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The Golden Fleece; or, Jason in Colchis and Medea in Corinth: la rielaborazione del mito di Medea nell'extravaganza di James Robinson Planché.

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE E LETTERATURE

MODERNE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

The Golden Fleece; or, Jason in Colchis and Medea in Corinth:

la rielaborazione del mito di Medea nell’extravaganza di

James Robinson Planché.

CANDIDATO

RELATORE

Alessandra Grossi

Chiar.ma Prof.ssa Elena Rossi Linguanti

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Indice

Introduzione………1

1. Il genere………5

1.1 Definire l’extravaganza e il burlesque: contesto storico e dibattito critico………5

1.2 Le origini del burlesque………...13

1.3 La nascita e l’evoluzione del burlesque inglese come genere teatrale………15

1.4 Il burlesque di argomento classico………..……21

1.5 La rielaborazione di soggetti classici nei generi di estrazione popolare…………24

1.6 Conclusione………27

2. L’autore………..30

2.1 L’infanzia e la formazione di James Robinson Planché………..………31

2.2 Planché, il codificatore dell’extravaganza……….……33

2.2.1 L’extravaganza di argomento classico………..34

2.2.2 The Birds of Aristophanes, unicum nella produzionedi Planché……….38

2.2.3 La fairy extravaganza………39

2.2.4 La revue………. 42

2.3 Il rapporto con le fonti nelle extravaganza e nella traduzione delle fiabe………47

2.4 Un nuovo stile di recitazione………..50

2.5 Planché, costumista e accademico……….53

2.6 Planché, visionario scenografo……….56

2.7 La voce di un artista impegnato………59

2.8 Conclusione………...63

3. L’opera………..….65

3.1 La prefazione……….…65

3.2 Le fonti………..70

(3)

3.4 Il primo atto: Jason in Colchis……….77

3.4.1 Il prologo………77

3.4.2 L’arrivo di Giasone in Colchide e l’incontro con Eeta……….…….79

3.4.3 Il primo incontro tra Giasone e Medea……….86

3.4.4 Le riflessioni di Medea……….91

3.4.5 L’intervento del coro……….……..93

3.4.6 L’incontro di Giasone e Medea presso l’altare della dea Ecate……….94

3.4.7 Il conflitto interiore di Medea………..100

3.4.8 Il superamento delle prove………102

3.4.9L’arrivo di Medea e l’incantamento del drago……….105

3.4.10 La conquista del vello e la fuga dalla Colchide………..109

3.4.11 La reazione di Eeta e l’annuncio dell’omicidio di Assirto………110

3.5 Il secondo atto: Medea in Corinth……….113

3.5.1Il monologo del coro e il dialogo con la nutrice……….113

3.5.2 L’ingresso di Medea………118

3.5.3 L’annuncio dell’esilio……….122

3.5.4 Il dialogo tra Medea e Giasone………128

3.5.5 Le riflessioni di Giasone………133

3.5.6 La pianificazione della vendetta……….134

3.5.7 L’intervento del coro……….137

3.5.8 Il compimento della vendetta………..143

3.5.9 Finale…..………....148

Conclusioni……….153

(4)

1

Introduzione

Il mito di Medea esercita un fascino considerevole sulla letteratura occidentale, tanto che nel corso dei secoli ne sono state proposte molteplici versioni e riscritture. L’eroina delle tragedie di Euripide e Seneca incarna, infatti, un terrore ancestrale comune all’intero genere umano e trascendente alle barriere del tempo: Medea concretizza la possibilità che una madre uccida, deliberatamente, i propri figli. L’archetipo della madre infanticida penetra anche nel genere teatrale del burlesque, popolare nella Gran Bretagna del diciannovesimo secolo. Autori quali Jack Wooler, Mark Lemon e Robert Brough propongono riletture in chiave comica dei testi classici che narrano le vicende di Medea, originando quella che Edith Hall definisce una vera e propria “British epidemic of Medea plays”1.

Nel 1851, al Grecian Saloon, Wooler mette in scena Jason and Medea: a Comic. Heroic. Tragic. Operatic. Burlesque-Spectacular Extravaganza, una rivisitazione del mito che prevede il ricongiungimento finale di Giasone e Medea. Affascinato ed ispirato dalla performance della Médée di Ernst Legouvé (1856)2, Lemon scrive

Medea; or, a Libel on the Lady of Colchis (1856), un burlesque che ritrae Medea come una donna abbandonata dal marito, nella Gran Bretagna di epoca vittoriana. Nello stesso anno, Brough porta sulle scene dell’Olympic Theatre Medea; or, the Best of Mothers, with a Brute of a Husband, dove la protagonista rinuncia all’uccisione dell’amante del marito Giasone per istituire con lei un sodalizio e liberarsi, così, dalle oppressioni del potere maschile3.

La prima rielaborazione del mito di Medea risale, però, al 1845: si tratta dell’extravaganza di James Robinson Planché intitolata The Golden Fleece; or, Jason

1 E. Hall, “Medea and the British Legislation before the First World War”, Greece & Rome, XLVI: 1

(Aprile 1999), p. 56.

2 Nel 1856, i palcoscenici del Lyceum Theatre sono solcati dall’attrice Adelaide Ristori, protagonista

di una traduzione italiana della tragedia Médée di Ernst Legouvé. La protagonista dell’opera di Legouvé concepisce l’infanticidio come estremo atto di amore materno, come disperato tentativo di salvare i propri figli dall’ancor più crudele uccisione dei corinzi. L’opera ebbe un successo assoluto, tanto da far parte del repertorio della Ristori che ne realizzò differenti revival nei teatri di tutto il mondo. Cfr. Ivi, pp. 56-57.

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2 in Colchis and Medea in Corinth. Antesignana del ritorno del personaggio di Medea sulle scene ottocentesche e capostipite del filone di testi comici che hanno per oggetto la storia della madre infanticida, l’opera di Planché definisce, per prima, le linee di rielaborazione del mito classico all’interno del burlesque. L’obiettivo del presente studio, quindi, è quello di analizzare The Golden Fleece, mettendo in luce somiglianze e differenze rispetto alle fonti e svelare, così, la logica sottesa al progetto di riscrittura messo in atto dall’autore.

Per il raggiungimento di tale scopo, è necessario introdurre i caratteri fondamentali dei generi drammatici di extravaganza e burlesque. Il Capitolo 1 sarà consacrato, dunque, all’illustrazione di un quadro storico-legale volto a motivare l’ambiguità della distinzione vigente tra i suddetti generi. Per chiarirne l’identità, si passeranno in rassegna alcuni dei più eminenti punti di vista critici susseguitisi tra il 1891, anno dell’edizione di A Book of Burlesque: Sketches of English Stage Travestie and Parody, lo studio di William Davenport Adams interamente dedicato al burlesque, e il 2015, quando viene pubblicato il volume Victorian Classical Burlesques: A Critical Anthology di Laura Monròs-Gaspar.

Nel corso dei secoli, la percezione critica di extravaganza e burlesque oscilla tra due poli contrapposti: da un lato essi vengono percepiti come due generi distinti, in virtù dell’assenza dell’intento critico che caratterizza il burlesque nelle opere contrassegnate come extravaganza, dall’altro vengono considerati sostanzialmente identici. Questa seconda posizione sembra essere quella più corretta, oggi accettata sulla scia degli studi di Richard Schoch, Edith Hall, Fiona Macintosh e Laura Monròs-Gaspar, responsabili della recente rivalutazione del genere e concentrati sulla qualità principale che accomuna burlesque ed extravaganza, ossia l’intertestualità. Partendo da questo assunto fondamentale e in linea con tale approccio, si introdurrà l’opera di James Robinson Planché come un’extravaganza, in corrispondenza alla definizione che l’autore fornisce nel sottotitolo, ricordando però come il termine burlesque sia egualmente utilizzabile.

A questa riflessione, segue una panoramica volta a tracciare la nascita e l’evoluzione del genere, reso popolare nella Francia del XVII secolo e importato seguitamente in

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3

Gran Bretagna. Particolare attenzione sarà dedicata all’elaborazione del burlesque di argomento classico e alle sue contaminazioni con i generi drammatici di estrazione popolare, come gli spettacoli di marionette.

