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ASSTRA: Roncucci, per ferrovie concesse stanziati 300 mln, ma ne servono 1.800. I problemi attuali

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L’adeguamento delle infrastrutture e del materiale rotabile delle ferrovie regionali c.d. “ex concesse”

Executive Summary

L’anno 2016 ha visto un’intensa attività di riforma del quadro normativo di riferimento di interesse delle ferrovie regionali c.d. “ex concesse” e, in particolare, di quelle reti interconnesse all’infrastruttura nazionale gestita da Rete Ferroviaria Italiana e, conseguentemente, delle imprese ferroviarie che effettuano l’esercizio su di esse. Tali interventi, sebbene adottati nell’ambito di provvedimenti aventi finalità di apertura del mercato in ossequio alle disposizioni europee, nei fatti si sono tradotti in diposizioni relative alla sicurezza, con l’obiettivo di uniformare i sistemi presenti sulle reti regionali interconnesse a quelli del gestore nazionale. Ciò ha portato il passaggio delle reti regionali sotto la competenza dell’ANSF, Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, e delle regole da questa previste in ossequio alla normativa europea e regionale di riferimento per le ferrovie a questa sottoposte. Un passaggio norvativo e regolamentare molto importante che comporta per le imprese interessate, siano esse Gestori dell’Infrastruttura o Imprese Ferroviarie, la necessità di completare la realizzazione dei piani di attrezzaggio già avviati o di avviare, per quelle realtà che non l’avessero già fatto, i relativi iter procedurali. Percorso ed iter questo già intrapreso per la rete nazionale, la cui esperienza ha messo in evidenza come la realizzazione di interventi siffatti, sulla cui necessità e opportunità non si può che convenire, debba svilupparsi all’interno di un progetto complessivo fondato su importanti linee di finanziamento e su tempistiche adeguate.

Condizioni queste in presenza delle quali la rete nazionale ha potuto efficacemente operare e che si ritiene debbano, oggi, essere, al pari, consentite alle ferrovie regionali che si accingono a completare o ad intraprendere questo importante percorso. Percorso che implica non solo un intervento strutturale per l’adeguamento alle più moderne tecnologie, a vantaggio della sicurezza ferroviaria, ma anche un cambiamento normativo, organizzativo e gestionale che le ferrovie interessate stanno affrontando per quanto di loro competenza, con spirito costruttivo e determinazione, cercando al contempo di limitare al minimo le inevitabili ripercussioni sull’offerta di servizi, derivanti dall'adozione delle previste misure minime di mitigazione dei rischi.

Il progetto di allineamento delle ferrovie interconnesse ai sistemi e alle procedure dell’operatore nazionale ha indotto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ad analoghe riflessioni per le ferrovie isolate. Tuttavia, i provvedimenti adottati non sono stati accompagnati da un’organica revisione del quadro normativo, né, al momento, dalla previsione di fondi ad hoc.

Il tema degli investimenti è centrale nel suddetto processo. Infatti, alle problematiche dell’attrezzaggio di cui sopra si va a sommare un parco mezzi vetusto, come definito dalla ricerca ASSTRA-Cassa Depositi e Presiti, di cui si dirà in seguito. Sempre secondo i dati presentati da tale studio, gli stanziamenti al momento previsti risultano assolutamente insufficienti a far fronte agli ambiziosi obiettivi posti dalla vigente normativa, obiettivi assolutamente condivisibili dall’Associazione e dalle Aziende, poiché mossi da un desiderio di incremento dei livelli di sicurezza.

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L’auspicio che si esprime, pertanto, è che in questa importante e imprescindibile rivoluzione, le ferrovie regionali interessate possano confidare su:

- Certezza e adeguatezza dei finanziamenti rispetto al fabbisogno derivante dai livelli di sicurezza richiesti dalla normativa vigente;

- Adeguatezza delle tempistiche per l’adozione delle misure in parola;

- Semplificazione del quadro procedurale;

- Chiarezza del quadro normativo e regolamentare, delle competenze e dei ruoli.

La valorizzazione di suddetti investimenti passa anche attraverso una maggiore efficienza del servizio. A tale riguardo, L’AGCM ritiene che uno dei motivi principali del deficit di efficienza e qualità dei servizi ferrovieri regionali sia riconducibile alla scarsa propensione delle amministrazioni regionali allo svolgimento di gare.

