I REQUISITI DI ACCESSO ALLA PENSIONE DI VECCHIAIA
AVV. ILENIA CALABRESE
La pensione di vecchiaia è la principale forma di previdenza pubblica e consiste in una prestazione economica costituita dal versamento mensile di una somma di denaro da parte dell'INPS in favore del lavoratore che abbia raggiunto una determinata età e che abbia versato un certo numero di contributi, normalmente non inferiore a 20 anni.
La peculiarità della pensione di vecchiaia consiste quindi nella sussistenza (i) di un requisito contributivo non eccessivamente severo – 20 anni per l’appunto – (ii) a fronte di un requisito anagrafico ben più stringente: la cosiddetta età pensionabile che, almeno sino a tutto il 2024, è fissata a 67 anni (stabile quindi rispetto agli attuali requisiti) per tutte le categorie di lavoratori, vale a dire uomini e donne, dipendenti e autonomi.
Infine, occorre sin da ora precisare che non bisogna confondere la pensione di vecchiaia con la c.d. pensione di anzianità (che richiede invece 35 anni di contributi e 62 anni di età oppure 40 anni di contributi), sostituita dalla pensione anticipata a seguito della Riforma Monti-Fornero.
PENSIONE DI VECCHIAIA
➢ Requisito anagrafico
Con riferimento al requisito anagrafico, affinché il soddisfacimento del fabbisogno previdenziale possa essere mantenuto invariato nel tempo, il sistema prevede alcuni elementi di stabilizzazione; proprio per questo, dunque, l’età pensionabile è soggetta ad adeguamenti periodici, in funzione della cosiddetta “speranza di vita”: in altri termine se la speranza di vita cresce, aumenta anche la soglia anagrafica da raggiungere per poter accedere alla pensione di vecchiaia. A partire dal 2109 l’adeguamento avviene con frequenza biennale (in precedenza era invece triennale). Con decreto del 27 ottobre 2021, il MEF ha già stabilito sulla base delle rilevazioni Istat sulla speranza di vita media, che il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia resterà fermo a 67 anni anche per il biennio 2022-2024. Per maggiori informazioni si veda la Circolare INPS del 18.02.2022, n.28.
➢ Requisito contributivo
Per quanto riguarda invece il requisito contributivo, ai fini del raggiungimento dei 20 anni, vale la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato (ossia contributi da lavoro, da riscatto, figurativi e versamenti volontari).
Una volta raggiunti i due requisiti, per beneficiare del trattamento pensionistico, è necessario presentare domanda all’INPS mediante i canali messi dallo stesso a disposizione.
I REQUISITI
Il doppio requisito 67 anni d’età e 20 anni di contribuzione è valido in linea di massima, ma sono ovviamente previste alcune eccezioni.
➢ Pensione di vecchiaia per i lavoratori che non soddisfano il requisito contributivo ventennale: in tali casi è possibile ottenere la pensione di vecchiaia a 71 anni di età (requisito soggetto ad adeguamento demografico) a fronte del versamento di 5 anni di contributi, nei quali non sono però compresi in questo caso i contributi figurativi.
➢ Pensione di vecchiaia per i “contributivi puri”: per quei lavoratori il cui primo accredito contributivo è successivo al 01.01.1996, oltre al requisito anagrafico e contributivo, l’accesso alla pensione è subordinato al fatto che l’importo della medesima sia superiore a 1,5 volte l’assegno sociale (per il 2020, pari a 689,75 euro ossia: 459,83 euro x 1,5 = 689,75 euro). Si prescinde da tale requisito al raggiungimento dei 71 anni di età.
➢ Pensione di vecchiaia per quanti avevano maturato al 31.12.1992 almeno 15 anni di anzianità contributiva: in tale caso possono bastare appunto anche solo 15 anni di contribuzione, a condizione che venga comunque soddisfatto il requisito anagrafico. A questo proposito occorre infatti precisare che la cosiddetta riforma Monti-Fornero ha di fatto “parificato” il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia tra i cosiddetti “contributivi puri” e quanti invece, al gennaio 1996, avevano già una posizione assicurativa avviata; per quanto riguarda invece il requisito contributivo si rinvia alla circolare INPS, n.
16/2013 che dispone delle possibili deroghe.
