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R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. (Sezione Seconda Bis) SENTENZA

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Pubblicato il 07/12/2020

N. 13044/2020 REG.PROV.COLL.

N. 09386/2020 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 c.p.a..;

sul ricorso numero di registro generale 9386 del 2020, proposto da Dario Matturro, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Società AMBI.EN.TE. S.p.a. – Ambiente Territorio Energia S.p.a., e Patrizia Maggioli, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluca Brancadoro, Carlo Mirabile e Clizia Calamita di Tria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Ciampino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Jacopo Polinari, con domicilio e eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta Comunale della Città di Ciampino del 6 novembre 2020 n. 126 avente ad oggetto “Segnalazione criticità Consiglio di

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Amministrazione della Società Ambi.En.Te. S.p.A. – adozione provvedimenti”, del decreto del Sindaco della Città di Ciampino n. 19 del 6 novembre 2020, prot.

N. 43466/20 avente ad oggetto “Revoca CdA Società Ambi.en.te. S.p.A.” e di ogni altro atto presupposto, connesso ovvero conseguente anche se incognito, ivi inclusa la nota del Sindaco di Ciampino n. 43698 del 9 novembre 2020, con la quale il Sindaco ha richiesto la convocazione urgente della Assemblea dei Soci di Ambi.En.Te. S.p.a. entro 5 giorni, con all’ordine del giorno “la disposta revoca del Consiglio di Amministrazione e a nomina del nuovo organo amministrativo”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ciampino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2020 la dott.ssa Brunella Bruno ed uditi i difensori delle parti in collegamento da remoto mediante videoconferenza come specificato nel verbale di udienza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto esposto dalle parti nei ricorsi introduttivi e negli scritti difensivi;

Premesso che:

- con il ricorso introduttivo del presente giudizio, il Sig. Dario Matturro, presidente del consiglio di amministrazione della società AMBI.EN.TE. S.p.a., partecipata in misura maggioritaria dal Comune di Ciampino, e la Sig.ra Patrizia Maggioli, componente del consiglio di amministrazione di detta società, hanno agito per l’annullamento degli atti in epigrafe indicati, aventi ad oggetto la revoca dell’intero organo collegiale della società;

- avverso gli atti gravati parte ricorrente ha dedotto censure di violazione di legge ed eccesso di potere, contestando, in relazione a plurimi profili, la sussistenza dei

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presupposti alla base dell’atto adottato dal Sindaco di Ciampino, ai sensi dell’art.

50, comma 8, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, con formulazione anche di istanza ai sensi dell’art. 56 c.p.a., correlata all’esigenza di «evitare che in esecuzione della delibera n. 126 e del decreto n. 19, venga convocata d’urgenza dal Presidente del Collegio Sindacale l’Assemblea dei soci per “la prevista presa d’atto della avvenuta revoca e nomina del nuovo Organo Amministrativo della Società”» (cfr. pag. 6 e 7 del ricorso introduttivo);

- con decreto ex art. 56 c.p.a. n. 7064 del 16 novembre 2020 è stata rigettata la domanda di misure cautelari monocratiche, “tenuto conto della portata ripristinatoria discendente da una eventuale pronuncia favorevole collegiale rispetto all’interesse azionato, volto primariamente a conseguire la permanenza in carica dei componenti del consiglio di amministrazione”;

- il Comune di Ciampino si è costituito in giudizio in data 16 novembre 2020 (e, dunque, nella medesima data di adozione della misura cautelare monocratica), sollevando, con articolate e pertinenti argomentazioni, eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione di questo giudice, oltre che per difetto di legittimazione dei ricorrenti, i quali non risultano aver ottenuto dagli altri soci della società procura per la tutela dei loro diritti, insistendo, comunque, per l’infondatezza del gravame, con formulazione, tra l’altro, sia della richiesta di accertamento dell’ammontare degli importi versati, a qualsiasi titolo, dalla società in favore del Dott. Matturro – che consta essere collocato in quiescenza –, dalla data del suo insediamento, sia di condanna al risarcimento dei danni ex art. 96, comma 2 c.p.c.;

- in data 24 novembre 2020 parte ricorrente ha reiterato l’istanza ex art. 56 c.p.a., adducendo la sopravvenienza costituita dalla convocazione da parte del collegio sindacale, con nota trasmessa a mezzo PEC in data 17 novembre 2020, dell’assemblea dei soci di Ambi.En.Te S.p.a. per il 26 novembre 2020, al fine di discutere e deliberare su: “1. Revoca del Consiglio di Amministrazione della

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Società Ambi.En.Te S.p.A.; 2. Nomina del nuovo Organo Amministrativo della Società Ambi.En.Te S.p.A. e determinazione degli emolumenti; 3. Varie ed eventuali”, evidenziando, al riguardo, che tale determinazione ha comportato un’anticipazione della convocazione già disposta per la data del 20 dicembre 2020 dal presidente della società, odierno ricorrente, con avviso del 13 novembre 2020;

