• Non ci sono risultati.

La comprensione e la produzione delle emozioni di base: un confronto tra bambini a sviluppo tipico e bambini con Disturbo dello Spettro dell’Autismo Annalisa Levante*

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La comprensione e la produzione delle emozioni di base: un confronto tra bambini a sviluppo tipico e bambini con Disturbo dello Spettro dell’Autismo Annalisa Levante*"

Copied!
15
0
0

Testo completo

(1)

La comprensione e la produzione delle emozioni di base: un confronto tra

bambini a sviluppo tipico e bambini con Disturbo dello Spettro dell’Autismo

Annalisa Levante*

Abstract La capacità di riconoscere e rispondere in maniera adeguata allo stato emotivo

dall’altro rientra tra le competenze di Teoria della Mente (ToM; Allen, Fonagy, & Bateman, 2008), la cui imprescindibile funzione è quella di renderci dei partner sociali competenti. In psicologia dello sviluppo, le emozioni vengono intese come transazioni complesse con l’ambiente (Frijda, 1988) che permettono di dirigere l’azione del singolo individuo all’interno della società, dal momento che esse si dispiegano in un contesto di interazione. La prima interazione significativa del bambino è quella con la madre: nella diade, infatti, attraverso l’interazione vis-à-vis, la reciprocità e l’acquisizione di precursori di ToM, quali l’imitazione (Charman et al., 2000), il bambino impara a riconoscere e a riprodurre le emozioni (Ekman & Cordaro, 2011).

Una situazione emblematica rispetto alla competenza di riconoscimento e produzione facciale delle emozioni è la sindrome autistica (ASD). La letteratura a riguardo (Uljarevic & Hamilton, 2013; Harms, Martin, & Wallace, 2010) ritrova risultati non omogenei rispetto alla capacità di riconoscimento delle emozioni di base: secondo alcuni studi tale competenza è intatta, secondo altri è deficitaria. Rispetto alla capacità di produzione facciale delle emozioni, sono presenti pochi studi (Lord et al., 2000) e questi sostengono le difficoltà di tale capacità nel bambino con ASD.

Il presente lavoro intende fornire una rassegna della letteratura relativa alla competenza emotiva in età evolutiva, focalizzandosi sulla capacità di produzione facciale delle emozioni di base nello sviluppo tipico in confronto a bambini con ASD.

1. Introduzione

I ricercatori sono concordi nel ritenere difficile la definizione del termine emozione (Santrock, 2017); tuttavia, nel corso degli anni, i principali autori hanno fornito alcune definizioni del costrutto. Sroufe (2000, p. 18) ha descritto le emozioni come delle transazioni complesse che il singolo individuo ha con l’ambiente (Campos, Campos, & Barrett, 1989; Frijda, 1988; Izard, 1991; Schore, 1994; Thompson, 1990) inoltre, esse gli consentirebbero di comunicare all’altro i propri bisogni e le proprie intenzioni, permettendogli di dirigere l’azione all’interno della società in cui le risposte emozionali stesse si dispiegano. Questa definizione delle emozioni riprende anche il pensiero di alcuni sociologi, quali Durkheim e Simmel (cfr. Longo, 2019), secondo i quali le emozioni rappresentano tanto dei fattori caratteristici della vita interiore dell’individuo quanto elementi cruciali per il suo agire sociale.

Storicamente precedente, ma costantemente ripresa dagli studiosi attuali, è la definizione di emozioni che danno Leventhal e Scherer (1987), secondo cui esse sono dei sistemi

multicomponenti (cfr. Leventhal & Scherer, 1987; Rothermund & Koole, 2018). Dunque, esse

possono essere intese come delle esperienze complesse, derivanti dall’interazione di componenti tanto soggettive quanto oggettive (Camaioni & Di Blasio, 2007). I fattori coinvolti sono: (a) risposta fisiologica (e.g. sudorazione, rossore), (b) dimensione cognitiva, (c) motivazione, (d) espressività (e.g. comunicazione non verbale - espressioni del volto e postura) e (e) dimensione sociale.

Nel dettaglio, la prima dimensione si riferisce alle reazioni fisiologiche specifiche delle diverse emozioni che accompagnano la successiva azione e sono mediate dal sistema nervoso centrale

(2)

76

autonomo e dal sistema endocrino che attiva il primo e regola i livelli di cortisolo (ormone dello stress) nel sangue. La seconda dimensione, quella cognitiva, è riferita alla capacità di valutare e dare significato contemporaneamente alle reazioni fisiologiche e agli stimoli ambientali che ci circondano così da spingere all’azione l’individuo e fronteggiare l’evento scatenante l’emozione. L’aspetto motivazionale rende l’individuo in grado di modificare il proprio comportamento in base agli scopi prefissati, evitando stimoli spiacevoli e ricercando, al contrario, quelli piacevoli; inoltre, tale componente consente di definire un pattern di azioni che regolano il comportamento stabilendo priorità e risposte. La componente espressiva delle emozioni si riferisce alla specifica configurazione mimica facciale - i cui focus principali sono la parte superiore e quella inferiore del volto – supportata, come vedremo anche più avanti, da altri canali comunicativi come movimenti corporei e posturali che arricchiscono il significato della risposta emozionale. Infine, la dimensione sociale delle emozioni è legata alla capacità di associare la risposta emozionale ad alcuni stimoli ambientali discriminati che fungono da sorgenti della risposta emozionale e ne determinano l’intensità.

A tal proposito, esplicativa risulta essere la catena di eventi che costituiscono un’emozione. La Figura 1 spiega come lo schema della risposta emozionale “incomincia con la percezione di uno

stimolo, e finisce con un’interazione tra l’organismo e lo stimolo che ha dato avvio alla catena di eventi” (Plutchik, 1983, p. 242).

Fig. 1 – Circuito di retroazione – catena di eventi che costituiscono un’emozione (Plutchik, 1983, in Camaioni & Di Blasio, 2007)

Evento stimolo Valutazione Effetto dell’azione Azione manifesta Impulso ad agire Eccitazione fisiologica Sentimento

La funzione principale delle emozioni è di regolazione del rapporto tra organismo e ambiente (Campos & Barrett, 1984). Sroufe (2000) ha specificato tre funzioni specifiche: (a) trasmettere all’altro i propri stati interni – bisogni, desideri, intenzioni, (b) promuovere l’esplorazione dell’ambiente circostante, e (c) rispondere in maniera adeguata agli stimoli ambientali.