Come anticipato, i suddetti provvedimenti si inquadrano in un contesto più ampio di accesso al mercato. In tal senso, con riguardo a tale ultimo aspetto, l’Associazione ritiene che al pari di altri Paesi europei, occorra garantire il rispetto delle nome comunitarie che regolano gli affidamenti dei servizi in questione. Regola per le quali i recenti provvedimenti adottati dal Parlamento Europeo (IV Pacchetto Ferroviario) introducono delle incentivazioni all’apertura del mercato. Nell’ottica dell’auspicata apertura del settore, risulta quindi fondamentale non solo prevedere regole chiare e conformi alla normativa comunitaria ma garantire il rispetto formale e sostanziale delle stesse, assicurando la parità di accesso al mercato per tutti gli operatori. A tal fine, l’Associazione chiede che la normativa nazionale consideri che assoggettare le società operanti in contesti aperti alla concorrenza alle medesime norme e disposizioni vincolistiche previste per le pubbliche amministrazioni in senso stretto, significhi di fatto ledere fortemente la loro capacità competitiva introducendo illegittimi ed ingiustificati elementi di svantaggio competitivo. E ciò, peraltro, determinando anche una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad operatori comunque operanti sulla base di contratti pubblici e, quindi, di corrispettivi pubblici. La garanzia di regole comuni per tutti gli operatori all’interno dei confini nazionali scongiurerebbe inoltre un’ingiustificata ed illegittima discriminazione delle imprese italiane rispetto alle regole comunemente osservate ed applicate negli altri Stati.

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3 1. I dati e le dimensioni del settore

ASSTRA, Associazione Trasporti, è l’Associazione datoriale nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale, pubbliche e private, che operano in Italia. Il settore del trasporto ferroviario rappresentato da ASSTRA si compone di 25 Imprese ferroviarie e/o i gestori dell’infrastruttura che, per caratteristiche storiche, istituzionali o vocazionali, svolgono la propria attività principale in contesti regionali definiti e quindi rappresentano un elemento fondamentale della mobilità collettiva e delle politiche e strategie del territorio.

Con un’estensione complessiva della infrastruttura ferroviaria di circa 3.655 km, il sistema delle così dette ferrovie secondarie assolve un importante ruolo in ambito nazionale nel ricoprire le esigenze di mobilità regionale. Dei 3.655 km complessivi, ben 2.238 km si sviluppano nelle Regioni dell’Italia Meridionale e Insulare.

La tabella di seguito riportata rappresenta, su base regionale, un confronto tra l’estensione della rete nazionale e di quella delle c.d. ferrovie ex concesse.

Fonte: Lo Stato della Sicurezza sulle Reti Ferroviarie Regionali, Asstra-ANSF, anno 2014

2. La situazione delle ferrovie interconnesse

L’anno 2016 ha visto un rinnovamento del quadro normativo di riferimento per alcune delle ferrovie regionali ex concesse.

Il D.M. 5 agosto 2016, infatti, in attuazione del D. Lgs. 112/2015 che ha a sua volta recepito la Direttiva 2012/34/UE che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, ha stabilito il passaggio

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di competenza in materia di sicurezza dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti all’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF) di tutte quelle ferrovie regionali individuate come strategiche per la costruzione del corridoio unico.

Tale passaggio implica ovviamente l’adeguamento tecnologico delle ferrovie regionali agli standard della rete ferroviaria nazionale, processo che, come è immaginabile, richiederà più di qualche mese.

Nelle more di tale percorso, ove gli standard di attrezzaggio tecnologico delle reti non fossero rispondenti a quanto previsto dal D.lgs. 162/2007, diventato cogente per le ferrovie individuate dal DM 5 Agosto 2016, l’ANSF ha disposto una serie di provvedimenti consistenti nell’immediata applicazione di azioni mitigative che hanno avuto significative conseguenze sui livelli del servizio erogato sulle suddette reti. In tal senso, è importante sottolineare che tali reti erano sottoposte fino al 5 agosto 2016 ai regimi previsti dal DPR 753/1980, agendo secondo regole di sicurezza conformi alla normativa e proporzionate ai livelli di traffico previsti.

