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PRESENTAZIONE. Mi sembra che il lavoro di Faustino Colombo sia un contributo in questa direzione. SCHERMA: CONOSCERE LA SCUOLA PER ESSERE NELLA SCUOLA

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PRESENTAZIONE

A me, insegnante di scuola, sono serviti quasi vent'anni per capire che la "svolta innovativa"

avvenuta negli anni settanta, seppure animata da un positivo "calore sociale", in realtà aveva introdotto meccanismi di "raffreddamento" destinati ad impoverire l'ambiente. Ricordo bene la sensazione di "progresso" che si provò quando venne eliminata dai Programmi della Scuola Elementare il concetto per il quale l'insegnamento doveva concepirsi come un'arte. Il nuovo insegnante doveva essere "scientifico", e così "lo spirito della persona", che è la prima qualità del nostro esistere, lasciava il posto ad oggetti più adatti per la costruzione dei frigoriferi, che degli umani.

Forse voi della Scherma non avete avuto queste esigenze e così la vostra attività ha continuato ad accettare il concetto di arte. Mi sono fatto questa idea pensando a riflessioni di Fausto, durante le nostre esperienze di formazione (che poi ho ritrovato in questo suo scritto).

Sottolineava alcuni concetti base come "filosofia di fondo che deve animare l'operatore", "ottica del ciascuno", rilevanza della soddisfazione di sé", "obliquità", i quali, quando rispecchiano la sensibilità del maestro, diventano arte dell'insegnante. Arte, dunque, non è la semplice

conoscenza e affermazione di concetti di valore, ma la loro composizione con le caratteristiche della persona che li esprime; l'arte è un insieme che vede al centro la persona; senza le

caratteristiche di quella persona, ovvero senza il suo sentimento interiore, non c'è arte dell'insegnamento. Neanche l'arte dei frigoriferi, può prescindere dalle persone, vista la rilevanza che anche per i frigoriferi assume la dimensione estetica.

Arte, estetica, bellezza: saranno, credo, le parole del rinnovamento nella formazione degli insegnanti; nella scherma si afferma tranquillamente la differenza fra "un bel maestro" ed il suo contrario (cosa che è ancora difficile affermare nella scuola). Un maestro di scherma, che oltre ad avere cognizioni tecniche si preoccupa della soddisfazione di ciascuno dei suoi allievi ed è consapevole che questo risultato rappresenta una grande soddisfazione per sé, è davvero un bel maestro: per la sua sensibilità, infatti, esprimerà sintonia fra i suoi comportamenti

professionali e la sua funzione.

Mi sembra che il lavoro di Faustino Colombo sia un contributo in questa direzione.

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Serafino Rossini

INTRODUZIONE

Cominciamo questo manuale partendo proprio dalla...fine.

La rilegatura a spirale, notevolmente meno impegnativa da un punto di vista economico, ha anche il vantaggio di consentire l'aggiunta d'altre pagine che nel futuro dovranno trovarvi posto.

Abbiamo inteso in questo modo simboleggiare che questo lavoro non è (e non può essere) definitivo, che in esso potrà essere accolto qualsiasi altro contributo utile al nostro scopo e che esattamente come una spirale anche questo manuale,il primo edito da questo C.R., deve espandersi nel tempo.

Detto questo torniamo all'inizio.

Chiunque s'interessa di sport sa bene che la scuola rappresenta il punto di riferimento

privilegiato per far conoscere la propria disciplina e la Federazione Italiana di Scherma non ha certo fatto eccezione. In varie occasioni, nel passato, ha offerto pacchetti d'intervento a scopo propagandistico in funzione di richieste coordinate tra CONI, Scuole, Comitati regionali e/o Provinciali, o attuate per diretto interessamento delle Società.

Ha fatto seguito il "Progetto Scherma-Scuola", un metodo interessante che offriva la scherma come disciplina utile alla scuola, soprattutto in ambito motorio.

Purtroppo quella proposta promettente ed innovativa, partita ancora una volta dalla Toscana, non è stata più praticata ufficialmente.

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A differenza d'altre Federazioni la FIS non ha un manuale tipo gioco-scuola, non ha mai

prodotto in modo organico materiale che può essere facilmente fruito dall'ambiente educativo e nella formazione dei Maestri poco si parla, per non dire punto, proprio di quell'ambiente che è, per tutti, il bacino d'utenza per antonomasia.

Pensiamo che da questo punto di vista, fatte salve esperienze personali di altissima qualità realizzate da molti Maestri, il nostro ambiente denuncia una carenza di comunicazione, di informazione e di documentazione.

Nel corso di formazione per istruttori 2005/2006 abbiamo dedicato poche ore a questo tema avvalendoci dell'esperienza del Maestro Colombo. Sia durante il corso che nel seguente aggiornamento, l'interesse suscitato, soprattutto nei nuovi istruttori, ci ha convinto a partire da quella proposta per concretizzare il lavoro qui scritto e cominciare a riempire un vuoto che da troppo tempo ci ha accompagnato, nella speranza di dare più di uno spunto utile

all'avvicinamento al mondo scolastico con una coscienza nuova ed una attenzione maggiore.

La scuola non è più supina a richieste ed interventi esterni; grazie ai nuovi processi d'autonomia, gli istituti svolgono azione di maggior filtraggio per dare spazio a quelle cooperazioni che meglio si sposano con le esigenze scolastiche.

Rapportarsi con il mondo educativo significa dimostrare concretamente che la scherma è sensibile ed attenta alle necessità scolastiche.

Per farlo, però, è la scherma che si deve rimettere in gioco e ripensare se stessa in termini diversi che devono andare oltre la gloria degli ori olimpici ed alla celebrazione di una storia complessa che per molti è ancora sintomo di inavvicinabilità.

Se vogliamo espandere la conoscenza della scherma, attraverso la scuola, è il mondo schermistico che deve imparare un nuovo modo d'essere facendo uno sforzo culturale, aprendosi alle novità, stimolando la condivisione, aumentando il livello di dialogo tra tecnici.

Perché, che questo ci piaccia o no, ne va della nostra esistenza futura.

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CAPITOLO 1

IL MONDO SCOLASTICO E LE SUE PROBLEMATICHE

Il Maestro di scherma, o l'istruttore, che si occuperà nelle ore d'attività motoria di proporre questa disciplina sportiva alle classi coinvolte, sarà identificato come "esperto esterno".

Con questa dicitura si pone l'accento su due fatti: innanzi tutto che la scuola accetta la

presenza di una persona di fuori e della quale si fida e, in secondo luogo, a lei si riconoscono quelle cognizioni adatte ad affrontare la vita scolastica.

Di fatto il lavoro a scuola è una ricerca continua di soluzioni a problemi, o meglio, nella scuola si praticano più metodi d'intervento e si fanno numerosi tentativi col fine di agevolare, migliorare e cementare il percorso educativo d'ogni ragazzo e laddove si presenta l'occasione di introitare nuove informazioni, utili alla costruzione del compito formativo, la scuola è pronta ad accogliere idee, a sperimentarle e, se valide, ad adottarle.

Quando parliamo di scuola parliamo d'insegnanti spesso sotto intendendo la femminilità della parola; il 95% degli insegnanti di scuola elementare sono donne e la scarsità di figure maschili è vissuta come un problema.

Non staremo qui a fare panegirici sull'importanza della figura maschile nella crescita dei bimbi, ma è chiaro che una presenza maschile è sempre ben accetta e quindi, a causa di questo fatto, dall'esperto esterno ci si aspetta qualche cosa di più in merito ad ordine, controllo, rispetto delle regole.

E questo avviene anche nel caso che l'esperto esterno sia una maestra perché da una tecnica di sport ci si aspetta un ordine ed una disciplina mentale che sicuramente agisce in modo positivo sulla crescita degli allievi.