Partendo dal presupposto teorico che le emozioni sono influenzate tanto dalla base biologia quanto dal contesto sociale (Bornsteing, 2014), nel presente contributo verrà indagato il costrutto più ampio di competenza emotiva dal momento che esso mette un focus specifico sulla natura adattiva delle emozioni – motivo per cui il contributo si colloca all’interno di questa specifica tematica del simposio.

Nella prima sezione del contributo, si intende riportare una rassegna della letteratura focalizzata sullo sviluppo della competenza emotiva nello sviluppo tipico e atipico. Nella seconda sezione, il contributo intende inquadrare l’implementazione della competenza emotiva nei soggetti con Disturbo dello Spettro Autistico, in quanto condizione emblematica rispetto alla tematica, attraverso l’applicazione della robotica.

2. La competenza emotiva

(3)

77

serie di abilità specifiche che sono indispensabili e al tempo stesso indipendenti (Saarni, 2007) negli scambi socio-relazionali elicitanti le emozioni (Damon, Lerner, & Eisenberg, 2006; Saarni, 2007).

L’abilità di riconoscere, comprendere e rispondere in maniera adeguata allo stato emotivo dell’altro rientra nella competenza emotiva (Harris, 1989a, 1989b). Harris fa rientrare in tale costrutto le modalità con cui il bambino identifica, predice e spiega le proprie e altrui emozioni e risulta in grado non solo di comprendere la natura, la causa e le conseguenze delle emozioni stesse, ma anche di controllarne e regolarne gli effetti.

Di seguito si riporta una dettagliata descrizione dello sviluppo della competenza emotiva nello sviluppo tipico e atipico.

2.1 La competenza emotiva nello sviluppo tipico

La letteratura (cfr. Camaioni & Di Blasio, 2007) evidenzia come già alla nascita siano presenti delle emozioni collegate alla sopravvivenza: il piacere e il disgusto rispetto al cibo oppure il trasalimento verso stimoli ambientali troppo forti (es. luci o rumori); queste prime emozioni, riconoscibili sul volto del bambino, non possono essere considerate delle forme di comunicazione intenzionale. Dal secondo al dodicesimo mese di vita il bambino mette in atto le prime forme di comunicazione emotiva intenzionale attraverso il sorriso. Quest’ultimo, prima non selettivo verso la voce umana poi selettivo verso il caregiver, è la manifestazione di emozioni positive che caratterizzano l’interazione sociale con l’altro. Gradualmente, secondo la letteratura (Walker-Andrews, 1998), compare la sorpresa per stimoli nuovi, la tristezza, la collera e la gioia. Tra i 5 e i 7 mesi compare la paura prima indiscriminata poi specifica verso l’estraneo (8-9 mesi) confermando l’importanza del legame affettivo di cura e protezione tra il bambino e il

caregiver per lo sviluppo emotivo. Tra il secondo e il terzo anno di vita del bambino compaiono

le emozioni complesse, ossia la timidezza, la colpa, la vergogna e l’invidia. Queste sono emozioni apprese, non identificabili nell’immediato sul volto del bambino e richiedono delle precise ed evolute competenze sociali.

Secondo la teoria di Harris (1989), la competenza emotiva si dispiega in tre capacità: produzione, riconoscimento e comprensione delle emozioni.

Relativamente alla prima competenza – la produzione delle emozioni – questa si esprime attraverso l’uso del linguaggio verbale e non verbale. Quest’ultimo tipo di comunicazione si manifesta attraverso differenti canali comunicativi, quali il volto, i gesti, la voce, la postura, che ci consentono di trasmettere all’altro il nostro stato emotivo, più o meno consapevolmente. Tra questi canali, i gesti e la postura sono i meno espliciti, seguiti dalla voce - che è una fonte attendibile - per giungere, infine, all’espressione facciale che rappresenta il canale privilegiato. La mimica facciale “dice” l’emozione che stiamo provando (Santrock, 2017). In modo particolare, grande rilevanza assume lo sguardo che, in modo volontario e involontario (e.g. dilatazione delle pupille), veicola il nostro stato emotivo. Relativamente all’espressione facciale, è possibile delineare l’apporto di due centrali teorie dello sviluppo emotivo: la teoria differenziale di Izard (1977) e quella della differenziazione di Sroufe (1995). La prima propone un’impostazione innatista della comparsa delle emozioni che vengono espresse attraverso una precisa configurazione fisiologica e un’espressine facciale distinta. La teoria di Sroufe, al contrario, propone un’idea secondo cui le emozioni non insorgono all’improvviso, ma per differenziazione dei sistemi-precursori (e.g. il piacere come precursore della gioia): dunque, il bambino non esprime delle emozioni vere e proprie attraverso il volto, ma dei precursori delle emozioni.

A prescindere dalla componente biologica legata all’espressione delle emozioni, essa segue delle

regole di espressione che definiscono dove, quando e come esprimere le emozioni. Queste regole

(4)

78

stesso modo - bensì strettamente dipendenti dalla cultura di appartenenza: per esempio, la cultura orientale vieta di esprimere le proprie emozioni in maniera evidente, al contrario della cultura occidentale in cui l’espressione è accentuata.

A livello evolutivo, la capacità di produzione delle emozioni viene ritrovata già nel neonato: la letteratura (cfr. Camaioni & Di Blasio, 2007) definisce le prime espressioni facciali del bambino come non specifiche di particolari emozioni, ma riconoscibili dal caregiver come espressione di particolari bisogni. Le espressioni diventeranno sempre più specifiche e discriminate nel corso dei primi anni di vita grazie all’esposizione del bambino al contesto sociale.

Per quanto riguarda la seconda componente delle emozioni – il riconoscimento (de Rosnay, Pons, & Harris, 2008a, 2008b), esso richiede la capacità di identificare, attraverso un’analisi integrata della parte superiore e inferiore del volto, quale emozione sta esprimendo l’altro, abbinando a quella specifica espressione un’etichetta verbale (Widen & Russell, 2003) – processo di labelling. Il neonato è da subito attratto dal volto umano, soprattutto da quello della madre con la quale intrattiene un’interazione vis-à-vis: tale interazione consente al bambino di imparare a riconoscere e riprodurre le emozioni (Ekman & Cordaro, 2011). Di fondamentale importanza all’interno di questa interazione è la capacità di imitare (Charman et al., 2000): focalizzandosi sul volto della madre e grazie all’attivazione del circuito dei neuroni specchio (Gallese, et al., 1996; Rizzolatti, et al., 1996; Rizzolatti, 2005), il bambino osserva il volto della madre e risponde alla sua espressione facciale, imitandola. Uno studio (Haviland & Lelwica, 1987) ha messo in luce come già a 10 settimane il bambino è in grado di riconoscere le espressioni facciali di gioia, di tristezza e di rabbia prodotte dalla madre rispondendo, rispettivamente ad ognuna di esse, con il sorriso, i segni di disagio e l’aggrottamento delle ciglia. Ciò conferma come la competenza nel riconoscimento delle emozioni sia acquisita dal bambino precocemente e ponga le basi per l’acquisizione della successiva competenza, evolutivamente più complessa, della comprensione delle emozioni (de Rosnay et al., 2008).

