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FEDERICA MAMELI ANNA MARTINI TAUT E CALVINO LO SPAZIO INATTESO

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Academic year: 2022

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TAUT E CALVINO

LO SPAZIO INATTESO

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1 Il 3 Maggio 1933, Bruno Taut si imbarca a Vladivostock alla volta del Giappone, probabilmente non immaginando che il suo soggiorno nel Sol Levante sarebbe durato ben tre anni e mezzo.

Lo scopo del viaggio era quello di partecipare a diverse conferenze e colloqui con i suoi colleghi giapponesi, ma a causa dell’ inclusione dello stesso Taut fra gli oppositori del regime nazista, il viaggio di piacere in Giappone assunse i connotati di una vera e propria fuga.

Il diario redatto dall’architetto tedesco rappresenta una fonte inesauribile di riflessioni, studi, progetti che hanno contribuito fortemente a far conoscere e penetrare la cultura e l’architettura giapponese in Europa.

Con l’incarico per l’allestimento interno della villa di Hyuga, del 1935, Taut cercò di ottenere arricchimento sulla base di una sorta di sintesi tra l’architettura “occidentale” e quella giapponese. La villa Hyuga si trovava su un pendio di fronte al mare di Atami, dove per ottenere una porzione di suolo pianeggiante su cui impiantare un giardino era stata realizzata una piattaforma artificiale con una costruzione di cemento armato. A Taut fu concesso di progettare un volume allungato di questa struttura di fondazione. Con una punta di orgoglio l’architetto tedesco scrisse in una lettera ad un amico di aver

“realizzato un gruppo di ambienti nel tipico stile giapponese, cioè caratterizzati dal più grande rigore per quanto riguarda la semplicità e le proporzioni e allo stesso tempo tali che la grande parete scorrevole che funge da porta consente di osservare traguardando i due ambienti moderni, cioè provvisti di una pavimentazione in legno duro.

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2 Un evento ha segnato in particolar modo la permanenza di Taut in Giappone: la visita alla villa imperiale di Katsura a Kyoto. All'architetto tedesco spetta il merito incontestabile di aver portato Katsura all'attenzione dell'architettura contemporanea, giapponese e internazionale, avendo reso la villa imperiale depositaria di alcune tra le più interessanti argomentazioni che legano lo sviluppo del Movimento Moderno alla cultura e alla tradizione giapponesi.

Egli non aveva mai sentito parlare della villa e, leggendo le sue annotazioni, traspare proprio la sorpresa, lo stupore, la meraviglia.

“Pura architettura nuda. Commovente-innocente come un bambino. Appagamento di nostalgia di oggi”

“Piazza della Luna. Impressione bella da piangere. Infinita e da subito soffocante nella ricchezza di riferimenti.”

Queste sono le prime impressioni, immediate e spontanee, quasi “goffe” nella loro espressione.

I tre corpi di natura residenziale (realizzati in tre fasi storiche diverse) che compongono la villa, accostati l’uno all’altro agli angoli e caratterizzati da una sequenza di interruzioni come se ci si trovasse di fronte ad un’architettura improvvisata, apparvero sicuramente a Taut disadorni e informali.

Nessuna simmetria, mancanza di assi dominanti, effetti sorprendenti e sollecitazioni continue, direzioni raffinatamente variate, piante aperte e flessibili.

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Schizzi di studio della villa

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4 L’impianto della villa definito a “stormo di oche in volo” rivela una profondità spaziale in cui viene negata ogni simmetria e che nasce dalla stratificazione di piani fra loro sfalsati.

Questa organizzazione irregolare dello spazio, ricavato anche attraverso un uso economico dei materiali a disposizione, come il legno, rappresentava, per utilizzare le stesse parole dell’architetto, “l’arte libera di uno spirito libero”.

Einfachheit è la parola chiave: oltre che "semplicità", significa anche "frugalità" e questa connessione spiega le associazioni che Taut utilizza (semplicità-libertà, severità-frugalità, ad esempio) per spiegare come le meraviglie di Katsura siano le più naturali e coerenti espressioni del sistema di valori universali che fondano l’architettura. Secondo Taut, infatti, la nuova architettura e gli elementi architettonici dovevano essere condotti a “un grado di libertà più autentico. Libertà dei singoli elementi significa la loro chiamata a una collaborazione paritaria e piena, tale che non vi siano più né elementi dominanti né subordinati, poiché la necessarietà di ogni singola parte diviene evidente”.

