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N. 2/2022 PARTE I DOTTRINA

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CARO ENERGIA, MUTAMENTO DELLE CONDIZIONI CONTRATTUALI ED EMERSIONE DI PASSIVITÀ NELLE VERIFICHE DELLE SEZIONI REGIONALI DELLA CORTE DEI CONTI

CIRCA IL CORRETTO ESERCIZIO DELLO IUS VARIANDI NEGOZIALE E DI BILANCIO

di Tiziano Tessaro (*)

Abstract: L’attuale momento storico è caratterizzato da una indubbia dinamicità e variabilità dei fenomeni contrattuali e finanziari: l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia ha richiesto l’intervento del legislatore per sorreggere la funzionalità degli apparati pubblici, messi a dura prova dalla situazione pandemica ancora in atto. Le anzidette vicende, nella loro gravità e complessità, si ripercuotono inevitabilmente anche sui contratti posti in essere dai comuni, imponendo necessariamente un diverso approccio al fine di valutare la tenuta degli equilibri finanziari degli enti locali. Diviene logico, pertanto, in questo contesto esaminare la stretta interdipendenza tra ius variandi del bilancio e ius variandi dei contratti, per le indubbie criticità concernenti il profilo sinallagmatico, ma anche i costi sociali dell’allungamento dei tempi di realizzazione dell’opera, anche scaturente dal Pnrr: in questo quadro si situano ad esempio le vicende attinenti alla revoca dell’aggiudicazione del contratto per sopravvenuta mancanza di copertura finanziaria, o il caso della rinuncia alla stipula da parte dell’aggiudicatario. L’esame che è stato condotto concerne pertanto la sorte dei contratti in tempo di crisi e che ora vengono (o rischiano di essere) travolti dalle contingenze di cui sopra non solo nel momento genetico, ma anche in corso d’esecuzione: il venire meno dell’equilibrio contrattuale iniziale è chiaramente causa di gravi difficoltà, economico-finanziarie ed organizzative, per tutte le parti del rapporto, così che nella direzione della tutela degli investimenti il legislatore, preoccupato della tenuta ed effettiva realizzazione dei programmi di riforma, in primis del Pnrr, ha messo in capo istituti vecchi e nuovi, quali, rispettivamente, la revisione prezzi e le compensazioni, oltre che una serie di provvidenze a favore dell’ente locale, non dimenticando tuttavia l’eventuale esercizio della facoltà di rinegoziazione a tutela dell’equilibrio negoziale. Il rischio dell’emersione, cionondimeno, di passività e di debiti fuori bilancio interpella la connessa problematica della tenuta del bilancio, del necessario esercizio delle variazioni al bilancio (e del correlato attingimento delle risorse) nonché degli strumenti deputati a preservarne gli equilibri.

The current historical moment is characterized for undoubted dynamicity and variability of contractual and financial phenomenons: the increasing costs of raw materials and energy required the intervention of legislator in order to support the functionality of public system, put to the test by pandemic still ongoing. Due to their seriousness and complexity, the above-mentioned events have an impact on the contracts signed by municipalities, necessarily forcing to a different approach in order to value the maintenance of budgetary balances of local authorities. In this context, it is logical to examine the close interdependence between ius variandi both of balance and contracts, for the certain critical issues dealing with synallagmatic profile, but also societal costs caused by the additional constructing time of the works, even arising from NRRP (the national recovery and resilience plan): within that lie events as the revocation of the award of the contract caused by supervening lack of financial coverage, or the waiver of the contract by successful bidder. Consequently, this examination deals with the fate of contracts, in times of crisis, now that they are (or risk to be) overwhelmed by retold circumstances, not only in their genetic phase but also in progress: the initial contractual balance fail can clearly cause heavy economic, financial and organizational difficulties for all contractual parties, so that the legislator, focusing on the protection of the investments and worried for the endurance and effective realization of the reform agenda, first of all of NRRP, has set old and new institutes, such as, respectively, price review and compensations, as well as a number of providences for local authorities; without forgetting the power to re-negotiate to protect the contractual balance. Nevertheless, the risk of off-balance sheet debts and liabilities surface touches the connected problem of the balance endurance, of the necessary budget variations (with related drawing of resources) and of the tools call to maintain balances.

Sommario: 1. Premessa introduttiva. – 2. Rapporti contrattuali inerenti ad appalti e sopravvenienze nel corso d’esecuzione: una necessaria considerazione metodologica. – 3. Rimedi ordinari e revisione prezzi. – 4. Gli interventi legislativi succedutisi nel periodo emergenziale. – 5. Sopravvenienze relative al profilo funzionale del contratto e problematiche attinenti al suo momento genetico. – 6. Ius variandi del bilancio dovuto allo ius variandi contrattuale: le modalità di copertura delle maggiori spese. – 7. Strumenti di rimodulazione del contratto di utenza energetica e clausola di buona fede. – 8. L’emersione di passività latenti e gli strumenti di copertura e riconduzione al bilancio del debito. – 9. L’ultima (?) puntata della vicenda dei rincari: il d.l. 17 maggio 2022, n. 50.

(*) T. Tessaro è magistrato della Corte dei conti. Il lavoro riproduce, con i doverosi adattamenti, l’intervento fatto dall’Autore alla Scuola di alta formazione della Corte dei conti in data 11 aprile 2022.

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1. Premessa introduttiva

È agevole rilevare come il momento storico che stiamo vivendo sia caratterizzato dal profilo della indubbia dina- micità e variabilità dei fenomeni contrattuali e finanziari.

Le due coordinate appaiono strettamente interdipendenti e sicura espressione dell’indefettibile intreccio tra momenti gestionali e ricadute finanziarie.

L’attuale situazione emergenziale sanitaria, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, le vicende atti- nenti al conflitto armato in Ucraina hanno prodotto una serie di effetti negativi sull’economia, ma anche sulla dinamica dei contratti pubblici, inducendo lo stesso legislatore ad una serie di interventi per assicurare la funzionalità degli ap- parati pubblici: detto altrimenti, argomenti come quello del caro bollette determinano una sicura incidenza sia sui con- tratti che sui bilanci degli enti locali. Così che la pandemia sanitaria e l’eccezionale contingentamento e rialzo del costo delle materie prime, da un lato, e l’esigenza di accantonare necessariamente risorse per far fronte agli aumenti tariffari e di costi, dall’altro, pone all’operatore comunale e al decision maker una serie di problematiche non facili da risolvere.

Si tratta di questioni che toccano la materia contrattuale dei comuni, ma che sono anche l’indice incontrovertibile di una diversa prospettiva da cui occorre porsi per valutare la tenuta degli equilibri finanziari degli enti locali, già messi a dura prova a seguito della prima ondata emergenziale, e che ancora più sono a rischio ora.

La cennata interdipendenza tra ius variandi del bilancio e ius variandi dei contratti, che nel bilancio dell’ente locale incidono sia in parte corrente che in parte capitale, rappresenta quindi il tema di questa analisi, e diviene il precipitato logico della necessaria correlazione tra fenomeno gestionale (in questo caso, contrattuale) e fenomeno finanziario (nello specifico, la variazione di bilancio), cui occorre rivolgere necessariamente delle riflessioni: ciò postula la necessaria correlazione tra “il fenomeno economico-finanziario di riferimento e la sua rappresentazione contabile” di cui non è quindi consentita la “scissione” (Corte cost. n. 188/2014); del resto, “la copertura finanziaria delle spese deve indefet- tibilmente avere un fondamento giuridico, dal momento che, diversamente opinando, sarebbe sufficiente inserire qual- siasi numero [nel bilancio] per realizzare nuove e maggiori spese” (Corte cost. n. 197/2019). Sullo sfondo si agitano ad ogni buon conto le problematiche dei costi sociali dell’allungamento dei tempi di realizzazione dell’opera, specie se collegati ad un intervento necessario o inserito nel Pnrr e della rarefazione delle impese disposte a partecipare a nuove gare, esposte alle variabili connesse all’aumento del costo del carburante o dei trasporti.

