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CONSIGLIO REGIONALE DELLA CAMPANIA VIII

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CONSIGLIO REGIONALE DELLA CAMPANIA VIII Commissione Consiliare Permanente

(Agricoltura, Caccia, Pesca, Risorse comunitarie e statali per lo sviluppo) Resoconto Integrale n.63 X Legislatura 23 ottobre 2019

RESOCONTO INTEGRALE DELL’AUDIZIONE DELL’VIII COMMISSIONE CONSILIARE DEL

23 OTTOBRE 2019

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PETRACCA

La seduta ha inizio alle ore 11.40

PRESIDENTE (Petracca): Buongiorno, dichiaro aperta la seduta di Commissione con l’audizione che ha ad oggetto: proposta di legge “Misure a sostegno dell’agricoltura di qualità e del patrimonio agroalimentare nel settore della produzione di birre agricole e artigianali” - Reg. Gen. n. 606, assegnata per l’esame.

È stata incardinata, c’è il primo firmatario della legge, che è il collega Cammarano, credo che rileggere l’intera legge richieda molto tempo, quindi, se ci sono interventi che integrano la legge, siamo qui per questo.

Sono presenti all’audizione: Vittorio Ferraris, Presidente Unionbirrai; Alfonso Del Forno, Coordinatore regionale Guida Birre Slow Food; Alberto Mocchetti, Unionbirrai delegato regionale; dott.ssa Mercadante per la Direzione Generale Politiche Agricole; Casato Gennaro per la Giunta regionale; Paolo Conte, Confagricoltura e Salvatore Loffreda per Coldiretti.

La parola a Vittorio Ferraris, Presidente Unionbirrai.

FERRARIS, Presidente Unionbirrai:

Unionbirrai è un’associazione di categoria nazionale dei piccoli birrifici indipendenti

italiani, quindi a Statuto, associamo i birrifici che hanno le caratteristiche della legge sulla birra artigianale, legge 1354 e successiva modifica del 2016, quindi birrifici che sono definiti come al di sotto dei 200 mila ettolitri con assetto d’indipendenza legale ed economica da qualsiasi altro birrificio e che nei loro processi di produzione non utilizzano le fasi di pastorizzazione e microfiltrazione, in effetti Unionbirrai associa fino a 40 mila ettolitri, nel senso che abbiamo questa restrizione rispetto alla legge sulla birra artigianale.

Oggi rappresentiamo circa 350 soggetti sul territorio nazionale dei presunti 800 circa licenziatari come produzione con licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Di questi 350 associati Unionbirrai, 68 sono produttori agricoli. Un dato che non abbiamo a livello nazionale è il numero esatto dei produttori agricoli di birra artigianale, non è così facile perché, come penso sappiate, la frammentazione delle nostre aziende, di questo comparto, è molto elevata, quindi stiamo parlando di piccolissime aziende che spesso non è neanche facile gestire. L’unica fonte ufficiale attendibile è quella dell’Agenzia delle Dogane in termini di licenze attive oggi. Indicativamente stiamo parlando di 800 produttori.

Nel 2018, Unionbirrai, come penso sappiate, ha rilasciato il marchio relativo alla birra artigianale indipendente, con le connotazioni date dalla legge 1354, è stato registrato a livello italiano ed europeo. Per noi era un passo molto importante per fornire un marchio di tutela ai produttori e

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consumatori che potessero identificare i loro prodotti secondo le norme della legge.

Oggi sui 350 associati abbiamo circa 160 produttori che utilizzano già questo marchio collettivo di tutela. In merito alle normative regionali che riguardano la produzione agricola, sulla definizione delle birre agricole territoriali, la posizione di Unionbirrai è sempre stata molto chiara, nel senso che l’attenzione nostra era quella di non far proliferare dei marchi locali, visto che il nostro interesse è quello di dare un messaggio molto chiaro al consumatore di birra artigianale che oggi è estremamente confuso, perché l’offerta sul mercato è molto complessa, quindi non è chiarissima, uno dei primi obiettivi era quello di cercare di non far proliferare delle etichette locali che a nostro avviso rischiano, semplicemente, di confondere ulteriormente il mercato, ma lo dico perché precedente a queste iniziative che hanno un loro approccio strutturato, erano nate, per esempio, nel Veneto, in Sardegna, delle azioni volte a definire un prodotto locale con delle caratteristiche con un disciplinare. Abbiamo lavorato, recentemente, alla stesura di una bozza, di un’impostazione di quella che potrebbe essere un indirizzo da dare, perché noi riteniamo che le Regioni siano il motore del settore agricolo, non possiamo prescindere da questo aspetto, riteniamo che da lì debba partire un’azione ben definita, quindi ben vengano tutte queste iniziative e devo dire che questa è stata un piacere averla ricevuta, quando si parla di promozione della filiera agricola a supporto della produzione birraria, secondo noi, lo dico come parere associativo, è l’approccio più

