• Non ci sono risultati.

S. DIONIGI CON A PPEN D IC E

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "S. DIONIGI CON A PPEN D IC E"

Copied!
63
0
0

Testo completo

(1)

IL PONTIFICATO D

I

S. DIONIGI

CON A P P E N D IC E

SOPRA

S

. GREGORIO TAUMATURGO

p e r cu ra del S acerd ote

B O SCO G IO V A NNI

L .

TO R IN O

T IP . G. B . PARAV IA E COM P.

1 8 6 1

(2)

CAPO I.

Vita eremitica — elez ione d i S . D io n ig i.

R ip ig lia m o , amico le tto re , la vita dei som m i pontefici. Noi abbiamo già esposte le azioni de’ venticinque p rim i papi; S . D io ­ n ig i ne è il ventesimo sesto. E g li era greco di nascita, ovvero nato nella città di T u r - ria no, che è nelle pa rti più m eridionali d’I ­ talia, oggidì delta Calabria. Q uesti paesi an­

ticamente appellavansi Magna Grecia, perchè alcune colonie greche ne’ re m o ti tempi Te n ­ nero colà a sta b ilire la lo ro dimora.

D io n ig i ebbe u n ’educazione cristia na; ma fa tto grandicello fu spaventato dai pericoli che, so p ra ttu tto per parte de’ cattivi compa­

g ni, s ’incontrano nel mondo. Onde egli per assicurarsi la salvezza dell’ anima volle met-

(3)

t ere in pratica i l consiglio del Salvatore abbandonando ogni cosa temporale per r i ­ t ira rs i ne' deserti a fa r vita s o lita ria . F o rse da alcuni di voi non s i capi rà chiaramente quale fosse la vita so lita ria praticata dagli antichi c ris tia n i, perciò non v i dispiacerà che io m i trattenga alquanto per darvene u n cenno. Coloro che per seguire i consigli del Salvatore abbandonavano padre, m adie, fra te lli, sorelle, casa, p a renti, amici è anda­

vano in s iti d e tti erem i, dicevansi e re m iti:

da Erem o parola greca che vuol d ire so­

litu d in e o deserto; e quelli che in tra p re n ­ devano questo te nor di vita erano d e tti e re m iti ossia s o lita ri.

Ta lvo lta avveniva che parecchi guidati dal medesimo pensiero si radunavano ne­

gli stessi deserti a far vita comune; ed al­

lora prendevano il nome di cenobiti, da altra parola greca coenos che vuol dire co­

m une e bios ossia vita. D i qui nacque i l nome cenobio s o lito a darsi ai luoghi dove s i radunavano per mangiare, d o rm ire , la­

vorare e pregare. I l capo chiamavasi ce- nobiarca ovvero capo di quelli che face­

vano vita comune. Noi abbiamo ancora og­

gidì le parole monaco e monaca che sono parole greche, le quali vogliono dire ezian­

(4)

dìo solo; perchè coloro che abbracciano lo stato monastico rinunciano al mondo per andare a vivere n e 'lo r o conventi o mo­

na ste ri che sono una specie di solitud ine . Quegli antichi so lita ri impiegavano la loro vita nel la vo ro , nello studio e nella preghiera. S i occupavano a dissodare ter­

reni incolti che non erano mai sta ti toc­

cati dalle mani degli u o m in i. S i n u triv a n o con radici di erbaggi e con erbe cotte ed anche crud e, con f r u t t i di piante sel­

vatiche, con legum i p ro d o tti dal terreno per cura di essi coltivato. I loro liq u o ri erano acque lim pide di fontane o di r u ­ scelli. P iù volte nel giorno e nella notte si radunavano a pregare, ad ascoltare la parola di D io , a leggere la Bibbia o la vita d e i sa nti, e a darsi la disciplina, cioè a battersi spontaneamente con flagelli, sferze o bacchette fin o a bagnar talvolta il pavi­

mento e le pareti di sangue. Ciò facevano p e r secondare il Salvatore che disse a lu t t i:

Se non farete penitenza andrete tu tti alla perdizione. N is i poenitentiam egeritis, om­

nes s im ilite r p e rib itis . Quelle austerità, dà cui sembra dover essere ognuno a tte rrilo , avevano m olti seguaci. In alcuni luoghi i so lita ri giunsero a più centinaia, ed anche

(5)

a più m igliaia. T u t t i so tto ad una regola sola, fo rm a n ti una sola fam iglia dipen­

devano dal medesimo capo.

I l capo di quelle maravigliose famiglie chiamavano abate, dalla parola ebraica abba che vuol dire padre; perciocché egli era realm ente considerato come il padre di tu tti, e i su d d iti lo ubbidivano, come a ltre tta n ti fig liu o li, che perciò dicevansi fra li o fra te lli.

Questa vita più angelica che umana tenne p iù anni s. D io n ig i, finché f u ric h ia ­ mat o a Rom a, e fu aggregato al clero pon­

tific io , che è come d ire al ceto dei car­

dina li. Con grande zelo im piegò la sua vita pel bene della religione durante i l p o n ti­

ficato di s. Stefano e di s. S is to I I . A llo ra che quest’u ltim o venne coronato del m ar­

t ir io fu unanim e il pensiero di eleggere D ionigi successore, come colui che per san­

tità , d o ttrin a e prudenza era da t u t t i am­

m irato .

S . D io n ig i fu consacrato papa da S . Mas­

sim o vescovo di O stia, che era una cele­

bre città distante circa q uind ic i m iglia da Rom a, edificata alla foce del Te ve re , cioè in quel luogo dove il Tevere versa le sue acque nel m ar Mediterraneo. Presentem ente quella famosa città è rid o tta ad un m e-

(6)

schino villaggio; ma ancora oggidì avvi in Roma un cardinale che porta il tito lo di vescovo d’Ostia, ed è tu tto ra colui che fa la sacra funzione nella consacrazione dei papi. S . Agostino nota che fin dai p rim i tem pi i vescovi d’ Ostia solevano consa­

crare i rom ani pontefici. V. B revicolo co ll.

S . D ionigi era eletto papa il dodici set­

tembre del dugento sessantuo , dopo che la Santa Sede era stata vacante tre n tacin- que g io rn i m entre governavano i l romano im pero Valeriano e Gallieno. V. Ciac, in S . D io n ig i.

CAPO II .

M a rtirio di s. Cipriano.

M olt i lu m in o si avvenimenti si compie­

rono sotto al pontificato di s. D io n ig i. N oi esporrem o i principa li secondo l ’ ordine dei te m p i in cui sono avvenuti.

Pochi g io rn i dopo la elezione di questo pontefice rip o rtò glorioso m a rtirio s. C i­

priano vescovo di Cartagine. Abbiamo già altrove parlato della relazione di questo santo coi vari pontefici che al suo tempo governarono la santa romana chiesa, ac­

(7)

cennando in p a ri tempo le opere di zelo che egli compiè a fa vor della sua diocesi, di a ltre chiese dell’A frica e di tu tta la Chiesa Cattolica. Q ui daremo solo un cenno su l suo m a rtirio .

E g li adunque governava con zelo apo­

stolico la sua diocesi, ed aveva già dovuto sop porta re in n u m e ra b ili patim enti pe r la fede, finché nella persecuzione d e ll’im pe­

ra to re Valeriano fu egli pure colpito dal decreto di m orte come c ristia no e come capo de’ c ris tia n i. Pa terno proconsole lo fece arrestare e c ond urre al suo trib u n a le . Q u in d i cominciò a p a rla rg li c osì:

— L ’ im peratore m i ordina di far professare a t u t t i ì s u d d iti la re lig ione che egli p ro ­ fèssa: e tu chi sei? che religione professi?

