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NEL 'PRONOME' DELLA LEGGE! ANCORA SULL’INTERVENTO DEL P.M. PRESSO LA S.C. CIVILE - Judicium

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ROSARIO RUSSO

NEL 'PRONOME' DELLA LEGGE! ANCORA

SULL’INTERVENTO DEL P.M. PRESSO LA S.C. CIVILE.

1. L’ultimo orientamento della Suprema Corte – 2. Sesta Sezione (c.d. Sezione Filtro) e udien- za pubblica – 3. Sesta Sezione (c.d. Sezione Filtro) e disciplina intertemporale - 4. Sesta Se- zione (c.d. Sezione Filtro) e ragionevolezza costituzionale – 5. Il quia.

1. L’ULTIMO ORIENTAMENTO DELLA SUPREMA CORTE

La Sesta Sezione della Suprema Corte ha da ultimo statuito che:

a) a seguito delle modifiche normative introdotte dagli artt. 75 e 81 del D.L.

n. 69 del 21 giugno 2013 (pubblicato sulla G.U. del 21 giugno 2013 ed entrato in vigore il giorno successivo), convertito con L. n. 98 del 9 agosto 2013 (pub- blicata sulla G.U. del 20-8-2013 ed entrata in vigore il 21 agosto 2013)1, la se- sta sezione civile della Suprema Corte civile (c.d. Sezione Filtro) è abilitata a tenere, oltre alle adunanze camerali, anche udienze pubbliche, nelle quali la partecipazione del Pubblico Ministero non è più obbligatoria, fermo restando il suo intervento facoltativo ai sensi dell’art. 70, 3° c.p.c.2;

b) manifestamente infondata, e soprattutto irrilevante, è la questione di le- gittimità costituzionale sollevata dal Pubblico Ministero, che aveva considerato irragionevole (e quindi in contrasto con l’art. 3 Cost.) l’art. 76 ord. giud. come novellato dal citato art. 81, ove interpretato nel senso di escludere l’intervento necessario del Pubblico Ministero per le udienze pubbliche (soltanto) della Se- sta sezione civile, giacché comunque egli era intervenuto facoltativamente

1 In appendice trovasi quadro sinottico delle modifiche (pagine A e B) nonché il testo degli artt. 75 e 81 del D.L. e della legge di conversione (pagina C). Su tale riforma sia consenti- to rinviare a R. RUSSO, Il P.M. presso la S.C civile! Chi era costui? Appunti sugli artt. 75 e 81 del D.L. n. 69 del 2013, sul sito http://www.judicium.it, diretto dal Prof. B. SASSANI.

2 Sez. 6 - 2, Sentenza n. 1089 del 20/01/2014, Rv. 629096, in Guida al Diritto, 2014, n. 10, pag. 24, con nota adesiva di P. PIRRUCCIO, La discrasia non viola il canone di ragione- volezza e rende più snella l’attività della procura generale; nel medesimo senso Sez. 6 - 3, Sen- tenza n. 6152 del 17/03/2014, Rv. 630562: «In tema di giudizio civile di cassazione, per effetto delle modifiche introdotte dagli artt. 75 e 81 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in legge 9 ago- sto 2013, n. 98, non è più obbligatoria la partecipazione del P.M. in tutte le udienze che si svol- gono dinanzi alla sezione di cui all'art. 376, primo comma, cod. proc. civ., siano esse adunanze camerali od udienze pubbliche, salva la facoltà del P.M. di intervenirvi, ai sensi dell'art. 70, terzo comma, cod. proc. civ., ove ravvisi un pubblico interesse».

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all’udienza pubblica, ed era stato così «posto in condizione di potere fare tutte le opportune deduzioni e produzioni a sostegno delle proprie istanze»3.

Pertanto, alla stregua di tale orientamento, in sede civile l’intervento obbli- gatorio del Pubblico Ministero di legittimità resta riservato alle udienze tenute dalle Sezioni Unite ed alle udienze pubbliche tenute dalle sezioni semplici, con esclusione (in ogni caso) delle udienze (pubbliche o camerali) tenute dalla Sesta Sezione, nonché per i regolamenti di competenza e di giurisdizione (sempre che tali regolamenti siano trattati con il rito previsto dall’art. 380 ter c.p.c.).

Il presente saggio è volto a verificare la plausibilità giuridica di tale risultato interpretativo ed a spiegarne le ragioni esistenziali.

2. SESTA SEZIONE (C.D. SEZIONE FILTRO) E UDIENZA PUBBLICA

Novellando tra l’altro il primo comma del previgente art. 376 c.p.c.4, a far tempo dal 4.7.2009, l’art. 47 della L. 18 giugno 2009, n. 69 creò la Sesta Se- zione (c.d. Sezione Filtro)5, imponendo al primo presidente di assegnare i ri-

3 Sez. 6 - 2, Sentenza n. 5939 del 2014, non massimata, in motivazione. Per evi- dente errore, nell’epigrafe di tale decisione le conclusioni del Pubblico Ministero d’udienza risul- tano trascritte con le seguenti parole, di per sé non intellegibili: «E' presente il Procuratore Ge- nerale in persona del Dott. Rosario Giovanni Russo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso (P.M. non previsto in riferimento all'art. 70 u.c. c.p.c.)». Infatti, le conclusioni del Pubblico Ministero erano state invece così articolate:

«Il Pubblico Ministero chiede alla Suprema Corte in gradato subordine:

a) in via pregiudiziale statuisca la Suprema Corte se, allorché il decreto di fissazione dell’udienza pubblica davanti alla Sesta Sezione civile sia stato adottato in data non anteriore al 22 agosto 2013 (come è avvenuto nella fattispecie in esame), l’intervento in detta udienza del Pubblico Ministero di legittimità sia ancora necessario, anche a seguito degli art. 75 e 81 del D.L. n. 69 del 2013, conv. con L. n. 98 del 2013;

b) per il caso in cui la Suprema Corte decida nel senso della non necessarietà, il Pubblico Mi- nistero chiede alla Suprema Corte, previa delibazione della non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione, di sospendere il giudizio e di trasmettere gli atti alla Corte Costitu- zionale, affinché essa decida se l’art. 76 Ord. Giud., quale novellato dall’art. 81 del D.L. anzi- detto, sia conforme all’art. 3 della Costituzione; in particolare:

