N. R.G. 774/2016
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE Sommari Cognizione
Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Monica Pacilio, nel procedimento ex art. 702 bis e ss. c.p.c. promosso da XXXXXXXXX con l’avv. POLELLI MATTEO per l’impugnazione del provvedimento pronunciato il 05.03.2016 dalla COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI GORIZIA;
sciogliendo al riserva assunta all’udienza del 21.09.2016 ha pronunciato la seguente
><1
r',rp io
ORDINANZA
1. Il ricorrente è accusato nel proprio paese, la Federazione Russa, del reato di “abuso di potere”, previsto dagli artt. 33 parte 4 e 201 parte 2 del codice penale russo, per il quale il
Tribunale di Oktyabrkiy ha emesso in data 17.5.2013 un mandato di cattura.
Egli, all’epoca dei fatti presidente del consiglio dei direttori della società XXXXXX”, in concorso con tale XXXXXXX., direttore generale e presidente del consiglio di amministrazione della società XXXXXXX, avrebbe istigato XXXXXXXXX., direttore generale della società XXXXXXXXX, a sottoscrivere un verbale di messa in esercizio di un sistema integrato per l’automazione della gestione centralizzata, con conferma della sua funzionalità, nonostante i lavori non fossero terminati, al fine di conseguire profitto e vantaggi per i responsabili della società fornitrice, XXXXXXXXXXXXX.
In data 15.9.2015, quando già era in corso in Italia procedimento per ottenere in via diplomatica l’estradizione in Russia, ha richiesto la protezione internazionale, allegando a sostengo della sua domanda che le accuse nei suoi confronti e la richiesta di estradizione sono strumentali e volti unicamente ad ottenere il suo rientro in patria per convincerlo a testimoniare, con minacce rivolte a sé e alla famiglia, contro XXXXXXXX, senatore e presidente del
M A P ro tC S M n
proverrebbero da un potente personaggio, XXXXXXXXXXXXXX, che, resosi acquirente delle società XXXXXXXXXXXXXXXXX, avrebbe preteso una riduzione del prezzo già convenuto per controbilanciare perdite economiche dovute ad una crisi del mercato dell’energia elettrica. Questi sarebbe un personaggio con notevole potere economico e una forte influenza politica; avrebbe avuto in passato il controllo di società di stato e avrebbe abusato dei suoi poteri per arricchirsi con la costituzione di società private in altri stati, fino a che sarebbero stato destituito dal Presidente Putin.
Insomma, secondo il ricorrente il procedimento penale iniziato nei suoi confronti sulla base delle dichiarazioni accusatorie del XXXXXXXXXXXX, sarebbe orchestrato da XXXXXXXXXXXXXXX e sarebbe strumentale, in quanto rivolto ad estorcere sue dichiarazioni contro XXXXXXXXXX. Ove cedesse e testimoniasse contro questi, sarebbe poi esposto a ritorsioni da parte di XXXXXXXXXX.
La protezione internazionale è invocata anche rappresentando la soggezione a minacce e trattamenti inumani per la difficile situazione nelle carceri russe.
La Commissione Territoriale di Gorizia ha rigettato la sua richiesta con provvedimento del 5.3.2016, reputando non credibile la vicenda personale del ricorrente e comunque lo stesso non bisognevole di protezione internazionale.
Avverso il provvedimento di rigetto della Commissione è stato proposto ricorso giurisdizionale.
2. Prima di passare all’esame specifico dell’impugnazione giava rammentare che la protezione internazionale si articola in due distinte forme: il riconoscimento dello status di
rifugiato politico e la protezione sussidiaria, richieste entrambe in maniera gradata dal ricorrente.
Ai sensi dall'art. 2 del D.L.vo 19.11.2007 n. 251, conformemente alla Convenzione sullo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28.7.1951 e ratificata con L. 24.7.1954 n. 722, rifugiato è il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza e non può o non vuole avvalersi della protezione di tale Paese.
><1
r',rp io
M A P ro tC S M n
I motivi di persecuzione (art. 8) devono essere individuati con riferimento alle seguenti ipotesi: a) razza, con particolar riguardo al colore della pelle, discendenza o appartenenza a un determinato gruppo etnico; b) religione; c) nazionalità, intesa in senso ampio come appartenenza a un gruppo caratterizzato da un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di altro stato; d) particolare gruppo sociale, costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune; e) opinione politica, cioè professione di un'opinione, un pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori e alle loro politiche o metodi, indipendentemente dalla traduzione di tale professione in atti concreti.
E' invece persona ammissibile alla protezione sussidiaria il "cittadino di un Paese non appartenente all'Unione Europea o apolide che non possiede i requisiti per essere rifugiato, ma nei cui confronti sussistano fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese d'origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dall'art. 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007 n. 251, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole, avvalersi della protezione di detto Paese" (così l’art. 2 lett. g D. Lgs. 251/2007).
Secondo 1’ art. 14 "sono considerati danni gravi: a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale".
Ai sensi degli artt. 5 e 7 del medesimo D.L.vo, ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale, gli atti di persecuzione paventati debbono essere sufficientemente gravi, per natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, potendo assumere, tra le altre, la forma di atti di violenza fisica o psichica, di provvedimenti legislativi, amministrativi e giudiziari discriminatori; responsabili della persecuzione o del danno grave debbono essere lo Stato, partiti od organizzazioni che controllano lo Stato od una parte consistente del suo territorio, soggetti non statuali, se i soggetti sopra citati, comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione.