Il Capitolo 2 sarà incentrato sulla personalità di James Robinson Planché. Dalla lettura della sua autobiografia, The Recollections and Reflections of J. R. Planché: A Professional Autobiography, emerge il ritratto di un artista eclettico, che si dedica alla carriera di drammaturgo, costumista, scenografo e attivista per il riconoscimento dei diritti degli autori drammatici contemporanei. In ciascuno dei campi sopracitati, egli si propone di introdurre delle innovazioni: Planché è codificatore del genere dell’extravaganza, che si esplica in tre modalità espressive distinte (l’extravaganza di argomento classico, quella di argomento fiabesco, la revue); sostenitore dell’accuratezza storica di scenografie e costumi, coerenti con l’epoca in cui una determinata opera è ambientata; responsabile della stesura del testo del Dramatic Author’s Act, la legge che tutela il diritto d’autore. Solo ripercorrendo la carriera di Planché a tutto tondo sarà possibile rivalutare il contributo da lui lasciato al panorama teatrale ottocentesco. Un excursus delle sue opere permetterà, inoltre, di situare The Golden Fleece all’interno della sua vasta produzione, come una delle extravaganza di argomento classico accolte con entusiasmo e fervore dal pubblico del diciannovesimo secolo.

Il Capitolo 3, infine, sarà destinato all’analisi dell’opera. Lo scopo di questa sezione è quello di condurre uno studio comparato tra il mito classico di Medea e la rielaborazione ottocentesca proposta da Planché in The Golden Fleece. Nello specifico, si metteranno in luce le analogie e le differenze con le fonti classiche verosimilmente consultate dall’autore, ossia la Medea di Euripide, Le Argonautiche di Apollonio Rodio, Le Metamorfosi e le Heroides di Ovidio e la Medea di Seneca. L’analisi sarà condotta a partire dall’interpretazione delle finalità enunciate dall’autore nella prefazione all’opera: da un lato, egli mira ad ironizzare sul modus operandi del teatro classico e, dall’altro egli manifesta la volontà di rendere Medea innocente. I riferimenti di carattere metateatrale ed intertestuale permetteranno di situare The Golden Fleece in bilico tra l’adozione delle convezioni del teatro greco e

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4

la loro ridicolizzazione, tra la fedele trasposizione dei classici e il più moderno progetto di redenzione dell’eroina.

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5

Capitolo 1

Il genere

1.1 Definire l’extravaganza e il burlesque: contesto storico e dibattito critico

Nella sua autobiografia, James Robinson Planché precisa il significato del termine extravaganza, “the whimsical treatment of a poetical subject”1 in opposizione a

burlesque, definito invece “the broad caricature of a tragedy or a serious opera”2. La

volontà di Planché di distinguere i due generi riflette, secondo l’interpretazione di Nicoll, una tendenza generale volta a specificare le classificazioni delle opere drammatiche che si registra attorno agli anni quaranta dell’Ottocento3. Per

apprezzare la valenza della scelta terminologica di Planché, sarà quindi necessario porla in relazione al contesto storico di diffusione della sua opera, ricostruito negli studi di Jane Moody e Joseph Donohue4.

Nel 1737, il parlamento approva il Licensing Act, una legge che obbliga i drammaturghi a sottoporre i testi delle loro opere al vaglio del Lord Chamberlain, che esercita la funzione di censore. Una volta approvate, le opere definite ‘legittime’ possono essere rappresentate solamente nei tre “patent theatres”5, ossia i teatri di

1 J. R. Planché, The Recollections and Reflections of J. R. Planché: A Professional Autobiography, Vol.

II, London, Tinsley Brothers 1872, p. 43.

2 Ivi, pp. 43-44.

3 Nell’ottica di Nicoll, la fioritura di una nomenclatura ricca e diversificata corrisponde alla nascita

di nuovi generi teatrali. Allo stesso tempo, essa costituisce una reazione alla generalizzazione delle classificazioni delle opere drammatiche che caratterizza gli anni precedenti. Cfr. A. Nicoll, Early

Nineteenth Century Drama, 1800-1850, A History of English Drama, Vol. V, Cambridge, Cambridge

University Press 1963, p. 134.

4 Per la ricostruzione della legislazione che regola le attività teatrali vigente sino alla prima metà

dell’Ottocento e per la nascita della ‘burletta’ si vedano J. Donohue, “Introduction: The Theatre from 1800 to 1895” in Donohue, J. (ed.), The Cambridge History of British Theatre, Vol. II, Cambridge, Cambridge University Press 2004, pp. 219-271 e J. Moody, “The theatrical revolution, 1776-1843” in Donohue, J. (ed.), The Cambridge History of British Theatre, Vol. II, Cambridge, Cambridge University Press 2004, pp. 199-215.

5 Questi sono gli unici teatri che hanno il diritto di mettere in scena le forme ‘legittime’ di commedia

e tragedia. In realtà, i teatri di Drury Lane e Covent Garden godono di tale autorizzazione sin dal 1660, anno della riapertura dei teatri dopo la restaurazione della monarchia. Nello specifico, gli autori drammatici William Davenant e Thomas Killigrew ottengono la licenza del sovrano e si

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6

Covent Garden, Drury Lane e, per i mesi estivi, il Little Theatre di Haymarket. A partire dal 1752, però, una nuova legge offre concessioni annuali a una serie di teatri minori, che si concentrano nelle zone londinesi di recente urbanizzazione, nello specifico l’East End. Il teatro di Sadler’s Wells, quello di Surrey, il Pavilion e il Royalty Theatre promuovono forme di intrattenimento catalogate come ‘illegittime’, che spaziano dagli spettacoli equestri a quelli acrobatici, dalla pantomima al melodramma. Nessun parametro viene, però, elaborato per regolamentare tali produzioni e, di conseguenza, il Lord Chamberlain non possiede gli strumenti necessari per avviare le pratiche censorie. Si crea così una sfera che esula dalla sua giurisdizione: i teatri minori mettono spesso in scena opere censurate per motivi politici o di decoro e si appropriano illegalmente di opere ‘legittime’, per la rappresentazione delle quali non possiedono l’autorizzazione. Ad esempio, Jack Palmer, attore comico degli anni ottanta del Settecento, organizza illegalmente la performance di As You Like It per la serata di apertura del Royalty Theatre nel 1787. Questa circostanza crea uno scalpore tale da indurre i patent theatres a ridefinire le loro competenze: non solo i generi drammatici considerati ‘legittimi’, ma anche ogni forma di rappresentazione parlata viene considerata appannaggio esclusivo di Drury Lane, Covent Garden e Haymarket. Di conseguenza, i manager dei teatri minori elaborano una strategia per aggirare la legge e rappresentare opere senza dialoghi: affidarsi alla ‘burletta’, genere di derivazione italiana caratterizzato dalla presenza della musica, significa avere la possibilità di rendere accettabile pressoché qualsiasi opera introducendo canzoni e rime. Già dagli anni venti dell’Ottocento, l’etichetta di ‘burletta’ contraddistingue la vasta gamma di spettacoli proposti dai teatri minori, permettendo loro di prosperare nonostante i divieti imposti.

La definizione di ‘burletta’, umbrella term che riunisce l’extravaganza, il burlesque e ogni altro genere accompagnato dalla musica, è senza dubbio controversa, come James Robinson Planché ricorda nelle sue memorie:

stabiliscono, rispettivamente, nei due teatri sopracitati assieme alle loro compagnie. Solo nel 1766, il commediografo Samuel Foote viene autorizzato a rappresentare opere ‘legittime’ nel Little Theatre di Haymarket durante i mesi estivi. Cfr. J. Moody, op. cit. pp. 200-201.

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7 The Lyceum, a new establishment, was specially licensed for the performance of English opera and musical dramas, and the Adelphi and Olympic Theatres had the Lord Chamberlain’s license for the performance of burlettas only, by which description, after much controversy both in and out of court, we were desired to understand dramas containing not less than five pieces of vocal music in each act, and which were also, with one or two exceptions, not to be found in the repertoire of the patent houses6.