corretto, prima che non partire dal disciplinare tecnico di che cos’è una birra agricola locale. Questo lo dico anche perché non possiamo nasconderci dietro al fatto che in Italia oggi quello che manca è proprio lo strato basso, quindi quello che ci manca è il fatto che non abbiamo pronta una filiera agricola in termine di produzione di orzo, maltazione, luppolo e sua trasformazione, con una diffusione armonica su tutto il territorio, cosa che invece avviene per tutti gli altri paesi europei nostri concorrenti. Quello che ci manca è proprio lì, quindi l’idea che si parta da questo presupposto, prima che non definire subito che cos’è un disciplinare tecnico di una birra locale, riteniamo che sia fondamentale. Sono stato, la settimana scorsa, in Regione Piemonte, con una riunione simile a questa. La Regione Piemonte ha un Regolamento quadro che definisce, purtroppo con dei paletti molto più vincolanti, l’iter legislativo, perché l’articolo 45 purtroppo si limita ai soli produttori agricoli e noi, invece, riteniamo – capite che è anche un interesse nostro come associazione – che questa cosa vada a premiare l’intera produzione birraria, quindi si parte dalla birra artigianale, non dai produttori agricoli, perché altrimenti limitiamo ulteriormente questa cosa.

Al di là di alcune definizioni che forse oggi sono obsolete rispetto all’evoluzione normativa che c’è stata nell’ultimo periodo, sapete che è uscito un decreto ministeriale entrato in vigore il primo luglio 2019, che ridefinisce che cosa sono i micro birrifici, piccole birrerie nazionali, eccetera. Ve lo dico perché rispetto all’articolo 1 o 2, non ricordo, probabilmente c’è una

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contraddizione, è un aspetto da rivedere, ma è un aspetto assolutamente marginale.

La nostra intenzione è quella di tutelare l’intero comparto artigianale, promuovere le iniziative sul territorio volte sia a sviluppare il settore agricole di produzione, della trasformazione, perché ricordiamoci che non produciamo birra con il cereale, ma produciamo birra con un cereale che viene trasformato in malto, questo è un altro scoglio fondamentale, quindi incentivare tutta quella che è la produzione e la trasformazione. Ci siamo permessi, nella nostra idea di bozza che abbiamo oggi definito a livello associativo, anche di promuovere fortemente un’azione di turismo, che riteniamo essere strettamente legata al mondo agricolo, ma soprattutto al nostro mondo artigianale. Abbiamo bisogno di favorire al massimo queste piccole realtà imprenditoriali affinché possano affacciarsi sul mercato diretto, quindi ci siamo permessi di ipotizzare – non so adesso a livello di Regione Campania, come ovviamente attività locali comunali – se si può pensare, in alcuni casi, di prevedere di andare in deroga a tutti quelli che sono i vincoli legati ad una vendita a somministrazione diretta, perché questo, credetemi, è il fulcro della nostra attività, cioè il fatto che la produzione artigianale debba essere, in qualche modo, anche facilitata nella sua veicolazione verso il consumatore e riteniamo che l’idea di un turismo brassicolo, quindi del fatto che emerga questa qualità italiana, della produzione artigianale possa essere utilizzata direttamente senza troppi vincoli che oggi purtroppo sono importanti per un’attività che si affaccia non solo alla

produzione, ma anche alla

somministrazione.

Quello che abbiamo sempre cercato di non far passare è un concetto di qualità, quindi di marchio o di qualità, purtroppo questa è una cosa che in alcune realtà locali abbiamo visto una certa attenzione, non vorremmo cadere nell’errore adesso di definire un prodotto locale identificandolo come un prodotto di qualità, perché purtroppo si rischia ancora, a parte che non esisterebbero delle definizioni, delle possibilità di capire che cos’è un marchio di qualità della birra artigianale locale. Già facciamo fatica a definire cos’è un disciplinare per dire se quella birra effettivamente ha quelle caratteristiche, peggio ancora il discorso qualità, ma che ho visto, in questo caso, assolutamente non rientra.

Prima ho parlato di una leggera contraddizione nelle definizioni, ho trovato già una definizione di piccolo birrificio campano e di birra campana. Ricordate che, ultimo decreto del 4 giugno 2019, i microbirrifici italiani, che sono coloro che producono sotto i 10 mila ettolitri, sono obbligati, per rientrare in questo soggetto giuridico, a svolgere tutta l’attività di produzione internamente al birrificio. Oggi non può esistere un microbirrificio che compra birra dall’esterno, la trasforma o a sua volta, la vende a terzi per una trasformazione, al di là che questo è strettamente legato all’agevolazione dell’aliquota, sapete che c’è questo 40 per cento riconosciuto ai piccoli birrifici italiani, a patto che tutta la produzione avvenga all’interno del birrificio, che non ci siano trasformazioni o alienazioni per

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trasformazione. È un dato di fatto, poi che questo possa essere targato come quello campano piuttosto che piemontese o friulano è un altro discorso.

