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L'indebitamento esterno dei Paesi in Via di Sviluppo: situazione e prospettive

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Academic year: 2022

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L'indebitamento esterno dei Paesi in Via di Sviluppo:

situazione e prospettive

Esposizione del Governatore onorario della Banca d'Italia

PAOLO BAFFI

Introduzione del Presidente del Senato

AMINTORE FANFANI

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SENATO DELLA REPUBBLICA

INTEGRAZIONI CONOSCITIVE AL DIALOGO PARLAMENTARE

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INDICE

Introduzione del Presidente del Senato . . . Pag. 7 Esposizione del Prof. Paolo Baffi . . . " 13 Interventi sulla esposizione:

Defraigne ... . " 43

Carli ... . » 47

Baffi. ... · · · »

so

Petrilli. ... . » 52

Sarcinelli ... . " 54 Castriota ... · . , » 56

Masera ... . » 58

Taviani ... · ... . » 61

_Senghor ... . » 64

Baffi ... · · · » 67

Fanfani ... . » 69

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AMINTORE FANFANI

INTRODUZIONE ALLA INTEGRAZIONE CONOSCITIVA SU

«L'INDEBITAMENTO ESTERNO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO:

SITUAZIONE E PROSPETTIVE»

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Con la riforma dei propri regolamenti avvenuta nel 1971 il Senato apri le aule delle proprie Commissioni ad incontri con competenti cittadini estranei all'ambito parlamentare, per accre- scere concretezza ed equilibrio alle deliberazioni legislative dei propri organi.

Dal dicembre 1981 il Senato ha allargato quella iniziativa, principiando proprio in questa restaurata Sala Zuccari con una serie di incanti-i di esperti italiani e stranieri, particolarmente capaci di integrare le conoscenze specifiche dei senatori, a loro necessarie per concludere nel migliore dei modi il dialogo parlamentare sui problemi aperti.

Cosi le 16 integrazioni conoscitive, svolte in questa Aula sinora da esperti italiani e stranieri, hanno aiutato il Senato ad accertare nel modo migliore cause, riflessi, risolubilità di diversi problemi. Tra essi, quelli riguardanti la disputa tra monocame- ralismo e bicameralismo e sulle carenze presenti, gli attesi accrescimenti delle risorse energetiche ed alimentari nell'ambito mondiale, quelli infine concernenti il rallentamento recato allo sviluppo ed alla pace dalla sempre crescente corsa agli arma- menti.

Diverse delle più incisive integrazioni sinora svolte hanno messo in rilievo che senza armonico sviluppo non si consolide- rà la pace, senza adeguata cooperazione internazionale non perdurerà l'auspicato sviluppo, senza un adeguamento anche delle istituzioni alle innovazioni tecnologiche, il sostegno popo- lare alle istituzioni civili e democratiche diminuirà, rendendo vani i propositi di assicurare quella stabilità di cui qualsiasi organo dirigente di umane consociazioni ha bisogno per tempe- stivamente programmare e concretamente attuare le scelte pro- poste per risolvere i problemi incombenti.

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Quindici giorni fa esperti di tutto il mondo, nella sede loro offerta dalle due Camere della Repubblica, hanno richiamato l'attenzione sulla gravità umanitaria sociale e politica del pro- . blema della fame. In molti degli interventi fatti in quella sede è

stata sottolineata l'ipotesi che al suo persistente aggravamento stia concorrendo il crescente indebitamento dei Paesi a ritarda- to sviluppo. In quella sede, annunziai che prossimamente il Senato avrebbe dedicato una delle intercorrenti integrazioni conoscitive alla individuazione della sostanza, delle cause, dei riflessi del suddetto grave problema.

Ho invitato ad aprire l'odierno discorso un uomo che da decenni ha prestato particolarmente attenzione ai diversi aspetti dei problemi che si intrecciano con quello che è al centro di questo incontro.

La mia richiesta a Paolo Baffi, di integrare le conoscenze che noi politici riteniamo di avere in materia, non è nata soltanto dal vivo ricordo degli studi ai quali, a cavallo degli anni 20-30, sia pure in due distinte università milanesi, ci awiarono Giorgio Mortara e Gustavo Del Vecchio, Marcello Boldrini e Giovanni De Maria. Mi ha consigliato di ricorrere in questa occasione a Paolo Baffi la conoscenza, spesso diretta e personale, che negli ultimi venti anni ho potuto avere della qualità del suo concorso alla precisazione e soluzione di ardui problemi politici ed economici da risolvere in campo nazionale e internazionale.

Del resto, anche per questa persistente stima, il professor Baffi, dopo la cessazione dalle sue funzioni di Governatore della Banca d'Italia, si è visto posto in preminenti posizioni di consiglio e di dirigenza di importanti enti di studi monetari, bancari, economici.

La graditissima larga affluenza di esperti italiani e stranieri e di rappresentanti della stampa all'odierno incontro conferma l'autorevolezza di Paolo Baffi e autorizza a presagire che, come sempre awenuto al termine dell'esposizione introduttiva, richie- ste di chiarimento su quanto udito renderanno particolarmente utile questa XVI I Integrazione Conoscitiva.

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A tal fine, l'oratore ci ha chiesto di far venire a questo tavolo il senatore Guido Carli, il Direttore Generale del Tesoro Mario Sarcinelli ed il dirigente della Banca d'Italia Rainer Masera per evenutali chiarimenti supplementari sulle richieste degli uditori.

Sono in grado di preannunciare che, nel corso del prossimo mese di marzo, quanto qui udremo oggi potrà aiutare i senatori a sostenere nella loro Assemblea il dialogo con il Governo richiesto da documenti già presentati alla Presidenza.

Il verificare in Aula il dibattito che qui si è cercato di orientare potrebbe consentire alle forze politiche di dimostrare che esse possono trovare punti di saldo incontro su precisi impegni programmatici con il sostegno parlamentare necessario a trasferire la stabilità, ambita da qualsiasi Governo, dal campo degli auspici ricorrenti al campo di seri impegni generatori di attuazioni che accrescano l'autorevolezza del Governo e renda- no chiara l'esistenza di una maggioranza parlamentare.