La controversia a cui Planché si riferisce è l’inchiesta parlamentare condotta nel 1832 da un Select Comittee on Dramatic Literature al fine di indagare le cause del declino delle forme drammatiche tradizionali. Presieduto da Edward Lytton Bulwer e composto da ventiquattro membri, il comitato raccoglie trentanove testimonianze riguardanti la gestione dei teatri, la qualità delle opere drammatiche, le opinioni sul sistema legale vigente7. Secondo la ricostruzione proposta da Donohue, non

riuscendo a circoscrivere i caratteri fondamentali della ‘burletta’, il comitato è incapace di arginarne la diffusione. Neanche il Lord Chamberlain, come sostiene Bulwer, sa che cosa una ‘burletta’ effettivamente sia8. La mancanza di chiarezza

permette a manager e drammaturghi di sfruttare questa etichetta come lasciapassare per ogni tipo di composizione. La situazione cambia solo nel 1843, quando il parlamento approva il Theatre Regulation Act, una legge che revoca i privilegi ai tre patent theatres e sancisce definitivamente la libera concorrenza tra teatri maggiori e minori e le loro rispettive produzioni9.

Dopo aver constatato la tendenza a mascherare con il termine ‘burletta’ pressoché qualsiasi genere ‘illegittimo’, a partire dal 1843 si riscontra una netta specializzazione delle forme drammatiche. A questo punto, è doveroso chiedersi quanto le distinzioni fra i diversi generi siano significative o quanto invece corrispondano ad una semplice reazione alle restrizioni sperimentate in precedenza. Laura Monròs-Gaspar affronta tale questione in Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of

6 J. R. Planché, The Recollections and Reflections of J. R. Planché: A Professional Autobiography, Vol.

II, cit. pp. 72-73.

7 L’inchiesta del comitato è riportata in Report from the Select Commitee on Dramatic Literature:

With the Minutes of Evidence, London, House of Commons 1832.

8 Donohue ricorda “Bulwer’s inference that even the Lord Chamberlain did not know what a

burletta was”. J. Donohue, op. cit. p. 222.

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8 Cassandra, passando in rassegna i punti di vista critici susseguitisi nel tempo. Il suo studio fornisce, quindi, il modello a cui ci ispireremo per rispondere agli interrogativi inerenti alla percezione critica dell’extravaganza, del burlesque e delle relative caratteristiche10. In particolare, presteremo attenzione alla maniera in cui i vari critici

definiscono l’opera di James Robinson Planché.

William Davenport Adams, il primo ad analizzare in maniera sistematica il “theatrical burlesque”inglese11, nel suo volume A Book of Burlesque: Sketches of English Stage

Travesty and Parody chiarisce che si occuperà unicamente di burlesque, tralasciando invece l’extravaganza ed altri generi comici12. Egli definisce James Robinson Planché

come fondatore del moderno burlesque, sebbene questi si riferisca alle sue opere con il termine extravaganza. Ignorando la distinzione proposta dall’autore, Adams ritiene che il burlesque corrisponda alla parodia di temi e soggetti preesistenti e, pertanto, trova nelle opere di Planché esempi di questo genere13.

Circa un secolo dopo, Cinton-Baddeley fa dell’imprecisione terminologica l’arma principale per criticare la produzione comica dei teatri del diciannovesimo secolo14.

Secondo la sua analisi, con il termine extravaganza si descrivono i burlesque sterili e senza alcun intento critico scritti nel corso dell’Ottocento, mentre il burlesque propriamente detto si riferisce alla più nobile tradizione del secolo precedente15. In

10 L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra,

València, Universitat de València Servei de Publicacions 2009, pp. 25-29.

11 “William Davenport Adams presented […] the first systematic in-depth analysis of theatrical

burlesques in England”. Cfr. Ivi, p. 25.

12 “I ought to say that, while I have endeavored to mention all the most representative burlesques

of which our stage history keeps record, I have intentionally left outside of my scheme all ‘extravaganzas’, ‘buffooneries musicales’, and other such miscellaneous varieties of comic literature,- confining myself to definite and deliberate travesties of subjects previously existent”. Cfr. W. Davenport Adams, A Book of Burlesque: Sketches of English Stage Travestie and Parody, London, Henry & Co 1891, pp. iii-iv.

13 Monròs-Gaspar sottolinea come l’analisi di Adams sia fondata su “His distinction between

burlesques, extravaganzas and buffooneries musicales is rooted in the textual relation between the comic play and the object of parody”. Cfr. L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian

Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 26.

14 Ivi, p. 27.

15 “Extravaganza is not burlesque as Buckingham, Fielding, Sheridan and Canning understood the

art. It is burlesque without an object, burlesque weakened into farce, a whimsical entertainment […]. It had no critical purpose”. Cfr. V. C. Clinton-Baddeley, The burlesque tradition in the English

theatre after 1660, London, Methuen 1973, p. 109. Il passo è citato anche da L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 27.

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9 The Burlesque Tradition in the English Theatre after 1660, egli ritiene che Planché sia responsabile della popolarità e della diffusione dell’extravaganza16. Secondo la sua

analisi, le opere di Planché non fanno satira né sulla realtà contemporanea né sulle fonti che vengono rielaborate, ma si riducono ad un mero sfoggio di comicità e virtuosismo linguistico17.

In A History of English Drama, Nicoll presenta l’etimologia del termine extravaganza: esso deriva dall’italiano ‘stravaganza’, sostantivo che descrive la qualità fondamentale di un genere che tratta, in maniera eccentrica, temi classici o allegorici18. Nicoll classifica la produzione di Planché come “extravaganza proper”19,

mentre il termine burlesque sembra essere relegato alla descrizione delle opere dei primi anni del diciannovesimo secolo. Il critico conviene con Clinton-Baddeley nel riscontrare una differenza rispetto ai burlesque del secolo precedente, che sono animati da spirito critico, mentre sostiene che quelli ottocenteschi siano unicamente sostenuti dal gusto del fantastico e dell’assurdo20.

In Prefaces to English Nineteenth-century Theatre, Michael Booth adotta una prospettiva nuova nell’accostarsi al dibattito inerente alla definizione di extravaganza e burlesque21. Sebbene mantenga una sostanziale differenza tra i due,

egli si propone di non indugiare in disquisizioni di carattere meramente terminologico per apprezzare invece le caratteristiche di entrambi i generi. Booth ritiene che sia estremamente complesso distinguere l’extravaganza dal burlesque, soprattutto perché le due etichette vengono spesso usate intercambiabilmente. Tuttavia, egli sembra prediligere il termine burlesque per riferirsi da un lato alla produzione del diciottesimo secolo22, dall’altro ad una componente particolare dell’extravaganza.

16 V. C. Clinton Baddeley, op. cit. p. 108.

17 Clinton-Baddeley parla di “example of dexterity” o “exercise in flippancy” in riferimento ad

alcune delle opere di Planché. Cfr. Ivi, pp. 110-111.

18 A. Nicoll, op. cit. pp. 136-137. 19 Ivi, p. 152.

20 Il successo del burlesque è, secondo Nicoll, legato al “love of the fantastic, the impossibly

exaggerated and the patently absurd. Most of these burlesques exist for their own ridiculous qualities […]”. Cfr. Ivi, pp. 147-148.

21 Monròs-Gaspar gli attribuisce una maggiore flessibilità nella definizione dei termini. Cfr. L.

Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 28.

22 Ad esempio, “[…] burlesques of classical legend traditional of the English stage ‒ Fielding’s are

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10

Quest’ultima nasce, infatti, dalla commistione di due elementi: i riferimenti alla realtà contemporanea si uniscono ad una fiaba, un evento storico o un mito classico che viene reinterpretato. Proprio tale mescolanza sembra costituire, secondo Booth, quel burlesque che si trova in ogni extravaganza23. Le opere di Planché vengono

annoverate tra le extravaganza e il burlesque in esse contenuto è elaborato in maniera tale da non alterare lo spirito originale delle fonti24.