Il marchio di tutela collettivo registrato dall’associazione di categoria è già stato previsto come una sua possibile declinazione, è già stato registrato con la richiesta di possibile declinazione, quindi nulla vieta – questo lo dico sempre in veste di corretta informazione verso il consumatore – di pensare in futuro di mantenere anche un marchio collettivo di garanzia, di artigianalità, indipendenza e declinarlo sulle singole regioni, questa è un’ipotesi che avevamo già, in qualche modo, previsto, quindi direi indipendente artigianale di produzione campana piuttosto che di produzione friulana. Questo marchio già esiste, quindi mi riallaccio semplicemente al discorso iniziale di cercare di evitare, il più possibile, di far proliferare marchi verso il consumatore.

Grazie.

PRESIDENTE (Petracca): Intervento estremamente importante del Presidente Unionbirrai. Agli altri che interverranno chiedo un tempo massimo di 5 minuti, perché abbiamo lavori successivi di Commissione e Sottocommissione. Saluto i colleghi Sommese e Malerba che ci hanno raggiunto, saluto Vito Pagnotta per il Consorzio Birra e diamo la parola ad Alfonso Del Forno.

DEL FORNO, Coordinatore regionale Guida Birre Slow Food: Intervengo come persona che coordina le birre d’Italia per la Campania, quindi l’occhio della situazione

della nostra Regione. Sarò breve nel mio intervento, ma voglio dare soprattutto dei numeri rispetto a quello che è l’argomento principale di questa riunione che è relativo alla birra agricola. In Campania, sempre con l’incertezza data dall’apertura e chiusura, che può essere ogni giorno variabile per le piccole dimensioni di queste attività, abbiamo circa 45 attività produttive di birra artigianale e poi circa 25 aziende che vengono definite Beer firm, quindi che non hanno un proprio impianto di trasformazione del prodotto, ma che fanno produrre, presso questi 45, ma anche fuori Regione, infatti lì ci sarebbe un po’ da ragionare rispetto alla definizione territoriale, il limite della definizione territoriale di una birra campana, per esempio, è proprio quello di trovare una birra che pur avendo la sede legale della società che commercializza quella birra sede in Campania, potrebbe essere prodotta, per esempio, in Piemonte, quindi ci sono dei limiti che quel tipo di definizione vanno a toccare. In Campania abbiamo questo tipo di produzione. I birrifici artigianali che attualmente possono essere definiti agricoli non solo per la loro possibilità di produrre le materie prime, ma anche di trasformarle per intero, per la loro produzione, sono veramente pochi, probabilmente l’unico che veramente ha questa caratteristica è seduto al tavolo con noi, Vito Pagnotta con il suo birrificio Serrocroce a Monteverde Irpino, perché ci sono altre realtà, però sono in una fase d’inizio, devono verificare ancora che ci sia questa possibilità. Il discorso è relativo alla trasformazione. Ben venga una legge che incentivi a produrre sul territorio dei cereali

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nostri perché, soprattutto nella parte del beneventano e dell’avellinese, ci sono zone a forte caratterizzazione di coltivazione di cereali, ma, naturalmente, non abbiamo oggi delle strutture di trasformazione, il malto d’orzo, che è fondamentale, anche solo per la legge che prevede il 60 per cento almeno di malto d’orzo per un prodotto che venga definito birra.

Sicuramente gli incentivi, qualora ci fossero, non devono riguardare solo il birrificio, ma una filiera allargata in cui c’è la maltazione, che è un lavoro diverso da quello della produzione della birra, che non deve essere confuso con quello della produzione della birra. Il mastro birraio non è un mastro maltatore, sono due cose diverse, quindi in questo poi interviene un fattore diverso che è la formazione. Per poter avere sul territorio anche delle specifiche figure c’è bisogno di formare persone che siano adeguate a quel tipo di lavoro.

I numeri sono questi, non ho altro da aggiungere se non confermare quanto detto da Antonio Ferraris per quanto riguarda tutto il resto.

PRESIDENTE (Petracca): La parola ad Alberto Mochetti.

MOCCHETTI, Unionbirrai delegato regionale: Giusto due parole per sottolineare quanto già diceva il Presidente di Unionbirrai. In Campania c’è una realtà di piccoli birrifici, ci sono birrifici da 150 litri, da 250 litri, quindi agevolare la vendita diretta significherebbe dare una mano a questi piccoli birrifici. Come il gelataio vende i suoi gelati ma non ha

bisogno di un bagno per i suoi clienti o il pasticcere stesso dove ogni tanto andiamo, non ha bisogno di una serie di cose, fare questo, anche per i piccoli birrifici, in Campania è forse un caso a sé rispetto ad altre Regioni, ci sono birrifici da 250 litri, è difficile sostenere un mercato con quella produzione. Una vendita diretta farebbe arrivare soldi freschi – così come li chiamo io – in cassa.