La comprensione delle emozioni dipende anche dal livello cognitivo del soggetto (Santrock, 2017). Essa, secondo Harris (1989), permette di comprendere la natura e le cause che determinano quell’emozione propria e altrui consentendoci di essere attori sociali adeguati. Comprendere le emozioni significa, nello specifico: comprendere le espressioni facciali semplici e complesse (e.g. orgoglio, vergogna), possedere un vocabolario emotivo, comprendere e fronteggiare situazioni in cui vengono provate più emozioni nello stesso momento che possono anche essere contrastanti. Inoltre, consente di acquisire una “teoria delle mente emotiva”, dal momento che il soggetto arriva a comprendere le cause (interne – desideri, credenze – ed esterne) che determinano quella specifica emozione. Anche per l’acquisizione di tale competenza risulta fondamentale l’interazione diadica con la madre, che funge da riferimento sociale (Camras & Shutter, 2010): il volto dell’adulto di riferimento veicola una determinata emozione che viene riconosciuta e compresa dal bambino il quale orienta il suo comportamento. Tale competenza appare intorno al primo anno di vita del bambino e risulta collegata alla sua capacità di condividere l’attenzione con l’adulto (Carpenter & Tomasello, 1995; Mundy, Sigman, & Kasari, 1990): il bambino guarda dapprima l’oggetto/evento di suo interesse, poi volge lo sguardo verso la madre per cogliere e valutare il suo stato emotivo relativo all’oggetto/evento e, infine, decide se orientarsi o meno verso l’oggetto/evento.

2.2 La competenza emotiva nello sviluppo atipico

(5)

79

Per spiegare le difficoltà nella competenza emotiva nei bambini con ASD, bisogna prendere in analisi due specifiche e interconnesse issues: (a) il modello esplicativo di Teoria della Mente dell’autismo che cerca di comprenderne le cause e (b) i suoi specifici deficit sociocomunicativi. Relativamente al primo punto, si fa riferimento a un modello esplicativo che cerca di comprendere la natura della disabilità socio-comunicativa dell’ASD come deficit di Teoria della Mente (ToM; Baron-Cohen, 2000; Leslie, 1987). La ToM è l’abilità che consente di attribuire a sé stessi e agli altri stati mentali, come credenze, desideri, emozioni, e in base a tali inferenze adeguare il proprio comportamento e prevedere quello altrui (Allen, Fonagy, & Bateman, 2008; Wellman, 1990). Questa competenza ricopre una cruciale funzione sociale e ci consente, di conseguenza, di essere dei partner sociali comunicativi competenti (Baron-Cohen, 1997; Moore & Frye, 1991; Rapacholi & Slaughter, 2003).

Per quel che concerne il secondo punto, risulta necessario specificare, in maniera analitica, la sintomatologia racchiusa nel criterio diagnostico (a) sopra riportato. Esso comprende: (1) deficit nella reciprocità socio-emotiva (i.e. approccio sociale anomalo, ridotta condivisione di interessi, emozioni e sentimenti, incapacità di dare inizio e rispondere a interazioni sociali); (2) nella comunicazione non verbale (i.e. scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale, anomalie nel contatto visivo, deficit nell’uso e nella comprensione dei gesti) e (3) nello sviluppo, mantenimento e comprensione delle relazioni sociali (i.e. difficoltà nell’adattare il proprio comportamento ai diversi contesti sociali, difficoltà nella condivisione del gioco, assenza di interesse verso gli estranei). Tali competenze sono strettamente connesse alla Teoria della Mente e spiegano il deficit dei bambini con ASD nell’interazione sociale (Baron-Cohen, 2002; Sucksmith et al., 2013).

(6)

80

2.3 La robotica applicata allo sviluppo della produzione delle emozioni

Come evidenziano gli studi sopra riportati, tra le competenze emotive, quella che risulta maggiormente compromessa è la produzione delle emozioni – a tal proposito la ricerca sottolinea la “insensitivity” (Lee et al., 2012, p. 1) dei soggetti con ASD. Dal momento che la capacità di esprimere le emozioni attraverso il volto è centrale nella comunicazione non verbale (Frith, 2009), gli sforzi dei ricercatori sono stati orientati verso la definizione di tecniche e strumenti in grado di svilupparla e implementarla.

Un approccio efficiente per lavorare con i bambini con ASD è utilizzare strumenti tecnologici che attraggano la loro attenzione. Riprendendo la brain theory di Baron-Cohen (2002) possiamo affermare come il cervello autistico - che l’autore definisce la forma estrema del cervello maschile (estreme of the male brain) - abbia una maggiore predisposizione per tutto ciò che è relativo alla manipolazione del mondo fisico, meccanico ed elettronico. Inoltre, tali sistemi meccanici sono maggiormente comprensibili dai soggetti con ASD di quanto non lo siano le relazioni sociali. Dunque, le tecnologie possono fungere da ausilio nel trattamento delle più generali competenze deficitarie del bambino con ASD, dal momento che attraggono maggiormente la sua attenzione migliorando l’apprendimento e incoraggiando le sue relazioni sociali (Miesenberger & Kouroupetroglou, 2008).

