• Non ci sono risultati.

Le risorse per la Città Metropolitana. Dal quadro europeo alle proposte per il contesto italiano | IRPET

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Le risorse per la Città Metropolitana. Dal quadro europeo alle proposte per il contesto italiano | IRPET"

Copied!
42
0
0

Testo completo

(1)

LE RISORSE PER LA CITTÀ METROPOLITANA

Dal quadro europeo alle proposte per

il contesto italiano

(2)

RICONOSCIMENTI

ll rapporto di ricerca è stato curato da Chiara Agnoletti, Claudia Ferretti, Patrizia Lattarulo (IRPET) e Mauro Massaro (Fondazione Cesifin) all'interno dell'Area Economia pubblica e territorio coordinata da Patrizia Lattarulo.

Mauro Massaro ha, in particolare, curato il capitolo 1.

Il lavoro ha beneficiato della supervisione scientifica del Prof. Alessandro Petretto.

ISBN 978-88-6517-073-1

© IRPET, FIRENZE – 2016

(3)

Indice

1. IL QUADRO EUROPEO 5

2. L’AUTONOMIA FINANZIARIA DELLE CITTÀ METROPOLITANE 13

2.1 Quali strumenti: ipotesi a confronto 15

3. LE RISORSE PER LA RIQUALIFICAZIONE DELLE CITTÀ (METROPOLITANE) 24 4. LE RISORSE COMUNITARIE PER FINANZIARE LA CAPACITÀ DI PROGETTAZIONE

DELLE CITTÀ METROPOLITANE 29

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 33

APPENDICE 35

(4)
(5)

1. Il quadro europeo

Nelle odierne politiche nazionali in materia di governo locale l’attenzione verso le aree metropolitane assume una rilevanza crescente. Soprattutto in tempi di vincoli stringenti sulle finanze centrali e locali le modifiche degli assetti organizzativi e fiscali dei grandi agglomerati urbani vengono viste come un’opportunità per il rilancio delle economie territoriali e con esse dell’intero sistema Paese. L’importanza accordata dall’agenda politica è testimoniata dalle numerose riforme portate avanti da diversi Paesi1 con l’obiettivo di creare o, in caso già presenti, rafforzare delle entità di governo specifiche per le grandi aree metropolitane.

Le ragioni di questo rinnovato interesse risiedono in primo luogo nell’estensione del fenomeno metropolitano, sia in termini presenti, ma soprattutto in prospettiva. Infatti secondo i dati delle Nazioni Unite2 l'attuale processo di urbanizzazione delle popolazione mondiale condurrà nel 2050 ad uno scenario in cui i due terzi degli abitanti del pianeta risiederà in un’area urbana, concentrandosi maggiormente nei grandi agglomerati.

Una seconda ragione di interesse è legata al peso che già oggi le grandi città hanno in rapporto alle rispettive economie nazionali. Favorite da molteplici fattori3, tra i quali le economie di agglomerazione, una maggiore dotazione di capitale fisico e umano e un particolare mix produttivo, per cui sono maggiormente presenti che altrove settori ad alto valore aggiunto, le aree metropolitane presentano valori di produttività e di reddito pro-capite superiori alla media dei rispettivi Paesi. Solo per citare alcuni esempi emblematici, nel 20124 l’area urbana di Parigi ha contribuito al PIL francese per una quota pari al 31% pur assorbendo solo attorno al 19%

della popolazione nazionale; Madrid al 20% del PIL, con una popolazione del 15%; Londra per il 29%, con una quota di popolazione del 19% e Milano per il 12% con una quota di popolazione del 7%.

Infine, indissolubilmente legato al loro ruolo di motori dello sviluppo economico, quelle metropolitane sono le aree che presentano i maggiori problemi relativi al tema della sostenibilità ambientale e più in generale a quello della qualità della vita. D’altronde il rapporto tra crescita economica delle città e la sua sostenibilità sembra operare in entrambe le direzioni, nel senso che una bassa qualità della vita dell’area urbana potrebbe retroagire negativamente sulla competitività economica della stessa, indebolendo il proprio sviluppo economico.

La necessità di conciliare gli obiettivi di crescita con quelli di sostenibilità pone al centro del dibattito la governance e gli strumenti di finanziamento delle aree metropolitane e preliminarmente la comprensione delle loro specifiche esigenze di spesa. Infatti si può constatare come la spesa pubblica pro-capite effettuata nelle aree metropolitane sia generalmente superiore alla media dei rispettivi Paesi. Anche qui, solo per citare un caso su tutti5, nel 2008-2009 le net expenditures di Londra sono state superiori del 48% alla media nazionale inglese. Inoltre, se si considerano le singole municipalità delle aree metropolitane si nota come il peso maggiore della spesa pro-capite gravi maggiormente sulla municipalità centrale, come testimoniato dal caso di Toronto, dove nel 2008 la spesa pro-capite della City of Toronto è stata superiore del 50% rispetto al livello della Greater Toronto Area e della

1 Limitandoci al caso europeo si possono annoverare tra gli altri la Francia e la Gran Bretagna.

2 United Nations (2005), p.7.

3 OECD (2006), p.56

4 Fonte: OECD Dataset Metropolitan Areas.

5 Slack E. (2011), p.3.

(6)

rispettiva provincia. Questo superiore livello di spesa dipende da molteplici fattori, legati al tipo di servizi che queste devono fornire per restare competitive sullo scenario globale.

Infatti nel caso dei servizi pubblici classici forniti dalle municipalità, quali il trasporto pubblico, l'acqua, la gestione del ciclo dei rifiuti, così come la prevenzione degli incendi e la sicurezza si nota come nel caso metropolitano questi siano maggiormente presenti che in agglomerati più piccoli. Infatti in questi ultimi, determinati servizi sono del tutto assenti (si pensi al TPL) oppure le dimensioni minori e soprattutto una densità minore rendono determinati interventi (si pensi al caso della viabilità) meno onerosi. Sebbene a livello pro-capite, una maggiore densità abitativa possa favorire lo sfruttamento delle economia di scala, questo eventuale risparmio delle grandi aree metropolitane deve essere considerato anche alla luce del fatto che oltre una certa soglia, quelle economie, possono tramutarsi in diseconomie di scala. Inoltre una maggiore densità abitativa è spesso associata a una minore qualità delle strutture abitative e questo conduce a un maggior costo per la gestione delle politiche della sicurezza e della prevenzione degli incendi.

D'altronde le economie di scala non operano in alcuni settori di spesa, particolarmente presenti nel caso metropolitano. Avendo una concentrazione maggiore che altrove di nuclei familiari a basso reddito così come di sacche di povertà e di emarginazione, le municipalità delle aree metropolitane si trovano a fronteggiare maggiori spese per le politiche di abitative e sociali in genere. Inoltre, in parte sovrapposta ad una eterogenea composizione sociale in termini di ricchezza, le aree metropolitane presentano una diversa composizione etnica della popolazione che si lega a ulteriori spese in campo sociale, dovute alla maggiore necessità di specifiche politiche di integrazione.