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Tra i problemi che la scuola affronta uno dei più difficili, è quello relativo ai ragazzi disabili, sia fisici che psichici; fortunatamente i professionisti che lavorano in questo campo, anche se oberati da tante difficoltà, hanno mezzi e modi per affrontare un compito difficile e quando il lavoro è comune, come quello in palestra, la loro disponibilità e la costante presenza

permettono uno scambio di idee che mai impediscono lo svolgersi regolare delle lezioni. E' ovvio che i problemi particolari devono essere gestiti da tecnici specializzati e l'esperto esterno deve essere capace di relazionarsi con loro ed avere chiara, nello svolgimento dei suoi

interventi, anche la presenza di questi casi.

Altri aspetti che quotidianamente sono affrontati, e che rientrano tra le problematiche da trattare, sono quelli relativi alla collaborazione, alla convivenza, alla condivisione, alla autonomia, al dialogo, alla comprensione delle regole.

Argomenti che a prima vista possono sembrare di poca rilevanza, ma che attengono alle difficoltà relazionali.

In via generale potremmo affermare che i problemi certificati, cioè quelli seguiti da esperti, hanno una loro definizione chiara ed un percorso ben identificabile, per tutto il resto abbiamo a che fare con problematiche della relazione per le quali non esistono ricette o condotte risolutive.

Spesso si va per tentativi, si cercano soluzioni sperimentando e registrando gli effetti che una determinata proposta ha suscitato, talvolta avvalendosi esclusivamente dell'esperienza, della disponibilità e dell'inventiva degli insegnanti i quali, anche se preparati, davanti ai problemi di relazione si trovano disarmati, così come ognuno di noi.

In una contesto di aggregazione come quello scolastico, alla naturale esuberanza dei ragazzi si aggiunge anche l'aspetto formativo familiare che, talvolta, offre non poche resistenze ai percorsi educativi intrapresi a causa di convinzioni, abitudini, culture diverse. E questi fattori incidono sull'educazione dei ragazzi che nei comportamenti riflettono quanto appreso nelle famiglie.

Le difficoltà di rapporto con i genitori è uno degli aspetti che maggiormente angustia gli insegnanti, tanto è vero che nei corsi di aggiornamento questo è uno dei problemi di cui più comunemente si discute.

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E' qui che i problemi di relazione diventano più forti perché le informazioni scolastiche non coincidono con quelle domestiche.

In una ipotetica lista di difficoltà scolastiche altre voci importanti sono quelle che riguardano l'iperattività, i deficit dell'attenzione, l'aggressività, le difficoltà d'apprendimento.

Spiegare tutto questo non potrebbe trovare spazio in questo manuale. Abbiamo a che fare con una materia complessa, di cui si dibatte da tempo non solo in ambiente educativo, ma anche in quello terapeutico e fino ad ora, com'è logico, non esiste una risposta certa.

Il consiglio che ci viene da dare a coloro che affronteranno l'impegno scolastico come esperti esterni, è quello di giocare le proprie carte con naturalezza, quasi dando retta all'istinto e considerando con attenzione le indicazioni dell'insegnante che segue la classe in palestra.

Vedremo poi che è possibile, in parte, affrontare positivamente queste situazioni così difficili, per adesso sappiamo che nella scuola esistono anche queste realtà.

Ma la scuola stessa non è esente da critiche: spazi non sempre idonei, difficoltà di orari, tante (troppe) proposte, laboratori di vario genere, burocrazia, organizzazione, lentezza, mancanza di materiali.

La scuola soffre di questo per cui, non potendo certo intervenire sui problemi organizzativi o politici, sarà d'obbligo adattarsi alla situazione e far fronte alle necessità ricorrendo alla fantasia e all'abitudine di lavorare con materiali poveri (carta, stoffa, corde...)

CAPITOLO 2

L' AZIONE DELL'INSEGNARE

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Nel vocabolario della lingua italiana "Zingarelli" al verbo insegnare si dà la seguente

spiegazione:"esporre e spiegare in modo progressivo una disciplina, un'arte, un mestiere a qualcuno...."

Le indicazioni ministeriali, i programmi scolastici, le riunioni di classe, i consigli dei docenti, le verifiche e quant'altro sono gli strumenti che la scuola pratica per dare all'insegnamento quella progressione necessaria all'evoluzione degli allievi.

Il Maestro di scherma, o l'istruttore, che si occuperà nelle ore d'attività motoria di proporre

la disciplina sportiva della scherma alle classi coinvolte, sarà identificato come "esperto esterno" che deve farsi coinvolgere dalla vita della scuola, deve informarsi sui programmi, adeguare il suo lavoro a quello che è stato programmato dalle insegnanti curriculari,

condividere gli obbiettivi fissati per quel gruppo, armonizzare il proprio lavoro in modo che lo svolgimento delle ore di educazione motoria si incastrino ad un ragionamento di più ampio respiro e che coinvolge tutte le materie previste nel corso di studi annuale.

Legare il proprio lavoro a quello della scuola non significa, per l'esperto esterno, limitare le personali possibilità operative o cancellare in parte la personale indole, anzi, è proprio al tecnico di educazione motoria che spesso si chiede di agire con massima libertà e ricchezza di

proposte. L'ora di palestra è sempre vissuta con piacere dai ragazzi e se l'esperto sa accordarsi con le insegnanti, sicuramente può fare molto per ottenere ottimi risultati contribuendo, con la sua esperienza, a dare varietà e leggerezza all'impegno scolastico.

Il maestro, o l'istruttore di scherma, che si trova a scuola in qualità di esperto delle attività motorie, inevitabilmente porterà con sé il ricco bagagli di esperienze e conoscenze che ha maturato nel tempo ed avrà molte cose da poter proporre alle necessità che gli verranno presentate dagli insegnanti.

Forse il problema, per chi si affaccia per la prima volta al mondo scolastico, è quello di dare ordine ai propri interventi riuscendo a programmare un intervento che spesso si protrae con una classe per un periodo complessivo di 10/12 ore all'anno.

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Così, di seguito, diamo una indicazione delle attività didattiche possibili; una lista che speriamo sia utile a dare un senso logico al lavoro.

Alcune voci saranno brevemente spiegate per consentire un minimo di chiarezza in più.

Precisiamo che questa lista "è aperta", cioè ad essa è possibile aggiungere altre voci che ogni istruttore ha sperimentato e dalle quali ha ottenuto riscontri positivi.

Attività didattica: si espleta facendo ricorso a...

CICLI DI ATTI CON MATERIALI

CICLI DI GIOCHI STRUTTURATI AGONISTICI-OBLIQUI

CICLI DI GIOCHI STRUTTURATI COOPERATIVI-OBLIQUI

CICLI DI GIOCHI DI CONTATTO

CICLI DI GIOCHI ESPRESSIVI

Con l'espressione "obliquo" si intende l'agevolazione che è possibile apportare ad uno gioco o ad una competizione col fine di consentire a tutti gli allievi di poter riuscire in un compito senza avere l'evidenza dell'incapacità. Ad esempio immaginiamo il salto in alto; l'asticella da superare è messa parallela al pavimento e in caso d'errore questa cade sottolineando la non riuscita del compito assegnato. Se invece l'asta sarà posta in modo obliquo, quindi più bassa da una parte che dall'altra, l'allievo avrà modo di scegliere da che parte saltare (operando così una forma di auto-valutazione) sentendosi libero di poter esprimere quello che ritiene più adeguato a se stesso in quel momento ed avere la tranquillità di aumentare l'impegno in prove successive.