Quel che rimane indubbio è che la situazione rende decisamente più complicato il compito della sezione regionale di controllo (mediante la comminazione cioè di “misure interdittive […] atte a prevenire con efficacia diretta pratiche lesive del principio della previa copertura e dell’equilibrio dinamico del bilancio degli enti locali”: Corte cost. n.

60/2013 e n. 40/2014) sulla verifica della tenuta – in chiave dinamica (Corte cost. n. 250/2013) – degli equilibri di bilancio.

2. Rapporti contrattuali inerenti ad appalti e sopravvenienze nel corso d’esecuzione: una necessaria considerazione metodologica

Un primo problema che si pone all’attenzione dello studioso è rappresentato dai rapporti contrattuali inerenti ad appalti sorti ante crisi e travolti dalle sopravvenienze nel corso d’esecuzione. La grave compromissione dell’equilibrio originario del rapporto è, intuitivamente, causa di gravi difficoltà, economico-finanziarie ed organizzative per gli ap- paltatori ma anche per gli stessi committenti: entrambi chiamati a implementare le risorse investite nell’appalto in un periodo di forte stress economico e a sopportare il rischio della non ultimazione delle opere, in particolare di quelle pubbliche, stante la minore adattabilità del rapporto pubblicistico ai mutamenti della realtà economica, stretto nelle maglie dell’evidenza pubblica e costretto da rigide norme imperative.

Per ciò che concerne gli investimenti, quindi, l’esigenza di tenere conto di queste sopravvenienze appare ora al centro dell’attenzione di un legislatore che è giustamente preoccupato della tenuta ed effettiva realizzazione dei pro- grammi di riforma, in primis del Pnrr: legislatore che opera la riesumazione di istituti come la revisione prezzi – che si pensava essere stati abbandonati per sempre con il codice del 2016 – o, come vedremo, anche mediante il nuovo istituto delle compensazioni.

La fotografia che si cerca di fornire restituisce quindi un quadro assolutamente fluido, in ordine al quale l’esigenza di tenere conto delle sopravvenienze ha già trovato punti di emersione sia con i contratti passivi che con i contratti attivi, segno di un adeguamento alle istanze di una società in divenire o, se si preferisce, in… variazione!

Con un indispensabile sforzo di semplificazione e sia pure con tutte le approssimazioni dovute allo spazio a dispo- sizione, si possono compendiare gli interventi di riforma e, più in generale, le coordinate normative di fondo, in questi termini.

3. Rimedi ordinari e revisione prezzi

3.1. Lineamenti generali e disciplina positiva tra codice dei contratti e codice civile

In primo luogo, non vi è chi non veda come gli odierni accadimenti abbiano messo a dura prova i rimedi ordinari previsti dal legislatore per il disequilibrio dei rapporti sinallagmatici di durata, categoria a cui appartengono gli appalti, non solo di lavori: rimedi che si sono dimostrati inadeguati a fronte dell’estensione, gravità e dirompenza del fenomeno, di proporzioni mondiali. In quest’ottica vanno letti gli interventi ad hoc adottati dal legislatore dell’urgenza cui si farà

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cenno nel prosieguo. In attesa che la situazione rientri, grazie al finanziamento della crescita, al fine di contrastare l’aumento dei prezzi dovuto ad un quadro altamente incerto (in termini di approvvigionamento dei beni necessari per l’esecuzione dei contratti di affidamento di lavori, servizi e forniture), il legislatore è intervenuto sulle condizioni con- template dall’art. 106, Modifica di contratti durante il periodo di efficacia, del d.lgs. n. 50/2016 (valutando cioè proprio le c.d. “circostanze impreviste e imprevedibili” ovverosia l’oggetto della presente analisi).

È evidente del resto che, l’incremento dei prezzi che dà luogo alla variazione di uno degli elementi caratterizzanti il contratto (ad esempio, nel contratto di appalto, il “prezzo” dovuto dal committente all’appaltatore), integra un “fatto sopravvenuto”.

3.2. Risoluzione per eccessiva onerosità, revisione prezzi, rinegoziazione dei contratti

Orbene, in presenza di una chiara alterazione del sinallagma funzionale, non è fuor di luogo sottolineare che non può essere astrattamente escluso l’utilizzo dei rimedi stabiliti dal codice civile, per effetto del rinvio stabilito dal c. 8 dell’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016, a mente del quale “per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, […] alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”. Tra queste si annovera proprio l’art. 1664, c. 1, del codice civile, che prevede la possibilità di una revisione del prezzo (1); così come, in siffatte circostanze, l’impresa potrà tutelarsi chiedendo la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione richiesta: i rimedi previsti dall’art. 1467 cc. (risoluzione per eccessiva onerosità) e, in materia di appalto, dall’art. 1664 c.c. (onerosità o difficoltà dell’esecuzione) sono finalizzati a porre rimedio ad un ingiusto sbilanciamento delle presta- zioni medesime, alla luce anche del principio di buona fede contrattuale.

3.3. In particolare: la rinegoziazione dei contratti

Va inoltre considerato a tal fine, come è stato sottolineato dalla giurisprudenza della Corte dei conti, lo strumento della “rinegoziazione” dei contratti, la quale «è contemplata dall’art. 1467, comma 3, del codice civile, il quale stabi- lisce che “la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le con- dizioni del contratto” implicando la c.d. “reductio ad aequitatem” con funzione conservativa degli effetti del contratto.

Occorre ricordare che nei contratti ad esecuzione continuata (come il contratto di locazione) o periodica o ad esecu- zione differita, se la prestazione di una delle parti (l’operatore economico-conduttore, che deve corrispondere il ca- none di locazione) diviene “eccessivamente onerosa” per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, la parte obbligata a siffatta prestazione può richiedere la risoluzione del contratto (art. 1467, comma 1). Ovviamente, la risoluzione può essere richiesta solo se la sopravvenuta onerosità supera la normale alea del contratto (art. 1467, comma 2): in tal caso, la parte nei cui confronti è stata avanzata l’istanza di risoluzione (il Comune) può evitarla, manifestando la propria disponibilità, come già detto, ad una modifica equitativa delle condizioni del contratto.

Quindi, occorre porre in massima evidenza il fatto che la concreta operatività dell’istituto è sostanzialmente rimessa all’iniziativa della parte (il Comune) contro la quale viene domandata la soluzione estintiva, sicché essa, lungi dall’at- teggiarsi quale soluzione “privilegiata”, interviene soltanto “in seconda battuta”, ossia soltanto dopo che sia stata richiesta la risoluzione. Conseguentemente, l’istituto “equitativo” può attivarsi e sprigionare la sua concreta forza ed efficacia solo se è stata domandata la risoluzione del contratto. Ciò implica che, come vedremo fra breve, non esiste, nel diritto civile italiano alcuna norma, che preveda, in generale, un diritto di rinegoziare. Invero, la possibilità di rinegoziazione del contratto in essere è ammessa dal legislatore solo con particolare riferimento ad alcuni contratti tipici.

