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Note brevissime sull’ “onere di contestazione” per il terzo pignorato (nuovo art. 548 c.p.c.) - Judicium

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1

A

NTONIO

B

RIGUGLIO

Note brevissime sull’ “onere di contestazione” per il terzo pignorato (nuovo art.

548 c.p.c.)

L’ultima riforma processuale del convulso anno 2012 (l. 24 dicembre 2012, n. 228), oltre ad accelerare, sommarizzandolo, il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo (nuovo art. 549 c.p.c.), ha imposto al terzo pignorato l’onere di rendere la dichiarazione entro l’udienza fissata per il pignoramento, riguardo ai crediti di cui all’art. 545, c. III e IV, ovvero, ed in ogni altro caso, entro apposita successiva udienza da fissarsi, con ordinanza notificata al terzo, ove questi non abbia reso la dichiarazione entro l’udienza originariamente fissata; in mancanza il credito pignorato si intenderà non contestato nei termini indicati dal creditore esecutante (nuovo art. 548 c.p.c.).

Introdotta con una nonchalance semplificatoria (o se si vuole con la stessa adolescenziale ed ingenua disperazione con cui si è introdotto il brutale “filtro” in appello) del tutto incongrua rispetto alla sua portata, dirompente comunque la si intenda, la novità merita appunto di essere per lo meno ragionevolmente ridimensionata.

Il riferimento espresso del nuovo art. 548 c.p.c. è alla “non contestazione” (“il credito pignorato …. si considera non contestato”). Tale riferimento non può essere casuale rispetto alla

nota consacrazione normativa del “principio di non contestazione” intervenuta pochi anni prima con la modifica dell’art. 115, c. I. Si impone dunque – per volontà dichiarata dal legislatore del 2012 (e si imporrebbe comunque) – una lettura del nuovo art. 548 sistematica ed armonica rispetto all’art.

115, c. I.

Ebbene: è pacifico – per ragioni varie che qui non mette conto spiegare – che la mancata contestazione dei fatti costitutivi avversari comporta, ex art. 115, c. I, non già la prova legale di quei fatti e perciò la loro definitiva ed insormontabile asseverazione, bensì una semplice relevatio ab

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2 onere probandi o inversione dell’onere probatorio rispetto ad essi, di guisa che è sempre possibile

che il fatto, pur non contestato, sia poi smentito da altre evidenze probatorie o che sia provato il contrario, con la conseguenza che il giudice non potrà certo tenere per vero quel fatto ai fini della decisione (anche se, a mio avviso, al momento della decisione, e nell’adoperare ove del caso il suo prudente apprezzamento al fine di soppesare le reale efficacia di quelle evidenze smentitorie o prove contrarie, il giudice ben potrà tener conto della originaria non contestazione: non già agli effetti del nuovo art. 115, c. I, effetti di mera inversione dell’onere probatorio che appunto si sarebbero già prodotti, bensì ai sensi e per gli effetti del “tradizionale” art. 116, c. II). La sequenza logica possibile è dunque: “L’amministratore delegato X partecipò in Parigi alla riunione del 25.6.2004” (allegazione del fatto). / Non contestazione. / Produzione dell’effetto ex art. 115, c. I: il fatto non necessita di prova ed il relativo onere si inverte. / Vi è però in atti un verbale della polizia giudiziaria di Roma ove risulta che il 25.6.2004 quel signor X fu sottoposto per dieci ore ad interrogatorio nella nostra capitale. / Ecco che il fatto, pur non contestato, è successivamente smentito ai fini del decidere. / Salvo che il giudice, ex art. 116, c. II, ritenga rilevante la originaria non contestazione onde presumere, in relazione ad ogni altro elemento, che la riunione parigina si sia svolta a tarda sera e che il signor X, di tempra assai forte, abbia afferrato un aereo al volo dopo l’interrogatorio e…….

Mutatis mutandis, e trasferendo al diverso scenario della vicenda del pignoramento presso

terzi una simile sequenza logica, ne segue, ai fini di una corretta e sistematicamente congrua applicazione del nuovo art. 548, che:

a) – La non contestazione del terzo pignorato consente ed anzi impone al giudice dell’esecuzione di

procedere alla assegnazione (o vendita) del credito e parallelamente, esclude in radice ogni interesse all’accertamento dell’obbligo del terzo (oggi da compiersi nelle forme semplificate del nuovo art.

549).

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3 b) – Al terzo (asserito) debitore non è tuttavia preclusa aa) né la successiva azione ripetitoria di

indebito oggettivo reattiva ad esecuzione comunque ingiusta nei suoi confronti, bb) e neppure l’opposizione ex art. 615 avverso l’esecuzione che il creditore principale minacci o avvii sulla base della ordinanza di assegnazione.