Date queste premesse, alcuni ricercatori (Kozima, Michalowski & Nakagawa, 2009; Miyamoto et al., 2005; Robins et al., 2010; Robins, Dautenhahn & Dickerson, 2009; Robins et al., 2004; Werry et al., 2001) hanno utilizzato la robotica, applicata alla psicologia clinica dell’età evolutiva, definendo delle tecnologie e dei sistemi informatici in grado di sviluppare le competenze deficitarie dei soggetti con ASD, tra cui la produzione facciale delle emozioni, ottenendo dei significativi e positivi effetti terapeutici. Infatti, interventi mediati da robot hanno messo in luce preliminari evidenze di efficacia all’interno dell’area sociocomunicativa e, nello specifico, dell’attenzione condivisa, imitazione, reciprocità e comportamento non verbale (Bird et al., 2007; Diehl et al., 2012; Kim et al., 2013; Pennisi et al., 2016; 2012; Scassellati, 2007). Come detto precedentemente, i soggetti con autismo sono attratti dai robot più di quanto non lo siano dagli esseri umani, perché i primi hanno una struttura e una sembianza semplificata; inoltre, questa semplificazione dello stimolo tecnologico riduce i fattori di confusione e di distrazione per il bambino permettendo di tenere sotto controllo l’interazione e la comunicazione. In modo specifico, la ricerca di Miyamoto e collaboratori (2005) ha dimostrato come i bambini interagiscano già da subito con il robot (Muu) e i risultati dello studio di Kozima e collaboratori (2009) – che hanno applicato il robot Keepon - hanno riscontrato sia una maggiore attenzione da parte dei partecipanti sia un maggior coinvolgimento – anche emotivo – nelle attività svolte. Questi ultimi risultati evidenziano come i robot rivestano un ruolo cruciale nel miglioramento delle abilità comunicative dei bambini con autismo. Inoltre, alcuni studi (Boccanfuso & O’Kane, 2010; Duquette, Mercier, & Michaud, 2006) hanno evidenziato come il comportamento ripetitivo del robot – che viene programmato a priori dal terapista per svolgere determinati compiti in maniera autonoma - aumenti l’interesse del soggetto attivando processi di imitazione che lo aiutano nella comprensione del significato dell’informazione sociale. Nello specifico, nello studio di Boccanfuso e O’Kane (2010) si riscontra una buona imitazione da parte del bambino della postura del robot (Charlie); nello studio di Duquette e collaboratori (2006) si evidenzia come i partecipanti riescano a imitare più spesso l’espressione facciale del robot utilizzato (Tito) rispetto a quella espressa dalle persone reclutate nello studio.

(7)

81

antropomorfi possono assumere diverse forme: (a) possono avere delle forme fisiche molto simili a quelle di un bambino reale (Kozima & Yano, 2001); (b) possono essere rivestiti da un materiale siliconato che rende molto più reali le sembianze del robot e i dettagli delle espressioni facciali (Dautenhahn et al., 2009; Pioggia et al., 2007); (c) possono assumere le forme di una bambola con caratteristiche umane, ma stilizzate (Billard, 2003); (d) infine, possono essere robot di grandezza e forma simile a quelle di un bambino reale, ma avere delle caratteristiche stilizzate e limitata espressività (Duquette, Michaud, & Mercier, 2008; Feil-Seifer & Mataric, 2008). Altre tipologie di robot definite dai ricercatori sono simili a cartoni animati con caratteristiche primarie – come per esempio gli occhi - un po’ sovradimensionali e ingigantite e assenza di caratteristiche secondarie – come le palpebre (Kozima, Nakagawa, & Yasuda, 2007; Matsumoto, Fujii, & Okada, 2006). Infine, sono stati definiti dei robot dalle sembianze meccaniche e volti da cartone animato provvisti di uno schermo che fornisce lo stimolo sociale semplificato (Ferrari, Robins, & Dautenhahn, 2009). Studi recenti hanno dimostrato come i bambini con ASD preferiscano i robot antropomorfi umanoidi con cui risulta più facile lavorare e avere migliori outcomes (Kumazaki et al., 2017; Robins et al., 2006).

Dopo aver messo a confronto l’acquisizione della competenza emotiva sia nello sviluppo tipico sia atipico, di seguito verrà dato un piccolo spazio alla descrizione di uno specifico robot antropomorfo umanoide progettato per lo sviluppo e l’implementazione dell’interazione sociale nei soggetti con diagnosi di Disturbo dello Spettro dell’Autismo. Verrà, inoltre, fatta menzione ad un software definito dal CNR di Lecce e implementato grazie alla collaborazione del gruppo di ricerca del Laboratorio di Psicologia Applicata dell’Università del Salento. Tale software ha l’obiettivo di analizzare il video con la risposta comportamentale del bambino alla richiesta del robot, valutando come corretta o meno la produzione facciale dell’emozione.

3. La produzione delle emozioni attraverso Zeno R-25

Zeno è un robot umanoide alto 56 acentimetri sviluppato dalla Hanson Robotics che ha utilizzato un materiale poroso in silicone (Frubber) per ricoprire il suo volto: questo materiale consente al volto del robot di assomigliare il più possibile al volto umano, al tessuto epidermico (Hanson & Priya, 2006). La struttura dell’intero corpo è ricoperta da materiale plastico. Conta 21 gradi di libertà che gli consentono di parlare, muoversi e ballare.

L’obiettivo per cui Zeno è stato creato è quello di sviluppare l’interazione sociale nei disturbi dello sviluppo. Nello specifico, il robot risulta in grado di riprodurre l’espressione facciale delle emozioni – semplici e complesse – di interagire verbalmente con il bambino con consegne relative a compiti da svolgere e dare un rinforzo sociale alla risposta comportamentale del bambino (luci, suoni). Il suo volto espressivo gli consente di stabilire un contatto oculare immediato, quasi naturale, con l’interlocutore che riconosce grazie a una videocamera integrata. A conferma di quanto appena riportato, lo studio di Hanson e collaboratori (2012) condotto attraverso l’ausilio di Zeno ha messo in luce come 9 partecipanti su 10, tra i nove e i dieci anni, hanno risposto positivamente nell’interazione con il robot che risulta essere ben accettato dai bambini, particolarmente coinvolti nell’interazione.

Il robot umanoide, inoltre, è dotato di una connessione wireless e Bluetooth che gli consente di seguire le indicazioni del piano terapeutico precedentemente impostato dal terapista misurando i progressi del paziente.

(8)

82

Ekman argomenta l’esistenza di display rules, ossia regole culturalmente apprese, che determinano l’espressione facciale stessa delle emozioni.

Il sistema definito dall’autore americano cui gli ideatori di Zeno hanno fatto riferimento è il F.A.C.S. – Facial Action Coding System. Tale sistema prevede una serie di Action Unit (AU) che ritraggono la parte superiore e la parte inferiore del volto: ogni AU rappresenta la configurazione facciale di una specifica emozione ed esistono diverse AU per le diverse intensità con cui una stessa emozione può essere espressa. La Tabella 1 riporta una descrizione delle modifiche dei muscoli facciali per le 6 emozioni di base (disgusto, felicità, paura, rabbia, sorpresa, tristezza) riportate da Ekman, Friesen e Noferi (2007) e il corrispondente esempio di AU.

