SOSTITUTO D’IMPOSTA
1. Il costante utilizzo di ausiliari nel prelievo tributario ... 1 2. Concetto di sostituto d’imposta... 2 6. segue: ritenute alla fonte a titolo d'imposta, a titolo d'acconto e adempimenti del sostituto. .. 3 7. Le controversie tra sostituto e sostituito e le altre controversie di rivalsa. ... 5
1. Il costante utilizzo di ausiliari nel prelievo tributario
Nella fiscalità odierna, una pluralità di figure svolge funzioni ausiliarie rispetto all'autorità fiscale, adeguando ai tempi attuali una tendenza connaturata, da tempi remoti, al prelievo tributario.
Come più volte rilevato nel corso di quest’opera, l'applicazione dei tributi risente inevitabilmente dei modi di produzione e circolazione della ricchezza colpita, della sua possibilità di individuazione e determinazione in relazione alle evidenze esteriori, al numero dei contribuenti coinvolti, all'utilizzazione di ausiliari, intermediari, ecc..
L’iniziativa diretta del potere pubblico nella determinazione e riscossione comportava, specie in comunità di grandi dimensioni, un enorme dispendio di forze umane oltre che economiche: per tale motivo si ricorreva all’utilizzo di soggetti privati incaricati di pubblico servizio che si accollavano l’onere di procedere alla stima e alla riscossione delle imposte (voce Concessionari per la riscossione (diritto tributario).
Laddove possibile era la stessa amministrazione a gestire, tramite propri funzionari, la riscossione delle imposte, laddove le spese necessarie per gestire l’amministrazione diretta del servizio di riscossione apparivano eccessive rispetto alle entrate tributarie, si trasferivano le relative funzioni a soggetti privati o ad enti intermedi vicini ai contribuenti1 e, quindi, agevolati nel compito di esazione delle prestazione tributarie.
L’autodeterminazione dei tributi ha coinvolto, in questo, le grandi istituzioni economiche protagoniste dello sviluppo, che intercettano buona parte dei flussi di ricchezza, erogati sotto forma di salari, interessi, compensi professionali, canoni di locazione, ecc(2).. In tal modo l’amministrazione riesce a intercettare redditi la cui individuazione sarebbe altrimenti rimessa ad una sua iniziativa con aggravi in termini di gestione di amministrativa non sostenibili dai già appesantiti moderni apparati burocratici.
1 Comuni, corporazioni ecc.
2 Entità intermedie, ausiliarie del fisco loro malgrado, che hanno ereditato un ruolo spettante nel passato a una serie di « poteri intermedi », utilizzati nel prelievo fiscale, come grandi feudatari, esattori, municipalità cittadine, cui veniva chiesto un tributo unico, che era poi ripartito tra i singoli a cura di questi enti intermedi (con arbitrarietà che è facile immaginare).
L'affidabilità delle citate entità intermedie, dipende da motivi innanzitutto dimensionali, su cui torneremo nei prossimi paragrafi, ricordando sin d'ora che i principali problemi della fiscalità italiana si collocano specialmente dove queste entità non sussistono.
2. Concetto di sostituto d’imposta
Il legisaltore definisce il sostituto d’imposta come chi «chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a queste riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso. Il sostituito ha facoltà di intervenire nel procedimento di accertamento del tributo »(art. 64 D.p.R.
600/1973).
La vera caratteristica del sostituto è però quella di essere un debitore di una somma che concorre a formare il reddito per il percettore (c.d. « sostituito »); da tale somma il sostituto è obbligato a prelevare una percentuale (c.d. « ritenuta alla fonte »), versandola allo stato. In questo modo, trattenendo direttamente la somma da versare al fisco, il sostituto esercita la rivalsa mediante ritenuta (3); il sostituto è insomma un cliente che trattiene, da quanto dovuto a propri fornitori, una somma da versare al fisco.
Questa posizione di debitore del sostituito rende particolarmente forte la posizione del sostituto, nell'ambito dei « contribuenti di diritto » (4), che in genere devono chiedere ai propri clienti anche le imposte da anticipare all'erario. Il sostituto — invece — attraverso le ritenute alla fonte (a titolo d'acconto o d'imposta, come vedremo più avanti), decurta direttamente la somma dovuta al già menzionato « sostituito », senza necessità di rivolgergli autonome richieste in rivalsa (5).