I l santo vescovo rispo se: Io sono c ri­

stia no e vescovo, e non conosco a ltro che sia degno di essere adorato se non i l D io Creatore del cielo e della te rra . A questo D io no i c ristia n i serviam o, questo preghiamo p e r la p ro sp e rità dell'im p ero.

— Voglio sapere, replicò i l proconsole, i l nome dei p re ti della vo stra Chiesa.

— Io non posse s c o p rirli, rispose il santo, poiché le stesse vo stre leggi condannano i delatori. Dopo altre parole di domanda

(8)

e di risp o sta il proconsole lo mandò in esilio in C arrubbio, piccola città sulle coste d’ A- frica non m olto lontano da Cartagine. Nello stesso tempo m o lti a ltri vescovi e p re ti a f- frica ni furo no cacciati d ille lo ro sedi, d is­

persi in luog hi ba rbari, ove dovettero s o f­

frire mali d’ ogni genere. I l santo vescovo li consolò con una lettera che non può leggersi senza se n tire qualche sc in tilla del fuoco di cui ardeva i l suo cuore che fa­

ceva rip o rre ogni sua felicità nel s o ffrire pe r Gesù C risto .

S. Cipriano rim ase u n anno in tie ro nel suo esiglio, poi fu ric o ndo tto a Cartagine per esservi nuovam enle giudicato da un a ltro proconsole che era succeduto a P a ­ terno. L a persecuzione erasi riaccesa con grande violenza specialm ente. contro agli ecclesiastici. Valeriano aveva ord ina to che i vescovi, i p re ti e i diaconi senza fa r loro alcun processo fossero m essi a m orte s u l­

l ’istante.

S . Cipriano fu consegnato alla custodia del capitano delle guardie in un sobborgo della c ittà , ove g li amici del santo ebbero t u tta la comodità di poterlo visita re . T u t t o il popolo v i concorse ; anzi e mendo i c ris tia n i che fosse fatto m o rire nella stessa notte

(9)

la passarono intera alla porta della casa, ove egli era custodito. Il proconsole dimo­

rando nella villa , i l santo vescovo fu a lu i condotto in ora assai calda. U n soldato che lo vedeva tu tto grondante di sudore, mosso a compassione, lo esortava a cam biarsi offe­

rendogli un suo proprio abito. Ma i l s anto g li rispose: A che giova addolcire i mali che stanno p e r fin ire ? Il proconsole appena lo vide gli domandò se era colui che chia- mavasi C ip ria n o , ed egli risp o se : So n io appunto.

P ro . L ’ im peratore t i ordina di sacrificare agli Dei.

Cip. Questo non lo farò giammai.

P ro . Pensa a’ casi tu o i.

Cip. In un affare s ì giusto non vi ha luogo a deliberazione.

Fina lm ente i l proconsole, sentito i l pa­

re re del suo consiglio, parlò così al s anto vescovo: È gran tempo che tu fai profes­

sione di empietà senza che i n o stri impera­

to ri abbiano potuto cavarti dalla testa que­

s ti se n tim e n ti. Poiché tu sei il capo di que­

sta perniciosa se tta , se rv ira i di esempio a que lli che hai strascinato n ella disobbe­

dienza. L ’ osservanza delle leggi sarà co r - roborata dal tuo sangue. Q uindi prendendo

(10)

la tavoletta su cui era sc ritta la sentenza, la lesse ad alta voce in q ue sti te rm in i: O r­

diniamo che a Cipriano sia troncata la te ­ sta. I l santo vescovo risp o se : Deo g ra tia s, a D io si rendano grazie. Queste parole ben lung i dal l ’in tim o rire i c ris tia n i, che tro - vavansi in gran num ero sp e tta to ri, pieni di entusiasmo ad alta voce g rida vano: S i ta­

g li la testa anche a no i. E ra stato scelto per luogo del m a rtirio una piazza fiancheg­

giata da grandi alberi a poca distanza della città. P e r quanto quella fosse spaziosa, s i trovò troppo ris tre tta per contenere la folla immensa che v i s i radunò. G iunto al luogo del su p p lizio , si p ro strò a te rra e rivo lse al Sig nore una fervorosa preghiera. F in ita che l ’ebbe, egli stesso si spogliò delle ve­

s t i, che consegnò a’ s uoi diaconi ; q u in d i prese una benda per c o p rirsi gli occhi; e poiché stentava ad annodarsela d ie tro al c ollo, un prete ed un diacono gli prestarono questo u ffizio pietoso. A llora comparve il carne­

fice, e cosa am m irabile! i l santo m a rtire g li fece regalare venti monete d’ oro. Dopo quest’u ltim o atto di generosità s. C ipria no s i pose in ginocchio. Tene ndo così le mani incrocicchiate dinanzi al petto, come agnello mansueto, attese i l colpo, che lo fece pas­

(11)

sare da questa vita alla beata eternità il 1 4 settembre del 2 6 1 . Cosi te rm inò S . Ci­

priano la sua vita, e si avverò ciò che dice il Sig nore che i suoi m a rtiri sono m o rti al giudizio degli s to lti, ma invece essi r i ­ posano nella pace eterna coronati di gloria.

I fedeli raccolsero i l sangue di questo glorioso m a rtire con panni e con lin i che avevano d iste si in to rn o a lu i prima che gli fosse troncata la testa, e conservarono quelle preziose reliq uie col p iù grande r i s ­ petto possibile.

CAPO I I I .

Costanza ammirabile di un fanciullo.

II Signore che sa rendere eloquenti gli stessi fanciulli per accrescere la sua gloria volle anche dalla confessione di questi promuovere i l trio n fo della fede. A Cesarea città di Cap­

padocia un fanciullo per nome C irillo mo­

s trò coraggio così stra o rd in a rio , che riem pì i fedeli di gioia e di ammirazione. Questo fanciullo aveva continuam ente in bocca il nome santo di Gesù C risto , e nel pronun­

zia rlo sentiva in sé una forza che rende­

valo insensibile a qualunque minaccia o

(12)

p ro messa. Suo padre idolatra dopo di aver tentato in u tilm e n te ogni mezzo per piegarlo ad invocare i fa lsi Dei lo cacciò di casa avendolo prim a in ogni modo m a ltra tta to . I l giudice della città, che ne venne in fo r­

mato , in v iò soldati a prenderlo e se lo fece condurre in n a n zi. Mio fig lio , g li disse con dolcezza, voglio condonare alla tua tenera età i tuo i fa lli. O ra dipende da le i l rie n tra re nella g ra zia d i tuo padre e nel godimento de’ suoi beni : s i i buono e rin u n z ia alla tua superstizione. I l santo giovane rispose:

So n contento d i so ffrire rim p ro v e ri pe r ciò che ho fatto. Id dio m i riceverà nel suo re ­ gno. Certamente starò assai meglio con lu i che con mio padre', se fu i cacciato dalla casa p a te rn a , ne abiterò una che è p iù grande e p iù bella; rin u n z io d i buon grado a i beni tem porali p e r essere ricco nel cielo;

nè la morte m i atterrisce perchè da essa comincia una vita m ig lio re . Queste parole pronunciò con tale coraggio che dava a conoscere essere Iddio che parlava per bocca di lu i.