- con decreto n. 7296 del 25 novembre 2020 la domanda ex art. 56 c.p.a. ha trovato accoglimento, in considerazione della connotazione del pregiudizio dedotto;

- in data 1 dicembre 2020 la difesa di parte ricorrente ha prodotto articolata memoria con la quale ha rappresentato le sopravvenienze successive, costituite, tra l’altro, dalla decisione assunta nell’assemblea del 25 novembre 2020 di un differimento dell’assemblea medesima alla data del 7 dicembre 2020 per deliberare sulla revoca in contestazione, insistendo, su tali basi, per la permanenza del pregiudizio allegato, oltre che sulle deduzioni già articolate anche per quanto attiene alla sussistenza della giurisdizione di questo Giudice;

- alla camera di consiglio del 4 dicembre 2020, tenutasi in collegamento da remoto, sentiti i difensori della parti con le modalità stabilite dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, il Collegio ha valutato la sussistenza dei presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, in conformità alle previsioni dell’art. 60 c.p.a.;

Ritenuto che:

- il ricorso si palesa inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

- come reiteratamente chiarito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, in tema di società partecipata da un ente locale, pur quando costituita secondo il modello del cd. in house providing, deve ritenersi che le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci, ai sensi dell’art. 2449 c.c.,

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spettino alla giurisdizione del giudice ordinario, non di quello amministrativo, perché investono atti compiuti dall’ente pubblico uti socius, non iure imperii, e posti in essere a valle della scelta di fondo per l’impiego del modello societario, ogni dubbio essendo stato sciolto a favore della giurisdizione ordinaria dalla clausola ermeneutica generale, in senso privatistico, prevista dall’art. 4, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 135 del 2012, oltre che dal principio successivamente stabilito dall’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 175 del 2016, a tenore del quale, per tutto quanto non derogato dalle relative disposizioni, le società a partecipazione pubblica sono disciplinate dalle regole privatistiche (cfr., ex multis, 27 dicembre 2019, n. 34473; n. 24591 del 2016; 27 marzo 2018, n. 7759; 8 luglio 2019, n. 18270);

- anche con precipuo riferimento ai provvedimenti quale quello che viene in considerazione nella fattispecie, infatti, la Corte regolatrice (18 giugno 2019, n.

16335) ha evidenziato che: « La controversia concernente la legittimità dell’atto emesso dal Sindaco, ai sensi dell’art. 50, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 267 del 2000, di revoca degli amministratori di una società partecipata dal Comune spetta alla giurisdizione ordinaria, poiché si tratta di un provvedimento attinente ad una situazione giuridica successiva alla costituzione della società stessa, idoneo ad incidere internamente sulla sua struttura ed espressione di una potestà di diritto privato ascrivibile all’ente pubblico uti socius ed esercitata dal medesimo Sindaco in conformità degli indirizzi stabiliti dal Consiglio comunale»;

- contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte ricorrente – attraverso riferimenti a pronunce meramente interinali ed all’evidenza risalenti dei questo Giudice (decreto n. 2537/2007; ord. 2716/2007) –, la circostanza che nella fattispecie le contestazioni si estendano alla deliberazione adottata dalla Giunta di presa d’atto dei rilievi rappresentati dal Sindaco alla quale ha fatto seguito, in pari data, l’adozione della determinazione di quest’ultimo, non muta i termini della questione e non modifica la natura dei poteri esercitati, non venendo in

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rilievo nella presente controversia l’impugnazione di atti che costituiscono esercizio di poteri autoritativi, assumendo l’art. 50, commi 8 e 9, del d.lgs. d.lgs.

n. 267 del 2000 una valenza integrativa dell’art. 2449 c.c., a conferma dell’esercizio della facoltà di revoca degli amministratori quale facoltà di diritto privato concessa ai soci di una società di capitali;

- né sussistono i prospettati vuoti di tutela, stanti i poteri di cui il Giudice ordinario è attributario, nella considerazione del nesso che lega l’atto adottato ai sensi della sopra indicata disposizione del d. lgs. n. 267 del 2000 a quelli al medesimo presupposti, inscindibilmente preordinati al medesimo fine, costituito, appunto, dalla revoca dell’organo societario collegiale, sulla quale si incentra il petitum sostanziale della presente controversia;

- al riguardo, peraltro, le Sezioni unite hanno avuto modo di sottolineare che

“l’amministratore di designazione pubblica non è soggetto agli ordini dell’ente nominante ed anzi, per testuale previsione del codice civile (art. 2449 c.c.), ha i medesimi diritti ed i medesimi obblighi dell’amministratore di nomina assembleare (Cass. n. 23381 del 2013)”, specificando, altresì, che, “se è vero che la giurisdizione ordinaria somministra unicamente la tutela obbligatoria o generica (risarcimento del danno per revoca ingiustificata), mentre il giudice amministrativo potrebbe erogare anche la tutela reale (reintegrazione nella carica per illegittimità dell’atto), tale delimitazione consegue al principio di eguaglianza tra amministratore di nomina pubblica e amministratore di nomina assembleare, sicché entrambi, a norma dell’art. 2383 c.c., null’altro possono ottenere se non la monetizzazione della funzione” (Cass. S.U. n. 1237 del 2015, espressamente richiamata dalla già sopra richiamata pronuncia 18 giugno 2019, n. 16335; sul punto, cfr. anche Cass. SU. n. 29078 del 2019, nella quale ulteriormente viene ribadito che l'art. 2449 c.c. assicura parità di "status" tra amministratori di nomina assembleare e amministratori di nomina pubblica);