3.1. La “rinegoziazione” trae la propria origine dalla necessità di intervenire per ripristinare l’originario equili- brio sinallagmatico, esistente fra il complesso di prestazioni e controprestazioni, alterato da “fatti sopravvenuti”. Tra questi occorre tener conto dell’articolo 1218 del codice civile, il quale dispone quanto segue “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” e dell’articolo 1256, comma 1, del codice civile, il quale stabilisce quanto segue “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. L’estinzione si spiega in ragione del fatto che l’ina- dempimento non è imputabile al debitore. Viceversa, se lo fosse, questi (il debitore) ne sopporterebbe le conseguenze;

l’articolo 1463 del codice civile, stabilisce che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

In questo complessivo quadro di principi, si inserisce la delicata questione della possibile e legittima configura- zione, in sede civilistica, di un potere di procedere alla revisione delle intervenute pattuizioni contrattuali (c.d. “rine- goziazione generale del contratto”), a seguito di “fatti sopravvenuti”. In linea generale, occorre segnalare che “le sopravvenienze contrattuali” si inquadrano nel fenomeno del c.d. “squilibrio sopravvenuto del contratto”, cioè dello squilibrio che insorge nella fase di esecuzione del contratto. Durante tale fase, infatti, posso sorgere delle

(1) “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo”.

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sopravvenienze (non imputabili alla volontà delle parti), che rendono impossibile l’esecuzione della prestazione, o, piuttosto sopravvenienze che rendono inutile l’esecuzione della prestazione, o sopravvenienze che frustrano la causa in concreto dello specifico contratto di riferimento (c.d. sopravvenienze atipiche).

In particolare, quando le sopravvenienze (atipiche) alterano l’equilibrio del contratto, tre sono le soluzioni astrat- tamente possibili:

a) continuare a considerare valido e vincolante il contratto, nonostante la sopravvenienza che ha squilibrato il contratto;

b) caducare il contratto, liberando dal vincolo contrattuale la parte che risulta svantaggiata dalla sopravvenienza;

c) salvare il contratto, modificando il contenuto in modo tale da adeguarlo alle sopravvenienze insorte.

In buona sostanza, l’ordinamento civilistico prevede, a fronte di “fatti sopravvenuti”, varie e possibili soluzioni di intervento:

- rimedi conservativi (sub “a”), volti a mantenere in vita il contratto ed inalterato il suo complessivo contenuto prestazionale;

- rimedi caducatori (sub “b”), cioè implicanti la risoluzione del contratto;

- rimedi manutentivi (sub “c”), diretti a modificare il contratto, al fine di consentirne la sua prosecuzione ed ope- ratività.

Al riguardo, occorre prendere atto che i rimedi caducatori costituiscono la regola nella disciplina del contratto, mentre i rimedi manutentivi sono utilizzabili dalle parti solo ed in quanto espressamente previsti dal legislatore.

In tal senso, con particolare riguardo al contratto di appalto, militano gli articoli 1660 e 1664 c.c.: precisamente, ai sensi dell’art. 1660 c.c., avente ad oggetto le variazioni necessarie del progetto, il legislatore prevede differenti rimedi, con priorità al rimedio conservativo se l’importo delle variazioni non supera il sesto del prezzo complessivo convenuto. Infatti, nel caso di variazioni al progetto, che risultino necessarie per l’esecuzione dell’opera a regola d’arte, spetta alle parti accordarsi sulle variazioni stesse; in mancanza di accordo, è demandata al giudice la deter- minazione delle variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo (art. 1660, comma 1, c.c.): con la pre- cisazione che, se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, il legislatore prevede in capo all’appaltatore il rimedio caducatorio del recesso dal contratto ex art. 1373 c.c., oltre alla possibilità di ottenere, secondo le circostanze, un’equa indennità (art. 1660, comma 2, c.c.)» (2).

3.4. In particolare: l’istituto della revisione prezzi nel codice civile

Va da sé che, nel delineato quadro tassonomico, la revisione prezzi nei contratti di appalto (art. 1664) e la risoluzione generale per eccessiva onerosità (art. 1467) sono accomunati dal presupposto fattuale del sopravvenire di un evento, il quale reca l’alterazione dell’originario equilibrio di valore tra le prestazioni, verificatosi in modo oggettivo ed impre- vedibile nel corso del rapporto contrattuale.

La revisione prezzi, peraltro, si differenzia dalla risoluzione in quanto ha di mira lo scopo di evitare l’evento trau- matico attinente alla sorte del contratto, beninteso ove vi sia l’interesse dei contraenti al suo mantenimento in vita.

Come sottolineato dalla citata pronuncia della Sezione controllo Emilia-Romagna, “L’art. 1664 c.c. fa, invece, ri- ferimento agli aumenti o alle diminuzioni nel costo dei materiali o della manodopera per effetto di circostanze impre- vedibili, che sono tali da determinare un aumento o una diminuzione superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto. In queste ipotesi, il legislatore sancisce che sia l’appaltatore, sia il committente possono chiedere una revisione del prezzo per la differenza che eccede il decimo.

Ancora ed a titolo esemplificativo, il contratto di affitto prevede regole peculiari in ipotesi di modificazioni soprav- venute del rapporto contrattuale (art. 1623 c.c.). Anche il contratto di locazione, nel caso di vizi della cosa locata, prevede la possibilità di ricorrere a rimedi conservativi del contratto (art. 1578 c.c.).

Dall’analisi delle illustrate disposizioni è agevole trarre alcune considerazioni di sistema. Precisamente, il legisla- tore prevede, in taluni e specifici casi, la possibilità di ricorrere a rimedi manutentivi/conservativi del contratto: con la precisazione che, per effetto dell’art. 1664 c.c. (in tema di appalto), sarà il giudice, su istanza della parte che voglia chiedere la revisione del prezzo, a concederla secondo una valutazione complessiva. Tuttavia, si tratta sempre di pre- cise ipotesi, peculiarmente disciplinate da puntuali disposizioni del codice civile” (3).

3.5. In particolare: l’istituto della revisione prezzi nel nuovo codice dei contratti

Va rimarcato anche che, mentre nel precedente regime codicistico degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006, art. 115 in materia di appalti di servizi o forniture; art. 133 in materia di appalti di lavori), le eventuali modifiche erano più agevoli e l’inserimento nei contratti di clausole di revisione dei prezzi era obbligatoria, con il nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), l’art. 106, c. 1, lett. a), ammette eventuali modifiche ai contratti solo entro determinati e stringenti limiti e presupposti, tra cui, su tutti, la presenza nell’appalto di “clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere la revisione dei prezzi”, autorizzate da parte del responsabile unico del procedimento.

(2) Corte conti, Sez. contr. reg. Emilia-Romagna, n. 32/2021.

(3) Ibidem.

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Nel codice dei contratti del 2016 (d.lgs. n. 50/2016), quindi, l’istituto della revisione prezzi era stato relegato in una posizione secondaria, consacrando la sua facoltatività in ragione, soprattutto, di una chiara filosofia di fondo: tutelare l’interesse pubblico alla prevedibilità dei costi delle commesse pubbliche, privilegiando, in tal modo, l’interesse “fi- nanziario” dell’amministrazione.