I l giudice allora prese un tuono alto da in c u te re tim o re , e minacciandolo di m orte lo fece legare come per condurlo al su p ­ p lizio , ed o rd in ò che s i preparasse u n rogo

(13)

e vi si appiccasse il fuoco. Ma questo m irabile giovanetto invece di rim anere scosso si m ostrò sempre più fermo e la- sciossi condurre senza dare alcun segno di debolezza. F u condotto presso al fuoco, e si lece finta di gettarlo in mezzo alle fiam m e;

m a nemm en questo valse a piegare la sua costanza. I l giudice aveva ordinato che tu tto questo apparecchio per allora non fosse che per ispaventarlo. Quando poi videro che l 'aspetto dei s u p p lizi non faceva in lu i al­

cuna im pressione, lo ricondussero al giu­

dice che cosi g li parlò: E bene hai veduto i l fuoco e la scure? Metterai tu giudizio? Colla sommissione alla m ia ed alla volontà d i tuo padre t i renderai meritevole del suo affetto, ed egli l i riceverà di nuovo in sua casa.

I l giovine C irillo risp o se : G ran torto m i avete fatto a ric h ia m a rm i; io non temo nè fiamme nè s c u ri; ho grande fre tta d i an­

dare ad un abitazione assai m igliore, e so- sp iro di possedere ricchezze p iù solide che.

non son quelle di mio padre. È D io che deve riceverm i e ricompensarmi. Non tardate a fa r ­ m i m orire , che così p iù presto andrò a lu i.

G li astanti piangevano a queste parole, ma egli continuò: Dovreste ra lle g ra rv i con me e non piangere; invece d i cercare d'inde -

(14)

b o lirm i con p ia n ti, dovreste fa rm i coraggio ed animo a tutto s o ffrire ; voi non sapete quanto grande sia la g lo ria che m i attende, e quale la m ia speranza; lasciatemi chiu­

dere la m ia vita temporale. Con questi sen­

tim e n ti andò al su p p lizio , come narrano g li a tti del suo mar t irio . Cosi la forza del divino soccorso di cui vedemmo già prove cotanto se n sib ili in u n sesso debole e de­

licato manifesto ssi ancora in una età in cui s i n a tura li sono la tim id ità e l ’incostanza.

CAPO IV .

Pu n izio ne de’ persecutori. C a rità d e 'c ristia n i.

Nel 2 6 2 il secondo anno del pontificato di ,s. D io n ig i la divina vendetta piombò te rrib ile sopra Valeriano che fu uno dei persecutori più crud eli. Questo principe dopo di aver perduto una battaglia cadde p r i­

gioniero di Sapore re di P e rsia che lo tra ttò con una indegnità senza esempio nella s t o- ria . Quando voleva m ontare a cavallo fa­

ceva piegare davanti a se l ’im peratore e gli poneva il piè s u l collo servendosene di scabello. Fin a lm e n te diede ordine che fosse scorticato vivo, e ne fece appendere l a pelle

(15)

tin ta in rosso ad un tempio persiano come u n m onum ento di eterno obbrobrio dei ro m a ni. I pagani erano a tto n iti della sven­

tu ra di Valeriano, ma i c ristia n i rico no ­ scevano la mano di D io giustamente ag­

gravata sulla testa di quel principe che tanto crudelmente avevali perseguitat i. T u tto l ’ impero allora fu im m erso nelle p iù spa­

ventose calamità; i popoli barbari come to r­

re n ti invasero le provincie dell’im pero. I G oti scorsero la T ra c ia , la Macedonia e la Grecia lasciando da per tu tto segni do­

lo ro si di fu ro re . I Germani valicarono le A lp i e si avanzarono per l ’ Ita lia fin o a Ravenna ; a ltri si sparsero nelle Gallie e passarono in Ispagna. I Sa rm a ti deva­

starono la Pannonia; i P a rti penetra ro no fin o in S iria . Guerre c iv ili desolarono tu tto l ’im pero ove s i contarono ad un tempo fin o a tre n ta tira n n i che chiamavansi im ­ peratori rom ani. T e rre m o ti ed inondazioni rovesciarono città e campagne. A t u tti que­

s t i mali tenne dietro la peste, ed in Rom a fu s i violenta che i m o rti giunsero a p iù m igliaja al giorno. Non m inore fu la strage in Alessandria d 'E g itto diocesi di S . D io ­ n ig i vescovo di quella grande città. I l santo prelato parlando di que’ m ali s i esprime

(16)

così : E r a un bruno universale. Non v i era casa che non piangesse qualche persona estinta, tutta la città echeggiava di gemiti.

Questa m alattia era per tu tti i pagani la p iù te rrib ile delle calamità, e pei c ris tia n i un occasione di esercitare la carità più eroica essendo essi so li che avessero i l coraggio d i soccorrere i m alati. L a maggior parte dei n o s tri fra te lli non s i sono ris p a rm ia ti;

hanno visita to , consolato, servito con gene­

rosa carità i m alati senza che i l timore dell’infezione valesse a ra lte n e rli, di modo che m olti sono p e riti nel g u a rire g li a ltr i, m olti p r e t i, diaconi e la ici v irtu o s i han­

no perduta la vita in questa luttuosa oc­

casione; ma quei che rimangono prendono i l posto di quelli e continuano a prestare ai m alati g li stessi se rvig i. I pagani al con­

tra rio fuggono e lasciano in abbandono i loro p iù c a ri, l i gettano nella via p rim a che siano m o rti e l i lasciano insepolti come letame, tanta è in loro la paura d i con­

tra rre i l morbo ferale senza però riu s c ire a scansarlo. Questa differenza nella condotta degli u n i e degli a ltri aveva doto nell'oc­

chio a t u t t i, e dichiaravasi apertamente che i c ristia n i erano i so li che conoscessero la vera pietà. La v ittim e della carità in qu e-

2 L. C. — An. IX , F. VIII.

(17)

s t o tre m endo contagio vengono a n ch'esse enum erate dalla chiesa nel ru o lo de’ s uoi m a rtiri.

CAPO V .

Concilio Romano — Relazione d i San D io n ig i d 'A le ssa nd ria con s. D io n ig i papa.

Nel 2 6 3 l ’anno terzo del pontificato di s. D io n ig i, m entre tu tto i l mondo era op­

presso dai fla g elli mandati da D io agli uo­

m in i per vendicare il disprezzo della re li­

gione, l ’eresia di Sabelio continuava a t u r ­ bare la Chiesa di Gesù C risto . Sabelio, di cui abbiamo già altre volte parlato, aveva sparsi i suoi e rro ri specialmente n e ll’E g itto e

nelle città vicine . I l principale e rro re di questa eresia consisteva ne ll'insegn are ch e la Sa ntissim a T r in it à f a un solo D io ed una sola persona, perciò il divin Salvatore non è D io . Questa d o ttrin a è affatto contra­

ria alla sacra b ib b ia , ove Gesù C risto è chiamato D io fo rte , Dio eterno, esistente da t u t t i i secoli, per cui tu t t e le cose fu ro n o fatte e senza cui nulla fu fatto.

S . D io nig i vescovo d’ Alessandria d’ E g itto come prim ate di var i e diocesi predicò e

(18)

scrisse con forza contraa l ’ eresia Sabelliana e contro a t u t t i quelli che ne seguivano gli e rro ri. Ma alcuni vescovi della L ib ia , paesi vic ini all’E g itto , forse in buona fede giudicarono che s. D ionigi per combattere un e rro re fosse caduto in a ltro opposto, cioè che egli insegnasse non solo essere d istin te le persone, ma eziandio le loro proprietà, la natura e la medesima d ivin ità . I vescovi pentapolita n i, vale a dire delle cinque diocesi della L ib ia , per assicurarsi di non erra re nè da una parte nè da ll'a l­

tra , ric o rse ro al Romano Pontefice che in ogni tempo fu sempre te n u to pel suprem o ed in fa llib ile giudice nelle cose di religione.