b1) quanto alla non manifesta infondatezza, si rivela del tutto irragionevole che l’intervento del Pubblico Ministero sia necessario nelle udienze pubbliche delle prime cinque Sezioni della Suprema Corte e sia invece non necessario nell’udienza pubblica tenuta dalla Sesta Sezione, giacché tutte le udienze pubbliche hanno la stessa funzione e la medesima disciplina; infatti, la Sesta Sezione (c.d. Sezione ‘Filtro’) può disporre la trattazione in pub- blica udienza di un ricorso per la carenza di quell’evidenza decisoria che altrimenti impor- rebbe (ai sensi degli artt. 376 e 380 bis c.p.c.) l’adozione del rito camerale, in cui soltanto in ragione di tale evidenza è escluso l’intervento necessario del Pubblico Ministero in forza della menzionata riforma; ma allora l’assegnazione del ricorso alla udienza pubblica ad o- pera della Sesta Sezione conclama di per sé che difetta l’unica specifica situazione che giustifica la non necessarietà dell’intervento del Pubblico Ministero nel rito camerale alla stregua della riforma stessa sicché, per un verso, l’udienza pubblica della Sesta Sezione si conferma funzionalmente e normativamente sovrapponibile a quella di ogni altra Sezione della Suprema Corte e, per altro verso, nessuna ragione giustifica che la necessarietà dell’intervento del Pubblico Ministero nell’udienza pubblica sia diversamente disciplinata a seconda della Sezione giudicante;

b2) quanto alla rilevanza, questo Pubblico Ministero è intervenuto all’udienza pubblica vo- lontariamente ex art. 70, 3° c.p.c. (secondo l’interpretazione della riforma accolta dal Presi- dente della Sesta Sezione con nota del 15.11.2013) ma, se risultasse incostituzionale la di- sposizione sospetta, il suo intervento sarebbe dovuto essere necessario, con tutte le perti- nenti conseguenze;

c) dichiari inamm. o rigetti il ricorso in esame» (enfasi tipografica nell’originale).

4 «I ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici dal primo presi- dente».

5 Ai sensi dell’art. 67 bis del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, introdotto dall’art. 47 cita- to, «A comporre la sezione prevista dall’art. 376, primo comma, del codice di procedura civile, sono chiamati, di regola, magistrati appartenenti a tutte le sezioni».

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corsi ad «apposita Sezione», tenuta a verificare se sussistano i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, primo comma, nu- mero 1 (inammissibilità dei ricorsi principali ed incidentali, anche per mancanza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c.) e numero 5 (evidenza decisoria, positiva o negativa) c.p.c.; non mancando di precisare che «Se la sezione non defini- sce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all'asse- gnazione alle sezioni semplici»6. In tal caso (esclusione ad opera della Sezione Filtro dell’inammissibilità nei predetti casi) ai sensi dell’art. 377 c.p.c. il primo presidente assegna il ricorso ad una sezione semplice (ovviamente diversa dal- la Sesta Sezione), il cui presidente fissa l’udienza e nomina il relatore. Qualora poi questi ritenga che ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375, primo comma, numero 2 (provvedimenti ex artt. 331 e 332 c.p.c., ovvero rinnovazione della notifica) e numero 3 (estinzione per causa diversa dalla rinuncia) c.p.c., egli in conformità all’art. 380 bis, 3° c.p.c. dovrà depositare una relazione per esplici- tare i motivi in base ai quali è possibile decidere (nuovamente) il ricorso in ca- mera di consiglio; ed allora si tornerà ad applicare il rito camerale davanti alla Sesta Sezione, secondo le generali modalità dettate dall’art. 380 bis, 2° c.p.c.

Infine, come se già non bastasse, il quarto comma dell’art. 380 bis c.p. prescri- ve che dovrà essere rimessa alla pubblica udienza (ovviamente davanti ad una delle altre Sezioni) la causa non definita in camera di consiglio dalla Sesta Se- zione, per accertata insussistenza delle ipotesi previste dall’art. 375, 1°, nn. 2 e 3 c.p.c. (ed ovviamente di qualunque altra ipotesi elencata dall’art. 375 c.p.c.).

Così articolata trama normativa dimostra, con indiscutibile evidenza, che il legislatore ha inteso regolamentare in modo estremamente rigoroso i «nomo- dotti»7, cioè i riti con cui la Sesta Sezione e le altre Sezioni devono operare;

riservando a queste ultime la trattazione con il rito dell’udienza pubblica, con espressa esclusione del rito camerale, e specularmente prescrivendo soltanto il rito camerale per la Sesta Sezione, proprio perché destinata a 'filtrare' i ricorsi degni di essere trattati in udienza pubblica. Non poteva essere più esplicita e vincolante la normativa anzidetta, e segnatamente l’art. 376, 1° comma, parte seconda, c.p.c. (v. retro sub nota n. 6): o la Sesta Sezione, al cui esame preli- minare devono essere sottoposti tutti i ricorsi (tranne quelli riservati alle Sezioni Unite), ne dichiara (perciò intercettandoli, cioè impedendo di farli pervenire all’udienza pubblica davanti alle altre Sezioni) con il rito camerale l’inammissibilità (in prima battuta ex artt. 375, 1°, nn. 1 e 5 c.p.c. ovvero, in se- conda battuta, ex artt. 375, 1°, nn. 2 e 3 e 380 bis, 3° c.p.c.), ovvero del ricorso dovrà occuparsi con il rito pubblico soltanto una Sezione Semplice; tertium non datur.

6 Art. 376, 1° c.p.c. novellato e vigente: «Il primo presidente, tranne quando ricorro- no le condizioni previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifi- ca se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5). Se la sezione non definisce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all'assegnazione alle sezioni semplici».

P. VITTORIA, Commento agli artt. 375-376-380 bis – 380 ter , in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di A. BRIGUGLIO e B. CAPPONI, Padova, 2009, pag. 235:

«Quante volte lo sbocco del procedimento in camera di consiglio non sia la chiusura del giudizio di cassazione, con una decisione di inammissibilità ovvero di accoglimento o rigetto per manife- sta infondatezza, esso terminerà con un’ordinanza che rimette il ricorso al primo presidente perché lo assegni ad una sezione».

A tale interpretazione aderisce, richiamandola puntualmente, A. GIUSTI, L’assegnazione del ricorso e lo svolgimento dell’udienza, in Il nuovo giudizio di cassazione, a cura di G. IANNIRUBERTO e U. MORCAVALLO, II Edizione, Milano, 2010, pag. 425.