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L'attività didattica sarà condotta dall'istruttore che, a secondo dei casi, avrà modo di scegliere quale sistema più si addice al momento; avremo cosi questi tipi di conduzione:

CONDUZIONE

DIRETTIVA

ESPLORATIVA

STIMOLANTE

"AGGANCI"

COSTRUTTIVA

DIMOSTRATIVA

ACCENTUATIVA

RIPETITIVA

ESPANSIVA

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CONDIZIONANTE

CORRETTIVA

L'operato dei ragazzi sarà la fonte costante dell'osservazione dell'insegnate, i suoi interventi avranno il chiaro obbiettivo di far evolvere al meglio le capacità di ogni allievo o di tutto il gruppo. Quindi opererà una scelta per cementare situazioni positive mettendo in pratica un sostegno che qui definiamo "rinforzo"

RINFORZI

COME VALORIZZAZIONE della riuscita, del comportamento, della validità del lavoro, con:

COMMENTO VERBALE POSITIVO: al singolo, al gruppo, al singolo davanti al gruppo

INTERESSAMENTO VERBALE:testimoniando la soddisfazione

INTERESSAMENTO NON VERBALE: fatto con lo sguardo, con la mimica del viso e del corpo

EVIDENZIAZIONE: sottolineando, rimarcando, ricordando

COME DOCUMENTAZIONE affinché l'evoluzione positiva non si perda con:

REGISTRAZIONI CON DISEGNI

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REGISTRAZIONI CON SCHEDE PRESTAMPATE

REGISTRAZIONI CON PLASTICI: costruzioni fatte dagli allievi con materiali per simboleggiare la positività del momento

REGISTRAZIONI DELL'ISTRUTTORE

MORALE:

COME INCORAGGIAMENTO

RIMEMORIZZAZIONE

RIEVIDENZIAZIONE

GIOCO-SIMPATICO

RESPONSABILIZZAZIONE

COMPLICITA'

Chiunque insegna sa perfettamente che non pochi sono i momenti di crisi che devono essere affrontati. Con questa definizione intendiamo riassumere quei comportamenti, quelle azioni, quei momenti in cui il gruppo, o una parte di esso, o un singolo allievo, pone in essere atteggiamenti che creano scompiglio. E a scuola avviene spesso...

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L'istruttore dovrà intervenire e, come si dice, gestire la situazione. Qui sarà la sua attenzione, la sua sensibilità, la sua conoscenza del gruppo a farlo decidere su come agire, in genere i sistemi praticati sono:

Problemi comportamentali, momenti di crisi

STOP, RICHIAMO AL GRUPPO

STOP, RICHIAMO AL SINGOLO

RIPETIZIONI DI REGOLE

INTERVENTO VERBALE DURANTE L'ATTIVITA'

INTERVENTO NON VERBALE

DIALOGO DURANTE L'ATTIVITA'

DIALOGO FUORI DALL'ATTIVITA'

COMMENTO NEL GRUPPO

COMMENTO FUORI DAL GRUPPO

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COMMENTO IN SITUAZIONE DIVERSA

MANIFESTAZIONE DI POSITIVO

MANIFESTAZIONE DEL NEGATIVO

MERAVIGLIA

RICORDO DELLE REGOLE

RIMEMORIZZAZIONE DEGLI EVENTI POSITIVI PASSATI

RIMEMORIZZAZIONE DELLE SPECIALITA'

SPIAZZAMENTI

INSEGNANTE SORDO-CIECO

COMPAGNI TUTOR

SOTTRAZIONE TEMPORANEA

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SCAMBIO DEI RUOLI

Ripetiamo che quanto sopra è una sorta di lista ordinata delle possibilità che un insegnante mette in atto nel suo lavorare con una classe.

Sarà il carattere personale, l'esperienza, o anche quell'intuizione che scaturisce al momento, in modo indefinibile, che farà propendere per una cosa o per un'altra.

A coloro che invece soffrono d'impazienza diciamo che hanno ragione, non abbiamo ancora parlato di scherma, l'abbiamo fatto apposta per farvi arrabbiare...!

CAPITOLO 3

L' ESPERIENZA PRATESE

Il Centro Giovanile di Formazione Sportiva (C.G.F.S.) è un' ente che fin dalla sua nascita (risale a più 40 anni fa) si è occupato di avviamento allo sport dei giovani, di attività motoria nella scuola e recupero e gestione dell'handicap.

La gran massa d'iscritti (medie annue di circa 8000 soggetti) ed il costante rapporto con le società sportive operanti sul territorio ha posto in essere delle forme di collaborazione molto strette che puntavano ad armonizzare il tipo d'intervento agito sul territorio.

In pratica il C.G.F.S. si occupava della formazione base e demandava alle società l'avviamento all'agonismo attivo; le forme di cooperazione hanno avuto successo ed il profondo rapporto tra ente di promozione, società e scuole ha contribuito non poco all'aumento percentuale dei

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praticanti sportivi (uno dei più alti d'Italia secondo i dati esposti dal Prof. Mussino).

In questo quadro generale parte importante per l'attività scolastica è stata fatta dall'altro ente comunale che opera con fini educativi per conto della pubblica amministrazione, il Trofeo Città di Prato (T.C.P.) il quale ha coordinato gli insegnanti del C.G.F.S. nel lavoro scolastico.

Dopo anni d'impegno gli stessi istruttori hanno sentito la necessità di armonizzare gli interventi, di creare un metodo che per gradi portava al raggiungimento degli obbiettivi previsti dai

programmi scolastici e permettesse di unire le attività motorie scolastiche con quelle di

formazione sportiva e societarie. Nasce così nel 1994 un gruppo di lavoro formato da insegnanti di varie discipline (nuoto, pallavolo, scherma, danza, judo) che decide di condividere le

esperienze e ricercare una proposta comune che unisca il lavoro scolastico con quello promozionale ed agonistico.

I punti salienti che scaturiscono riguardano la gestione dei gruppi attraverso attività espressive, l'apprendimento delle abilità motorie utilizzando materiali poveri, la proposizione di lezioni trasversali dove l'interesse è puntato sull'acquisizione d'autonomie.

Dal costante auto-aggiornamento e dal dialogo prendono vita 3 manuali (gioco ritmo, gioco palla e gioco lotta) che fungono da linea guida per l'attività scolastica. I numerosi plessi coinvolti e il sempre più largo interessamento a questo metodo fa sì che la scuola stessa inizi a fare richieste per ottenere risposte ad alcuni problemi, primo tra tutti, quello relativo alla gestione di ragazzi iper-attivi, con difficoltà nell'apprendimento e nella relazione.

Inizia così il secondo momento importante del lavoro congiunto degli istruttori del C.G.F.S. e T.C.P. che sviluppa, attraverso il progetto "Ape pratolina" alcune risposte percorribili in merito al quesito posto. Importante l'apporto professionale di specialisti quali il Professor Papini

Massimo, primario di neuropsichiatria infantile dell'ospedale di Careggi di Firenze e di Serafino Rossini, laureato in pedagogia e filosofia, docente a Reggio Emilia presso la facoltà di Scienze della Formazione, Carla Bosi, coordinatrice regionale per l'educazione fisica, unitamente ad altri operatori del settore educativo che hanno aiutato a dare ordine ed efficacia a questa

esperienza.

Fin dai primi incontri gli insegnanti hanno puntato molto sull'idea della soddisfazione come

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strumento di successo. Il senso di adeguatezza, il senso di crescita, il respiro corale del lavoro fatto in palestra era una necessità ed un obbiettivo; per concretizzarlo è stato usato molto materiale del mondo espressivo (teatrale e ritmico), sono state sperimentati giochi ed esercizi con materiali poveri (carta, stoffe, corde...) e con la musica.

Grande importanza è stata data alla fisicità del lavoro (intesa come contatto di corpi) sia in situazioni artistiche, come la danza, sia in situazioni ludiche più energiche, come la lotta.

Quanto proposto nella scuola è stato prima sperimentato e provato dagli insegnanti, ottimizzato e riprodotto sempre con l'attenzione al concetto di soddisfazione e di adeguatezza intesi come elementi necessari alla costruzione di autonomie e di capacità negli allievi.

L'ESPERIENZA PRATESE E LA SCHERMA

I punti fondamentali dell'esperienza pratese sono:

- condivisione - dialogo

- sperimentazione - proposizione - verifica

- documentazione

Questo metodo operativo ha sviluppato un sistema d'intervento d'alta qualità.

La condivisone, il dialogo e la sperimentazione sono elementi importanti per la crescita di un metodo, per l'acquisizione di un linguaggio e per l'organizzazione di una proposta.