Esiste infine un'altra serie di spese che costituiscono un onere quasi esclusivo delle grandi città, legati alla necessità di rendere le aree urbane metropolitane maggiormente vivibili, nel senso di aumentare il livello di qualità della vita. Rientrano in questa categoria i grandi hub del trasporto (porti, aeroporti e grandi stazioni), così come le strutture ricreative, come ad esempio i grandi parchi cittadini, particolarmente necessari nei grandi agglomerati ad alta densità insediativa, e le grandi infrastrutture sportive. Inoltre bisogna considerare tutte quelle relative alle sfera educativa e culturale come le università, i teatri, i centri congressuali, i musei e le grandi biblioteche. In un'epoca in cui le città competono a livello internazionale, tali servizi sono considerati aspetti fondamentali per attrarre nuovi residenti e contribuire a mantenere una fiorente attività economica.

Queste ultime voci di spesa introducono un aspetto importante nell'analisi delle finanze urbane, legato al livello di corrispondenza tra chi usufruisce dei servizi e chi li finanzia. Infatti sebbene possano presentarsi profili di iniquità nella ripartizione dell'onere tra le municipalità dell'area metropolitana, i destinatari dei servizi pubblici classici (TPL, acqua e rifiuti) così come quelli delle politiche sociali e di coesione sono principalmente i residenti degli stessi agglomerati urbani. Nel caso dei servizi ricreativi e culturali, ma anche nel caso di grandi infrastrutture di comunicazione (grandi stazioni, porti e aeroporti) tale corrispondenza è meno accentuata: le aree metropolitane, nello svolgimento di queste funzioni rendono un servizio a una collettività più vasta, che può essere quella della propria regione, quella del rispettivo Paese (si pensi alle città capitali) e per iperbole si potrebbe parlare di una collettività di riferimento ancora più ampia di scala internazionale (si pensi alle città d'arte). In tutti questi casi i non residenti che pure usufruiscono di tali servizi non contribuiscono in maniera diretta alla loro fornitura. Questo comporta una serie di problemi rilevanti relativi alle fonti di finanziamento.

(7)

D'altro canto per le considerazioni esposte in precedenza è vero che il ruolo economico di propulsori della crescita e dunque di creatori di ricchezza dovrebbe conferire ai grandi agglomerati urbani anche una capacità fiscale maggiore rispetto ai piccoli centri, che in teoria potrebbe sopperire alle maggiori esigenze in fatto di spesa. In generale infatti il valore degli immobili è superiore nei centri urbani che nei comuni di più modeste dimensioni e la concentrazione di attività produttive, attratte dalla possibilità di sfruttare le economie di agglomerazione, dovrebbe generare una maggiore base imponibile. Di fatto però la capacità di trasformare tale ricchezza in capacità fiscale e la capacità fiscale in gettito effettivo, dipende da due fattori essenziali: il grado di decentramento fiscale e gli specifici strumenti fiscali a disposizione6.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il problema principale è legato ai processi di formazione dei grandi agglomerati metropolitani. Infatti nella maggior parte dei casi questi sono il prodotto di una progressiva espansione urbana di distinte municipalità, amministrativamente indipendenti, ma territorialmente contigue, che porta ad una struttura insediativa senza soluzione di continuità. Si viene così a creare una situazione in cui le municipalità sono indissolubilmente connesse tra loro dal punto di vista economico (di cui le economie di agglomerazione sono il prodotto più evidente) e sociale, travalicando quei confini che al contrario permangono sotto l'aspetto politico-amministrativo. Tra le questioni più critiche connesse a questo vi è il fatto che i poteri fiscali risiedono nelle singole municipalità. Ciò significa che tra queste si potrebbe innescare un fenomeno di competizione fiscale con un abbassamento delle aliquote nel tentativo di attrarre base imponibile (attività economiche e residenti) dalle altre municipalità limitrofe. Infatti rimanendo sempre all'interno dell'area metropolitana non verrebbero meno i vantaggi connessi alle economie di agglomerazione e alle spese effettuate dal complesso delle municipalità, ma l'azienda (o il privato cittadino) potrebbe abbassare il contributo per finanziarle (in termini di imposta). Il risultato potrebbe essere un abbassamento del gettito complessivo riscosso nell'area metropolitana e dunque una difficoltà di reperimento delle risorse. A questo problema di gettito si potrebbe aggiungere quello di un'inefficiente localizzazione degli insediamenti abitativi e delle attività produttive, con eventuali costi sociali e ambientali annessi, “pagati” dall'intera collettività metropolitana. Tale fenomeno potrebbe essere mitigato (o annullato) attraverso alcune soluzioni di governance. Da un lato è possibile individuare tipi di soluzioni basate su accordi tra municipalità riguardo alla condivisione parziale (o totale) delle rispettive basi imponibili, ovvero degli accordi di tax base sharing, che equivalgono ad una redistribuzione orizzontale finanziata dai comuni metropolitani e operata dagli stessi. Un altro strumento è invece quello di una perequazione fiscale operata da enti di governo superiori (ad esempio lo Stato) e per questo motivo attingente da un bacino di finanziamento che travalica non solo i confini delle municipalità interne, ma anche quelli della stessa area metropolitana. A queste, basate su accordi fiscali, si contrappone un'altra serie di soluzioni basate sull'istituzione di enti metropolitani creati ad hoc, i quali si differenziano tra loro in base alla pervasività dei propri poteri rispetto a quelli municipali, al tipo di finanziamento e al loro grado di accountability da parte degli elettori. Tra queste si ricordano gli Special Purpose District, e gli enti di carattere unitario (one-tier) o federativo (two-tier). Nel primo caso si tratta di strutture assimilabili a dei consorzi, per la gestione di singoli servizi pubblici locali di interesse metropolitano: esempio emblematici sono i vari Syndicats des Transports francesi, autorità responsabili dell'organizzazione dei trasporti pubblici. Il secondo caso punta invece all'obiettivo di creare un'unica municipalità che si sostituisca alle precedenti, facendo venir meno a priori la possibilità di una concorrenza fiscale tra queste. Soluzioni di

6 Chernick H. & Reschovsky A. (2006), p.418.

(8)

questo tipo sono state scelte7 nei casi di Auckland in Nuova Zelanda, di Città del Capo e di Toronto. Bisogna segnalare che il successo del processo di fusione delle municipalità deve essere diretto8 e incentivato da enti di livello superiore (in primis lo Stato) per vincere le probabili resistenze da parte delle municipalità a una perdita completa di sovranità. Un problema simile, sebbene più attenuato sorge nel terzo caso in cui vengono creati enti ad hoc, rappresentativi politicamente, i quali si sovrappongono alle municipalità, che concedono così solo una parte della loro sovranità. Questi enti metropolitani diventano così titolari di poteri in materie di rilevanza strategica per l'area, che a seconda dei casi spaziano dalla gestione dei servizi pubblici locali (es. trasporti, rifiuti) fino ad arrivare alla pianificazione operativa del territorio. I casi ascrivibili a questo tipo sono ad esempio le métropoles francesi, la Greater London Authority e l'Àrea Metropolitana de Barcelona.

