OSPEDALE DI SANTA DOROTEA
(1597-l800)
INVENTARIO SOMMARIO
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la denominazione del fondo così come compare nell’intitolazione
il numero dell’unità archivistica (il numero d’ordine nella colonna di sinistra)
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MANCANTI: 22
Note storiche
Il 3 febbraio 1643 venne istituita la Congregazione di Santa Dorotea, concepita anni prima dal
carmelitano Alberto Leoni da Mantova, già fondatore della Pia Casa dei Catecumeni. Leoni fu il primo a pensare di istituire in Toscana un ospedale specializzato nella custodia di chi soffriva di malattie mentali, ispirandosi all’esempio di S. Maria della Pietà di Roma. L’intenzione nasceva probabilmente dalla sua esperienza di cappellano presso il carcere delle Stinche, dove oltre ai criminali comuni erano rinchiuse molte persone affette da disturbi psichici. Morto Leoni nel 1642, il suo proposito fu portato avanti da Giovanni Antonio Diciotto da Bergamo e da dodici gentiluomini fiorentini, che avrebbero dovuto ricoprire il ruolo di ‘governatori’.
Per la costruzione dell'istituto furono acquistati alcuni locali situati in via Ghibellina, vicino al Canto della Mela, già sede dal 1632 di una congregazione di fanciulle intitolata appunto a Santa Dorotea.
Presso la ‘Pia Casa di S. Dorotea de' Pazzerelli’ – questo il nome assunto dall’ospedale - potevano essere accolte persone con disturbi mentali previo pagamento di un canone proporzionato alle sostanze di ognuno. Ben presto, però, i locali e le risorse a disposizione risultarono insufficienti, soprattutto per la carenza di mezzi finanziari, provenienti solo da lasciti e donazioni.
Nel 1750 il granduca Francesco, con motuproprio del 15 novembre (ASFi, Reggenza, n. 153), elevava la Pia Casa di Santa Dorotea a ospedale vero e proprio (a scapito della Pazzeria, attiva dal 1688 presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova, che verrà chiusa). La riforma prevedeva l’obbligo di ricoverare tutti i malati mentali, qualunque fosse la condizione sociale o lo stato di gravità del male. Dispose inoltre che l’istituto fosse posto sotto la protezione granducale, che fossero ampliati i locali in modo tale da accogliere almeno 60 malati suddividendo opportunamente gli ambienti destinati alle donne. Per rendere possibili questi mutamenti si scelse di impegnare il patrimonio Franciosini, lasciato in eredità all’istituto dal chirurgo Giovan Carlo Franciosini, custode di Santa Dorotea per oltre cinquant'anni (dal 1683). Venne reso obbligatorio un certificato d'ammissione per il malato, rilasciato dal giusdicente, dal medico o dal parroco, e venne stabilita una retta mensile, che per gli indigenti fiorentini veniva pagata, ripartendola in parti uguali, dallo Spedale di Santa Maria Nuova, da quello di Bonifazio e dai due istituti più piccoli di San Matteo e di San Paolo. Coloro che provenivano da altri luoghi della Toscana e che non potevano far fronte alla quota mensile potevano contare sulla cassa del Magistrato dei Nove. Per la costruzione del nuovo manicomio vennero scelti i locali dell'antico Spedale del Ceppo, in via delle
Torricelle, soppresso nel 1541 e da allora adibito a convento di monache. Il nuovo istituto è tristemente famoso per l’architettura a ‘fortilizio’ completamente inaccessibile, che esemplifica il duplice intento di segregazione e controllo pubblico sull’ammalato. L’istituto divenne funzionante dal giugno del 1754, e la sua direzione fu affidata ad una deputazione di dodici membri, fra cui di diritto l'Auditore fiscale, che restavano in carica un mese ciascuno.
Ben presto anche questa nuova soluzione si rivelò insufficiente, e il 19 maggio 1788, secondo quanto proposto tre anni prima al Granduca Pietro Leopoldo dal commissario di Santa Maria Nuova Marco Covoni, venne inaugurato il nuovo ed ampliato Spedale di Bonifazio nel quale vennero trasferiti i degenti di Santa Dorotea e quelli dello Spedale di Siena.
(Fonte: Scheda Sias, dicembre 2020)
Storia archivistica
L’archivio dell’Ospedale di santa Dorotea pervenne all’Archivio di Stato di Firenze insieme a quello dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, presso il quale erano stati concentrati, con annesse carte di famiglie che con tali enti ebbero rapporti, i patrimoni e gli archivi di quasi tutti gli ospedali fiorentini minori, o istituti di beneficenza, soppressi in periodo leopoldino.
Il passaggio all’Archivio di Stato di Firenze di quasi tutti questi fondi avvenne a più riprese: nel 1873, con la consegna dei documenti relativi alle compagnie laicali e agli ordini religiosi, e poi nel 1923, quando vi fu depositato gran parte dello stesso archivio di S. Maria Nuova con gli archivi degli ospedali minori, degli istituti di beneficenza, delle famiglie, e successivamente nel 1989 e 2001. I documenti, malgrado i frequenti spostamenti, pervennero già relativamente ordinati e, almeno sommariamente, inventariati. Alcuni inventari furono in seguito raccolti, per praticità di utilizzo, in un unico inventario N / 150, che costituisce tutt’ora lo strumento di consultazione di alcuni di questi fondi.
(Fonte: Guida generale, Firenze, 130; ASFi, Archivio)
Il lavoro di trascrizione che ha portato alla predisposizione del presente inventario è stato eseguito nel 2020 da Susanna Rontani nell’ambito delle attività svolte in regime di lavoro agile previste ai sensi delle disposizioni per il contenimento del contagio da Covid-19.
Trascrizione dell'inventario originale a cura di Susanna Rontani. Revisione di Francesca Fiori (2020).