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Schede di lettura. Favole e altre storie di animali. Da stampare e ritagliare. Lapappadolce

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Academic year: 2022

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(1)

Schede di lettura

Favole e altre storie di animali

Da stampare e ritagliare

Lapappadolce

Bra, il diverso

Bra il bradipo viveva nella giungla, sull’alto albero della gomma, penzoloni a trenta metri da terra.

Gli altri animali lo prendevano in giro: “Guarda quello: sta sempre aggrappato ad un ramo! Sta sempre capovolto! E’ diverso da noi!”

Ma un giorno le grandi ali spiegate dell’aquila rapace disegnarono nel cielo un’ombra scura.

Il tapiro dalla paura infilò il muso nell’ortica. Il formichiere dallo spavento si coprì la testa con la coda.

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Fai riferimento a quanto espresso qui

L’armadillo dal terrore cominciò a tremare.

Tutti gli animali tacquero agghiacciati. E Bra?

“Bra è stato l’unico a non aver avuto paura” dissero gli animali non appena l’aquila se ne fu andata.

“Nessun animale della foresta riesce a nascondersi meglio di lui. Chi volete che lo veda?

Appeso a un ramo anche quando dorme, sembra una palla di muschio. E pensare che noi lo prendevamo in giro!”

(2)

L’uccellin del freddo

Viene l’inverno: e con gelide tramontane spazza ogni cosa e copre di neve e di silenzio la terra. L’inverno è lì che mette bianco sui campi, quando ve- de un uccellino che va volan-do da una siepe all’altra.

“O tu che fai?” domanda. “Da dove scappi?”

“Stavo su, nella boscaglia; e sono venuto al basso a far due chiacchiere col mio amico pettirosso”.

“Ah sì? E il tuo amico dov’è?

Partito? E tu che fai qui? Perché non sei andato con lui?”

“Io non ho paura del freddo.

Dopo di te tornerà la prima- vera; e sto ad aspettarla. Trre trre terit!”

L’inverno apre il sacco dei venti e da uscire una tramontana così arrabbiata da far scappare anche i lupi.

L’uccellino, che si era nascosto in un tronco d’albero, trova al mattino tutto gelato, ma non si perde d’animo e ricomincia a cantare: “Trre trre terit!”

“Ma insomma, tu chi sei?”

“Io sono il Re di macchia, sono lo scricciolo, il reattino.”

“Ah! E ancora non senti freddo?”

“Lo sopporto. Sono abituato ai venti delle montagne.”

L’inverno rimane sopra pensiero;

dice:

“Sei piccolo ma ardito. Mi piaci.

Resta pure con me. Sarai il mio uccellino: l’uccellin del freddo.”

“Ora comando io; e non voglio che voli e canti, ma riposo e silenzio”: Ciò dicendo, l’inverno copre di neve anche le siepi degli orti e dei giardini. L’uc- cellino, che si era nascosto in una catasta di legna, si trova al mattino in mezzo alla neve, ma non si perde d’animo e rico- mincia a cantare “Trre trre terit!”

L’uccellin del freddo – seconda parte

(3)

Il topino sapientone

C’era un bambino che non studiava; il suo libro sempre lasciava di qua, di là.

Un topolino, per imparare, le lunghe pagine a rosicchiare incominciò. E rodi e rodi coi forti denti, lettere e sillabe, virgole e accenti, tutto mangiò. Credette allora d’esser sapien-te; agli altri topi diceva: “Oh gente, v’insegnerò. “

Tutti li accolse nella sua scuola, ma aperto un libro… una paro- la non rivelò. Risero tanto tutti i topini e poi scapparono, quei birichini, gridando: “Oh! Oh! Ro- dere i libri non vuol dir niente, bisogna leggerli, signor sapien- te!”

Chi troppo vuole…

C’era una volta una gallinella nera che faceva un uovo tutti i giorni. Figuratevi la contentezza della sua padrona! Appena sentiva il coccodè, correva al pollaio e beveva l’uovo fresco.

Ma quella donna, avendo osservato che la gallina era molto magra, pensò: “Se diventasse grassa, mi farebbe almeno due uova al giorno!”

E per questa speranza, incominciò a nutrire la gallna con bocconi ghiotti e abbon- dantissimi. La gallina cresceva a vista d’occhio. Ma quando davvero fu bella grassa, smise di fare le uova.

