Corso Teorico – Pratico di Paghe e Contributi A cura di Patrizia Macrì
IL TRATTAMENTO DI MALATTIA
PREMESSA
Uno dei motivi maggiormente ricorrenti per cui un lavoratore subordinato può assentarsi legalmente dal posto di lavoro è dato dall’impossibilità sopravvenuta di svolgere la prestazione lavorativa, ossia il sopraggiungere di una malattia.
N.B. La malattia viene definita come un’alterazione dello stato di salute che abbia come conseguenza un’assoluta o parziale incapacità a svolgere la prestazione lavorativa e che comporti la necessità di assistenza medica e la somministrazione di mezzi terapeutici.
Il verificarsi dell’evento morboso comporta determinate conseguenze sul rapporto di lavoro che possono riflettersi anche su alcuni istituti previdenziali, prima fra tutte l’obbligo per il datore di lavoro di corrispondere ugualmente la retribuzione al lavoratore assente. Il coinvolgimento dell’istituto previdenziale avviene in tutti quei casi in cui il trattamento economico viene posto a carico dello stesso, con possibilità o meno, a seconda di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, di integrazione da parte del datore di lavoro.
SOGGETTI BENEFICIARI
Il legislatore ha previsto l’applicazione della speciale tutela dei lavoratori colpiti da eventi morbosi nei confronti di tutti i dipendenti, mentre l’erogazione dell’indennità economica a carico dell’inps è prevista solamente per alcune categorie, ossia:
Operai del settore industria;
Operai ed impiegati del settore terziario e dei servizi;
Lavoratori dell’agricoltura;
Apprendisti;
Disoccupati;
Lavoratori sospesi dal lavoro;
Lavoratori dello spettacolo;
Lavoratori marittimi;
Lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2 comma 26 legge 335/1995.
Rimangono esclusi dal trattamento economico a carico dell’Inps altra categorie di lavoratori tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
Collaboratori familiari (COLF e Badanti);
Impiegati del settore industria;
Quadri del settore industria e artigianato;
Dirigenti;
Portieri;
Lavoratori autonomi.
ACCERTAMENTO SANITARIO
Al fine di poter usufruire dell’indennità economica di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di sottoporsi ad accertamento sanitario da effettuarsi presso il medico curante che, al termine della visita medica, rilascia apposita certificazione.
N.B. L’inps con circolare n. 14 del 28.01.1981 ha chiarito che, secondo la prassi amministrativa e salvo diversa indicazione della Regione, per medico curante si deve intendere quello:
Scelto dall’interessato a norma della Convenzione nazionale unica;
Di accettazione ospedaliera;
Specialista;
Di accettazione operante presso le case di cura convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale;
Universitario;
Libero professionista che assume in cura diretta il lavoratore nei casi di assoluta urgenza.
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A partire dal 03.10.2010 i medici sono tenuti a trasmettere telematicamente all’Inps, per il tramite del SAC, il certificato di malattia del lavoratore rilasciandone copia cartacea all’interessato. Una volta trasmesso il certificato all’Inps, l’istituto previdenziale lo mette a disposizione del cittadino intestatario, mediante accesso al sito internet www.inps.it previa identificazione con PIN. Anche il datore di lavoro dovrà prendere visione delle attestazioni di malattia dei propri dipendenti avvalendosi esclusivamente dei servizi resi disponibili dall’Inps. Tuttavia il datore di lavoro può comunque chiedere ai propri dipendenti di fornire il numero di protocollo identificativo del certificato inviato per via telematica dal medico.
Il nuovo certificato medico telematico è composto da due parti:
Il certificato di malattia vero e proprio, contenente la prognosi e la diagnosi, nonché tutti i dati riferiti al lavoratore che il medico invia all’Inps;
L’attestato di malattia che è riservato al datore di lavoro e in cui viene indicata solamente la prognosi ma non anche la diagnosi, in ottemperanza a quanto previsto in materia di protezione dei dati personali.
Al fine della corretta compilazione del certificato medico il lavoratore è tenuto a fornite al medico curante l’indirizzo di reperibilità, nel caso in cui fosse diverso da quello abituale. Tale dato risulta essere di grande importanza, in quanto eventuali controlli di malattia verranno effettuati presso il domicilio all’uopo comunicato. Sarà cura del lavoratore verificare con attenzione che tutti i dati inseriti dal medico risultino corretti. Una copia cartacea del certificato di malattia telematico e dell’attestato di malattia per il datore di lavoro devono essere rilasciate dal medico certificatore al lavoratore, dopo aver effettuato l’invio telematico dello stesso, e dopo aver quindi ricevuto un numero di protocollo univoco da parte dell’Inps.