7 L’espressione (basata sull’immaginifica assonanza con i 'viadotti' o i 'condotti'), creata da N. IRTI (in N. IRTI – E. SEVERINO, Dialogo su diritto e tecnica, Roma – Bari, p. 45), è qui adoperata in modo parzialmente diverso dal significato assegnatole dal suo ideatore.

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Questo «regolamento di riti» processuali è stato mantenuto e puntualmente convalidato dalla riforma del 2013. Ben vero, il previgente art. 768 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario) è stato innovato dall’art. 81 del D.L. n. 69 del 2013, convertito senza modificazioni sul punto dalla L. n. 98 del 2013, nel modo che segue:

«Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione.

1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:

a) in tutte le udienze penali;

b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile.

2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.».

Invece da tale disposizione la Suprema Corte ha arguito che la novella avrebbe consentito alla Sezione Filtro di decidere (anche) in pubblica udienza, facendo capo soltanto ad un pronome dimostrativo ('quelle') contenuto nel no- vellato art. 76, 1°, lett. b) O.G., in cui sarebbero confluite tutte le udienze (svolte con il rito camerale e con il rito pubblico) della Sesta Sezione.

Anche sul piano semantico, grammaticale e soprattutto logico-giuridico, sif- fatta opzione ermeneutica non può essere condivisa per le ragioni qui di se- guito cadenzate.

A) In apicibus: disciplinando un organo giudiziario (il Pubblico Ministero), il ricordato art. 76 O.G., come novellato dall’art. 81 del D.L. cit., è disposi- zione ordinamentale, come tale oggetto di riserva assoluta di legge (art.

108 Cost.). La necessaria trasposizione dell’art. 76 O.G. a livello proces- suale è avvenuta mediante la modifica, ad opera dell’art. dell’art. 75 D.L.

cit., degli artt. 70 e 380 bis c.p.c.; nelle quali disposizioni non v’è traccia della asserita facoltà della Sesta Sezione di decidere con il rito pubblico (senza l’intervento necessario del Pubblico Ministero).

B) Indubbiamente nel novellare l’art. 76 O.G. il legislatore del 2013 volle escludere l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero nei giudizi trat- tati con il rito camerale dalla Sesta Sezione, come si desume chiaramen- te dai lavori preparatori; in cui non è dato riscontrare neppure un minimo accenno alla ulteriore (e ben diversa) voluntas di consentire alla Sesta Sezione di decidere con il rito pubblico (senza l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero), perciò così innovando sul precedente e consoli- dato regime (come sopra descritto)9.

8 «Articolo 76

Attribuzioni del pubblico ministero presso la corte suprema di Cassazione.

Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude in tutte le udien- ze civili e penali e redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.»

9 Nella relazione al disegno di legge n. 1248 da cui è scaturita la legge di conver- sione n. 98 del 2013, è dato leggere, a proposito dell’articolo 75 (Intervento del pubblico mini- stero nei giudizi civili dinanzi alla Corte di cassazione): «L'articolo modifica gli articoli 70, 380- bis e 390, primo comma, del codice di procedura civile. L'intervento è il frutto di una rimedita- zione del ruolo che la Procura generale presso la Corte di cassazione svolge nel settore civile, consentendo un «impiego maggiormente selettivo dei magistrati della Procura generale nelle udienze civili», secondo un'esigenza espressa anche dal Vice Presidente del Consiglio superio- re della magistratura nel corso del suo intervento in occasione dell'inaugurazione dell'anno giu- diziario, il 26 gennaio 2012. Pertanto, le norme in esame sono dirette ad eliminare l'attuale ob- bligo generalizzato di intervento, conservandolo solo per le udienze pubbliche trattate dalle se- zioni semplici e per tutte le udienze (anche quelle camerali) delle Sezioni unite»; e a proposito dell’Articolo 81 (Modifiche al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12). «Il capo contiene una sola disposizione che modifica l'articolo 76 dell'ordinamento giudiziario (regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12). La norma va introdotta per esigenze di coerenza con le modifiche apportate agli articoli 70, 380-bis e 390, primo comma, del codice di procedura civile e, cioè, per prescrivere

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C) il predetto intento (esplicitato poi nella riforma dell’art. 380 bis, 2° c.p.c.) di escludere l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero soltanto nei giudizi trattati con il rito camerale è chiaramente espresso in forma indi- retta nella prima parte dell’art. 1, lett. b) della citata disposizione, alla cui stregua il Pubblico Ministero deve intervenire soltanto «in tutte le udien- ze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni Semplici della Corte di cassazione»; dove non lascia adito a dubbi di sorta il riferimento alle «udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione», giacché al momento della riforma udienze pubbliche erano per esplicito dettato legislativo soltanto quelle svolte davanti alle sezioni semplici, con esclusione della Sesta Sezione.

D) Dopo avere statuito in forma assertiva in quale udienze sia necessario l’intervento del Pubblico Ministero, il legislatore ha voluto ulteriormente dettare specificamente l’esclusione dell’intervento obbligatorio nel senso anzidetto e realmente voluto (esclusione dell’intervento del Pubblico Mi- nistero soltanto nel rito camerale, di competenza esclusiva della Sesta Sezione). E poiché aveva parlato nella prima parte della disposizione di 'udienze', gli è sembrato agevole richiamarle con il pronome dimostrati- vo 'quelle' per statuire che l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministe- ro restava escluso per 'quelle' udienze che si svolgono con il rito camera- le davanti alla sesta Sezione.

E) In altri termini il pronome dimostrativo 'quelle' non fa le vece – non può fare le veci - delle «udienze pubbliche» tout court, cioè di ogni udienza pubblica (così attribuendo obliquamente anche alla della Sesta Sezione un potere che fino a quel momento le era interdetto), giacché nel periodo precedente («in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle u- dienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione») tali udienze non potevano essere (e non erano) le udienze della Sesta Sezione, ma (come fanno grammaticalmente tutti i pronomi dimostrativi) sostituisce (lat. demonstrat) soltanto il sostantivo 'udienze' («quelle u- dienze»), e precisamente quelle udienze camerali che si svolgono da- vanti «alla sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile».