Oltre a queste soluzioni di governance, la capacità di finanziarsi da parte delle aree metropolitane dipende anche dai tipi di strumenti finanziari e fiscali a loro disposizione. Da questo punto di vista, nella pratica si nota come vi siano grandi differenze nelle fonti di finanziamento tra le diverse aree metropolitane mondiali9. Con alcune eccezioni, quali Instanbul, Vienna e Londra, nella maggior parte dei casi le risorse proprie contribuiscono a più della metà del finanziamento, sebbene il contributo relativo delle diverse componenti (fiscale, tariffaria e altro) vari molto da caso a caso. Inoltre considerando la sola parte fiscale si nota che gli strumenti a disposizione non sono correlati al peso della componente fiscale nel totale del finanziamento: mentre nel caso di Stoccolma il 74% del bilancio, finanziato tramite fiscalità, si basa su un'unica imposta, ovvero quella sui redditi personali, nel caso di Atene, dove la fiscalità copre una parte molto più piccola del finanziamento, gli strumenti comprendono anche imposte sul patrimonio e altri tipi di imposte.

Più in generale le tipologie di imposta disponibili per i governi locali (che si tratti di grandi comuni o vere e proprie città metropolitane) comprendono le imposte patrimoniali, quelle sul reddito personale, le imposte sul consumo, le imposte sulle attività produttive e le cosiddette smart taxes.

Quelle patrimoniali sono le più utilizzate, dal momento che si tratta di imposte facilmente gestibili da un punto di vista amministrativo e presentano una base imponibile più rigida, almeno nel breve periodo. Inoltre la presenza di economie di agglomerazione legate alle aree metropolitane garantisce a queste ultime una certa rendita di posizione e dunque un margine maggiore nella fissazione delle aliquote nel caso business. Infine è un'imposta che fornisce un gettito abbastanza costante e prevedibile nel tempo. Questa stessa caratteristica, rende però difficile per le finanze locali beneficiare di periodi di espansione del ciclo economico, posto che in molti Paesi le basi imponibili di tali imposte non vengono aggiornate con frequenza. In alcuni casi tali imposte costituiscono in l'unica risorsa disponibile, come a Melbourne, o la più importante fonte del gettito fiscale locale (Montreal, Amsterdam con una quota superiore all'80% e Parigi con una quota superiore al 50%).

Le imposte sul reddito personale assumono spesso la forma di addizionali sulle relative imposte a beneficio di enti di livello superiore (es. statali). Infatti oltre alla difficoltà di amministrarle autonomamente, si deve considerare che tali imposte poggiano su una base imponibile molto

7 Slack E. (2014), p.13.

8 Slack E. (2009), p.12.

9 OECD (2006), p.220 e 221.

(9)

mobile e dunque particolarmente esposta a fenomeni di concorrenza fiscale. Nel caso metropolitano però questo problema sembra più limitato che altrove, dal momento che le municipalità dei grandi agglomerati urbani si trovano in una posizione di monopsonio, essendo in via quasi esclusiva le uniche “acquirenti” dei lavoratori altamente specializzati. Un'ulteriore soluzione al problema può essere quella di ricorrere a una variante di questo tipo di imposta, attraverso l'introduzione di una payroll tax, ovvero imposte gravanti sul monte stipendi delle imprese. A differenza di quelle sul patrimonio queste imposte consentono al gettito di intercettare i periodi di espansione. Casi di imposte sui redditi di livello locale sono particolarmente presenti nei paesi del Nord Europa, dove costituiscono l'intero gettito fiscale di Stoccolma, e la parte più cospicua di quello di Copenhagen ed Helsinki (superiore all'80%).

Anche le imposte sui consumi consentono di beneficiare dei periodi di crescita e permettono di allargare la platea di contribuenti anche ai non residenti, ovvero pendolari, turisti e più in generale city users. Per le stesse motivazioni esposte nel caso delle imposte sul reddito, assumono la forma di addizionali. Esempi di questo tipo sono presenti a Berlino e a Praga dove forniscono attorno al 20% del gettito fiscale.

Quelle sulle attività produttive sono imposte che assumono diverse forme, come quelle sugli utili societari, sul valore aggiunto, sul numero di dipendenti o sulla superficie occupata.

Vengono giustificate come forma di generalized benefit tax10 e hanno il vantaggio di garantire un discreto gettito soprattutto in periodi di espansione. D'altro canto la forma assunta dall'imposta potrebbe non essere neutrale per le imprese nella scelta dei fattori produttivi, generando inefficienze. I costi di gestione e la possibilità di fenomeni competitivi ne suggeriscono l'introduzione come addizionali ad imposte applicate da livelli di governo superiori. Questo tipo di imposte costituiscono un'importante fonte di finanziamento nel caso francese, dovuta alla presenza di diverse imposte economiche, come la Cotisation sur la Valeur Ajoutée des Entreprises, il Versement Transport, e Imposition Forfetaire sur les Entreprises de Reseau: nel caso di Nantes Metropoles l'insieme di queste imposte contribuisce alle entrate proprie correnti per una quota attorno al 60%.

Infine in molte realtà metropolitane si sta ricorrendo all'utilizzo delle cosiddette smart taxes11. La loro caratteristica principale non risiede tanto nel gettito prodotto, quanto dalla capacità di incidere sulle esternalità negative che potrebbero minare la competitività dell'area metropolitana. Molte di queste sono legate alle esternalità ambientali, come ad esempio le addizionali ai carburanti o all'utilizzo di energia (e si configurano come imposte sui consumi).

Altre volte possono assumere forme diverse, come le imposte sugli autoveicoli, soprattutto se nell'applicazione concreta tengano conto delle esternalità ambientali più che del valore patrimoniale del veicolo. A questo tipo di imposte possono essere ricondotte anche quelle relative alle emissioni sonore degli aeromobili. Infine con finalità non solo ambientali, ma anche di decongestionamento in genere, vi è tutta una serie di strumenti come le congestion charges e quelli di road pricing in senso lato (incluse le tariffe della sosta), così come i vari tributi commutativi. Infine si ricordano le imposte di soggiorno o quelle sugli imbarchi/sbarchi (aeroportuali o portuali). Negli ultimi due casi l'obiettivo, oltre al decongestionamento è quello di far contribuire al finanziamento dei beni e dei servizi pubblici, soggetti non residenti che pure ne usufruiscono. Il caso più famoso è senza dubbio quello della Congestion Charge di Londra,

10 Slack E.(2011), “Financing Large Cities and Metropolitan Areas” , p.11.

11 OECD (2006), p.223.

(10)

sebbene tale strumento sia stato impiegato con successo12 anche in altri contesti, come Milano, Stoccolma e Singapore.