A seguito del cambiamento introdotto dal DM del 5 agosto, il legislatore è intervenuto per adeguare i livelli di sicurezza agli standard della rete nazionale e della moderna tecnologia esistente. Come già dimostrato dall’esperienza di RFI e dal Gruppo FS in generale, il percorso che le reti regionali hanno intrapreso richiede tempi medio-lunghi e ingenti finanziamenti, facendo sì che le misure mitigative adottate e in corso non presentino nei fatti un profilo di natura temporanea. Pari condizioni, l’Associazione chiede che vengano garantite alle imprese rappresentate, che si accingono ad intraprendere il percorso verso il rilascio dell’autorizzazione e del certificato di sicurezza.

Inoltre, nella consapevolezza che si debba intervenire per raggiungere livelli di sicurezza delle reti regionali sempre più elevati, si ritiene opportuno evidenziare che, al fine di far convergere il sistema ferroviario regionale sui livelli di attrezzaggio tecnologico e infrastrutturale analoghi a quelli della rete nazionale, si renderà necessario il supporto e la partecipazione di tutti gli attori del sistema, ognuno per la propria parte: infatti, l’attuale assetto delle suddette reti è frutto di un percorso che ha visto la partecipazione non solo delle aziende esercenti il servizio o gerenti l’infrastruttura, ma anche degli organismi di programmazione e controllo. Pertanto, appare opportuno sottolineare che, nel comune obiettivo di garantire la sicurezza dell’esercizio e il suo continuo miglioramento, le difficoltà di cambiamenti ingenti quali quelli che il settore si appresta ad affrontare non gravino esclusivamente sulle aziende e sull’utenza che del servizio in parola usufruisce quotidianamente.

Infatti, la contrazione dell’offerta di trasporto ferroviario, conseguente al mantenimento per tempi lunghi delle misure mitigative introdotte, colpirebbe necessariamente i gestori del servizio ma specialmente i molti passeggeri, perlopiù lavoratori e studenti, che ogni giorno scelgono di spostarsi con il servizio pubblico ferroviario, obbedendo a logiche di tipo economico, ambientale, per evitare il traffico stradale, per ridurre i tempi di percorrenza.

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Al fine di ridurre suddetti disagi per l’utenza e per il settore in generale, l’Associazione confida che tutti gli attori in gioco, ognuno per la parte di propria competenza, si impegnino attraverso un piano condiviso strategico e finanziario di ampio respiro per il raggiungimento degli obiettivi che devono necessariamente essere di breve, medio e lungo periodo.

Ferma restando la pesantissima riorganizzazione interna delle Aziende (separazione tra gestore di infrastruttura e impresa ferroviaria, individuazione di nuove figure professionali quali responsabile del sistema di gestione della sicurezza, istruttori accreditati, ecc.) e l’atteggiamento proattivo dimostrato nel rispondere alle sfide imposte dalla nuova normativa, vale la pena evidenziare che, al fine di colmare gli eventuali gap d’esperienza esistenti rispetto al gestore nazionale, l’Associazione ha avviato accordi di collaborazione specifica con RFI, al fine di valorizzare la conoscenza del contesto operativo propria delle singole realtà regionali e locali, e di metterla a sistema con l’esperienza e la competenza di cui il gestore nazionale dispone, non fosse altro per il fatto che ad oggi è l’unico ad aver avviato e concluso il suddetto percorso presso l’ANSF.

3. La situazione delle ferrovie isolate

La riforma del quadro normativo vigente per le ferrovie interconnesse ha portato all’adozione di alcuni provvedimenti analoghi anche per le reti isolate – note del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti protocollo n. 7655 del 21/11/2016 e n. 7922 del 2/12/2016 – rimaste in regime di DPR 753/80, ovvero sotto il controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Con le due note, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, ha disposto alcune importanti prescrizioni allo scopo di garantire ed incrementare i livelli di sicurezza esistenti su dette reti, richiedendo in particolare l’effettuazione di un’analisi dei rischi svolta secondo il Regolamento 402/2013 e l’elaborazione di un sistema di gestione della sicurezza secondo le modalità indicate nel Decreto Legislativo 162/2007. Al contempo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in analogia a quanto fatto da ANSF, ha individuato provvedimenti urgenti di immediata applicazione, volti ad assicurare un’armonizzazione generale delle regole di circolazione a livello regionale e nazionale. Provvedimenti questi che, pur comprendendo la necessità di garantire medesimi livelli di sicurezza presenti sulla rete nazionale, non può farsi a meno di evidenziare, si inseriscono in un quadro normativo fondato su presupposti sostanziali e normativi differenti. Sostanziali perché queste reti presentano caratteristiche che le differenziano rispetto ad altre reti (capacità infrastrutturale, scartamento,…). Normativi in quanto per queste ferrovie isolate agiscono oggi sotto la vigenza di un sistema regolamentare di cui al DPR 753/1980 che attribuisce ruoli e competenze importanti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ai competenti USTIF, la cui compatibilità con il diverso sistema imposto alle ferrovie interconnesse va chiarita, attentamente disciplinata e regolamentata.