In accordo con questo sistema, il gruppo di ricerca del CNR di Lecce ha definito un software (Leo et al., 2018), in grado di: (a) analizzare la configurazione facciale di un video (della durata di 4 secondi) che ritrae il viso del soggetto mentre produce un’emozione; (b) verificare se è presente un match tra la configurazione facciale del soggetto e le AU predefinite per l’emozione; (c) appurare se è presente un’integrazione delle diverse AU per la parte superiore e inferiore del volto specifiche per l’emozione richiesta; infine, (d) definire se la produzione è corretta o meno. Il contributo di Leo e collaboratori (2018) rappresenta il primo studio di validazione del software che, sulla base di valutazioni algoritmiche condotte dagli ingegneri, risulta essere promettente e confidente con il dato riferito dai clinici psicologi del gruppo di ricerca del Laboratorio di Psicologia Applicata dell’Università del Salento. In uno studio più recente (Leo et al., 2019), lo stesso software è stato applicato ai video di due gruppi di bambini (clinico vs tipico) per comparare la loro capacità di produzione delle emozioni di base. I due gruppi differivano per età cronologica: i bambini a sviluppo tipico avevano un’età inferiore (24-36 mesi) rispetto a quelli con diagnosi di autismo (6-13 anni). Tale scelta metodologica fatta dagli autori sembra essere collegata al fatto che i primi – bambini a sviluppo tipico – al momento dello studio erano in una fascia di età in cui l’acquisizione della competenza emotiva è in fieri, dunque ancora poco sviluppata, al pari di quella, deficitaria, dei bambini con autismo. Questo assunto teorico, secondo cui i due livelli di competenza emotiva tra i due gruppi è simile, rendeva i due gruppi comparabili. I risultati hanno confermato una parziale abilità di produzione delle emozioni di base dei bambini con autismo che riescono a integrare la parte superiore e inferiore del volto per le emozioni, fatta eccezione per la tristezza. Inoltre, i risultati hanno evidenziato come i bambini a sviluppo tipico producano tutte le emozioni, fatta eccezione per la rabbia, integrando la parte superiore e inferiore del volto. Infine, il lavoro ha permesso di sottolineare anche l’importanza dell’uso della comunicazione non verbale, in termini di gesti, nella produzione delle emozioni, soprattutto per i bambini a sviluppo tipico. Infatti, quest’ultimi hanno solitamente fatto ricorso ai gesti per enfatizzare la produzione delle emozioni. Questo dato sembra essere collegato al fatto che la richiesta di produzione era inserita all’interno di un setting sperimentale senza nessuna sorgente reale.

(9)

83 Tab. 1 – Descrizione

analitica della configurazione mimica facciale delle quattro emozioni (tratto da Ekman & Friesen, 2007).

Emozione Parte superiore Parte inferiore Configurazione facciale

Disgusto

Le sopracciglia sono abbassate e spingono verso il basso la palpebra superiore.

Il labbro superiore è sollevato, quello inferiore è sollevato e premuto contro il labbro superiore; il naso è arricciato e le guance sollevate.

Felicità

Le guance sono spinte verso l’alto dal movimento della bocca formando delle rughe sotto gli occhi che possono stringersi in una fessura

Gli angoli della bocca sono tirati indietro e leggermente sollevati; le labbra possono essere unite in un sorriso, dischiuse scoprendo leggermente i denti oppure staccate in un sorriso a bocca aperta

Tristezza

Le sopracciglia si sollevano e si avvicinano, l’angolo interno delle palpebre superiori è sollevato

Gli angoli della bocca sono piegati verso il basso con un eventuale tremore delle labbra;

Paura

Le sopracciglia sono sollevate e ravvicinate, le rughe della fronte sono concentrate nella parte centrale, la palpebra superiore è sollevata e quella inferiore è contratta e sollevata

(10)

84

Rabbia

Le sopracciglia abbassate e ravvicinate; palpebra inferiore tesa e quella superiore tesa e abbassata; sguardo fisso e occhi sporgenti

Le labbra serrate (quando la persona sta aggredendo fisicamente) oppure tese e aperte (quando aggrediamo verbalmente); Sorpresa Le sopracciglia sono incurvate e rialzate. La fronte è attraversata da rughe lunghe e orizzontale. Le palpebre son aperte (talvolta il bianco degli occhi è visibile sopra e sotto l’iride).

La mascella si abbassa, le labbra e denti si dischiudono senza tensione della bocca.

4. Conclusioni

L’obiettivo del contributo è stato quello di fornire una overview della letteratura relativa all’acquisizione della competenza emotiva, tanto nello sviluppo tipico quanto in quello atipico. Partendo dalla considerazione dell’importanza sociale e adattiva di tale competenza, all’interno del contributo è stato ampiamente trattato il suo sviluppo nel Disturbo dello Spettro dell’Autismo, che risulta essere una condizione emblematica caratterizzata da una seria compromissione di tali capacità. Inoltre, il contributo si è focalizzato sulle tecnologie robotiche applicate nel trattamento dell’autismo e mirate a sviluppare tali abilità, evidenziando risultati promettenti.

Si auspica che i dati di letteratura qui riportati possano essere stimolanti sia per il ricercatore sia per il clinico che si occupa della condizione presa in esame in questo contesto. Il primo potrebbe usarli come punto di partenza per studi sull’efficacia del trattamento basati sull’applicazione di nuove tecnologie nella terapia del Disturbo dello Spettro dell’Autismo. Il clinico, che quotidianamente lavora con soggetti autistici, potrebbe applicare la robotica sia per lavorare con strumenti tecnologicamente avanzati sia per monitorare gli apprendimenti raggiunti dal paziente.

Bibliografia

Allen, J. G., Fonagy, P., & Bateman, A. W. (2008). Mentalizing in clinical practice. American Psychiatric Pub.

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders

(DSM-5®). American Psychiatric Pub.

(11)

85

Baron-Cohen, S. (2002). The extreme male brain theory of autism. Trends in cognitive sciences,

6(6), 248-254.

Bieberich, A. A., & Morgan, S. B. (2004). Self-regulation and affective expression during play in children with autism or Down syndrome: A short-term longitudinal study. Journal of

Autism and developmental Disorders, 34(4), 439-448.

Billard, A. (2003). Robota: Clever toy and educational tool. Robotics and Autonomous Systems,

42(3-4), 259-269.