Il dovere che i rappresentanti del popolo hanno di favorire la ripresa economica del nostro paese, lo svolgimento positivo del dialogo che le due massime potenze dicono di voler portare a benefiche conclusioni, impongono decisioni costruttive per la soluzione anche di molti altri problemi. Essi possono sembrare minori come quello oggi affrontato; .ma invece sono in stretta correlazione con quelli massimi del disarmo, del trasferimento di enormi investimenti dal settore della difesa a quel/~ dello sviluppo. Sotto questo profilo, anche il discorso che ci accingia- mo ad ascoltare non è diverso per fine ultimo rispetto a quelli di Ginevra, a quelli del Medio Oriente, del Mediterraneo, del Ciad, del Sud Africa, di Haiti, dell'America Latina e delle Filippine. Il discorso che il professor Baffi sta per iniziare, e per il quale gli ripeto la nostra gratitudine, è basilare per la politica da sv?lge- re, diretta ad eliminare o almeno a ridurre ogni causa di inquietitudine, di rivolte interne, di scontri internazionali e di altre awenture più temibili. ·

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PAOLO BAFFI

L'INDEBITAMENTO ESTERNO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO:

SITUAZIONE E PROSPETTIVE

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Ritengo doveroso indica:çe in apertura di discorso lo stato d'animo col quale mi accinga' a trattare il tema asse- gnatomi dal Presidente Fanfani. La letteratura riguardante il debito internazionale si è venuta accrescendo, nel corso dell'ultimo decennio, ad un ritmo paragonabile con quello del proprio oggetto. Di questa Jjcca fioritura è indice l'esi- stenza di oltre settanta diversi piani di attacco ai problemi che il debito pone.

Il tempo di cui ho potuto disporre per approfondire la conoscenza di un materiale così vasto e recente ai fini dell'odierno contributo si è rivelato nettamente insufficiente.

Lo sforzo conoscitivo ha dovuto per giunta applicarsi a testi sempre un poco in ritardo rispetto a una realtà in rapido movimento ed a statistiche che, in questo mese di febbraio, offrono soltanto, per lo scorso anno, dati parziali e stime.

Nella ricerca, presentazione e interpretazione dei dati sono stato aiutato dai dottori Falchi e Micossi, economisti della Banca d'Italia, cui esprimo la mia gratitudine. Sono anche obbligato verso la Morgan Guaranty che mi ha comu- nicato i dati, raccolti nella tavola 4, aggiornati al 1985, con qualche anticipo sulla pubblicazione, avvenuta appena ora.

Il flusso dell'informazione che accompagna l'incessante cangiare dello stato dei rapporti di credito fra paesi e del loro contesto nasce da tre ordini di fonti, che sono la stampa periodica, le relazioni annuali degli istituti ed organizzazioni internazionali, il Fondo monetario, la Banca mondiale, la Banca interamericana, la BRI, l'ONU, l'OCSE, l'UNCTAD;

infine, le analisi degli istituti di ricerca e degli accademici,

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nelle quali si toccano talora elevati gradi di astrazione, fino alla costruzione di teorie pure del debito internazionale, fondate su raffinate applicazioni della logica matematica, della teoria dei mercati di credito, della teoria dei giochi, di quella dell'informazione. Tra le analisi dovute agli istituti di ricerca merita ricordo - per novità, intelligibilità e pregio intrinseco - quella appena uscita, a cura dell'Istituto Italo Latino Americano sulle prospettive finanziarie a medio ter- mine di quel sub-continente.

Alle fonti esterne d'informazione si aggiunge, per alcuni l'esperienza diretta che dei fatti essi acquisiscono nella veste di protagonisti dei rapporti economici internazionali: quali operatori economici, uomini politici, funzionari di governo.

Da qualche anno non appartengo ad alcuno di questi gruppi. La mia informazione poggia dunque essenzialmente sulle prime due fonti, solo in parte sulla terza, e presenta vuoti che avrebbero dovuto forse indurmi a declinare l'ami- chevole invito del Presidente Fanfani. Ma al rischio di dispia- cergli ho preferito l'altro, di presentarmi a questo eletto uditorio pur nel timore di non corrispondere alla sua attesa e di non saper ripagarlo del tempo sottratto ad altre cure con la cortese presenza in questo luogo.

Il processo di accumulazione del debito dei paesi in via di sviluppo ha preso impeto a partire dal 197 3, quando il cartello dei paesi produttori di petrolio decise di quasi quadruplicare il prezzo del barile, con un colpo brutale che pose ai paesi importatori l'alternativa tra finanziamento e aggiustamento, ossia tra far fronte al maggior costo con l'uso delle riserve valutarie e del credito estero, o adottare politi- che restrittive, di ordine monetario e fiscale, atte a contenere il volume complessivo delle importazioni, a prezzo di far cadere il ritmo dell'attività economica interna.

I paesi. sviluppati ricorsero a politiche composite, nelle quali fecero posto, in vario grado, all'uno e all'altro strumen- to. Se l'approccio della restrizione fosse stato scelto in via

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esclusiva o dominante, esso avrebbe sortito l'effetto di una caduta verticale della domanda mondiale, che avrebbe colpi- to le correnti di esportazione degli stessi paesi deficitari.

Nella situazione finale, lo sforzo di correzione del disavanzo esterno posto in atto da ciascun paese sarebbe stato vanifica- to, in gran parte, dall'analogo tentativo degli altri: alla fine del generale processo deflattivo sarebbe sussistita soltanto, come effetto residuale, una riduzione globale del fabbisogno di fonti di energia, ottenuta da un prezzo altissimo in termi- ni di minor reddito prodotto.

Seppure temperato, il ricorso alla restrizione fu abba- stanza importante e diffuso da collocarsi fra le cause mag- giori della recessione economica mondiale del 1975, che colpì gravemente anche il nostro paese. Il reddito nazionale dell'Italia si contrasse in quell'anno di quasi un 4 per cento, e il tentativo di rilancio della domanda, attuato per uscire dalla crisi produttiva, ci precipitò in un'altra: quella del cambio, apertasi all'inizio del 1976.

L'impiego dello strumento alternativo, il finanziamento, fu agevolato, nella seconda metà degli anni Settanta, dalla presenza di alcune condizioni, anche nuove, di ordine istitu- zionale e congiunturale. L'abbandono del tallone aureo da parte degli Stati Uniti, avvenuto nell'agosto 1971, precludeva ai paesi produttori di petrolio l'investimento della valuta che venivano acquisendo in oro tratto dalle riserve ufficiali ed evitava quindi l'effetto di contrazione dell'offerta di moneta che si sarebbe avuto in vigenza del tallone aureo. La valuta si riversò invece sul mercato monetario internazionale, solle- citando una corrispondente offerta di credito a favore dei paesi deficitari.

La storica decisione dell'agosto 1971 aveva creato una condizione di facilità monetaria, che ebbe tra le sue manife- stazioni l'aumento dei prezzi dei prodotti primari e fu tra le cause che spinsero i produttori a moltiplicare, per reazione, il prezzo del petrolio. Ma insieme con questi mali essa

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potenziò l'antidoto dei nuovi circuiti di finanziamento dei disavanzi insorgenti.