N.B. Anche con l’introduzione del certificato medico telematico rimane a carico del lavoratore l’obbligo di dare comunicazione all’azienda dell’assenza dovuta al verificarsi dell’evento morboso, secondo quanto stabilito dalle norme contrattuali vigenti. Il lavoratore è altresì obbligato a dare comunicazione di ogni eventuale variazione dell’indirizzo di reperibilità.
E’ bene precisare che la procedura appena descritta è valida anche nei confronti di quei lavoratori che non hanno diritto all’indennità erogata dall’Inps ma che percepiscono il trattamento economico direttamente dal datore di lavoro, come nel caso degli impiegati del settore industriale e/o artigianale.
CASI PARTICOLARI
1.1 IMPOSSIBILITA’ DELL’ INVIO TELEMATICO
Nel caso in cui risulti impossibile per il medico curante procedere con l’invio telematico per problemi dovuti alla connessione, il lavoratore è tenuto ad inviare la certificazione, rilasciata in forma cartacea da parte dello stesso medico, nei tempi e nei modi previsti dalla contrattazione collettiva.
1.2 INSORGENZA DELLA MALATTIA ALL’ESTERO
Nel caso in cui la malattia del lavoratore insorga all’Estero, occorre verificare in quale Paese straniero la malattia è insorta. Secondo i nuovi Regolamenti Comunitari, entrati in vigore a decorrere dal 01.05.2010, in caso di malattia insorta in un Paese della Comunità Europea, deve essere applicata la legislazione del Paese dove risiede l’istituzione competente, ovvero quella presso cui è assicurato il lavoratore. Conseguentemente il lavoratore avrà l’obbligo di presentare il certificato di malattia all’Inps e al datore di lavoro entro 2 giorni dalla data di rilascio; altrimenti potrà rivolgersi direttamente all’autorità locale competente che procederà immediatamente all’accertamento medico dell’incapacità lavorativa e alla compilazione del certificato da trasmettere immediatamente all’istituto competente. Nel caso in cui, invece, la malattia insorga in Paesi che non hanno stipulato con l’Italia Convenzioni o Accordi che disciplinano la materia, ovvero in Paesi non facenti parte della Comunità Europea, ai fini della indennizzabilità, la certificazione deve essere legalizzata a cura della rappresentanza diplomatica o consolare italiana all’estero e inoltrata alle Sedi competenti anche in un momento successivo al rientro, fermo restando il rispetto del termine di invio al datore di lavoro e all’inps entro 2 giorni dal rilascio del certificato.
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N.B. Ci soffermiamo a sottolineare l’importanza dell’invio, anche solo di una copia, del certificato medico al datore di lavoro e all’Inps, entro 2 giorni dalla data di rilascio, in quanto la sola attestazione dell’autenticità della firma del traduttore abilitato non equivale alla legalizzazione. Per legalizzazione deve intendersi esclusivamente l’attestazione, anche a mezzo timbro, che il documento è valido ai fini certificativi secondo le disposizioni locali.
DECORRENZA DELLA MALATTIA
Un elemento molto importante da individuare è quello della decorrenza della malattia, in quanto solamente a partire dal quarto giorno di malattia, il lavoratore ha diritto all’indennità di malattia erogata dall’Inps: i primi tre giorni di malattia, denominati carenza, restano a carico del datore di lavoro, se previsto dalla contrattazione collettiva. La malattia inizia a decorrere dalla data:
In cui viene rilasciato il certificato medico nel caso in cui questa coincida con la data di inizio malattia;
Di inizio malattia dichiarata dal lavoratore e riportata sul certificato medico in corrispondenza dell’apposita voce “dichiara di essere ammalato dal…” nel caso in cui la visita medica venga effettuata nello stesso giorno di inizio malattia o nel giorno immediatamente successivo. Questa ipotesi è ammessa dallo stesso Istituto in quanto la legge concede la possibilità di effettuare la visita medica, richiesta dopo le ore 10, il giorno immediatamente successivo a quello del verificarsi dell’evento morboso.
N.B. Questa particolare regola NON può essere applicata quando la data riportata alla su menzionata voce retroagisce di oltre un giorno dalla data di rilascio, in quanto, in questo caso, la data indicata non può essere considerata come la data in cui è stato chiamato il medico.
Nel caso in cui la visita medica venga eseguita con relativo rilascio del certificato medico al termine dell’orario di lavoro la prognosi è calcolata comprendendo anche il giorno in cui il lavoratore ha comunque prestato la propria attività lavorativa.
