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Meanwhile, in a parallel universe.... - Judicium

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Academic year: 2022

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Intimités

Meanwhile, in a parallel universe....

Mentre i c.d. processualisti discorrono in questo universo, in un universo parallelo accadono cose strane. Strane? Ma – andiamo ragazzi! – siamo in un altro universo!

Nell’universo dove si chiude la pratica per rinfocolare la lite.

Scrive la Corte d’appello di Roma : “Vale infatti osservare che l'articolo 702 quater c.p.c. esordisce stabilendo che: "L'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'articolo 702 ter produce gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro 30 giorni dalla sua comunicazione o notificazione". Orbene, detta disposizione richiama così la sola ordinanza cui si riferisce il sesto comma del citato articolo 702 ter c.p.c., ossia l'ordinanza provvisoriamente esecutiva che costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione: val quanto dire che la norma posta a disciplinare il procedimento di appello stabilisce con tutta evidenza che solo l'ordinanza di accoglimento del ricorso introduttivo del procedimento sommario di cognizione possiede attitudine ad acquistare autorità di cosa giudicata e, pertanto, è suscettibile di impugnazione mediante appello.

E, poiché nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, ai sensi dell'articolo 12 disp. prel. c.c., pur nel quadro della ratio legis, non v'è modo di ritenere che l'articolo 702 quater c.p.c., richiamando soltanto il sesto comma dell'articolo precedente, possa essere riferito anche al quinto comma. Se il legislatore avesse inteso rendere applicabile il rimedio dell'appello anche all'ordinanza di rigetto non avrebbe avuto alcuna difficoltà a riferirsi alle ordinanze del quinto e sesto comma e non solo del sesto, senza richiedere all'interprete inutili acrobazie ermeneutiche.

Ammettere il contrario, in un caso di solare evidenza letterale come l'attuale, significherebbe dire che il legislatore è incapace di esprimere compiutamente e comprensibilmente il proprio pensiero: il che è impensabile.

Siffatta ricostruzione, quantunque criticata da parte della dottrina (mentre altra parte della dottrina concorda), è in realtà pienamente conforme ad un modello già accolto

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Intimités

dall'ordinamento con riguardo ad un diverso procedimento sommario, quale quello per decreto ingiuntivo, giacché, mentre il decreto di accoglimento del ricorso monitorio è idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata, ove non opposto, il provvedimento di rigetto non possiede altra efficacia che quella di chiudere il procedimento, rimanendo in facoltà del ricorrente di riproporre la domanda anche in via ordinaria, ai sensi dell'articolo 640 c.p.c.

Ciò, alla luce della previsione del combinato disposto degli articoli 702 ter e quater c.p.c., è quanto accade per l'ordinanza resa a conclusione del procedimento sommario di cognizione: l'ordinanza di accoglimento è appellabile ed altrimenti passa in giudicato; l'ordinanza di rigetto non passa in giudicato e non è per questo appellabile, ma la tutela del soccombente è affidata alla facoltà di riproporre la domanda, se del caso in via ordinaria, il che garantirà anche la successiva piena appellabilità” (Corte d’Appello di Roma del 7 marzo 2012)

Bello no? Qualche guastafeste in questo universo (ce n’è ancora qualcuno) potrebbe far notare alcune cosette.

De jure:

che qualcuno possa aver evocato l’art. 640 c.p.c. non giustifica affatto la scelta adottata. L’art. 640 è il degno coronamento di un mera impossibilità di provvedere senza contraddittorio (un non possumus allo stato degli atti). Nel nostro caso però il giudice ha deciso, e lo ha fatto in contraddittorio delle parti. Sommaria o meno che sia stata la trattazione della causa, il prodotto è un accertamento che non è meno accertamento per essere di contenuto negativo. Non si può dubitare che il giudice abbia fatto uso del suo potere decisionale perché (si deve presupporre), se avesse ritenuto di non poterlo correttamente esercitare, avrebbe convertito il rito da sommario in ordinario.

De fabula:

scenario plausibile. Il malcapitato appellante ripropone la domanda e si vede opporre che si è formato il giudicato, perché questa è la sorte delle declaratorie di

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Intimités

inammissibilità dell’appello (a meno che non siano 348-bis, ma quello è un altro universo ancora). Va a spiegare all’avvocato di controparte che la Corte d’appello di Roma ritiene che l’appello sia inammissibile per libera riproponibilità della domanda.

Queste cose gli avvocati dei convenuti non le capiscono mica, sicché invece di discutere del merito, nel nuovo procedimento questo avvocato si intestardirà a porre squisite questioni di rito al Tribunale. Il quale Tribunale (“soggetto solo alla legge”, e non alle opinioni della Corte d’appello di Roma) magari non vorrà comprendere e può darsi che dia ragione a quel testardo di convenuto. In effetti, a pensarci bene, si può sempre trovare un giudice che ha letto la Dottrina (quella con la maiuscola), e ha trovato in LUISO (Diritto processuale civile, Milano 2010, IV, 121) che “l’ordinanza di accoglimento o di rigetto è suscettibile di produrre gli effetti di cui all’art. 2909 c.c.”

(ma l’opinione non è ovviamente isolata: vd., per es., TISCINI, Commento all’art. 702- quater, in Commentario alla riforma del codice di procedura civile, a cura di Saletti e Sassani, Torino, 2009. 264-266).

Si licet:

qualcuno si era illuso di aver già passato un grado di giudizio e di essersi avvicinato alla fine del percorso. Macché! È il gioco dell’oca, bellezza: dietro front! Torna indietro e ricomincia daccapo! Tanto, se ti daranno ragione sarà la controparte a venire a bussare presso questa Corte d’appello (accidenti, però: non si potrà rottamare l’appello – stavolta – essendo inapplicabili al procedimento sommario le regole sul c.d. filtro). Se poi ti daranno torto, aspetta! Troverai forse un terzo giudice che – stavolta – ti darà ragione, così potrai gustarti a freddo l’appello della controparte. Oggi non ti puniamo perché “il rilievo officioso dell’inammissibilità dà luogo a compensazione delle spese”, ma nessuno si illuda per il futuro.

E, chissà, per non sapere né leggere né scrivere, nel frattempo l’avvocato del malcapitato (ma chi li ha inventati ‘sti avvocati?) ha fatto pure ricorso per cassazione sul “definitivamente pronunciando sull’appello ... dichiara inammissibile l’appello”.

Lascio a giuristi più fini di me il compito di commentare il quadro. Mi limito a constatare che è gran bella cosa la ragionevole durata!

B. S.

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