Ciò premesso, giova sottolineare che questa Associazione ha da sempre sostenuto che i livelli di sicurezza non debbano essere distinti tra reti interconnesse e reti isolate poiché appare ovvio che non può essere quello il punto di discrimine.

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Per le reti isolate occorre, in relazione alle caratteristiche proprie delle stesse, individuare con chiarezza il percorso che si intende intraprendere, sia sotto il profilo del quadro specifico di riferimento, che in relazione agli interventi tecnologici richiesti. È altresì vero però che, trattandosi di reti isolate e venendo pertanto meno l’esigenza di standardizzazione dei livelli tecnologici con la rete nazionale, si potrebbero ipotizzare interventi che garantiscano analoghi livelli di affidabilità ma meno impegnativi in termini economici.

Ferme restando tali valutazioni, al fine di stimolare ulteriormente le reti in parola ad un cambiamento culturale analogo a quello che stanno vivendo le ferrovie interconnesse, non si può prescindere da una urgente revisione del contesto giuridico di riferimento, unitamente alla previsione di risorse certe e adeguate, di un percorso chiaro e di un’interlocuzione aperta e che sia a supporto di tale rinnovamento.

4. Il fabbisogno delle reti regionali: le caratteristiche del parco treni e della rete ferroviaria Come emerge dal quadro sopra descritto, i recenti interventi di revisione del quadro normativo, unitamente ad una situazione di scarsità delle risorse che ha caratterizzato la fase di crisi economica che ha interessato il sistema Italia in un’accezione più ampia, ha comportato la grande necessità di investimenti da destinare al settore. Vediamo in che termini.

Di seguito i dati forniti dalla ricerca ASSTRA-Cassa Depositi e Prestiti “Investire nel Trasporto Pubblico: Mezzi e reti per la mobilità” (gennaio 2017) che descrivono un quadro riassuntivo delle risorse stanziate e delle risorse pubbliche necessarie per un reale miglioramento del servizio e sviluppo del settore.

Fonte: ASSTRA-Cassa Depositi e Prestiti “Investire nel Trasporto Pubblico: Mezzi e reti per la mobilità” (gennaio 2017)

Rispetto al fabbisogno relativo al materiale rotabile, possiamo dire che nel 2015 in Italia il trasporto ferroviario regionale, gestito sia da Trenitalia, sia dalle aziende ex concesse, dispone di un parco rotabile di 3.300 unità con un’età media di circa 20 anni.

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Fonte: ASSTRA-Cassa Depositi e Prestiti “Investire nel Trasporto Pubblico: Mezzi e reti per la mobilità” (gennaio 2017)

I dati sopra riportati sul servizio ferroviario mettono in evidenza l’età avanzata del parco mezzi ferroviario, che dovrebbe essere letta alla luce dell’innovazione tecnologica sopravvenuta nel settore, che da un lato mira ad assicurare un adeguato comfort di viaggio, dall’altro il rispetto dei principi di sicurezza e regolarità e protezione della marcia del treno.

La mancanza di investimenti nel comparto ha portato ad un progressivo circolo vizioso, altamente dannoso per le aziende: la vetustà del parco veicoli e la sua conseguente inefficienza genera una maggiore necessità di interventi di manutenzione al fine di garantire la funzionalità dei mezzi e della rete. Ciò conduce evidentemente ad un aggravio dei costi operativi. Parallelamente, la domanda di mobilità si contrae, riducendo i ricavi.

Ciò detto, se la tendenza iniziale delle aziende è quella di ridurre gli investimenti per andare incontro ad un elevato fabbisogno di parte corrente e per ridurre il debito, successivamente, in ragione di un aumento dei costi operativi legati alle manutenzioni e alla contrazione dei ricavi da traffico, si assiste ad un tendenziale incremento del fabbisogno di parte corrente.

A tal riguardo la ricerca in parola propone una simulazione volta a individuare il fabbisogno finanziario per l’abbattimento dell’età media del parco rotabile delle sole ferrovie c.d. ex concesse che presentano un’età media pari ai 25 anni.