In un primo circuito, la valuta incassata dai paesi espor- tatori netti di petrolio, in eccedenza rispetto alla loro capaci- tà di assorbimento di merci e servizi forniti dal!' estero, si diresse al mercato internazionale dei capitali, in parte alle stesse istituzioni multilaterali di finanziamento - il Fondo, la Banca - e dal mercato venne convogliata ai paesi svilup- pati importatori di fonti energetiche, quale mezzo di regola- mento dei loro disavanzi esterni. In un secondo circuito, essa venne offerta ai paesi in via di sviluppo, più specialmente a quelli dell'America latina, da zelanti banchieri impegnati, i maggiori, a scavalcarsi in termini di dimensioni di bilancio e di profitti, i minori, ad acquistare spazio e lustro entrando sul mercato internazionale con l'assistenza al lavoro estero della clientela, l'insediamento sulle grandi piazze, la parteci- pazione a sindacati di prestito. L'offerta di facilitazioni cre- ditizie ai paesi in via di sviluppo andò oltre i loro bisogni immediati di bilancia dei pagamenti, sollecitando l'adozione di politiche espansive che li dilatarono. La valuta presa a prestito, rimessa in circolo dai paesi in via di sviluppo come domanda d'importazioni, rifluiva ai paesi sviluppati e da questi agli esportatori di petrolio che la rioffrivano sui mercati internazionali, la crescita del volume di credito in essere su questi ultimi riflettendo la cumulazione di saldi passivi da parte dei paesi in via di sviluppo non esportatori netti di petrolio.

Verso il 1978 il surplus dei paesi esportatori di petrolio era in via di assorbimento, ma l'anno seguente intervenne il secondo shock, con la triplicazione del prezzo del barile.

Esso ricreò un enorme avanzo esterno dei paesi esportatori:

il balzo all'insù è osservabile nella tavola e nella figura contrassegnate con il numero 1. Lo shock riportò nuovamen- te in rosso, nel 1980, il saldo di parte corrente della bilancia dei pagamenti dei paesi industriali; ma le politiche di aggiu-

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stamento prontamente adottate lo ricondussero all'attivo negli anni 1981-83; il deficit riemerso nel 1984-85 è dovuto interamente agli Stati Uniti.

Il carosello dei finanziamenti internazionali riparti dun- que, fattosi più grandioso, dopo il nuovo shock. Quando, nel 1982, gli avanzi degli esportatori di petrolio presero nuova- mente a ridursi, essi vennero sostituiti da una diversa fonte di alimentazione della liquidità internazionale, cioè dai saldi attivi di contropartita del disavanzo della bilancia dei paga- menti degli Stati Uniti, che apparve allora ed assunse, nel triennio 1983-85, dimensioni colossali. Il gioco alterno dei contrapposti sbilanci riceve evidenza grafica nella figura già richiamata. Un circuito deprecabile che si innestò su quello principale fu l'esportazione, aperta o clandestina, dai paesi dell'America latina, di una parte sostanziale dei fondi loro prestati per scopi di sviluppo.

Sollecitati ad indebitarsi, a tassi reali che nella seconda metà degli anni Settanta furono anche largamente negativi, e premuti dalla domanda di investimento e consumo di popolazioni crescenti, i paesi in via di sviluppo, quelli dell'A- merica latina in ispecie, non posero sufficiente attenzione all'accrescimento dei rischi di illiquidità e di insolvenza cui si esponevano, rischi che sono riflessi nell'innalzamento oltre ogni misura storica dei vari indici di vulnerabilità: i rapporti del debito in essere al prodotto nazionale e all'esportazione, gli analoghi rapporti per il servizio del debito (costituito da interessi e ammortamenti) e per i soli interessi. L'andamento di tali rapporti è rappresentato nelle tavole e nelle figure contrassegnate con i numeri 2 e 3 distintamente per il complesso dei paesi in via di sviluppo ed il gruppo più indebitato, il latino-americano.

Quei rischi erano ulteriormente aggravati dalla evoluzio- ne in atto nelle politiche economiche del resto del mondo, caratterizzate come esse erano da un prevalente intento disinflazionistico, da difetto di coordinamento, dalla trascu-

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ranza delle ripercussioni esterne delle politiche nazionali e quindi dei possibili effetti di ritorno, da una conseguente accentuata ed in parte erratica variabilità dei tassi di inte- resse e di cambio; in termini si.::i nominali che reali, e dei flussi internazionali di fondi.

In un contesto così poco cooperativo, il tasso di sviluppo del prodotto nazionale dei sette maggiori paesi industriali cadde dal 4 per cento nella media del 1977-79 all'l per cento in quella del successivo triennio 1980-82. Il livello dei prezzi delle materie prime non energetiche scese lungo l'intero corso del biennio 1981-82, secondo appare dalla figura 4. I tassi reali d'interesse (cioè i tassi depurati del tasso di inflazione) si impennarono dal 2-3 per cento nel 1980 al 7 per cento circa nel 1982 per l'aumento dei tassi nominali;

nel 1983-85, essi si sono mantenuti invece sugli altri livelli raggiunti per effetto della caduta dei tassi d'inflazione. Il cambio medio effettivo del dollaro, cioè della valuta nella quale è stilata gran parte del debito dei paesi in via di sviluppo, salì di un 25 per cento circa tra 1'80 e 1'82 e di un altro 25 per cento tra 1'82 e l'inizio dell'85. Il suo andamen- to, in termini nominali e reali, è rappresentato, accanto a quello del marco, nella figura 5.

La recessione economica fece cadere il volume dell' e- sportazione dei paesi in via di sviluppo: dopo essersi accre- sciuto ad un ritmo annuo del 4 per cento nel 1977-79 esso si contrasse di un 5 per cento annuo nel suçcessivo triennio 1980-82. I paesi in via di sviluppo non esportatori di petrolio, insieme con la contrazione del volume dell'esportazione subirono il peggioramento della ragione di scambio che nel triennio 1980-82 fu, cumulativamente, di un 13 per cento.

Il rialzo del corso del dollaro, il rincaro del denaro, il restringimento degli sbocchi, la caduta dei prezzi di esporta- zione, il peggioramento della ragione di scambio, costituiro- no per i paesi in via di sviluppo un campo di forze agenti, alcune, nel sensò della riduzione degli incassi di valuta, altri,

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in quello dell'aumento delle erogazioni, in definitiva coope- ranti tutte alla maturazione di una crisi dei trasferimenti, che colpì prima il Messico, nell'agosto del 1982, indi molti altri paesi. La reazione della comunità finanziaria interna- zionale fu insieme sollecita e composta. Le banche centrali, riunite nella BRI, insieme con il Tesoro americano, riusciro- no a montare un certo numero di operazioni ponte che diedero tempo, al Fondo monetario internazionale di definire programmi di assistenza finanziaria e di aggiustamento, intorno ai quali si ordinarono le operazioni di riscadenza- mento e rinegoziazione dei prestiti delle banche commercia- li. Operazioni di riscadenzamento erano state poste in atto, fin dagli anni Cinquanta, per i crediti di stato o garantiti dallo Stato, ad opera del Club di Parigi.