La rosa e il bruco

Un bruco verde disse a una rosa:

“Tu sei bella e odorosa; ma che peccato! Il tuo gambo è pieno di spine!”

E la rosa rispose: “Caro mio, se non avessi le spine, a quest’ora tu saresti arrivato fin quassù e avresti mangiato il bocciolo mio fratello”.

Piccioncini

Nel nido nacquero due piccioncini. Non avevano pen- ne, tenevano sempre gli occhi chiusi. Il babbo e la mamma li vegliavano continuamente. Li imbeccavano; li coprivano col loro corpo per tenerli caldi. E i piccioncini facevano:”Pio pio!”.

Come per dire che erano contenti di essere nati, come per ringraziare il babbo e la mamma delle premure che avevano per loro.

(4)

La tartaruga

Una mattina la tartaruga si mise in cammino per sbrigare certi suoi affari piuttosto urgenti.

Doveva recarsi da un coniglio banchiere, che aveva il suo ufficio a due miglia di distanza.

Cammina cammina, una fer- matina qui, e una chiac- chierata più là, in dieci ore e più fece appena cinquanta passi. E allora dovette accorgersi che già faceva buio. Si guardò intorno, e disse con un sospiro:

“Ah, come sono corte le giornate!”

La mosca e il moscerino

Due bovi aravano faticosa- mente il campo, spinti dal contadino. Una mosca volava intorno ai bovi e poi andava a posarsi sull’aratro, con un’aria di grande importanza; poi tor-nava a volare, a ronzare, a fermarsi sull’aratro: insomma, quanto daffare!

Un moscerino, intanto, passava di lì e le chiese: “Perché ti affatichi così? E che cosa fai?”

La mosca arrogante rispose:

“Non lo vedi? E’ proprio ne- cessario spiegarlo? Solamente tu non capisci; noi ariamo la terra.”

A questa risposta perfino il moscerino si mise a ridere.

Il gallo e il sole

Un gallo faceva chicchirichì tutte le mattine, prima che il sole si levasse. E ripeteva spesso con grande vanità: “Sono io che faccio levare il sole!”. Tutti i polli avevano un gran rispetto per il gallo perchè credevano che fosse davvero il padrone del sole.

Una mattina il gallo dormì più del solito, e quando si svegliò, si accorse che il sole era già alto.

Povero gallo, come rimase confuso e avvilito! Perfino le galline risero di lui.

Il corvo e la volpe

“Quanto sei bello!” diceva la volpe a un corvo, che se ne stava appollaiato sul ramo di un albero, e teneva nel becco un pezzo di cacio.

“Che belle piume nere! Se tu avessi una voce melodiosa, ognuno ti chiamerebbe il re degli uccelli!”.

Queste lodi fecero girar la testa al povero corvo, che aprì il becco per cantare.

Ma il cacio cadde in terra e fu subito addentato dalla volpe.

(5)

Il ghiro e il mastino

Dopo aver dormito cinque mesi interi, un ghiro usciva per la prima volta dalla sua tana, ancora tutto intorpidito. Ed ecco, appena arrivato all’orlo del bosco, vide passare un cerbiatto che correva come il vento. Il ghiro rimase sbalordito, impaurito, e subito tornò nella sua tana. Stando sull’uscio diceva: “Ma che stranezza! Che sciocchezza! La gente assennata non corre mai in quel modo!”

Tra i due litiganti il terzo gode Un orso e un leone si litigavano tra di loro per un pezzo di carne.

“L’ho visto prima io!” esclamava l’orso.

“Ma io l’ho preso!”, ribatteva il leone.

“Dunque dividiamolo a metà!”

“No, perché è tutto mio!”

Dalle parole passarono ai fatti, e cominciarono a picchiarsi come disperati. Picchia picchia, si stancarono, e alla fine dovettero distendersi per ripo sare un poco.

Un vecchio mastino, che era lì fermo a godersi il sole, udì quelle parole e osservò: “Caro mio perché vuoi misurare gli altri, confrontandoli con te? Se la natura ha fatto tanto diversi il ghiro e il cervo, non devi meravigliarti se tu sei tanto lento e il cervo è tanto rapido.”

Così distesi, si addormentarono.

Intanto il pezzo di carne era rimasto in terra e ci camminavano sopra le formi- che.

