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SAPER FARE O SAPER SCEGLIERE? VIAGGIO TRA LE CONTRADDIZIONI DELL’ARTE DEL SECONDO ’900.

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Academic year: 2021

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SAPER FARE O SAPER SCEGLIERE?

VIAGGIO TRA LE CONTRADDIZIONI DELL’ARTE DEL SECONDO ’900.

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LA GALASSIA DELL’ARTE INFORMALE

A N N I C IN QU A N TA

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STATI UNITI

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ACTION PAINTING

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« Quando sono "dentro" i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di "presa di coscienza" mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti, di rovinare l'immagine e così via, perché

il dipinto vive di vita propria. Io cerco di farla uscire. È solo quando mi capita di perdere il contatto con il dipinto che il risultato è confuso e scadente. Altrimenti c'è una pura

armonia, un semplice scambio di dare ed avere e il quadro riesce bene. »

« Continuo ad allontanarmi dai tradizionali strumenti del pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc. Preferisco

bastoncini, cazzuole, coltelli e lasciar colare il colore oppure un impasto fatto anche con sabbia, frammenti di

vetro o altri materiali. »

« Non dipingo sul cavalletto. Preferisco fissare le tele sul muro o sul pavimento. Ho bisogno

dell'opposizione che mi dà una superficie dura. Sul pavimento mi trovo più a mio agio. Mi sento più vicino al dipinto, quasi come fossi parte di lui, perché

in questo modo posso camminarci attorno, lavorarci da tutti e quattro i lati ed essere letteralmente

"dentro" al dipinto. Questo modo di procedere è simile a quello dei "Sand painters" Indiani

dell'ovest. »

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A prima vista si potrebbe pensare che questo artista dipingesse a casaccio, ma non era così. …Pollock seguiva un percorso spirituale, un istinto, una

direzione precisi, sapendo benissimo quando era giunto il momento dell’ultima goccia da lasciar cadere sula tela distesa sul pavimento.

Guardando oggi le tele di Pollock non si ha mai una sensazione di caos ma di quella stessa energia che si percepisce osservando una galassia, il sistema

venoso del corpo umano.

Jackson Pollock - Number 1. 1948, olio e acrilico su tela. New York, Museum of Modern Art.

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Jackson Pollock, Autumn Rhythm (Number 30), 1950

Jackson Pollock, Foresta incantata 1947, venezia, peggy Guggenheim Collection

I critici hanno parlato di "esplosioni disorganizzate di energia casuale".

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Nel bop, tutto quello che è banale, scontato, ballabile o gradito al pubblico medio dell'epoca è sistematicamente bandito.

Il Be Bop si caratterizza armonicamente per il frequente ricorso alle dissonanze e alle nuove scale su cui improvvisare (scala bebop).

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Un’opera di Pollock non è solo un pezzo della storia dell’arte, ma anche un pezzo di tempo esploso all’improvviso. Possederlo è come riuscire a comprare le impronte degli zoccoli di Napoleone sul fango di Waterloo, l’inchiostro fresco della penna di DostoevSkij … Aggiudicarsi un quadro di Pollock vuol dire comprare l’impossibile, il momento, l’istante.

Non è il dipinto che ha valore ma il fantasma dell’artista che pare essere ancora lì, in piedi sopra la tela.

Allora, forse, 140 milioni di dollari non sono tanti per portarsi a casa l’anima di uno dei demoni dell’arte del Novecento.

Jackson Pollock rimane uno di quei fari che non si possono spegnere senza rischiare di perder il senso dell’orientamento nell’oceano dell’arte moderna e contemporanea ….

Una grafia dell’anima

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EMILIO VEDOVA – plurimo primo - le mani addosso 1962 Tecnica mista su legno

UNA PITTURA CHE INVADE LO SPAZIO

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IL VOLTO DELL’INFORMALE

IN EUROPA

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Alberto Burri, SZ1, 1949

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Alberto Burri, 1954 Tate Gallery di Londra.

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Alberto Burri, Rosso plastica, 1964 L’uso del fuoco consente a Burri nuove possibilità espressive quando, con l’invenzione, in quegli anni, della plastica avrà a disposizione un nuovo materiale per le sue combustioni. La plastica ha ben altra reattività al fuoco, e le sue contrazioni violente, nonché i residuati carbonati che la combustione della plastica produce, danno alle sue opere caratteri ancora più drammatici. Da notare, comunque, come, nella realizzazione delle sue opere, Burri abbia un controllo assoluto della forma. Il grande cratere che apre nella superficie della plastica rivela un nero, che al pari delle opere di Fontana, rimanda a percezioni spaziali oltre il piano. Ma tutto il corrugarsi della plastica, dal cratere in poi, diviene paesaggio dal disegno perfetto, non il frutto di un evento causale prodotto senza preoccupazioni di tenuta compositiva.

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Alberto Burri, Cretto G 1, 1975

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Il grande cretto di Gibellina 1982

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Lu cio Fon ta n a

TRA GESTO E CONCETTO

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LUCIO FONTANA - CONCETTI SPAZIALI

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LUCIO FONTANA - sfere

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Francis Bacon – Studio dal ritratto di Papa Innocenzo X di Velàzquez, 1953. Olio su tela, 153 x 118. Iowa, Des Moines Art Center

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Henry Moore

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Alexander Calder e i “mobiles”

A rte cine tic a

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Constellation Mobile, 1943 Wood, wire, string, and paint Calder Foundation, New York Painted Wood, 1943

Wood, string, and paint 86" x 62" x 4 1/2"

Private Collection, New York

Triple Gong, 1951

Sheet metal, wire, and paint

National Gallery of Art, Washington,

Calder cerca la “libertà dalla terra”

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Rafel Soto - muro impenetrabile sonoro 1966

Gianni Colombo - spazio elastico 1968 Biennale di Venezia

A rte cine tic a

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