Bird, G., Leighton, J., Press, C., & Heyes, C. (2007). Intact automatic imitation of human and robot actions in autism spectrum disorders. Proceedings of the Royal Society B:

Biological Sciences, 274(1628), 3027-3031.

Boccanfuso, L., & O’kane, J. M. (2010). Adaptive robot design with hand and face tracking for use in autism therapy. In International conference on social robotics (pp. 265-274). Springer, Berlin, Heidelberg.

Bornstein, M. H. (Ed.). (2014). Handbook of cultural developmental science. Psychology Press. Brewer, R., Biotti, F., Catmur, C., Press, C., Happé, F., Cook, R., & Bird, G. (2016). Can

neurotypical individuals read autistic facial expressions?. Atypical production of emotional facial expressions in autism spectrum disorders. Autism Research, 9(2), 262-271.

Camaioni, L., Di Blasio, P. & Mulino, E. I. (2007). Psicologia dello sviluppo. Bologna: Il Mulino.

Campos, J. J., & Barrett, K. C. (1984). Toward a new understanding of emotions and their development. Emotions, Cognition, and Behavior, 229-263.

Campos, J. J., Campos, R. G., & Barrett, K. C. (1989). Emergent themes in the study of emotional development and emotion regulation. Developmental Psychology, 25(3), 394. Camras, L. A., & Shutter, J. M. (2010). Emotional facial expressions in infancy. Emotion

Review, 2(2), 120-129.

Capps, L., Yirmiya, N., & Sigman, M. (1992). Understanding of simple and complex emotions in non‐ retarded children with autism. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 33(7), 1169-1182.

Capps, L., Kasari, C., Yirmiya, N., & Sigman, M. (1993). Parental perception of emotional expressiveness in children with autism. Journal of Consulting and Clinical Psychology,

61(3), 475.

Carpenter, M., & Tomasello, M. (1995). Joint attention and imitative learning in children, chimpanzees, and enculturated chimpanzees. Social Development, 4(3), 217-237.

Charman, T., Baron-Cohen, S., Swettenham, J., Baird, G., Cox, A., & Drew, A. (2000). Testing joint attention, imitation, and play as infancy precursors to language and theory of mind. Cognitive development, 15(4), 481-498.

Czapinski, P., & Bryson, S. (2003). 9. Reduced facial muscle movements in Autism: Evidence for dysfunction in the neuromuscular pathway? Brain and Cognition, 51(2), 177-179. Damon, W., Lerner, R. M., & Eisenberg, N. (Eds.). (2006). Handbook of child psychology,

social, emotional, and personality development. John Wiley & Sons.

Darwin, C., Ekman, P., & Prodger, P. (1999). L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli

animali. Torino: Bollati Boringhieri.

Dautenhahn, K., Nehaniv, C. L., Walters, M. L., Robins, B., Kose-Bagci, H., Mirza, N. A., & Blow, M. (2009). KASPAR–a minimally expressive humanoid robot for human–robot interaction research. Applied Bionics and Biomechanics, 6(3-4), 369-397.

Dawson, G., Hill, D., Spencer, A., Galpert, L., & Watson, L. (1990). Affective exchanges between young autistic children and their mothers. Journal of abnormal child

psychology, 18(3), 335-345.

(12)

86 Psychopathology, 343-385.

De Rosnay, M., Pons, F., & Harris, P. (2008b). Perché il Test di Comprensione delle Emozioni (TEC). In Albanese, O., & Molina, P. (A cura di), Lo sviluppo della comprensione delle

emozioni e la sua valutazione: La standardizzazione italiana del Test de Comprensione delle Emozioni (TEC). Milano: Edizioni Unicopli.

Denham, S. A. (1986). Social cognition, prosocial behavior, and emotion in preschoolers: Contextual validation. Child development, 194-201.

Diehl, J. J., Schmitt, L. M., Villano, M., & Crowell, C. R. (2012). The clinical use of robots for individuals with autism spectrum disorders: A critical review. Research in autism

spectrum disorders, 6(1), 249-262.

Duquette, A., Mercier, H., & Michaud, F. (2006). Investigating the use of a mobile robotic toy as an imitation agent for children with autism. In Proceedings International Conference on

Epigenetic Robotics: Modeling Cognitive Development in Robotic Systems, Paris, France.

Duquette, A., Michaud, F., & Mercier, H. (2008). Exploring the use of a mobile robot as an imitation agent with children with low-functioning autism. Autonomous Robots, 24(2), 147-157.

Ekman, P. (1992). Are there basic emotions?. Psychological Review, 99(3), 550-553. Ekman, P. (1993). Facial expression and emotion. American Psychologist, 48(4), 384.

Ekman, P., Friesen, W. V., & Noferi, G. (2007). Giù la maschera: come riconoscere le emozioni

dall'espressione del viso. Giunti.

Ekman, P., & Cordaro, D. (2011). What is meant by calling emotions basic. Emotion

Review, 3(4), 364-370.

Faso, D. J., Sasson, N. J., & Pinkham, A. E. (2015). Evaluating posed and evoked facial expressions of emotion from adults with autism spectrum disorder. Journal of Autism and

Developmental Disorders, 45(1), 75-89.

Feil-Seifer, D., & Mataric, M. J. (2008, August). B 3 IA: A control architecture for autonomous robot-assisted behavior intervention for children with Autism Spectrum Disorders. In

RO-MAN 2008-The 17th IEEE International Symposium on Robot and Human Interactive Communication (pp. 328-333). IEEE.

Ferrari, E., Robins, B., & Dautenhahn, K. (2009, September). Therapeutic and educational objectives in robot assisted play for children with autism. In RO-MAN 2009-The 18th

IEEE International Symposium on Robot and Human Interactive Communication (pp.

108-114). IEEE.

Frijda, N. H. (1988). The laws of emotion. American Psychologist, 43(5), 349.

Frith, C. (2009). Role of facial expressions in social interactions. Philosophical Transactions of

the Royal Society B: Biological Sciences, 364(1535), 3453-3458.

Gallese, V., Fadiga, L., Fogassi, L., & Rizzolatti, G. (1996). Action recognition in the premotor cortex. Brain, 119(2), 593-609.

Grossman, R. B., Edelson, L. R., & Tager-Flusberg, H. (2013). Emotional facial and vocal expressions during story retelling by children and adolescents with high-functioning autism. Journal of Speech, Language, and Hearing Research.