➢ Pensione di vecchiaia in regime di totalizzazione: per chi accede alla pensione di vecchiaia tramite totalizzazione, il requisito anagrafico si abbassa a 66 anni di età. Va però ricordato che, tra il diritto alla pensione e l’erogazione del primo assegno, deve intercorrere una finestra di 18 mesi, tanto che, di fatto, anche la pensione di vecchiaia in totalizzazione non viene comunque percepita prima dei 66 anni e 7 mesi.
LE ECCEZIONI
Al fine di garantire la sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo termine, il sistema di calcolo delle pensioni si è modificato rispetto al passato. In particolare, fino al 1995, il trattamento pensionistico è stato calcolato con il sistema retributivo (per cui l’importo era determinato in rapporto alla media delle retribuzioni percepite durante gli ultimi anni di lavoro); a far data dal 1996, invece, è stato adottato un sistema di calcolo contributivo (basato cioè sull’ammontare totale dei contributi versati nell’arco dell’attività lavorativa).
Tuttavia, al fine di salvaguardare le situazioni di quanti avevano iniziato a lavorare in vigenza del precedente sistema di calcolo, la pensione è calcolata per quote , determinate in relazione al sistema di calcolo vigente al tempo in cui sono state maturate.
I SISTEMI DI CALCOLO DELLA PENSIONE DI VECCHIAIA
SEGUE
Più precisamente:
➢ chi aveva maturato almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995, ha diritto a una pensione calcolata con il sistema retributivo, fino al 31.12.2011 e contributivo a far data dal 1.1.2012;
➢ chi al 31.12.1995 aveva meno di 18 anni di contributi, ha diritto a una pensione “mista”, calcolata con il sistema retributivo per le anzianità maturate fino alla predetta data, e con il sistema contributivo per le anzianità maturate dal 1.1.1996;
➢ chi ha iniziato a lavorare dopo il 31.12.1995, ha diritto a una pensione calcolata integralmente con il sistema
contributivo.
Nel sistema retributivo la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi.
Si basa su tre elementi:
1)
l'anzianità contributiva, data dal totale dei contributi (ad ogni titolo versati) fino a un massimo di 40 anni, che il lavoratore può far valere al momento del pensionamento e che risultano accreditati sul suo conto assicurativo;
2)
la retribuzione/reddito pensionabile, data dalla media delle retribuzioni o redditi percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa, opportunamente rivalutate sulla base degli indici ISTAT fissati ogni anno;
3)
l'aliquota di rendimento, pari al 2% annuo della retribuzione/reddito percepiti entro determinati limiti stabiliti con legge per poi decrescere per fasce di redditi elevati.
L'importo della pensione retributiva si compone di due quote:
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la quota A è determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al 31.12.1992 e sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni, (260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520 settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori autonomi.
▪
la quota B è determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 01.01.1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni/redditi degli ultimi dieci anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi.
IL SISTEMA RETRIBUTIVO
Nel sistema contributivo, l’importo della pensione è determinato moltiplicando il Montante Contributivo per un Coefficiente di Trasformazione.
Il Montante Contributivo è determinato dalla somma dei contributi versati in tutta la vita lavorativa, “virtualmente” accantonati in un conto individuale e rivalutati a un tasso di rendimento annuo che è pari alla variazione quinquennale del PIL.
Il Coefficiente di Trasformazione è l’elemento che permetta la determinazione delle rate di pensione; è differenziato in ragione dell’età di accesso alla pensione ed esprime il periodo presuntivo di fruizione del trattamento (sicché cresce in relazione all’aumento dell’età di pensionamento).
IL SISTEMA CONTRIBUTIVO
I Dirigenti di aziende industriali, in passato, avevano un proprio ente previdenziale, l’INPDAI. Quest’ultimo è stato soppresso nel 2002 e, a far data dal 1.1.2003, le sue funzioni sono state trasferite all’INPS.
Da quella data, dunque, il regime pensionistico dei dirigenti industriali è staato uniformato nella sua totalità a quello del Fondo pensione Lavoratori Dipendenti, con la conseguenza che le pensioni, i requisiti di accesso e la decorrenza delle prestazioni sono analoghi a quelli previsti per i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria Inps.
Tuttavia, al fine di far salve le posizioni di quanti erano già iscritti all’INPDAI, è stato stabilito che il calcolo della pensione avvenga sommando due quote :
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la prima, corrispondente alle anzianità contributive acquisite presso l’INPDAI fino al 31.12.2002, determinata applicando le norme INPDAI,
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