La Corte di Giustizia europea, ma anche la Corte di Cassazione, con la sentenza del 17 febbraio 2009, pronunciata nel procedimento C-465/07, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi degli articoli 68 CE e 234 CE, ha avuto modo di specificare quale debba essere il grado di individualizzazione del rischio della minaccia alla vita o alla persona nell’ipotesi della violenza indiscriminata descritta dall’art. 15, lett. c), della direttiva 2004/83/CE (corrispondente a quella prevista dall’art. 14 lett. c) De. Lgs.
251/2007. Essa ha affermato che 1'esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria non è subordinata alla condizione che quest'ultimo fornisca la prova di essere specifico oggetto di minacce a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale e che 1'esistenza di una siffatta minaccia può essere considerata, “in via eccezionale”, provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso raggiungono un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile, entrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia.
Deve infine rilevarsi, quanto al giudizio di impugnazione della Commissione Territoriale, che eventuali vizi di legittimità del provvedimento, compresi quelli di motivazione, non determinano di per sé l’annullamento dell’atto, poiché il sindacato del giudice è sul rapporto e non sull’atto.
3. La vicenda narrata dal ricorrente relativa ad un presunto complotto ordito ai suoi danni da un magnate dell’industria dell’energia, XXXXXXXXX, non è suscettibile di
giustificare, neanche astrattamente, il riconoscimento della protezione intemazionale nella forma del rifugio politico. Le ipotesi della massima misura della protezione internazionale, ricapitolati nelle premesse di questo provvedimento, sono tutte riconducibili a persecuzioni perpetrate per motivi di appartenenza ad un certo gruppo sociale o riconducibili d una certa opinione politica (cfr. anche Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 2830 del 12/02/2015, Rv. 634163).
Gli interessi che muoverebbero il XXXXXXXXX sono diversi secondo la ricostruzione dello stesso ricorrente, e precisamente sarebbero di ordine economico o riconducibili ad una sorta di vendetta privata. Insomma, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato politico non è sufficiente ogni forma di persecuzione né qualunque violazione dei diritti umani, ma è
indispensabile che gli atti di persecuzione siano collegati agli specifici motivi indicati nell’art.
8 De. Lgs. 251/2007. Tali motivi non ricorrono nel caso di specie.
Rimane da esaminare la domanda subordinata di protezione sussidiaria. Anche per questa figura di protezione occorre puntualizzare che i gravi danni presi in considerazione dalla legge sono solo quelli che si concretizzano nella condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte, nella tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine, nella minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o intemazionale. Ora, il reato di cui è accusato il ricorrente in patria non è punito con la pena di morte, ragion per cui il grave danno di cui alla lett. a) è escluso. Deve escludersi anche la sussistenza del grave danno di cui alla lett. c) dell*art. 14 De. Lgs. 251/2007, poiché in Russia, pacificamente, non è in atto un conflitto armato interno o internazionale. Rimane da valutare l’ipotesi sub b), suscettibile di configurarsi in via astratta con riferimento ai sistemi carcerari (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 24064 del 24/10/2013, Rv. 628478).
Le informazioni ottenute dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo, cui si rimanda per l’individuazione delle fonti, riferiscono di una situazione carceraria difficile, soprattutto per il sovraffolamento, le scarse cure sanitarie e gli abusi da parte delle guardie carcerarie. Sono diversi i casi di violenza denunciati.
Tuttavia, a parte una situazione generalizzata di sovraffollamento che appartiene anche ad altri stati europei per mancanza di strutture, situazioni critiche ed episodi di violenza grave non riguardano tutti indistintamente i reclusori, poiché la salute, la malnutrizione, la ventilazione e gli standard sanitari variano tra le strutture. Anche se in generale le condizioni carcerarie sono carenti, non può ritenersi che in ogni carcere indistintamente sia riservato ai detenuti un trattamento disumano tale da giustificare la protezione intemazionale, come accade in certi stati africani, tanto più che il ricorrente non rientra nelle quattro categorie di detenuti maggiormente soggetti ad abusi (detenuti omosessuali, informatori, stupratori, vittime di stupri, molestatori di bambini).
4. Va per completezza rilevato che il racconto sul complotto di cui sarebbe stato vittima il ricorrente non è provato alla luce delle informazioni raccolte dalla Commissione Nazionale
per il diritto di asilo. Infatti, sia XXXXXXXXXX che XXXXXXXXXXXX sono stati
personaggi di spicco dell’economia e in generale della vita politica della Federazione Russa, ma entrambi risultano oramai privi di influenza. In particolare XXXXX, uomo d’affari e presidente del Comitato olimpico per i giochi invernali di XXXXXXX, dopo essere stato criticato e licenziato pubblicamente dal presidente Putin, ha lasciato il paese;
XXXXXXXXXXX, uomo politico e d’affari nel campo dell’industria per la produzione di energia elettrica ha anch’egli lasciato il paese. I due uomini oggi non hanno più influenza in Russia e non possono costituire una minaccia per il ricorrente.
5. Non si ravvisano nelle questioni di natura meramente personale riferite dal richiedente motivi umanitari suscettibili di giustificare la concessione di un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, IV co. D. Lgs. 286/1998.
6. In considerazione della natura della controversia, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
- rigetta il ricorso proposto da XXXXXXXXXXXXXXXXXXXX;
- dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
Trieste, 10.11.2016
Il Giudice dott.ssa Monica PACILIO