Una volpe sbucò dalla macchia, prese il pezzo di carne, e se ne fece una bella scorpacciata con tutto il suo comodo.

(6)

La parola data

Un lupo affamato uscì dal bosco e arrivò fino alle case degli uomini.

Dalla finestrina di una casuccia uscivano le grida di un bimbo imbizzito, e il lupo disse fra sé:

“Come mi piacerebbe non far gridare più quel bambino!” e si leccava le labbra.

Giusto in quel momento una vecchia, dentro la casuccia, diceva: “Bada, bambino, se non smetti di piangere ti darò al lupo!”.

“Benissimo” pensò il lupo “è proprio quello che cerco io”. E si mise a sedere, perché era inutile andare a cercare più lontano quello che orai era tanto vicino.

Bastava solo aspettare.

Aspetta, aspetta, si fece notte e nessuno gli portava il bambino.

Forse si erano tutti addormentati.

Il topo e il leone

Un topo, senza volere, passò una volta sul corpo di un leone addormentato. Il leone si destò di soprassalto, e con una delle sue zampone afferrò il topo.

“Per carità non mi ammazzi!”

esclamò il povero animalino

“Non volevo disturbarla e le prometto che ad ogni occa- sione l’aiuterò volentieri”…Il leone cominciò a ridere, nel sentir dire che un topo gli pro- metteva di aiutarlo. E tanto rise, che allargò la zampa, e il topolino potè fuggire tutto contento.

Passò del tempo, e una volta il leone restò impigliato in un laccio teso dai cacciatori. Si dibatteva furiosamente, ruggi- va in modo da far tremare gli alberi, ma la fune non si spez- zava perché era molto grossa e resistente.

Ma verso la metà della notte, si udì il bimbo piagnucolare, e la vecchia gli diceva: “Non piangere, bambino mio, tesorino mio. Non ti darò al lupo; anzi, se viene lo am- mazzeremo col fucile di tuo padre.”

Il lupo brontolò: “Che gente! Si vede che qui non usa mantenere la parola data.”

In quel momento arrivò di corsa il topolino. “Aspetti un poco”

disse quando ebbe visto di che cosa si trattava, “Per me il rode- re è un divertimento!”. In verità dovette rodere con molta fati- ca per più di un’ora. Ma alla fi- ne la corda si spezzò e il leone fu libero. “Vede?” disse il topo

“Ora lei non ride più; e ha capito che anche un poverac- cio come me può essere utile davvero al re degli animali.”

(7)

Il rondinino pigro

Le rondini insegnavano a volare ai rondinini, che lesti lesti facevano un giro in aria, e poi tornavano a riposarsi nel nido.

Però un rondinino pigro e pauro- so non voleva muoversi mai dal nido. Il suo babbo e la sua mam- ma non riuscivano a persuaderlo con il loro cinguettio. Il rondinino nascondeva perfino la testa dentro al nido. Finalmente il babbo e la mamma si stizzirono.

E afferrato per le ali il rondinino pigro, lo trasportarono insieme con loro. Poi lo lasciarono andare nell’aria.

Il rondinino traballò, come se dovesse cadere; ma dopo un istante volò allegramente insieme con tutti gli altri.

Il gatto e i topi

In una casa vivevano moltissimi topi. Un gatto riuscì ad entrare nella casa e cominciò a catturarli. Questi si accorsero che la faccenda si metteva male, e dissero: “Sapete che facciamo? Non scendiamo più dal soffitto, fin quassù il gatto non potrà certamente raggiungerci.

I topi smisero così di scendere in basso, ma il gatto cercò il modo di essere più furbo di loro. Si aggrappò con una zampa al soffitto e si lasciò penzolare, fingendo di essere morto. Uno dei topi lo vide in quella posizio- ne, ma gli disse: “No, amico mio.

Neppure se ti riducessi a sembrare un sacchetto, io ti av- vicinerei!”

Gli uccelli nella rete

Un cacciatore tese la rete sulla riva di un lago. Vi rimasero pri- gionieri molti uccelli. Ma erano grossi: sollevarono la rete da ter- ra e volarono via con essa. Il cacciatore si mise a rincorrerli.

Un contadino lo vide e gli disse:

“Dove corri? Credi di poter rag- giungere un uccello che vola?