Tra gli esempi più comuni di sostituto d'imposta ricordiamo i datori di lavoro e le aziende di credito che effettuano le ritenute fiscali sugli stipendi o sugli interessi corrisposti ai correntisti;
sull'individuazione specifica dei soggetti obbligati ad effettuare le ritenute alla fonte (cioè i sostituti d'imposta) e sulle varie tipologie di ritenute vedasi la voce “ ritenute d’acconto e d’imposta)
La rivalsa da parte del sostituto è in genere obbligatoria, nel senso che egli deve dedurre la ritenuta dal compenso dovuto al sostituito, senza poterlo corrispondere per intero facendosi carico della
3 Sull'argomento vedasi PARLATO, Il sostituto d'imposta, Padova, 1969 e più di recente Il responsabile e il sostituto d'imposta, in Tratt. Dir. Trib.
diretto da AMATUCCI, Padova, 1994; BOSELLO, Il prelievo alla fonte nel sistema dell'imposizione diretta, Padova, 1972; PIGNATONE, Sostituzione tributaria e prelievo alla fonte, Padova, 1993; BASILAVECCHIA, Sostituzione tributaria, in Digesto, IV ed., 1998; CIPOLLA, Ritenuta, in Digesto, IV, 1996.
4 Obbligati, come si è visto, verso il fisco, ma sui quali non deve ricadere il peso economico del tributo, del quale si rivalgono su altri soggetti.
5 Il sostituto non ha bisogno di chiedere nulla al sostituito, per effettuare i versamenti dovuti al fisco. Solo se, per errore o disattenzione, il sostituto pagasse integralmente quanto dovuto al sostituito, senza effettuare la ritenuta, egli sarebbe costretto ad operare la c.d. « rivalsa successiva » rivolgendosi al sostituito per ottenere la restituzione (questa richiesta è del tutto legittima come afferma anche Cass., 13 giugno 1993, n. 7706, in Riv.
Dir. Fin., 1994, II, 3.
ritenuta. L'obbligatorietà della rivalsa tende prima di tutto a far ricadere l'onere d'imposta sul soggetto cui si riferisce la capacità contributiva e ad evitare che, omettendo la rivalsa, venga in pratica erogato un compenso maggiore, come diremo nella voce Accollo d’imposta.
3. segue: ritenute alla fonte a titolo d'imposta, a titolo d'acconto e adempimenti del sostituto.
La ritenuta alla fonte, operata dal sostituto d'imposta, come definito al paragrafo precedente, può essere a titolo d'imposta o a titolo di acconto.
Le ritenute alla fonte a titolo di imposta esauriscono il prelievo tributario sui proventi ad esse soggetti, e sotto certi profili possono essere considerate come vere e proprie « imposte sostitutive » (6). La ritenuta d'imposta è un regime tributario alternativo, che resta applicabile anche qualora il sostituto avesse, di fatto, omesso l'applicazione della ritenuta medesima. In sede di accertamento il fisco recupererà perciò, insieme alle sanzioni e agli interessi, solo l'importo della ritenuta evasa, ma non le imposte ordinarie (7).Esempi di ritenute d'imposta sono quella sugli interessi bancari ed obbligazionari delle persone fisiche, nonché quella sui proventi percepiti da soggetti non residenti nel territorio dello stato.
Mentre le ritenute « a titolo d'imposta » hanno carattere definitivo, le ritenute d'acconto, come risulta dalla loro stessa denominazione, costituiscono invece un prelievo provvisorio, in buona sostanza una anticipazione rispetto alle imposte dirette (IRPEF od IRES) che saranno dovute sul complesso dei redditi del sostituito.