L’art. 106, c. 1, del d.lgs. n. 50/2016, alla lett. a) stabilisce, in particolare, che “Le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal r.u.p. con le modalità previste dall’ordina- mento della stazione appaltante cui il r.u.p. dipende. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi”.

La giurisprudenza ha ampiamente confermato la “non obbligatorietà per legge” della revisione prezzi, divenendo chiaro quindi come tali clausole revisionali devono fissare la portata e la natura di eventuali modifiche del sinallagma, nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti: infatti, «Nel nuovo codice degli appalti, la revisione non è obbligatoria per legge come nella previgente disciplina, ma opera solo se prevista dai documenti di gara. Ciò comporta l’inapplicabilità della giurispru- denza, già richiamata, sulla natura imperativa e sull’inserimento automatico delle clausole relative alla revisione prezzi e alla loro sostituzione delle clausole contrattuali difformi; ulteriore differenza tra la disciplina recata tra i due codici si rinviene in ordine all’applicabilità della revisione prezzi anche ai “settori speciali”, che era esclusa nel regime recato dal d.lgs. n. 163/06 ed è invece ora ammessa dall’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016»(4).

A fronte di tale opzione normativa, la posizione del privato assume la consistenza dell’interesse legittimo, in guisa che l’inserimento non obbligatorio della clausola non fa insorgere un diritto alla revisione: “Negli appalti pubblici l’inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del cor- rispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente san- citi” (5). Infatti, “Nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, la posizione dell’appaltatore in relazione alla richiesta di effettuare la revisione dei prezzi, in base ai risultati dell’istruttoria, è di interesse legittimo, atteso che la revisione è una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante, che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare ese- cuzione del contratto aggiudicato” (6).

Vi è quindi la necessità, obiettivata nel testo del codice, di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca, nel corso del tempo, aumenti incontrollati tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipula- zione del contratto (in tal senso, anche Cons. Stato, Sez. V, n. 2052/2014, n. 4079/2009; Sez. III, n. 1074/2015, n.

4827/2018).

Il riferimento alle circostanze imprevedibili è contenuto nella stessa direttiva europea n. 4/2014/Ue, nel Conside- rando n. 109, la quale evidenzia che il concetto si riferisce a circostanze che non si potevano prevedere nonostante una ragionevole e diligente preparazione dell’aggiudicazione iniziale da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, tenendo conto dei mezzi a sua disposizione, della natura e delle caratteristiche del progetto specifico, delle buone prassi nel settore in questione e della necessità di garantire un rapporto adeguato tra le risorse investite nel preparare l’aggiudica- zione e il suo valore prevedibile. Tuttavia, ciò non si applica qualora una modifica comporti una variazione della natura generale dell’appalto, ad esempio sostituendo i lavori, le forniture o i servizi oggetto dell’appalto con qualcosa di di- verso, oppure comporti un cambiamento sostanziale del tipo di appalto poiché, in una situazione di questo genere, è possibile presumere un’influenza ipotetica sul risultato.

3.6. Il graduale superamento del principio della immodificabilità del contratto

Il principio della immodificabilità del contratto era stato consacrato definitivamente, quindi, all’interno del nuovo codice dei contratti. La Corte di giustizia Ue, Sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C-549/14, ha pure chiarito che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne derivano ostano a che, dopo l’aggiu- dicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali da presentare caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale.

Ciò avviene, ha stabilito la Corte, tuttavia solo quando le modifiche previste hanno l’effetto: a) di estendere l’ap- palto, in modo considerevole, ad elementi non previsti; b) di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario; c) di rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi.

Peraltro, la giurisprudenza aveva già sancito come detto principio non avesse carattere assoluto: così che il canone che discende dalla previsione normativa, in base alla quale, in carenza di una specifica ed espressa clausola (in sede

(4) Cons. Stato, Sez. III, n. 3768/2018.

(5) Tar Lazio, Roma, Sez. III-quater, n. 13239/2019.

(6) Tar Campania, Napoli, Sez. V, n. 4655/2019.

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contrattuale o di documentazione di gara), non è obbligatorio procedere alla revisione dei prezzi come risultanti dall’ag- giudicazione, era già stato mitigato dalla esigenza del doveroso ripristino dell’equilibrio contrattuale.

La giurisprudenza amministrativa che se ne è occupata ha, ad esempio, sottolineato che la stessa pandemia da co- ronavirus costituisce all’evidenza una sopravvenienza imprevedibile che giustifica la revisione del contratto: in questo contesto le anticipazioni non costituiscono una misura irragionevole o eccedente atteso che sono dirette a far fronte ad eventuali cali di liquidità dovuti alla drastica diminuzione del flusso di utenza durante le restrizioni varate dalle autorità (7).

Quel che occorre sottolineare in questa sede è che, in ogni caso, “Nella disciplina di diritto positivo dell’istituto, non è affatto stabilito che la revisione prezzi abbia come obiettivo l’azzeramento del rischio di impresa connesso alla sopportazione in capo all’appaltatore dell’alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l’oscilla- zione generale e diffusa dei prezzi. Al contrario, è necessario che ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, la cui esistenza non può essere ricondotta ad aumenti del costo di fattori della produzione prevedibili – anche dal punto di vista della loro consistenza valoriale – nell’ambito del normale andamento dei mercati relativi, dovendo invece a tal fine farsi riferimento ad eventi, appunto eccezionali ed imprevedibili, tali da alterare significativamente le origina- rie previsioni contrattuali” (8): così che “il riequilibrio non si rivolge in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei valori delle materie prime (o quantitativi), che ne snaturerebbe la ratio trasformandolo in una clausola di indicizzazione” (9).

4. Gli interventi legislativi succedutesi nel periodo emergenziale

Sulla base di queste coordinate, diviene agevole comprendere come gli interventi emergenziali posti in essere dal legislatore in materia nell’ultimo periodo si siano univocamente incanalati nella direzione di colmare – in presenza dell’impennata, indubbiamente rilevante, dei costi delle materie prime – una lacuna dovuta all’assenza dell’obbligo di inserimento della clausola revisionale.

Ora, l’istituto viene reintrodotto come obbligatorio in base ad una diversa percezione della trama degli interessi pubblici e privati in gioco: garantire l’equilibrio sinallagmatico del contratto, tutelando, solo secondariamente, l’inte- resse della stazione appaltante a garantire l’esecuzione a regola d’arte delle prestazioni oggetto del contratto. La corre- lazione tra il cambiamento degli scenari economici e il mutamento della disciplina contrattualistica ne diviene il logico precipitato: così che la revisione prezzi diviene lo strumento volto a ristabilire l’equilibrio negoziale soprattutto quando ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, tali da alterare significativamente le originarie previsioni contrattuali, eventi che si possono fattualmente e lecitamente ancorare all’emergenza, i cui riflessi diretti e indiretti sono ancora in parte sconosciuti.