Il cacciatore rispose: “Se fosse un uccello solo, non lo raggiun- gerei. Ma questi non mi sfuggi- ranno.”

E così avvenne. Al calar della sera, gli uccelli volevano

La coda della volpe

Un uomo aveva catturato una volpe e le domandò: “Chi ha in- segnato alle volpi ad ingannare i cani con le loro code?”

La volpe ribattè: “Ingannare i cani? Noi non li inganniamo;

fuggiamo dinanzi a loro più in fretta che possiamo.”

L’uomo insistette: “No, voi li ingannate con la coda.

Quando i cani stanno per raggiungervi e cercano di cattu- rarvi, voi scuotete la coda da un lato; il cane si slancia sulla coda, e voi fuggite dal lato opposto.”

(8)

ritornare al loro nido ciascuno in luoghi diversi: uno verso il bosco, un altro verso la palude, un terzo verso i campi. E finirono per cadere a terra insieme alla rete.

Così il cacciatore li catturò.

“Non lo facciamo per ingannarli,” spiegò la volpe sor- ridendo “ma per cambiare dire- zione. Quando il cane sta per raggiungerci e noi vediamo che non possiamo sfuggirgli, cerchia- mo di cambiare direzione; ma per girarci in fretta, dobbiamo spingere la coda dal lato opposto, come fate voi uomini con le braccia, quando correte e fate una curva. Non è un inganno; le lo ha insegnato la natura stessa quando ci ha create per impedire che i cani acchiappassero tutte le volpi, dalla prima all’ultima.

Il cervo e la vigna

Un cervo, inseguito dai caccia- tori, si nascose in una vigna. Ap- pena i cacciatori si allontana- rono, il cervo cominciò a brucare le foglie larghe della vi- te.

I cacciatori notarono le foglie muoversi, e pensarono: “Forse, laggiù si nasconde qualche ani- male selvaggio.”

Spararono e ferirono il cervo. E questi, già vicino alla morte, disse: “Me lo sono proprio meri- tato: ho voluto mangiare proprio ciò che mi aveva nascosto e salvato la vita.”

La testa e la coda del serpente Un giorno la coda del serpente attaccò lite con la testa: si do- veva stabilire quale delle due dovesse andare avanti per pri- ma.

La testa diceva: “Tu non puoi andare avanti per prima; non hai occhi e non hai orecchi!”.

La coda rispondeva: “In compenso però, io ho la forza.

Sono io che ti faccio muovere.

Se per capriccio mi arrotolo intorno ad un albero, tu non ti puoi spostare più.

Propose la testa: “Allora, sepa- riamoci.”

La coda si staccò dalla testa e cominciò a strisciare da sola. Ma poco dopo non vide un crepaccio e vi precipitò dentro.

(9)

L’asino e il cavallo

Un uomo possedeva un asino e un cavallo. Mentre percorreva- no la stessa strada con il loro ca- rico, l’asino disse al cavallo:

“Che fatica! Non ho più le forze per portare tutto questo peso.

Prendi tu qualcosa.”

Il cavallo rifiutò e l’asino, privo di forze, cadde a terra e morì.

Il padrone, allora, caricò tutta la roba sul dorso del cavallo, e per giunta, anche la pelle dell’asino.

E il cavallo si lamentò: “Ahimè, come sono sfortunato! Poco fa non ho voluto dare un piccolo aiuto al mio compagno, ed ora devo portare tutto il suo carico e per di più anche la sua pelle.

La gru e la cicogna

Un contadino tese le reti e riuscì a catturare alcune gru che gli danneggiavano il raccolto. Fra di esse vi era anche una cicogna. Per salvarsi, disse al contadino: “Lasciami andare, io non sono una gru, ma una cicogna. Fra tutti gli uccelli, noi siamo la specie più rispettabile:

io abito infatti sul tetto della casa di tuo padre. Se guardi le mie piume, ti accorgi che non sono una gru”.

Il contadino rispose: “In compagnia di gru ti ho acciuffato, in compagnia di gru ti mangerò”.

La formica e la colomba

Una formica era assetata e si avvicinò alla riva di un ruscello.

Un’onda la investì e la fece cadere nell’acqua. Una colom- ba, che passava portando un ramoscello nel becco, vide la formica in pericolo e le lanciò il ramoscello. La formica vi si ag- grappò e fu salva. Qualche tempo dopo, un cacciatore stava per catturare la colomba nella sua rete. La formica gli si accostò e gli morse una gamba.

