economico e sociale. Oggi l’organizzazione si basa sull’Autorità del Mercato Comune, massimo organo politico composto dai leader dei paesi membri, dal Consiglio dei Ministri (il quale ha facoltà di inviare raccomandazioni all’Autorità, oltre a supervisionare l’attività del Segretariato), dal Segretariato, pilastro funzionale del Mercato, e dalla Corte di Giustizia, rivestita dell’autorità di risoluzione delle dispute ed interpretazioni inerenti le disposizioni del Trattato.

Importante successo del COMESA è la Free Trade Area, creata nel 2000 come area di libero scambio ove sono state abolite le barriere doganali non tariffarie interne per le merci, e ridotte in modo sensibile quelle tariffarie.

Nel tempo, continue accuse di sovrapposizione dei programmi e delle azioni delle due comunità economiche spinsero verso tentativi di collegamento e coordinazione, riscontrando però forti resistenze, in particolare da parte della SADC. Nonostante ciò importanti meeting di lavoro furono organizzati tra i rispettivi organi decisionali, portando alla formazione nel 2001 di una task-force congiunta tra la COMESA e la SADC per armonizzare i rispettivi programmi.

Africa Orientale

L’Africa Orientale è una zona del continente particolarmente fragile, poiché, oltre ai comuni problemi africani (conflitti, malattie, sottosviluppo), forte è l’impatto causato sulle popolazioni dalle frequenti ondate di siccità che distruggono i raccolti, comportando tragiche conseguenze di morte per malnutrizione e fame. Consapevoli delle limitate capacità e risorse per contrastare tali fenomeni, alcuni paesi dell’area40 con il sostegno delle Nazioni Unite

38 Raggruppante 17 stati africani. 39 M.Mannini, op. cit., ibidem.

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crearono nel 1986 l'IGADD (InterGovernmental Authority on Drought and Development), ovvero Autorità Intergovernativa per la Siccità e lo Sviluppo.

Dopo meno di un decennio, nel 1995, i rappresentanti degli stati puntarono verso un differente approccio di cooperazione, mediante la rinuncia ad agire solamente a posteriori nei casi di calamità e prefissando una maggiore integrazione ed un mandato più vasto. Da tale spirito politico nacque quindi nel 1996 l’InterGovernmental Authority on Development (IGAD), volta a coordinare lo sviluppo economico, sociale ed alimentare (in una delle aree più povere del pianeta) dei paesi membri, soprattutto nella promozione della sicurezza e nella lotta alla desertificazione delle terre agricole. Successivamente l’organizzazione é stata incaricata anche della responsabilità della lotta al terrorismo, in particolare di matrice fondamentalista. L’organigramma dell’Autorità presenta quattro istituti principali: al vertice risiede l’Assemblea dei Capi di Sato e di Governo, composta dai leader degli stati membri e responsabile dell’indirizzo politico e della formulazione dei programmi e degli obbiettivi; l’Assemblea, che si riunisce annualmente, secondo il proprio ordinamento dispone di un Presidente eletto a rotazione. Il Consiglio dei Ministri, composto dai rispettivi Ministri degli Esteri, approva il budget annuale del Segretariato, nonché il piano di lavoro formulato dall’Assemblea, riunendosi con cadenza semestrale.

I restanti due organi sono il Comitato degli Ambasciatori (composto dai plenipotenziari delle rappresentanze diplomatiche dei membri presso il paese sede dell’organizzazione) ed il Segretariato, quest’ultimo responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e del sostegno dei progetti nazionali nei settori sensibili.

Vale la pena ricordare inoltre il sussistere tra alcuni membri dell’Autorità di motivi di conflitto e tensione41 ed il mai risolto pantano somalo, ove, oltre al caos interno, si sommano

le ingerenze da parte degli stati vicini (Etiopia e Kenia).

Africa Centrale

ECCAS e CEMAC sono le due principali comunità economiche attive nell’area centrale del continente, i cui membri (eccetto due) sono pressoché gli stessi eredi di quella che era l’Unione Doganale ed Economica dell’Africa Centrale42 (UDEAC).

L’Economic Community of Central African States prese vita nel 1983 a Libreville, dalla volontà dell’UDEAC di un riavvicinamento con l’ex Zaire, inglobando al suo interno anche i 41 Come ad esempio tra Etiopia ed Eritrea.

