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Beirut, la cattedrale san Giorgio e la vicina moschea Mohammad Al-Amin

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Academic year: 2022

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Beirut, la cattedrale san Giorgio e la vicina moschea Mohammad Al-Amin

È con emozione che mi trovo davanti a voi alla vigilia dell’innaugurazione dell’anno giubilare dedicato ala Misericordia, termine che non si può separare da quello di giustizia e da quello di Amore.

Bisogna ricordare che tutte le sure del Corano cominciano con l’invocazione al Dio della misericordia: il molto clemente, il molto misericordioso

La misericordia sul piano umano individuale, esprime l’amore di ciascuno per tutti Dal punto di vista sociale, è inseparabile dalla giustizia degli uomini.

Viene dopo la sentenza giudiziaria e non la sostituisce.

È il giudice che dà prova di mitezza nell’esecuzione delle sentenze.

In un mondo immerso nelle tenebre dell’odio e della violenza questo anno giubilare ci ricorda ( viene a ricordarci) che il Male ha sempre dei limiti: solo il Bene è infinito.

La frontiera del Male è ciascuno di noi, quando non si rinchiude nel ghetto narcisistico individuale o identitario colletivo.

Oggi in questi tempi di apocalisse e di caos millenarista, noi abbiamo i mezzi per distruggere tutto.

Ma domani, cosa faremo? Se non ricominciare a vivere insieme ricordandoci che l’umanità è una.

C’è solo una famiglia umana.

Senza la Giustizia, l’Amore, la Misericordia e la Carità non avrebbero alcun senso. Giustizia prima di tutto.

Ecco perché io faccio questa riflessione nella memoria di quello che scrisse sant’Ambrogio da Milano in merito ai due modi di peccare contro la Giustizia

…uno è quello di commettere un atto ingiusto, l’altro è quello di non venire in soccorso alla vittima di un aggressore ingiusto (de Officiis I, 29)

Ricordiamoci di sant’Ambrogio quando pensiamo al popolo di Siria, così come a tutte le vittime di tutti i terrorismi, religiosi ideologici e politici.

A dispetto di tutti gli orrori che i tiranni, gli illuminati jiadisti e i nichilisti diffondono ovunque, noi abbiamo l’obbligo di restare fermi nelle nostre convinzioni e di affermare, nel nome della

misericordia, che l’identità etnica o religiosa non fonda l’unità politica.

L’unità politica ha il suo fondamento nella Legge che governa un territorio.

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Mohammad Sammak, di confessione musulmana, e io stesso cristiano, siamo cittadini libanesi in virtù delle leggi libanesi e non in virtù delle nostre identità confessionali.

Non mi verrebbe mai in mente di farmi il campione, come parte di una crociata contro Daesh, delle sole vittime cristiane della Mesopotamia e della Siria.

Perché allora, Sammak sarà necessariamente il mio nemico, e io dovrei aprire di nuovo le porte dell’inferno di una guerra civile.

È proprio la trappola nella quale l’odio identitario cerca di farmi cadere.

Io sono solidale con tutte le vittime del Levante perché sono un membro della famiglia umana.

Eppure, esprimo una carità particolare verso le vittime cristiane in nome della nostra

appartenenza comune alla Chiesa. Ma mai a destrimento della solidarietà e della fraternità che mi legano ai concittadini del mio paese, il Libano.

Ecco perché noi rifiutiamo ogni strumentalizzazione della sensibilità religiosa, messa al servizio di interessi politici

Noi rifiutiamo che sia conferita una qualsiasi legittimità religiosa alle posizioni politiche degli stati, alle operazioni militari delle loro truppe così come ai gruppi e alle organizzazioni armate.

Noi rifiutiamo che guerre o azioni terroristiche possano essere giustificate in nome della religione.

Così condanno senza equivoci, da cristiano, il fatto che la “protezione dei cristiani” possa servire da pretesto al servizio di obiettivi strategici o politici.

Non vedo peggiore ingiustizia, perché questo vorrebbe dire che milioni di vittime mussulmane innocenti sarebbero escluse dalla misericordia.

Nella sua omelia del 18 ottobre scorso, il metropolita ortodossso di Beirut, Elias Audi, ha preso chiaramente posizione nei confronti del concetto di “guerra santa”, come certi media hanno definoto l’intervento militare russo in Siria :

…come cristiani nella Chiesa di Antiochia, noi soffriamo a essere maltrattati, cacciati ed espulsi dalle nostre case. Il nostro popolo è gettato sulle strade dell’esilio ma si rifiuta di rispondere al male con il male. Che sia ben chiaro, agli occhi di tutti, la Chiesa Ortodossa alla quale noi apparteniamo, non benedice alcuna guerra e non la definisce come “santa”. Chiunque lo faccia non ha capito le parole del Signore : Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano.

La guerra è spesso un male inevitabile, necessario, lecito. Ma non produce né conferisce alcuna sacralità.

Come ha detto il Dalai Lama a chi gli domandava se pensava di pregare per Parigi dopo gli attentati terroristici:

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Gli uomini hanno creato questo problema, il terrorismo e adesso chiediamo a Dio di risolverlo. Dio direbbe: risolvetevelo da soli, visto che voi lo avete creato. Abbiamo bisogno di un approccio sistemico per favorire i valori umani.

Il mondo attuale è diviso verticalmente in due campi: da una parte i radicali nichilisti e violenti, dall’altra i moderati anonimi, che sono maggioritari, la cui voce è sovrastata dalle grida dell’odio.

Questa divisione è particolarmente palpabile tra le due sponde del Mediterraneo perchè il nostro mare è lo spazio di contatto (incontro) privilegiato tra le culture delle religioni monoteiste.