Il cacciatore sussultò e si lasciò sfuggire la rete dalle mani. La colomba aprì le ali e volò via.

Il lupo nella polvere

Un lupo voleva catturare una pecora del gregge e si accostò sotto vento, in modo da restare nascosto nel polverone che il gregge si lasciava dietro.

Il cane del pastore lo vide e gli disse: “Sbagli, lupo mio, a camminare nella polvere: gli occhi ti si ammaleranno.”

(10)

La mucca da latte

Un uomo possedeva una mucca, che gli dava ogni giorno un secchio di latte.

L’uomo invitò alcuni amici a ca- sa sua e, per avere più latte da offrire loro, per dieci giorni non munse la mucca. Pensava che il decimo giorno avrebbe potuto avere dieci secchi di latte.

Invece, il latte si era fatto denso e acido; così quando il padrone munse la mucca, questa gli diede meno latte che le altre volte.

I cani e il cuoco

Un cuoco preparava il pranzo e i cani stavano sdraiati davanti alla porta della cucina. Il cuoco uccise un vitello e gettò gli intestini in cortile. I cani mangiarono tutto allegramente e dissero: “Che bravo cuoco!

Cucina benissimo!”

Poco dopo il cuoco cominciò a ripulire piselli, rape, cipolle, e gettò fuori ciò che scartava. I cani annusarono e dissero:

“Come ha peggiorato il nostro cuoco! Prima faceva da mangiare così bene, ma ora non vale più nulla.

Il cuoco, però, non si curò dei cani e continuò a preparare il pranzo, che fu consumato e lodato dai clienti del ristorante.

Il lupo e i cacciatori

Un lupo aveva catturato una pecora e se l’era mangiata.

Sopraggiunsero alcuni cacciato- ri, riuscirono a prenderlo e deci- sero di ucciderlo. Il lupo disse loro: “Voi volete uccidermi, ma non è giusto. Se io sono povero, non è colpa mia: la natura mi ha fatto così”.

I cacciatori risposero: “Noi ti uc- cidiamo, non perché sei povero, ma perché ti mangi tutte le pecore che ti capitano a tiro”.

La chioccia e i suoi pulcini

Una chioccia aveva appena finito di covare: i pulcini erano usciti dalle uova, ma lei non sa- peva come proteggerli dai pe- ricoli. Perciò disse loro: “Rientrate nei vostri gusci. Io mi accovac- cerò sopra di voi come quando vi covavo, e così sarete al sicuro.”

I pulcini obbedirono, tentarono di rimettersi nei loro gusci, ma inutilmente. Allora il più piccolo disse alla madre: “Se pretendevi di farci stare sempre dentro il nostro guscio, avresti fatto meglio a non farci uscire.

(11)

Il cavallo e lo stalliere

Uno stalliere rubava l’avena al suo cavallo e la rivendeva. In compenso, ogni giorno lo strigliava ben bene per farlo apparire bello. Il cavallo gli disse: “Se vuoi davvero che io sia bello, non rivendere la mia avena!”.

Il leone, l’orso e la volpe

Un leone ed un orso trovarono un pezzo di carne e si misero a litigare. L’orso non voleva cedere e il leone altrettanto.

Lottarono a lungo e alla fine caddero a terra privi di forze.

Una volpe, nascosta lì vicino, vide il pezzo di carne, lo addentò e fuggì via.

Il bugiardo

Un giovane pastore stava vigilando le sue pecore e, come se avesse visto il lupo, cominciò a gridare: “Al lupo! Al lupo!”.

I contadini accorsero per aiutarlo, ma il lupo non c’era e capirono che erano stati ingan- nati.

Il ragazzo ripetè lo scherzo una seconda e una terza volta, ma un giorno il lupo sbucò fuori per davvero. ll ragazzo si mise a gri- dare: “Presto, correte! C’è il lupo! C’è il lupo!”

I contadini pensarono che egli, ancora una volta, volesse far loro uno scherzo, e non gli diedero retta. Il lupo si accorse che non c’era nessun pericolo e, comodo comodo, si mangiò tutto il gregge.

