• Non ci sono risultati.

Sentenze tributarie A CURA DELLO STUDIO FUOCO. I testi integrali delle sentenze sul sito

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Sentenze tributarie A CURA DELLO STUDIO FUOCO. I testi integrali delle sentenze sul sito"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

17 Dicembre 2018

Selezione di Selezione di

Sentenze tributarie

A CURA DELLO

S

TUDIO

F

UOCO

1. T ASSAZIONE SEPARATA SENZA EMENDA

2. B ENI AMMORTIZZABILI DEDUCIBILI CON REGISTRO

3. C OMPENSAZIONE I VA K . O . SENZA GARANZIA 4. B ONUS ENERGIA ANCHE SU IMMOBILI LOCATI 5. A CCERTAMENTI , LA DELEGA È NOMINATIVA 6. T ARSU DOVUTA SE MANCA LA DENUNCIA 7. C ARTELLE , PRESCRIZIONI NON CONVERTIBILI

I testi integrali delle sentenze sul sito www.italiaoggi.it/docio7

(2)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

(…) è consentita la tassazione separata in presenza di determinati presupposti:

a) dal punto di vista soggettivo, che il cedente che realizza la plusvalenza sia una persona fi sica (poiché non ne è con- sentita l’applicazione a snc e sas); b) dal punto di vista oggettivo, che l’azienda ceduta risulti posseduta da più di cin- que anni dal cedente; c) in caso di im- prenditori commerciali, come nel caso di specie, all’ulteriore condizione «che ne sia fatta richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di impo- sta al quale sarebbero imputabili come componenti di reddito di impresa»; non può che evincersi, da tale contesto nor- mativo, che il regime naturale della tas- sazione risulti quello ordinario, a meno che l’imprenditore, attraverso una mani- festazione di volontà da esprimere nella dichiarazione, opti per la tassazione se- parata; come affermato da questa Corte (cfr Cass. n. 12149 del 20/1/2011), in

materia di tassazione delle plusvalenze da cessione d’azienda, l’art. 16, dpr n.

917 del 1986 ha una portata innovati- va rispetto al pregresso regime poiché consente al contribuente persona fi sica un’opzione tra tassazione ordinaria e tassazione separata, scelta però che, qualora cada sulla tassazione separata, deve essere espressa in modo univoco e concludente «con una manifestazione di volontà tempestiva», trattandosi di un benefi cio per il contribuente che, come tale, è consentito solo nei casi previsti dal legislatore; l’opzione per la tassazio- ne separata si confi gura, quindi, quale dichiarazione di volontà, c.d. opzione negoziale per un regime fi scale alterna- tivo e, pertanto, non può essere regolata dalla pronunzia della sezioni unite n.

13378 del 7/6/2016 che, affermando l’emendabilità, attiene esclusivamente alle dichiarazioni di scienza e non, in- vece, alle opzioni negoziali errate od

omesse (cfr, fra le altre, Cass. n. 610 del 12/1/2018; Cass. n. 11070 del 9/5/2018);

erronea, quindi, la decisione impugnata ed emessa in violazione del richiamato articolo 16, per aver affermato la pos- sibilità di emendare la dichiarazione in qualunque momento, non trattandosi, nel caso di specie, di rettifi care errori od omissioni, bensì di esercitare una scelta del tipo di tassazione (si vedano sull’uti- lizzo di perdite pregresse Cass. n. 1117 del 18/1/2018; in tema di regimi spe- ciali condonistici, Cass., n. 22225 del 12/09/2018 nonché, in ambito di cuneo fi scale ex art. 15- bis dl/81/07, Cass. n.

25596 del 12/10/2018); tale tipo di scel- ta non è stata effettuata dal contribuen- te, e non risultando dedotto, altresì, un eventuale vizio della volontà rilevante ai sensi degli artt. 1427 e seguenti del c.c. (Cass. n. 20208 dell’8/10/2015) corretta deve ritenersi la rettifi ca operata dall’Uffi cio.

Tassazione separata senza emenda

Per avvalersi del regime di tassazione separata, in seno a una plusvalenza derivante da cessione d’azien- da realizzata da una persona fisica, è obbligatorio esercitare l’opzione in dichiarazione dei redditi e la mancanza di tale adempimento rende impossibile fruire del regime di tassazione alternativo rispetto a quello ordinario; in tale contesto, infatti, non è applicabile il principio dell’emenda della dichia- razione senza tempo, affermato dalle sezioni unite nella pronuncia n. 13378/2016, poiché esso riguarda la possibilità di rettificare errori e omissioni, e non già delle scelte che si configurano quale opzione ne- goziale per fruire di un regime fiscale alternativo. È quanto afferma la Corte di cassazione nell’ordinanza n. 31061/2018. L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per Cassazione contro una sentenza della Ctr del Lazio, che aveva accolto l’appello del contribuente.