Infine un posto di rilievo è rappresentato dal finanziamento degli investimenti. Infatti, soprattutto nel contesto attuale dove le metropoli competono a livello globale per attirare attività produttive, la capacità di realizzare ingenti investimenti è la chiave per mantenere la propria appetibilità sullo scenario globale. In un periodo di forti pressioni sulle finanze pubbliche, accanto alle tradizionali forme di finanziamento a debito e degli oneri di urbanizzazione, sono state individuate delle soluzioni innovative.

Una prima soluzione è quella della Public-Private Partnership13. Questo consiste nella creazione di un soggetto a partecipazione pubblica privata per la fornitura di infrastrutture pubbliche. Generalmente negli accordi di partenariato il soggetto pubblico si riserva la proprietà dell'infrastruttura e la possibilità di regolarne l'utilizzo, mentre il soggetto privato avrà la possibilità di incamerare i futuri proventi derivanti dall'infrastruttura per un certo periodo di tempo. Dal punto di vista del soggetto pubblico questo tipo di accordo presenta la possibilità di sollevarsi parzialmente o interamente dall'onere del finanziamento dell'investimento, utile soprattutto nel caso di situazioni di bilancio critiche. Inoltre dal momento che la gestione successiva dell'opera sarà per un certo periodo di tempo affidata al partner privato, vengono ridotte le future spese operative dell'ente. Infine il pubblico, ha la possibilità di acquisire competenze tramite la partnership con l'operatore privato. Questo sistema presenta comunque rischi per entrambe le parti, che dipendono fortemente dalle previsioni concrete contenute nel contratto di partenariato. Infatti nel caso del privato un'eccessiva regolamentazione pubblica potrebbe comportare ritardi nei lavori e difficoltà successive nella gestione; nel caso del pubblico invece, le necessità della parte privata potrebbero far deviare il progetto dalla sua natura pubblica concentrandosi più sul ritorno economico dell'investimento, soprattutto nel caso in cui il privato possa supportare le proprie istanze sfruttando a proprio vantaggio le asimmetrie informative. Soprattutto per quest'ultimo aspetto si stanno sperimentando soluzioni di PPP inclusivo, in cui oltre al pubblico e al privato partecipino tutti i vari stakeholder locali.

Per il finanziamento degli investimenti è possibile anche ricorrere ad altri tipi di strumenti più classici, come ad esempio la destinazione obbligatoria agli investimenti (earmarking) degli introiti di alcuni tributi, come ad esempio le varie congestion charges e i proventi della sosta dei veicoli, così come il gettito di alcune imposte come quelle sui carburanti. Relativamente alla parte strettamente fiscale è stato proposto uno strumento innovativo, chiamata Value Capture Tax14. In questo caso si applica un'imposta sugli immobili che si trovano in prossimità di un progetto di investimento infrastrutturale pubblico. L'imposta va a finanziare la realizzazione dell'investimento stesso e in principio è commisurato all'aumento del valore patrimoniale che questo provocherà sugli immobili soggetti a tassazione. Ne risulta cioè un investimento che si autofinanzia. L'imposta può assumere la forma una tantum o di una charge annuale (anche per un periodo di tempo limitato). Tale strumento è particolarmente utile nei casi in cui l'imposta ricorrente sugli immobili presenti delle basi imponibili molto distanti dal valore di mercato e non vengano aggiornate con frequenza. In questo caso infatti l'aumento del valore a seguito dell'investimento pubblico, non verrebbe incorporato nella base e quindi non si trasformerebbe in gettito aggiuntivo. Nei casi in cui invece le basi imponibili vengano aggiornate costantemente il ricorso a questo tipo di imposta sarebbe ridondante.

12 Kamal-Chaoui, L. and Sanchez-Reaza, J. (eds.) (2012), p.169.

13 OECD (2006), p.226.

14 Kamal-Chaoui, L. and Sanchez-Reaza, J. (eds.) (2012), p.167.

(11)

La tabella successiva (e le altre in appendice) offre una panoramica sugli strumenti fiscali riconducibili alle categorie esposte in precedenza da parte di alcuni enti metropolitani di tre Paesi dell'Unione Europea15, desunti dai Bilanci principali preventivi per il 2015. Oltre ai gettiti in termini assoluti di parte corrente e di parte capitale, vengono indicati il rispettivo peso sul totale delle entrate proprie e il rispettivo gettito pro capite. Inoltre vengono fornite sia per la parte corrente che per quella in conto capitale la quota delle entrate proprie su quelle totali (nel caso di quelle in conto capitale non è stato inserita la parte di finanziamento a debito). Una scheda fornisce le informazioni principali riguardo a ogni singola imposta (vedi Appendice).

Da queste si nota come il caso francese presenti un numero e una varietà di strumenti decisamente superiore rispetto agli altri casi, ed è anche il caso in cui la componente fiscale gioca un ruolo chiave nel finanziamento degli enti, come testimoniato dalla quota sulle entrate proprie (con valori sempre superiori al 65% fino a punte di oltre l'80%) e dalla quota delle entrate proprie su quelle totali (anche qui sempre superiori al 65%).

E' inoltre l'unica, almeno per la parte corrente, in cui si rintracciano tutte le tipologie di imposta, ovvero quelle immobiliari, quelle relative ai redditi (sebbene solo sui redditi d'impresa), sulle attività produttive, sui consumi (almeno nel caso di Lyon), e le imposte smart. Per la parte in conto capitale invece, sono presenti solo imposte di tipo immobiliare, riconducibili alla Taxe d'Aménagement/Taxe d'Equipment, assimilabili agli oneri di urbanizzazione e al Versement pour Sous Densité, una misura per contrastare la bassa densità degli insediamenti e in tal modo l'eccessivo utilizzo del suolo. Con riferimento alle varie tipologie di parte corrente si nota come la componente principale sia sempre quella immobiliare, rappresentando in alcuni caso più della metà del contributo. Nel caso delle métropoles di diritto ordinario la seconda componente per importanza è quella relativa ad “altre imposte sulla produzione” per effetto del contributo fondamentale del Versement Transport, imposta che serve a finanziare il TPL e per questo motivo è appannaggio dell'autorità organizzatrice del trasporto. Nelle tabelle si nota come in alcuni casi questo sia stato inserito in un conto separato, dal momento che tale voce non è iscritta nel Bilancio principale, o perché facente parte di un bilancio annesso dell'ente stesso o perché l'autorità di gestione del TPL non coincide con l'ente metropolitano. Lo stesso discorso vale per le imposte “smart” che forniscono il terzo contributo per effetto della TEOM, la tassa per la raccolta dei rifiuti urbani. Nell'unico caso in cui è presente, ovvero Nantes, la tassa di soggiorno fornisce un contributo estremamente ridotto. Infine la componente sui redditi, presente solo nel caso delle imprese, fornisce un contributo sempre superiore al 10%, imputabile integralmente alla Cotisation sur la Valeur Ajoutée des Entreprises, imposta progressiva applicata sul valore aggiunto, il cui gettito viene ripartito tra ente metropolitano, Dipartimento e Regione. Questa ripartizione contribuisce a spiegare la differenza più consistente ravvisabile nel caso di Lyon. Infatti la diversa natura giuridica che la contraddistingue, ovvero il fatto di svolgere anche le funzioni dipartimentali, garantisce alla Métropole de Lyon anche le entrate dipartimentali. Questo si nota chiaramente dal peso che in questo caso hanno le imposte sui redditi rispetto alle entrate proprie, ovvero quasi il doppio di quello visto nel caso delle mètropoles di diritto ordinario. Inoltre aggiunge una tipologia di imposta assente nei casi precedenti, ovvero quella sul consumo, attraverso la Taxe Spéciale sur les Conventions d'Assurance, sebbene il contributo alle entrate proprie sia modesto. Infine amplia i casi di imposte smart e il loro peso, con la presenza di alcune imposte ambientali, ovvero la tassa sui prodotti energetici (TICPE) e quella sull'elettricità, entrambe di derivazione dipartimentale.