Tramite il modello elaborato, nell’arco di 17 anni (2033), con un contributo pubblico statale di 200 milioni di euro annui e un cofinanziamento al 25% da parte di aziende, Regioni ed Enti Locali, si riuscirebbe ad abbassare l’età media a 16 anni, con positive ricadute sulla qualità del servizio e la sicurezza dell’esercizio.

Si precisa che la simulazione è stata condotta al netto delle risorse ad oggi già stanziate e considerando che il parco rotabile non subisca variazioni nel corso degli anni (immatricolazioni=dismissioni).

In tal senso, si fa presente che le reti regionali, rispetto al mondo del Gruppo FS, sono caratterizzate da contesti operativi estremamente differenziati, con scartamento, alimentazione e altri vincoli tecnici specifici delle singole tratte molto diversi. Ciò sembrerebbe limitare la possibilità di forme di acquisto centralizzato da cui deriverebbero riduzioni nel costo unitario del materiale rotabile.

Dalla tabella sopra riportata, tuttavia, si evince che il piano di investimenti per tale comparto deve comunque tener conto del fatto che per un miglioramento della qualità del servizio sono necessari

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investimenti oltre che per il rinnovo del parco rotabile, anche per l’ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria.

Come si è visto in precedenza, il settore del trasporto ferroviario rappresentato da ASSTRA si compone di un’estensione complessiva della infrastruttura ferroviaria regionale non RFI di circa 3.655 km, di cui circa 2.000 km sono interconnessi alla rete nazionale ed i restanti sono isolati.

Della rete sopra considerata, 1.450 km hanno il binario singolo, come del resto previsto e consentito in molti altri Paesi europei.

Delle reti regionali complessive (sia a binario singolo che a binario doppio) circa 350 km sono già attrezzate con SCMT, sistema attualmente utilizzato sulla rete nazionale, e buona parte delle altre sono attualmente in fase di attrezzaggio.

In ogni caso, le linee interessate, specie se a singolo binario, risultano dotate di altri sistemi di protezione a distanziamento che sono blocco conta assi, blocco elettrico automatico e blocco automatico a correnti codificate.

Proprio su tali premesse è stato approvato il 1° dicembre dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) il Piano Operativo FSC 2014-2020 da 11,5 miliardi di opere pubbliche di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che dà attuazione con specifici interventi alla delibera CIPE del 10 agosto scorso. Tale piano è volto a “migliorare la rete stradale e ferroviaria, favorendo l’accessibilità ai territori e all’Europa, superando le strozzature nella rete, con particolare riferimento alla mobilità nei nodi e nelle aree urbane”, come dichiarato dal Ministro Delrio.

Il Piano Operativo è articolato per assi tematici e linee di azione, i quali si articolano in piani di settore e singoli interventi. Dell’intero budget del piano, dei 2,056 miliardi destinati agli interventi nel settore ferroviario, 300 milioni vengono stanziati per il piano sicurezza delle ferrovie concesse, come si apprende da un comunicato stampa della Presidenza del Consiglio.

Tale stanziamento, sommato alle risorse già previste da alcune Regioni, a parere dell’Associazione risulta sicuramente utile ad avviare un processo di adeguamento ma, tuttavia, assolutamente insufficiente ad intraprendere il percorso di adeguamento tecnologico e infrastrutturale delle reti in parola e a raggiungere le cifre stimate nella tabella iniziale (1,8 miliardi di euro).

Le prime risorse finanziarie individuate, che si auspicano vengano rese disponibili in tempi brevi, dovranno, infatti, essere utilizzate per interventi urgenti e non procrastinabili ma si renderà necessaria poi una pianificazione di medio-lungo termine che affronti problemi rilevanti al fine dell’efficacia e completezza dei sistemi di attrezzaggio, quali, ad esempio, quello dei passaggi a livello, numerosissimi sia sulle reti regionali che su quella nazionale.

Pertanto, si rende necessaria una chiarezza nella disponibilità e destinazione delle risorse stanziate per suddette finalità, parallelamente ad uno snellimento delle procedure autorizzative dei progetti che dovranno essere necessariamente elaborati per adeguare la rete ai nuovi standard richiesti. Risorse finanziarie quindi ma anche una pianificazione articolata che tenga realmente conto degli obiettivi che sottostanno all’applicazione del D.lgs. 112/2015.