A Katsura, considerata dall’architetto meraviglia del mondo architettonico, “ogni elemento – casa, acqua, pontile per le imbarcazioni, albero, pietra – ha una vita propria, come una buona società”.

La villa divenne quindi il modello di un’architettura di eccellenza non solo del passato ma anche del futuro

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5 anticipando il sogno di una nuova società liberata dove “la forma è in armonia con i bisogni”.

In vari scritti Taut definisce Katsura “eterna” (nel senso di autenticamente classica) ma si limitò a descrivere la villa e le sue caratteristiche dal punto di vista dell’ architettura come categoria astratta, evitando in genere di collegare le sue osservazioni alla problematica dello sviluppo della pratica progettuale contemporanea. L’unico tentativo in questo senso può essere individuato nel seguente brano:

“Come definiresti questa architettura in termini moderni?

chiesi ai miei amici (Ueno e Shimomura). Dopo una breve discussione arrivammo alla conclusione che si trattava di un’architettura funzionale, o meglio: di un’architettura fondata su una motivazione. L’intero complesso, da qualunque lato lo si osservava, seguiva in ciascuna delle sue parti e in modo assolutamente elastico la finalità che ognuna di esse, non meno del tutto, era destinata ad assolvere, la normale utilità quotidiana o la rappresentanza, oppure l’espressione di una elevata spiritualità filosofica. La cosa meravigliosa era che tutti e tre questi scopi erano cosi intimamente connessi in una unità, che non si percepivano confini tra l’uno e l’altro.”

Un elemento che colpisce particolarmente Taut è il giardino della villa imperiale.

A differenza del giardino europeo costruito intorno ad un punto di vista centrale e statico secondo le leggi proprie della prospettiva, il giardino giapponese impone allo sguardo di spostarsi incessantemente, libero da qualsiasi tipo di asse.

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6 Gli scenari si moltiplicano e si sovrappongono in una sorta di struttura a spirale offrendo scorci inattesi.

Ecco come lo descrive Taut:

“ Molteplicità di forme: sulle pietre le tartarughe allungano la testa e si tuffano nell’acqua. Qui il visitatore europeo si trova di fronte ad una bellezza del tutto nuova, che non si può paragonare a null’altro ed è assolutamente giapponese[…]

Questa straordinaria ricchezza di relazioni, che in un primo tempo resta inspiegabile, lascia quasi sopraffatti. E tuttavia dopo averlo osservato più a lungo, il giardino si articola con estrema chiarezza e l’occhio vien dolcemente accompagnato lungo le sue linee, affinché possa cogliere queste articolazioni[…]

La differenziazione complessiva di tutte queste molteplici componenti del giardino è fusa in una singola unità.”

Come osserva Taut, il “quadro” del giardino entra prepotentemente e inaspettatamente nella villa provocando effetti sconvolgenti per il visitatore.

Afferma infatti:

“ la presenza del giardino domina a tal punto lo spazio che tutte le superfici delle pareti appaiono studiate per rifletterlo, e il riverbero è particolarmente vivido nell’oro e argento opachi dei tramezzi scorrevoli”.

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7 Vi è un rapporto quindi biunivoco fra la villa e il giardino: il giardino è studiato per integrarsi con villa e la villa è studiata per ammirare e contemplare il giardino.

Queste due componenti sono inscindibili e imprescindibili l’una dall’altra.

Vista del giardino dall’interno della villa

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8 E , facendo un volo pindarico nel mondo della letteratura, questi stessi dettagli colpiscono anche Calvino che, passeggiando per il giardino imperiale di Katsura, si trova ancora una volta di fronte al tema portante del viaggiatore: la scomposizione e la moltiplicazione.

Come Taut infatti, Calvino, attraverso uno sguardo da europeo, resta colpito dagli spazi inattesi e molteplici del giardino di Katsura.

E’ importante ricordare che Calvino compì un significativo viaggio in Giappone nel Novembre 1976. Questo viaggio ebbe un importante riflesso sulla vena dello scrittore, dando lo spunto per alcuni racconti contenuti in “Collezione di sabbia”, che testimoniano il grado di penetrazione di Calvino nella cultura nipponica e nelle idee dello Zen.

“Il giardino è stato predisposto in modo che di passo in passo lo sguardo incontri prospettive diverse, un’armonia diversa nelle distanze che separano il cespuglio, la lampada, l’acero, il ponte ricurvo, il ruscello. Lungo il percorso lo scenario cambia completamente molte volte, dal fogliame fitto alla radura cosparsa di rocce, dal laghetto con la cascata al laghetto d’acque morte; e ogni scenario, a sua volta, si scompone negli scorci che prendono forma appena ci si sposta: il giardino si moltiplica in innumerevoli giardini.”