L’asino selvatico e l’asino dome- stico

Un asino selvatico vide un asino domestico; gli si avvicinò e si complimentò della sua sorte fe- lice: era ben nutrito e dall’aspet- to pareva essere trattato assai bene dai padroni.

Ma poi, quando l’asino domestico fu caricato col basto e il conduttore lo faceva trottare a tutta forza, l’asino selvatico disse: “Ora, fratello, non ti invidio più: vedo che ti guadagni la vita col sudore e con le più dolorose umiliazioni.

(12)

L’anitra e la luna

Un’anitra andava a nuoto per il fiume in cerca di pesci: in tutta la giornata non ne aveva cattu- rato uno. Appena fece notte, l’anitra vide la luna riflessa nell’acqua, credette fosse un pesce e si immerse per acchiap- parla. Le altre anitre la videro e si burlarono di lei.

Da quel giorno divenne tanto vergognosa e impacciata che, anche quando vedeva un pesce sott’acqua, aveva timore ad immergersi e non l’acchiapava. E così morì di fame.

Il topo sotto il granaio

Un topo viveva sotto un granaio.

Nel pavimento vi era un piccolo foro che lasciava cadere il grano, chicco per chicco. Col cibo sempre a disposizione, il topo viveva tranquillo, ma non era soddisfatto e volle vantarsi delle sue comodità. Rosicchiò il pavimento, allargò il foro, e invitò altri topi a fargli visita.

“Venite a far festa a casa mia”

disse “Ci sarà da mangiare per tutti”.

Ma quando condusse gli amici sul posto, si avvide che il foro non c’era più. Evidentemente il padrone di casa lo aveva notato e aveva provveduto a chiuderlo.

La rana e il leone

Un leone udì una rana gracidare a gran voce e si spaventò:

pensò che fosse un animale molto grosso ad emettere quel grido così forte.

Si avvicinò pian piano per vedere di che si trattasse e vide una piccola rana uscire dal pantano.

Allora disse fra sé: “D’ora in poi, se prima non avrò visto coi miei occhi di che si tratta, non mi spaventerò più.”

Il gallo e le lavoranti

Una padrona svegliava di notte le donne al suo servizio e al primo canto del gallo le metteva al lavoro.

A queste la vita parve molto dura; tanto che decisero di uc- cidere il gallo perché non svegliasse più la padrona. Gli torsero il collo, ma la loro vita peggiorò.

La padrona, infatti, per timore di non svegliarsi a tempo, da quel giorno fece alzare le lavoranti ancora prima.

(13)

La cornacchia e i piccioni

Una cornacchia osservò che i piccioni vivono comodamente e sono ben nutriti, perché l’uomo pensa a loro. Si tinse le penne di bianco e volò nella piccionaia. Dapprima i piccioni pensarono che fosse dei loro, e la lasciarono entrare. Ma la cor- nacchia si dimenticò per un attimo del suo travestimento e si mise a gracchiare come tutte le cornacchie. Allora i piccioni presero a canzonarla e la cacciarono fuori a beccate. La cornacchia ritornò fra le compagne, ma queste, spaventate dalle sue penne bianche, la cacciarono via come avevano fatto i piccioni.

La cicala e le formiche

In autunno, nel formicaio, il grano si era un po’ inumidito; le formiche lo portarono fuori ad asciugare. Una cicala affamata chiese loro qualche cosa da mangiare. Le formiche dissero:

“Perché, quando era estate, non hai provveduto a farti le provviste?”

Quella rispose: “Mi mancava il tempo, avevo le mie canzoni da cantare!”.

Le formiche risero e dissero: “Se in estate hai fatto musica, in inverno ballerai”.

La volpe dallo stomaco gonfio Una volpe affamata riuscì a scovare nella cavità di una quercia pezzi di pane e di carne lasciati là dai pastori. Vinta dalla fame vi entrò e mangiò tutto.

Ma il suo stomaco si gonfiò tanto che non poteva più uscire dall’albero. Prese allora a gemere. Di lì passò, per caso, un’altra volpe; udì i suoi lamenti, si avvicinò e gliene domandò la causa. Venuta a conoscenza dell’accaduto, “Ebbene” disse

“resta lì fino a quando non ritorni ad essere magra, come quando sei entrata. Allora uscirai senza alcuna difficoltà.”

Il toro e la zanzara

Una zanzara andò a posarsi sul corno di un toro.