42 Unione doganale di libero scambio fondata nel 1964 dal Trattato di Brazzaville; vi presero parte Camerun,

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membri della Comunità Economica dei Paesi dei Grandi Laghi (Burundi e Ruanda) più São Tomé e Principe. L’organizzazione rimase tuttavia inattiva per un lungo periodo, finché nel 1999 insieme all’ingresso dell’Angola fu firmato il protocollo per la partnership con la Comunità Economica Africana, di cui divenne pilastro.

Le finalità dell’organizzazione sono la promozione ed il rafforzamento della cooperazione, lo sviluppo in tutti i settori economici e sociali, l’abolizione di ogni restrizione commerciale e tariffaria tra gli stati membri e l’armonizzazione delle politiche nazionali. Per raggiungere tali obbiettivi l’ECCAS si basa sull’attività della Conferenza dei Capi di Stato e di Governo, responsabile della definizione delle politiche generali e di indirizzo della Comunità, del Consiglio dei Ministri incaricato di supportare il lavoro della Conferenza attraverso le raccomandazioni ed infine del Segretariato Generale, corpus esecutivo e di sostegno dei programmi elaborati. Per ogni problema interpretativo o applicativo nell’ambito dei trattati e statuti è prevista la giurisdizione della Corte di Giustizia dell’ECCAS.

L’UDEAC fu poi sostituita nel 1999 dalla Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale, creata inizialmente dalla stessa UDEAC per favorire la nascita di una moneta comune (il franco CFA dell’Africa Centrale). Alla CEMAC aderiscono oggi il Camerun, il Ciad, il Congo-Brazaville, il Gabon, la Guinea Equatoriale e la Repubblica Centroafricana, uniti non solo nell’utilizzo del franco CFA ma soprattutto nella promozione dell’integrazione economica, nella regolamentazione doganale e nell’eliminazione del sistema tariffario interno.

Africa Settentrionale

Anche il Nord Africa, nel periodo successivo alla decolonizzazione, fu interessato dal fenomeno integrativo, basato principalmente sul concetto di Maghreb43. Pur con interessanti

iniziative il ventennio ’60-’70 risentì però dei forti contrasti politici e personali dei leader arabi, come la citata Guerra delle Sabbie, i fallimenti federativi promossi dalla Libia, nonché del divario ideologico tra Stati ad economia capitalista e socialista.

Con gli anni ’80 si aprì tuttavia una nuova fase nelle relazioni maghrebine, rappresentata prima dalla “Politica di buon vicinato” promossa dal presidente algerino Ben Djedid, attraverso la ripresa delle relazioni diplomatiche con i vicini stati arabi e e con alcuni importanti accordi, come l’istituzione della Banca di Cooperazione del Maghreb Arabo (BCMA) ed il Trattato di Fratellanza e Concordia del 1983, ai quali aderirono la Tunisia e poi la Mauritania. Dopo tale momento di distensione e cooperazione fece seguito nel 1987 il 43 Parola araba il cui significato è Occidente.

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ripristino dei rapporti tra il Marocco e l’Algeria e la normalizzazione delle relazioni libico-tunisine44.

Il 17 febbraio 1989 fu istituita a Marrakech, alla presenza del re del Marocco Hassan II, dei presidenti Ben Djedid, Ben Ali Zine El Habidine (Tunisia), Mouauya Ould Sidi Ahmed Taya (Mauritania) e del colonnello Muhammar Gheddafi, la principale comunità economica e politica africana45 dell’area maghrebina, l’Unione del Maghreb Arabo (UMA).

L’Unione fu la risposta ad alcuni problemi che indebolivano la sicurezza e lo sviluppo economico degli stati nordafricani: nel biennio 1985-86 avvenne infatti nei mercati internazionali una grave caduta dei prezzi delle materie prime e degli idrocarburi, che ridusse così la principale fonte di reddito (soprattutto nelle repubbliche socialiste dirigiste dipendenti unicamente dall’esportazione di petrolio e gas) e di sviluppo. A tutto ciò si sommò il timore di una riduzione degli scambi con la Comunità Europea, a seguito del suo allargamento ad est. Il Trattato istitutivo, composto da 16 articoli, definì tra gli obbiettivi della comunità maghrebina l’integrazione economica regionale, volta a costruire un più vasto mercato interno per le rispettive economie, liberalizzando la circolazione di merci, capitali e servizi sulla falsariga dell’integrazione europea, unito al rafforzamento dei legami di fratellanza tra i membri e la realizzazione della loro prosperità e progresso46, mentre l’art. 16 espresse la