La vertenza nasceva dalla notifica di un avviso di accertamento con cui le Entrate assoggettavano a tassazione ordinaria una plusvalenza derivante da cessione d’azienda, in relazione alla quale il con- tribuente, persona fisica, non aveva esercitato sulla dichiarazione dei redditi l’opzione per fruire della tassazione separata (regime alternativo). Secondo la Ctr, la possibilità di emendare la dichiarazione dei

redditi senza limiti di tempo consentiva di ovviare alla situazione, conservando dunque gli effetti della tassazione separata, pur in mancanza della necessa- ria indicazione a suo tempo nel dichiarativo inviato.

Diverso, invece, il parere di Piazza Cavour, che ha osservato come la dichiarazione sia emendabile per la sua caratteristica di dichiarazione di scienza, dunque per rettificare errori e omissioni nei dati dichiarati. Tuttavia, la scelta del regime fiscale da adottare si configura come dichiarazione di volontà, la c.d. opzione negoziale, che non rientra nella fatti- specie della dichiarazione di scienza, bensì necessita di essere espressa in modo univoco e concludente, con una manifestazione di volontà tempestiva. In tale caso, dunque, la scelta doveva essere contenuta nella dichiarazione originaria, non essendo possibile consentire l’emenda alla stessa dopo l’intervento del controllo fiscale, come avvenuto nella vertenza portata a decisione con l’ordinanza in commento.

La Cassazione ha perciò accolto il ricorso proposto dall’Agenzia e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo del contribuente, confermando la bontà dell’avviso di accertamento iniziale. Le spese di lite sono state invece compensate.

Nicola Fuoco

(3)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Con ricorso depositato in data 4/10/2017 M. N., in qualità di pro- curatore della Z. S. Società coopera- tiva agricola, proponeva opposizione avverso l’avviso di accertamento n.

(…) emesso dall’Agenzia delle en- trate, Direzione provinciale di Rieti - Uffi cio territoriale di Rieti, notifi - cato in data 24/3/2017, con il quale l’Amministrazione aveva recuperato a tassazione maggiori ricavi per euro 125.2.08,16. di cui 91.157,22 per versamenti e prelievi e la somma resi duale per ammortamenti indeducibi- li, il tutto con riferimento all’anno di imposta 2012 (…)

A fondamento dell’impugnazione il ricorrente deduceva che l’Agenzia delle entrate aveva illegittimamente attribuito a ricavi non fi scalmente dichiarati le somme corrispondenti al maggior reddito accertato perché relative ad addebiti e accrediti emer- si dall’esame dei movimenti bancari della società cooperativa (…) Così delineato il quadro va osservato

che nel caso in esame sulla base di movimentazioni bancarie non giu- stifi cate sono stati accertati dall’Uf- fi cio ricavi non dichiarati pari a euro 91.157,22 di cui euro 76.957,22 relativi ad accreditamenti ed euro 14.200,00 relativi a prelievi. (…) Ap- pare evidente, per questa via, coma la ricorrente non abbia assolto l’onere probatorio che su di essa incombe- va al fi ne di dimostrare l’eventuale estraneità della somma ricevuta al reddito imponibile. (…)

Il ricorrente lamenta, ancora, che l’Uffi cio avrebbe errato nel conside- rare ammortamenti indeducibili per euro 34.050,94.

In senso contrario deve osservar- si come per l’anno 2012 la società cooperativa abbia omesso di pre- sentare il prescritto registro dei beni ammortizzabili ovvero le alternative registrazioni sul libro dei cespiti; in proposito giova rilevare come «in tema di determinazione del reddito d’impresa, la previa annotazione del-

le quote di ammortamento dei beni strumentali nel registro dei cespiti ammortizzabili, ex art. 16 del dpr n. 600 del 1973, nel testo utilizza- bile ratione temporis, è funzionale a evitare prassi elusive e distorte, e confi gura, quindi, un obbligo relativo alla contabilità di natura sostanziale, il cui inadempimento ostacola le atti- vità di accertamento, sicché l’omessa o tardiva istituzione di tale registro preclude la deduzione dei relativi costi, ai sensi dell’art. 74 del dpr n.

597 del 1973, sebbene il contribuente li abbia inclusi tra le componenti ne- gative del reddito d’impresa» (Cass.

30/11/2016, n. 24385). La denuncia di smarrimento del relativo libro de- gli ammortamenti, nella fattispecie, è intervenuta nel 2016 e, pertanto, del tutto tardivamente. Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto.

(…)

Beni ammortizzabili deducibili con registro

L’obbligo di tenuta del registro dei beni am- mortizzabili, la cui funzione riconosciuta dal legislatore è essenzialmente volta al contrasto a fenomeni di abuso ed elusione, è oggetto di un regime di registrazione in contabilità che non può rimanere inadempiuto o adempiuto tardivamente, poiché, anche in quest’ultimo caso, ai fini della determinazione del reddito imponibile della società, i relativi costi saranno considerati indeducibili.