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Come ci insegna la ricerca ASSTRA-Cassa Depositi e Prestiti, gli effetti benefici che deriverebbero dagli investimenti in parola non si limiterebbero al solo settore dei trasporti bensì comporterebbe un effetto volano per l’economia nel complesso, oltre alle immaginabili ricadute in termini di sicurezza, per altro in ossequio a quanto stabilito dal regolatore nazionale, unitamente ai benefici in termini di comfort del viaggio, con un miglioramento della percezione del servizio da parte dell’utenza e probabilmente in termini di conseguente aumento della domanda di trasporto.

5. L’accesso al mercato nel settore ferroviario

Come noto, il regolatore europeo ha da poco approvato un pacchetto normativo interamente dedicato al settore ferroviario, ispirato alla realizzazione di un mercato unico per tale settore, garantendo da un lato servizi più efficienti, dall’altro di migliorare l’accesso al mercato in tutti gli Stati membri per aumentare la concorrenza, la scelta e la qualità a vantaggio dei passeggeri.

Le norme rivedute fanno sì che sia più facile per i nuovi operatori accedere al mercato e offrire i loro servizi. Ciò dovrebbe tradursi in una scelta più ampia, in tariffe più economiche e in un miglioramento della qualità a vantaggio dei passeggeri.

La procedura di gara diventerà la regola per i contratti di servizio pubblico, sebbene con alcune eccezioni. L'aggiudicazione diretta continuerà ad essere ammessa laddove essa migliori la qualità del servizio o l'efficienza in termini di costi. A tal fine, ogni contratto aggiudicato direttamente includerà obiettivi di efficacia e qualità, che contemplano, ad esempio, la puntualità e la frequenza dei treni.

La riforma rafforza inoltre l'indipendenza e l'imparzialità dei gestori dell'infrastruttura ferroviaria, al fine di garantire che tutte le imprese ferroviarie abbiano pari accesso ai binari e alle stazioni, direzione verso cui sta andando anche la normativa nazionale, con l’adozione del D.Lgs. 112/2015.

Per quanto attiene la realtà italiana, tuttavia, sembra che la concorrenza stenti a prendere piede in modo organico. In particolare, come si apprende dall’atto di segnalazione AS1309 – Trasporto ferroviario regionale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 40 del 14 novembre 2016, l’Antitrust ha voluto formulare al Parlamento e al Governo alcune osservazioni inerenti criticità di natura concorrenziale relative all’attività di trasporto ferroviario regionale.

Da suddetto documento emerge che la maggioranza dei servizi di trasporto regionali (ad eccezione dei servizi delle c.d. società ferroviarie locali “ex concesse”) è gestita direttamente da Trenitalia S.p.A. o tramite imprese comuni con società regionali. Inoltre, quasi tutti i contratti di servizio affidati direttamente a Trenitalia sono scaduti il 31 dicembre 2014, pertanto attualmente sono gestiti in regime di proroga di fatto, e la maggior parte delle Regioni parrebbe in procinto di rinnovare l’affidamento diretto del contratto a Trenitalia.

Dalle informazioni acquisite dall’Autorità, questa ritiene che Trenitalia stia proponendo a numerose Regioni un contratto di durata di dieci anni, rinnovabile per altri cinque (la società si

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appresterebbe a sottoscrivere con le Regioni un accordo ponte di durata retroattiva dal gennaio 2015 al 31 dicembre 2017, per poi offrire il nuovo contratto di servizio dal 1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2032), che prevedrebbe un rinnovo pressoché totale, e in un breve lasso di tempo, del parco rotabile e un servizio di manutenzione full service.

L’ingente investimento in materiale rotabile, osserva ancora l’AGCM, deriva dalla circostanza che nel 2015 Trenitalia ha bandito una gara per l’acquisto di circa 500 treni dedicati al traffico regionale, divisa in tre lotti, per un valore totale di 4,5 miliardi di euro. Considerata, pertanto, l’attuale situazione della flotta regionale (a livello nazionale, il 54% di treni ha più di dieci anni di servizio), tale iniziativa dovrebbe portare al 2026 ad una percentuale di treni nuovi pari all’83% del totale.

L’obiettivo viene valutato positivamente dall’Autorità, la quale però rileva che, tuttavia, questo non possa essere raggiunto se non con modalità tali da incidere sulla situazione competitiva nel settore in questione: l’Autorità osserva con preoccupazione che “l’accettazione da parte delle Regioni interpellate dei contratti proposti da Trenitalia determinerebbe una situazione di fatto per cui il trasporto ferroviario regionale continuerebbe ad essere gestito in regime di affidamento diretto almeno fino al 2032 dal monopolista storico, con la conseguenza di rinviare l’espletamento delle gare ben oltre il termine attualmente previsto dal Regolamento comunitario 1370/2007, che fissa al 31 dicembre 2019 il termine del periodo transitorio”.