I l papa che aveva un grande concetto del vescovo di Alessandr ia camminò con molta cautela nel p ro fe rire sentenza, e conside­

rata attentamente la q uistione radunò in Roma un concilio di p iù vescovi. Così fu ­ rono sempre s o liti a fare i som m i ponte­

fici nei casi più d iffic ili della religione ad esempio di quanto raccomandò Gesù C ri­

sto, e di quanto fecero gli apostoli mede­

s im i. Imperciocché si radunarono essi a concilio quando elessero l ’ apos tolo S . Mat­

tia in luogo di Giuda tra d ito re ; quando scelsero i sette diaconi da o rd in a rs i, e

(19)

quando celebrarono i l concilio di G e ru ­ salemme per discutere in to rn o al l ’obbligo della circoncisione. I l Sig n o re assicurò la sua assistenza a queste radunanze, e le de­

cisioni che iv i si prendono diventano in ­ fa llib ili come se venissero dalla bocca dello stesso Gesù C risto , qui vos audit, me aud it.

I l papa e gli a ltri vescovi radunati a Rom a esaminarono bene lo stato della q u istio ne, ma non potendo comprendere esattamente q ua li fossero i p rin c ip ii di S . D io nig i d’ A - l essandria, g li sc risse ro una lettera in cui lo invitavano ad esporre chiaramente i l suo modo di pensare in to rn o ai dubbi nati su lla sua d o ttrin a . I l santo prelato ricevette con venerazione l ’ in v ito proveniente da Ro m a ; e tosto diè mano a scrivere una lu n g a re- lazione in un modo chiaro e appoggiato su lla Sacra S c rittu ra e su i santi padri dei p rim itiv i secoli. In essa egli espose la sua d o ttrin a in confutazione di Sabellio e d i l u t t i i suoi seguaci. D i poi unendo una um ile e rispettosa lettera, la mandò al papa con una copia della relazione. Ogni cosa fu trovata secondo il vangelo e perciò con­

form e alla d o ttrin a della Chiesa Cattolica:

pe r la qual cosa il vescovo d’Alessandria venne assolto e lodato per la sua purezza e

(20)

fermezza nella fede. P e r l ’ opposto fu ro n o condannati i suoi accusatori e t u tti q ue lli che professavano la d o ttrin a di Sabellio.

Tu tta v ia D io n ig i papa, desiderando che la vera d o ttrin a fosse ovunque conosciuta e con sicurezza seguita, deliberò di scrivere egli medesimo u n tra tta to pieno di e ru d i­

zione. Iv i espone la d o ttrin a della Chiesa in to rn o alla d ivinità di Gesù C risto, di poi con argomenti e ragioni cavate dalla bib- bia confuta Sabellio e t u tti i suoi seguaci.

Questo tra tta to se rv ì dì poi a confutare t u t t i gli eretici che insegnarono e rro ri con­

tro alla d iv in ità di Gesù C risto . S . Atana­

sio riferisce u n lungo brano di questo tra t­

tato conira g li A ria n i. — V. Atan. contra l'e re s. A r.

Il Cardinal Ba ro nio dopo di aver diffusa­

mente esposte le cose sopra narrate fa la seguente grave conclusione. Dalle questioni in so rte tra i vescovi della Pentapoli che accusavano s. D io nig i d’Alessandria, e dalla difesa da esso fatta contro a’ suoi accusatori, che per avere un sic uro giudice ricorsero al vescovo di Rom a, apparisce chiaramente la generale ed antica credenza che nella Chiesa Romana esista il prim o tribunale per sentenziare nelle controversie religiose. A

(21)

questo supremo trib u n a le si è sempre fatto ricorso fin dai p rim i tempi della Chiesa;

s i fece ric o rso dai fedeli c ristia n i e dai me­

desimi vescovi dai luoghi vic ini a Roma e dai paesi più lonta ni.

L ’autorità che esiste in questo gran t r i ­ bunale fu esercitata da Gesù C risto e dai suoi vicari nel discutere, prop o rre , assol­

vere e condannare quanto si riferisce alla religione. Chiunque sia si, sa egli vuol es­

sere cattolico, cioè se vuole appartenere alla vera Chiesa di Gesù C risto , bisogna che creda alla Chiesa, si sottom etta al suo capo, lo ascolti, lo ubbidisca; e ciò sotto pena di andare dannato coi g e n tili e coi p ub­

blicani. S i Ecclesiam non aud ie rit, s it tib i tamquam ethnicus et publicanus.

CAPO V I.

Massa Candida. — M a rtirio di S . M arino — S . A ste rio al Giordano.

A Valeriano succedette suo f ìglìuo lo Gal­

lieno, il quale a tte rrito dalla tris ta fine di suo padre e riconoscendo in quel fa tto la mano del Sig no re ord inò che i c ristia n i non fossero più perseguitati. Ma g li o rd in i

(22)

im p e ria li fu ro n o lentamente eseguiti, di modo che m o lti paesi continuarono ad es­

sere egualmente perseguitali. Lu m in o so è i l fatto della massa candida.

Non m olto dopo la m orte di s. Cipriano i l proconsole voleva a qualunque costo d i­

struggere i l cristianesim o, e par guadagnar tempo fece radunare 5 0 0 c ristia n i in luogo determinato per condannarli tu tti con una sola sentenza. E ra v i grande folla di popolo.

Da una parte s tava preparato l ’ incenso da o ffe rire agli D e i, dall’altra eravi una p ro ­ fonda e vasta fornace che tramandava fiam ­ me spaventevoli. Disse allora i l proconsole:

C hi vuol essere amico dell’ im peratore e riconoscere i n o s tri Dei, faccia tosto un sac rifizio ed offra loro incenso. Q uelli poi che persistono ad essere c ristia n i osservino che tremendo fuoco sta lo ro preparato.

Que’ coraggiosi c onfessori, m ossi dal de­

siderio di m o rire per amore di Gesù C ri­

sto» sp in ti da una grazia speciale del S i ­ gnore, dicendo che volevano lu t t i dare la vita per la fede s i lanciarono spontanea­

mente in quelle fiamme. I l proconsole sde­

gnato ord inò che i corpi ne fossero coperti di calce, onde a ll’esterno p iù n ulla apparve se non un mucchio di calce e di ossa sia-

(23)

rina te che formarono una massa bianca, donde que’ glo riosi confessori furo no detti i m a rtiri della Massa Candida.

N ell'A sia eziandio vi fu ro n o dei m a rtiri anche dopo la m orte di Valeriano. F ra essi avvi s. M arino. E g li eia un celebre gene­

rale dell’ esercito romano, uomo ricco, ono­

ra lo e grandemente stim a to per scienza e coraggio m ilita re . Dimorava in Cesarea città della Palestina, e doveva assumere la ca­

rica di governatore, quando fu accusato di essere cristiano e di non fare sa c rifizi al­

l ’im peratore. S i accorse egli allora che trat- tavasi di rin u n zia re al grado di generale e di governatore, o rin u n zia re alla dignità di cristia no, perciò professando pubblicamente e con fermezza la sua religione, fu spogliato della sua a uto rità ; di poi gli si diedero tre ore di tempo per scegliere o di rinnegare la fede o di assoggettarsi a spietata carnificina.

M arino rispose che la scelta era fatta e che vo lentieri per am or di Gesù egli dava questa m isera vita temporale per guadagnarne u n 'a ltra eterna. A llora fu preso e con fu ­ ria tra tto a m orte s u ll'ista n te .