4.1. Il d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito in l. 23 luglio 2021, n. 106

Il primo intervento legislativo è rappresentato dal d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito in l. 23 luglio 2021, n. 106, il quale prevede nei confronti di tutti i contratti in corso di esecuzione al 24 luglio 2021 (art. 1-septies, c. 1), data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la reintroduzione di un sistema di revisione prezzi operante per legge, stabilendo altresì che, alle eventuali compensazioni, non si applica l’istituto delle riserve, trattandosi di un diritto che discende direttamente dalla legge (10). Ricollegandosi alle previsioni dell’abrogato art. 133, la norma dispone che la compensazione ex lege venga determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021, le variazioni, in aumento o in diminuzione, dei prezzi dei materiali riportati in tabella, rilevate nel 2021, rispetto alla data dell’offerta (c. 2) che, specie per contratti di lunga durata, può risultare assai risalente (11). A carico dell’operatore economico è posta – e ciò in marcata differenza rispetto a quanto a suo tempo previsto dall’art. 133 del vecchio codice – un’alea differenziata in funzione della durata temporale del contratto: ovverosia l’8%, se trattasi di considerare esclusivamente gli aumenti dell’anno 2021 (quindi con offerte 2020); il 10%, se si includono più annualità (offerte 2019 o antecedenti). Le rileva- zioni dei dati di incremento vengono effettuate su base semestrale in luogo di quella annuale (12); come sottolineato negli ultimi due periodi del punto 2.3 della circolare citata, sono esclusi dall’applicazione del meccanismo di revisione legale i lavori contabilizzati nell’anno solare di offerta, in quanto restano “esclusi dalla compensazione i lavori conta- bilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta, e che ai lavori contabilizzati in un periodo di tempo inferiore alla base temporale di rilevazione del decreto e diversi da quelli contabilizzati nell’anno solare di presentazione

(7) Tar Toscana n. 228/2022.

(8) Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 181/2022.

(9) Tar Lombardia, Brescia n. 239/2022, che richiama, tra le altre, anche Tar Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, n. 211/2021.

(10) Punto 2.4 della circ. del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili (Mims) 25 novembre 2021, n. 43362, “Modalità operative per il calcolo e il pagamento della compensazione dei prezzi dei materiali da costruzione più significativi ai sensi dell’articolo 1-septies del d.l. n. 73/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 106/2021”.

(11) La legge, infatti, al riguardo, non pone limitazione temporale alcuna, mentre i provvedimenti indicati in premessa al decreto e la relativa tabella di cui all’all. 2 di fatto ricostruiscono una sequenza di rilevazioni, che parte dal 2003.

(12) Non compare, inoltre, decurtazione percentuale alcuna rispetto a quanto finalmente computato come dovuto alle imprese a titolo di compensazione.

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dell’offerta, si applica per intero la variazione di prezzo di cui al decreto”(13). Il quantum dovuto a titolo di compen- sazione è concretamente determinato dalla variazione percentuale dei prezzi dei materiali riportata dal decreto, depurata dell’alea a carico dell’appaltatore, la quale secondo la circolare “è applicata al prezzo medio rilevato dal decreto per il singolo materiale da costruzione nell’anno solare di presentazione dell’offerta”: la variazione di prezzo unitario è applicata alle quantità del singolo materiale da costruzione contabilizzate nel semestre solare precedente al decreto, per effetto del quale risulti accertata la variazione (14).

4.2. Il d.l. 27 gennaio 2022, n. 4

Un secondo e più incisivo intervento del legislatore è contenuto nel d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, rubricato “Disposi- zioni urgenti in materia di contratti pubblici”, il cui art. 29 conferma l’obbligatorietà della previsione della clausola di revisione prezzi, superando il disposto dell’art. 106 del codice e la facoltatività di tali clausole, nell’idea condivisa di assicurare sistematicamente la possibilità di applicare misure di riequilibrio contrattuale. Ma la normativa prevede an- che – sia pure per i soli lavori pubblici – non solo una clausola per la revisione dei prezzi, come invece imporrebbe la lett. a), ma anche un sistema di compensazione del “caro-materiali” finalizzato a riconoscere un extra-importo per i rincari subiti in relazione a lavorazioni già effettuate (e senza che i prezzi di contratto vengano con ciò modificati). La disposizione contenuta nel secondo comma interviene anche sul metodo di rilevazione dei prezzi, finalizzato alle com- pensazioni, mentre ai successivi cc. dal 3 al 6 sono disciplinate le modalità di erogazione delle compensazioni (15).

4.3. L’art. 25 del d.l. 1 marzo 2022, n. 17

Con un ultimo intervento del legislatore (art. 25 d.l. 1 marzo 2022, n. 17, avente ad oggetto “Incremento del Fondo per l’adeguamento dei prezzi e disposizioni in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici”), è stata estesa l’applicazione temporale dei meccanismi anzidetti, introducendo uno speciale regime normativo, finaliz- zato alla compensazione degli incrementi eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione più significativi registrati nel primo semestre del 2022. Il c. 2 dell’art. 25, dopo aver delineato l’ambito oggettivo di applicazione, stabilendo che la nuova disciplina compensativa si applica ai contratti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto, ovvero dal 2 marzo 2022, prevede che il Mims dovrà determinare, con proprio decreto da adottare entro il prossimo 30 settembre 2022, le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all’8%, verificatesi nel primo semestre dell’anno 2022, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi. Significativa, rispetto alla previgente disciplina, la novità concernente l’espressa previsione in base alla quale il ministero, nell’adottare il decreto di rileva- zione, dovrà attenersi alle modalità di rilevazione messe a punto dall’Istat. Sul punto, in effetti, il citato art. 25 rinvia espressamente all’art. 29 del d.l. n. 4/2022, in cui è previsto che l’Istituto di statistica provvede a definire, sentito lo stesso Mims, la nuova metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Per quanto riguarda le modalità di erogazione delle compensazioni, i cc. 3 e 4 dell’art. 25 prevedono che la disciplina compensativa trovi applicazione: con riferimento alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite

(13) Tuttavia, occorre tener conto che sono soggetti a revisione i lavori eseguiti dal 1° gennaio al 30 giugno 2021, ancorché solo annotati nel libretto delle misure. Trattasi di un importante chiarimento acquisito in forza dell’art. 16, c. 3-novies, della l. 9 novembre 2021, n. 156, di conversione con modifiche del d.l. 10 settembre 2021, n. 121, che conferisce maggiore aderenza alle situazioni di fatto per il computo del dovuto.

(14) Sul versante soggettivo, la stessa circolare precedentemente citata (punto 2.5) pone l’adempimento di chi debba materialmente provvedere ai computi in prima battuta in capo al direttore dei lavori che, sulla base delle previsioni progettuali: per le opere contabilizzate a misura dovrà individuare la quantità delle lavorazioni contabilizzate che contengono il materiale da costruzione presente nella tabella allegata al decreto, di volta in volta rilevante; per le opere contabilizzate a corpo le percentuali di avanzamento delle lavorazioni che lo contengono. Spetta invece al responsabile del procedimento: convalidare i conteggi effettuati dal direttore dei lavori, che quest’ultimo avrà loro tempestivamente trasmesso; verificare la disponibilità nel quadro economico dell’intervento delle somme da utilizzare per la compen- sazione; richiedere alla stazione appaltante, ove occorra, l’utilizzo delle ulteriori somme disponibili o che diverranno tali; provvedere, infine, ad effettuare il relativo pagamento.

(15) Precisa il c. 2 che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, l’Istat, sentito il Mims, dovrà definire la metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione di cui alla lett. b) del c. 1. Successivamente, e in particolare entro il 31 marzo e il 30 settembre di ciascun anno, sulla base delle elaborazioni effettuate dall’Istat, il Mims procederà alla determinazione, con cadenza semestrale e con proprio decreto, delle variazioni percentuali dei singoli materiali da costruzione più significativi relative a ciascun semestre. Invero, il decreto si occupa di definire le regole concernenti le metodologie di rilevazione, onerando di tale compito l’Istat. Solo successivamente il ministero potrà adottare i decreti di rilevazione semestrale.