REPERIBILITA’
Il lavoratore in malattia può essere sottoposto a visite mediche di controllo richieste tanto dal datore di lavoro quanto dall’Inps. Le visite di controllo possono essere effettuate esclusivamente da apposite strutture sanitarie pubbliche. In particolare, le strutture all’uopo indicate sono le ASL mediante i rispettivi servizi medico-legali e l’Inps stesso mediante personale medico inserito in speciali liste istituite presso ogni sede dell’Istituto. La possibilità di effettuare visite di controllo viene concessa anche all’istituto previdenziale in quanto ente erogatore dell’indennità economica di malattia. Al fine di rendere possibile la visita di controllo è importante che il lavoratore sia reperibile presso la sua residenza, ovvero presso altro indirizzo comunicato al medico curante che ha rilasciato il certificato medico, e che ha provveduto ad indicare il domicilio occasionale nel certificato stesso. Il lavoratore è tenuto ad essere reperibile in determinate fasce orarie giornaliere1 e precisamente:
Dalle ore 10,00 alle ore 12,00
Dalle ore 17,00 alle ore 19,00
N.B. L’obbligo di reperibilità riguarda tutti i giorni indicati nel certificato di malattia, compresa la domenica e i giorni festivi.
Nel caso in cui il medico inviato ad effettuare la visita di controllo non dovesse trovare il lavoratore ammalato all’indirizzo comunicato quale indirizzo di reperibilità nelle fasce orarie su indicate, dovrà:
Rilasciare un avviso contenente l’invito per il lavoratore a presentarsi il giorno non festivo successivo alla visita di controllo ambulatoriale salvo il caso in cui lo stesso non riprenda l’attività lavorativa;
Comunicare l’assenza del lavoratore all’Inps che a sua volta sarà tenuto a darne informazione al datore di lavoro.
Nel caso in cui il lavoratore non dovesse presentarsi alla visita medica ambulatoriale l’Inps dovrà darne comunicazione al datore di lavoro e inviterà il lavoratore a fornire le proprie giustificazioni entro 10 giorni.
1 Per il pubblico impiego le fasce orarie sono dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00
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ASSENZA DEL LAVORATORE ALLA VISITA DI CONTROLLO
L’assenza del lavoratore alla visita di controllo può essere giustificata o non giustificata. L’assenza ingiustificata comporterà l’applicazioni di sanzioni quali la perdita dell’indennità di malattia per un periodo di tempo più o meno lungo. In particolare al lavoratore assente:
Alla prima visita di controllo verrà sospesa l’erogazione di qualsiasi trattamento economico per i primi 10 giorni di malattia;
Alla seconda visita di controllo, oltre alla precedente sanzione, verrà applicata una riduzione del 50% del trattamento economico per il periodo residuo;
Alla terza visita di controllo verrà interrotta definitivamente l’erogazione dell’indennità economica a carico dell’INPS da quel momento e fino al termine del periodo di malattia.
N.B. La perdita del trattamento di malattia è la sanzione prevista per la semplice assenza dal domicilio di reperibilità e non è connessa all’inesistenza della malattia lamentata. Difatti, per giurisprudenza consolidata, la sanzione è comminabile indipendentemente non solo dall’esistenza di un accertato stato di malattia, ma anche dalla presenza del lavoratore alla visita ambulatoriale disposta dal medico di controllo per il giorno successivo non festivo (Cass. 14 luglio 1994 n. 6597).
L’inps ha chiarito il comportamento da tenersi nel caso in cui il lavoratore, assente dal proprio domicilio all’arrivo del medico, rientri prima che il medico se ne sia andato. In questi casi il medico può effettuare ugualmente la visita di controllo rettificando il referto nel caso in cui abbia già annotato l’assenza del lavoratore. Tuttavia occorre distinguere tra due situazioni:
Il lavoratore si trovava presso una pertinenza del domicilio: in questo caso l’assenza del lavoratore non può essere configurabile come vera e propria assenza e il medico deve segnalare la circostanza sul referto già redatto;
Il lavoratore si trovava in un luogo esterno al domicilio: in questo caso l’assenza del lavoratore è sempre sanzionabile anche se la visita di controllo è stata effettuata. Il medico dovrà indicare nel referto la provenienza del lavoratore ai fini dell’irrogazione della sanzione.
In caso di assenza giustificata le sanzioni non vengono imposte. L’Inps individua quali cause di assenza giustificata:
La forza maggiore;
Eventi che abbiano reso necessaria la presenza del lavoratore in altro luogo diverso dal proprio domicilio;
Concomitanza di visite, prestazioni ed accertamenti specialistici di visite medico-generiche nel caso in cui possa essere dimostrato che queste non potevano essere svolte in orari differenti rispetto alle “fasce di reperibilità”.