L'attenzione degli insegnanti pratesi che hanno rivolto alla scuola aveva anche il fine di convogliare nuove leve verso i centri di avviamento allo sport del C.G.F.S.

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Quindi creare un solido e positivo rapporto con la scuola, attuare un sistema d'intervento che concretamente si interessasse all'educazione, far ritrovare agli allievi nelle ore sportive pomeridiane istruttori che parlavano il medesimo linguaggio che i ragazzi avevano sentito durante le lezioni del mattino, interessare le maestre e coinvolgerle, ha fatto in modo di costruire un passa parola positivo.

E sappiamo bene che nello sport è il passa parola l'arma più efficace per espandersi.

E se la diffusione di una disciplina parte, quasi in modo spontaneo dalla scuola stessa, perché in essa riconosce elementi validi sia di interesse culturale che educativo, è verosimile pensare che il successo sia sicuro.

E' innegabile che la scherma possiede fascino e profonde implicazioni educative, che i maestri d'armi hanno conoscenze e capacità, ma è altrettanto vero che la mancanza di dialogo e di condivisione, di sperimentazione e di verifica, di investimenti sia economici che d'attenzione, unitamente a piccole rivalità ed invidie, non ci ha mai permesso di presentare la nostra disciplina in modo adeguato alla scuola.

L'esperienza pratese focalizzando l'attenzione sul fatto che l'attività motoria è materia rilevante nell'educazione (e questa importanza è stata riconosciuta ed approvata da insegnanti dirigenti scolastici) ha agito anche sulla coscienza professionale degli istruttori sportivi, valorizzandone le capacità operative e culturali.

L'insegnante di sport non è stato più visto come insegnante di secondo piano ma come un riferimento influente nel lavoro scolastico.

Ma per essere influenti si deve anche rimettere in gioco la personale preparazione.

Ed è su questo che insistiamo perché la scherma può riprodurre l'esperienza fatta a Prato, e da essa apprendere metodi e linguaggi, a patto che i tecnici in prima istanza rivedano la loro

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posizione di professionisti.

CAPITOLO 4

SODDISFAZIONE DI SE

L'esperto esterno per la scuola, per i ragazzi, per i genitori, sarà un insegnante a tutti gli effetti.

Ma chi è l'insegnante?

Per noi l'insegnante è chi, con il suo modo di agire, determina la positività o la negatività dell'esperienza degli allievi.

Le attività possono essere gestite in vario modo.

Ci sono docenti che praticano un sistema atto a far sentire alcuni elementi più bravi di altri, valorizzando coloro che rispondono appieno alle aspettative dell'insegnante e criticano chi invece realizza risultati diversi .

Questo sistema tiene conto di qualcuno e si evolve in quest'ottica.

Sottolinea i meriti, disapprova gli errori, stila classifiche di merito relativamente al superamento o meno di prove, considera il risultato buono come obbiettivo raggiunto, tutto il resto è

insufficiente.

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Questo è un modo di insegnare, forse quello più estremo, che qui appare in maniera

caricaturale ma che nei fatti viene proposto. Lo prendiamo ad esempio perché ci serve per il nostro ragionamento, non lo critichiamo ma prendiamo atto che esiste. E' un modo di essere, che può piacere o no, ma che c'è.

Altro metodo possibile, altro modo d'essere insegnante, è quello che si realizza con la pratica

"dell'ottica del ciascuno".

L'insegnante, con la sua azione, può definire condizioni tali da trattare la realtà in modo che ciascuno provi soddisfazione per ciò che sa fare e per ciò che è.

La realtà, per ciascuno di noi, è ciò di cui facciamo esperienza e questo sentire è diverso da persona a persona.

Favorire l'esperienza positiva contribuisce a determinare la sensazione di adeguatezza, di crescita, di piacere, di abilità.

Queste sensazioni positive aiutano a creare un'immagine di se positiva e l'unione di vissuto positivo e di immagine di sé positiva determinano la formazione equilibrata della persona.

L'uso dell'aggettivo "positivo" è volutamente reiterato perché in esso è racchiuso il senso vero della soddisfazione, in opposizione al negativo che, invece, è da noi inteso come l'insieme di esperienze che hanno come effetto quello di maturare un'idea di inadeguatezza, di incapacità, di non evoluzione.

E il sentirsi bene, capace, adeguato è base per costruire personalmente quei punti necessari a nuovi successi. Si amplifica così la disponibilità alla sperimentazione e a provare il nuovo. La fantasia si sviluppa, il pensiero si allarga. Questa evoluzione favorisce i nuovi apprendimenti.

Sentirsi adeguato, per un giovane, significa appoggiare i piedi su solide basi che gli

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permetteranno anche di reggere il confronto con gli altri, di sostenere il giudizio, di produrre auto-correzioni e nuove strategie.

E' innegabile che ognuno di noi, indipendentemente dall'età, cerca di trovare una soddisfazione di sé. Ma quella soddisfazione è frutto di sensazioni personali, intime, forse neanche spiegabili, che però esistono e tutti noi più volte le abbiamo provate.

Così come le provano i bimbi; anzi sembra che in loro la soddisfazione provochi "terremoti"

fenomenali!! Provano e riprovano una cosa, la ripetono, cercano una nuova strada, si accordano con gli altri, inventano nuovi disegni per risentire quella gioia intima legata ad un successo ottenuto. E qui la parola successo significa consapevolezza di essere più capaci, più abili, anche più grandi. Non ha niente a che vedere con i buoni voti, con i premi o quant'altro. Il premio è personale, è il positivo che ognuno sente per sé che diventa medaglia!!

Questo, secondo noi, è il compito dell'insegnante: agevolare la costruzione di sensazioni positive con il fine di costruire soddisfazione del sé tale da innescare un meccanismo per il quale il ragazzo stesso diverrà disponibile alla ricerca di nuove strade soprattutto in modo autonomo.

Ma quanto detto avverrà, secondo noi, a patto che l'insegnante stesso provi una personale soddisfazione di sé.

Un insegnante è prima di tutto una persona con una storia, un'esperienza, una vita. Egli stesso cercherà per sé quelle sensazioni di adeguatezza e di capacità, se è vero che ognuno è

animato dalla necessità di "soddisfazione di sé". Ma così agendo si allena a riconoscere negli altri la medesima tensione, soprattutto nei giovanissimi, e quindi maturerà nel tempo la sua sensibilità.

Chiediamo pazienza a coloro che ci leggono; ci rendiamo conto di essere scheletrici, ma per ognuno dei punti sopra esposti ci sarebbe da parlare per ore e scrivere per ancora di più; noi speriamo che le esperienze dei maestri e degli istruttori e di quanti abbiano condiviso una vita da atleta e da insegnante, possano aiutare a far capire l'importanza di questo messaggio.

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Come persone che hanno dedicato buona parte della propria vita allo sport forse siamo facilitate nel capire i concetti di "soddisfazione di sé".

Gli abbiamo provati come atleti o come allenatori, osservando quante volte i nostri allievi abbiano autonomamente trovato soluzioni nuove e tramite esse acquisito sicurezza nel gesto, nell'entusiasmo, nella voglia di fare.

Trasmettere questo è il compito più importante; a maggior ragione lo diventa quando ci troviamo ad operare nella scuola, perché siamo al cospetto di una realtà sensibile a questo approccio.

L'eterogeneità dei gruppi, i problemi diversi a cui assistiamo, il poco tempo a disposizione, richiedono un metodo d'intervento: noi pensiamo che questo sia degno di debita riflessione.

Così, come nel capitolo precedente, scriviamo una lista di argomenti che rappresentano l'agire dell'insegnante. Crediamo anche che si tratti di uno spunto importante di riflessione che può essere fatto autonomamente o con i colleghi.

In corsivo, laddove crediamo ce ne sia necessità, sarà scritta una precisazione; i punti di sospensione, invece, sono a simboleggiare che a questa lista è possibile aggiungere altre voci che sono l'espressione delle personali riflessioni e conoscenze.