15 Eccetto il caso dei metropolitan districts inglesi (one-tier), gli altri si strutturano secondo un modello two-tier.

(12)

Parte Corrente

Pro capite

Métropoles di diritto ordinario (valori espressi in €)

Métropole de Lyon (valori

espressi in €) Área Metropolitana de Barcelona (valori espressi in €)

Metropolitan Districts (valori espressi in £)

Greater London Authority (valori espressi in £)

Toulouse

Métropole Bordeaux

Métropole Nantes

Métropole City of

Liverpool City of

Birmingham City of

Manchester6 City of Leeds City of

Sheffield City of Newcastle

Immobiliari TH

489,70 287,07 259,88

TH 110,49 TM 30,76 CT 279,30 247,70 228,80 323,90 306,00 304,90 CT 94,32

TFPB TFPB 187,37 BR 198,30 179,20 284,60 203,10 190,40 289,10 BR 163,86

TFPNB TFPNB 0,08

CFE TATFPNB 0,61

TASCOM 12,27 16,71 17,08 CFE 161,26

TASCOM 10,82

TLE/TA/VSD – CG 4,69

DMTO 152,49

Sub-tot 501,97 303,78 276,96 Sub-tot 627,81 Sub-tot 30,76 Sub-tot 477,60 426,90 513,40 527,00 496,40 594,00 Sub-tot 258,17

Redditi CVAE 108,77 81,49 92,34 CVAE 287,42

Sub-tot 108,77 81,49 92,34 Sub-tot 287,42

Altre imposte sulla produzione

IFER 2,72 4,04 3,65 IFER 4,84

VT 236,93

Sub-tot 2,72 4,04 240,58 Sub-tot 4,8

Consumi TSCA 41,02

Sub-tot 41,02

Smart

TEOM 131,95 TEOM 94,90 TMTR 34,47 CG 20,15

TS 2,79 TATS 0,38

TE 9,38

TICPE 86,04

Sub-tot 131,95 Sub-tot 190,70 Sub-tot 34,47 Sub-tot 20,15

Totale 745,41 389,31 612,67 1.151,79 65,23 477,60 426,90 513,40 527,00 496,40 594,00 278,32

Quota entrate proprie su entrate correnti 79,58% 66,50% 77,73% 75,21% 43,64% 25,52% 26,37% 37,13% 46,81% 34,36% 38,19% 72,26%

Parte Capitale

Immobiliari TLE/TA/VSD 13,79 5,40 17,65 TLE/TA/VSD 10,59

Totale 13,79 5,40 17,65 10,59

Quota entrate proprie su entrate in conto

capitale (debito escluso) 63,04% 87,81% 81,09% 60,45%

Parte Corrente Altre imposte sulla

produzione VT 251,17 1 213,26 2 VT 156,56 5

Smart TEOM 112,36 3 130,26 4

1 Nel caso di Toulouse è stato considerato il rapporto tra l'ammontare di VT percepito da Tisséo-SMTC e il numero complessivo di abitanti degli enti che partecipano all'autorità organizzatrice del TPL, ovvero Toulouse Métropole, la CU di Sicoval, la CA di Muretain e il Syndicat intercommunal des transports publics de la région toulousaine.

2 Il VT è iscritto nel bilancio annesso “Transports Publics”.

3 La TEOM è iscritta nel bilancio annesso “Déchets Ménagers”.

4 La TEOM è iscritta nel bilancio annesso “Elimination et Traitement des Déchet”.

5 Nel caso di Lyon è stato considerato il rapporto tra l'ammontare di VT percepito da SYTRAL e il numero complessivo di abitanti degli enti che partecipano all'autorità organizzatrice del TPL.

6 I dati di Manchester si riferiscono all'anno 2014-2015.

(13)

Il caso spagnolo e quello inglese presentano invece un ventaglio di strumenti molto più ristretto.

In entrambi i casi non si rintracciano strumenti fiscali se non nella parte corrente del bilancio, a differenza di quanto visto in Francia.

Nel caso dell'Área Metropolitana de Barcelona, si nota come a differenza di tutti gli altri casi, la componente principale provenga dalle imposte smart, e più in particolare dalla tassa per il servizio di trattamento rifiuti (TMTR). L'altra componente è quella legata alle imposte immobiliari, con il Tributo Metropolitano, di fatto un supplemento all'imposta immobiliare spagnola, ovvero l'IBI (Impuesto sur los Biens Immeubles). Più in generale si nota come il finanziamento dell'ente sia per la maggior parte imputabile ai trasferimenti, visto che il contributo delle entrate proprie è di poco superiore al 40%.

Un rapporto tra entrate proprie ed entrate correnti generalmente più basso si ravvisa nel caso inglese e in particolare per quanto riguarda i metropolitan districts, dove l'unica componente fiscale presente è imputabile alla tipologia immobiliare. Le due imposte, ovvero la Council Tax (sugli immobili residenziali) e i Business Rates (sugli immobili produttivi) contribuiscono a circa la metà delle entrate proprie. Nel caso della Greater London Authority l'apporto delle due imposte al totale delle entrate proprie è più basso considerato il peso delle tariffe16 legate soprattutto al TPL, che hanno anche l'effetto di aumentare il rapporto tra le entrate proprie e quelle complessive (attorno al 70%). Da segnalare, unico caso tra quelli considerati, l'applicazione della Congestion Charge, i cui proventi vanno a finanziare il TPL, che fornisce un contributo contenuto.