N.B. Affinché l’assenza possa essere considerata “giustificata” non è sufficiente che il lavoratore abbia avvisato il datore di lavoro prima di assentarsi dal proprio domicilio. Sarà infatti necessario che il lavoratore acquisisca la documentazione idonea a giustificare la propria assenza nel caso in cui la visita di controllo venga comunque effettuata perché già richiesta dal datore di lavoro.
Anche se le visite specialistiche o gli esami strumentali effettuati dal lavoratore in malattia possono essere considerati come assenza giustificata, l’Inps ha chiarito che, ad eccezione di quelle eseguite presso strutture pubbliche, le stesse dovrebbero essere programmate, nel limite del possibil,e in orari al di fuori delle fasce di reperibilità. In caso contrario, affinché la circostanza possa essere comunque considerata assenza giustificata, sarà necessario valutare la visita o la prestazione effettuata rispetto alle effettive necessità del paziente; in altre parole occorre verificare se la visita specialistica o l’esame strumentale fosse effettivamente necessario anche in vista di una più rapida ripresa della capacità lavorativa del malato. Infine, in riferimento ad alcune visite d’urgenza il medico che effettua la visita di controllo dovrà anche valutare se lo stato di infermità dichiarato dal lavoratore possa essere o meno compatibile con l’assenza stessa; si pensi ad esempio ad alcune patologie come la minaccia di aborto o la colica che non dovrebbero consentire al lavoratore di allontanarsi dal proprio domicilio, e per le quali, invece, sarebbe più logico richiedere l’intervento del medico a domicilio.
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N.B. Anche le visite effettuate da medici che praticano la c.d.
medicina alternativa possono essere considerate come assenze giustificate a condizione che il lavoratore dimostri che il trattamento a cui si è sottoposto è collegato alla malattia in corso e non poteva essere eseguito in un diverso orario, fuori dalle fasce orarie di reperibilità. Inoltre è bene tenere presente che la struttura deve essere in possesso di regolare autorizzazione allo specifico svolgimento della terapia, e rilasciare al lavoratore idonea documentazione quale prova dell’effettiva esecuzione della prestazione indicando anche l’orario in cui è stata effettuata.
In tema di assenze del lavoratore alla visita di controllo anche la giurisprudenza è stata più volte chiamata in campo. Nel corso degli anni, pertanto, varie sentenze hanno delineato una serie di situazioni giudicabili come assenze giustificate. In linea di principio la giurisprudenza ha sempre considerato giustificato motivo di assenza qualsiasi ragionevole impedimento. In altre parole viene giustificato qualsiasi motivo serio di allontanamento per situazioni cogenti purché dimostrabile con la prova, posta a carico del lavoratore, di non poter essere svolte in diversi orari rispetto alle fasce di reperibilità. Nello specifico, alcune sentenze hanno ritenuto giustificata l’assenza del lavoratore che si reca:
presso gli Uffici sanitari per il ritiro delle radiografie collegate alla malattia in atto;
dal medico curante per farsi praticare un’iniezione purché risulti rigorosamente accertato in sede di merito che tanto il trattamento terapeutico fosse indifferibile quanto che le modalità prescelte dal lavoratore per realizzare tali indifferibile esigenza fossero indispensabili o le sole ragionevolmente praticabili;
dal medico curante perché impossibilitato a conciliare l’orario di ricevimento con le fasce di reperibilità;
con urgenza presso lo studio del medico specialista per sottoporsi a cure dentistiche;
in farmacia purché l’esigenza sia indifferibile e venga data la prova della effettività della circostanza;
ad effettuare attività di volontariato che non può essere realizzata in tempi diversi da quelli delle fasce orarie
N.B. Ai fini della decadenza dal diritto all’indennità di malattia non è necessario che sussista un intento fraudolento o elusivo da parte del lavoratore di sottrarsi all’obbligo di reperibilità alla visita di controllo, ma è sufficiente che questi non fornisca la prova dell’impossibilità se non con notevole disagio e grave pregiudizio di soddisfare le proprie esigenze terapeutiche al di fuori delle fasce orarie di reperibilità.
CONTINUAZIONE DELLA MALATTIA E RICADUTA
Il lavoratore in malattia che non possa riprendere l’attività lavorativa allo
“scadere” del certificato medico in quanto ancora ammalato, è tenuto a comunicare e a certificare la prosecuzione della malattia, nonché a segnalare la propria reperibilità al fine di permettere eventuali, o ulteriori, accertamenti sanitari. Il certificato medico per la prosecuzione della malattia deve essere richiesto possibilmente entro il primo giorno successivo alla scadenza della prognosi precedente.