COSA FACCIAMO

PRATICHIAMO LA VIA DELL'ARTE: intendendo qui la parola arte come produzione di alta qualità che provoca una particolare soddisfazione personale.

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MEMORIA DELLE ESPRIENZE PERSONALI

COSCIENZA DEGLI ERRORI

AZIONE ESTEMPORANEA

...

PRATICHIAMO L'ASTENSIONE DAL GIUDIZIO

ACCETTAZIONE DELL'INDIVIDUO

ACCETTAZIONE DEI LIMITI

COMPRENSIONE DELLE POSSIBILITA'

...

PRATICHIAMO LA STRADA DELL'OSSERVAZIONE

ANALISI DEL REALE

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ANALISI DELL'ESSERE

REGISTRAZIONE DEI DATI

...

PRATICHIAMO LA VIA DEL RISPETTO

ACCETTAZIONE DEL SE

...

PRATICHIAMO LA VIA DELL'ASCOLTO

ACCETTAZIONE DELLE INFORMAZIONI

ACCETTAZIONE DELL'ESPERIENZE

...

PRATICHIAMO LA SPERIMENTAZIONE

APERTURA VERSO NUOVE PROPROSTE

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PROPOSIZIONE DI NUOVE ELABORAZIONI

CAPACITA' DI CORREZIONE

CAPACITA' DI AUTOCRITICA

...

PRATICHIAMO LA SODDISFAZIONE

DI SE

DEGLI ALTRI

PER SE

PER GLI ALTRI

DIVERTIMENTO DEL FARE

PIACERE DELLA REALIZZAZIONE

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POLITICIZZIAMO L'ESPERIENZA

...

PRATICHIAMO LA CONDIVISIONE

CON I COLLEGHI

CON I RAGAZZI

CON I FAMILIARI

...

PRATICHIAMO LA COERENZA

COME UOMINI

COME EDUCATORI

COME PROFESSIONISTI

...

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Questa è la teoria, se volete la filosofia, che comporta un tipo di didattica, attenta alla creazione di elementi positivi negli allievi e nell'insegnante stesso.

Ma l'azione dell'insegnare, proprio perché fatto da uomini, possiede anche aspetti molto meno piacevoli. Definirli, anche a grandi linee, è probabilmente un aiuto ulteriore all'organizzazione dei futuri impegni. E credeteci, nel lavoro scolastico i momenti di crisi non sono pochi.

Sappiamo che ogni cosa non è mai come vorremmo che fosse, perdiamo di vista gli obbiettivi, oppure siamo distratti da altri eventi o da fattori marginali.

Conosciamo anche la fatica di dover ricominciare, di dover accettare cose che non ci piacciono, oppure la noia delle cose più burocratiche da registrare.

E non sono da escludere anche i momenti in cui si concretizzano chiusure di dialogo con i colleghi, con le famiglie, talvolta anche con noi stessi.

E' certamente esperienza di tutti quella di sentirsi insoddisfatti perché non siamo riusciti, oppure perché qualche cosa sfugge dal nostro controllo e ci sentiamo poco valorizzati.

Dobbiamo far fronte alle difficoltà del quotidiano, dell'organizzazione, della mancanza di rispetto, nonché alla noia che deriva dalla ripetitività, dalla stanchezza.

Ma l'abitudine ad agire "nell'ottica del ciascuno" diventa elemento di salvaguardia per l'insegnante nei momenti di fatica.

A questo punto qualcuno potrebbe chiedere se esistono esercizi specifici per strutturare quanto detto.

(27)

La risposta che diamo è: "no, non ci sono."

Perché l'ottica della ricerca della soddisfazione del sé è uno stile, è un modo di interpretare l'insegnamento, di conseguenza qualsiasi esercizio o gioco può essere utilizzato per sviluppare le sensazioni di adeguatezza e realizzazione, basta che "funzioni"!

Ci sono insegnanti che con un pezzo di carta colorata fanno meraviglie, ad alcuni basta uno sguardo, un gesto, ed il gruppo diventa "spumeggiante".

La pratica e l'esperienza permetteranno di costruirsi un personale diario sul quale verranno appuntati i tipi di giochi, i materiali, il livello di difficoltà.

Con l'allenamento sarà facile realizzare nuove proposte, inventarsi via via piccoli accorgimenti che risponderanno alla necessità del momento. In questo crediamo che l'istinto abbia una sua importanza: quante volte, e chi insegna lo sa bene, per un indefinibile motivo abbiamo fatto, o detto, la cosa giusta al momento giusto?

Era voluto? Era programmato? Sappiamo benissimo di no!!

CAPITOLO 5

ESPRESSIVITA'

Nella scuola, da sempre, si sono fatte le recite, come forma di gioco, come modo per agevolare

(28)

l'apprendimento o per dimostrare quanto è stato compiuto da una classe con un unico evento.

Una rappresentazione soddisfa insegnanti e genitori, diverte gli allievi e rimane una delle situazioni più inamovibili della nostra scuola.

Giocare con il teatro è divertente, ma la drammatizzazione ha risvolti delicati dei quali, un insegnante che vuole lavorare con gli elementi base dell'espressività, deve tener conto.

L'imbarazzo, la vergogna, il timore dello sbaglio, sono sentimenti che scaturiscono con

evidenza in quanto la recita implica un'esposizione dell'allievo in un contesto che può produrre ansietà e non tutti possiedono un carattere tale da poter reggere simile sforzo.

Ciò non toglie che lavorare con elementi semplici dell' attività espressiva aiuta, nell'ambiente scolastico, a conoscere il gruppo, a condurlo con discreto controllo e a rilevare meglio possibili problemi.

Per noi il lavoro espressivo (sempre inteso nella sua più elementare formulazione) è uno degli elementi qualificanti del lavoro scolastico. Permette di agire, indipendentemente dall'età degli allievi, su:

- autocontrollo - concentrazione - ritmo

- senso dello spazio

e nel contempo allena al rispetto delle proprie ed altrui capacità, all'accettazione di un giudizio, alla condivisione dell'esperienze, al lavoro in gruppo, alla comprensione delle regole.

In pratica abbiamo uno dei più interessanti metodi per dare risposte ad alcune di quelle necessità che la scuola giornalmente tratta.

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Nell'ottica della soddisfazione del sé il lavoro espressivo permette di dilatare di molto le

possibilità di sentirsi adeguati in una determinata situazione perché in esso è possibile scansare i limiti imposti da definizioni esatte ed esaltare la personale costruzione fantasiosa.

Durante il gioco le posture, la mimesi facciale, e quanto di non verbale si può concretizzare, assume una rilevanza notevole per l'allievo.

Con il lavoro espressivo possiamo anche intervenire su quei casi in cui un bimbo, o un gruppo di bimbi, assumono comportamenti che non rispondono alle aspettative della scuola.

Si tratta di situazioni nelle quali è stato valutato che certi comportamenti ostacolano la crescita sociale del bimbo, la sua capacità d'apprendimento e divengono elementi di incertezza per la classe.

E su questi la scuola, necessariamente, deve intervenire.

Anche l'esperto che si occuperà di attività motoria sarà chiamato a fare la sua parte in tal senso, ed è verosimile pensare che l'attività espressiva sarà d'aiuto proprio in forza di quei concetti che abbiamo legato alla sensazione di adeguatezza, soddisfazione, vissuto positivo.

Di seguito, in corsivo, presentiamo alcuni esercizi base; con la pratica, un po' di fantasia e di disponibilità ogni istruttore potrà essere in grado di apportare modifiche e nuove proposte.

La musica è elemento importante del lavoro espressivo, aiuta la concentrazione, coinvolge nel lavoro tutto il gruppo, amplifica la fantasia e diminuisce la sensazione di imbarazzo anche se all'inizio saranno riprodotti molti movimenti visti in televisione: col tempo e con le giuste indicazioni arriverà anche l'originalità di ognuno!