2. L’autonomia finanziaria delle Città metropolitane

A fianco delle numerose potenzialità riconosciute da più parti circa l’istituzione delle Città metropolitane, non possiamo non richiamare le difficoltà che ancora non hanno trovato piena soluzione. Tra tutte ricordiamo l’incompletezza delle disposizioni legislative regionali in materia di riordino delle funzioni non fondamentali seguita dalla non meno centrale questione delle risorse disponibili, anche se la legge di Stabilità per il 2016 contiene dei provvedimenti a sostegno dei bilanci metropolitani.

Fino ad oggi tuttavia l’avvio della nuova istituzione è stato molto difficile a causa dei tagli di risorse e di personale indicati dalla Legge di Stabilità precedente (per il 2015) e dalle altre normative vigenti. Alla luce di quanto si è profilato fino ad oggi, appare necessario interrogarsi sulle possibilità e sulle condizioni necessarie per poter parlare di prospettive di sviluppo per le Città metropolitane del Paese, visto che tra le funzioni fondamentali assegnate al nuovo ente ci sono quelle relative alla mobilità, alla viabilità e allo sviluppo economico e sociale. A questo si aggiunga che i criteri adottati per distribuire i tagli imposti dalla legge di stabilità 2015 hanno penalizzato in modo particolare alcune Città metropolitane, come quella fiorentina, in conseguenza della procedura utilizzata basata sull'incrocio della “capacità fiscali” con il “costo efficiente” delle funzioni fondamentali (colonna D della Tabella 1). La situazione finanziaria per il 2015 è stata dunque estremamente critica, così come emerge dalla stima delle risorse disponibili per le Città metropolitane (colonna G della tabella).

16 Si consideri che su un budget complessivo della Greater London Authority di 11,45 miliardi di sterline, 4,66 miliardi derivano dai ricavi da traffico del trasporto pubblico.

(14)

Tabella 1

ENTRATE E SPESE DELLE CITTÀ METROPOLITANE.

Valori in milioni di euro Totale

entrate storiche A

riduzione risorse da D.L. 95/2012 B

riduzione risorse da D.L. 66/2014 C

Tagli Stabilità 2015 (L.

190/2014) D

Totale entrate al netto delle riduzioni E=A-(B+C+D)

Spesa corrente storica funz.

fondamentali (media 2010-2012)

F

Differenza tra entrate e spese G=E-F

Differenza tra entrate e spese (pro capite in euro) H=(E-F)/POP

Torino 182.6 39.7 19.1 27.9 95.8 166.5 -70.7 -31.4

Milano 257.2 54.3 25.3 27.7 149.9 214.5 -64.6 -21.0

Venezia 58.9 16.0 7.0 10.5 25.3 43.2 -17.9 -21.1

Genova 64.5 20.4 8.1 8.4 27.7 60.3 -32.7 -38.4

Bologna 89.2 20.1 8.9 8.7 51.5 64.8 -13.3 -13.4

Firenze 95.7 24.2 11.4 21.8 38.3 73.7 -35.5 -35.9

Roma 363.3 79.7 31.3 79.1 173.2 283.6 -110.5 -27.3

Napoli 193.0 66.8 28.0 46.4 51.8 275.2 -223.4 -73.1

Bari 81.8 30.4 13.3 14.4 23.6 67.2 -43.6 -35.0

Reggio Calabria 31.2 12.9 4.5 9.1 4.7 44.7 -40.0 -72.6

Fonte: stime su dati Sose - Mef

Sulla base delle nostre stime, tutte le città metropolitane si sarebbero trovate nella condizione di non poter garantire con le proprie entrate neanche lo svolgimento delle funzioni fondamentali a loro attribuite. In particolare, il disavanzo sarebbe risultato particolarmente oneroso per le città di Firenze, Napoli, Genova e Reggio Calabria.

A dispetto di quanto stabiliva la legge di Stabilità del 2015, la nuova finanziaria, oltre a posticipare il termine per le disposizioni regionali in materia di riordino delle funzioni non fondamentali, prevede da un lato l’azzeramento dei tagli previsti dalla normativa precedente e dall’altro un contributo complessivo di 250 milioni di euro annui da destinare agli investimenti in viabilità ed edilizia scolastica. Pur trattandosi di preziose risorse aggiuntive che il nuovo ente riceve nella misura di una tantum, l’incertezza sui criteri per la loro ripartizione, dal un lato, e l’esigenza di attribuire una maggiore autonomia finanziaria, dall’altro, ci portano a prospettare alcune ipotesi in merito all’introduzione di una imposta propria. D’altra parte, la riprogettazione delle modalità di finanziamento consegue anche dalla necessità di internalizzare gli oneri connessi alla scala territoriale di questi enti, individuando la base imponibile che più coerentemente approssima la dimensione del nuovo ente che è appunto quella metropolitana.

Grafico 2

ENTRATE TRIBUTARIE DELLA CITTÀ METROPOLITANA. 2014 Valori %

Fonte: Certificati di bilancio consuntivo delle amministrazioni provinciali 0%

20%

40%

60%

80%

100%

Firenze Genova Milano Torino Venezia Roma Reggio

Calabria Napoli Bari Bologna

IPT Imposta RC auto Tributo ambientale

(15)

Le scelte in ambito di bilancio previsionale per il 2016 evidenziano in primo luogo che molte Città metropolitane hanno rinviato l’approvazione del bilancio. Tra quelle che lo hanno chiuso c’è Bologna che ha previsto una riorganizzazione della spesa per investimenti a favore della manutenzione stradale e dell’edilizia scolastica senza aumento della pressione fiscale. La Città metropolitana di Firenze ha previsto incrementi di spesa nelle stesse funzioni ma ciò ha implicato un aumento della pressione fiscale che ha coinvolto sia Rcauto (che passerà dal 12,5%

al 16% creando un gettito aggiuntivo pari a 7,5 ml di euro) sia il tributo ambientale (che aumenterà dal 3 al 5% generando un gettito aggiuntivo di 2 milioni di euro). Complessivamente le nuove aliquote adottate determineranno un aumento della pressione fiscale quantificabile in 9 euro pro capite.

La nascita di un nuovo ente di governo deve essere accompagnata dalla definizione di una struttura dei prelievi che risponda all’obiettivo dell’accountability o della responsabilità fiscale.

Sulla base di questo principio il governo locale è chiamato a dar conto direttamente al cittadino per le risorse che questi gli versa. D’altra parte, nell’individuazione della struttura ottimale del prelievo locale il principio di riferimento è quello del beneficio, sulla base del quale il tributo deve essere rivolto a compensare i maggiori costi a carico del capoluogo a seguito dei servizi offerti al territorio. L’esperienza internazionale fornisce pochi suggerimenti, in quanto le città metropolitane adottano, ad esempio in Francia, la fiscalità municipale, pur con più ampi margini di manovra; oppure sono enti a prevalente fiscalità derivata, come in Inghilterra o Spagna.