L'insieme degli interventi attuati nel 1982-83 evitò che il sistema dei rapporti finanziari internazionali entrasse in crisi. Il pericolo fu ulteriormente allontanato dal migliora- mento che la congiuntura economica mondiale, e quella dei paesi in via di sviluppo in ispecie, segnò nel biennio 1983-84.

La congiuntura del 1985 ha purtroppo riproposto alcuni degli andamenti negativi del 1980-82: il tasso di sviluppo dell'area OCSE è caduto dal 5 per cento del 1984 al 21/2 del 1985, quello del commercio mondiale dall'8 al 3; le ragioni di scambio dei paesi in via di sviluppo sono nuovamente peggiorate; lo stesso è avvenuto dei loro saldi correnti, nonostante i tagli effettuati sulle importazioni dal 1983 in poi; il peso del debito e del suo servizio, in rapporto àlle esportazioni, è risalito. Intanto, la pressione di alcuni dei maggiori paesi industriali induceva il Fondo monetario a ridurre alquanto l'accesso ai suoi finanziamenti, la Banca mondiale e l'IDA a diminuire le loro erogazioni.

La percezione della serietà delle possibili conseguenze di questi sviluppi nei paesi da essi colpiti, come sul piano dei rapporti internazionali, ha finalmente portato, nello scorso autunno, alla svolta costituita dalla presentazione del cosid-

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detto piano Baker. Il piano fissa, per i paesi in via di svilup- po, un obiettivo di crescita del 5 per cento annuo nel trien- nio 1986-88, il quale appare realizzabile a condizione che le economie dei paesi industriali crescano in ragione del 3 per cento annuo, e il commercio in ragione del 5; che i paesi debitori attuino appropriate politiche macroeconomiche e strutturali; che il flusso dei finanziamenti sia mantenuto in misura fissata dal piano per i 15 paesi su cui grava la metà circa dell'indebitamento totale dei paesi in via di sviluppo in 20 miliardi di dollari dalle banche commerciali - corrispon- denti ad un incremento del 21/2 annuo nella consistenza del debito in essere - e in 9 aggiuntivi nell'insieme del triennio, rispetto a un flusso normale di 6 annui, dalla Banca mondia- le e dalla Banca interamericana.

L'annuncio del piano ha attenuato il clima di tensione dei rapporti Nord-Sud, ma la sua attuazione è ostacolata dal deterioramento intervenuto in quelli tra il Fondo monetario e alcuni paesi debitori, da problemi di gestione interna alla Banca Mondiale, dalla difficoltà di formulare programmi nei quali gli obiettivi dell'aggiustamento e dello sviluppo con- vergano e di modificare e coordinare in questa nuova ottica i criteri operativi dei due istituti.

Successivamente all'annuncio del piano, la caduta del prezzo del barile di petrolio a 15 dollari e quella del cambio del dollaro hanno sostanzialmente mutato il quadro in cui esso si colloca. Le prospettive di crescita dell'economia mondiale appaiono ora più favorevoli: secondo l'OCSE, l' ef- fetto di impatto della caduta del prezzo del petrolio è infatti stimabile ad oltre un punto percentuale di crescita del prodotto nazionale dei paesi industriali. Il connesso abbassa- mento della tensione inflazionistica apre la strada ad un calo dei tassi d'interesse. Questo probabile calo e quello del numerario in cui il debito è espresso offrono ai debitori un duplice beneficio.

Il calo del prezzo del petrolio conduce ad un migliora-

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mento del saldo estero dei paesi in via di sviluppo, che non ne sono esportatori netti, dell'ordine di 10 miliardi di dolla- ri, ma al tempo stesso rende più drammatica la situazione di un gruppo ristretto di paesi in via di sviluppo indebitati, i quali dipendono dal petrolio per un quota elevata delle proprie esportazioni: il Messico, indebitato per 100 miliardi di dollari, l'Equador, la Nigeria, l'Egitto; in un futuro non lontano, anche il Venezuela, che ancora dispone di ingenti riserve, l'Algeria e l'Indonesia potrebbero trovarsi in difficol- tà. La parte del petrolio nel valore della esportazione totale di sei paesi fortemente indebitati è indicata nella tavola 5:

essa arriva ai nove decimi ed oltre per il Venezuela e la Nigeria.

La strategia rafforzata, reinforced strategy, entro la quale si colloca l'iniziativa Baker dovà modellarsi secondo questa nuova configurazione dei punti di crisi, e ridisegnare i ruoli dei vari attori secondo gli insegnamenti del recente passato.

Fra essi, collocherei l'acquisita nozione dei limiti che vari fattori pongono ali' efficienza di un sistema di finanziamento dei paesi in via di sviluppo fondato in prevalenza su prestiti concessi dalle banche commerciali ai governi ed agli enti di settore pubblico. Le banche commerciali sono esperte nella valutazione del rischio di credito a livello microeconomico, della singola impresa, piuttosto che in quella del rischio sovrano, nel quale sono diversi la destinazione dei fondi, il grado di trasformazione delle scadenze, la possibilità di escussione del debitore. In un recente saggio, Rainer Masera ha ricordato le rovine che il rischio sovrano recò, nel Me- dioevo, allè case dei Bardi, dei Peruzzi e dei Medici. La sola penalità in effetti applicabile dalle banche allo stato stranie- ro debitore è la sospensione dei finanziamenti: arma a dop- pio taglio perchè, chiudendo al debitore la prospettiva di una futura assistenza, fa cadere il suo interesse maggiore ad onorare il debito in essere. Quello di gettare il denaro buono dietro il cattivo, throwing good money after bad, non è neces-

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sariamente un comportamento irrazionale. E l'eventuale applicazione di forme di penalizzazione diverse dal ritiro del credito, quali i vincoli al commercio ed ai trasferimenti internazionali del debitore, è affare di governo. Ancora, il concorso di troppe banche nel finanziamento di uno stesso debitore sovrano può dar luogo a fenomeni competitivi non solo in entrata ma anche in uscita, cioè a tentativi individua- li di ricuperare il credito per primi, quando insorgano dubbi sulla solvibilità, liquidità o buona disposizione del debitore:

cioè a fenomeni non dissimili da quelli che le stesse banche subiscono, i runs dei depositanti.