L’essenzialità di tali adempimenti è stata sot- tolineata dalla sezione 1 della Ctp di Rieti con la sentenza n. 64/2018 con la quale veniva rigettato il ricorso di una società cooperativa del settore agricolo con cui si impugnava un avviso di ac- certamento emesso dall’ufficio territoriale di Rieti per l’anno 2012. Il recupero a tassazione si basava sull’accertamento di maggiori ricavi attraverso indagini finanziarie e sul disconoscimento della deducibilità di quote di ammortamento per beni strumentali relativamente alla stessa annualità.

Se con riguardo alle movimentazioni bancarie la Ctp rilevava che in alcun modo esse venivano giustificate dalla contribuente, in particolare, dimostrando l’estraneità dei versamenti al reddito imponibile, per ciò che concerneva, invece, le somme

non ammesse in deduzione, i giudici rinvenivano evidenti omissioni relative alla corretta tenuta dell’apposito registro dei beni ammortizzabili.

Riprendendo un’importante pronuncia di Cas- sazione sul punto (Cass. sent. n. 24385/2016) si affermava infatti la natura sostanziale del predetto obbligo contabile, così come previsto dall’art. 16 del dpr n. 600/73, sicché ogni inadempimento della previa annotazione delle quote di ammortamento dei beni strumentali nel rispettivo registro cespiti ne preclude la deduzione dei relativi costi, sia nel caso in cui tale indicazione sia del tutto omessa e sia nel caso in cui essa avvenga tardivamente, a nulla rilevando che essi fossero stati invece inseriti tra le componenti negative del reddito d’impresa. Non può, in tal caso, nemmeno trovare applicazione il principio secondo cui è sempre concessa al contri- buente la possibilità di provare l’esistenza di costi comunque deducibili anche se non regolarmente registrati. La Commissione di Rieti, pertanto, con- siderata la rilevanza di un siffatto inadempimento, riteneva legittima l’esclusione della deducibilità dei costi per quote di ammortamento, mancando l’istituzione del registro di cui all’art. 16.

Benito Fuoco

(4)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

L’Agenzia delle entrate recuperava il credito Iva utilizzato in compensa- zione nell’anno 2012 per complessivi

€ 1.415.938,00 dalla società contri- buente G. Holding Srl in liquidazione e concordato preventivo omologato, a causa dell’omessa prestazione, entro il termine di presentazione della di- chiarazione Iva 2011, delle garanzie fi deiussorie richieste ex art. 6, comma 3, dm 13/12/1979. (…) La Ctp di Mi- lano, con sentenza n. 9337/16, depo- sitata in data 9/12/2016, respingeva il ricorso compensando le spese. (…) Il primo motivo di appello, che invoca l’illegittimità della sentenza per vizio di motivazione, è infondato e va re- spinto. I giudici di primo grado hanno chiaramente evidenziato il loro con- vincimento con riferimento all’obbli- go di versamento dell’imposta in con- seguenza della mancata prestazione delle garanzie da parte della società il cui credito sia stato estinto mediante compensazione. Sulla pretesa nullità dell’atto perché la pretesa del Fisco non è più esigibile quando la garanzia

è ormai priva di qualsiasi giustifi ca- zione giuridica, essendosi consolidati crediti e debiti e mancando qualsiasi rischio per l’Erario, si osserva che l’atto di recupero fi scale non era rife- rito al credito Iva 2010, ma al credito Iva 2011. Restano pertanto valide le ragioni del recupero dell’imposta in- debitamente compensata. (…) Tanto premesso, si osserva che il ca- rattere devolutivo dell’appello, mezzo di impugnazione non limitato al con- trollo di vizi specifi ci della sentenza impugnata, comporta il riesame della causa nel merito da parte del giudice d’appello. Osserva il Collegio che la decadenza del potere accertativo dell’Amministrazione fi nanziaria, posto a fondamento dell’eccezione di parte privata, riguarderebbe il solo controllo del periodo d’imposta 2011, mentre, in realtà, il credito Iva 2011 compensato è inerente alla dichia- razione Iva 2013 per l’anno 2012 e l’atto di recupero riguarda la posi- zione fi scale degli anni 2011 e 2012 e il recupero del credito d’imposta in-

debitamente utilizzato nei richiamati anni 2011 e 2012, periodo nel quale sono state effettuate le compensazio- ni. L’atto di recupero del 2015 risulta pertanto notifi cato in un periodo in cui la dichiarazione Iva poteva essere oggetto di rettifi ca, con ciò venendo a rendere infondate le affermazioni del- la società appellante circa la pretesa ineffi cacia della funzione cautelare della norma violata per essere riferita a un credito legittimo e spettante.(…) L’appello della società contribuen- te deve pertanto essere respinto e la sentenza qui impugnata deve essere confermata. (…)