Edith Hall e Fiona Macintosh, in linea con la tesi di Booth, constatano l’impossibilità di differenziare nettamente l’extravaganza dal burlesque. I due generi, infatti, si influenzano reciprocamente: l’extravaganza prende in prestito dal burlesque la parodia di testi preesistenti e il burlesque viene arricchito da rappresentazioni spettacolari che solitamente distinguono l’extravaganza25. Alla luce di tali

osservazioni, le studiose definiscono James Robinson Planché come il padre fondatore del burlesque ottocentesco26.

Più radicale appare la posizione di Richard W. Schoch, che riconosce come le varie classificazioni siano spesso utilizzate in maniera intercambiabile e rigetta, pertanto, ogni tipo di distinzione terminologica27. Nell’introduzione a Victorian Theatrical

Prefaces to English Nineteenth-century Theatre, Manchester, Manchester University Press 1980, p.

159.

23 Booth ipotizza che “The juxtaposition of the serious and mythological with the lesser

domesticities of daily life is the classical method of classical burlesque” e che l’utilizzo di tale espediente accomuni gli autori del diciottesimo secolo (tra cui cita Henry Fielding) a quelli ottocenteschi (nello specifico, Planché). Cfr. Ivi, p. 169

24 “From the point of view of definition, it is not easy to distinguish between extravaganza and

burlesque. However, problems of definition are so common in dealing with nineteenth century drama that one should not worry about them; better to indicate characteristics […]. Certainly, there is an element of burlesque in all extravaganzas, achieved […] by the coexistence, so fundamental to extravaganza, of the domestic and contemporary milieu with the fairy-tale, classical legend, or historical event dramatized. In Planché, such burlesque is restrained and never overwhelms the spirit of the original story”. Cfr. Ivi, p. 174. Per la ricostruzione del pensiero di Booth si veda: Ivi, pp. 174-175. Parte del passo è citato anche in L. Monròs-Gaspar, Classical Myths

on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 28.

25 “But in practice the boundaries are impossible to maintain: self-styled extravaganzas included

extended parodies of familiar texts, while self-styled burlesques, which often contained lavish spectacle, could depart considerably from their textual archetype”. Cfr. E. Hall, F. Macintosh, Greek

Tragedy and the British Theatre 1600-1914, Oxford, Oxford University Press 2005, p. 355.

26 Ibidem.

27 “[…] the terms ‘burlesque’, ‘travesty’, and even ‘extravaganza’ were used interchangeably by

playwrights, managers, actors, critics, and spectators alike”. Cfr. R. Schoch, “Introduction”, in Schoch, R. (ed.), Victorian Theatrical Burlesques, Aldershot, Ashgate 2003, p. xiii. Anche Monròs-Gaspar rileva questo elemento, notando che “Schoch concentrates on theatrical practice where

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11 Burlesques, egli fornisce un’unica definizione che mette in luce il terreno comune su cui si muovono extravaganza e burlesque: “Whether originally labelled burlesques, travesties, extravaganzas ‒ or some combination thereof ‒ the plays […] all present themselves as comic misquotations of original ‘legitimate’ plays and performances”28. Evidenziando la volontà degli autori di burlesque ed extravaganza

di rivisitare in chiave comica un testo preesistente, Schoch affronta in maniera originale il problema della definizione del genere, rilevando il potenziale intertestuale delle opere in questione, coinvolte in un continuo dialogo con la fonte29.

Schoch fornisce una panoramica degli elementi essenziali del burlesque, codificatisi attorno agli anni quaranta del diciannovesimo secolo30. In primo luogo, i testi sono

scritti in distici a rima baciata e vi si susseguono giochi di parole e pun che sfruttano omofonie e paronomasie, creando ambiguità di significato e innestandosi in sequenze che richiedono un’attenta decodificazione31. Inoltre, gli eventi del passato

vengono trasportati nella contemporaneità e, parallelamente, i personaggi nobili vengono calati in contesti vili e meschini. Le scene emblematiche delle opere a cui il burlesque si ispira vengono poi riproposte in chiave comica e i dialoghi sono sostituiti da testi di canzoni popolari o arie appartenenti alle più celebri opere liriche. Infine, si nota la presenza di riferimenti giocosi alle tecnologie impiegate per la realizzazione degli effetti scenici e di allusioni topiche alla realtà quotidiana inglese.

Se questi elementi da un lato costruiscono la carica comica dell’opera, dall’altro la condannano ad un’oscurità di significato che si fa sempre più marcata con il trascorrere dei secoli. Interrogandosi sui fattori che hanno reso il burlesque un genere trascurato, Schoch ritiene che i rimandi alla realtà quotidiana, così familiari per gli

the terms are used interchangeably […]”. Cfr. L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian

Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 28.

28 R. Schoch, op. cit. p. xiii. 29 Ivi, p. xiv.

30 Per l’elenco delle caratteristiche fondamentali del burlesque si veda: Ivi, p. xx.

31 Schoch definisce così il gioco di parole denominato pun: “Audaciously, a pun makes a word’s

sound the basis for its meaning. According to the logic of punning, two words which sound alike (e. g. ‘heir’ and ‘air’) must also mean alike”. Cfr. Ivi, p. xxvi. Sulla loro sequenzialità e complessità egli commenta: “[…] puns were typically arranged in sequences. […] The audience thus experienced an ecstatic agony as the performance repeatedly carried itself to ‒ and then retreated from ‒ the brink of semantic collapse”. Cfr. Ivi, pp. xxvi-xxv.

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spettatori del tempo, risultino per larga parte incomprensibili ai lettori moderni. Allo stesso modo, i pun sono elementi di difficile interpretazione, che scoraggiano coloro che decidono di cimentarsi con lo studio del genere32. Nonostante ciò, Schoch sembra

asserire che la ricerca della piena comprensione sia una premessa errata con cui accostarsi al burlesque33. Innanzi tutto, egli ritiene che il pubblico ottocentesco non

riuscisse a decodificare la totalità dei giochi di parole34: se le versioni scritte dei

burlesque evidenziano i pun con il corsivo, orientando così i lettori contemporanei, gli spettatori erano costretti ad individuarli autonomamente35. Coloro che riuscivano

ad identificarli, stando al passo con la rapidità della performance, dovevano poi possedere le conoscenze necessarie per cogliere l’umorismo implicito in ogni riferimento. Queste riflessioni sono funzionali ad evidenziare come un momento di comprensione a tutto tondo non sia, in pratica, mai esistito36. In secondo luogo,

Schoch nega che i burlesque possiedano un significato univoco. Egli attribuisce al genere una fluidità generata dalle continue modifiche a cui le opere erano sottoposte: gli attori erano soliti cambiare le loro battute e nuovi riferimenti comici erano inseriti in ogni revival, per fare satira sul preciso momento storico in cui avveniva la rappresentazione37. La scrittura arresta solo apparentemente

l’evoluzione continua del burlesque: il processo di costruzione di senso è, infatti, dinamico, poiché si snoda in una rete di riferimenti incrociati38.

32 “Perhaps the most frustrating aspect of reading Victorian burlesques is that so many of their

topical allusions are now unfamiliar. […] Indeed, the scant scholarly attention which these comic plays have received is partly attributable to the enduring, yet erroneous perception that burlesque humour depends primarily upon comprehending long-outdated topical allusions, puns and slang”. Cfr. Ivi, p. xxvi.

33 Ibidem.

34 “Nor should we presume that burlesques were uniformly intelligible to their original audiences.

They were not”. Cfr. Ivi, p. xxvii.

35 Ibidem.

36 “But I do suggest that there was never any original moment of complete spectatorial mastery

which we must now struggle heroically to recover”. Cfr. Ivi, p. xxvii. Analogamente, Schoch sottolinea come “any latter-day inapprehension of burlesque puns and topicalities does not depart from, but actually conforms to, historic patterns of spectating and reading”. Cfr. Ivi, p. xxvii.

37 Ivi, p. xxii.

38 “Fragmentary, unstable, and hostile to the ascription of unitary meaning ‒ a condition which the

seeming fixity of the printed text conceals but does not overturn ‒ burlesque language provides only the illusion of certain meaning. In actuality, burlesques disperse meaning by implicating themselves in an extensive network of references and cross-references”. Cfr. Ivi, p. xxviii.