volontà di rendere l’UMA punto di partenza per una più larga ed integrata unione arabo-africana. Il Trattato prevede inoltre la costituzione di un organo supremo, il Consiglio Presidenziale (Capi di Stato e di Governo), il solo legittimato a prendere le più importanti decisioni ed all’unanimità, di un Consiglio dei Ministri (Esteri) e di un Comitato di Controllo, oltre ad un Segretariato Generale incaricato della direzione degli affari politici; all’interno dell’UMA ha trovato spazio anche un piccolo strumento di rappresentanza, non prettamente parlamentare, ma composto da 30 delegati per paese con possibilità di emanare raccomandazioni al Consiglio Presidenziale, con sessione ordinaria a cadenza annuale. Ogni organo ha avuto una sede differente, in controtendenza con la tradizione delle comunità economiche africane.

Il bilancio dei 20 anni di attività non è però dei più rosei: molteplici fallimenti47 e l’eterno

contrasto algerino-marocchino, in particolare per l’annosa questione del Sahara Occidentale, hanno impedito un reale e pieno progresso dell’UMA, ormai ritenuta una “nave tirata in 44 F.Tamburini, L’Union du Maghreb Arabe, ovvero l’utopia di un’organizzazione africana, in “Africa”,

Vol.LXIII, n°3, 2008, pagg.405-410.

45 Poiché la Lega Araba, pur contando tra i suoi stati membri gli stati africani di lingua araba, non riveste

specificamente il ruolo di organizzazione regionale africana.

46 Art.2 trattato costitutivo.

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secco”48. In attesa di un serio impulso da parte dei suoi stati membri, l’Unione continua a

sopravvivere nel totale disinteresse politico, regionale e internazionale.

Africa Occidentale

La situazione dell’Africa Occidentale vide la ricerca, da parte dei paesi della sfera francofona, di preservare le istituzioni comunitarie esistenti prima dell’indipendenza e di crearne di nuove. Infatti subito dopo la fine dell’esperienza dell’AOF prese vita da alcuni suoi membri (Dahomey, Togo, Senegal, Niger, Costa d’Avorio e Alto Volta) l’Unione Monetaria Ovest Africana (UMOA), il cui fulcro era la reciproca accettazione di un’unica moneta comune, il franco della Comunità Finanziaria Africana o CFA emesso dalla Banca Centrale degli Stati dell’Africa dell’Ovest, ma in pratica in mano alle istituzioni finanziarie francesi.

La direzione economica e monetaria di parte degli stati francofoni della regione si é svolta nel periodo 1972- 1994 sotto l’egida della Comunità Economica dell’Africa Occidentale (CEAO), per poi passare il timone del comando all’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale (UÉMOA), che riunisce Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo e raggruppante all’interno della propria organizzazione l’UMOA e la BCEAO.

L’Unione mira a rafforzare la competizione delle attività economico-finanziarie, coordinare ed armonizzare le politiche settoriali nazionali degli Stati membri, nonché la creazione di un mercato comune, attraverso l’azione della Conferenza dei capi di Stato e di Governo, degli organi settoriali e delle due istituzioni bancarie (BCEAO e BOAD).

L’organizzazione al centro di questo studio ed uno dei più ambiziosi e dinamici progetti di integrazione regionale africana è la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS/CEDEAO), diretto concorrente dell’impero francofono del UEMAO e punta di diamante della volontà nigeriana di guida nell’area e di controbilanciamento dell’influenza francese49 (non è una coincidenza il fatto che la sede della comunità coincida con la sua

capitale). L’ECOWAS trae la sua singolarità nel panorama africano occidentale nell’essere il più riuscito tentativo di superare le divisioni linguistiche tra paesi dell’area50, infatti la

Comunità, oltre a raggruppare nei suoi 5,1 milioni di kilometri quadrati ben 267 milioni di persone51, è composta da paesi francofoni (Senegal, Mali, Benin, Burkina Faso, Costa

48 F.Tamburini, op. cit., pagg.409-427.

49 Anche attraverso alternative politiche ed economiche, come l’Eco, tentativo di moneta comune promossa da 5

Stati dell’ECOWAS tra cui la Nigeria, da contrapporre al franco CFA.

50 Il problema della divisione politica e culturale tra anglofoni e francofoni ha per un lungo periodo ostacolato

una reale integrazione come invece ricercata dal pensiero panafricano.