Compensazione Iva k.o. senza garanzia

La sussistenza in capo a una società di un credito Iva legittimo e spettante non può portare la stessa a ritenere che tale circostanza le permetta di sottrarsi, ai fini compensativi, all’obbligo di prestare idonea garanzia fideiussoria. Lo ha stabilito la Ctr della Lombardia con la sentenza n. 3714/18/2018. Col ricorso originario, poi respinto dalla Ctp milanese, una società impugnava un atto con cui l’Agenzia delle entrate D.p. di Milano recuperava le somme inerenti un credito Iva indebitamente portato in compensazione nell’anno 2012, dal momento che la contribuente aveva omesso di prestare, ai sensi dell’art. 6, comma 3, del dm n. 13/12/1979, idonea garanzia fideiussoria entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva 2011. Condividendo quanto sostenuto con proprie controdeduzioni dall’Ufficio, ovvero la fondatezza dell’obbligo di necessaria presentazione della polizza fideiussoria, come da normativa allora vigente, la Ctp Milano rigettava il ricorso. Nel secondo grado, i giudici regionali lombardi evidenziavano la correttezza della pro- nuncia di prime cure dal momento che con la stessa si era opportunamente affermata la legittimità dell’obbligo di versamento dell’imposta per effetto della mancata prestazione della garanzia da parte

della società il cui credito era stato estinto con la compensazione. La stessa normativa citata prevede infatti, al comma 3 dell’art. 6, che «le garanzie de- vono essere prestate dalle società il cui credito sia stato estinto, per l’ammontare relativo, in sede di presentazione della dichiarazione annuale». Priva di pregio risultava, infatti, l’asserita assenza di una oggettiva inoffensività della violazione accertata e, quindi di rischi per l’Erario, fatto invocato dal con- tribuente che aveva ritenuto venir meno l’esigibilità dell’imposta e quindi la sua stessa giustificazione giuridica, per il fatto che i rispettivi crediti e debiti si erano ormai consolidati. Nel caso di specie, infatti, la Commissione faceva notare che l’atto impugnato si riferiva al credito Iva del 2011 e non dell’anno precedente, rimanendo pertanto ferma, e non estinta, la pretesa erariale. La Ctr, si precisa, riteneva del tutto legittimo il recupero operato anche dal punto di vista sanzionatorio: non era infatti condivisibile la sostenuta inapplicabilità delle sanzioni ex dlgs n. 471/1997 in quanto non poteva riconoscersi va- lore di esimente alla crisi di liquidità della società che non aveva permesso alla stessa di ottenere la garanzia necessaria.

Nicola Fuoco

(5)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

(Omissis) Trattasi di appello dell’Uf- fi cio avverso la sentenza della com- missione provinciale di Milano n.

2456/40/2016, che ha accolto il ri- corso della società L. W. Spa avverso la cartella di pagamento (…) e avver- so l’avviso bonario (…) con i quali veniva recuperata la detrazione del 55% usufruita dalla contribuente per gli interventi di risparmio energeti- co effettuati su immobili destinati a locazione abitativa. (…) Con atto di appello, l’Uffi cio insiste sull’inam- missibilità del ricorso, non rientran- do la comunicazione di irregolarità nell’elenco tassativo degli atti im- pugnabili ai sensi dell’art. 19, dlgs 546 del 199, e nel merito, ribadisce la legittimità del proprio operato at- teso che la detrazione per interventi volti al risparmio energetico compete alle imprese con esclusivo riferimen- to ai fabbricati strumentali utilizzati nell’esercizio dell’attività impren- ditoriale. Con successiva memoria depositata in data 30 gennaio 2017,

l’Uffi cio precisa che le norme sulle agevolazioni sono di stretta interpre- tazione e non ammettono un’applica- zione analogica, che nel caso di im- mobili locati a terzi i costi sostenuti sono di fatto traslati sui clienti, che già specifi che norme consentono la deducibilità dei costi per interventi sui beni merce e ammettere anche la loro detrazione costituirebbe una inammissibile duplicazione del van- taggio fi scale.(…)

MOTIVI DELLA DECISIONE L’ap- pello dell’uffi cio non merita accogli- mento. (…)

Nel merito, le osservazioni dei giu- dici di prime cure sono del tutto condivisibili. Per quanto concerne la possibilità per una società di gestione immobiliare di benefi ciare della de- trazione per interventi di incremento dell’effi cienza energetica degli im- mobili locati a terzi, la norma non pone invero alcuna limitazione. La chiave di lettura restrittiva dell’Agen- zia delle entrate, che limita il benefi -

cio ai fabbricati strumentali utilizzati nell’esercizio dell’attività impren- ditoriale (Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 340/2008) sul presup- posto che gli immobili locati a terzi non sarebbero beni strumentali per l’attività, bensì beni oggetto dell’atti- vità, non è accoglibile. Se il legislato- re avesse voluto limitare la fruizione del benefi cio avrebbe dovuto esplici- tamente prevedere la restrizione di- rettamente nel disposto normativo.