Anche appoggiandosi ai modelli fiscali delle grandi realtà urbane europee, da cui trarre ispirazione, si nota che in questi Paesi sono presenti (oltre ad alcune compartecipazioni) prelievi sulle superfici di vendita, sul valore aggiunto prodotto dalle imprese e sui trasporti, che sono stati poi riproposti nel dibattito italiano e, che come vedremo più avanti, potrebbero essere declinati nel nostro contesto. Se guardiamo, invece, alle proposte fino ad oggi avanzate per le città metropolitane italiane, la più accreditata è sicuramente quella relativa all’addizionale sui diritti di imbarco portuali e aeroportuali, la cui applicazione potrebbe consegnare alle Città metropolitane circa 126 milioni di euro (dei 152 milioni complessivi), nell’ipotesi di applicare la misura massima ipotizzata di 2 euro a passeggero, da ripartire tra città metropolitana e città sede dell’infrastruttura.

In definitiva, l’imposta sui diritti di imbarco può rappresentare una fonte di gettito da destinare allo sviluppo delle Città metropolitane, tale da compensare almeno in parte i disavanzi attuali.

Inoltre gravando sui flussi in ingresso nelle città, può prevedere delle esclusioni per la popolazione residente all’interno, quindi non aumenterebbe la pressione fiscale locale. A questo si aggiunga che data l’entità degli importi non è certo destinata a ripercuotersi negativamente sulla dimensione dei flussi turistici; la sovrapposizione di questa base imponibile con la tassa di soggiorno, pur elevata, non è tale da disincentivarne l’uso.

2.1 Quali strumenti: ipotesi a confronto

Il tema delle risorse finanziarie che sono nella disponibilità delle Città metropolitane, continua ad essere un argomento centrale che ancora non ha trovato piena soluzione. Da un punto di vista teorico la questione dovrebbe essere affrontata tenendo conto delle caratteristiche del nuovo ente, deducibili tanto dal profilo di competenze che gli sono state assegnate quanto in rapporto al livello territoriale in cui si trova ad operare.

In relazione a questo secondo aspetto, occorre partire dalla constatazione condivisa da una vasta letteratura scientifica, secondo cui la dimensione metropolitana è generatrice di una serie di vantaggi (benefici) che derivano dalla concentrazione di popolazione e di attività (economie di

(16)

agglomerazione) e che determinano la capacità attrattiva della città. Proprio in conseguenza della concentrazione vengono generati costi aggiuntivi, sia in termini di spesa pubblica necessaria per garantire alcuni servizi sia di costi legati alla congestione, di cui deve farsi carico l’ente pubblico. Questo rappresenta un aspetto centrale ai fini dell’attrattività poiché dal contenimento di questi costi consegue la realizzazione di tali benefici; infatti se non opportunamente controllati i benefici legati alla concentrazione si trasformano in rendimenti decrescenti e quindi in diseconomie di agglomerazione, annullando la convenienza insita nei grandi sistemi insediativi.

Seguendo la logica del beneficio ci si aspetta che coloro che godono di tali vantaggi legati alla concentrazione contribuiscano ai costi relativi al loro mantenimento. Si tratta delle attività economiche che più godono dei benefici legati alla concentrazione, così come delle diverse popolazioni di city users che usufruiscono dei servizi alimentando i costi urbani. Ne consegue che i vantaggi riconducibili alla scala metropolitana riguardano da un lato, la concentrazione spaziale della produzione di ricchezza; dall’altro , i servizi di cui gode la popolazione non stabile alla quale può essere chiesto di contribuire al loro mantenimento. Entrambe si rifanno al principio del beneficio.

A tale proposito vogliamo offrire una panoramica dei possibili tributi utilizzabili che possiamo ricondurre ai due ambiti di tassazione delineati, anche sulla scorta di quanto avviene nel contesto europeo. Le ipotesi prese in esame contemplano due campi di possibilità: il primo riguarda l’utilizzo di tributi esistenti portati a livello di Città metropolitana o sotto forma di compartecipazione al gettito comunale, regionale o erariale sulla base del principio della capacità fiscale locale e che trova fondamento nel trasferimento di alcune funzioni in capo al nuovo ente. L’altro campo di possibilità prevede, contrariamente al precedente, l’istituzione di nuovi tributi specifici del nuovo ente sulla base del principio della tassazione ambientale (ovvero della correzione delle esternalità negative). In particolare le forme analizzate riconducibili al primo ambito di opzioni sono: la compartecipazione al gettito sugli edifici produttivi, l’Imu secondaria e all’imposta di soggiorno. Tra le imposte appartenenti al secondo gruppo che gravano sugli utilizzatori della città (city users) proponiamo un approfondimento su l’addizionale dei diritti di imbarco, collegata all’attrattività urbana, sulla istituzione di un tributo sulle grandi strutture di vendita, generatrici di esternalità e sulla congestion charge, rivolta anch’essa alla correzione di esternalità negative.

Le simulazioni che proponiamo hanno assunto a riferimento e a puro titolo teorico, il gettito che potrebbe essere ottenuto perseguendo l’ipotesi già illustrata e ad oggi ritenuta più realistica, ovvero quella che prevede l’introduzione di una tassa di imbarco portuale e aeroportuale.

Ricordiamo che questa ipotesi prevede che nel caso in cui il porto o l’aeroporto siano localizzati all’interno dei confini amministrativi metropolitani l’importo rimarrebbe totalmente nella disponibilità del nuovo ente, mentre nel caso in cui il sedime sia nel territorio regionale si prevede un riparto del 50% tra Città metropolitana e Comune che ospita l’infrastruttura puntuale. In alternativa alla distribuzione simmetrica ipotizzata tra i due enti, è possibile immaginare un sistema di riparto che tenga conto della effettiva distribuzione dei flussi in entrata alla Città metropolitana dall’aeroporto o porto esterni al suo perimetro.

Guardando all’incidenza pro capite del gettito che deriverebbe dall’addizionale sui diritti di imbarco, questa presenta una buona approssimazione delle funzioni sovra locali che si vogliono attribuire al nuovo ente e rivela una distribuzione territoriale equilibrata. Emergono in ogni

(17)

caso alcune differenze, legate alla particolare vocazione (più o meno) turistica dei territori, che potrebbero avvantaggiare (per esempio Venezia) o svantaggiare (Torino) alcuni ambiti metropolitani specifici. Tali differenze potrebbero essere attenuate con la creazione di un fondo perequativo alimentato dal 20% del gettito destinato alle Città metropolitane.