FERRARIS, Presidente Unionbirrai:

Quello che abbiamo messo in questa bozza che poi abbiamo discusso in Regione Piemonte e in Regione Veneto è proprio il fatto di provare a capire l’attività di somministrazione. Lei ha citato l’attività del gelataio, l’artigianalità della produzione, se può essere veicolata direttamente, parliamo soprattutto di somministrazione, perché lo spaccio del prodotto confezionato non ha nessun problema. C’è un grosso valore dell’artigianalità nella produzione e del poter far vedere quali sono le nostre aziende, eccetera, quindi si porta il consumatore in azienda e lo collego ad un progetto turistico, però allo stesso tempo vorrei capire se si può, in qualche modo, superare tutti quelli che possono essere dei vincoli strettamente legati all’attività di somministrazione diretta che purtroppo in alcune Regioni e in alcuni Comuni sono estremamente rigidi, quindi portano a realtà molto piccole come queste a rinunciare quest’affacciarsi ad un mercato diretto, quindi, visto che sono regolamenti regionali o comunali, parliamo, in maniera banale del lavabicchieri, separazione del bagno dei disabili, eccetera, sono requisiti

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tecnici che sono richiesti per l’attività di somministrazione sulle varie tipologie, ma ad esempio, come citava il collega, non sono richieste, ad esempio, per alcune attività artigianali, come la produzione del gelato. Non so se la produzione della birra possa, un domani, essere, in qualche modo, assimilata, però per realtà artigianali che sono dei piccoli laboratori a tutti gli effetti sarebbe un veicolo commerciale molto interessante sia del produttore che vende sia anche del portare gente alla produzione che è uno dei valori più importanti nel nostro settore.

Riteniamo che in un progetto di sviluppo della filiera agricola questo ci sta.

Vi porto anche l’esperienza del Piemonte con il vino, tutto quello che è stato sviluppato nei territori del Monferrato, del Chianti in Toscana, è, effettivamente, un grosso valore del mondo agricolo. Perché in fondo vuol dire andare a bere un qualcosa dove effettivamente viene prodotto, se agganciato c’è anche il concetto della filiera agricola chiudi il ciclo. E in un’attività turistica secondo me è molto importante.

DEL FORNO, Coordinatore regionale Guida Birre Slow Food: La Campania è una Regione a forte richiamo turistico, i birrifici sono presenti ovunque ci siano le grandi attrattive di turismo internazionale, non solo nazionale.

PRESIDENTE (Petracca): Grazie.

Rinviamo a dopo l’intervento della Giunta.

Completiamo i consorzi con Guido Pagnotta.

PAGNOTTA, Consorzio Birra: Per quanto riguarda l’essenza di questa proposta, le misure a sostegno dell’agricoltura e quindi alla qualità della produzione della birra. Intanto, qui leggevo all’articolo 4 e all’articolo 5, la possibilità – andrebbe considerata in maniera forte – d’inserire un concetto di filiera, perché possiamo parlare di birra campana, con le dovute precauzioni, perché sappiamo che purtroppo oggi in Campania non abbiamo tutti gli elementi e le materie prime necessarie, però, dando una priorità ad un prodotto campano o, se non ci fosse, ad un prodotto italiano, potremmo già iniziare a ragionare con un contesto diverso, anche perché parlo qui in veste di socio fondatore del Consorzio, appunto il Consorzio della produzione della birra artigianale italiana che ha come obiettivo quello di valorizzare intanto il prodotto italiano per scendere addirittura nel dettaglio, come in questo caso campano, sperando che ce ne sia e che magari i comparti della parte un po’ più indietro dal punto di vista dello sviluppo, come la coltivazione del luppolo o la trasformazione, come diceva Alfonso, dell’orzo e del malto, magari, contestualmente, si possono creare dei progetti di sviluppo. Vorrei fare una piccola premessa a supporto di quello che diceva Vittorio. È vero, la somministrazione diretta è importante, però attenzione, i birrifici agricoli, se vogliamo focalizzarci sul concetto di birrificio agricolo, il birrificio agricolo non può vivere a Napoli perché il birrificio agricolo vive in un contesto agricolo e soprattutto ha grande vocazione cerealicola dove non è un ettaro di terra, ma ci vogliono superfici molto