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Nell’introduzione a Victorian Classical Burlesques, Laura Monròs-Gaspar sostiene che burlesque ed extravaganza debbano essere considerati en masse, alla luce della comune proprietà di intessere un dialogo tra le fonti di ispirazione e il sistema di valori della società ottocentesca. Nello specifico, le opere di argomento classico saldano l’immaginario proposto dalla mitologia greca e romana a quello del diciannovesimo secolo, servendosi del primo come mezzo per reinterpretare la realtà contemporanea39.

In questa sede, si è deciso di utilizzare il termine extravaganza per riferirsi all’opera di James Robinson Planché, in conformità alla volontà dell’autore. La denominazione di burlesque sarà invece destinata alle riflessioni sul genere. Tuttavia, si ricorda come i due termini possano essere impiegati in maniera pressoché sinonimica.

1.2 Le origini del burlesque

Prima di esaminare la nascita e l’evoluzione del burlesque come genere drammatico, è necessario sottolineare come esso venga codificato nella poesia. Secondo Clinton-Baddeley, il termine burlesque viene reso popolare nella Francia della metà del Seicento per descrivere l’opera di Paul Scarron40. Egli fa del burlesque un vero e

proprio genere letterario con Typhon (1644) e, soprattutto, Virgile Travesti (1648-1652), una riscrittura in versi ottosillabici dell’Eneide di Virgilio. L’intento di Scarron è quello di ridicolizzare lo stile di scrittura ornato e pomposo in voga tra gli scrittori francesi del tempo. La popolarità del poema di Scarron fu tale da suscitare numerosissime imitazioni, esaurendo così, in breve tempo, il fascino del genere41.

39 Monròs-Gaspar asserisce “the high topicality of classical burlesques serves as a mirror for the

extra-textual histories of the period”. Cfr. L. Monròs-Gaspar, “Why Classical Burlesque?” in

Victorian Classical Burlesques, London, Bloomsbury 2015, p. 15. La studiosa si riferisce, in special

modo, a quelle opere che portano in scena eroine classiche, il cui ritratto permette di creare un “new sign system” con il quale interrogarsi su “the present of women’s life in Britain”. Cfr. Ivi, p. 39.

40 Clinton-Baddeley ricorda come il primo utilizzo del termine sia attestato in Francia nel 1594, ma

come esso sia rimasto sconosciuto sino al 1637. Cfr. V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 21.

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Con Le Lutrin (1674), Nicolas Boileau propone una formula di comicità alternativa, ossia il “mock-heroic poem”42. Se l’opera di Scarron presenta la ‘caduta’ di temi e

personaggi nobili, che vengono trattati con uno stile familiare, nel poema eroicomico di Boileau si assiste ad un movimento in senso opposto: i temi triviali vengono ironicamente elevati e descritti con la tonalità solenne dell’epica. John D. Jump traduce questa opposizione definendo il genere elaborato da Scarron come “low burlesque”43, mentre attribuisce l’appellativo di “high”44 a quello codificato da

Boileau.

Entrambe le modalità espressive del burlesque francese influenzano gli autori britannici. Nel 1664, Charles Cotton scrive Scarronides: or, Virgile Travestie, un poema non esplicitamente concepito come traduzione dell’opera di Scarron, ma largamente ispirato ad essa45. Il successo di Cotton inaugura una lunga tradizione di “classical

travesties”46, che riscrivono le opere di Virgilio, Omero, Ovidio. Parallelamente,

Samuel Butler pubblica Hudibras, un poema influenzato dal Virgile Travesti che presenta, però, degli aspetti originali47. Secondo l’interpretazione di John D. Jump,

esso si colloca nella linea del low burlesque come codificato da Scarron, ma l’oggetto della satira si sposta dalla classicità alla religione e all’ideologia politica puritana. Sebbene conservi il verso ottosillabico del precedente francese, Hudibras inserisce, quindi, spunti comici tipicamente britannici48.

MacFlecknoe (1682) di John Dryden è considerato il primo esempio di poema eroicomico britannico. Ritraendo l’incoronazione di Thomas Shadwell, poeta e drammaturgo della seconda metà del Seicento, come sovrano del regno di

42 Ivi, p. 23. In merito al genere del poema eroicomico Clinton-Baddeley enumera le seguenti

caratteristiche: “the enlargement of the low, the devotion to an unimportant theme of the machinery and solemnity of epic poetry”. Cfr. Ivi, p. 26.

43 J. D. Jump, Burlesque, London, Methuen, «The Critical Idiom», 1972, p.2 44 Ibidem.

45 Clinton-Baddeley parla dell’opera di Cotton come di una copia del Virgile Travesti di Scarron. Cfr.

V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 24.

46 Ibidem.

47 Pubblicato in tre parti (1663, 1664, 1679), Hudibras è, secondo Clinton-Baddeley, “native English

in design and its laughter was dedicated on altars nearer home than the groves of classical Italy and Greece”. Cfr. Ivi, p. 25.

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sense, l’autore critica le condizioni in cui versa la letteratura contemporanea49. Altri

poemi eroicomici sono quelli composti da Alexander Pope. L’impianto di The Dunciad (1728-43) è analogo a quello del poema di Dryden: Colley Cibber, attore, autore drammatico e Poeta Laureato, sale al trono del regno di Dullness. Pope utilizza i canoni tipici dell’epica per celebrare tale circostanza, a partire dall’invocazione che tradizionalmente apre il poema, sino all’organizzazione di giochi olimpici e alla visione delle glorie future dell’eroe50. The Rape of the Lock (1712-14) è il secondo

mock-heroic poem scritto da Pope. L’autore crea una serie di rovesciamenti ironici rispetto ai canoni dell’epica tradizionale: il ruolo dell’eroe è affidato ad una donna, che vive nella società britannica contemporanea, il ratto che essa subisce è quello di una ciocca di capelli e le battaglie si trasformano in banali giochi di carte51.

I procedimenti antitetici di rielaborazione delle fonti codificati dalla classical travesty e dal mock heroic poem, che sono stati brevemente illustrati, orientano il percorso di evoluzione del burlesque in qualità di genere drammatico.

1.3 La nascita e l’evoluzione del burlesque inglese come genere teatrale

Secondo Clinton-Baddeley, il burlesque, in quanto genere teatrale, fa la sua comparsa in Gran Bretagna molto prima che lo si designi con questo nome. Sebbene la prima attestazione del termine risalga al 1656, egli ritiene che l’episodio di Piramo e Tisbe, contenuto in A Midsummer’s Night Dream (1595) di Shakespeare, costituisca un esempio di burlesque che ridicolizza lo stile solenne della tragedia52. Analogamente,

egli annovera tra i burlesque The Knight of the Burning Pestle (1607) di Francis

49 Ivi, p. 41.

50 Jump sottolinea come i versi di The Dunciad riecheggino quelli dei poemi epici. Cfr. Ivi, p. 42. 51 Oltre ai rovesciamenti sopra citati, Jump rileva l’importanza dell’episodio della vestizione

dell’eroe: invece di prepararsi ad una battaglia, la protagonista si veste per affrontare la vita sociale quotidiana. L’enfasi sulla sacralità di questo momento permette all’autore di schernire la vanità femminile. Cfr. Ivi, pp. 45-46.

52 Clinton-Baddeley lo definisce “a burlesque on the alliterative and solemn style of […] dramas”

Cfr. V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 17. Jump concorda nell’affermare che “it was ridiculing the interludes of the previous generation”. Cfr. J. D. Jump, op. cit. p. 52. Davenport Adams affema che “[it] pokes fun at the turgidity of contemporary tragedy”, ma ritiene che esso non debba essere considerato un esempio di burlesque. Cfr. W. Davenport Adams, op. cit. pp. 1-2.

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Beaumont. I personaggi sono due negozianti londinesi che, insieme al loro garzone, assistono alla messa in scena di un’opera teatrale, intitolata The London Merchant, che narra la storia d’amore tra due esponenti del loro stesso ceto sociale. Gli spettatori commentano lo svolgersi dell’opera e vi proiettano le loro aspettative, tanto da suggerire al garzone di prendere parte alla rappresentazione. Si inscenano, così, le peripezie del giovane Rafe che, come un nuovo Don Chisciotte, veste i panni di un cavaliere errante. L’autore, secondo Jump, costruisce un vero e proprio burlesque sia del “domestic drama”53, rappresentato da The London Merchant, che

del racconto cavalleresco di avventure, corrispondente alle vicissitudini a cui va incontro il garzone.