È bensì vero che l'azione pronta e responsabile posta in atto dalle tesorerie e dalle banche centrali, con il concorso delle maggiori banche commerciali creditrici, nel 1982-83 evitò che siffatti comportamenti acquistassero ampiezza e minacciassero la stabilità del sistema dei rapporti finanziari internazionali; ma è anche vero che l'afflusso di fondi dalle banche commerciali ai paesi in via di sviluppo è stato caratterizzato da un elevato grado di variabilità; dopo la bonanza della seconda metà degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, esso si è fortemente ridotto nel 1984 ed inaridi- to nell'85; dal 1983, i pagamenti di interessi effettuati dai paesi in via di sviluppo debitori hanno superato i finanzia- menti netti ricevuti dal mercato. Si è verificata dunque una inversione di ruoli, con trasferimento finanziario netto ai paesi creditori: nel triennio 1983-85, esso si è avvicinato agli 80 miliardi di dollari e, per l'anno in corso, le carte ne segnano altri 40. Rispetto ai paesi a medio grado di sviluppo economico che, indebitandosi sul mercato (i market borro- wers) si sono esposti a queste violente alternanze, gli officia/

borrowers, ai quali la povertà preclude l'accesso al mercato, hanno beneficiato di una maggiore stabilità nei flussi di finanziamento ricevuti.

Il servizio del debito estero ha imposto ai paesi in via di sviluppo, nel corso dell'ultimo triennio, un processo di aggiu-

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stamento di carattere prevalentemente negativo, cioè fonda- to sulla riduzione delle importazioni, degli investimenti e dei consumi. Questi suoi tratti altamente preoccupanti sono messi in evidenza dalla tavola 4 che raccoglie le informazio- ni fornite dalla Morgan Guaranty. I dati sono limitati a dieci paesi dell'America latina; ma da altre fonti si trae che nei paesi africani debitori, la Nigeria in ispecie, l'aggiustamento ha seguito la stessa strada, di forte contrazione delle risorse applicabili agli usi interni.

Chi scorra la tavola, osserverà che per i dieci paesi insieme presi, l'avanzo ·della bilancia commerciale è miglio- rato, in modo abbastanza diffuso, da 12 miliardi di dollari nel triennio 1980-82 a 110 nel 1983-85; che il saldo passivo delle partite correnti è calato, fino quasi ad annullarsi, da 98 a 5 miliardi; che questi risultati sono stati ottenuti in virtù di una contrazione del 30 per cento nel volume dell'importa- zione e di un'espansione del 12 in quello dell'esportazione;

che i redditi pro-capite di quelle popolazioni, nel 1985, sono _ state mediamente inferiori di un sette per cento ai massimi che avevano toccato agli inizi degli anni 80; che questa contrazione della spesa in termini reali solo in alcuni casi, quello dell'Argentina in ispecie, è valsa ad abbattere l'infla- zione.

Appare dal già detto come l'instabilità dei flussi di credito e dei tassi d'interesse sia stata in parte responsabile della forma, assai costosa in termini di benessere, che il processo di aggiustamento ha assunto nei paesi in via di sviluppo. Quella instabilità è essa stessa funzione dell'attuale distribuzione di ruoli, la quale pecca per un'eccessiva pre- senza di debitori di settore pubblico e di creditori di settore privato. L'eliminazione di tale squilibrio esige due correzioni di opposto senso: ossia, che da parte dei paesi debitori si attuino politiche - non solo di assetti proprietari, ma di prezzi, tariffe, tassi di interesse e di cambio - le quali consentano l'allargamento del settore privato ed incentivino

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l'investimento diretto da parte dell'estero; che da parte dei creditori si irrobustisca la capacità di credito· degli istituti internazionali e dei sistemi di finanziamento all'esportazio- ne. Questo irrobustimento postula, a sua volta, la rapida approvazione dell'aumento di capitale della Banca mondiale ed il completamento della VIII Ricostituzione delle risorse dell'IDA. Il Fondo monetario ha la possibilità di utilizzare canali e risorse già disponibili: si ricorderà che nel 1983 i paesi del Gruppo dei Dieci rinnovarono l'Accordo di prestito al Fondo, ampliandone l'ammontare totale da 6 a 17 miliardi di dollari ed aprendone l'eventuale utiHzzo anche a favore di paesi esterni al Gruppo, qualora la stabilità finanziaria mon- diale apparisse minacciata. Le novetoli risorse liquide del Fondo possono dunque essere aumentate, al bisogno, attivan- · do quella del GAB.

Circa il ruolo dei crediti ali' esportazione, si può osserva- re come la realizzazione dei programmi di sviluppo che la nuova strategia colloca, in rapporto di mutua dipendenza, accanto a quelli di aggiustamento, sia necessariamente fon- data sull'investimento. Il credito all'esportazione, per essere concentrato sulla fornitura di beni strumentali, è dunque omogeneo a quei programmi e contiene in se stesso un elemento di verifica della loro congruità. Anche per il credito all'esportazione, che si è sviluppato come strumento di com- petizione commerciale, si pone forse il problema della ricer- ca di assetti più cooperativi.

È quasi superfluo ricordare, infine, tanto di essa si discorre, l'esigenza che i paesi sviluppati mantengano ed accrescano l'apertura dei loro mercati ai produttori primari:

l'Argentina e l'Uruguay hanno nei giorni scorsi lamentato, a ragione, che la CEE pratichi non solo la protezione, ma anche il dumping dei prodotti agricoli.

Nel corso di questa esposizione ho indicato una delle cause di appesantimento della situazione debitoria dei paesi

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in via di sviluppo nell'innalzamento dei tassi d'interesse. Il tasso di riferimento più usato, il cosiddetto LIBOR, per la scadenza a tre mesi sul dollaro, è salito dal 6 per cento nel 1977 al 17 nel 1981. Ho già accennato che in seguito, pur cadendo i tassi nominali, la simultanea flessione dell'infla- zione ha mantenuto quelli reali a livelli storicamente elevati.

Poichè questi tassi superano i saggi di crescita della quasi generalità dei paesi in via di sviluppo, essi impongono sul loro prodotto nazionale un prelievo crescente e alla lunga insostenibile.

Tra i vari piani intesi ad alleviare l'onere del debito dei paesi in via di sviluppo che ho ricordato all'inizio, alcuni toccano il problema dell'altezza dei tassi, con riflessioni che mi paiono meritevoli di richiamo e commento. Mi riferisco più specialmente ai piani del danese Hoffmeyer, governatore di quella banca centrale, e dello svedese Lindbeck. Hoffme- yer propone che i governi dei paesi ricchi concorrano con un sussidio diretto al pagamento degli interessi sui debiti in essere dei paesi poveri e indica due possibili modalità: la prima, consistente in un prelievo fiscale sugli interessi frut- tati dalle riserve in valuta, il cui gettito verrebbe distribuito ai paesi in via di sviluppo in proporzione al carico d'interessi loro incombente sul debito estero; la seconda, consistente nella restituzione diretta di una frazione degli interessi percepiti da parte dei creditori, i quali acquisterebbero un corrispondente credito d'imposta. La proposta è motivata con la considerazione che i sistemi fiscali dei paesi sviluppa- ti, nei quali gli interessi passivi vengono dedotti dal reddito tassabile, creano un incentivo ad indebitarsi che spinge i tassi verso l'alto. Pare a me che Hoffmeyer abbia colto una soltanto delle sollecitazioni verso l'alto che la finanza pub- blica imprime ai tassi. Gli imprenditori, di regola, non prendono denaro a tassi superiori al rendimento atteso sul- l'investimento che faranno; i governi ignorano questo vinco- lo, anzi si indebitano anche per finanziare spese correnti. La