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importanti, quindi molto spesso sono presenti nelle aree marginali, nelle aree collinari, nelle aree dove c’è molto spazio, dove si possono produrre cereali per se e per gli altri, non per forza tutti devono diventare agricoli, ma magari il birrificio che stringe rapporti con le filiere, per esempio se io sono un produttore di orzo e magari la mia produzione è ben superiore rispetto alla mia esigenza posso tranquillamente vendere. L’essenza del consorzio è quella di mettere in relazione la possibilità di utilizzare la materia prima di un tuo vicino che può essere regionale se c’è o italiano se non ci fosse. Immagino che nel Piemonte piuttosto che in Umbria, c’è una grande coltivazione di luppolo di cui oggi non sanno cosa farsene, dobbiamo parlare di birra artigianale vera, allora se parliamo di questo, l’unione di tutti gli stakeholders, tutti i produttori di luppolo a convergere la produzione nel settore artigianale, probabilmente valorizza il contesto artigianale, quindi, dal punto di vista locale, al di là della somministrazione diretta, per chi lo può fare, perché io sono a Monteverde, magari tre persone verranno da me, se fosse Pompei magari voglio fare solo vendita diretta, ma siccome forse lo sviluppo maggiore del birrificio è proprio nell’area marginale, la produzione e la vendita nei grandi centri, probabilmente ci metterei un po’ più di attenzione o un po’

più di risorse economiche, perché mi sembra di aver letto che lì non c’era proprio, sulla parte della promozione della birra artigianale campana e italiana, sul sostegno al consumo della birra artigianale campana e italiana, perché qui leggevo della pubblicità di fare la fiera della birra

agricola, io ne farei una alla settimana. In questo momento mi spoglio dalle vesti di consorzio e mi vesto da imprenditore. Non ho bisogno che mi finanziate per comprare una macchina di cui domani non so che farmene – c’è la nascita dei birrifici, ma c’è anche la morte dei birrifici che non sanno cosa fare – quindi non voglio i soldi per comprare la macchina, voglio la possibilità che qualcuno mi aiuti a sviluppare il mercato, perché se so vendere la mia birra sono anche disposto ad andare ad indebitarmi, questa è la parte dell’imprenditore, per acquisire formazione, per acquistare nuove macchine, perché ho un canale di vendita, se questo non c’è stiamo creando una questione che probabilmente nel tempo potrebbe diventare un boomerang, perché facciamo 250 birrifici, Alfonso diceva che oggi ne abbiamo 45, possiamo diventare 450, ma non sapere a chi vendere o come vendere perché oggi non è che tutta la birra che si vende sia prodotta in Campania o sia di birrifici artigianali campani. Non parlo dell’industriale, perché in Campania, come in Italia, si vende tantissima birra artigianale magari estera, allora riuscire a valorizzare il prodotto italiano, in condivisione con le associazioni presenti, il birraio, in questo caso, è un partner fondamentale perché ha le competenze, ha le capacità, ha gli uomini che sono in grado di far capire alle persone che cos’è una birra artigianale, com’è prodotta, contestualmente supportare la produzione, ma oggi ad un birrificio artigianale campano farei una domanda: “Vuoi i soldi per comprarti un altro birrificio o ingrandire quello che hai – perché molti

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sono piccoli – o vuoi che ti aiuti a vendere tutto quello che hai?”. La risposta è scontata. Se tutto questo funziona, di riflesso funziona tutto il comparto:

funziona Unionbirrai, funziona la formazione, funzionano le degustazioni.

Aumentiamo e miglioriamo la proposta enogastronomica con quelli che arrivano magari con una nave da crociera, si fermano a Sorrento e vogliono bere le birre che qualcuno sta promuovendo perché la Campania è sensibile al prodotto.

Secondo me questo potrebbe essere il traino, perché mi sembrava di vedere che le risorse finanziarie potevano essere proiettate su altro. Si diceva che la fiera si autososteneva.

Togliamo i soldi a quelli che vendono le macchine, mettiamoli nella fiera, perché molte volte il produttore artigianale, e il produttore di birra agricola ancora di più, deve trovare il tempo di seminare, di raccogliere, di fare la birra, andare a venderla e di stare con la famiglia. Sapete qual è l’elemento a cui un birrificio spesso si sottrae? La vendita, andare alle fiere, perché magari lo vede pesante, lo vede un costo, allora dice: “Devo fare la birra”. Se tutto questo viene aiutato e sostenuto, magari quelli che fanno 20 bottiglie domani ne potrebbero fare 80 e quindi creare un movimento importante perché le risorse ci sono per poterlo far sviluppare.

PRESIDENTE (Petracca): Grazie. Aveva chiesto d’intervenire il collega Sommese, completiamo prima con le associazioni di categoria.

La parola a Paolo Conte, Confagricoltura Campania.