I proventi su cui sono operate le ritenute d'acconto concorrono perciò a formare il reddito secondo le regole generali, al lordo della ritenuta (8), la quale sarà poi confrontata con l'imposta complessiva, con diritto al rimborso delle eventuali eccedenze di ritenute o con obbligo di versare le ulteriori
6 Per questo le ritenute a titolo d'imposta venivano chiamate in gergo « ritenute secche » o « cedolari secche », dove la parola « cedolare » si riferiva alle cedole dei titoli azionari ed obbligazionari, che venivano colpite dall'imposta (attraverso la ritenuta) al momento del pagamento, senza che sul percettore gravasse alcun ulteriore obbligo. Nella parte speciale vedremo che esistono anche imposte sostitutive che non operano attraverso lo strumento della ritenuta, come l'imposta sostitutiva sulle cessioni di partecipazioni sociali da parte di persone fisiche (c.d. imposta sui « capital gains
»).
7 Anche l'ipotesi di omessa effettuazione della ritenuta d'imposta conferma come l'obbligato principale nei confronti del fisco, cioè il soggetto che costituisce la controparte giuridica dell'ufficio fiscale, sia ancora il sostituto, e non il sostituito (cui pure si riferisce la capacità contributiva). È infatti il sostituito ad essere coobbligato solidalmente col sostituto, e non viceversa, qualora la ritenuta non sia stata né effettuata né versata (art. 35, d.P.R. n.
602/1973). Ciononostante il sostituito è il « debitore principale » se si guarda al profilo della titolarità di capacità contributiva. Deve perciò ritenersi vietato al sostituito, che avesse pagato a titolo di responsabile solidale, rivalersi sul sostituto per l'importo dell'imposta, consentendo questa rivalsa (ma il punto andrebbe approfondito) solo per gli interessi e le sanzioni, ove essi siano imputabili ad un fatto proprio del sostituto (si pensi al sostituto che, di propria iniziativa e senza consultare il sostituito, omette la ritenuta a titolo d'imposta).
8 Ad esempio, a fronte di un compenso lordo di 1000 su cui è applicata la ritenuta del 19%, la somma percepita dal reddituario è di 810, ma egli dovrà dichiarare 1000 scomputando poi la ritenuta dall'imposta netta.
imposte che risultassero dovute (è la tipica operazione definita « di conguaglio » tra le anticipazioni e l'imposta definitivamente calcolata, vedi voce “ritenute d’acconto e d’imposta”).
Anche se il sostituto omette di effettuare la ritenuta d'acconto, il sostituito deve comunque dichiarare i relativi redditi e la sua situazione non cambia rispetto a quella che si sarebbe verificata ove avesse subito la ritenuta: l'unica differenza sarà che l'imposta verrà pagata interamente « a conguaglio », in base alla dichiarazione annuale. L'omessa applicazione di ritenute d'acconto può comunque comportare intrecci complessi tra la posizione del sostituito e quella del sostituto.
Sul problema non esistono regole legislative esplicite, perché la norma sulla coobbligazione solidale tra sostituto e sostituito per le ritenute d'imposta non effettuate né versate, è qui inapplicabile per definizione, in quanto le imposte dovute dal sostituito sono del tutto autonome rispetto alla ritenuta d'acconto omessa. Se il sostituito dichiara i redditi su cui il sostituto ha omesso la ritenuta, non adempie l'obbligo che gravava sul sostituto, ma adempie un obbligo esclusivamente proprio, che però raggiunge lo stesso risultato che avrebbe dovuto raggiungere la regolare effettuazione della ritenuta. In tal caso il fisco non subisce perdite di gettito, in quanto le imposte verranno interamente versate dal sostituito medesimo, e se — sempre in tal caso — l'amministrazione finanziaria pretendesse dal sostituto l'importo della ritenuta, si verificherebbe una doppia imposizione: ciò ha indotto a ritenere che l'adempimento del sostituito estingua l'obbligo del sostituto, anche se non si tratta di una coobbligazione solidale, ma di un collegamento tra obbligazioni autonome (9).
Il sostituto deve quindi effettuare la ritenuta (attraverso la quale adempie anche il già indicato obbligo di rivalsa sul sostituito), da versare entro brevi termini all'erario.
Nella dichiarazione dei sostituti d'imposta devono comparire le somme corrisposte nell'anno solare precedente (10), con le generalità dei percettori di somme soggette a ritenute di acconto, segnalati così all'amministrazione finanziaria, il che li induce a dichiarare a loro volta, anche per scomputare le relative ritenute.