Se in queste opere il burlesque costituisce una singola parte all’interno della commedia, dopo il 1660 esso si sviluppa come genere teatrale autonomo54.

La prima opera ad essere designata con il termine burlesque risale al 1663: si tratta di The Playhouse to be Let di Sir William Davenant. I personaggi si accingono ad affittare un teatro, con l’intento di produrre un burlesque che narri, in chiave comica, la storia di Cleopatra. Come nota Clinton-Baddeley, l’opera corrisponde ad una trasposizione scenica del genere della “classical travesty”55, in distici a rima baciata.

L’intento che anima The Rehearsal (1671) di George Villiers, Second Duke of Buckingham, è invece radicalmente differente: attraverso la figura di Mr Bayes, un autore drammatico che organizza le prove del suo spettacolo, Buckingham mette in ridicolo le convenzioni dell’“heroic drama”56, come codificato, principalmente, nelle

opere di John Dryden. Ad esempio, il conflitto interiore che lacera i protagonisti della

53 L’opera mette in scena, secondo Jump, una “satirical representation of the citizen and his wife.

He ridicules their tastes by means of two mock plays […]. In these, he burlesques respectively the domestic drama and the adventure drama […]”. Cfr, J. D. Jump, op. cit. p. 57.

54 V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 29.

55 Clinton-Baddeley la definisce “a dramatization of travesty”. Cfr. Ivi, p. 31. Peter Lewis sostiene,

invece, che il quinto atto dell’opera sia da considerarsi una rielaborazione del Pompey (1663) di Katherine Philips, una riscrittura, sua volta, del Pompée di Corneille. Lo studio di Lewis è citato da L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 30.

56 Clinton-Baddeley cita una serie di autori, oltre a Dryden, che sono oggetto degli attacchi

contenuti in The Rehearsal. Si tratta di Sir Robert Stapylton, Thomas Porter, William Davenant. Cfr. V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p.31. Egli afferma poi che “Buckingham was parodying the heroic drama”. Cfr. Ivi, p. 36.

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tragedia eroica è ironicamente paragonato, dal personaggio di Prince Volscius, all’indossare una scarpa soltanto: mentre il piede nudo incarna l’amore, quello calzato simboleggia l’onore57. Allo stesso modo, gli eserciti che prendono parte alle

scene di battaglia vengono ridotti ad un ridicolo contingente composto soltanto da due soldati58. Infine, la metrica stessa del testo diviene motivo di comicità: se l’heroic

drama è solitamente scritto in distici a rima baciata, Buckingham dissemina nella sua opera una serie di rime imperfette, che sembrano concretizzare l’assurdità dei contenuti espressi59.

Secondo Clinton-Baddeley, la tipologia di humour codificata da Buckingham si appoggia sulla dimensione verbale della recitazione, mentre Thomas Duffet sfrutta uno stile di comicità prevalentemente ‘visivo’60: ad esempio, in The Empress of

Morocco (1673), una riscrittura dell’omonima opera di Elkanah Settle, l’autore utilizza le didascalie per ridicolizzare gli effetti speciali e le scenografie dell’opera originale61.

Duffet scrive altri due burlesque: The Mock Tempest; or, the Enchanted Castle (1674), basato sulla versione di Thomas Shadwell di The Tempest (1674) e Psyche Debauch’d (1675), una riscrittura di Psyche, altra opera di Thomas Shadwell messa in scena nel 1675. Le opere di Duffet, contrariamente ai burlesque precedenti, hanno l’obiettivo di rivisitare in chiave comica una particolare performance e non un intero genere letterario62.

Solo agli inizi del Settecento, il burlesque torna ad occupare un ruolo di primo piano nei teatri britannici. Secondo Clinton-Baddeley, The What D’ye Call It (1715) di John Gay trae ispirazione dai tópoi della tragedia contemporanea, ridicolizzando l’onore,

57 J. D. Jump, op. cit. p. 59.

58 V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 36. 59 Ivi, pp. 36-37.

60 “The Rehearsal [was] founded in verbal wit. The Duffet burlesques were founded in high spirits

and visual wit”. Cfr. Ivi, p. 42.

61 Ivi, p. 39.

62 Clinton-Baddeley ritiene che le opere di Duffet “introduce a new idea: they are burlesques of

one particular show ‒ burlesques of the author, the actor, the carpenter, the dancer, the scene-painter, the prompter, the wardrobe, and the man on the ropes”. Cfr. Ivi, p. 42.

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l’ira e gli amori in essa contenuti. L’autore sfrutta l’espediente comico di attribuire queste passioni a personaggi umili63.

In The Beggar’s Opera (1728), invece, il critico osserva la coesistenza di tre elementi: la satira sociale, quella condotta nei confronti del governo e il burlesque dell’opera lirica italiana, genere che aveva fatto il suo ingresso in Gran Bretagna agli inizi del secolo64. Secondo l’analisi proposta da Calhoun Winton, la comicità viene qui

generata da un processo di inversione di valori, poiché l’autore dipinge una società criminale che si esprime e si comporta come l’aristocrazia65. Su questa base si innesta

il burlesque che rivisita le convenzioni dell’opera lirica italiana, come il lieto fine, l’uso delle similitudini e la contrapposizione delle due protagoniste femminili66. Infine, la

musica operistica tradizionale viene sostituita da melodie popolari, per le quali Gay scrive testi originali67.

Nel 1730, Henry Fielding scrive una prima versione di Tom Thumb, ampliandolo nell’anno successivo. L’opera si colloca nella tradizione del burlesque della tragedia eroica, inaugurata da The Rehearsal e perpetrata da The What D’ye Cal It. Nello specifico, l’autore rivisita con il tono magniloquente tipico della tragedia la famosa fiaba di Pollicino. Il protagonista è coinvolto in un triangolo amoroso che scatena un susseguirsi di ridicole avventure. Tom Thumb e Lord Grizzle sono innamorati della principessa Huncamunca, figlia di re Artù, e Tom è a sua volta oggetto del desiderio della regina Queen Dollallolla. Quando Tom sposa la sua amata, il rivale e l’amante delusa complottano per ucciderlo ma, per sbaglio, avvelenano una scimmia. Il protagonista sarà, invece, divorato da una mucca e il suo fantasma sarà

63 “[Gay] developed the joke of putting high sentiments into the mouths of the low ‒ an essential

characteristic of travesty and burlesque poetry […]”. Cfr. Ibidem.

64 Ivi, p. 47. Anche Jump ritiene che “Gay’s Beggar’s Opera (1728) was in part a burlesque on

popular Italian opera”. Cfr. J. D. Jump, op. cit. p. 64.

65 C. Winton, “The Beggar’s Opera: a case study” in Donohue, J. (ed.), The Cambridge History of

British Theatre, Vol. II, Cambridge, Cambridge University Press 2004, p. 133.

66 “The transvaluation lends itself both to artistic and literary burlesque and to topical satire. The

Opera […] burlesques conventions of opera as it was being performed at the time: the paired

heroines; the happy ending; even, as the Beggar observes, the similes ‘that are all in your celebrated Operas: The Swallow, the Moth, the Bee, the Ship, the Flower, &c.’”. Cfr. Ibidem.

67 È necessario precisare come, oltre alle melodie popolari, Gay introduca anche un tipo di musica

che Winton definisce “serious”. Il critico ricorda, ad esempio, l’utilizzo della musica di Handel. Tuttavia, egli sostiene che il successo e la diffusione della “serious music” fossero tali da renderla parte del repertorio popolare. Cfr. Ivi, p. 131.

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definitivamente eliminato da Lord Grizzle. La comicità dell’opera risiede nel contrasto tra lo stile solenne adottato da Fielding e l’assurdità della trama qui brevemente delineata68. La figura retorica privilegiata dall’autore è la similitudine: se l’heroic

drama impiega similitudini di tipo epico, Fielding instaura paragoni con gli oggetti più quotidiani. Ad esempio, la principessa Huncamunca, divisa tra l’amore di Tom Thumb e Lord Grizzle, mette a confronto il suo stato emotivo con quello di colui che ha di fronte due sgabelli e non sa su quale sedersi69.