CONTE, Confagricoltura Campania:

Grazie Presidente. Saluto i Consiglieri regionali qui presenti. Due osservazioni di carattere generale, riservandomi poi di trasmettere una nota più tecnica di proposte di emendamenti. Sosteniamo, come Confagricoltura quest’iniziativa legislativa soprattutto perché auspichiamo che vada nella direzione di sostenere lo sviluppo della filiera brassicola, soprattutto come l’ha rappresentata chi è intervenuto prima di me, alla luce anche di un’ulteriore considerazione, perché se ad una politica europea abbiamo un’OCM dedicata in Italia non abbiamo una politica di filiera integrata e di sistema, tant’è che all’ultima iniziativa nazionale, quella fatta in sede di CREA, da un’importante attività di studio e di ricerca abbiamo anche prodotto un importante dossier ed è importante oggi, anche a livello regionale, mettere l’accento su una produzione e ciò che riguarda la mia organizzazione, quindi la parte primaria, la parte agricola, è totalmente assente, quindi ciò si ricollega ad un ulteriore piano di sviluppo che anche con il Presidente Petracca e con il consigliere delegato, onorevole Caputo, stiamo mettendo in campo le iniziative per la nuova programmazione, anche perché ad oggi, alla lettura della proposta regionale, soprattutto dell’ultimo articolo del termine in cui entra in vigore e scade questa legge, credo ci siano delle difficoltà anche perché una misura 16 o una misura 4 o una misura 6, quelle utili a sostenere il settore primario brassicolo, non penso possa ottenere grandi risultati a meno che non ci siano già dei progetti presentati. È importante porre

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l’attenzione oggi per poi rappresentarla nel tavolo opportuno. Cerchiamo di sensibilizzare gli imprenditori agricoli, sostenerli vuol dire rappresentargli un nuovo mercato, in chiave di diversificazione dell’attività agricola di oggi, dato che in Campania abbiamo enormi fette di mercato in totale sofferenza, penso alle pesche, al tabacco, eccetera, se apriamo opportunità di sviluppo di mercato in una logica di filiera, ben venga, però un’attività del genere di sostenere gli imprenditori agricoli non nel tipo di finanziamento, quindi ci ricolleghiamo al PSR, ma anche di conoscenza dei nuovi mercati, penso che possa essere utile alle imprese agricole. Grazie.

PRESIDENTE (Petracca): La parola a Salvatore Loffreda, Coldiretti.

LOFFREDA, Coldiretti: Grazie. Saluto tutti. Entro subito nel merito perché credo che sentire, ma soprattutto scrivere il programma di filiera dove si va a valutare quelle che sono le attività agricole, perché noi immaginiamo che anche dal capitolo di spesa dove è stata attinta questa possibilità economica che non è la parte agricola, credo che alla base di tutto ci debba essere un’azienda agricola, perché possiamo fare turismo, ma nella misura in cui c’è attività agricola. Credo che anche la direzione del legislatore stesso abbia voluto leggere in quella direzione dando la possibilità, per quelle aree meno fortunate, che potrebbero essere quelle che noi conosciamo meglio di tutti: Alta Irpinia, beneventano, Cilento, dov’è possibile creare la possibilità – questo credo vada nello spirito di chi l’ha

immaginata – di valorizzare e anche creare quei terreni marginali dove noi potremmo creare quelle produzioni, pertanto non ho nulla da aggiungere se non fare un plauso a chi ha determinato la possibilità di presentare questa legge, ma soprattutto di correggere, nell’articolo 4 e nell’articolo 5, aggiungendo, dopo “154” le parole “un particolare modo di favorire lo sviluppo e il rapporto con la filiera”. Credo che gli agricoltori possano produrre le materie prime non per forza per un birrificio, possano comunque dare valore a coloro che fanno la trasformazione, ben vengano soprattutto in quelle aree marginali. Grazie.

PRESIDENTE (Petracca): La parola alla Giunta.

MERCADANTE, Giunta regionale Campania: Su questa proposta di legge avevamo, già a dicembre scorso, proposto delle piccole osservazioni, davamo spesso il nostro parere favorevole sulla proposta di legge e queste piccole osservazioni erano state sintetizzate in questo documento che se vuole glielo posso con segnare in maniera tale che possa essere messo, senz’altro sarà già agli atti della Commissione. Se in questa sede vogliamo fare queste precisazioni, magari il dottor Casato potrà esplicitare meglio queste piccole osservazioni che avevamo operato.

PRESIDENTE (Petracca): Se sono agli atti è inutile leggere.

MERCADANTE, Giunta regionale Campania: Sì, sono agli atti, il primo è un refuso, poi c’erano delle precisazioni da

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fare in ordine all’articolo 2 e poi alla scheda.

Alla luce delle osservazioni che sono state fatte in merito alla filiera mi sembrano essenziali, soprattutto alla valorizzazione fatta a livello di promozione, perché noi come Direzione già apportiamo le birre alle fiere, abbiamo già operato molto con la birra perché costituisce quasi un prodotto nuovo, perché in genere andiamo fuori con il vino, quindi la birra è un po’ una diversificazione.

Con lo Slow Food abbiamo già operato, al Salone del Gusto ci siamo incontrati, quindi è un’azione che già facciamo e che riteniamo opportuno.