Alla m orte di M arino trovavasi presente un senatore romano di nome A ste rio , uomo eziandio di grandi ricchezze e assai celebre

(24)

per la sua scienza e pietà. Appena egli vide compiuto il m a rtirio di M arino, ne avviluppò i l santo cadavere con abiti ed ornam enti preziosi, e ponendoselo sopra le spalle lo po rtò a seppellire in un sepolcro apposi­

tamente preparato.

Del medesimo s. A sterio s i racconta pure i l seguente fatto maraviglioso, A poca di­

stanza dalla città di Cesarea di F ilip p o avvi u n lago donde scorre i l fium e Giordano.

I m ise ri ab ita nti dei vic in i paesi acce­

cati dall’ ido la tria solevansi radunare in gio rno di grande solennità in to rn o alle ac­

que di quel lago per sacrificare una v it­

tim a umana, che viva gettavano nelle onde in olocausto al demonio. Perm etteva Iddio che lo s p irito maligno strascinasse giù nei profondi v o rtic i quella vittim a e così dal­

l ’ apparenza d i u n prodigio quel popolo continuasse ad essere ingannato. U n giorno tro vo ssi presente anche A ste rio , che tu tto commosso per vedere ta n ti u o m in i in co­

tale guisa dal demonio ingannati, sollevò g li occhi al cielo e così pregò: Dio grande, creatore e padrone di tu tte le cose, pei m e riti del tuo d ivin fig liu o lo Salvator no­

s tro Gesù C risto ascolta l ’um ile mia pre ­ ghiera. F a vedere la tua potenza, frena quello

(25)

s p irito diabolico che per ra m o di ta nta inganno acceca questo popolo; scopri le fro d i e gli inganni che esso usa per con­

d u rre questi u o m ini alla rovina.

Questa preghiera fu accolta da Dio, che s u ll’istante tolse le forze al demonio per modo che la v ittim a già strascinata nel vortice delle acque ricomparve galleggiante sopra di quelle. In questo modo quel popolo fu d is­

ingannato; il demonio perdette la sua fòrza;

nè mai più in avvenire si operò quella dia­

bolica maraviglia.

Dopo ciò quegli a b ita n ti, che fin o allora avevano conservati m o lti avanzi d’ idola tria, rin u n zia ro n o ai loro e rro ri e vennero alla fede. A nzi vollero che sopra la riva di quel lago fosse collocata una grande statua del D iv ia Salvatore che la E m oroissa del van­

gelo aveva fatto con maestria lavorare.

Quella statua era un monumento parlante della vitto ria di Gesù C risto sopra tu tte le potenze in fe rn a li. E u s . lib r. 1 4 .

(26)

CAPO V I I .

E re s ia d i Paolo Samosateno.

Grave sentenza d i A ureliano imperatore a favor de’ c ris tia n i.

F ra le cose che sotto al pontificato di San D io n ig i cagionarono gravi turbolenze nella Chiesa fu l'eresia di Paolo Samosa­

teno. Questo eresiarca fu così sopranno­

m inato dal luogo di sua nascita che fu Sa­

mosata città della S iria poco distante dal- l ’E u fra te . E ra vescovo di Antiochia quando salì su l tro n o di S iria la famosa Zenobia comunemente detta regina d’O riente. Costei piccavasi di scienza e di religione, q uind i soleva in v ita re alla sua corte t u t t i gli uo­

m in i celebri per ingegno e d o ttrina . V i chiamò anche Paolo di Samosata, e am m i­

randone l ’eloquenza volle con la i tra tte ­ n e rsi in to rn o alla religione cristiana. E lla conosceva assai bene la lingua, la religione ebraica ed anche la cristiana, ma non po­

teva credere ai m iste ri che questa professa.

Paolo pensò di poter appianare questa d if­

ficoltà dicendo che le persone della S S . T r i ­ nità non erano tre D e i, ma tre a ttrib u ti so tto ai quali la divinità erasi manifestata

(27)

agli u o m in i, perciò un solo Dio ed una sola persona nella S S . T r in it à . Colla quale asserzione venivasi a negare la d ivin ità di Gesù C risto . Questo e rro re era sim ile a quello di S a b e llio , già condannalo dalla Chiesa.

Da p rin c ip io Paolo rig uardò questo can­

giamento di d o ttrin a non come c o n tra rio alla Chiesa, ma come una condiscendenza propria a fa r cadere i pre giudizi di e - nobia contra la religione cristiana. Crede- vasi egli di poter così conciliare le espres­

sio n i della Chiesa colla sua d o ttrin a . Ma s ’ ingannò: appena conosciuta, ne fu testo rim p ro ve ra to . Ma quando egli conobbe l ’ abisso in cui era c a d uto , invece di u m ilia rs i e trarsene fu o ri adoperossi a t u t t ’ uomo per giustificare la sua con­

dotta. P e r ordine del papa s i radunò u n concilio di vescovi in A n tio c h ia , e Paolo pe r evitare una pubblica condanna fin se di ravvedersi, ma protetto dalla regina Zenobia cont i nuò n e ll’ empietà, senza ne m ­ meno vo ler abbandonare la sua diocesi.

L ’ anno 2 6 5 s. Dionigi papa nello scopo d’impedire la maggior diffusione del male convocò pure a Roma u n concilio in cui fu esaminata la d o ttrin a di Paolo e la sen-

(28)

tenza dei vescovi d’ A ntio chia. Rom a con­

dannò l ’eresia di Paolo ed approvò l ’inse­

gnamento del concilio Antiocheno. B a r.

anno 2 6 5 .

F ra i più celebri per d o ttrin a e sa ntità , che inte rve n n e ro al concilio antiocheno, fu l ’ infaticabile s. D io n ig i alessandrino. È q ue ­ sta l'u ltim a opera pubblica cui egli prese parte pel bene della Chiesa. Pochi d ì dopo compieva la sua carriera m ortale dopo aver diciassette a nni governata la diocesi di A les­

sandria in te m p i i p iù calam itosi. E g li giunse ad una gloriosa vecchiaja, faticò m olto nel predicare, confutare gli e re tic i, e lasciò m o lti s c ritti che sono d i grande u tilità ai fedeli c ristia n i.

M a lg ra d o la disapprovazione e sebbene per la deposizione dalla sua d ig nità gli fosse stato eletto un successore, Paolo p ro te tto tu tta ­ via sem pre da Zenobia non volle abban­

donare la sua chiesa con grave danno dei su o i diocesani. Quando poi Aureliano (nel 2 7 0 ) s’ im padronì dell’ im pero, mosse guerra a Zenobia e mandò a fine la potenza di le i; allora godendo la Chiesa un po’ di pace i cattolici si riv o lse ro all’ im peratore a ffin ­ chè costringesse quell’ eretico ad u sc ire d i quella casa vescovile. A urelia no benché gen-

(29)

tile ed idolatra diede questa memorabile sentenza. La casa vescovile appartenga a colu i, al quale i vescovi di Roma in d iriz ­ zeranno le loro lettere. Paolo non avendo p iù alcune relazioni con Roma fu c ostretto ad allontanarsi e lasciare in pace quella diocesi, i seguaci di quello sve ntura to tro ­ vandosi in questa guisa abbandonati s i raf­

freddarono. e poco per volta l'eresia cadde in oblio non senza però avere prim a cagio­

nata la perdita d i molte anime.

Questo fatto ci insegna due im p o r­

tantissim e v e rità : prim ieram ente che non solo i fedeli c ristia n i in ogni tempo ric o r­

sero al romano Pontefice come a giudice suprem o in fatto di religione; ma g li stessi g e n tili , il medesim o A ure lia no idolatra ed avverso ai c ristia n i conoscevano esservi una a u to rità suprema fra i c ristia n i, e questa a uto rità risedere nel vescovo di Rom a.