D’altra parte, l’interpretazione lette- rale è coerente con la fi nalità della legge di incentivare questi interventi in un’ottica di interesse pubblico al risparmio energetico e alla riduzione dell’inquinamento. La complessità della questione giustifi ca la compen- sazione delle spese.

PER QUESTI MOTIVI la Commis- sione conferma la sentenza impugna- ta. Spese compensate.

Bonus energia anche su immobili locati

Va riconosciuta la detrazione del 55% prevista dalla legge n. 296/2006 per l’effettuazione di interventi su immobili volti a ottenere un risparmio energetico, anche laddove gli stessi siano stati locati a terzi, poiché una esclusione di tale ipotesi, nello specifico, non è stata prevista dal legislatore, interessato esclusivamente a riconoscere il beneficio laddove i lavori tendano effettivamente a procurare il suddetto risparmio. È il riconoscimento che si legge nella sentenza n. 3694/19/18 della Ctr della Lombardia.

L’Agenzia delle entrate di Milano presentava, infat- ti, appello contro la sentenza della Ctp che aveva accolto il ricorso di una Spa contro una cartella di pagamento e avviso bonario tesi al recupero delle somme che l’ufficio riteneva indebitamente detratte per interventi di risparmio energetico effettuati su immobili che la contribuente aveva destinato a lo- cazione. L’appellante insisteva, anche con apposite memorie, nel rappresentare come le detrazioni di cui si era avvalsa la società sarebbero state in realtà riconoscibili solo laddove le opere effettuate, tese al risparmio energetico, fossero state realizzate su fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività di impresa. Diversamente, invece, decidevano nel merito i giudici regionali di Milano, poiché la limitazione

del beneficio invocata dall’Ufficio, che si basava su una stretta interpretazione della risoluzione AE n. 340/2008, non era condivisibile. La chiave di lettura del Collegio lombardo (in senso analogo anche Ctp Sondrio sent. n. 73/2018) si è innestata sul rilievo dato al prevalente interesse pubblico del risparmio energetico e della riduzione dell’in- quinamento ambientale, rispettivamente al quale ogni intervento in quel senso orientato e realizzato su immobili deve essere incentivato e ammesso al beneficio fiscale, a prescindere dal diretto utiliz- zo degli stessi, ancorché locati, come strumentali all’attività imprenditoriale o come oggetto della stessa. Dal dato letterale della norma, infatti, si evince chiaramente la sua ratio, volta a riconoscere la detrazione, quindi spettante nel caso di specie, a ogni intervento teso ad aumentare l’efficienza energetica degli edifici, non ricavandosi, invece, dalla normativa stessa, alcuna limitazione, che, altrimenti, il legislatore avrebbe previsto. Soddi- sfatto l’interesse preminente da questi contemplato nella normativa, i giudici rigettavano l’appello dell’ufficio compensando tuttavia le spese di lite data la complessità del caso trattato.

Benito Fuoco

(6)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

(…) La Commissione tributaria pro- vinciale di Roma, dopo aver osser- vato: a) che la carenza di delega da parte del funzionario che aveva sotto- scritto gli avvisi non sussisteva (…), respingeva i ricorsi riuniti e condan- nava il contribuente al pagamento di euro 1.500 per spese di lite. Avverso detta decisione ha proposto appello il contribuente chiedendone la integra- le riforma. Resisteva con controde- duzioni l’Ufficio. (…)

L’appello è fondato. Anzitutto, l’impugnata sentenza ha errato nel respingere l’eccezione di nullità dell’atto impositivo. Come è noto la Suprema Corte, anche di recente ha precisato che «in tema di accer- tamento tributario, la delega di firma o di funzioni di cui al dpr n. 600 del 1973, art. 42 deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impo- sitivo, sicché non può consistere in

un ordine di servizio in bianco, che si limiti a indicare la sola qualifica professionale del delegato senza con- sentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore» (Cass. n.

12960/2017; Cass. n. 22803/2015).

Ne consegue che, il principio della sufficienza per la riferibilità dell’at- to all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato, di una presunzione gene- rale in tal senso, non vale per gli avvisi di accertamento (per i quali si applica il rigoroso principio della delega nominativa espressa) ma solo per la cartella esattoriale (Cass. n.

1346/12), per il diniego di condono (Cass. nn. 11458/12 e 290/14), per l’avviso di mora (Cass. n. 8248/06).