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loro domanda spiazza quella del settore privato, che troverà spazio, a tassi innalzati, per una frazione soltanto degli investimenti che avrebbe fatto ove avesse potuto finanziarli a tassi più bassi. Della prelazione che i governi esercitano sul risparmio, con scarso riguardo ai costi immediati e agli effetti sullo sviluppo, sono chiamati a soffrire anche i paesi in via di sviluppo. La proposta Hoffmeyer mi sembra trova- re, nel rialzo dei tassi che segue a questa diversione del risparmio verso fini improduttivi, una seconda e più robusta radice.

Ognuno sa come l'esempio maggiore della forzatura dei tassi d'interesse che può derivare dalla combinazione di una politica di bilancio lassista con una politica monetaria rigo- rista sia stato fornito, nell'ultimo quinquennio, dagli Stati Uniti. L'innalzamento dei tassi su quel mercato ha sollecita- to un'ampia importazione di capitali che, sul piano interno, ha concorso a finanziare il deficit di bilancio, moderando l'effetto di spiazzamento del settore privato, mentre su quel- lo esterno ha finanziato l'emergere, indi il giganteggiare del disavanzo corrente di bilancia dei pagamenti. Al tempo stesso, essa ha fatto apprezzare il dollaro oltre ogni ragione- vole limite, riducendo ulteriormente la competitività del]' e- conomia americana e preparando la successiva caduta.

L'indifferenza mostrata fino a data recente dalle autorità americane di fronte a questi sconvolgimenti, che è andata anche oltre il benign neglect di amministrazioni precedenti, avrebbe avuto, secondo alcuni, gli effetti benefici di sostene- re la domanda mondiale con l'assorbimento netto di risorse, sia pure da parte di un paese ricco che dovrebbe avere diversa vocazione; di aiutare i paesi in via di sviluppo a servire i debiti in esse0re; di soddisfare la domanda di attività finanziarie in dollari espressa dal resto del mondo, e in ispecie dai cittadini del Sol Levante. Sono qui presenti persone di me più addentro al dibattito di questa tesi. Mi limiterò dunque ad osservare che la domanda di attività

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finanziarie in dollari è funzione anche del tasso offerto; la scelta da parte americana di un mix più equilibrato di politica monetaria e fiscale avrebbe messo capo a una meno alta struttura di tassi, la quale a sua volta avrebbe contenuto quella domanda; mentre la domanda mondiale di beni e servizi avrebbe potuto ugualmente sostenersi ove si fosse realizzato un elevato volume di scambi internazionali, in un assetto più accettabile dei saldi correnti.

Vengo a Lindbeck. Egli propone la trasformazione del debito esistente in un consolidato, postergato nel servizio ai prestiti nuovi, e fruttante un tasso d'interesse inferiore a quelli di mercato, ovvero indicizzato ai prezzi di esportazio- ne spuntati dai paesi debitori. William Gasser, che ha dedi- cato alle varie proposte un saggio critico-tassonomico, osser- va che l'attuazione di quella di Lindbeck sarebbe estrema- mente difficile sul piano giuridico richiedendo il consenso di migliaia di creditori, ovvero l'intervento della legge nei contratti. Tuttavia, l'idea che ne ispira la seconda forma, nella quale l'onere degli interessi verrebbe ragguagliato al prezzo delle esportazioni dei debitori, potrebbe essere realiz- zata per altre vie, ad esempio quella dell'intervento del Fondo monetario internazionale. Esiste già, nell'ambito del Fondo, una Compensatory Financing Facility intesa appunto a compensare le deviazioni accentuate che la bilancia com- merciale dei paesi può segnare, rispetto al proprio trend, per effetto di eventi naturali, sociali o di mercato sfuggenti al loro controllo i quali temporaneamente innalzino il costo delle importazioni o abbassino il ricavo delle esportazioni.

Questa Facility potrebbe essere estesa alle oscillazioni dei tassi d'interesse, i quali nella proposta Lindbeck verrebbero misurati in termini non nominali bensì reali. Si potrebbe anche pensare ad istituire una Facility ad hoc, usando ad esempio i rientri sui prestiti in passato concessi sul Trust Fund costituito con la vendita di una parte dell'oro del Fondo.

(24)

La scelta dei prezzi di esportazione quale parametro di riferimento per il calcolo del tasso reale appare giustificata sul piano storico come su quello logico. Negli anni dal 1980 al 1985, i tassi nominali ponderati assolti dai paesi in via di sviluppo sul loro debito si mantennero entro un campo di variazione assai stretto: dall'8 al 9 e mezzo per cento. Ma deflazionando questi tassi con l'indice dei prezzi all'esporta- zione dei paesi debitori si osserva che il tasso reale è salito, per il complesso dei paesi in via di sviluppo, da un valore negativo nel 1980 al 16 per cento circa nel 1982-83, e si è mantenuto sul 14 per cento nello scorso anno.

Sul piano logico osservo, pur sapendo di ripetermi ri- spetto a precedenti occasioni, che le ampie oscillazioni del potere d'acquisto delle monete nazionali - rispetto alle merci ed alle altre monete - tolgono determinatezza al contenuto dei contratti che si stringono tra gli operatori di commercio estero, tra le imprese e i loro clienti e dipenden- ti, tra i datori e i prenditori di fondi. I meccanismi di protezione dei contenuti reali delle obbligazioni dalle intrin- seche debolezze e dalla volatilità del numerario, quando siano temperati da fasce di oscillazione o cuscinetti adeguati ad evitare il pregiudizio che potrebbe altrimenti derivarne agli equilibri monetari interni ed esterni, operando a mio modesto avviso in senso accrescitivo del benessere sociale.

Nella seconda forma, la proposta di Lindbeck, comunque attuata, si colloca su questa linea.