Hanson, D., & Priya, S. (2006). An Actuated Skin for Robotic Facial Expressions, NSF Phase 1 Final Report. National Science Foundation STTR award, NSF, 05-557.

Hanson, D., Mazzei, D., Garver, C., Ahluwalia, A., De Rossi, D., Stevenson, M., & Reynolds, K. (2012, June). Realistic humanlike robots for treatment of ASD, social training, and research; shown to appeal to youths with ASD, cause physiological arousal, and increase human-to-human social engagement. In Proceedings of the 5th ACM international

conference on pervasive technologies related to assistive environments (PETRA’12).

(13)

87

Review, 20(3), 290-322.

Harris, P. L., Johnson, C. N., Hutton, D., Andrews, G., & Cooke, T. (1989a). Young children's theory of mind and emotion. Cognition & Emotion, 3(4), 379-400.

Harris, P. L. (1989b). Children and emotion: The development of psychological understanding. Basil Blackwell.

Haviland, J. M., & Lelwica, M. (1987). The induced affect response: 10-week-old infants' responses to three emotion expressions. Developmental Psychology, 23(1), 97.

Kasari, C., Sigman, M., Mundy, P., & Yirmiya, N. (1990). Affective sharing in the context of joint attention interactions of normal, autistic, and mentally retarded children. Journal of

autism and developmental disorders, 20(1), 87-100.

Kim, E. S., Berkovits, L. D., Bernier, E. P., Leyzberg, D., Shic, F., Paul, R., & Scassellati, B. (2013). Social robots as embedded reinforcers of social behavior in children with autism.

Journal of autism and developmental disorders, 43(5), 1038-1049.

Klin, A., Jones, W., Schultz, R., Volkmar, F., & Cohen, D. (2002). Visual fixation patterns during viewing of naturalistic social situations as predictors of social competence in individuals with autism. Archives of General Psychiatry, 59(9), 809-816.

Kozima H, & Yano H. (2001). A robot that learns to communicate with human caregivers.

Proceedings of the First International Workshop on Epigenetic Robotics., Sept. 17–18, Lund, Swed. Lund, Swed.: LUCS.

Kozima, H., Michalowski, M. P., & Nakagawa, C. (2009). Keepon. International Journal of

Social Robotics, 1(1), 3-18.

Kozima, H., Nakagawa, C., & Yasuda, Y. (2007). Children–robot interaction: a pilot study in autism therapy. Progress in brain research, 164, 385-400.

Kumazaki, H., Warren, Z., Corbett, B. A., Yoshikawa, Y., Matsumoto, Y., Higashida, H., ... & Kikuchi, M. (2017). Android robot-mediated mock job interview sessions for young adults with autism spectrum disorder: A pilot study. Frontiers in psychiatry, 8, 169. Izard, C. E. (1991). The psychology of emotions. Springer Science & Business Media.

Izard, C. E. (2009). Emotion theory and research: Highlights, unanswered questions, and emerging issues. Annual review of psychology, 60, 1-25.

Jamil, N., Khir, N. H. M., Ismail, M., & Razak, F. H. A. (2015). Gait-based emotion detection of children with autism spectrum disorders: a preliminary investigation. Procedia Computer

Science, 76, 342-348.

Lee, J., Takehashi, H., Nagai, C., Obinata, G., & Stefanov, D. (2012). Which robot features can stimulate better responses from children with autism in robot-assisted therapy?.

International Journal of Advanced Robotic Systems, 9(3), 72.

Leo, M., Carcagnì, P., Distante, C., Spagnolo, P., Mazzeo, P., Rosato, A., ... & Lecciso, F. (2018). Computational Assessment of Facial Expression Production in ASD Children. Sensors,

18(11), 3993.

Leo, M., Carcagnì, P., Distante, C., Mazzeo, P. L., Spagnolo, P., Levante, A., ... & Lecciso, F. (2019). Computational Analysis of Deep Visual Data for Quantifying Facial Expression Production. Applied Sciences, 9(21), 4542.

Leventhal, H., & Scherer, K. (1987). The relationship of emotion to cognition: A functional approach to a semantic controversy. Cognition and emotion, 1(1), 3-28.

Longo, M. (2019). Emotions through Literature: Fictional Narratives, Society and the Emotional

Self. Routledge.

Lord, C., Risi, S., Lambrecht, L., Cook, E. H., Leventhal, B. L., DiLavore, P. C., ... & Rutter, M. (2000). The Autism Diagnostic Observation Schedule—Generic: A standard measure of social and communication deficits associated with the spectrum of autism. Journal of

autism and developmental disorders, 30(3), 205-223.

(14)

88

Psychopathology, 6(3), 433-444.

MacDonald, H., Rutter, M., Howlin, P., Rios, P., Le Conteur, A., Evered, C., Folstein, S. (1989). Recognition and expression of emotional cues by autistic and normal adults. Journal of

Child Psychology and Psychiatry, and Allied Disciplines 30, 865–877.

Matsumoto, N., Fujii, H., & Okada, M. (2006). Minimal design for human–agent communication. Artificial Life and Robotics, 10(1), 49-54.

Meltzoff, A. N. (1990). Towards a Developmental Cognitive Science: The Implications of Cross‐ Modal Matching and Imitation for the Development of Representation and Memory in Infancy. Annals of the New York Academy of Sciences, 608(1), 1-37.

Miesenberger, K., & Kouroupetroglou, G. (Eds.). (2018). Computers Helping People with

Special Needs: 16th International Conference, ICCHP 2018, Linz, Austria, July 11-13, 2018, Proceedings (Vol. 10896). Springer.

Moore, C., & Frye, D. (1991). The acquisition and utility of theories of mind. In D. Frye & C. Moore (Eds). Children’s theories of mind: Mental states and social understanding. Psychology Press, New York.

Mundy, P., Sigman, M., & Kasari, C. (1990). A longitudinal study of joint attention and language development in autistic children. Journal of Autism and Developmental Disorders, 20(1), 115-128.

Pennisi, P., Tonacci, A., Tartarisco, G., Billeci, L., Ruta, L., Gangemi, S., & Pioggia, G. (2016). Autism and social robotics: A systematic review. Autism Research, 9(2), 165-183.

Pioggia G, Sica ML, Ferro M, Igliozzi R, Muratori F, Ahluwalia, A., & De Rossi, D. (2007). Human-robot interaction in autism: FACE, an android-based social therapy. Proceeding

16th IEEE international symposium on robot and human interactive communication

(RO-MAN 2007), Aug. 26–29, Jeju, Korea (pp. 605–12). IEEE: Piscataway, NJ.