Quattro anni dopo, Chrononhotonthologos (1734), un burlesque di Henry Carey, mira a ridicolizzare “The Poetasters of these modern Days; who with bellowing Bombast rend out Ears”70. Nel prologo dell’opera, l’autore precisa come l’oggetto del suo

attacco siano, in generale, le tonalità pompose e altisonanti impiegate dai drammaturghi contemporanei, che vengono derise a partire dal sottotitolo, Most Tragical Tragedy that was ever Tragedized by any Company of Tragedians. La trama è piuttosto lineare: Chrononhotonthologos argina l’invasione dell’esercito Antipodean, il quale fugge abbandonando il re che viene fatto prigioniero. Come spesso accade nella tragedia, la regina Fadladinida, moglie di Chrononhotonthologos, si innamora del detenuto e rivolge una preghiera a Venere e Cupido per essere liberata dal marito. Chrononhotonthologos viene ucciso dal General Bombardinian e la regina, rimasta vedova, si intrattiene con la compagnia di due cortigiani. Chrononhotonthologos è assimilabile a Tom Thumb nella misura in cui entrambe le opere si prendono gioco dell’heroic tragedy attraverso la creazione di una discrepanza tra forma e contenuto. Tuttavia, l’opera di Carey porta all’estremo la verbosità dello stile rispetto al precedente di Fielding71.

Con The Dragon of Wantley (1737), Carey realizza un burlesque che rivisita l’opera lirica. Nella dedica a John Frederick Lamp, che apre l’edizione del 1738, l’autore rivela come la comicità dell’opera nasca dal contrasto fra la trama, totalmente priva di

68 Jump parla di “incongruity betweeen style and subject”. Cfr. J. D. Jump, op. cit. p. 64.

Clinton-Baddeley precisa che Fielding sembra essersi ispirato al burlesque poetico per creare questa giustapposizione tra forma e contenuto. Cfr. V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 53.

69 Per l’utilizzo delle similitudini si vedano: J. D. Jump, op. cit. pp. 63-64 e V. C. Clinton-Baddeley,

op. cit. pp. 54-55.

70 Citato da V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 66. 71 Ibidem.

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senso, e la pomposità delle musiche composte da Lamp, che riproducono il gusto italiano72. Il burlesque di Carey si differenzia, in questo senso, da The Beggar’s Opera

di John Gay, in cui le arie tradizionali vengono sostituite con melodie tipicamente britanniche73.

Dopo circa un secolo dalla prima rappresentazione di The Rehearsal, Richard Brinsley Sheridan recupera l’impianto dell’opera di Buckingham in The Critic (1779): Puff, personaggio che incarna l’autore drammatico, organizza le prove del suo spettacolo, un burlesque, intitolato The Spanish Armada, che rivisita in chiave comica i generi teatrali più in voga al tempo. Nello specifico, sono la tragedia sentimentale e quella basata sulla storia britannica ad essere oggetto di scherno74. Sheridan, per la prima

volta, si prende gioco del patriottismo britannico75. Diversamente dai suoi

predecessori, che descrivevano con toni altisonanti scontri insignificanti, egli amplifica in maniera ironica le scene di battaglia. Lo stesso trattamento è riservato alla processione solenne che chiude la rappresentazione di The Spanish Armada, in cui i fiumi inglesi ed i loro affluenti sfilano accompagnati dalla Water Music di George Frideric Handel76.

John Hookham Frere e George Canning, con The Rovers (1798), si differenziano dai precedenti autori di burlesque, perché la loro opera non è pensata per la rappresentazione, ma per un pubblico di soli lettori. Nonostante ciò, Clinton-Baddeley ritiene che essa apporti un contributo innovativo all’evoluzione del burlesque come genere drammatico77. In primo luogo, l’oggetto di satira si sposta

dalla tragedia britannica al dramma romantico tedesco, caratterizzato da intrecci complessi e relazioni amorose à trois. Inoltre, gli autori fanno uso delle didascalie,

72 Carey afferma di voler “display in English the Beauty of Nonsense, so prevailing in the Italian

Operas”. Al contempo, “[The] Music, on the other hand, is as grand and pompous as possibile, by

which Means the Contrast is the stronger”. Cfr. H. Carey, The Dragon of Wantley: A Burlesque

Opera, London, J. Shuckburg 1738, pp. iii-iv.

73 V. C. Clinton-Baddeley, op. cit., pp. 69-70. 74 Ivi, p. 72 e J. D. Jump, op. cit. p. 65.

75 Secondo Clinton-Baddeley, l’opera “marks the beginning of [the] burlesque patriotic joke […]”.

Cfr. V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. p. 76. Jump concorda affermando che l’opera presenta “the earliest example in English dramatic burlesque of the joke against patriotism”. Cfr. J. D. Jump, op.

cit. p. 68.

76 V. C. Clinton-Baddeley, op. cit. pp. 77-78. 77 Ivi, p. 82

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funzionali ad evidenziare la complessità della messa in scena di trame intricate, e giocano con l’atmosfera gotica che ammanta di terrore le opere originali78.

1.4 Il burlesque di argomento classico

A partire dai primi anni del Settecento, gli autori britannici di burlesque si cimentano in maniera sempre più frequente con la rielaborazione di temi classici e mitologici. Monròs-Gaspar ritiene che la popolarità nuova di cui godono i classici greci e latini sia dovuta alle pubblicazioni di interesse archeologico incoraggiate dalla Society of Dilettanti, alla nascita di innumerevoli collezioni private di scultura greca, tra cui quella di Thomas Coke e Sir Robert Walpole, e allo sviluppo della letteratura di viaggio79.

Henry Fielding si cimenta con soggetti mitologici in The Covent Garden Tragedy, messa in scena nel 1732 a Drury Lane. L’opera è una riscrittura di The Distrest Mother (1712) di Ambrose Philips, a sua volta adattamento dell’Andromaque di Racine. I personaggi sono sottoposti ad un processo di demitizzazione: essi vengono calati nel sordido postribolo della tenutaria Mother Punchbowl e Andromaca, chiamata Kissinda, è una delle prostitute. Quest’ultima è coinvolta in un intrigo di relazioni amorose con Lovegirlo, un frequentatore del bordello che corrisponde a Pirro, la collega Stormandra, che rappresenta Ermione, e Captain Bilkum, il corrispettivo di Oreste80.

Sulla stessa linea si colloca Tumble-Down Dick (1736), in cui Fielding riscrive di The Fall of Phaeton (1734), una pantomima di William Pritchard che ha per oggetto il mito di Fetonte. Il protagonista è un ragazzino schernito dai coetanei, che credono che la madre Climene, moglie di un ciabattino, lo dipinga come figlio di Apollo solo per mettere a tacere i pettegolezzi inerenti al suo adulterio. Per convincere il mondo che

78 Ivi, pp. 83-84.

79 L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit.

p. 32.

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“his Mother was a virtuous Woman, and Whore to Phoebus” 81, Fetonte compie il suo

viaggio a bordo di un carretto, attraversando le strade di Londra.

Fielding si confronta poi con il mito di Orfeo in Eurydice; or, The Devil Henpecked, rappresentato nel 1737 a Drury Lane. La storia si svolge nel regno degli Inferi governato da Proserpina, che veste i panni di una virago, e da Plutone, convinto dal cantante d’opera Orfeo a restituirgli l’amata Euridice. La protagonista, ritratta come una donna alla moda del diciottesimo secolo, preferisce però l’inferno allo stato matrimoniale82.

Infine, Fielding scrive Jupiter’s Descent on Earth, un altro burlesque di argomento classico mai portato sulle scene a causa dell’insuccesso di Eurydice. Dell’opera rimane solo l’introduzione, intitolata An Interlude between Jupiter, Juno, Apollo and Mercury, pubblicata nel 1734 in Miscellanies83.