(30)

SEI MALATO

Un bimbo è indicato dall'istruttore come il malato del gruppo; il malato per guarire deve inseguire e toccare un compagno urlando "malato!!"; il compagno toccato si ammala mentre l'altro guarisce e scappa a sua volta; durante il gioco i ragazzi non parlano, non escono dallo spazio di gioco; ognuno si deve accorgere da solo dei propri sbagli ed allontanarsi dal gioco senza indicazioni da parte dell'istruttore. Semmai l'insegnante potrà fermare il gioco e, in positivo, sottolineare che X ha ricordato le regole.

STATUE

Creare uno spazio delimitato della grandezza appena minore di quella di mezzo campo da pallavolo; i ragazzi vi camminano all'interno, al comando di "STOP" gli allievi si fermano. Di volta in volta si aggiungono regole semplici tipo:

- non ci si tocca - non si parla

- non si fa rumore con i piedi mentre si cammina (o si corre, si salta, si cammina indietro,....)

- si deve utilizzare tutto la spazio a disposizione (l'istruttore controlla i vuoti e i pieni del pavimento)

- non si esce dalle righe

- allo stop ci si ferma a coppie, in tre, toccandosi per la schiena, per la fronte, per le orecchie...

Progressivamente si deve arrivare alla fase di statue, dove il controllo è totale: l'allievo non deve muovere niente del proprio corpo, deve mantenere l'immobilità assoluta per un tempo più o meno lungo e con lo sguardo fisso (ovviamente senza chiudere gli occhi).

L'insegnante, variando il ritmo e le andature, potrà dare le indicazioni di lavoro con:

- la voce

- rumori diversi - con la musica

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Raggiunto un discreto grado di controllo, da parte del gruppo, l'istruttore potrà agire da elemento di disturbo cercando di far sbagliare gli allievi.

SGUARDO SENZA FINE

Quando l'attenzione è raggiunta si può chiedere agli allievi, al momento dello stop, di rivolgere e fissare lo sguardo verso un punto posto all'esterno dello spazio di gioco ( un foglio colorato, un cartello, un attrezzo...)

IL MAGO

L'istruttore, ordinato lo stop, presenterà la sua mano aperta davanti al volto dell'allievo. E' il segnale che la statua può animarsi, seguire sempre dalla stessa distanza e senza distogliere l'attenzione alla mano, il Mago che lo farà muovere come vuole e dove vuole. Il resto dei ragazzi mantiene la posizione di statua in attesa del loro turno di lavoro. Con una musica adeguata di sottofondo è possibile creare una corta coreografia di grande emozione.

IL BOSCO CHE CRESCE

Il lavoro avrà questo preambolo: " Voi siete dei semi, nascosti sotto terra, che lentamente, al ritmo della musica, mettono radici, le foglie, escono dalla terra, e crescono fino a diventare degli alberi di un grande bosco. Ognuno potrà essere l'albero che vuole."

Nello spazio di lavoro i ragazzi si distribuiscono in modo omogeneo, mimeranno la posizione del seme e, con l'inizio della musica, cominceranno a crescere.

Come tutela di ognuno si raccomanda il lavoro, soprattutto all'inizio, ad occhi chiusi.

(32)

Elemento importante da aggiungere è il vento.

Il lavoro finisce con la fine della musica.

SALTO REI

Ogni allievo, a turno, davanti ai compagni seduti i semicerchio, si produrrà nella recita di un terribile guerriero. Partendo da fermo, solo quando si sente pronto ed ottiene il silenzio e l'attenzione dei compagni, spiccherà un salto e, nel contempo, si produrrà in urlo "terrificante".

Appena avrà preso contatto con il terreno si trasformerà nella statua spaventosa di un samurai che affronta i suoi nemici.

L'allievo che interpreta non potrà mai perdere la posizione di statua, dovrà fare di tutto per essere credibile e non dovrà farsi distrarre da ciò che lo circonda.

I DUELLI IRLANDESI

Primo duello: a coppie, tenendosi per le spalle, ognuno deve pestare i piedi al compagno senza farseli pestare.

Secondo duello: a coppie in uno spazio delimitato i due giocatori dovranno fare in modo di darsi una pacca sul sedere; il primo che ci riesce senza essere toccato vince un punto.

Terzo duello: a coppie, uno davanti all'altro; A diventa statua, impassibile ed immobile; B, senza toccare A e senza fare rumore con la voce, dovrà distrarre e far ridere A. All'errore si inverte il ruolo.

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Quarto duello: a coppie, con una bottiglia grande di plastica (tappata e vuota) ognuno cerca di toccare senza essere toccato il compagno. I bersagli sono decisi dall'istruttore e variati il più possibile ( attenti al naso!!)

IL CIECO CHIAMATO

A coppie. A fa il,cieco, B la guida. A, mantenendo per tutta la durata del gioco gli occhi chiusi, si lascia guidare da B che, tenendolo per mano e assolutamente senza parlare, lo porterà in giro nello spazio di gioco tra le altre coppie, e facendo in modo che A eviti i possibili ostacoli o si scontri con gli altri. Dopo in po' i ruoli si scambiano.

A potrà guidare B anche con segnale diverso e concordato con B (un rumore, un soffio sul viso, chiamando il suo nome); B seguirà quelle indicazioni e si lascerà dirigere. Poi, ovviamente si scambia i ruoli.

I giochi sopra indicati sono tutti realizzabili con la musica come sottofondo o come stimolo che scandisce la durata del gioco. Insistiamo sul fatto che la musica agevola ed aiuta il lavoro a scuola. Quindi, se siete interessati ad utilizzare elementi di espressività nelle lezioni fornitevi di un buon apparecchio e di musiche di vario tipo, possibilmente senza canto ed abbastanza sconosciute in modo da non dare possibilità di distrazione.

L'ESPRESSIVITA' E LA SCHERMA

Riportiamo volentieri una affascinante riflessione sulla scherma fatta dal mimo francese Marcel Marceau:

" Considero la scherma come una grande arte capace di portare l'uomo ad essere cavalleresco nei suoi pensieri e nel suo comportamento.

La scherma è scuola di umiltà, sviluppa prontezza, equilibrio, senso della bellezza, completa

(34)

l'armonia del vivere senza mortificare la fantasia e il naturale istinto del singolo: amplifica l'intelligenza. Ogni schermitore è acrobata, attore, ballerino, esecutore sensibile alla velocità, alla tempestività, alla vigoria ed al ritmo. La scherma insegna a prendere dominio di se stessi, a rispettare gli altri per ciò che essi sono nel comune senso delle regole.

E laddove esista la padronanza ragionata del sé l'uomo impara a portarsi oltre l'irrazionale e conquista la più preziosa meta della vita: la libertà."

In così poco spazio è racchiusa l'essenza, sia fisica che morale, della disciplina schermistica; vi ritroviamo l'immagine esteriore del movimento, la fatica dell'esecuzione, ma anche il fascino della realizzazione.

Parole come ritmo, attore, fantasia, armonia, istinto, sono facilmente assimilabili all'attività espressiva. E chi conosce la scherma sa bene di quanta teatralità talvolta si mette in gioco per sostenersi, per intimorire, per incitare.

Siamo convinti che l'unione tra scherma ed espressività sia esercizio importante da praticare (forse proprio perché così strettamente vicini) e che nell'approccio scolastico l'utilizzo di questo metodo ci fa assumere una connotazione di completezza operativa.

Compendia in modo perfetto le conoscenze ludiche degli istruttori.

Il tempo limitato dedicato all'attività motoria (si ricorda che quando va bene sono10/12 ore annue) ci obbliga a realizzare una discreta incisività nell'intervento scolastico, il che significa inquadrare la situazione, dialogare con le insegnanti, conoscere il gruppo in modo celere;

l'espressività può consentirci di farlo con discreta sicurezza e velocità di intervento.

E poi, anche perché noi siamo lì per quello, ci sarà da dedicare il tempo all'uso delle armi ed alla pratica del gioco scherma. Allora è evidente che l'istruttore ha necessità di ottimizzare il tempo e strategicamente il lavoro espressivo viene in aiuto anche per questo bisogno.