Ai fini dello scomputo della ritenuta da parte del sostituito non rileva, invece, il relativo versamento da parte del sostituto. Il percettore viene infatti depauperato dalla rivalsa e non può essergli addebitato il successivo comportamento del sostituto, che trattiene presso di sé il relativo importo.
9 In questo senso vedasi Comm. Centr. 27 ottobre 1983 n. 3328, in Riv. Dir. Fin., 1985, II, 11, con nota di LUPI, Omessa effettuazione di ritenute d'acconto e successive fasi d'applicazione delle imposte dirette, e nello stesso senso Comm. Centr. 17 gennaio 1990 n. 304, in Dir. Prat. Trib., 1991, II, 349, con nota di POZZO, Il sostituto d'imposta e l'omessa effettuazione di ritenute d'acconto).
In linea pratica, quando la ritenuta d'acconto è stata omessa, il sostituito è spesso, fortemente tentato di non dichiarare il relativo provento: in tal caso l'amministrazione potrà rivolgersi sia al sostituto (per la ritenuta) che al sostituito (per l'imposta), ma in linea teorica, non appena uno dei due soggetti adempia, occorrerebbe tenerne conto nella determinazione dell'imposta nei confronti dell'altro.
10 Tale dichiarazione contiene apposite sezioni per ciascun tipo di reddito soggetto a ritenuta alla fonte, come ad esempio redditi di lavoro dipendente, capitale, lavoro autonomo ecc.
4. Le controversie tra sostituto e sostituito e le altre controversie di rivalsa.
Il meccanismo delle ritenute alla fonte ha sempre dato ottimi risultati anche per un contrasto d'interessi tra sostituto e sostituito. Il sostituto, infatti, non ha interesse a sottrarsi all'obbligo della ritenuta, in quanto le relative somme non resterebbero a lui, ma andrebbero al sostituito (11).
Qualche volta, però, il sostituto può cadere in eccesso di zelo, ed assoggettare a ritenuta somme che
— ad avviso del sostituito — non lo sarebbero affatto.
Il sostituto, essendo debitore del sostituito, si trova in una posizione di forza, avendo la materiale possibilità di pagare il suo debito trattenendo e versando al fisco la ritenuta da lui considerata applicabile (12).
La prima reazione del sostituito nei confronti di ritenute da lui considerate indebite, fu quella di agire in un giudizio civile nei confronti del sostituto, ma la giurisprudenza attuale esclude questa soluzione, chiedendo che sia il sostituito a richiedere il rimborso all’amministrazione finanziaria.
Ciò finisce per esporre il sostituito alla ritenute più cervellotiche, costringendolo a chiedere all'amministrazione finanziaria un rimborso che può tardare anni e spesso comporta le notevoli spese di un lungo contenzioso.
Una soluzione intermedia, priva però di esplicito supporto normativo e sulla quale non consta giurisprudenza, potrebbe limitare l'arbitrio del sostituto, concedendo al sostituito un'azione di risarcimento danni nei confronti del sostituto che, per superficialità o eccessiva prudenza, operi ritenute chiaramente non dovute. In questo caso il sostituito dovrebbe pur sempre rivolgersi alle commissioni tributarie per ottenere il rimborso della ritenuta, ma potrebbe poi rivolgersi al giudice civile per ottenere il rimborso delle spese di giudizio (tributario) e il risarcimento del danno per la mancata tempestiva disponibilità della somma indebitamente trattenuta (13).
BIBLIOGRAFIA
Il responsabile e il sostituto di imposta in Trattato di diritto tributario diretto da Amatucci, Padova, 1994; BASILAVECCHIA M., Sostituzione tributaria in Digesto IV ed., 1998.
11 L'unico caso in cui gli interessi del sostituto e del sostituito convergono verso l'evasione è quello in cui occultare il pagamento delle retribuzioni serve anche al sostituto, che gestisce « in nero » una parte dell'attività.
12 Come si è rilevato, il sostituto è un debitore del sostituito e perciò non ha bisogno di ottenere da questo l'importo della ritenuta (contrariamente a quanti devono esercitare la rivalsa con una richiesta alla loro controparte).
13 Si tratta dell'equilibrata tesi enunciata già vent'anni fa da RUSSO, Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, 248 ss.