Essa costituisce uno dei molti possibili modi di correlare l'onere del debito ad indici della capacità di pagamento, od a grandezze che la influenzano, quali sono i prezzi delle merci esportate dai paesi debitori. Questo ordine di proposte introduce dunque nel rapporto di credito un elemento socie- tario, di partnership, atto ad accrescere, ad un tempo, la capacità di servire il prestito, perchè modula i pagamenti sul flusso delle risorse, e la buona disposizione del debitore, perchè ha un contenuto equitativo. È bensì vero che la

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presenza nel rapporto di credito di riferimenti alla capacità di pagamento può avere l'effetto perverso di indurre il debitore a comportamenti che la riducono (il cosiddetto mora! hazard) ma nella specie questo rischio non sussiste, perchè il collegamento tasso-prezzo sollecita piuttosto i paesi in via di sviluppo ad aumentare la produzione ed i creditori ad aprire loro i propri mercati. La proposta riduce per il creditore l'alea del default, che potrebbe anche essere coper- ta da meccanismi di assicurazione del rischio paese, nell'am- bito del Fondo, secondo idee avanzate dal suo antico Diretto- re generale Witteveen, riprese e sviluppate da Masera.

Nell'esposizione che ora si conclude, l'accento è stato posto sulla esigenza che il flusso dei fondi verso i paesi in via di sviluppo sia mantenuto e che nel rapporto di credito vengano introdotti elementi di flessibilità ed equità. Siffatta delimitazione del tema discende, oltre che dalle ragioni di tempo, da due considerazioni.

La prima, che il dibattito intorno alle linee generali della politica economica che l'attuale momento storico pro- pone a debitori e creditori è già stato ampliamente svolto:

una serie di conclusioni intorno alle quali si è formato largo consenso è contenuto, quasi in forma di codice, nel discorso tenuto dal Managing Director del Fondo, Larosière, all'Over- seas Bankers Club di Londra, ai primi di questo mese.

La seconda considerazione è che il servizio del debito, prima del limite della capacità del debitore, incontra quello della sua volontà di pagare; i suggerimenti che ho ritenuto di esprimere sono anche intesi a sostenere questa seconda, in linea con le buone prove che i debitori hanno fin qui dato, tra difficoltà che gli sviluppi recenti ancora accentuano per alcuni di essi e che sono state esposte con forza, il 21 fel;>braio scorso, nel messaggio del Preside~te de la Madrid alla Nazione messicana.

La: molteplicità degli accorgimenti tecnici offerti dalla riflessione degli studiosi apre un campo fecondo all'esplica-

(26)

zione della volontà politica, purchè il dialogo tra Nord e Sud prosegua con spirito costruttivo, nella consapevolezza che tra le due parti esiste, piuttosto che una contrapposizione, una colleganza di ì:'nteressi.

I capi degli istituti internazionali di credito ed i grandi argentieri dei paesi sviluppati devono spesso dirsi, come Amleto «I must be cruel, only to be kind».

Ma a loro, alle loro controparti ed agli altri protagonisti del dramma che si svolge sulle scene del mondo, è lecito ricordare che a Polonio, il quale vorrebbe trattare gli attori secondo il loro merito, lo stesso Amleto risponde: «Molto meglio, uomo! Se trattate ognuno secondo il suo merito, chi sfuggirà alle frustate? Trattateli secondo il vostro proprio onore e dignità».

(27)

ANDAMENTO DELLE BILANCE CORRENTI(!) PER GRANDI AREE (miliardi di dollari)

1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982

Stati Uniti ... 9,1 7,6 21,2 7,5 -11,7 -12,3 2,6 6,6 10,8 - 2,6 Altri paesi industriali ... 11,2 -18,4 - 1,4 - 7,0 9,3 44,2 - 8,3 -45,4 - 7,6 5,1 PVS esportatori di petro-

lio ... ... 6,7 68,3 35,4 40,3 29,4 5,7 62,1 109,4 51,9 -13,6 PVS non esportatori di pe-

trolio ... -11,3 -37,0 -46,3 -32,6 -29,6 -41,5 -61,1 -86,6 -107,8 -86,3 per memoria

Tassi di crescita dei paesi

industriali (%) ... 6,1 0,5 - 0,6 5,0 3,9 4,1 3,5 1,3 1,6 - 0,2

Fonte: FMI, World Economie Outlook.

(1) Esclusi i trasferimenti ufficiali.

TAVOLA·l

1983 1984 1985 (I)

-34,5 -93,0 -123,2 38,4 57,8 71,l

-14,5 - 3,5

-

5,7

-53,9 -38,7 - 43,8

2,6 4,9 2,8

(28)

TAVOLA 2

DEBITO ESTERO E PRINCIPALI INDICATORI DI RISCHIO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO DEBITORI (1) I miliardi di dollari)

Totale PVS debitori

I

1980

I

1981

I

1982

I

1983

I

1984

I

1985 (2)

DEBITO ESTERO (3) ... 566,8 662,4 749,l 796,9 829,5 865,1

- a medio e a lungo termine ... 455,8 529,4 598,6 664,9 699,3 763,6

pubblico o con garanzia pubbliM

ca ... 370,7 422,2 481,8 553,9 592,6 658,2

di cui: da fonti ufficiali ... 172,5 193,7 215,6 239,6 259,0 286,1

da istituzione finanziaria 154,8 182,7 212,9 254,9 274,9 310,6

senza garanzia pubblica ... 85,1 107,2 116,8 111,0 106,6 105,4

a breve tennine ... 111,0 133,0 150,4 132,0 130,3 101,5

debito totale/PIL(%) ...

debito totale/esportazioni di beni e 25,8 28,8 33,0 35,7 35,9 36,4

servizi (%) ... 110,4 123,l 147,7 158,2 150,7 155,5

SERVIZIO DEL DEBITO ... , ... 87,8 110,7 122,4 111,0 128,6 140,8

- interessi ... 44,9 62,3 70,7 66,8 74,6 76,2

- rimborsi (4) ... 42,9 48,3 51,7 44,1 54,0 64,6

servizio del debito/esportazioni di beM ni e servizi (%) ...

di cui: interessi/esportazioni di beni 17,1 20,6 24,1 22,0 23,4 25,3

e servizi (%) ... 8,7 11,6 13,9 13,3 13,6 13,7

Fonte: FMI, World Economie Outlook.

(1) Sono compresi tutti i paesi in via di sviluppo esportatori di petrolio e non, ad esclusione di otto paesi mediorientali esportatori di petrolio per i quali le passività sull'estero risultano trascurabili rispetto alle attività (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Oman, Qatar).

(29)

TAVOLA 3 DEBITO ESTERO E PRINCIPALI INDICATORI DI RISCHIO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO DEBITORI (1)

(miliardi di lire)

America latina

DEBITO ESTERO (3) ... . a medio e a lungo termine ... . di cui: da fonti ufficiali ... . da istituzioni finanziarie a breve termine ... . debito totale/PIL(%) ... . debito totale/esportazioni di beni e

servizi (%) ... . SERVIZIO DEL DEBITO .. , ... , . , ... .

- interessi ... . - rimborsi (4) ... . servizio del debito/esportazioni di be~

ni e servizi (%) ... . di cui: interessi/esportazioni di beni

e servizi(%) ... .