N.B. Nel caso in cui il medico curante decida di variare la prognosi rispetto al certificato medico precedente, la variazione deve essere comunicata al datore di lavoro.
Come avviene per il certificato medico originario anche quello per la prosecuzione della malattia deve essere trasmetto all’Inps telematicamente ponendo in atto tutta la procedura già vista per il certificato di malattia. Nel caso in cui il lavoratore si ammali nuovamente della stessa malattia ovvero di altra consequenziale entro 30 giorni dalla data di cessazione della precedente, la seconda malattia è considerata a tutti gli effetti continuazione della prima. Tale precisazione non è di poco conto in quanto ha riflessi in ordine all’importo dell’indennità economica a carico dell’Inps, ai criteri di calcolo e all’istituto della carenza, ossia i primi tre giorni che non risultano indennizzabili dall’Inps.
N.B. La ricaduta, così come anche la continuazione della malattia, devono essere evidenziate dal medico curante sul certificato medico, spuntando l’apposita voce.
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MALATTIA E FERIE
La malattia che insorge durante il periodo di ferie ne interrompe il decorso.
Ricordiamo infatti che le ferie sono un diritto irrinunciabile del lavoratore, un periodo di riposo necessario al fine di recuperare le energie psico-fisiche spese durante l’anno lavorativo. A rafforzare tale principio è intervenuta anche la Corte costituzionale che con la sentenza del 30 dicembre 1987, n.
616 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2109 c.c. nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo feriale ne sospenda il decorso. Tuttavia esiste anche una giurisprudenza in contrasto, seppure solamente in parte, con il principio poc’anzi enunciato. E’ stato difatti affermato che lo stato di malattia non ha un valore sospensivo assoluto, poiché il datore di lavoro può provare l’eventuale carattere lieve dell’indisposizione tale da non compromettere la fruizione delle ferie. In questi casi il giudice del merito dovrà valutare il sostanziale ed apprezzabile pregiudizio, anche temporale, che la malattia arrechi alle ferie ed al beneficio che deve derivare in riferimento alla natura e all’entità dello stato morboso (Cass. n. 2515/94; n. 6982/94; n. 12998/95; n. 2515/96; n.
3093/97. La Corte di cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 1947 del 1998 ha poi definito alcune linee guida. Il principio dell’effetto sospensivo del decorso del periodo feriale in caso di malattia insorta durante lo stesso, non è assoluto, ma tollera talune eccezioni per l’individuazione delle quali occorre avere riguardo alla specificità degli stati morbosi e delle cura di volta in volta considerate, al fine di accertare l’incompatibilità della malattia con la salvaguardia dell’essenziale funzione del riposo e del recupero delle energie psico-fisiche e ricreazione propria delle ferie. In altre parole ogni qual volta un evento morboso dovesse verificarsi durante il periodo di ferie, occorrerà considerare se lo stato di malattia possa essere ritenuto incompatibile con la funzione propria del periodo feriale. E’ bene, però, precisare che, secondo la stessa Corte, il lavoratore che, nel presupposto della incompatibilità della sopravvenuta malattia con le finalità delle ferie intenda modificare il titolo della sua assenza da “ferie” a
“malattia” ha soltanto l’onere di comunicare lo stato di malattia al proprio datore di lavoro. Tale comunicazione è idonea per sé a determinare, dalla data di conoscenza della stessa da parte del datore di lavoro, la conversione dell’assenza per ferie in assenza per malattia, salvo che il datore di lavoro
medesimo provi, attraverso i previsti controlli sanitari, l’infondatezza del suddetto presupposto e quindi l’idoneità.
FINE DELLA MALATTIA
La fine della malattia si concretizza nel momento in cui il lavoratore riacquista la capacità lavorativa e rientra sul posto di lavoro. Di norma ciò avviene il giorno successivo alla scadenza della prognosi a cui non fa seguito il rilascio da parte del medico curante di un’ulteriore certificazione.
Difatti non c’è nessuna norma, nemmeno amministrativa, che preveda il rilascio di un apposito certificato medico che attesti la fine della malattia.
Eventualmente solamente nel caso in cui la capacità lavorativa da parte del lavoratore venga riacquistata prima della scadenza della prognosi, lo stesso potrebbe farsi rilasciare dal medico curante un certificato comprovante la guarigione anticipata; ma anche in questo caso non esiste una normativa specifica che possa obbligare il lavoratore a chiedere questo tipo di certificazione.
Patrizia Macrì 27 Maggio 2014
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