F) Ed è proprio tale puntuale ed inequivoco riferimento normativo a chiude- re il cerchio delle deduzioni, facendo finalmente emergere e risaltare il vero ed unico intento precettivo del legislatore dal laborioso ed umbratile tessuto espressivo (lucem demonstrat umbra). Infatti se il legislatore ha inteso operare chirurgicamente soltanto sull’«articolo 376, primo com- ma, primo periodo del codice di procedura civile», segno è che ha e- spressamente inteso lasciare intatto l’«articolo 376, primo comma, se- condo periodo del codice di procedura civile»: la disposizione cioè che impone (v. retro sub nota 6) al primo presidente di fare decidere alle Se- zioni semplici (diverse dalla Sesta Sezione) con il rito pubblico il ricorso ogni qual volta esso passi indenne al vaglio camerale della Sesta Sezio- ne, così precludendo alla Sezione Sesta di decidere con il rito pubblico10.

l'intervento e le conclusioni del Procuratore generale in tutte le udienze (pubbliche e camerali) dinanzi alle Sezioni unite civili e solo nelle udienze pubbliche celebrate davanti alle sezioni semplici». Resta così confermata non solo la volontà di escludere soltanto l’intervento del Pub- blico Ministero del rito camerale, ma anche la corrispondenza biunivoca tra la modifica dell’art.

76 O.G. e la modifica dell’art. 380 bis c.p.c.

10 L’obiezione qui formulata è stata colta anche da P. PIRRUCCIO, loc. cit. pag. 31; il quale tuttavia, «prendendo atto del ruolo marginale svolto dal pubblico ministero in sede civile», conclude così il suo commento alla menzionata sentenza n. 1089 del 2014: «Insomma, come si suol dire, bisogna fare di necessità virtù». Sennonché il 'ruolo' assegnato dall’ordinamento al Pubblico Ministero è ben altro: le nullità derivanti dai vizi relativi all’intervento del Pubblico Mini-

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G) Resta così definitivamente confermato che, lungi dall’estendere alla Se- sta Sezione la possibilità di decidere con il rito pubblico, il pronome di- mostrativo 'quelle' indica (demonstrat) non le udienze pubbliche tout court, ma soltanto le udienze camerali che in forza dell’assegnazione del primo presidente la Sesta Sezione è tenuta a svolgere per filtrare i ri- corsi: cioè 'quelle' ≠ udienze pubbliche, proprio perché 'quelle' = udienze camerali.

H) D’altra parte, si rivela contorta ed inaccettabile l’opzione interpretativa sposata dalla Suprema Corte, nella parte in cui ritiene che, per un verso, il novellato art. 76 O.G. esclude l’intervento obbligatorio del Pubblico Mi- nistero di legittimità nel rito camerale della Sesta sezione (il che è certo ed inoppugnabile, siccome confortato dalla contestuale modifica dell’art.

380 bis, 2° c.p.c.) e, per altro coevo verso, tale disposizione consentireb- be alla Sesta Sezione di giudicare in ogni caso con il rito pubblico; come dire che, nella prima direzione, la disposizione si applicherebbe soltanto alle udienze camerali (‘quelle’ = udienze camerali) e, nella seconda di- rezione, contestualmente smentirebbe la prima (‘quelle’ ≠ udienze came- rali), per consentire alla sesta sezione di giudicare con il rito pubblico (sicché ‘quelle’ udienze, pure richiamate dalla disposizione per escludere l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero di legittimità nel rito ca- merale, sarebbero, o meglio diventerebbero, ad un tempo camerali e pubbliche).

I) Infine, abbandonando le alchimie linguistiche ed accedendo finalmente alla ratio interna della novella, potrebbe avere 11 un senso che, ogni qual volta la Sesta Sezione ritenga di dovere definire un ricorso ai sensi dell’art. 375 c.p.c. con il rito camerale, si ritenga non obbligatorio l’intervento del Pubblico Ministero, perché per tal via resterebbe certifi- cata, ancorché a posteriori, l’insussistenza della rilevanza del pubblico interesse che proprio il Pubblico Ministero è tenuto per l’appunto a rap- presentare. Ma se la Sezione Filtro (per altro in contrasto con l’assegnazione del primo presidente ai sensi dell’art. 376, 1° c.p.c.) riten- ga invece di giudicare il ricorso con il rito pubblico, è ovvio che a tanto essa (siccome Sezione Filtro) potrebbe indursi perché ha implicitamente o esplicitamente delibato di non potere decidere ai sensi dell’art. 375 c.p.c.; ma allora viene meno l’unica razionale giustificazione dell’esclusione dell’intervento del Pubblico Ministero, la cui obbligatorietà in sede d’udienza pubblica resta invece ribadita dalla stessa riforma del 2013.

In conclusione, non solo i lavori preparatori ma anche la dizione letterale e perfino la ratio della novella smentiscono categoricamente l’interpretazione a- dottata dalla Suprema Corte con le sentenze nn. 6152 del 17/03/2014 e n.

1089 del 20/01/2014 (v. retro sub par. 1,a e nota n. 2), dacché – in estrema sin- tesi - il novellato art. 76 O.G. ha per oggetto soltanto le udienze camerali disci- plinate dall’«articolo 376, primo comma, primo periodo del codice di procedura civile», senza minimamente impingere sull’articolo 376, primo comma, secondo periodo del codice di procedura civile. Perciò non v’è ragione per ammettere (e sulla base soltanto di una errata decodifica del pronome ‘quelle’) sia che la Se- sta Sezione (impegnata a selezionare i ricorsi soltanto con il rito camerale, a seguito dello specifico provvedimento emesso dal primo presidente ai sensi

stero sono insanabili e devono essere rilevati d’ufficio dal giudice (art. 158 c.p.c.); inoltre, se tali vizi non sono colti durante la pendenza del processo, perciò definito con sentenza passata in giudicato, il Pubblico Ministero li può fare valere con il rimedio straordinario dettato dall’art. 397 c.p.c. allorché, sebbene il suo intervento fosse obbligatorio, egli non sia stato sentito.

11 Il condizionale è d’obbligo per le ragioni più diffusamente esposte in altra sede da R. RUSSO, loc. cit.

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dell’art. 376, 1° comma, parte prima), possa invece decidere ad libitum anche con il rito pubblico, sia ch’essa possa farlo (a differenza delle altre sezioni sem- plici: v. infra n. 4) senza l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero di legit- timità (il cui difetto comporta nullità assoluta ex art. 158 c.p.c. e consente il ri- medio straordinario dettato dall’art. 397 c.p.c.: retro v. sub nota n. 10).