In tal senso appare rilevante che l’AGCM ritenga che uno dei principali motivi del deficit di efficienza e qualità dei servizi ferroviari regionali sia la scarsa propensione delle amministrazioni regionali allo svolgimento di gare per l’affidamento del servizio.

Quindi se a livello europeo un ulteriore passo in avanti è stato fatto verso la liberalizzazione del settore, all’interno dei confini nazionali sembra che il percorso verso le gare sia ancora tortuoso.

La posizione dell’Associazione e delle Aziende rappresentate è a favore della promozione della concorrenza nel rispetto delle norme europee, così come avviene in altri Paesi, auspicando regole chiare e uguali per tutti gli operatori. Ciò non appare scontato poiché si denota un processo di sostanziale e progressiva assimilazione delle società pubbliche al mondo delle pubbliche amministrazioni in senso stretto, oltre a non tener conto della natura societaria di dette strutture, come tali assoggettate alle regole ordinarie previste dal Codice Civile, è stato aggravato dalla disomogeneità e disorganicità dei numerosi provvedimenti normativi susseguitisi in questi ultimi anni e dalle conseguenti difficoltà interpretative ed operative, spesso tradotte in interpretazioni e provvedimenti ancor più restrittivi adottati a livello locale.

L’effetto prodotto da questi provvedimenti è stato quello di ingessare l’attività delle società pubbliche attraverso una serie di divieti, limitazioni, appesantimenti burocratici ed amministrativi che, lungi dal determinare l’auspicato contenimento dei costi gravanti sulla finanza pubblica, hanno di fatto determinato una perdita di efficienza e, quindi, di competitività, per le imprese.

La legge delega “Madia” ed il D.Lgs. 175/2016 si collocano in questo quadro con l’obiettivo, ambizioso, ma condivisibile, di realizzare l’auspicata armonizzazione del quadro legislativo di

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riferimento e, soprattutto, con l’obiettivo di procedere ad una razionalizzazione delle società a partecipazione pubblica.

Si ritiene assolutamente necessario che lo schema di decreto correttivo in esame preveda l’esclusione almeno parziale delle società che hanno acquisito l’affidamento in seguito ad una procedura ad evidenza pubblica da alcuni vincoli posti dal testo unico, prevedendo per le stesse l’applicazione delle medesime norme previste nel caso di società a partecipazione pubblica. Una buona parte delle società operanti nel settore del trasporto pubblico locale e regionale e, in generale, nel comparto dei servizi pubblici locali, gestisce i propri servizi sulla base di contratti affidati a seguito di procedure ad evidenza pubblica. E in molte altre realtà le regioni e gli enti locali si accingono ad avviare procedure di gara per l’affidamento dei servizi allo scopo di completare entro il termine del 2019 il processo di adeguamento alle normative comunitarie in materia.

In un siffatto panorama appare evidente come assoggettare le società operanti in contesti aperti alla concorrenza o prossimi alla sua apertura alle medesime norme e disposizioni vincolistiche previste per le pubbliche amministrazioni in senso stretto o, ancor peggio, inserirle in un processo di razionalizzazione dal quale queste dovrebbero, per loro stessa definizione, essere ritenute escluse, significhi di fatto ledere fortemente la loro capacità competitiva introducendo illegittimi ed ingiustificati elementi di svantaggio competitivo. E ciò, peraltro, determinando anche una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad operatori che si trovino di fatto nelle medesime condizioni delle società in questione in quanto comunque operanti sulla base di contratti pubblici e, quindi, di corrispettivi pubblici.

Tale disparità assume ancor maggior evidenza se valutata alla luce delle regole poste a presidio della concorrenza e che trovano la propria fonte in normative comunitarie che, in quanto tali, devono trovare uniforme applicazione in tutti gli Stati membri. Occorre, pertanto, garantire il rispetto delle stesse regole sulla concorrenza per tutti gli operatori. Altrimenti si rischia di porre in essere una ingiustificata ed illegittima discriminazione delle imprese italiane rispetto alle regole comunemente osservate ed applicate negli altri Stati.

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