I successivi cc. da 3 a 6 disciplinano le modalità di erogazione delle compensazioni, che saranno determinate applicando la percentuale di variazione che eccede il 5% del prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nei 12 mesi prece- denti al decreto ministeriale di rilevazione delle variazioni, ovvero quello di cui al c. 2, nelle quantità accertate dal direttore dei lavori.

Quest’ultimo, inoltre (innovando sensibilmente rispetto alla disciplina ex art. 1-septies d.l. n. 73/2021), verifica che l’esecuzione dei lavori sia avvenuta nel rispetto dei termini indicati nel cronoprogramma (c. 4), mentre vengono espressamente esclusi dalle compensazioni i lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta (c. 5). Laddove la maggiore onerosità provata dall’esecutore sia relativa ad una variazione percentuale inferiore a quella riportata nel decreto di cui al secondo periodo del c. 2, la compensazione è riconosciuta limitatamente alla predetta inferiore variazione e per la sola parte eccedente il 5% e in misura pari all’80% di detta eccedenza. Nel caso, invece, di accertamento di una onerosità maggiore, la compensazione sarà riconosciuta nel limite massimo della variazione riportata nei decreti, per la sola parte eccedente il 5% e in misura pari all’80% di detta eccedenza.

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e contabilizzate, ovvero annotate sotto la responsabilità del direttore dei lavori nel libretto delle misure, dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2022; anche in deroga a quanto previsto dall’art. 133 del d.lgs. n. 163/2006 e dall’art. 106, c. 1, lett.

a), del d.lgs. n. 50/2016; che le compensazioni saranno determinate al netto delle compensazioni eventualmente già riconosciute e liquidate in relazione al primo semestre 2022. In merito alle modalità di calcolo, poi, similmente a quanto previsto per il 2021, è previsto che le compensazioni siano determinate applicando alle quantità di materiali impiegate nelle lavorazioni relative al primo semestre 2022 le variazioni, in aumento o in diminuzione, rilevate dal Mims attra- verso un proprio d.m. (16).

Per quanto concerne le modalità di compensazione, la norma, ai cc. 5 e 6, stabilisce che:

- per le variazioni di prezzo in aumento, sarà onere dell’appaltatore presentare alla stazione appaltante appo- sita istanza di compensazione, a pena di decadenza, entro 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del decreto mini- steriale di rilevazione, mentre

- per le variazioni in diminuzione, il procedimento sarà attivato d’ufficio dalla stazione appaltante nel medesimo termine di cui sopra, e sarà il r.u.p., una volta accertato il credito dell’amministrazione con proprio provvedimento, a procedere agli eventuali recuperi.

5. Sopravvenienze relative al profilo funzionale del contratto e problematiche attinenti al suo momento genetico In secondo luogo, va sottolineato come il problema concerne, come è facilmente intuibile, non solo il profilo fun- zionale del contratto, ma anche il suo stesso momento genetico: pur in presenza di norme pubblicistiche, come si vedrà, di sostegno all’economia, dobbiamo interrogarci sulla fattispecie – del tutto singolare e nuova nella prassi – di revoca dell’aggiudicazione per mancanza della stipulazione del contratto.

5.1. Revoca dell’aggiudicazione per mancanza della copertura finanziaria

È noto – su un piano generale – che il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità della revoca (e non l’annulla- mento) dell’aggiudicazione definitiva, avvenuta in forza dell’art. 21-quinquies della l. n. 241/1990, sulla scorta di un orientamento giurisprudenziale affermatosi negli ultimi anni, per il quale le sopravvenute difficoltà finanziarie possono giustificare dei provvedimenti di ritiro o revoca in autotutela delle procedure di gara fino a che il contratto non sia stato stipulato (17): “le sopravvenute difficoltà finanziarie possono legittimamente fondare provvedimenti di ritiro in auto- tutela di procedure di gara, benché queste siano giunte all’aggiudicazione definitiva (in questo senso, da ultimo, Sez.

V, 29 dicembre 2014, n. 6406, in precedenza: Sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 156; Sez. V, 2 maggio 2013, n. 2400), e fino a che il contratto non sia stato stipulato (Ad. plen. 20 giugno 2014, n. 14). La perdita della copertura finanziaria rappresenta infatti una circostanza che legittimamente può indurre l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi all’affidamento di un contratto e dunque riconducibile alla principale ipotesi di revoca di provvedi- menti amministrativi” (18).

È noto, inoltre, che il comportamento contrario a buona fede nella formazione del contratto, dà (o darebbe) luogo, appunto, a responsabilità ai sensi dell’art. 1337 c.c., norma applicabile anche nei confronti della p.a. La conclusione è coerente con l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, fino al recente ap- prodo dell’Adunanza plenaria, che ha enunciato i seguenti principi di diritto:

“1. Anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scor- retto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza.

2. Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento.

3. La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti an- teriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede”(19).

Nello specifico, la perdita della copertura finanziaria prevista originariamente per un’opera pubblica rappresenta una circostanza che giustamente “può indurre l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi

(16) Anche per i primi sei mesi del 2022 è prevista un’alea a carico delle imprese, pari all’8%, per le offerte riferite all’anno 2022, e al 10% complessivo se riferite a più anni, come del resto già previsto nella disciplina del 2021.

(17) Cons. Stato, Sez. V, n. 6406/2014, n. 2400/2013; Sez. IV, n. 156/2013; e, da ultimo, Ad. Plen. n. 14/2014.

(18) Cons. Stato, Sez. V, n. 2013/2015, nonché, tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, n. 5091/2017.

(19) Cons. Stato, Ad. plen., n. 5/2018.

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all’affidamento di un contratto e dunque riconducibile alla principale ipotesi di revoca di provvedimenti amministra- tivi”(20).

5.2. Revoca dell’aggiudicazione per mancata stipula da parte del contraente privato

Il problema, per così dire nuovo, concerne, invece, la diversa fattispecie in cui la stazione appaltante ha individuato con il provvedimento di aggiudicazione il contraente e questi non addiviene alla stipula del contratto entro i termini previsti, a causa dell’aumento dei prezzi intervenuti medio tempore.

È noto al riguardo che, secondo la «costruzione c.d. bifasica tradizionale, per la quale nella formazione dei contratti ad evidenza pubblica, le “procedure di affidamento” si collocano in una fase pubblicistica perché consistono in pecu- liari procedimenti amministrativi, che si concludono con il provvedimento di aggiudicazione; a questa segue la “sti- pulazione del contratto” che comporta la formale assunzione degli impegni negoziali e dà luogo alla fase esecutiva, la quale, ponendo le parti in posizioni sostanzialmente paritetiche, è rimessa alla cognizione del giudice ordinario.

In effetti, la ricostruzione a due fasi – sistematicamente coerente con la previgente disciplina dei contratti pubblici, nella quale, in prevalenza, il provvedimento di aggiudicazione teneva luogo del contratto – è stata messa in crisi, dapprima con il d.lgs. n. 163 del 2006 e, poi, col d.lgs. n. 50 del 2016. L’attuale Codice dei contratti pubblici (in linea di continuità col precedente) prevede che l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta (art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016); colloca nella fase successiva all’aggiudicazione la verifica del possesso dei requisiti (art.

32, comma 7) e l’esercizio dei poteri di autotutela assoggettati alle disposizioni di cui alla legge n. 241 del 1990 (art.