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Non è raro che le insegnanti che seguono il gruppo durante le ore di attività motoria, dimostrino preoccupazione o perplessità sull'uso delle armi, anche se innocue e di plastica (non

dimentichiamoci che la responsabilità legale sulla sicurezza è loro); ma dopo la realizzazione di passaggi nei quali i bimbi hanno lavorato su autocontrollo, responsabilità, rispetto, l'uso dei fioretti non sarà accompagnato da apprensione e si trasformerà, anche per la

maestra,nell'obbiettivo raggiunto e desiderato.

E se la scuola assiste ad una proposta più in linea con le attività agite nell'ambito educativo sarà facile prevedere che saremo agevolati nel gradimento per la nostra disciplina.

CAPITOLO 6

LA SCHERMA E SUOI ASPETTI EDUCATIVI: ALCUNE CONSIDERAZIONI.

Sappiamo bene che lo sport in genere contribuisce a formare il fisico, la personalità, le abitudini sociali.

I valori educativi, formativi e morali sono il fondamento condiviso sul quale si crea l'attività sportiva giovanile, anche se non mancano esempi sfavorevoli che trasgrediscono questo principio.

Questi avvenimenti fortunatamente non affievoliscono l'impegno di tanti dirigenti, tecnici e educatori: lo sport rimane ancora una delle forme d'associazione percepita come sana e necessaria.

Ovviamente la scuola riconosce nel movimento uno degli elementi più appropriati alla crescita dei ragazzi, anche se le ore ad esso dedicate sono poche, talvolta svolte in ambienti poco idonei e male attrezzati.

(36)

L'interesse della scuola primaria, sempre a causa dei tempi ridotti in cui operare, predilige l'aspetto formativo morale del movimento. Scelta condivisibile se ricordiamo che tra le necessità più importanti a cui far fronte ci sono la convivenza, il rispetto di regole, l'aggregazione, la

prevenzione, l'autonomia e la responsabilizzazione.

Sotto questa prospettiva qualsiasi attività di sport potrebbe proporsi come utile allo sviluppo di questi temi; ed effettivamente le discipline sportive più conosciute hanno una forte presenza ed una capacità operativa efficace data l'attenzione che alla scuola hanno rivolto in anni di

intervento e di concretizzazione di progetti mirati (vedi la pallamano, la pallacanestro ed ultimamente il rugby).

Noi sosteniamo però che la disciplina schermistica, oltre a possedere quelle caratteristiche tipiche degli altri sport (allenamento fisico, impegno mentale, relazioni sociale) ha un valore aggiunto che risiede nella sua antica esistenza: la scherma, quindi, è anche storia, filosofia, linguaggio verbale e corporeo.

L'uso delle armi implica disciplina, comprensione di regole, attenzione e concentrazione, dialogo con i compagni, condivisione dell'esperienza.

La corretta esecuzione di un colpo, la coscienza di un miglioramento, la fluidità di un'azione, possono esprimere con forza la sensazione d'adeguatezza del singolo e regalare una

soddisfazione del sé a livello molto profondo.

Seppure è necessaria la presenza dei compagni o dell'antagonista per giocare alla scherma, l'individualità rimane elemento fondamentale e nei limiti di un regolamento (non poi così restrittivo) ognuno ha certamente la possibilità di esprimere al meglio la personale indole e sperimentare nuove soluzioni.

Da questo punto di vista, che ricordiamo è quello dell'ottica del ciascuno, la scherma esprime il massimo della sua forza educativa grazie all'ampia gamma di suggerimenti utili sia per gli aspetti legati all'apprendimento culturale che per quelli motori.

(37)

L'aspetto motorio è, in ogni caso, quello che a noi più interessa dato che il nostro ruolo d'esperti esterni nella scuola sarà circoscritto a quell'ambito. Non sono però da escludere richieste a sostegno degli interventi elaborati in classe in aree quali quella logica matematica, linguistica, espressiva e così via; pertanto la costante collaborazione con gli insegnanti e la capacità di diventare inter-disciplinari divengono elementi qualificanti del nostro impegno.

Insistiamo sul fatto che la scherma è giustificazione per il lavoro che a scuola si sviluppa al fine di aumentare le abilità degli allievi, e non sarà l'aspetto fondamentale del nostro intervento.

L'uso delle armi, l'organizzazione di un torneo, la forma ludica dell'assalto, saranno momenti conclusivi, obbiettivi finali che sottintendono un precedente impegno realizzato primariamente per la scuola.

Chiariamo questo punto con un esempio.

Sappiamo bene che la scherma si gioca in uno spazio delimitato, con attrezzi particolari e che ha bisogno di inventiva.

Queste tre componenti ci permetteranno di realizzare una buona parte di lezioni con rilevante connotazione motoria che avranno come interesse:

- La conquista di spazi verticali, orizzontali, conosciuti, sconosciuti.

- La conquista dell'uso di materiali ed oggetti vari con esercizi realizzati, da soli o con i compagni, con modalità fantasiose o strutturate.

- La conquista del lavoro a corpo libero attraverso imitazioni, equilibri, simbologie.

- La conquista di capacità ideative ( costruzione di percorsi, di giochi nuovi o di modifiche a giochi conosciuti)

Si potrà quindi inventare la scherma giocando con bottiglie vuote, con carta, costruendo pedane di corde o di materassini; si potranno proporre giochi da imitare oppure inventare nuove regole e praticare una scherma del tutto diversa da quella che conosciamo.

Qualsiasi cosa che noi faremo e che avrà presente il senso di adeguatezza e di conquista da parte degli allievi, risulterà efficace.

(38)

Ci piace sottolineare che la scherma ha anche il fascino della bivalenza (che qui usiamo con il significato di doppio valore e non nell'accezione di ambiguo) dato che i suoi elementi costitutivi possono essere frutto o di sperimentazione e di ricerca, (quindi espressione conclusiva di un lavoro lungo e ragionato) oppure spunto di partenza per costruire un momento di gioco costruttivo ed organizzato.

La scelta dipenderà dalla richiesta della classe, dal tipo di gruppo, dalle necessità che l'insegnante ritiene affrontare in via prioritaria. Da qualsiasi punto decideremo di partire, ed agendo con quelle modalità che abbiamo visto, avremo la possibilità di rispondere

adeguatamente alle richieste per le quali la scuola ci ha accolto.

L'aspetto educativo della scherma risiede anche in questa duttilità, e ci piace pensare che a differenza di altre discipline non è necessario partire dall'apprendimento dei fondamentali per poi passare all'evoluzione.

Senza aggiungere né togliere nulla al Suo racconto, di seguito, le parole della maestra Serena (Scuola elementare Collodi). La sensibilità con cui sono scritte e la sincera esposizione di un'esperienza, ci aiutano a comprendere quanto importante sia, per la nostra disciplina e per la qualità degli interventi scolastici che faremo, la comprensione piena di una realtà nella quale, in passato, vi siamo entrati senza cognizione di causa.

UN ANNO DI SCHERMA

Durante lo scorso anno scolastico, nelle mie due classi (due quinte elementari), abbiamo giocato alla scherma. Anzi, per usare la "tranquillizzante espressione" di Fausto, abbiamo giocato "a far finta di ucciderci".

E' così che il maestro Colombo ha esordito quando, arrivato in classe, ha fatto la proposta ai bambini; questi, naturalmente, hanno risposto con l'entusiasmo che li contraddistingue, però, più per simpatia nei suoi confronti e per la curiosità di poter tenere in mano un'arma, piuttosto che per cognizione di causa, considerato il fatto che la maggior parte di loro, insegnante compresa, era quasi totalmente a digiuno di questo sport. E' iniziato così un viaggio lungo un

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anno, un viaggio che ci ha portato dalla semplice storia di uno dei giochi più antichi fra quelli praticati dall'uomo, alla riflessione sulle dinamiche personali e del gruppo-classe. Forse è proprio questo uno degli aspetti più interessanti: via via che passavamo (uso sempre il plurale perché davvero anch'io mi sono sentita coinvolta in prima persona nelle attività proposte da Fausto... e devo dire che mi sono anche divertita parecchio le poche, purtroppo, volte in cui ho potuto partecipare attivamente!) dai semplici giochi per imparare le posizioni alle sfide con le bottiglie vuote, fino ai tanto agognati assalti, è cresciuta in tutti noi la sensazione che la scherma fosse qualcosa di più del semplice giochino a cui avevamo pensato all'inizio.