Vi rimase per lungo tempo e, quando fu per andarsene, chiese al forte animale se era soddisfatto di liberarsi del peso.

Il toro le rispose: “Ma io non mi sono accorto quando ti sei posata su di me, né mi accorgerò quando te ne andrai.”

(14)

Il leone vecchio e la volpe

Un leone, ormai vecchio, era incapace di procurarsi il cibo con le proprie forze. Per poter sopravvivere, pensò di ricorrere all’astuzia. Si ritirò in una caverna e, sdraiatosi, finse di essere infermo. Così poteva assalire e divorare tutti gli animali che andavano a fargli visita. Ne aveva già mangiato un buon numero, quando gli si presentò la volpe, che si fermò a distanza dalla caverna e prese a domandargli come stava di salute.

“Male!” rispose il leone e le chiese per quale motivo non entrava.

“Io entrerei” rispose la volpe “se non vedessi tante orme di animali che entrano e nessuna di animali che escono.”.

La vipera e la lima

Una vipera si introdusse nell’of- ficina di un fabbro e chiese ai diversi utensili di farle l’elemosi- na.

Dopo averla ricevuta dagli altri, si avvicinò alla lima e la pregò di darle anche lei qualche cosa.

La lima rispose: “Tu sei molto sciocca, se credi di ottenere anche una piccola cosa da me, che ho l’abitudine, non di dare, ma di prendere a chiunque mi capiti vicino.”.

Il lupo e la capra

Un lupo vide una capra che stava pascolando sulle rupi scoscese di un’alta montagna.

Non poteva raggiungerla per catturarla; perciò la esortò a scendere, altrimenti, per inavvertenza, poteva cadere.

“Il prato” le diceva “dove io mi trovo, è meno pericoloso e l’erba è molto più alta.”

Ma la capra rispose: “Non è per me e per la mia salvezza che tu mi chiami al pascolo, ma per te, per procurarti da mangiare.”

La volpe e il cane

Una volpe si introdusse in un gregge di pecore, prese un agnello e finse di baciarselo. Il cane, custode delle pecore, le chiese per quale motivo si comportasse in quel modo.

“Lo accarezzo” rispose la volpe

“e gioco con lui”.

“Se non lo lascia” ribattè ringhioso il cane “vengo io a farti carezze di cane.”

(15)

Il leone chiuso a chiave e l’agricoltore

Un leone si introdusse nella fatto- ria di un agricoltore. Questi vole- va catturarlo e chiuse a chiave il cancello del cortile. La belva, che non trovava via d’uscita, prese a sbranare le pecore e poi assalì persone e buoi. L’agricol- tore, temendo anche per la sua vita, aprì il cancello. Dopo che il leone si era allontanato, il contadino prese a lamentarsi di quella disgrazia. E la moglie, vedendolo in lacrime: “Ben ti sta” gli disse “hai voluto rinchiudere in casa tua un animale, che persino da lontano devi fuggire!”.

Il leone, il cinghiale e gli avvoltoi Nella stagione estiva, quando l’afa ed il caldo opprimente generano la sete, un leone ed un cinghiale si trovarono con- temporaneamente vicino ad una piccola sorgente.

Presero subito a litigare, poiché entrambi volevano bere per primi. Dalle parole passarono ai fatti: iniziarono una lotta morta- le. I due contendenti erano già feriti e sanguinanti, quando, sollevando lo sguardo al cielo, scorsero uno stormo di avvoltoi, gli uccelli che si nutrono dei cadaveri. Questi volteggiavano sopra di loro, in attesa di divo- rare il primo che fosse caduto morto. Così interruppero la lotta e dissero: “Meglio essere amici fra di noi, che pasto per gli altri.”

L’orso e i pesci

Se talvolta nei boschi l’orso non riesce a procurarsi il cibo, corre alle scogliose rive del mare, si afferra ad una roccia e, lasciandosi penzolare, immerge pian piano le zampe pelose nell’acqua. Così, tra i ciuffi del pelo, i granchi e i pesci restano presi. Il furbo poi si arrampica, si scrolla di dosso le sue prede e, passo passo, se le mangia comodamente.

La fame aguzza l’ingegno.