32, comma 8, primo periodo); impone una crasi temporale tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione e la stipula del contratto (essenzialmente ai fini del c.d. stand still, preordinato al consolidamento della scelta del con- traente, a fronte della possibile proposizione di ricorsi giurisdizionali: art. 32, commi 10 e seg.).

Risulta così delineata, sotto il profilo sostanziale e per via normativa, una terza fase, intermedia alle due tradizio- nalmente delineate (cioè collocata tra i due confini “esterni” dell’aggiudicazione e della stipula del contratto), alla quale vanno riferite le segnalate oscillazioni interpretative dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, Cod. proc. amm.» (21).

Alla luce di ciò, la giurisprudenza sottolinea che, nel caso in cui la responsabilità per la mancata stipula faccia capo all’aggiudicatario, non si verte in ipotesi di responsabilità precontrattuale e non è possibile, dunque, ravvisare una violazione dei principi di correttezza e buona fede nelle trattative precontrattuali, giacché il privato offerente, divenuto aggiudicatario, ha l’obbligo di stipulare il contratto. La conclusione discende dallo stesso codice dei contratti pubblici ed in particolare, dall’art. 93, c. 6, dal quale si evince che l’aggiudicatario risponde per la “mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” dovuta ad ogni fatto a lui riconducibile; dall’altro, l’art. 32, c. 6, specifica che l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine a disposizione della stazione appaltante per addivenire alla stipula. In sostanza, “quando l’obbligazione ex lege del privato di addivenire alla stipulazione del contratto rimanga inadempiuta per fatto dell’aggiudicatario, questi è soggetto all’escussione della garanzia prestata per la partecipazione alla gara e, se l’inadempimento sia a lui imputabile anche a titolo di colpa, è tenuto al risarcimento del danno in misura pari all’eccedenza rispetto alla già prestata cauzione” (22).

6. Ius variandi del bilancio dovuto allo ius variandi contrattuale: le modalità di copertura delle maggiori spese 6.1. L’individuazione delle modalità di attingimento delle risorse supplementari a copertura

È naturale pensare, a questo punto, alle modalità di attingimento, nelle varie ipotesi considerate, delle indispensabili risorse supplementari – di qui lo ius variandi in tema di bilancio – e se queste – domanda fondamentale – possano essere attinte dal c.d. fondone per la parte corrente, o dal Pnrr per la parte capitale. A questo ultimo proposito il legi- slatore ha dedicato alcune disposizioni alle opportunità di attingimento alle risorse dei fondi per la resilienza in caso di aumento dei costi (art. 23 d.l. n. 21/2022; art. 29, cc. 7 ss., d.l. n. 4/2022, convertito in l. 28 marzo 2022, n. 25).

Anticipiamo sin d’ora in questa sede che non vi è affatto discrezionalità da parte dell’amministrazione nella indivi- duazione delle risorse da destinare a copertura delle maggiori spese dovute all’emergenza energetica.

6.2. Le risorse individuate a copertura per la parte capitale e l’utilizzo parziale delle risorse del Pnrr

Per quel che maggiormente rileva ai fini del presente studio, il citato art. 1-septies del d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito in l. 23 luglio 2021, n. 106, al c. 6 stabilisce che per l’individuazione delle risorse si debba procedere anzitutto utilizzando il 50% di quelle accantonate per imprevisti, fatte salve le somme indisponibili in quanto relative ad impegni contrattuali già assunti, nonché le ulteriori somme eventualmente a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento e stanziate annualmente; ancora, possono essere utilizzati i ribassi d’asta, se non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti. Al di fuori delle dotazioni finanziare proprie dello specifico intervento, possono utilizzarsi quelle relative ad altri interventi ultimati di competenza della stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione nel rispetto delle procedure contabili della

(20) Cons. Stato, Sez. V, n. 5091/2017, cit.

(21) Cons. Stato, Sez. V, n. 7217/2021.

(22) Ibidem.

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spesa, nei limiti di quella residua autorizzata, disponibile alla data di entrata vigore della legge di conversione del d.l.

n. 73/2021 (24 luglio 2021).

In caso di risorse insufficienti, le amministrazioni devono attivarsi in modo tempestivo per non perdere le disponi- bilità dell’apposito fondo. Infatti, la più volte citata circolare, al punto 2.5, precisa che le stazioni appaltanti avranno cura di procedere alle attività innanzi descritte in tempi compatibili con gli adempimenti previsti dal d.m. infrastrutture e mobilità sostenibili 30 settembre 2021, n. 371. Questa indicazione è in correlazione con l’art. 1-septies, c. 8, del d.l.

n. 73/2021, il quale, a sua volta, stabilisce che in caso di insufficienza delle risorse disponibili per le compensazioni, alla copertura degli oneri si provvede con un fondo istituito presso il Mims, avente una dotazione di 100 milioni di euro per il 2021, il cui utilizzo sarà disciplinato con decreto del medesimo ministero (23).

In secondo luogo, va evidenziato che il d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici”, nei cc. da 7 a 10 dell’art. 29 individua le risorse per le compensazioni, prevedendo le seguenti tipologie: somme accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, in misura non inferiore all’1%

dell’importo dei lavori e fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti; eventuali ulteriori somme a disposizione per lo stesso intervento, nei limiti della relativa autorizzazione annuale di spesa; somme derivanti da ribassi d’asta, a condizione che non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti; somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori, per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione.

La norma, in particolare al c. 8, stabilisce che per i soli lavori finanziati in tutto o in parte dal Pnrr (24) o dal Pnc (25), e fino al 31 dicembre 2026, le stazioni appaltanti non dotate di sufficienti risorse proprie tra quelle ora indicate possono accedere al “Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche” (26), sebbene nel limite del 50% delle risorse annualmente disponibili e che costituiscono limite massimo di spesa annuale. Altresì, si prevede che tale Fondo venga appositamente alimentato anche con le eventuali risorse resesi disponibili, dalla data di entrata in vigore del decreto (27 gennaio 2022) fino al 31 dicembre 2026, a seguito dell’adozione di provvedimenti di revoca dei finanziamenti statali relativi ad interventi di spesa in conto capitale, ed è incrementato di 40 milioni di euro per il 2022 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023-2024, interamente destinati alle compensazioni per le opere pubbliche. Al fine di assicurare omogeneità della formazione e dell’aggiornamento dei prezzari regionali, è disposto che il Mims, entro il 30 aprile 2022 (27), adotterà con proprio decreto apposite linee guida per la determinazione dei prezzari, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Istat, nonché previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (c. 12).

Nelle more della determinazione di tali prezzari e nei limiti delle risorse stanziate per ogni intervento, le stazioni ap- paltanti, per i contratti relativi a lavori, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, possono incrementare ovvero ridurre le risultanze dei prezziari all’adeguamento dei prezzari in ragione delle rilevazioni di cui ai predetti decreti semestrali adottati dal ministero (c. 11).