Intanto, molto è stato fatto per far capire ai bambini che ognuno di loro faceva parte di una squadra e aveva un compito da assolvere: il direttore di gara, l'arbitro, i tecnici delle armi, il medico... Tutti venivano chiamati a tirare, ma, per la buona organizzazione e, quindi, per il divertimento di tutti, ogni singolo doveva portare avanti con responsabilità anche il suo ruolo particolare; quest'ultimo era scelto non solo in base alle caratteristiche positive del bambino, ma, a seconda dei casi, anche in vista delle carenze da migliorare. Inoltre, molto tempo è stato dedicato alla cura delle caratteristiche psicologiche che permettono ai bambini di sostenere al meglio un confronto (nello specifico, un assalto, ma la vita tutti i giorni ci offre spazi in cui occorre un buon equilibrio per non essere schiacciati dal peso delle diversità, che dovrebbero essere occasione di arricchimento e non di frustrazione): attenzione, creatività, reattività, prontezza, senso del limite... tutto ciò, naturalmente, non finalizzato solo all'ora di motoria, ma vissuto dai bambini come momento di "allenamento" anche per le attività scolastiche di ogni giorno.

Certo, tutto questo può nascere se si crea una forte sinergia fra le persone che operano e collaborano in palestra, anche se per poche ore la settimana: la scherma cessa di essere soltanto uno dei tanti sport che gli insegnanti usano per riempire le ore di motoria o per fare proseliti in vista dell'agonismo e diventa un'occasione per mettere a fuoco in un contesto diverso quegli obiettivi che sono parte integrante dello sviluppo della persona (che, per inciso, dovrebbe sempre essere anteposto, soprattutto nella scuola, ai fini di carattere meramente scolastico); ognuno trova modo di esprimersi, ma senza ipocrisie e falsità: nella scherma non si pareggia, non ci sono scuse né scusanti: o si vince o si perde! Quanto hanno bisogno i bambini di oggi di aver chiaro cosa sanno fare e cosa non sanno fare, quante sono le bugie dette dagli adulti, spesso per mantenere una parvenza di clima pacifico che non fa bene a nessuno.

Ci sono state anche delle lacrime dopo un assalto andato male, ma soprattutto ci sono state tante occasioni di riflessione sugli atteggiamenti, le conquiste e le sconfitte, che servivano a migliorare l'autostima ed imparare a sopportare la frustrazione per aver mancato un obiettivo molto desiderato.

(40)

Saper accettare un rimprovero o un giudizio non positivo ma costruttivo, espresso nel rispetto della persona che sta davanti, è il primo passo nella costruzione di un'identità forte e capace di accettare la vita, coi suoi successi e le sue naturali difficoltà.

CAPITOLO 7

PUNTI D'ARRIVO

Ci sembra molto più coerente la dizione "punti d'arrivo" che "conclusioni" da mettere alla fine di questo lavoro.

Perché molto di quanto trattato necessita di approfondimento.

Perché alcune proposte richiedono di essere sviscerate con il lavoro pratico e con il confronto.

Perché speriamo che in futuro si possa aggiungere anche il contributo di altri.

Quanto scritto, e ne abbiamo perfetta consapevolezza, non è né definitivo né completo, ma pensiamo che abbia almeno il pregio di aver focalizzato l'attenzione sul fatto che il nostro mondo ha necessità di organizzarsi, di modernizzarsi e di proporsi in modo organico se è vero che la scuola rappresenta il riferimento principale per la divulgazione della nostra disciplina.

Ed allora i nostri punti d'arrivo sono la coscienza delle necessità che noi come tecnici e dirigenti abbiamo, e cioè quella di conoscere le esigenze scolastiche, di impostare un lavoro coerente che si esprima con un linguaggio comune, di poter dialogare con il mondo educativo e porre così in essere quanto necessario a non farci vedere come una realtà inavvicinabile e difficile.

(41)

E' certo che un'operazione di questo tipo richiede tempo ed investimenti ma, soprattutto, richiede l'acquisizione di un atteggiamento culturale più disponibile.

E questa disponibilità speriamo di trovarla in modo particolare tra i giovani istruttori e tra coloro che hanno fatto dell'insegnamento della scherma una parte importante della loro vita

professionale.

E tecnici competenti, interessati a conseguire il gradimento di tanti per mantenere la

sopravvivenza delle Società e, nel contempo, aumentare le possibilità di successo agonistico, non possono eludere il problema.

In paragone alla gran massa di proposte che nella scuola fluiscono annualmente noi risultiamo minoritari per mancanza di documentazione, di attrezzature, di proposte.

Abbiamo già detto che le esperienze di alcuni maestri hanno funzionato bene e consolidato la scherma in una certa zona del territorio, ma questi eventi rimangono circoscritti.

La condivisione delle idee non è depauperamento delle capacità di un singolo o di un piccolo gruppo, ma anzi è metodo per contribuire alla creazione di una passa parola positivo che potrà solo aggiungere beneficio a tutto il movimento schermistico.

Con questo spirito intendiamo offrire queste idee senza nascondere la speranza di poter avviare un processo di riflessione (anche a livelli più alti) che finalmente ci porti ad essere presenti in modo più moderno e meno "rozzo" in quella scuola alla quale tutti guardiamo come ad una grande riserva di caccia senza riflettere alla delicatezza, all'importanza ed alla

complessità di quanto, in quell'ambiente, ogni giorno viene fatto.

(42)

BIBLIOGRAFIA

Letture che volentieri consigliamo per approfondire quanto trattato, per amore di curiosità o, semplicemente, perché bella.

Antonio R. Damaso

L'errore di Cartesio

Editmabi.com

Daniel Goleman

Intelligenza emotiva

Rizzoli

Desmond Morris

L'animale uomo

(43)

Mondadori

DesmondMorris

La scimmia nuda

Grazanti

Elisa Chiari

L'altra faccia della medaglia

Limina

Erasmo da Rotterdam

Elogio della Follia

Rusconi libri

Feyerabend

(44)

Dialogo sul metodo

Editori Laterza

Jacques Le Goff

Alla ricerca del medioevo

Mondolibri

Steven Pinker

Tabula Rasa

Mondatori Editore

Valersi di Modica

Le forme del gioco

Carocci faber

(45)

INDICE

Pag.

1

Presentazione

"

2

Introduzione

"

4

(46)

CAP. 1 - Il mondo scolastico e sue problematiche

"

8

CAP. 2 - L'azione dell'insegnare

"

13

CAP. 3 - L'esperienza pratese

"

16

CAP. 4 - Soddisfazione di sé

"

(47)

22

CAP. 5 - Espressività

"

29

CAP. 6 - La scherma e suoi aspetti educativi: considerazioni

"

34

CAP. 7 - Punti d'arrivo

"

36

Bibliografia

(48)

"

37

Indice

SCHERMA: CONOSCERE LA SCUOLA PER ESSERE A SCUOLA"

STAMPATO A PRATO NEL NOVEMBRE 2006

DA: TROFEO CITTA' DI PRATO

CON IL PATROCINIO DI:

ASSESSORATO ALL0 SPORT DELLA PROVINCIA DI PRATO

(49)

ASSESSORATO ALLO SPORT DEL COMUNE DI PRATO

REDATTO DAL M° COLOMBO FAUSTINO PER

FEDERAZIONE ITALIANA SCHERMA

COMITATO REGIONALE TOSCANO

SI RINGRAZIA LA COLLABORAZIONE CON: TUTTI I DIRTITTI RISERVATI

CENTRO GIOVANILE DI FORMAZIONE SPORTIVA

SOCIETA' SCHERMA PRATO

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