In buona sostanza, per gli avvisi di accertamento è necessaria una delega nominativa perché solo in tal modo si radica il rapporto di fiducia tra dele- gante e delegato.

Nel caso in esame, non è stato pro- dotta la delega ma un ordine di ser- vizio integrativo senza neanche la produzione dell’atto originario (solo richiamato ma non allegato). Comun- que, non risulta in atti che la Dr.ssa L. V. cha ha sottoscritto l’avviso di accertamento (che si assume essere stata delegata dal Dr. P. T. Diretto- re Provinciale), sia effettivamente munita di delega con data certa e con l’indicazione dei relativi poteri, mancando in atti completamente la relativa prova. Alla luce delle con- siderazioni che precedono, assorbito in esse ogni altro motivo, in accogli- mento degli appelli già riuniti (…), devono essere dichiarati nulli gli av- visi di accertamento impugnati. (…)

Accertamenti,

la delega è nominativa

Quando l’avviso di accertamento non è sottoscrit- to dal Direttore dell’ufficio fiscale, la regolarità della sottoscrizione deve necessariamente essere valutata in relazione alle caratteristiche della delega di firma rilasciata al funzionario: tale atto deve essere espressamente nominativo; qualora manchi questo requisito, la delega è illegittima e il vizio si riflette sulla nullità dell’accertamento, per violazione dell’articolo 42 del dpr n. 600/73.

Sono le motivazioni che si leggono nella sentenza n.

6107/2018 della Commissione tributaria regionale del Lazio. Il collegio ha recepito gli ultimi precetti dettati dalla Corte di cassazione, con le note sentenze nn. 22800, 22803 e 22810 del 9 novembre 2015, riscontrando l’illegittimità della delega depositata dall’Agenzia delle entrate e annullando, per questo motivo, l’avviso di accertamento.

La Ctr rileva come, nel caso in esame non sia stata prodotta la delega ma un ordine di servizio integrativo senza neanche la produzione dell’atto originario (solo richiamato e non allegato). ricorda anche un’ulteriore principio affermato dalla Cassa- zione nelle citate sentenze, ovvero che l’accertamento tributario non possa essere firmato da chicchessia, ma soltanto da un funzionario appartenente alla

«carriera direttiva», «con data certa e l’indicazione dei relativi poteri» secondo l’inquadramento delle posizioni lavorative all’interno dell’Agenzia delle entrate. All’ente impositore spetta, quindi, l’ul- teriore onere di dimostrare documentalmente la qualifica gerarchica rivestita dal firmatario. Come affermato di recente dalla cassazione (sentenza n.

12960/2017) la delega di firma o di funzioni di cui all’articolo 42 del dpr n. 600/73 deve neces- sariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo. Nel caso trattato dai giudici di Via Labicana, la delega depositata agli atti non riportava il nominativo dei funzionari delegati, essendo rilasciata in favore dei vari

«capo area» e «capo team», identificando in pieno la fattispecie della cosiddetta delega in bianco, censurata dalla giurisprudenza di legittimità. Tutte queste ragioni hanno determinato l’annullamento dell’atto impositivo, mentre le spese del giudizio sono state compensate sulla scorta del fatto che i principi applicati per dirimere la controversia in favore del contribuente sono attinenti una questione processuale.

Nicola Fuoco

(7)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Il sig. N. F., tramite il proprio difen- sore tecnico, proponeva ricorso av- verso Avviso di accertamento Tarsu notificato dal comune di Priverno per il 2012 per omessa denuncia e omes- so versamento dell’imposta, relati- vamente agli immobili posseduti nel comune. Veniva calcolato il tributo dovuto, le sanzioni e gli interessi di mora. Nel ricorso evidenziava: ille- gittimità della sanzione per omessa denuncia; nullità dell’accertamento per carenza motivazionale dell’atto;

errata classificazione delle superfici accertate; violazione del principio del contraddittorio; illegittimità cumulo materiale delle sanzioni. Ritenendo errato l’accertamento chiedeva l’an- nullamento dell’atto. Si costituiva il Comune di Priverno tramite la TRE ESSE ITALIA Srl, concessionaria del servizio di accertamento per insistere nella propria pretesa e richiedere il ri- getto del ricorso (…).

Chiariva che la introduzione della Tia

non ha portato alla abolizione della Tarsu, in quanto con il dlgs 22/97 è stata disposta la riviviscenza della precedente normativa. Tale aspetto veniva successivamente confermato con il dlgs 23/2011. (…)

MOTIVI DELLA DECISIONE. Il ricorso non può essere accolto. Il col- legio prende atto del contenuto del ri- corso e delle controdeduzioni presen- tate dalla concessionaria del comune di Priverno. Superate le problemati- che sulla applicazione della Tarsu, per la intervenuta legislazione a riguardo, merita approfondimento la contestata omessa denuncia da cui discendono le sanzioni e l’errata classificazione delle superfici accertate. Dall’esame dell’atto di accertamento, appaiono in evidenza tutti i motivi alla base della riscontrata omessa denuncia e del riscontrato omesso versamento.