3. SESTA SEZIONE (C.D. SEZIONE FILTRO) E DISCIPLINA INTERTEMPO- RALE

Con le due ricordate decisioni, la Suprema Corte ha ritenuto che la Sezione Filtro sia abilitata a decidere con il rito pubblico (senza l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero), facendo capo inoltre alla disposizione intertemporale dettata dall’art. 75, 2° del D.L. n. 69 del 201312, conv. con modificazioni con L.

n. 98 del 201313. L’argomento è talmente labile da rendere necessaria la sua illustrazione, che è stata così articolata: «Ciò che preme però rilevare è che anche la disposizione di diritto transitorio conferma la tesi che la sesta sezione possa tenere udienze pubbliche. Infatti, essa menziona non solo il decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ma anche quello di fissazione dell’udienza, evidentemente pubblica. Ed è chiaro che questa disposizione non può che riferirsi alle udienze (pubbliche) che si tengono dinanzi alla sesta se- zione, atteso che nulla è cambiato per le udienze pubbliche che si svolgono di- nanzi alle altre sezioni semplici poiché, oggi come ieri, il pubblico ministero con- tinua a dover ivi intervenire» 14.

A questa stregua, dunque l’allegato sorite sembra svilupparsi nei seguenti passaggi logici: a) nel fissare il momento in cui la riforma del 2013 diventa ap- plicabile ratione temporis, l’ultima versione dell’art. 75, 2° cit. (v. retro nota n.

13) menziona sia il decreto di fissazione dell’udienza pubblica, sia il decreto che dispone l’adunanza in camera di consiglio; b) la riforma non riguarda minima- mente l’udienza pubblica davanti alle Sezioni semplici, diverse dalla Sesta Se- zione; c) ergo: resta confermato che il novellato art. 76 O.G. va letto nel senso che esso consente alla Sesta Sezione di giudicare con il rito pubblico, senza l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero (v. retro sub par. 2), perché non si spiega altrimenti il riferimento al decreto di fissazione dell’udienza pubblica.

Anche questa argomentazione aggiuntiva non sembra condivisibile, per le seguenti considerazioni.

A. A stretto rigore la disposizione di diritto intertemporale dettata dall’art.

75, 2° del D.L. cit. non ha per oggetto il novellato art. 76 O.G., sic- ché in radice non può influire minimamente sulla sua interpretazione.

Ben vero:

a. l’art. 75, 2° del D.L., come sostituito dalla legge di conversione (v. retro sub nota n. 13 e appendice), si occupa soltanto delle modifiche operate dal suo primo comma (artt. 70, 2°, 380 bis, 2° e 390, 1° c.p.c.), e stabilisce che esse «si applicano ai giu- dizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fis- sazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», e cioè

12 «2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla cor- te di cassazione instaurati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.»

13 «2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

14 In questi termini P. PIRRUCCIO, loc. cit., pag. 30.

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«a partire» dal giorno 22 agosto 2013, essendo entrata in vi- gore la legge di conversione il 21 agosto 2013;

b. invece la modifica dell’art. 76 O.G. ad opera dell’art. 81 del D.L. cit. era operativa (ed è rimasta operativa) dal 22 giugno 2013, cioè dal giorno successivo alla pubblicazione del D.L.

stesso sulla G.U. in data 21 giugno 2013 (v. art. 86 del D.L.), restando esclusa ab imis dall’ambito di applicazione della predetta disposizione di diritto intertemporale;

c. dunque, se le commentate decisioni della Suprema Corte fan- no capo non alla modifica dell’art. 380 bis c.p.c. (questa sì og- getto della disposizione transitoria), ma soltanto al novellato art. 76 O.G., non vale invocare a loro sostegno la menzionata disposizione transitoria, in quanto non applicabile all’art. 76 O.G. stesso

B. Mentre l’art. 75, 2° prevedeva originariamente, cioè in seno al D.L., l’operatività delle modifiche operate dal suo primo comma (artt. 70, 2°, 380 bis, 2° e 390, 1° c.p.c.) con riferimento soltanto ai giudizi per cassazione instaurati dal 30° giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione (retro sub nota n. 12), in sede di conver- sione, fugato il timore della mancata conversione, fu stabilito invece che dette modifiche si dovessero applicare anche ai ricorsi già pen- denti davanti alla Suprema Corte e fu disposto perciò che il momento determinante a quest’effetto fosse il decreto di fissazione dell’udienza (camerale o pubblica), se emesso in epoca non anteriore al 22 ago- sto 2013 (v. retro sub nota n. 13 e appendice). Ma, riferendosi e- sclusivamente alle modifiche anzidette, tale disposizione transitoria non è in grado di mutare, ed anzi conferma, il generale quadro nor- mativo di riferimento (art. 376, 1° c.p.c.); per cui anche dopo la pre- detta data:

a. il primo presidente continuerà ad assegnare (fissando la rela- tiva udienza pubblica) alle sezioni unite i ricorsi ad esse riser- vati e che saranno trattati con il rito pubblico; e tanto basta a spiegare il riferimento alla fissazione dell’udienza pubblica contenuto nella norma transitoria;

b. il primo presidente continuerà ad assegnare alla Sezione Fil- tro tutti gli altri ricorsi, che saranno decisi soltanto con il rito camerale, senza l’intervento del Pubblico Ministero (come previsto dall’art. 380 bis secondo comma, cui si riferisce infatti espressamente la norma transitoria); e soltanto se la Sezione Filtro escluderà la sussistenza di una delle ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., il ricorso sarà deciso da una Sezione Sem- plice con il rito pubblico (v. retro sub par. n. 2);

c. non v’è modo dunque di desumere dalla disciplina transitoria la facoltà di consentire alla Sesta sezione la trattazione con il rito pubblico (e senza l’intervento obbligatorio del Pubblico Mi- nistero), in deroga all’art. 376, 1° c.p.c. ed in contrasto con il mirato provvedimento di assegnazione del primo presidente (retro sub nota n. 6).