Le lepri e le rane

Nel bosco un giorno le lepri presero a protestare con grande strepito: non volevano rasse- gnarsi a vivere nella continua paura. Così si diressero ad uno stagno, col proposito di buttarsi dentro e di morire. Al loro accorrere le rane, spaventate, balzarono in fuga e si acquatta- rono sotto le verdi alghe.

“Caspita!” disse una lepre “Ci sono altri presi dal panico e sem- pre timorosi del male. Fermiamo- ci e sopportiamo la vita come tanti.

(16)

La rana gonfiata e il bue

Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia per quell’imponenza, prese a gonfiare la sua pelle rugosa.

Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue.

Essi risposero di no.

Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande.

Quelli risposero: “Il bue”.

Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì.

La volpe e l’uva

Spinta dalla fame sotto un alto pergolato, una volpe cercava di afferrare l’uva, saltando con tut- te le sue forze.

Visto che non riusciva neppure a toccarla, allontanandosi disse:

“Non è ancora matura. Non voglio mangiarla acerba.”

Il lupo e la gru

Un lupo aveva inghiottito un osso che gli era rimasto in gola.

Disperato, prese a vagare in cerca di qualcuno che lo libe- rasse dal male.

Incontrò una gru e la pregò di estrarglielo, dietro compenso.

L’ingenua gru introdusse il capo nella gola del lupo, la liberò del- l’osso e chiese il premio, secondo il patto. Ma il lupo ri- spose: “Non ti basta di aver ritirato sana e salva la testa dalla mia bocca? Chiedi anche una ricompensa?”

La mucca, la capra, la pecora e…

Una mucca, una capra e una debole pecora, rassegnata a tutte le ingiurie, fecero alleanza con un leone per andare a cac- cia. Riuscirono a catturare un magnifico cervo, ed il leone, fatte le parti, così ruggì: “Io mi prendo la prima poiché il mio nome è leone; la seconda dovete darla a me, perché sono socio; la terza mi spetta perché valgo di più; e se qualcuno osa toccare la quarta, finirà male”.

E così la prepotenza, da sola, si portò via tutta la preda.

La volpe e la maschera

Un giorno una volpe trovò una maschera, di quelle che si usano in teatro.

“Quant’è bella!” disse “Ma non ha cervello”

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Il cane e il pezzo di carne

Un cane nuotava per il fiume, portando in bocca un pezzo di carne. Ad un tratto vide la sua immagine nello specchio delle acque e, credendo che un altro cane portasse una seconda preda, volle strappargliela.

Ma la sua avidità fu punita:

lasciò cadere il cibo che teneva in bocca e non riuscì neppure a toccare quello che desiderava.

L’assemblea dei topi

Un gatto, chiamato Rodilardus, faceva un tale sfacelo di topi che non se ne vedevano quasi più, in giro, tanti ne aveva messi dentro… la sepoltura.

Ora, un giorno che il birbaccio- ne era lontano, i topi sopravvis- suti tennero assemblea. Un topo molto prudente sostenne che sarebbe stato necessario attac- care un bubbolo al collo di Rodi- Il lupo e l’agnello

Un agnello si dissetava alla corrente di un ruscello purissimo.

Sopraggiunse un lupo in caccia:

era digiuno e la fame lo aveva attirato in quei luoghi. “Chi ti dà tanto coraggio da intorbidare l’acqua che bevo?” disse questi furioso.

“Sire…” rispose l’agnello “io sto dissetandomi nella corrente sotto di lei, perciò non posso intorbidare la sua acqua!”

“La sporchi” insistè la bestia cru- dele “E poi so che l’anno scorso hai detto male di me”.

“Io? Ma se non ero nato”, rispo- se l’agnello.“Se non sei stato tu, è stato tuo fratello”. “Non ho fratelli”. “Allora qualcuno dei tuoi; perché voi, i vostri pastori e i vostri cani ce l’avete con me.

Me l’hanno detto: devo vendi- carmi. Detto questo il lupo trascinò l’agnello nel fitto della foresta e se lo mangiò.

lardus; così appena il gatto si metteva in caccia, tutti, avvertiti dei suoi movimenti, si sarebbero rifugiati sottoterra.

Tutti furono d’accordo con lui.

La difficoltà fu di attaccare il so- naglio. Uno disse: “Io non ci vado, non sono mica così scemo!”

Un altro disse: “Io non sarei ca- pace”.

Così, senza far niente, si lasciaro- no.

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