John Gay si accosta alla materia classica con Achilles (1728), riscrittura di Penelope (1728), una ballad opera composta da John Motley e Thomas Cooke84. L’autore

presenta un giovane Achille che viene travestito da donna dalla madre Teti per evitare che partecipi alla guerra di Troia. La ragazza, di nome Pirra, viene lasciata dalla madre a Licomede, re di Sciro, che si invaghisce di lei e tenta di sedurla. Insospettitasi, la moglie di Licomede progetta di far sposare Pirra con il nipote Perifante ma, contemporaneamente, sua figlia Deidamia scopre la vera identità dell’ospite, se ne innamora e rimane incinta. Achille vorrebbe sottrarsi ai doveri di padre, ma Odisseo svelerà il suo mistero. Costretto a sposare Deidamia, l’eroe parte per la guerra di

81 Il passo è citato da C. W. Nichols, “Fielding’s Tumble-Down Dick”, Modern Language Notes,

XXXVIII: 7 (Novembre 1923), p. 412. L’opera figura nella panoramica fornita da L. Monròs-Gaspar,

Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit. p. 33.

82 L’opera è citata da L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure

of Cassandra, cit. p. 35. Per le informazioni sulla trama e sul trattamento dei personaggi si veda C.

B. Woods, “Notes on Three of Fielding’s Plays”, Modern Language Association, LII: 2 (Giugno 1937), p. 368. Fielding scrive anche Eurydice Hiss’d, or a Word to the Wise (1737), ma l’opera, anche se recupera l’impianto mitologico, sembra configurarsi come una satira sull’insuccesso di Eurydice;

or, the Devil Henpecked e sulla politica di Walpole. Cfr. Ivi, p. 369.

83 Peterson ritiene che l’opera nascondesse allusioni satiriche al governo britannico. Giove e

Giunone rappresenterebbero Re Giorgio e la Regina Carolina. Cfr. W. Peterson, “Satire in Fielding’s

An Interlude between Jupiter, Juno, Apollo and Mercury”, Modern Language Notes, LXIV: 3 (Marzo

1950), pp. 200-202.

84 L. Monròs-Gaspar, Classical Myths on the Victorian Popular Stage: The Figure of Cassandra, cit.

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Troia. La comicità dell’opera ruota attorno al travestimento del protagonista e alla concatenazione di malintesi che esso genera. Inoltre, ai personaggi epici vengono attribuite passioni proprie agli esseri umani, come il desiderio sensuale di Licomede e la gelosia della moglie. Il personaggio più emblematico dell’opera è, però, Achille: intrappolato tra due forze divergenti, l’onore del guerriero e l’amore per Deidamia, egli oscilla continuamente, mostrando una sostanziale irresolutezza85.

Quello che Edith Hall e Fiona Macintosh ritengono sia l’unico vero burlesque settecentesco basato direttamente su una tragedia greca è Orestes (1731) di Lewis Theobald. Esso è descritto come una ‘dramatic opera’, sebbene faccia un uso moderato dell’accompagnamento musicale86. L’autore trae ispirazione da molteplici

fonti: innanzi tutto, egli è uno studioso di greco ed ha pubblicato alcune traduzioni delle opere di Sofocle ed Eschilo; per questo si può presupporre che abbia consultato i testi drammatici degli autori greci in lingua originale87. Allo stesso tempo, per la

composizione di Orestes, Theobald si ispira a Circe, una tragedia di Charles Davenant di cui ha curato la messa in scena per un revival nel 171988. Infine, l’autore è

influenzato dalle opere di Shakespeare, di cui ha una profonda conoscenza dal momento che ne cura l’edizione The Works of Shakespeare in Seven Volumes, Collated with the Oldest Copies, and Corrected; with Notes, Explanatory and Critical, 173389. Nonostante la varietà di fonti, Orestes sembra essere particolarmente

interessante perché ha come obiettivo la ricerca di un umorismo elegante e non

85 Lewis ritiene che Achilles non sia solo un burlesque di argomento classico, ma anche un’opera

volta a ridicolizzare la tragedia e l’opera lirica contemporanea, generi che spesso recuperano le vicende e personaggi del mito per mettere in luce la nobiltà delle loro passioni. Gay rovescia questa prospettiva, mostrando dei personaggi in preda a passioni del tutto terrene. Cfr. P. E. Lewis, “John Gay's 'Achilles': The Burlesque Element”, Ariel, III: 1 (Gennaio 1972), p. 21. Per la caratterizzazione del personaggio di Achille si veda Ivi, p. 27.

86 Hall e Macintosh ricordano “several choral songs, one solo aria by Pallas, and incidental music

accompanied by dancers”. Cfr. E. Hall, F. Macintosh, Greek Tragedy and the British Theatre

1600-1914, cit. p. 54.

87 Ivi, p. 55.

88 Hall e Macintosh ricordano, ad esempio, come “[t]he musical numbers […] owe much to

Davenant’s play”. Cfr. Ivi, p. 59.

89 Hall e Macintosh ricordano, ad esempio, come “three magicians sing an invocation to Hecate,

drawing on Macbeth” e “Some of the best moments are provided by the ‘Shakespearean’ diversion of working-class Greek mariners, whose comic banter in prose imitates The Tempest’s sailors”. Cfr. Ivi, pp. 59-60.

(27)

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volgare90. Inoltre, Theobald afferma di curare in maniera particolare la dimensione

visiva della performance, che dovrà restituire l’illusione di “the Painter’s Art”91: effetti

scenici spettacolari vengono impiegati, ad esempio, per rappresentare la battaglia tra gli Sciti ed i Greci. La combinazione tra l’uso della musica, degli effetti speciali e della parodia induce Hall e Macintosh a ritenere che Orestes sia uno degli antenati più prossimi del burlesque ottocentesco92.

1.5 La rielaborazione di soggetti classici nei generi di estrazione popolare

L’evoluzione del burlesque di argomento classico si intreccia con quella di altre forme di intrattenimento affini, egualmente coinvolte nella rivisitazione di soggetti mitologici. Lo stesso Lewis Theobald si cimenta con quello che Hall e Macintosh definiscono come un “light entertainment on themes from myth”93 con Apollo and

Daphne (1726) e The Rape of Proserpine (1727). Entrambe le opere sono accompagnate dalla musica di Johann Ernst Galliard e prevedono l’utilizzo di effetti speciali, come i giochi pirotecnici94.

Sin dagli inizi del diciottesimo secolo, le vicende mitologiche costituiscono una fonte di ispirazione anche per gli spettacoli di marionette. Nello specifico, Martin Powell cura la rappresentazione di Venus and Adonis, Hero and Leander e The Destruction of Troy. La messa in scena delle opere viene resa spettacolare grazie all’utilizzo di

90 “The quest seems to be for an elegant yet cheerful theatre which avoided coarseness and could

offer an alternative to the Italian opera house on the one hand and to uproarious satire on the other”. Cfr. Ivi, p. 60.

91 Citato da Hall e Macintosh. Cfr. Ivi, p. 59.

92 Nell’interrogarsi sull’origine del burlesque, le studiose parlano di Orestes come “a musical,

spectacular, and also parodic version of a particular Greek tragedy”. Cfr. Ivi, p. 356.

93 Ivi, p. 54. Hall e Macintosh ricordano anche The Siege of Troy di Elkanah Settle (1707) e un

anonimo spettacolo intitolato Queen Dido, or the Trojan Ramblers (1792) basato sul quarto libro dell’Eneide. Esso era completato da un “harlequinade” intitolato Medea’s Kettle, che non rivisita, però, la Medea di Euripide.

94 Chapman ritiene che le opere siano da annoverarsi tra le pantomime. Analizzando The Rape of

Proserpine, egli mette in luce l’alternanza tra parti cantate o recitate e parti che vengono, invece

mimate. La qualità che Hall, Macintosh e Chapman riconoscono è la volontà di rendere spettacolari queste rivisitazioni del mito. Se le prime parlano di “spectacular reworkings of classical myths”, il secondo ricorda “breathtaking machines” e “sensational scene[s]”. Cfr. Ibidem e C. Chapman, “A 1727 Pantomime: The Rape of Proserpine”, The Musical Times, CXXII: 1666 (Dicembre 1981), pp. 807-808.

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