Negate entrambe queste conclusioni, al terzo non resterebbe che la residua azione di arricchimento senza causa contro il debitore originariamente esecutato (più complesso ipotizzare una azione in surrogazione sulla base dell’ultimo comma dell’art. 2036 c.c. e già pur con l’avallo di una giurisprudenza – v. Cass. 29.4.1999, n. 4301 ed altre - che in termini generali confusamente la sottrae all’ambito dell’autentico indebito soggettivo). Troppo poco.

Come già era predicabile, ad esempio, in relazione agli scenari successivi alla ordinanza di accoglimento nel defunto (senza sue colpe specifiche) rito sommario societario, la seconda conclusione (opposizione all’esecuzione) potrebbe ovviamente negarsi, per ragioni ostative sue proprie, anche ove si affermi la prima (ripetizione di indebito oggettivo), resistibile solo dalla formazione di un giudicato che qui evidentemente non si forma. Ma a me pare che anche la seconda conclusione sia sostenibile proprio in virtù della cennata limitazione, su di un piano sistematico generale, degli effetti della non contestazione.

Né mi pare che a quella seconda conclusione sia di ostacolo lo stesso art. 548 quando precisa che “il credito si considera non contestato”, oltre che ai fini del procedimento in corso, anche ai fini

“dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”. Mi sembra, questa, una espressione

più che altro didascalica, ricognitiva o se si vuole rafforzativa, a scanso di equivoci, dell’assunto secondo cui la prima esecuzione fisiologicamente si conclude con la formazione di un titolo esecutivo nei confronti del debitor debitoris (ordinanza di assegnazione) legittimo in sé ed alla stregua della non contestazione, che esclude intanto, allo stato degli atti, qualunque esigenza di previo accertamento e prova dell’obbligo del terzo. Non è invece una espressione preclusiva della

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4 successiva opposizione alla seconda esecuzione.

Nella logica del successivo art. 549, anch’esso emendato nel 2012 ed ove è riprodotta la medesima espressione, non è però questa ad impedire la opposizione alla esecuzione che sia iniziata o minacciata dal creditore principale avverso il debitor debitoris, sulla base dell’ordinanza di assegnazione emanata dopo che il giudice abbia risolto le “contestazioni” circa la dichiarazione del terzo con l’apposita ordinanza di nuovo conio, bensì il fatto che tale ultima ordinanza è detta espressamente impugnabile (solo) “nelle forme e nei termini di cui all’art. 617”.

È chiaro, per contro, che nella (diversa) logica dell’art. 548 l’impugnabilità della ordinanza di assegnazione mediante opposizione agli atti è espressamente limitata, dall’ultimo comma, al caso della incolpevole mancata conoscenza della notifica del provvedimento di fissazione di apposita udienza per la dichiarazione prevista dal c. II (valendo tale opposizione agli atti solo ad accertare la incolpevole mancata conoscenza ed a caducare l’ordinanza di assegnazione, con conseguente

“rimessione in termini” del terzo per la dichiarazione), e pertanto non può considerarsi preclusiva della successiva opposizione all’esecuzione per ragioni “di merito” concernenti la effettiva sussistenza della posizione debitoria del terzo nei confronti del debitore (a suo tempo) esecutato.

Neppure una simile opposizione è ostacolata in termini generali dai noti principi che limitano il rimedio ex art. 615 avverso esecuzione fondata su titoli di formazione giudiziale, perché alle spalle di quel titolo (ordinanza di assegnazione) non vi è alcuna cognizione, intervenuta o possibile, bensì una mera non contestazione. E si ritorna dunque al profilo sistematico generale:

qual è l’effetto della non contestazione? Una semplice relevatio ab onere probandi.

c) - Nel giudizio di opposizione all’esecuzione o in quello di ripetizione di indebito, instaurati dall’asserito debitor debitoris, l’onere della prova graverà su quest’ultimo; e della sua originaria non contestazione il giudice potrà tener conto ai sensi dell’art. 116 c.p.c.

* * * *

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5 Questa ricostruzione non è né originale né tanto meno assolutamente certa. Essa è dettata anzitutto da una opzione di valore o, se si vuole, di buon senso adeguato alla situazione reale.

Non nego che in un paese a forte moralità luterana e ad alto tasso di rispetto delle regole l’opzione di fondo avrebbe potuto essere diversa e la ricostruzione più drastica, più semplificatoria e più deflattiva.

Ma nel paese dei contenziosi seriali fantasiosi ed affaristici, della frantumazione moltiplicatoria delle iniziative esecutive per un unico credito, delle sezioni fallimentari troppo spesso infrequentabili, e di tanto altro, non si può esporre senza rimedi effettivi all’avventuroso

“provarci” di un callido creditore (con o senza il concorso esterno del debitore esecutato) un presunto debitor debitoris, il quale può ben essere, oltre che un istituto bancario più o meno colpevolmente distratto, anche una anziana ereditiera svampita, un artista danaroso quanto distaccato dalle faccende mondane, e così via.

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