Tabella 3

AEROPORTI E PORTI METROPOLITANI: NUMERO PASSEGGERI E NUMERO SBARCHI. 2014

Aeroporti Cm Passeggeri Porti Cm Sbarchi

Torino Pertini-Caselle 1.707.602

Cuneo no 115.689

Milano

Malpensa no 9.359.664

Linate 4.513.826

Orio al Senio - Bergamo no 4.331.077

Brescia no 5.040

Venezia

Marco Polo - Tessera 4.198.715 Venezia 819.000

Villafranca - Verona no 1.380.035

Canova -Treviso no 1.108.759

Genova

Genova 631.623 Genova 1.189.000

Savona - Vado no 483.000

La spezia no 9.000

Bologna

Bologna 3.273.447 Ravenna no

Rimini no 235.272

Parma no 104.057

Firenze

Vespucci - Firenze 1.108.738 Livorno no 958.000

Galileo - Pisa no 2.341.793 Piombino no 1.765.000

Piombino - Elba no 1.422.000

Marina di Carrara no 2.000

Roma Fiumicino 19.082.708 Civitavecchia 1.279.000

Ciampino 2.499.242

Napoli Napoli 2.946.576 Napoli 3.738.000

Salerno no 205.000

Bari

Bari 1.821.216 Bari 562.000

Brindisi no 1.071.684 Brindisi no 227.000

Foggia no 2.790 Monopoli

Reggio Calabria Lamezia Terme no 1.197.416

Reggio Calabria 255.287

TOTALE 63.292.256 12.658.000

Fonte: dati Enac e Eurostat Tabella 4

GETTITO DAI DIRITTI DI IMBARCO Milioni di euro

Città metropolitana Gettito aeroporti (2 euro

se Cm, 1 euro se regionale) Gettito porti (2 euro se

Cm, 1 euro se regionale) Gettito totale Gettito pro capite (euro)

Torino 3,5 - 3,5 1,5

Milano 22,7 - 22,7 7,2

Venezia 10,9 1,6 12,5 14,6

Genova 1,3 2,9 4,1 4,8

Bologna 6,9 0,0 6,9 6,9

Firenze 4,6 4,1 8,7 8,6

Roma 43,2 2,6 45,7 10,6

Napoli 5,9 7,7 13,6 4,3

Bari 4,7 1,4 6,1 4,8

Reggio Calabria 1,7 - 1,7 3,1

Fonte: stime su dati Enac, Istat e Eurostat

(18)

Il gettito che si otterrebbe per la Città metropolitana fiorentina dall’introduzione di questa addizionale (8,5 milioni) è stato assunto a riferimento come invariante poiché solo in questo caso è stato possibile supportare le ipotesi prese in esame con evidenze quantitative. Pertanto a partire da questa grandezza, che rappresenterebbe un aumento del 7,5% delle entrate proprie, nelle varie ipotesi di tributi prese in considerazione sono state simulate le relative quote di compartecipazione o tariffe.

Passiamo dunque ad analizzare l’esito della simulazione proposta in relazione alle diverse ipotesi effettuate.

 Grandi insediamenti produttivi e Imu D

Il primo tributo analizzato fa riferimento alla presenza nei contesti metropolitani di grandi insediamenti produttivi e alla loro necessità di essere supportati da un sistema di infrastrutture (materiali e immateriali) il cui potenziamento o mantenimento può essere ricondotto alla sfera delle competenze della città metropolitana, sulla base di quanto avviene, ad esempio in Francia e in Inghilterra. A tale proposito appare giustificabile la previsione di una compartecipazione in favore della Città metropolitana del gettito proveniente dall’Imu sulle attività produttive (categoria D) e destinato alla Stato17. Per ottenere il gettito fissato (8,5 milioni di euro) la compartecipazione, stimata con riferimento alla Città metropolitana fiorentina, dovrebbe aggirarsi intorno al 16%. Si tratta di una quota relativamente contenuta che tuttavia costituirebbe una entrate importante per il nuovo ente e che trova appoggio nel profilo di competenze affidato alla città metropolitana.

Tabella 5

GETTITO IMU D DI COMPETENZA STATALE PER CITTÀ METROPOLITANA. 2014

IMU D (gettito) Compartecipazione all'IMU D (16%) Compartecipazione pro capite

Bari 54.290.288 8.686.446 7,0

Bologna 81.626.387 13.060.222 13,2

Firenze 52.899.567 8.463.931 8,6

Genova 43.932.993 7.029.279 8,3

Milano 328.739.424 52.598.308 17,1

Napoli 83.755.072 13.400.812 4,4

Reggio di Calabria 7.923.808 1.267.809 2,3

Roma 290.480.231 46.476.837 11,5

Torino 165.330.354 26.452.857 11,7

Venezia 63.835.863 10.213.738 12,0

TOTALE 1.172.813.987 187.650.238 10,5

Fonte: stime su dati Mef

Se guardiamo alla distribuzione del gettito nelle diverse città metropolitane vediamo come questo risenta, come ovvio, della propensione produttiva più o meno spiccata, dei diversi contesti metropolitani. Tuttavia la variabilità territoriale dei valori pro capite è abbastanza contenuta se si escludono i casi di Reggio Calabria e Napoli, che registrano un dato molto inferiore alla media e quello di Milano, dove al contrario il gettito pro capite è molto superiore.

Il confronto tra due realtà metropolitane che su molti piani presentano diverse similitudini come Firenze e Bologna (in termini di dimensione demografica, di densità, di assetto insediativo policentrico, di dominanza relativa del capoluogo regionale) evidenzia tuttavia una significativa diversità in termini di gettito attivato dall’Imu sulle attività produttive.

17 Ricordiamo che il gettito Imu sulle attività produttive generato dall’applicazione delle aliquote standard (7,6 per mille) è destinato allo Stato, mentre rimane ai Comuni quello extrastandard, qualora previsto.

Riferimenti

Documenti correlati

CONSIDERATO conseguentemente che, per assicurare il gettito complessivo necessario a coprire i costi di funzionamento dell’Autorità, l’aliquota contributiva per

L’individuazione delle città metropolitane della proposta Delrio risulta eccessivamente inclusiva, perché ammette al rango metropolitano anche polarità che alla scarsa

Le proposte classificate non ammissibili saranno oggetto di una specifica comunicazione al soggetto proponente, ai sensi della Legge 241/90; le proposte

La quota imputabile al progetto va calcolata nel seguente modo: quote di ammortamento mensile dei mezzi impiegati x mesi di utilizzo dalla data di acquisto alla data di fine

196/2003, recante disposizioni per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, all’atto della raccolta dei dati personali Sviluppo

L’aggregazione richiedente deve essere formata da almeno 3 soggetti; la partecipazione di soggetti che non prendono parte attiva alla realizzazione del progetto può essere

9 del suddetto Avviso Pubblico, riguardante la revoca delle agevolazioni, recita che le agevolazioni saranno revocate qualora “il progetto non risulti

1 a 2 OGGETTO: Concessione di un ulteriore proroga ai beneficiari per la rendicontazione dei progetti ammessi a valere sull’Avviso Pubblico per la presentazione