Il produttore ha il tempo di produrre, poi il mercato dovrebbe già trovare un’agevolazione per poter poi dare il proprio prodotto.

CASATO, Giunta regionale Campania:

Abbiamo notato che quando andiamo in giro c’è molta attrattiva da parte dei visitatori verso i birrifici. La gente vuole qualcosa di diverso e la birra artigianale dà quella diversità rispetto alla birra industriale, quindi è molto attrezzata questa cosa.

PRESIDENTE (Petracca): La parola al consigliere Sommese.

SOMMESE: È inutile sottolineare la qualità della proposta così come articolata, è un intervento che di solito io, nelle varie occasioni, nelle varie Commissioni sottopongo all’attenzione dei colleghi quando affrontiamo temi affascinanti, utili, di grande prospettiva, ma non lo

inquadriamo in quella logica di testi unici di cui stiamo parlando. Parlare di testi unici significa oscillare dalla dieta mediterranea a tutte quelle che sono le varie proposte che vengono e che vanno nella direzione di creare sviluppo, di valorizzare i prodotti della nostra terra, della Campania e quello che poi deve essere anche, allo stato, la predisposizione di atti che non configgono con queste proposte di legge, saremmo dei cattivi legislatori se non affrontassimo questa questione nella maniera giusta.

Credo che al di là dell’idea, delle proposte e delle categorie che ogni giorno ci chiedono anche disegni di legge sull’olio, sul latte, sui prodotti doc della Campania, non dobbiamo confliggere, facciamolo, ma inseriamolo in un quadro d’insieme, questa ricerca legislativa di quello che è avvenuto in questi anni, le varie proposte, perché stiamo parlando della filiera di un prodotto, ma sappiamo che analoghe richieste ci vengono da tanti altri prodotti con le stesse tematiche. Inviterei la Commissione e il Presidente a fare questa ricerca insieme alle strutture, insieme alla Giunta per capire, quando legiferiamo, di non confliggere con quel quadro normativo che abbiamo perché abbiamo tante cose che nelle finanziarie vengono aggiunte, poi c’inseriamo disegni di legge su singoli aspetti, cerchiamo di affrontarlo in un quadro d’insieme, solo questo, al di là della qualità della proposta che mi vede certamente favorevole.

Quando si crea sviluppo, quando si articola dalla formazione a tutte quelle che sono le cose, non posso che condividere, però stiamo attenti prima di legiferare.

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PRESIDENTE (Petracca): Grazie consigliere Sommese. La parola al consigliere Cammarano.

CAMMARANO: Ringrazio tutti per il contributo, vi ringrazio per essere venuti qua a dire la propria visione per quanto riguarda questa legge e soprattutto, diceva bene Salvatore Loffreda prima: è una legge pensata con una visura sull’area interna, su quello che abbiamo raccolto in questi anni, di proposte, di visioni che hanno i giovani su questa cosa, che vedono, nel comparto brassicolo un futuro per le proprie coltivazioni, cioè quando magari vedi famiglie come quella che conoscemmo a Baronissi, dove il padre era stato licenziato da una fabbrica, aveva messo su un birrificio dove lavoravano: lui, la moglie, la figlia e ci campano, quella è la cosa bella, è davvero commovente, è un settore che ha un futuro. Nel mio piccolo cerco di fare tutto il possibile per promuovere la filiera, tra l’altro abbiamo una legge, che è la filiera agricola trasparente dove, teoricamente, bisognerebbe anche scrivere sul menù il tipo di birra, la provenienza di quella birra e potendo, anche la provenienza della materia prima di quella birra, ma siamo ormai già in fantascienza.

Sul marchio siamo d’accordo, ne parlai anche con Musso, abbiamo fatto una ricerca abbastanza corposa, abbiamo parlato con il direttore del Cerba, abbiamo cercato d’informarci il più possibile prima di fare un testo, per non sbagliare. Una delle cose importanti da fare è proprio la promozione. Ci sono pizzerie, anche di fama, che non conoscono la birra artigianale, cioè dovevo andare io con la

bottiglia a fargliela assaggiare, a farla conoscere ai ristoranti. Ho sempre l’esempio del Piemonte dove in qualsiasi ristorante tu vada trovi la Baladin, perché è la loro birra. Questa è una cosa che dovremmo copiare e incoraggiare all’interno delle strutture ricettive.

PRESIDENTE (Petracca): Ringrazio il collega Cammarano. Siccome dagli stakeholders in particolare sono venuti una serie di spunti interessanti, la Giunta già ci ha lasciato le indicazioni che provengono dagli uffici, darei un termine anche più ampio, diciamo 15 giorni se per voi va bene, entro il 6 novembre di far pervenire le vostre osservazioni, integrazioni, quanto ritenete opportuno per far sì che questa sia una legge che dia un contributo importante alla filiera di cui ci stiamo occupando.