Questo medesimo fatto convince di e r­

rore coloro che dicono la Chiesa ne’ p rim i tem pi non aver posseduto beni sta b ili. L a Chiesa possedeva ai tem pi apostolici, quando i fedeli portavano ai piedi degli apostoli ogni loro avere. Possedevano i papi che promossero tante opere di beneficenza,' mandarono m issio na ri e lim o sine per tu tte

(30)

le p a rti de lla c ris tia n ità , scavarono cata­

combe, edificavano chiese e ne sostennero i l decoro con grandi spese.

Possedevano pure le chiese p a rtic o la ri, come apparisce dal fatto di A u reliano; per­

ciocché iv i si parla di una casa proprietà della chiesa domus ecclesiae, la quale ve­

niva assegnata per abitazione di colui che fosse stato eletto patriarca della città di Antiochia. V. E u s . lib . 7.

CAPO V I I I .

Ultim e a zio ni di S . D io n ig i papa.

Sua morte.

Questo glorioso pontefice lavorò indefesso nei predicare la parola di D io; incorag­

giare i m a rtiri alla costanza nella fede;

c onvertire gli infed eli; ed accorrere ad o- gni s o rta di bisogni della Chiesa universale.

Fa tic ò anche non poco a sedare le que­

s tio n i religiose che durante i l suo p o n tifi­

cato nacquero in va ri paesi e nel tempo stesso a combattere l’ e rro re , specialmente l ’ eresia di Sabellio e di Paolo Sam o- sateno.

Mentre p e r altro estendeva le sue sollecitu-

(31)

d in i alla chiesa universale non dimenticava le cose che lo riguardavano come vescovo di Roma. F ra le altre cose il lib ro ponte­

ficaie dice che divise le parochie della città fissandone i lim iti a quelli che do­

vevano aver cura delle anime nom inati c ura ti, perchè essi dovevano aver cura delle anime dei fedeli che dimoravano in u n luogo determ inato.

Dicevansi anche parochi da una parola greca che vuol dire provveditore. G li an­

tic h i dicevano paroco colui che aveva l ’u f­

fizio di so m m inistra re le g n a , sale e fo ­ raggi agli ambasciatori che venivano da paesi s tra n ie ri. G li ebrei non facevano al­

cun sacrifizio senza che vi fosse del sale e del fuoco. P e r questa analogia furo no d e lti parochi q u e 'sacri m in is tri che da’ ve­

scovi sono destinati a porgere ad un n u ­ mero determ inato di fedeli le legna ovvero i l fuoco della carità, del santo tim o r di D io ; am m inistrando loro i l sale della sa­

pienza, della scienza della vita eterna.

I curati e paroci si appellano anche con a ltri nom i. Diconsi prevosti perchè presie­

dono ai fedeli c ristia n i; pievani ovvero capi della plebe; arciprete, ovvero prim o tra i pre ti della parochia. Custode perchè sono

(32)

mandati dai vescovi come pastori a custo­

dire le pecorelle di Gesù C risto che sono le anime dei c ristia n i. Ma tu tti questi nom i vengono sempre a significare un sacro m i­

n is tro destinato dal vescovo ad aver cura di un determ inalo num ero di fedeli.

Parochia poi significa lo spazio o il paese in cui è circoscritta l ’ a uto rità del paroco.

Parochiani in fine si appellano gli abitanti della medesima.

Ora debbo notarvi che la città di Roma era già stata divisa in più parochie fin dai p rim i pontefici ; ma le persecuzioni , specialmente quella di Valeriano, m isero tu tto sossopra . Imperciocché quell' im ­ peratore nel suo odio contro ai c ristia n i comandò che i sacerdoti fossero di pre­

ferenza ricercati e immediatamente messi a m orte. Onde quando Aureliano diede qualche tempo di calma alla Chiesa, su­

bito s. D io nig i che pur vedeva ogni giorno crescere il numer o dei fe d e li, tosto se ne valse per dividere con regolarità le pa­

rochie ; sta b ilì preti di bontà conosciuta, affinchè so tt entrassero nel m iniste ro a co­

loro che erano sta ti mandati in esilio o coronati del m a rtirio .

L o stesso Valeriano aveva proibito ai cri- 3 L. C. - An. IX, F. VIII.

(33)

stiani di rad unarsi nei c im ite ri e nelle ca­

tacombe per pregare ed invocare sulle ce­

n e ri dei m a rtiri coraggio e fermezza nella fede. Perciò que’ venerandi luoghi erano s ta ti abbandoniti dai c ris tia n i, saccheg­

giati e rovina ti dagli id o la tri. S . D ionigi ne rip arò i guasti; affidò la custodia di quei sacri recinti ad alcuni fedeli determ inati.

Q uindi i c ristia n i poterono rip ig lia re i l loro corso alle catacombe per iv i assistere alle religiose fun zio n i, ascoltare la santa messa, udire la parola di Dio ed accostarsi ai santi sacram enti, specialmente a quello della comunione.

I l medesimo s. D ionigi tenne in dicem­

bre la sacra ordinazione due vo lte, nella quale consacrò dodici sacerdoti, sei dia­

coni, sette vescovi che mandò al governo di varie diocesi.

Non ci deve recar maraviglia se s. D io ­ nigi nel corso del lungo suo pontificato abbia ordinato soltanto questo num ero di m in is tri, perciocché non sempre i papi tenevano essi la sacra ordinazione. Nei paesi lontani da Roma g li ecclesiastici erano con­

sacrati dai vescovi secondo la loro ordina­

ria autorità. In Roma poi, quando il papa non teneva esso l ’ ordinazione, deputava un

(34)

vescovo a farne le veci siccome si pratica an­

cora presentemente.

F r a i vescovi o rd ina ti da s. D io nig i fu s. Zama che mandò a governare la chiesa di Bologna. E g li è considerato come il p rim o vescovo di quella c ittà , non già che prim a di lu i non siano sta ti vescovi in quella c ittà , ma s. Zama è i l p rim o di cui siansi conservate memorie. Gli s c ritti che contenevano il nome e le azioni de’ suoi antecessori si sm a rriro no o durante le pe r­

secuzioni o nelle invasioni de’ barbari.

L ’ anno 2 6 8 s. D io n ig i comandò che s i radunasse un secondo concilio nella città di Antiochia contro di Paolo Samosateno che fra gli a ltri e rro ri negava la verginità di Maria. D io nig i approvò la decisione di quel­

l'assem blea, condannò l ’ e rro re; di poi volle in Roma stessa dare un pubblico segno di affetto verso la grande Madre di Dio colla erezione di una chiesa a lei dedicata nel luogo detto oggidì scuola greca o bocca della verità. Dicesi scuola greca perchè qui era un ginnasio dove la gioventù era is tru ita nelle lettere greche; nom inasi poi bocca della verità da u n ’ara che anticamente ivi esisteva presso cui erano condotti quelli che con giuramento asserivano la verità di qualche cosa.

(35)

Fina lm ente questo coraggioso pontefice dopo di aver governata la Chiesa undicia nni, tre mesi e quattordici g io rni in età assai avanzata cessava di vivere il ventisette di­

cembre del 2 7 2 . E sso è il prim o dei pon­

tefici che abbia term inata la vita con pa­

cifica m orte. Da taluno s i suole anche nominare m a rtire, non perchè abbia te rm i­

nata la vita ne’ to rm e n ti, ma perchè con­

c i l i ò tutte le sue forze nel promuovere la gloria di D io e i l bene delie anime. Cosi noi potremmo chiamarlo m a rtire di carità.

V. Aldoino in S . D io n ig i.

(36)

APPENDICE

SOPRA

S. GREGORIO TAUMATURGO

CAPO I .

