• Non ci sono risultati.

I tanti silenzi del lavoro nero

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I tanti silenzi del lavoro nero"

Copied!
2
0
0

Testo completo

(1)

31/8/2015 I tanti silenzi del lavoro nero ­ Il Sole 24 ORE

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti­e­idee/2015­08­31/i­tanti­silenzi­lavoro­nero­073909_PRN.shtml 1/2

Stampa l'articolo  Chiudi 31 agosto 2015

I tanti silenzi del lavoro nero

di Lionello Mancini Quando il lavoro ammazza – non per sfortuna, ma perché sfrutta bisogni al limite della disperazione – quello è lavoro nero. Si può sezionare e rimescolare il concetto in molti modi, lo si può diluire con ogni benaltrismo, ma la sostanza resta. La morte della donna che insieme a migliaia di altri lavorava nei campi pugliesi per poco più di due euro all’ora, non lascia vie di fuga alla filiera che il lavoro nero organizza, utilizza, permette: dai negrieri in senso proprio (ormai maestri di burocrazia perché le carte risultino in regola), passando per imprese che di illegalità si nutrono; per le Procure che inseguono intrighi finanziari planetari anziché guardarsi attorno; per le istituzioni che reagiscono al cadavere mediaticamente rilevato –  agli  altri  no  –  agitandosi  e  poi  ri­acquietandosi  nell’inconcludenza;  per  la  grande  distribuzione  che, anziché qualificare, strangola i produttori. E non ci sono scusanti nemmeno per noi consumatori, quando dietro  al  prezzo  implausibile  di  certi  prodotti  fingiamo  di  non  vedere  la  schiavitù  o,  nei  casi  meno drammatici, la contraffazione.

La  signora  Paola  Clemente  è  morta  il  13  luglio  sotto  un  telone  in  un  vigneto.  Il  suo  cadavere  non  è scomparso perché è italiana e ha una famiglia. Il suo lavoro consisteva nel rendere appetibili i grappoli d’uva, togliendo uno a uno gli acini più acerbi o già marciti. Anche questa è qualità della nostra agricoltura, ma la qualità ha un costo. E, si chiamino caporalato o no, i sotterfugi per evitare questo costo sono al contempo sofisticati e miserabili, astuti congegni burocratici e coercizione aperta.

Non  si  può  più  pensare  che  il  problema  sia  pasticciare  in  fretta  nuove  norme,  ovviamente  complete  di pene più alte. Forse funzionerebbero in un Paese normale, dove il lavoro ha un valore e dove non viene nemmeno in mente a un imprenditore di usare l’interinale e i voucher per camuffare servi della gleba. Leggi severe ed equilibrate, che selezionino e premino i produttori sani, servono ad affinare la qualità e la cultura  di  un  tessuto  imprenditoriale  che  ha  già  messo  al  bando  le  propensioni  borderline  o delinquenziali:  ma  nulla  possono  in  contesti  diffusamente  illegali  e  insofferenti  di  diritti,  contratti, contributi, sicurezza. Viene anche da chiedersi quale immaginifica strategia spinga magistrati e politici a invocare le denunce dei lavoratori­schiavi. Le denunce sono lì da anni, scritte nei report sindacali, nelle statistiche socio­sanitarie, nei pulmini strapieni in giro prima dell’alba, nei ghetti fantasma del Foggiano o del Vibonese, nelle donne rumene schiavizzate nel Ragusano (si vedano anche, qui accanto, le stime di Caritas e Flai/Cgil). Ma se l’inchiesta sul lavoro nero in Puglia muove dall’acquisizione di articoli di stampa (come accade), significa che i braccianti sono messi male e i “caporali” possono dormire sonni tranquilli. Come per anni hanno dormito sereni i mafiosi e i corrotti del “Mondo di mezzo” romano. Del resto, viviamo in un Paese in cui passano 20 anni tra l’ordine di demolizione di edifici abusivi nella Valle dei Templi e i primi colpi di benna su un muretto di recinzione. Anche le case, come il lavoro nero, non crescono da sole: qualcuno le disegna, le costruisce, qualcuno allaccia luce e acqua e così qualcuno ci guadagna. Se, poi, il tutto incredibilmente avviene in un sito archeologico, nell’alveo di una fiumara, su una ripa franosa, alle falde del Vesuvio o su una faglia sismica, allora i costi diventano di tutti. Come gli schiavisti dei campi fanno pagare il conto all’agricoltura moderna, efficiente e sana del loro confinante. Che tace.

(2)

31/8/2015 I tanti silenzi del lavoro nero ­ Il Sole 24 ORE

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti­e­idee/2015­08­31/i­tanti­silenzi­lavoro­nero­073909_PRN.shtml 2/2 carabiniere a guardia di ogni campo, impresa o studio professionale, di ogni Comune, di ogni ospedale, saremmo il Cile di Pinochet. In una democrazia, dovrebbero bastare buone regole e una forte cultura del rispetto  delle  regole.  Ma  l’illegalità  è  una  gramigna  che  nasce  dal  basso  e  che  finisce  per  esprimere rappresentanti che favoriranno quanti le regole vìolano, contandone avidamente i voti.

ext.lmancini@ilsole24ore.com 31 agosto 2015

Riferimenti

Documenti correlati

La ricerca sviluppata nelle pagine seguenti rappresenta un tentativo di razionalizzare e verificare le ipotesi discusse finora, focalizzando l’attenzione sul ruolo esercitato

Nel contesto dell’invecchiamento della forza lavoro è fondamentale la prevenzione durante l’intera vita professionale, perché la salute delle persone in età avanzata

Ambienti di lavoro sani e  sicuri ad ogni età 2016-2017 si propone di aiutare i  datori di lavoro a  raccogliere le sfide si propone di aiutare i  datori di lavoro a  raccogliere

Il premio per le buone pratiche nell’ambito della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri 2016-2017 si propone di dare risalto agli esempi di organizzazioni che si sono

Iniziativa nell’ambito della campagna 2016/2017 promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro di concerto con: Ministero del Lavoro e

Un’ipotesi relativa al malfunzionamento riscontrato potrebbe essere l’imprevedibilità, la variabilità, della cache disponibile per il caricamento del blog, a vari livelli,

O forse alla difficoltà politica di prendere e dichiarare una posizione ben definita sulla determinazione dei tempi dell’oblio: un problema su cui anche nella

4/5/2015 Scioperi, perché non servono nuove leggi ma sindacati nuovi -