Per le osservazioni termine ultimo mercoledì 6 novembre, esattamente 2 settimane da oggi.

CAMMARANO: Volevo capire se possiamo aprire un percorso con l’azienda Improsta con il Crea sulla sperimentazione della coltivazione del luppolo, se abbiamo delle razze autoctone, se si può lavorare su quello, perché sarebbe bello poter dire:

“Abbiamo il nostro luppolo”. Magari l’ente, in questo caso, può aiutare, fare sperimentazione e iniziare a capire anche con loro.

CASATO, Giunta regionale Campania:

Il professor De Feo della facoltà di Farmacia di Fisciano ha già lavorato e fatto una prima raccolta di luppoli spontanei, non so se attualmente li ha ancora in

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CONSIGLIO REGIONALE DELLA CAMPANIA VIII Commissione Consiliare Permanente

(Agricoltura, Caccia, Pesca, Risorse comunitarie e statali per lo sviluppo) Resoconto Integrale n.63 X Legislatura 23 ottobre 2019

collezione, se si possono recuperare di nuovo.

Intervento: Visto che le aree interne, soprattutto dove sta Vito, sono zone molto ventose, quindi le coltivazioni di luppolo sono molto alte, andrebbero non solo ad impattare ulteriormente il paesaggio, oltre alle pale eoliche, ma comunque sarebbero soggette a questi venti, non so fino a che punto riuscirebbero a resistere nel tempo, sarebbe anche interessante sviluppare delle nuove forme di allevamento se è possibile, oppure delle forme di luppolo nane.

DEL FORNO, Coordinatore regionale Guida Birre Slow Food: Ci sono delle coltivazioni idroponiche che sono state già iniziate. Nel beneventano è stata fatta, con il supporto dell’Università di Parma, ci sono delle coltivazioni nella zona di Puglianello che sono già state sottoposte, due anni fa, ad una sperimentazione che fece Italian Hops Company con il supporto dell’Università di Parma e i luppoli di quelle zone risultarono essere quelle qualitativamente migliori per caratteristiche. È un luppoleto, in campo aperto, che tra quelli italiani risultò tra i migliori.

Intervento: Avendo avuto la possibilità di fare un po’ di esperienza in campo, credo che, probabilmente, come si diceva prima, la possibilità di creare più punti, più lotti, più areali, più appezzamenti dedicati ad una sperimentazione, visto che la Campania ha un clima e un terreno molto eterogeneo, quindi la possibilità di creare più punti, magari in aree dove potrebbe,

potenzialmente, da uno studio che può essere preliminare, svilupparsi e soprattutto creare economia, perché in realtà, mi collego all’evento della questione del Ventosa, chiaramente ci sono delle condizioni in cui il clima lo consente e condizioni in cui il clima non lo consente.

Consideriamo anche il fatto che se andiamo in zone molto calde abbiamo bisogno per forza d’irrigare, ci sono delle condizioni che vanno gestite, però, in questo caso, creare dei campi prova, soprattutto abbastanza vicini o che comunque hanno relazioni con birrifici che possono utilizzare la materia e che possono poi valorizzarne la qualità finale.

Anche sviluppare eventualmente uno studio sui prodotti locali, va bene, però il fatto di riuscire a chiudere una filiera dove se c’è una quantità di quel luppolo, cosa che stiamo facendo nella nostra azienda, magari valorizzarla per cercare, quantomeno, di limitare, cosa che sta accadendo, perché poi i luppoleti, siamo intorno a 60 ettari di superficie in tutta Italia. La mia azienda oggi, sono forse tra i più piccoli, è di una trentina di ettari, se volessi pensare di far diventare la mia azienda tutta luppoleto sarei il produttore più grande d’Italia, però il concetto è un altro, è capire dove va a finire tutto questo luppolo.

Se mettiamo luppoleti in piedi, questi andranno in produzione, dobbiamo togliere la scritta “birra artigianale” perché probabilmente andremo a finire per produrre qualcosa di grande valore ma che non è valorizzata dal comparto artigianale, che non ha magari disponibilità economica, ma la diamo all’industria, cosa che è già accaduta.

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Intervento: Il luppolo è stato individuato come elemento che poi è stato usato nella birra del dodicesimo secolo da Santa Ildegarda in Germania e Santa Ildegarda ha scritto i libri in cui parlava del luppolo studiando dai libri della scuola medica salernitana, quindi qualcosa di campano lì c’era. È una nota di colore, ve l’ho buttata lì per darvi uno spunto per raccontare la cosa. Grazie.

PRESIDENTE (Petracca): Vi ringrazio per tutti gli spunti, entro il 6 novembre le osservazioni alla legge. Grazie.

L’audizione è chiusa.

I lavori terminano alle ore 12.30.

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