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d’Avorio, Guinea, Niger e Togo), anglofoni (Gambia, Nigeria, Ghana, Sierra Leone e Liberia), lusofoni (Capo Verde e Guinea Bissau) e fino al 2002 anche da un paese di lingua araba (Mauritania), gran parte dei quali hanno per lungo tempo sostenuto differenti blocchi politici.

Il Trattato istitutivo dell’ECOWAS, successivo a progetti ed incontri sostenuti da politici liberiani e nigeriani come William Tubman, fu firmato il 28 maggio 1975 a Lagos ponendosi come obbiettivo primario “to promote cooperation and integration, leading to the establishment of an economic union in West Africa in order to raise the living standards of its peoples, and to maintain and enhance economic stability, foster relations among Member States and contribute to the progress and development of the African Continent […] the harmonisation and coordination of national policies and the promotion of integration programmes, projects and activities, particularly in food, agriculture and natural resources, industry, transport and communications, energy, trade, money and finance, taxation, economic reform policies, human resources, education, information, culture, science, technology, services, health, tourism, legal matters”52.

Interessante iniziativa è il “Protocollo sulla libera circolazione delle persone e il loro diritto di soggiorno”, ratificato nel 1980 da tutti i membri e con il quale venne garantito il diritto di ingresso e soggiorno senza visto all’interno della Comunità, favorendo in questo modo e realmente uno degli obbiettivi del Trattato (come sempre l’esempio europeo è forte nelle decisioni africane).

Il Trattato originario istitutivo dell'ECOWAS fu poi modificato nel 1993, prevedendo ulteriori organi e nuove finalità: la realizzazione di un mercato e di una moneta comune (ECO) ed il conferimento alla Comunità di maggiori capacità di prevenzione e risoluzione dei conflitti regionali a seguito degli avvenimenti liberiani. Il Segretariato fu rinominato in Commissione dell’ECOWAS, composta da 9 Commissari a rotazione, ed il numero dei suoi dipendenti sensibilmente aumentato.

L’organigramma della Comunità ha ripreso solo in parte il canovaccio africano, poiché insieme alla solita Conferenza dei Capi di Stato e di Governo e Segretariato, vi sono oggi presenti istituzioni differenti, pur non dotate di una varietà ben definita di strumenti, come il Parlamento Comunitario ed il Consiglio Economico e Sociale. Il primo è formato da 120 rappresentanti, suddivisi in parte per popolazione ed in parte equamente distribuiti (in numero di 5) per stato, con poteri consultivi e di raccomandazione nelle materie economiche, sociali, come pure nell’ambito del rispetto dei diritti umani. Non bisogna però vedere tale strumento 52 Art.3 del Trattato.

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rappresentativo come un succube artefatto dei leader africani. Basti analizzare l’accusa mossa dal Parlamento ai Capi di Stato, colpevoli a suo parere della crisi alimentare che ha colpito la regione53. Il Consiglio invece dispone di specifiche commissioni tecniche incaricate della

preparazione e della coordinazione dei progetti comunitari decisi dagli organi di indirizzo politico nei settori chiave (alimentare, agricolo, industria, trasporto, comunicazione e commercio tra i tanti previsti dal Trattato).

Ad Abuja risiede anche la Corte di Giustizia della Comunità, composta da sette giudici con mandato quinquennale con al vertice un Presidente eletto. La Corte é incaricata di vigilare sul rispetto del diritto comunitario e di sanzionare i comportamenti contrari da parte dei paesi membri, ed è responsabile anche per i casi di violazione dei diritti umani e nelle dispute tra cittadini comunitari e gli Stati. Essa si é dimostrata realmente attiva come in occasione della condanna del Niger per il caso Hadijatou Mani, ove la Corte ha ravvisato la responsabilità dello stato nella mancata tutela della ragazza ridotta in schiavitù54.

Il settore maggiormente sviluppato dell’organizzazione africana risiede però nell’ambito sicurezza regionale, come dimostrano i protocolli e meccanismi di prevenzione e gestione dei conflitti.

53 http://www.ouestaf.com/Crise-alimentaire-le-parlement-de-la-CEDEAO-accuse-les-chefs-d-Etat_a1815.html 54 A.Muglia, La rivincita della ex schiava: il Niger dovrà risarcirla, in “Corriere della Sera”, 28 ottobre 2008,

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