Infine, per ciò che concerne l’ultimo intervento in ordine di tempo del legislatore (d.l. 1 marzo 2022, n. 17), la disposizione di maggior interesse per la valutazione dello ius variandi in termini finanziari è rappresentata dall’art. 25, i cui cc. 1, 7 e 8 individuano le risorse utilizzabili: ivi si stabilisce che le stazioni appaltanti dovranno provvedere alle compensazioni anzitutto con risorse proprie, attingendo ai seguenti fondi: il 50% delle somme appositamente accanto- nate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, se non destinate ad altri impegni contrattuali già assunti, nonché eventuali ulteriori somme a disposizione per lo stesso intervento; i ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa utilizzazione secondo le norme vigenti; le somme relative ad altri interventi ultimati, per i quali siano stati eseguiti i collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione, nei limiti disponibili alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Nel caso di incapienza di tali fondi, le stazioni appaltanti, ad esclusione dei concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici per i lavori realizzati o affidati dagli stessi, potranno provvedere alle compensazioni chiedendo di accedere all’apposito Fondo per l’adeguamento dei prezzi, già istituto dall’articolo 1-septies, c. 8, d.l. n.

73/2021, e regolato dal decreto del Mims 30 settembre 2021 (28).

(23) Trattasi del d.m. infrastrutture e mobilità sostenibili 30 settembre 2021, finalizzato a garantire la parità di accesso alle relative disponibilità a seconda che il destinatario della compensazione sia una piccola impresa, una media o una grande, e la conseguente propor- zionalità nell’assegnazione delle risorse per ciascuna categoria.

(24) Il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

(25) Il Piano nazionale complementare o per gli investimenti complementari.

(26) L’art. 7 del d.l. n. 76/2020, convertito dalla l. n. 120/2020, ha previsto l’istituzione di un Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, al fine di evitare che maggiori fabbisogni finanziari, dovuti a sopravvenute esigenze o temporanee insufficienti disponibilità finanziarie annuali, possano costituire un ostacolo alla realizzazione delle opere pubbliche. Beneficiari del Fondo sono le stazioni appaltanti e le somme sono destinate a finanziarie la prosecuzione dei lavori necessari alla realizzazione dell’opera.

(27) Si tratta del d.m. Infrastrutture e mobilità sostenibili 5 aprile 2022, “Modalità di utilizzo del Fondo per l’adeguamento dei prezzi dei materiali da costruzione”, in G.U. n. 100 del 30 aprile 2022

(28) Per le compensazioni del primo semestre 2022, l’accesso al Fondo è consentito sino alla concorrenza di un tetto massimo di 150 milioni di euro, a seguito dell’apposito incremento previsto dal c. 1.

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6.3. Le risorse a copertura della spesa di parte corrente

Per la parte corrente il quesito fondamentale concerne, come detto, l’attingimento delle risorse derivanti dal c.d.

fondone.

È vero che, per la parte corrente e per le spese di funzionamento, molti comuni hanno da tempo operato meccanismi virtuosi di efficientamento energetico, ma è anche vero che il caro bollette potrà determinare indubitabilmente seri problemi di tenuta del bilancio.

Al riguardo, la Ragioneria generale dello Stato (nota del 25 gennaio 2022) ha rappresentato che «le risorse assegnate agli enti locali a valere sul Fondo per l’esercizio delle funzioni degli enti locali di cui all’articolo 106 del decreto- legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, come rifinanziato dall’ar- ticolo 39 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, sono vincolate alla finalità di ristorare la perdita di gettito connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19 te- nendo conto delle minori spese e delle maggiori spese (al netto dei ristori) legate alla richiamata emergenza. Ciò premesso, non è possibile considerare “maggiori spese Covid” le maggiori spese da sostenere per i rincari delle utenze in quanto non strettamente correlate alla richiamata emergenza e, conseguentemente, non si ritiene ammissibile il loro finanziamento a valere sulle risorse del richiamato Fondo».

Circa invece l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione, che fa riferimento “a quelle risorse del risultato di ammini- strazione acquisite nel corso della gestione dell’anno o rinvenienti da esercizi precedenti che non sono state ancora utilizzate”, la Corte dei conti, Sezione di controllo per la Lombardia, con delib. n. 63/2022, ha specificato che i fondi liberi del risultato di amministrazione non possono essere utilizzati prima dell’approvazione del rendiconto e, in ogni caso, il loro utilizzo è vincolato ad alcune finalità indicate, con un preciso ordine di priorità, all’art. 187, c. 2, del Tuel, aventi come ratio quella di garantire la salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Come è noto, con sentenze n. 138/2019 e 167/2021, la Corte costituzionale, ha chiarito che l’avanzo di amministra- zione non può essere concepito al pari di un utile di esercizio, “il cui impiego sarebbe nell’assoluta discrezionalità dell’amministrazione”, ma, al contrario, “soggetto a un impiego tipizzato”; il che avviene, in rigoroso ordine di priorità, per le seguenti finalità:

- copertura dei debiti fuori bilancio;

- provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, se non possa provvedersi con mezzi ordi- nari;

- finanziamento di spese di investimento;

- finanziamento di spese correnti a carattere non permanente;

- estinzione anticipata dei prestiti.

Alla luce di quanto sopra esposto, la Sezione regionale di controllo conclude nel senso che l’avanzo di amministra- zione può essere utilizzato per far fronte alle spese energetiche, ma solo in conformità alle specifiche finalità indicate e nell’ordine di priorità di cui ex art. 187, c. 2.

Va sottolineato, da ultimo, che il legislatore è comunque intervenuto in soccorso degli enti locali con il c.d. “Decreto energia”: peraltro, le risorse stanziate appaiono palesemente insufficienti a fronte di costi energetici ordinari stimabili tra i 1.600 e i 1.800 milioni di euro, come messo in evidenza dall’Anci.

7. Strumenti di rimodulazione del contratto di utenza energetica e clausola di buona fede

C’è da chiedersi, pertanto, cosa succede se il quadro finanziario delle risorse messe a disposizione nel bilancio dell’ente locale risulti ugualmente insufficiente: ovverosia se i contratti di utenza per gas ed energia richiedano maggiori risorse di quelle preventivate.

Orbene, ad evitare che il corrispettivo del contratto (non solo quelli di durata) subisca, nel corso del tempo, aumenti incontrollati tali da sconvolgere l’assetto sinallagmatico sulla cui base è avvenuta la negoziazione, esistono in ogni caso strumenti di rimodulazione del rapporto, come ben indicato dalla Cassazione civile, in cui il rimedio opera attraverso la clausola generale di buona fede e del principio costituzionale di solidarietà. Si tratta cioè di individuare strumenti e rimedi volti alla rinegoziazione del rapporto d’appalto pubblico e privato in relazione all’eccezionale aumento del costo delle materie prime.

È utile rammentare nuovamente che la Corte dei conti ne ha fatto applicazione per ciò che concerne la fattispecie dei c.d. contratti attivi (in particolare di locazione degli immobili comunali: Sez. contr. reg. Emilia-Romagna n. 32/2021 e Sez. riun. 17 maggio 2021, n. 7 (29)), stabilendo un vero e proprio obbligo di rinegoziazione: e ciò in conformità a

(29) Corte conti, Sez. riun., 17 maggio 2021, n. 7, in questa Rivista, 2021, 3, 109, perviene alla conclusione secondo cui “gli enti locali, in presenza di una richiesta di riduzione del corrispettivo dei contratti di locazione di diritto privato stipulati con imprese esercenti attività di ristorazione, motivata dai plurimi provvedimenti di chiusura al pubblico emanati nel corso dell’emergenza epidemiologica da Covid- 19, e dalla conseguente crisi economica, possono assentirvi, in via temporanea, all’esito di una ponderazione dei diversi interessi coinvolti, da esternare nella motivazione del relativo provvedimento, in particolare considerando elementi quali:

i. la significativa diminuzione del valore di mercato del bene locato;

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