Nascita. — S tu d ii d i s. Gregorio.

F r a i sa n ti che term inarono gloriosa­

mente la vita sotto al pontificato di s. D io ­ n ig i fu s. Gregorio Taum aturgo. L e azioni di quest’ uomo maraviglioso sono così amene e stre pito se, che noi crediamo di fa r cosa grata ai n o stri le tto ri coll’ esporle qui in forma di appendice.

S . Gregorio, detto anche Teodoro, è so­

prannominato Taumaturgo, ossia operator di miracoli a cagione de’ m olti e stre p ito si pro d ig ii da lu i operati in vita e dopo m orte.

(37)

E g li era nato in Neocesarea città del Po nto che è un regno dell’ Asia m inore.

Apparteneva ad una nobile e ricca fa m i­

g lia ; suo padre era pagano; ma Gregorio lo perdette in età di qua ttord ic i a n n i, e fin da quel tempo cominciò ad is tr u ir s i in to r­

no alle verità del C ristianesim o. L a madre vedova attese colla maggior cura alla buona educazione del fig lio . Gli fece imparare la lin ­ gua la tina , necessaria per chi aspirava ai pubblici im p ie g h i, e gli procacciò buoni m aestri affinchè lo ammaestrassero nella le t­

teratura e nella eloquenza. Nei quali s tu d i pel raro suo ingegno Gregorio in breve pro­

gredì così rapidamente che diede a’suoi pa­

re n ti le p iù belle speranze di riu sc ita in qualche lum inosa carriera. Sin o da quella età era s ì grande il suo amore per la ve­

rità , che neppure per esercizio oratorio p o ­ teva in d u rs i a lodare quelli che non ne fossero veramente degni. Aveva m olto a cuore l ’ innocenza e la p u rità della v ita , e vedendo le azioni dei filo sofi pagani non conformi a’ loro insegnamenti volle p iu t­

tosto starsene contento delle cognizioni o r­

dinarie, che andarne ad apprendere delle più su b lim i da m aestri così c o rro tti.

A B er i t o , città della F e n ic ia , era in

(38)

que’ tempi una famosa scuola per lo s tu ­ dio delle leggi romane. G regorio vi fu m an­

dato; ma prima di fe rm a rv isi passò in Cesa- rea, dove ebbe la bella sorte di ud ire il famo­

so Origene, il quale m entre menava una vita da santo, faceva al t r i santi e m a rtiri. Ma­

ravigliato per i bei discorsi di quel maestro, Gregorio invece di rito rn a re a B e rito , come incantato rimase a Cesarea. D i ottim o cuore qual era ben presto si u n i coi vincoli di una stre tta amicizia a questo nuovo maestro, il quale colla sua benevolenza e tenerezza gli fece dimenticare fino la propria patria. O ri- gene dal canto suo' conobbe pure la eccel­

lenza del suo allievo, e non tralasciò cura nè fatica per ben coltivarlo. Ma a fine di pie­

gare quell’ animo ancor fiero e sotto m e tterlo a poco a poco al soave giogo di G. C risto procurò anzi tu tto di guadagnarsi ben bene la sua confidenza. Non ardì pa rla rg li subito della fede c ristia na, ma s i contentò sulle prim e di biasimare in generale la ce­

cità di quegli uo m ini i quali vivevano come gli anim ali b ru ti senza conoscere i l loro Creatore. Q uind i gli manifestò il gran de­

siderio che esso aveva dì pro cura rg li la soda e vera sua felicità.

Dopo di avergli così preparato il cuore lo

(39)

is t r u ì nelle cose della vera filosofia. Lo ammaestrò prim ieram ente nella logica, os­

sia in quella scienza che m ostra a ragionar bene ed a separare i l vero dal falso. L o applicò poscia alla scienza fisica, cioè alla considerazione dell’ in fin ita sapienza ed on­

nipotenza del Creatore nelle sue opere. Gli insegnò 1’ astronom ia, ossia la scienza delle stelle per assuefarlo a sollevare il suo sp i­

rito al cielo. Q uindi lo is t r u ì nella morale, ossia nella scienza della v irtù , praticando egli pel prim o quelle cose che gli racco­

mandava. In fine gli insegnò la teologia, e gli fece leggere lu tti quei filo sofi che avevano s c ritto delle cose divine, eccetto quelli che empiamente negavano D io e la Provvidenza. Questo prudente maestro non abbandonava a se medesimo il suo scolaro in tu tte le sue le ttu re , ma lo conduceva come per m ano; gli indicava quello che ogni filosofo aveva di buono e di cattivo;

lo premuniva contro i passi pericolosi. Cal­

damente poi g li raccomandava che attac­

casse il suo cuore alla Sacra S c rittu ra ed ai suoi in te rp re ti, come alla sola e vera fonte dalla quale si poteva attingere la ve­

rità senza mescolanza d’ errore.

(40)

CAPO I I .

Tram e contro di Gregorio. — Le tte ra a lu i d i Origene. — Suo battesimo. — Suo r it ir o .

In quel tempo sorse la sesta persecu­

zione contro i c ristia n i, mossa dall’ Impe­

ratore M assim ino. Questa' persecuzione m i­

nacciava Origene più che ogni a ltro, es­

sendo il dottore più rinom ato della Chiesa.

Vedendosi mal sicuro in Cesarea egli se ne fuggì. Gregorio costretto di abbandonare il caro suo maestro si r it ir ò nella città di A le ssa nd ria , dove la gioventù concorreva da tu tte le p a rti per istud ia re la filosofia e la medicina. Sebbene non fosse ancora battezzato, tuttavia menava già una vita così pura e casta, che si era guadagnata la stim a e la venerazione di tu t t i. A lcuni perversi compagni scorgendo nella buona vita di lu i un santo rim pro ve ro della pessima lo ro condotta, ro si da invidia, cer­

carono di diffamarlo. Stando egli un giorno a disputare con alcuni sapienti, gli man­

darono u n ’ infame cortigiana a chiedergli la mercede c h e , ella diceva, aver da lu i m eritata. I suoi compagni che conosce­

(41)

vano la pu rità della sua vita arsero di sdegno contro a quella svergognata; ma egli senza punto tu rb a rsi disse tra n q u il­

lamente ad uno do’ suoi compagni: Date a costei qualche cosa in mio nome a ffin ­ chè ci lasci tra n q u illi. L e diede l ’ altro quanto ella domandava; ma appena ebbe sporta la mano per riceverla, assalita dal demonio, si mise ad urla re con voce da disperata.. I l maligno sp irito la g ittò per te rra in mezzo dell’ adunanza, ed essa cogli occhi sc o n vo lti, colla schiuma alla bocca già stava per essere soffocata. Ma Gregorio vedendola in quello stato ne ebbe com­

passione , e pregato i l Sig nore per lei im m a ntine nti fu libera.

Durante la sua dimora in Alessandria ebbe una lettera da Origene. In questa egli lo chiama suo fig liuo lo . Gli dice che i l suo bell’ ingegno può renderlo grande nel m ondo; ma lo esorta di tu tto cuore di non adoperarlo in altro che in favore della religione cristiana. Gli raccomanda di nuovo lo stu d io delle divine s c rittu re ; aggiungendovi l ’ orazione, la qua le , egli dice, è necessarissima per poterla in te n ­ dere.