Tutti i nostri vecchi demoni si sono risvegliati. Noi siamo nel pieno di una guerra metafisica il cui campo di battaglia è l’immaginario di ciascuno di noi. E’ una guerra molto moderna di immagini e di rappresentazioni.

Da una parte, un universo fantastico dove la rappresentazione di un Dio arbitrario è onnipresente e non lascia alcun spazio all’Uomo.

Dall’altra, un universo utopico dove l’Uomo, disperatamente solo, ètalmente presente che non lascia nessuno spazio a Dio.

La globalizzazione ha eliminato tutti i corpi intermedi ( stato, frontiere sovranità religioni

tradizionali) che potevano assorbire lo choc dello scontro immaginario di queste realtà ultime: Dio e Me.

La potenza insospettata dello psiche umana si scatena oggi contro l’uomo.

Il nichilismo globale ha sostituito l’umanesimo integrale, un umanesimo in cui l’uomo non è ne schiavo di Dio né suo rivale.

I libri sacri, compresi quelli del Buddhismo, contengono una doppia faccia: quella della violenza così come quella della più sublime delle testimonianze. L’Islam non sfugge a questa regola.

Le guerre sante moderne sono più guerre tra reti identitarie che tra potenze politiche tradizionali.

Il dramma siriano e di tutto il Levante ne è la fotografia la più tragica.

Le guerre sante sono il risultato del vuoto creato dalla rimozione dell’autonomia del politico e della sovranità garantita dallo Stato

La scissione del mondo mette faccia a faccia l’Identità e la Cittadinanza.

Noi assistiamo a una islamizzazione della radicalità e non a una radicalizzazione dell’Islam.

Spetta ai musulmani stessi trovare una soluzione a questo scottante problema.

Sta ai poteri politici e alle autorità di proteggere i cittadini e di portare i criminali davanti alla giustizia

Sta a ciascuno di noi essere misericordioso e non demonizzare l’altro, soprattutto il musulmano Il terrorismo, qualunque sia la giustificazione ideologica o religiosa, deve essere fortemente

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condannato.

Non si deve fare una distinzione tra i terrorismo “laico ”, quello praticato da dittature quale il regime siriano, un terrorismo “islamista”, come quello praticato da Daesh, una terrore islamofobo che pretende di difendere i crisitani d’occidente e d’oriente, o ancora una terrore nazionalista come quella praticata dai coloni israeliani.

La risposta a questo tipo di terrore globalizzato, si deve ottenere attraverso un’azione congiunta condotta dai moderati delle due rive del Mediterraneo. I moderati come noi sono maggioritari ma non coordinano la loro azione, mentre i radicali violenti sono organizzati.

Noi siamo in molti in Libano, e altrove, a operare per una carta comune, la “Carta per il mediterraneo del vivere-insieme” che supera il defunto processo di Barcellona.

In questo inizio dell’anno della Misericordia il ruolo della Chiesa di Roma appare, da questo punto di vista, come centrale.

Prima di tutto perché è Roma.

Poi perché la Chiesa di Roma ha intrapreso una interessante evoluzione da qualche decennio.

E oggi, gioca un ruolo geopolitico globale quale garante della cittadinanza e di quei valori morali essenziali che fondano l’umanesimo integrale.

L’apertura di Roma a tutte le religioni si inscrive, come dice Manlio Graziano, in una strategia di

“Santa Alleanza” potendo avere il ruolo di scudo protettore dell’Uomo contro “la Guerra Santa”.

CONCLUSIONI

Formulo l’augurio che quest’anno della misericordia possa suscitare , grazie a Roma, le iniziative e le parole profetiche di cui il mondo ha bisogno.

Noi abbiamo lasciato per troppo tempo il dialogo interreligioso ai soli teologi.

Noi abbiamo privilegiato la Ragione che discute, e abbiamo dimenticato lo Spirito che illumina.

Ma io faccio anche un sogno (I have a dream) :

Quello della riconciliazione con Ismaele, l’altro figlio di Abramo. Ho l’intima convinzione che papa Francesco, vescovo di Roma, saprà trovare gli strumenti adeguati per tale riconciliazione urgente e necessaria.

Spero che vedremo il papa di Roma, come altri primati delle chiese cristiane e dei grandi rabbini dell’Ebraismo, in compagnia del custode dei Luoghi Santi dell’Islam, i rettori delle grandi scuole coraniche, dell’ayatollah de Qom e dei chierici de Najaf riuniti insieme sulla nostra terra d’Oriente che ha visto nascere le nostre civiltà e religioni.

Io sogno anche di vedere nascere a partire da Roma o da una altra parte questa carta degli uomini di buona volontà artigiani di pace, in favore del vivere insieme nel Mediterraneo.

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In questo anno della Misericordia, in mezzo alle tenebre del terrore che deflagra ovunque, noi non abbiamo altra risposta da opporre alla violenza che la nostra volontà di condanna e la nostra fiducia nell’appello al vivere insieme che io formulo così:

Modérés de tous les pays, unissons-nous.

MODERATI DI TUTTI I PAESI, UNIAMOCI

Ringrazio gli organizzatori di questa manifestazione, dell’onore che mi fanno accordandomi il privilegio di poter parlare dall’alto delle vostra prestigiosa tribuna,

Ringrazio Riccardo Cristiano per la sua traduzione italiana del mio testo in francese.

@Acourban

*Intervento al dibattito “Cristiani e musulmani per la misericordia”, 7 dicembre, presso la FNSI, in Corso Vittorio Emanuele II 349.

MOHAMMAD SAMMAK Cosa possono apprendere i musulmani dalla Dichiarazione Nostra Aetate

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