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9 Un altro tema che Calvino affronta è quello del tempo, dell’istante:

“Le metamorfosi che genera lo spazio si aggiungono a quelle generate dal tempo: il giardino - ognuno degli infiniti giardini- cambia con il passare delle ore, delle stagioni, delle nuvole del cielo. Gli imperatori che idearono Katsura predisposero piattaforme di canne di bambù per assistere in aprile alla fioritura dei fiori di pesco, o all’arrossarsi delle foglie degli aceri in novembre, costruirono quattro padiglioni da tè, uno per stagione, che si affacciano ognuno su un paesaggio ideale in un momento dell’anno; ogni paesaggio ideale d’una stagione ha un’ora del giorno o della notte che è il suo momento ideale. Ma le stagioni sono quattro e le ore ruotano tra mezzogiorno e mezzanotte. Il tempo con i suoi ritorni allontana l’idea dell’infinito.”

Difatti la caduta delle foglie o la loro ri-nascita, non sono che una fase di un progetto che continuamente si rinnova nella continuità del libro-giardino.

Ma il tema del tempo è strettamente connesso al tema dello spazio:

“E lo spazio allora? Se c’è una corrispondenza fra i punti di vista e i passi, se ogni volta che s’avanza il piede destro o sinistro sulla pietra successiva s’apre una prospettiva stabilita da chi progettò il giardino, allora l’infinità dei punti di vista si riduce ad un numero finito di vedute, ognuna staccata da quella che precede e quella che la segue, caratterizzata da

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10 elementi che la contraddistinguono dalle altre, una serie di modelli precisi che rispondono ognuno a una necessità e a un’intenzione.

Ecco cos’è il sentiero: un congegno per moltiplicare il giardino, certamente, ma anche per sottrarlo alla vertigine dell’infinito.”

Vista del sentiero che porta all’Antico Shoin

L’attenzione per i piccoli dettagli. Con grande sensibilità si accenna all’autunno giapponese, famoso per i colori delle foglie d’acero e di ginkgo. Proprio i giardini Zen suggeriscono la giusta misura, allontanando dal rischio di cadere nella tentazione dell’infinito, reminiscenza romantica e leopardiana.

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11 E ancora, nel capitolo “I mille giardini” Calvino riflette:

Ma quali significati? Il sentiero al di qua del cancello è fatto di lastre lisce e al di là di ciottoli grezzi: è il contrasto tra la civiltà e la natura? Là il sentiero si biforca in un braccio diritto e in uno storto; il primo si blocca a un punto morto, il secondo va avanti: è una lezione sul modo di muoversi nel mondo? Ogni interpretazione lascia insoddisfatti; se c’è un messaggio, è quello che si coglie nelle sensazioni e nelle cose, senza tradurle in parole.”

Parole.

Calvino da vita infine ad una corrispondenza di intenso lirismo tra le parole di una poesia e gli elementi che compongono il giardino:

“Nel giardino i vari elementi sono messi insieme secondo criteri d’armonia e di significato, come le parole di una poesia.

Con la differenza che queste parole vegetali cambiano di colore e di forma nel corso dell’anno e ancor di più col passare degli anni: mutamenti in tutto o in parte calcolati nel progettare la poesia-giardino”.

Un architetto e uno scrittore, quindi, a più di trent’anni di distanza, hanno provato le stesse emozioni che questa meraviglia dell’architettura, in cui costruito e natura

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12 dialogano incessantemente, suscita in chi ha avuto il privilegio di visitarla.

Entrambi, europei, hanno avuto il merito di riuscire a descrivere un universo architettonico caratterizzato da un linguaggio poeticamente complesso e affascinante, seppur con strumenti differenti: il disegno e pensieri ricche di phatos , Taut, le parole , Calvino.

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13 Bibliografia

Calvino I., Collezioni di sabbia, Oscar Mondadori, Milano 1994.

Caroli F., Arte d'Oriente e Arte d'Occidente, Per una storia delle immagini nell'era della globalità, Electa, Milano, 2006

Isozaki A., La villa imperiale di Katsura: l'ambiguità dello spazio, Giunti, Firenze, 1987

Nerdinger W., Speidel M. (a cura di), Bruno Taut 1880-1938, Electa, Milano, 2001

Ponciroli V. (a cura di), Katsura : la villa imperiale , Electa, Milano, 2004

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