Ta n to approfittò Gregorio di questi saggi

(42)

consigli che più non s i potrebbe deside­

rare. R ito rn a to dopo qualche tempo ad Origene te rm inò d’ is t r u ir s i. Stette cinque anni suo discepolo; con indicibile gioia del suo cuore ricevette il b a tte sim o , che ardentemente desiderava; poscia rito rn ò in patria col suo fratello Atmedoro, il quale fu poi vescovo e m a rtire . P rim a però di lasciare i l suo caro maestro volle assicu­

ra rlo della sua riconoscenza con un bel discorso che egli fece inna nzi a lu i e ad una numerosa adunanza. In questo discorso g li dà le m aggiori lo d i che dar si p o s­

sono ad u n uomo vivente, tanto da chia­

m arlo in sp ira to da Dio e divino. Fin isc e q uind i col raccomandarsi alle sue orazioni dicendo: « Prega D io che m i consoli al­

quanto della vicina tua p riva zio n e ; pre­

galo che m i mandi il suo buon angelo a condurm i ; ma p iù di tu tto pregalo che m i riconduca vicino a te, p e rchè q u esto solo basterà per rend erm i felice. »

Presane licenza dall’ amato m aestro, Gre­

gorio rito rn ò a Neocesarea, dove quei di sua famiglia occupavano le prim e dignità. T u tta la città a lu i rivolgeva gli occhi aspet­

tando, che venisse ad occupare qualche alta carica. Ma Gregorio già per nulla s ti­

(43)

mava i vani o n o ri e le ricchezze di questo mondo. L ’ amore dell’ orazione e della scienza dei santi gli fecero nascere un gran desiderio di ritira rs i in luogo s o lita rio , dove, senza disturb o alcuno, attendere u n i­

camente alle cose di Dio, e non conversare con a ltri se non con lu i solo. Divise per­

tanto le sue ricchezze tra i parenti ed i poveri, non riserbando p e r sè che la sola fiducia nella divina Provvidenza. Abban­

donato così tu tto ciò che possedeva si r i ­ tirò in una s o litu d in e , dove rimase per lungo tempo tra n q u illo , tu tto dedito alle cose del cielo.

CAPO III.

Sua visione. — E promosso a lla sede ve­

scovile d i Neocesarea. — Suoi m iraco li in un tempio d 'id o li.

L e lum inose v irtù di Gregorio non pote­

vano a meno di risvegliare la pubblica atten­

zione. Ben presto si pensò di farlo vescovo;

ma egli reputandosi indegno di quella su b li­

me dignità cercava esimersene non la­

sciandosi ritro v a re ; e cangiando dimora passava di solitud ine in solitud ine, e per

(44)

qualche tempo gli riusc ì di tenersi nascosto.

A lla fine Fe d im o arcivescovo di Amasea, il quale aveva i l dono di profezia, vedendo di non poterlo raggiungere, inspirato da Dio, sebben lontano tre g io rn i di cammino lo elesse vescovo di Neocesarea sua patria, dove g li id o la tri erano senza num ero, e i c ristia n i soltanto diciassette. Gregorio vedendo che quella era la volontà di D io si sottopose al giogo, e colle dovute cerim onie fu con­

sacrato vescovo. Tu tta v ia tremando per una cosi grande dignità pregò Fedim o di dargli ancora qualche spazio di tempo per acqui­

stare una più profonda e p iù esatta cogni­

zione dei n o s tri sacri m is te ri.

Dopo aver passato u n ’ intera notte nella più profonda meditazione vide apparirgli in na nzi u n vecchio venerando in compa­

gnia di una signora di augusto aspetto.

Gregorio malgrado l ’ oscurità della notte non poteva sostenere lo splendore di questa visione. Intese essere la Grande Madre di Dio che g li appariva col discepolo prediletto, s. Giovanni al quale Maria diceva di sp ie ­ gare al vescovo i m iste ri della religione.

S u b ito i l discepolo g li spiegò il m istero dell’ adorabile T r in it à , e Gregorio imman- tin e n ti scrisse quella celeste le zio ne , che

(45)

poi tramandò a’ suoi successori. Questa maraviglia nulla ha d’ incredibile nella vita d i un santo, la quale non è che una serie di m iracoli.

Dopo questa visione Gregorio usci del suo r itir o per andare alla città che doveva governate. U n violento temporale e l ’oscu- r i t à della notte lo obbligarono a r it ir a r s i in un tempio d 'id o li i l più famoso del paese nel rendere gli oracoli. N e ll’e n tra rvi egli fece il segno della santa croce, se­

condo i l suo costume, e cantando l odi al Sig nore passò cosi grande parte della notte.

L a mattina venne il sacerdote del tempio pei s u o iu ffiz i; ma il demonio , il quale rendeva gli oracoli, gli disse che g li Dei non potevano p iù abitare in quel luogo dove un empio uomo v i aveva passata la notte. I l sacer­

dote si pose ad o ffrire dei sacrifizi s tra o r­

d ina ri per placare l ’ ira de' suoi D e i, ma tu tto fu in u tile . Montato in collera quel sacerdote chiese della strada che Gregorio aveva presa e si mise ad inse g uirlo . Rag­

giunto che l ' ebbe lo caricò d’ in g iu rie , e lo minacciò di accusarlo ai m agistrati sic ­ come profanatore della religione dell’ im ­ pero. Il santo vescovo lo ascoltò con molta tra n q u illità . Quando il sacerdote ebbe fin ito

(46)

Gregorio si m ise a fa rg li vedere l ’ impo­

tenza de’ suoi D e i, i quali erano re sta ti m u ti per la presenza di un povero servo di Gesù C risto . Gli soggiunse che egli aveva i l potere di scacciarli da qualunque luogo egli volesse e di fa rli anche rito rn a re dove stim asse a proposito, tanta era la sua con­

fidenza in D io.

A queste parole maravigliato l ’ idolatra, dalle minaccie passando alle preghiere, lo scongiurò perchè volesse fa rli rito rn a re nel tempio. A llora i l Ta um a turg o gli diede un biglietto, su cui aveva sc ritto queste parole: « Gregorio a satana: R ie n tra .» I l sa­

cerdote preso quel biglietto se ne rito rn ò al tempio, e q u ivi lo pose s u ll’ altare. Fa tte le solite cerimonie rivid e i suo i De i, ov­

vero ciò che soleva veder prim a. S tu p e ­ fatto il pagano corse di nuovo dietro ai ve­

scovo, e lo pregò di fa rg li conoscere quel Dio così potente, che esercitava un tanto im pero sopra i demonii. Gregorio gli espose i principa li m iste ri della nostra S . Fe d e ; ma i l sacrificatore non poteva capacitarsi del m istero dell’ incarnazione, giudicando cosa indegna di Dio il venire fra gli uo­

m in i e prendere carne m ortale. A llora G re­

gorio gli disse: « Non sono nè le parole nè

Riferimenti

Documenti correlati

Il risultato negativo di W DEFD è dovuto al fatto che nella versione distribuita il rapporto fra i volumi era

Dirò bene un’ altra cosa che gli Ecclesiastici trà di loro me- desimi , si scrivono allo spesso cose tanto satiriche l’un contro l’altro , che i Protestanti si scandalizano , ed

Dato che la questione del rapporto con l’altro è al centro della storia, dato che le sue questioni fondamentali sulla vita comunitaria delle società umane si fondano tutte su questa

Interessante osservare come la logica costruttiva delle volte, che vede due volte gemelle nella navata, ed una differente nel presbiterio, sia in contrasto con quella decorativa, in

Early and late improvement of global and regional left ventricular function after transcatheter aortic valve implantation in patients with severe aortic stenosis:..

From a mechanical point of view, the reinforcement was a bit stronger, especially for samples T7 and T8, which were treated with materials that were previously proven to be effective

It is in fact reasonable that different workshops would have used raw materials from different sources to obtain their products; considering the different