Infatti lo schema di cui si compone l’avviso contiene le notizie in merito agli immobili, al calcolo dell’impo-

sta dovuta e alla tipologia delle vio- lazioni commesse. Il quadro della tassazione, sulla base dei precedenti comportamenti della parte, si è pre- sentato totalmente differente, in quan- to rispetto ai «denunciati» mq 168, è stata riscontrata una superficie da sot- toporre a tassazione di mq 2.368. La mancanza di formale denuncia porta le considerazioni di parte ricorrente del tutto inconferenti rispetto all’ef- fettivo utilizzo delle superfici tassate.

Proprio con la denuncia potevano es- sere documentati gli utilizzi dei beni escludendo quelli che non potevano produrre rifiuti. Le argomentazioni in sede di ricorso, non sono sufficienti a far superare le conclusioni del comu- ne. La normale denuncia correlata a documentazioni probatorie potevano far superare le perplessità espresse da parte ricorrente. Il collegio pertanto, alla luce delle precedenti considera- zioni, rigetta il ricorso ritenendo lo stesso infondato. (…)

Tarsu dovuta

se manca la denuncia

Se non sussiste a monte la presentazione di apposita denuncia originaria o di variazione ai fini Tarsu, volta a render note, provandole, le condizioni per cui l’immobile non costituisce area idonea alla produzione di rifiuti, sarà del tutto legittimo l’accertamento della relativa tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

È quanto ha precisato con la sentenza n.

1221/6/18 la Ctp di Latina (presidente Ferra- ra, relatore Scalesse). Oggetto della vertenza dinanzi ai giudici provinciali era un ricorso avverso avviso di accertamento Tarsu per il 2012 notificato al contribuente dal comune di Priverno sulla scorta dell’omessa denuncia e versamento del tributo dovuto su immobili siti nel comune medesimo. Di fronte alle contestazioni mosse dal ricorrente in merito alla legittimità dell’atto, quali la carenza di motivazione, errata classificazione delle superfici, violazioni del contraddittorio e illegittima applicazione del cumulo materiale, l’ente comunale costituitosi rappresentava che i procedimenti legislativi succedutisi in materia di imposte comunali non avevano comportato, con l’introduzione della Tia, l’automatica abolizione della Tarsu,

come confermato in ultimo col dlgs n. 23/2011, pertanto era legittimo il recupero attuato. La Ctp, infatti, riteneva corretta l’applicazione dell’imposta, ma si soffermava, più in par- ticolare, sul rilievo dell’omessa denuncia. A fronte di tale omissione, la Ctp non poteva che ritenere legittimo l’accertamento e rigettare il ricorso dal momento che, mancando a priori ogni denuncia documentante l’effettivo utilizzo degli immobili e l’esclusione di quelli inidonei a produrre rifiuti solidi urbani, non poteva, di conseguenza essere evitato l’accertamento poi emesso dall’ente comunale, non provenendo dal contribuente alcuna prova in tal senso. La stessa Cassazione (Cass. n. 10545/2017), posto che è presupposto Tarsu l’occupazione o la detenzione di locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ha precisato che ne restano esclusi i locali o le aree che non possono produrre rifiuti, stanti le loro obiettive condizioni di inutilizzabilità, purché indicate nell’apposita denuncia obbli- gatoria e comprovate da obiettivi elementi e da idonea documentazione.

Benito Fuoco

(8)

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

L’Agente della riscossione Roma Equitalia sud s.p.a. ha proposto ap- pello avverso la sentenza della Ctp di Roma (…) con la quale è stato accol- to il ricorso del contribuente avverso le cartelle di pagamento meglio spe- cificate in epigrafe, notificate al con- tribuente S. R., e relative all’omesso pagamento di tasse automobilistiche, Irpef, Iva, Ici. La Ctp ha accolto il ri- corso in quanto Equitalia sud s.p.a., pur deducendo la ritualità delle no- tifiche, non ha dimostrato la concre- ta esecuzione delle stesse, di fronte alla dichiarazione di omessa notifica degli atti presupposti eccepita dal ri- corrente. (…)

È parzialmente fondata nel merito l’eccezione di prescrizione, sollevata sin dal primo grado limitatamente a quattro cartelle n. (…) tutte notifi- cate oltre il quinto anno del relativo termine di prescrizione e la n. (…) notificata oltre il termine triennale previsto per le tasse automobilisti-

che. Nel caso in esame devono essere applicati i seguenti principi di dirit- to, applicabili mutatis mutandis, al di là della fattispecie di riferimento, secondo i quali la scadenza del ter- mine, pacificamente perentorio, nel caso di specie, per proporre opposi- zione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del dlgs n. 46 del 1999, pur determinando la deca- denza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’ef- fetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza deter- minare anche la c.d. «conversione»

del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secon- do l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale dive- nuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto ammi-

nistrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. (Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’Inps, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (Sez. U., sentenza n.