Rapacholi, B., & Slaughter, V. (2003). Individual differences in theory of mind: Implications for

typical and atypical development. New York: Psychology Press.

Ricks, D.J., Colton, M.B. (2010). Trends and considerations in robot-assisted autism therapy.

Proceeding IEEE international conference on robotics and automation (ICRA 2010) -

May 3–7, Anchorage, Alsk (pp. 4354–59). IEEE: Piscataway, NJ:

Rizzolatti, G., Fadiga, L., Gallese, V., & Fogassi, L. (1996). Premotor cortex and the recognition of motor actions. Cognitive Brain Research, 3(2), 131-141.

Rizzolatti, G. (2005). The mirror neuron system and its function in humans. Anatomy and

Embryology, 210(5-6), 419-421.

Robins, B., Dautenhahn, K., Boekhorst, R., Billard, A. (2004). Effects of repeated exposure to a humanoid robot on children with autism. Designing a More Inclusive World (pp. 225‐ 236). London: Springer.

Robins, B., Dautenhahn, K., Dickerson, P. (2009). From isolation to communication: A case study evaluation of robot assisted play for children with autism with a minimally expressive humanoid robot. Proceedings of the Second International Conferences on

Advances in Computer‐ Human Interactions (pp. 205‐ 211). IEE

Robins, B., Ferrari, E., Dautenhahn, K., Kronreif, G., Prazak-Aram, B., Gelderblom, G. J., ... & Marti, P. (2010). Human-centred design methods: Developing scenarios for robot assisted play informed by user panels and field trials. International Journal of Human-Computer

Studies, 68(12), 873-898.

Rothermund, K., & Koole, S. L. (2018). Three decades of cognition & emotion: A brief review of past highlights and future prospects. Cognition and Emotion, 32(1), 1–12.

Saarni, C. (2007). The development of emotional competence: Pathways for helping children to become emotionally intelligent. Educating people to be emotionally intelligent, 16, 15-35.

Santrock, J. W., & Rollo, D. (2017). Psicologia dello sviluppo. McGraw-Hill Education.

(15)

89

Empathy and emotion recognition in people with autism, first-degree relatives, and controls. Neuropsychologia, 51(1), 98-105.

Scassellati B. (2007). How social robots will help us to diagnose, treat, and understand autism.

Robotics Research, 28, 552–563.

Scassellati, B., Admoni, H., & Matarić, M. (2012). Robots for use in autism research. Annual

review of biomedical engineering, 14, 275-294.

Senju, A., & Johnson, M. H. (2009a). The eye contact effect: mechanisms and development.

Trends in Cognitive Sciences, 13(3), 127-134.

Senju, A., & Johnson, M. H. (2009b). Atypical eye contact in autism: models, mechanisms and development. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 33(8), 1204-1214.

Snow, M.E., Hertzig, M.E., Shapiro, T., 1987. Expression of emotion in young autistic children. J. Am. Acad. Child Adolesc. Psychiatry, 26(6), 836–838.

Sroufe, L. A. (2000). Lo sviluppo delle emozioni: i primi anni di vita. Milano: Raffaele Cortina Editore.

Stagg, S. D., Slavny, R., Hand, C., Cardoso, A., & Smith, P. (2014). Does facial expressivity count? How typically developing children respond initially to children with autism.

Autism, 18(6), 704-711.

Thompson, R. A. (1990). Emotion and self-regulation. In Nebraska symposium on motivation (Vol. 36, pp. 367-467). Lincoln: University of Nebraska Press.

Uljarevic, M., & Hamilton, A. (2013). Recognition of emotions in autism: a formal meta-analysis. Journal of Autism and Developmental Disorders, 43(7), 1517-1526.

Volker, M.A., Lopata, C., Smith, D.A., Thomeer, M.L., (2009). Facial encoding of children with high-function autism spectrum disorders. Focus on Autism and Other Developmental

Disabilities, 24, 195–204.

Walker-Andrews, A. S. (1998). Emotions and social development: Infants' recognition of emotions in others. Pediatrics, 102(Supplement E1), 1268-1271.

Wang, Q., Lu, L., Zhang, Q., Fang, F., Zou, X., & Yi, L. (2018). Eye avoidance in young children with autism spectrum disorder is modulated by emotional facial expressions.

Journal of Abnormal Psychology, 127(7), 722.

Weiss, E. M., Rominger, C., Hofer, E., Fink, A., & Papousek, I. (2019). Less differentiated facial responses to naturalistic films of another person's emotional expressions in adolescents and adults with High-Functioning Autism Spectrum Disorder. Progress in

Neuro-Psychopharmacology and Biological Psychiatry, 89, 341-346.

Wellman, H. M. (1990). The child’s theory of mind. Cambridge: MIT Press.

Werry, I., Dautenhahn, K., Ogden, B., & Harwin, W. (2001) Can social interaction skills be taught by a social agent? The role of a robotic mediator in autism therapy. Proceedings of

the Fourth International Conference on Cognitive Technology (pp. 57‐ 74). Spronger:

Berlin.

Widen, S. C., & Russell, J. A. (2003). A closer look at preschoolers' freely produced labels for facial expressions. Developmental Psychology, 39(1), 114.

Yirmiya, N., Kasari, C., Sigman, M., & Mundy, P. (1989). Facial expressions of affect in autistic, mentally retarded and normal children. Journal of Child Psychology and Psychiatry,

Riferimenti

Documenti correlati

But, as the cooling effect of green areas is both during the day (in the wooded area) and during the night (in the grassland area), and as the lower temperatures during

Number and duration of interactions, latency time, dominance, number of behavioural patterns, and average score of interactions per day during the fi ve days of combat (n is

• Il linguaggio, l'espressione delle emozioni è ritenuto universale: conoscere questo codice ci consente di avere maggiore consapevolezza di ciò che accade

Brusset concepisce per il parco un suolo ondulato, ricco di scarti altimetrici, memoria del rilievo originario e insieme evocazione del vicino massiccio della Giura. Schizzo

Citation: Lorenzo Ciani, Marcantonio Catelani, Editorial to selected papers from the 15th IMEKO TC10 Workshop on Technical Diagnostics – “Technical Diagnostics in Cyber-Physical

In fact, each of the three regression lines calculated from the echocardiographic data of the individual observers for each ventricle was statistically equal to the

In intensive farms the buffalos are housed in a barn (closed or open), tied or free in pens with fences. The farms with animals tied by neck belt collar or leg chain are