4. SESTA SEZIONE (C.D. SEZIONE FILTRO) E RAGIONEVOLEZZA COSTI- TUZIONALE

Da parte lasciando le obiezioni fin qui esposte, in sé e per sé nulla quaestio se la Sesta Sezione giudichi con il rito pubblico un singolo ricorso che invece dovrebbe essere trattato con il rito camerale, dacché in linea ge-

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nerale il rito pubblico non offre garanzie minori di quello camerale. Ma a questo punto il confronto va operato non con il rito camerale, sibbene con quello pubblico gestito dalle altre cinque Sezioni.

Infatti, ammesso per comodità dialettica (e non concesso) che l’interpretazione della Suprema Corte sia giuridicamente condivisibile, resta da spiegare perché, mentre la Sesta Sezione può – e deve - decidere (an- che) in pubblica udienza senza l’intervento obbligatorio del Pubblico Mini- stero di legittimità, invece alla stregua dell’orientamento espresso dalla stessa Sesta Sezione le altre cinque sezioni debbano decidere in pubblica udienza, ma con il predetto intervento obbligato. Ed il quesito potrebbe anche pericolosamente ribaltarsi; nel senso che, se si ammetta che nel rito pubblico di una Sezione (la Sesta) l’intervento del Pubblico Ministero è me- ramente facoltativo, non sembra sussistere ragione alcuna per imporre tale intervento nel giudizio pubblico delle altre Sezioni; dal che conseguirebbe che, per necessaria coerenza sistematica, l’intervento del Pubblico Mini- stero, escluso nel rito camerale, potrebbe diventare sempre e soltanto fa- coltativo in ogni udienza pubblica, ancorché a dispetto del novellato 76 O.G. (retro sub par. n. 2, C).

Sennonché il sospetto di ledere il principio costituzionale di ragionevo- lezza sembra:

A. non manifestamente infondato, giacché:

a. il rito dell’udienza pubblica è disciplinato in modo uniforme, qua- lunque sia la Sezione della Suprema Corte davanti alla quale es- so si svolga, per cui non è dato rinvenire alcuna ragione per cui al- la Sesta Sezione sia consentito quel che è precluso alle altre;

b. già si è segnalato (v. retro sub par. n. 2.I) che, nel sistema nor- mativo quale sopra ricostruito, si procede con il rito pubblico, che include l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, soltanto se la Sezione Filtro abbia escluso in sede camerale la possibilità di decidere ai sensi dell’art. 375 c.p.c. il ricorso; dunque o la deci- sione della Sezione Filtro è del tutto arbitraria (nel senso che essa può decidere ad libitum se trattare il ricorso con il rito pubblico o con il rito camerale, in spregio all’art. 376, 1° c.p.c. ed al provve- dimento del primo presidente), ovvero essa decide in pubblica u- dienza avendo appurato che non è possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.; ma allora, in questa seconda alternativa, viene a mancare qualunque giustificazione del mancato interven- to obbligatorio del Pubblico Ministero (come prescritto per tutte le altre Sezioni)

B. rilevante, atteso che:

a. intervenendo facoltativamente in udienza pubblica davanti alla Sesta sezione, il Pubblico Ministero può sollevare tale questione di legittimità costituzionale per denunciare l’irragionevolezza dell’esclusione del suo intervento obbligatorio; ebbene in tal caso, è evidente che «egli ha preso parte all’udienza, rassegnando le proprie conclusioni nel corso della pubblica udienza di discussio- ne» (come deciso dalla citata sent. n. 5939 / 2014: v. retro sub par. 1,lett. b), ma resta ancora in predicato (ed è per l’appunto og- getto della questione di legittimità costituzionale) se il suo inter- vento doveva essere obbligatorio anziché facoltativo, sicché il suo intervento facoltativo non esclude affatto la rilevanza della pro- spettata questione di legittimità costituzionale, essendo invece il tramite necessario per sollevare tale questione;

b. intervenendo obbligatoriamente in udienza pubblica davanti ad una Sezione civile diversa dalla Sesta, il Pubblico Ministero po-

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trebbe sollevare la medesima questione sotto il profilo che, difet- tando qualunque ragione idonea a giustificare perché alla Sesta Sezione sia consentito quel che è precluso alle altre Sezioni, an- che il suo intervento doveva essere facoltativo, anziché obbligato- rio.

In definitiva non sembra costituzionalmente ammissibile che l’assegnazione alla Sesta Sezione, allorché essa decida con rito pubblico (il che è per quanto detto positivamente escluso), comporti di per sé l’esclusione dell’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero; del che an- che le parti potrebbero a ragione dolersi15.

E d’altronde, se il primo presidente deve assegnare ex art. 376, 1°

c.p.c. tutti i ricorsi (ad eccezione di quelli riservati alle Sezioni Unite) alla Sezione Filtro, e se essa decidesse (per mera ipotesi dialettica) di deciderli tutti con il rito pubblico, l’intervento del Pubblico Ministero sarebbe destinato a diventerebbe generalmente facoltativo (con la sola esclusione dei ricorsi assegnati alle Sezioni Unite), svuotando in concreto di significato precettivo il novellato art. 76 O.G.

Una ragione in più, dunque, perché la stessa Sezione Filtro (ovvero altra Sezione) riesamini la riferita opzione ermeneutica, ovvero sollevi d’ufficio la menzionata questione di legittimità costituzionale.

5. IL QUIA

«Non esistono fatti, ma solo interpretazioni» (Nietzsche): il che vale mas- simamente per le norme giuridiche e la loro l’interpretazione.

Ma dietro i fatti e le norme, e soprattutto dietro le loro interpretazioni (compresa quella fin qui tentata), quasi sempre si nascondono – e vanno s-velate per essere ri-velate – urgenze, esigenze e necessità, cioè rationes.

Per cercare di comprendere le rationes che hanno spinto la Suprema Corte ad adottare l’interpretazione fin qui criticata, occorre innanzi tutto ren- dersi conto – e dare doverosamente atto - dell’immane sforzo da essa me- ritoriamente profuso per arginare, sotto la spada di Damocle della c.d. Leg- ge Pinto, lo straordinario afflusso annuale di ricorsi (circa 30.000) e per de- finire l’enorme pregressa pendenza (circa 90.000 ricorsi).