23397 del 17/11/2016, Rv. 641632- 01) (…)

Nel caso in esame la richiesta di pa- gamento oggetto dell’appello di cui ancora si discute per la loro qualità di atto presupposto all’avviso di in- timazione, è stato effettuato oltre il termine di cinque e tre anni (per la quarta cartella) di prescrizione della imposta; le relative somme richieste al contribuente devono dunque esse- re espunte dall’importo finale. Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello deve essere accolto nei li- miti di cui in motivazione. (…)

Cartelle, prescrizioni non convertibili

Il solo scadere del termine perentorio previsto per l’impugnazione di un atto esattoriale che incorpora crediti soggetti a prescrizione breve non fa sì che, in applicazione dell’art. 2953 c.c., tale termine pre- scrizionale si converta in quello ordinario decen- nale, a meno che non vi sia un titolo giudiziale che li consacri in via defi nitiva. Tale noto principio, che trae origine dalle sezioni unite di Cassazione del 2016, sentenza n. 23397, è stato riaffermato dalla Ctr del Lazio con la pronuncia n. 6170/10/2018.

Invero, nel caso esaminato dai giudizi regionali laziali, veniva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate Riscossione di Roma contro la sentenza di primo grado che aveva ritenuto irregolare il proce- dimento di notifi ca di diverse cartelle di pagamen- to. Costituitosi in appello, il ricorrente ne eccepiva altresì l’intervenuta prescrizione dei crediti in esse iscritti. Pertanto, se da una parte il collegio verifi - cava che la procedura di notifi ca delle cartelle si era regolarmente perfezionata per ciascuna di esse, dall’altro si soffermava a esaminare l’eventuale incorrere delle stesse nel termine di prescrizione, e in effetti, per alcune, l’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte doveva ritenersi fondata. La notifi ca era infatti avvenuta, ma al di là del termine di prescrizione dei relativi crediti, non potendo in

tal caso ritenersi, in ossequio ai principi stabiliti dalle Ss.uu. del 2016, che laddove non impugnate tempestivamente le cartelle, i termini di prescrizio- ne «brevi» vadano a convertirsi in quello ordinario decennale come previsto dall’art. 2953 c.c. Come noto la decadenza dalla possibilità di proporre im- pugnazione produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito senza determinare anche la c.d. «conversione» del termine di prescri- zione in quello ordinario decennale. L’art. 2953 c.c. trova infatti applicazione solo a fronte di un titolo giudiziale defi nitivo, non potendo la cartel- la, che è atto amministrativo, acquisire tale incon- trovertibilità di giudicato. Il principio così affer- mato, precisano i giudici, si applica con riguardo a tutti gli atti di riscossione comunque denominati relativi a crediti erariali, crediti previdenziali, crediti delle Regioni e degli Enti locali, nonché per le sanzioni amministrative. Nel caso di specie per alcune delle cartelle la notifi ca era avvenuta al di là dei termini quinquennali (o triennali nel caso tasse automobilistiche) di prescrizione del credito, perciò, limitatamente a esse, i relativi importi ve- nivano espunti mentre, per il resto, l’appello veniva accolto.

Benito Fuoco

Riferimenti

Documenti correlati

Concludendo, il quadro delle sentenze pronunciate sull’argomento dimostra che prevalgono quelle di riconoscimento del diritto alla corresponsione della indennità di polizia

Gli ordini professionali hanno legittimazione a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale, non solo

116 D.P.R. 28 novembre 1990 n.384 - che al fine della qualificazione professionale del personale medico e veterinario di posizione intermedia della Unità sanitarie locali ha

18 dicembre 1997 n.78, che fissa i principi relativi all’organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità,

- La cessazione della sospensione cautelare obbligatoria dal servizio di un pubblico dipendente non comporta automaticamente la riammissione in servizio, con la conseguenza che è

Il servizio di somministrazione di alimenti e bevande rivolto ai soci di un circolo privato, ancorché esteso a non soci occasionalmente presentati dai soci e dagli stessi

221, in tema di procedimento disciplinare nei confronti degli iscritti, devono prevedere la formale contestazione degli addebiti prima dell’istruttoria formale e subito dopo

287, la quale trae ragione, con evidenza, dalla particolare natura dei beni e dei servi- zi forniti (vendita per il consumo sul posto di alimenti e bevande), diversa da quella