Fonte: FMI, World Economie Outlook.

1980 229,4 176,2 31,5 80,2 53,2 32,8 181,8 41,6 22,9 18,7

33,0 18,2

1981 285,6 217,2 35,2 98,7 68,3 35,8 207,7 55,8 33,5 22,3

40,6 24,4

1982 325,5 248,6 39,9 115,7 76,9 42,6 264,7 62,0 39,0 23,0 50,4 31,7

1983 340,2 282,6 49,8 147,2 57,6 48,4 288,0 48,l 35,9 12,2

40,7 30,4

1984 351,3 297,3 56,7 160,3 54,0 47,0 271,5 53,8 39,6 14,2 41,6 30,6

1985 (2) 358,9 330,5 65,2 185,8 28,4 46,0 282,2 55,8 38,5 17,3

44,0 30,4

(1) Sono compresi tuÙi i paesi in via di sviluppo esportatori di petrolio e non, ad esclusione di otto paesi mediorientali esportatori di petrolio per i quali le passività sull'estero risultano trascurabili rispetto alle attività (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Oman, Qatar).

(2) Datì parzialmente stimatì.

(3) Escluso il debito verso il FMI.

(30)

SALDO DELLA BILANCIA

PAESI Commerciale

I

Corrente

1980-82

I

1983-85

I

1980-82

I

( miliardi di dollari) Argentina ... 2,1 12,5 - 11,8 Bolivia ... 0,9 0,8 - 0,5 Brasile ... - 0,8 32,0 -40,9 Cile ... - 3,4 7,0

-

9,0

Colombia ... - 4,1 - 2,3

-

6,1

Ecuador ... 0,6 3,0 - 2,8 Messico ... , ... - 1,4 34,3 - 26,0 Perù ... , .. , ... - 0,1 2,3

-

3,3

Uruguay ... - 1,0 0,6 - 1,7

Venezuela 18,8 24,4 4,6

Totale ... 11,6 109,6 - 97,5

Fonte: Morgan Guaranty, World Financial Markets (Febbraio 1986).

1983-85

- 6,2 - 0,7 - 8,0 - 4,6 - 6,4 - 0,6 9,7 - 1,4 - 0,5 13,7 - 5,0

TAVOLA 4 Sviluppo in volume Variazione

dal 1981-82 al 1985 del reddito

pro-capite Tasso di rispetto ai inflazione Esportaz.

I

Importaz. massimi (l}

(per cento)

26,7 - 43,4 - 16,8 34 - 28,9

-

8,5 - 28,4 495

27,6 - 26,4

-

3,4 336

23,1 - 34,8 - 14,4 21

14,3 - 22,6

-

0,9 16

41,6 - 26,1 - 6,5 20

16,2 - 28,9 - 8,0 87

-

6,7 - 45,5 - 14,2 45

- 11,6 - 46,1 18,0 73

- 21,3 - 28,1 - 19,3 8 11,8 - 29,8 - 7,2 (3) 121

(31)

ESPORTAZIONI DEI MAGGIORI PAESI IN VIA DI SVILUPPO ESPORTATORI DI PETROLIO (miliardi di dollari)

1978 1985 (*)

PAESI Esportazioni Esportazioni (1) (2) Esportazioni Esportazioni nette di nette di petrolio (1) di merci (2) (%) petrolio ( I) di merci (2)

Messico ... 1,8 6,7 27 13,3 22,9

Venezuela . , ... 8,7 9,2 95 12,8 14,2

Nigeria ... 9,4 10,4 90 11,4 11,8

Algeria ... 5,9 6,3 94 9,5 13,3

Indonesia ... 6,3 11,0 57 8,6 19,8

Ecuador ... 0,6 1,5 40 1,8 2,8

Totale ... 32,7 45,1 73 57,4 84,8

TAVOLA 5

(!) (2) (%)

58 90 97 71 43 64

68

(32)

BILANCE CORRENTI PER ClRANOI AREE

I I I I ,// I

so,t--t--l--1-+-+--1--+--+-+-l--+'--+--I

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I IV1 I I I 1

INDUSTRIALI

sd s1

(33)

11111,1

SERVIZIO DEL DEBITO}

ESPRESSI

SOLI INTERESSI DI BENI IN% DELLE

E SERVIZI ESPORTAZIONI

6

- -

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5

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1978 79 80 81 82 83 84 85 86

* Sono compresi tutti 1 paesi in via di sviluppo esportatori di petrolio e non, ad esclusione di otto paesi mediorientali esportatori di petrolio per i quali la passività sull'estero risultano trascurabili rispetto alle attività (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Oman, Qatari).

Fonte: FM I

Fig. 2

(34)

DEBITO TCTALE

J

DELLE ESPORTAZIONI I~ PERèENTOrDI BENI E SERVIZI_

4

DEL P I L 111111111111,

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T?TALE!PVS

I '

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i

I

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*cfr. nota fig,2 Fonte: FM I

Fig. 3

83 84

DEBITORI* ' : .

...

i

i_ --

J __ _J

85 86

(35)

INDICI DEI PREZZl IN COLLARI 1980: 100

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I 'MATERIE PRIME NON ENÌERG.

I

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i I 1

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40 i,

1978 79 80 81 82 83 84 85 86

Fonte FMI

(36)

INDICI DEI TASSI DI CAMBIO ~1980:100

Fig. 5

(37)

FANFANI, Presidente. Secondo la consuetudine invalsa, ha chiesto la parola il signor Pierre Defraigne, rappresentan- te del Commissario Cheysson della CEE, venuto qui apposi- tamente.

Quindi prego il signor Defraigne di prendere posto al microfono.

DEFRAIGNE, Direttore delle Relazioni Nord-Sud della Di- rezione Generale delle Relazioni Esterne della Commissione delle Comunità Europee. Signor Presidente, signor Governatore, signori ministri, signore e sognori; il signor Cheysson mi ha incaricato di rappresentarlo a questa importante riunione ed io gli dirò della conferenza estremamente brillante, ben articolata e molto puntuale del Governatore Baffi.

M. Cheysson mi ha anche pregato di aggiungere alcune osservazioni che riflettano le sue opinioni nel momento in cui la Comunità prepara i suoi grandi appuntamenti, soprat- tutto quello di Tokyo, che saranno momenti importanti per affrontare i problemi del debito pubblico.

Allora, in due parole, signor Presidente, per non aggiun- gere una piccola conferenza alla brillante esposizione che abbiamo appena ascoltato, dobbiamo constatare che la situa- zione nella quale viviamo riflette fedelmente quello che si chiama « disordine economico mondiale», in cui si vedono i paesi più ricchi lanciarsi in una politica di consumi facili, utilizzando il risparmio del Giappone, e questo è normale, della Comunità, e questo lo è un po' meno, e dei paesi più

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