In questa situazione, che non trova uguali nel panorama internazionale, nell’ultimo decennio il domestico legislatore ha cercato - si direbbe in tutti i modi (purtroppo, tanto cartacei quanto inefficaci) – di apportare modifiche legislative in grado di fluidificare il lavoro – tanto immane quanto fondamen- tale – della Suprema Corte. In particolare, prima per effetto di una riforma introdotta in via meramente organizzativa dalla stessa Corte16, poi a partire dal 2006 con apposita riforma normativa e infine con la novella del 2009, è sembrato che la panacea dei mali che affliggono l’organo supremo della nomofilachia potesse essere individuata - sull’esempio francese e secondo il paradigma già sperimentato nel settore penale dalla Corte, utilizzato sol- tanto in parte (giacché il rito camerale penale è esclusivamente cartolare:

artt 610 e 611 c.p.p.) – dalla c.d. Sezione Filtro.

Da ultimo, infine, con la riforma del 2013, si è inteso escludere l’intervento del Pubblico Ministero nel rito camerale ed in altra sede ci si è dato carico di approfondire sia le reali rationes di tale ultimo intervento normativo, sia le perplessità cui esso dà spunto17.

15 E difatti si registra qualche caso in cui taluna delle parti ha chiesto alla Procura generale presso la Suprema Corte di intervenire facoltativamente.

16 Decreto del Primo Presidente del 9.5.2005, in Foro. It., 2005, I, 2323 ss.

17 R. RUSSO, op. cit.

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Poiché «L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile: prima ti fa l'e- same, poi ti spiega la lezione» (Oscar Wilde), ad un certo punto la Suprema Corte, dopo avere ‘investito’ molto impegno (ed altrettanta lodevole fatica) nel rito camerale, ha dovuto riconoscerne i limiti teorici ed operativi; che possono così sintetizzarsi:

A. certamente del tutto processualmente inappropriato e farraginoso si rivela il convulso avvicendarsi (una vera e propria ‘navetta’) tra rito camerale (davanti alla Sesta Sezione) e rito pubblico (davanti alle al- tre Sezioni), come articolato dagli artt. 376, 1° e 380 bis, 3° c.p.c. in rapporto addirittura alle singole fattispecie delineate dall’art. 375 c.p.c. (v. retro sub par. 2);

B. il rito camerale non solo comporta incombenze processuali ben più gravose del rito pubblico, che al confronto si rivela insuperabile dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza processuale18, ma poi i- nevitabilmente raddoppia le ragioni del contendere, sommando a quelle proprie del ricorso le altre innescate dalla relazione notificata ai sensi dell’art. 380 bis, 2° c.p.c.;

C. infine, è condivisibile il rilievo secondo cui «... la remissione degli at- ti al Primo presidente per l’assegnazione alle sezioni semplici com- porta, qualora la controversia non presenti questioni particolarmente complesse, un duplice dispendio di energie processuali poiché il se- condo relatore dovrà studiare ex novo il ricorso, mentre se il relatore della sesta sezione venisse riconfermato nel procedimento dinanzi alla sezione ordinaria, il tutto si risolverebbe in un inutile passaggio di carte con evidente perdita di tempo» 19;

D. in altri termini, volta che il consigliere incaricato della relazione ai sensi dell’art. 380 bis, 2° c.p.c. abbia studiato il ricorso (sia princi- pale, sia eventualmente incidentale), gli sembrerà uno spreco (limi- tarsi a restituire gli atti al primo presidente e) non redigere comun- que la («proposta di» o la «bozza di») decisione, ancorché non abbia rilevato alcuna delle fattispecie elencate dall’art. 375 c.p.c., sicché a quel punto appare più comoda (per quanto sopra specificato sub lett. B) l’opzione per il rito pubblico;

E. nel che è facile rilevare il 'peccato originale', cioè il difetto strutturale, del congegno del 'Filtro' stesso, attesa l’«insuperabile contraddizione tra lo svolgere attività di nomofilachia e, allo stesso tempo, dover

‘ripulire’ i ruoli dalla gran massa di ricorsi più o meno seriali, irrile- vanti, inammissibili o francamente infondati»20.

Si comprende allora sul piano pragmatico perché la Sesta Sezione, ripu- diando il rito camerale pur impostole dall’ordinamento, invece 'preferisca' adot- tare il rito pubblico, 'importando' in esso l’esenzione dall’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, e così sommando i 'benefici' dell’udienza pubblica a quelli indotti dalla riforma del 2013.

Dunque, il ragionato e approfondito esame della vicenda consente di e- strarne infine il nucleo fondamentale; che va individuato all’incrocio (o nello scontro) tra le esigenze pragmatiche d’immediata efficienza procedimentale (quelle che hanno indotto la Sesta Sezione della Suprema Corte ad adottare l’interpretazione sopra negativamente valutata), da un parte, e la necessità di

18 Al riguardo sia consentito rinviare a R. RUSSO, Cassazione con filtro e senza filtro, priorità decisionale e maxiudienze pubbliche civili, in Giust. Civile, 2013, fasc. 11-12, pag. 742 ss.

19 P. PIRRUCCIO, loc. cit. pag. 30.

20 Come magistralmente rilevato dal cons. A. Manna in una relazione svolta nell’aula magna della Suprema Corte il 12 aprile 2012.

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non decampare dalla rigorosa applicazione del diritto (v. retro sub par. nn. 2 e 3) e dal rispetto del principio di ragionevolezza costituzionale (v. retro sub par.

n. 4.), dall’altra.

Pur tra mille titubanze, chi scrive resta ancora convinto che accedere ad una inedita versione di esasperato «realismo giudiziario» sia tanto azzardato quanto strategicamente perdente, soprattutto perché, anche a prescindere dal segnalato 'strappo' ermeneutico, allontana (pur con le migliori intenzioni) la cor- retta ed urgente soluzione istituzionale del 'dramma' fin qui vissuto dalla Su- prema Corte e con essa dall’ordinamento giuridico tutto.

(13)

D.L. n. 69 del 2013 conv. con l. n. 98 del 2013

APPENDICE A

VECCHIO TESTO C.P.C.

Articolo 70

Intervento in causa del pubblico ministero Il pubblico ministero deve intervenire a pe- na di nullità rilevabile d’ufficio:

1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;

2) nelle cause matrimoniali, comprese quel- le di separazione personale dei coniugi;

3) nelle cause riguardanti lo stato e la ca- pacità delle persone;

4) abrogato

5) negli altri casi previsti dalla legge.

Deve intervenire in ogni causa davanti alla Corte di cassazione.

Può infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.

Articolo 380-bis

Procedimento per la decisione sull’inammissibilità del ricorso e per la deci- sione in camera di consiglio

Il relatore della sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, se appa- re possibile definire il giudizio ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia.

Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico mini- stero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo conclusioni scritte, e i secondi memorie, non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.

Se il ricorso non è dichiarato inammissibile, il relatore nominato ai sensi dell’articolo 377, primo comma, ultimo periodo, quando appaiono ricorrere le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 2) e 3), deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dei motivi in ba- se ai quali ritiene che il ricorso possa esse- re deciso in camera di consiglio e si applica il secondo comma.

NUOVO TESTO C.P.C.

Articolo 70*

Intervento in causa del pubblico ministero Il pubblico ministero deve intervenire a pe- na di nullità rilevabile d’ufficio:

1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;

2) nelle cause matrimoniali, comprese quel- le di separazione personale dei coniugi;

3) nelle cause riguardanti lo stato e la ca- pacità delle persone;

4) abrogato

5) negli altri casi previsti dalla legge.

Deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dal- la legge.

Può infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.

Articolo 380-bis*

Procedimento per la decisione sull’inammissibilità del ricorso e per la deci- sione in camera di consiglio

Il relatore della sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, se appa- re possibile definire il giudizio ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia.

Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il de- creto e la relazione sono notificati agli avvocati delle parti i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima,e di chiedere di essere sen- titi, se compaiono.

Se il ricorso non è dichiarato inammissibile, il relatore nominato ai sensi dell’articolo 377, primo comma, ultimo periodo, quando appaiono ricorrere le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 2) e 3), deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dei motivi in ba- se ai quali ritiene che il ricorso possa esse- re deciso in camera di consiglio e si applica il secondo comma.

Se ritiene che non ricorrono le ipotesi previ- ste dall’articolo 375, primo comma, numeri 2) e 3), la Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.

(14)

D.L. n. 69 del 2013 conv. con l. n. 98 del 2013

APPENDICE B

VECCHIO TESTO C.P.C.

Articolo 390 Rinuncia

La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all’udienza, o sia notificata la ri- chiesta del pubblico ministero di cui all’articolo 375.

La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato specia- le a tale effetto.

L’atto di rinuncia è notificato alle parti costi- tuite o comunicato agli avvocati delle stes- se, che vi appongono il visto.

VECCHIO TESTO O.G.

Articolo 76

Attribuzioni del pubblico ministero presso la corte suprema di Cassazione.

Il pubblico ministero presso la Corte di cas- sazione interviene e conclude in tutte le u- dienze civili e penali e redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.

NUOVO TESTO C.P.C.

Articolo 390*

Rinuncia

La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all’udienza, o siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministe- ro nei casi di cui all’articolo 380-ter.

La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato specia- le a tale effetto.

L’atto di rinuncia è notificato alle parti costi- tuite o comunicato agli avvocati delle stes- se, che vi appongono il visto.

NUOVO TESTO O.G.

Art. 76**

Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione).

1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:

a) in tutte le udienze penali;

b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche di- nanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo pe- riodo, del codice di procedura civile.

2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.

* Si applicano ratione temporis ai giudizi dinanzi al- la Corte di cassazione nei quali il decreto di fissa- zione dell’udienza o dell’adunanza in camera di con- siglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», e cioè «a partire» dal giorno 22 agosto 2013, essendo entrata in vigore la legge di conversione il 21 agosto 2013 (ai sensi dell’art.

75, 2° D.L. cit., come sostituito in sede di conversio- ne).

**Applicabile ratione temporis dal 22 giugno 2013.

(15)

D.L. n. 69 del 2013 conv. con l. n. 98 del 2013

APPENDICE C

D.L. n. 69 del 2013

Art. 75 (Intervento del pubblico ministero nei giudizi civili dinanzi alla corte di cassa- zione)

1. Al codice di procedura civile sono appor- tate le seguenti modificazioni:

a) all' articolo 70, il secondo comma è sosti- tuito dal seguente: ""Deve intervenire nelle cause davanti alla corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge."";

b) all' articolo 380-bis, secondo comma, il secondo periodo è sostituito dal seguente:

""Almeno venti giorni prima della data stabi- lita per l'adunanza, il decreto e la relazione sono notificati agli avvocati delle parti i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima, e di chiedere di essere sentiti, se compaiono."";

c) all' articolo 390, primo comma, le parole

""o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all'articolo 375"" sono sosti- tuite dalle seguenti: ""o siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero nei casi di cui all' articolo 380-ter" ".

2. Le disposizioni di cui al presente arti- colo si applicano ai giudizi dinanzi alla corte di cassazione instaurati a decorre- re dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 81 (Modifiche ai regio decreto 30 gen- naio 1941, n. 12)

1. L' articolo 76 del regio decreto 30 genna- io 1941, n. 12, è sostituito dal seguente: ""

Art. 76 (Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione).

1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:

a) in tutte le udienze penali;

b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni u- nite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassa- zione, ad eccezione di quelle che si svolgo- no dinanzi alla sezione di cui all' articolo 376, primo comma, primo periodo, del codi- ce di procedura civile.

2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.

L. n. 98 del 2013 di conversione Art. 75 Intervento del pubblico ministero nei giudizi civili dinanzi alla corte di cassazione 1. Al codice di procedura civile sono appor- tate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 70, il secondo comma è sosti- tuito dal seguente: "Deve intervenire nelle cause davanti alla corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge.";

b) all'articolo 380-bis, secondo comma, il secondo periodo è sostituito dal seguente:

"Almeno venti giorni prima della data stabili- ta per l'adunanza, il decreto e la relazione sono notificati agli avvocati delle parti i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima, e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.";

c) all'articolo 390, primo comma, le parole

"o sia notificata la richiesta del pubblico mi- nistero di cui all'articolo 375" sono sostituite dalle seguenti: "o siano notificate le conclu- sioni scritte del pubblico ministero nei casi di cui all'articolo 380-ter".

2. ((Le disposizioni di cui al presente ar- ticolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunan- za in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conver- sione del presente decreto.))

Art. 81 Modifiche al regio decreto 30 gen- naio 1941, n. 12

1. L'articolo 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente:

"Art. 76 (((Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione).)) - 1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:

a) in tutte le udienze penali;

b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni u- nite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassa- zione, ad eccezione di quelle che si svol- gono dinanzi alla sezione di cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codi- ce di procedura civile.

2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.".

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