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- la stessa giurisprudenza della Corte regolatrice sopra richiamata ha evidenziato che le società “con partecipazione pubblica non mutano la loro natura di soggetti di diritto privato solo perché la P.A. ne possegga – in tutto o in parte – le azioni, in quanto il rapporto tra le società ed ente locale è di assoluta autonomia, al soggetto pubblico non essendo consentito incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, potendo solo avvalersi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina pubblica presenti negli organi della società” (in termini, ord. 14 settembre 2017 n. 21299, con la quale è stato conseguentemente affermato che :«Sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto le vicende concernenti la revoca degli amministratori di società per azioni di cui la P.A. sia anche unico socio, costituendo gli atti impugnati espressione non già di potestà amministrativa bensì dei poteri alla medesima dalla legge attribuiti e trasfusi nello Statuto della società per azioni, e quindi manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica, sicché la posizione soggettiva degli amministratori revocati – che non svolgono né esercitano un pubblico servizio – è configurabile in termini di diritto soggettivo, dovendo inoltre escludersi la riconducibilità di detta controversia al novero di quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 33 d.lgs. n. 80 del 1998, novellato dall’art. 7 L. n. 205 del 2000»;

- in definitiva, in accoglimento dell’eccezione processuale sollevata dal Comune di Ciampino, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia inclusa nella giurisdizione del Giudice ordinario, salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al G.O. nel termine perentorio ex art. 11 c.p.a.;

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- il Collegio reputa, infine, opportuno soffermarsi sull’efficacia nel decreto n.

7296 del 25 novembre 2020, con il quale è stata accolta la domanda ex art. 56 c.p.a. nelle more della trattazione collegiale;

- il Collegio, nell’aderire alle valutazioni espresse con il sopra indicato decreto, incentrate, in conformità al dettato normativo, sull’apprezzamento del requisito del periculum, nella considerazione anche della contestata sussistenza della giurisdizione di questo Giudice, oggetto di specifica eccezione da parte della difesa dell’amministrazione resistente e necessariamente sottoposta al vaglio collegiale, osserva che l’efficacia della misura monocratica è venuta meno con la trattazione in camera di consiglio;

- espressamente, infatti, l’art. 56, comma 4 c.p.a. dispone che il decreto “è efficace sino a detta camera di consiglio”, soggiungendosi immediatamente dopo che il decreto perde “efficacia se il collegio non provvedere sulla domanda cautelare”;

- in relazione al decreto ex art. 56 c.p.a. deve, pertanto, escludersi l’ultrattività prevista dall’art. 11, comma 7 c.p.a. che cristallizza una deroga al principio generale della cessazione degli effetti della misura cautelare con la definizione del giudizio nel corso del quale la misura interinale è stata adottata; in altri termini la previsione in argomento determina una temporanea alterazione della strumentalità funzionale della tutela cautelare, rispondendo alla ratio di consentire alle parti di riproporre la domanda cautelare al giudice munito di giurisdizione, garantendo la continuità e l’effettività della tutela cautelare anche nel caso di “traslatio judicii” (Cons. St., sez. VI, 5 marzo 2013, n. 318);

- l’applicazione della sopra indicata previsione postula, come chiaramente evincibile dal coordinamento dell’art. 11, comma 7 con l’art. 56, comma 4 c.p.a., che in esito alla camera di consiglio, a seguito del positivo apprezzamento tanto del requisito del periculum quanto del requisito del fumus, sia stata adottata,

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precedentemente alla definizione del giudizio, una ordinanza cautelare ex art. 55 c.p.a.;

- diversamente opinando, infatti, si verificherebbe una inammissibile ultrattività di una misura interinale che non tollera la prosecuzione di effetti giuridici una volta realizzatesi le condizioni per la regolare trattazione, in contraddittorio, della domanda cautelare (cfr. Cons. St., sez. V, 20 febbraio 2012, n. 909);

- sebbene, quindi, l’art. 11, comma 7 c.p.a. rechi generico riferimento alle

“misure cautelari”, queste ultime devono essere individuate esclusivamente nelle ordinanze adottate ai sensi della disposizione da ultimo richiamata, con esclusione dei decreti ex art. 56 c.p.a., in coerenza con la funzione di doppia strumentalità che contraddistingue tale mezzo, in rapporto alla trattazione collegiale e solo successivamente alla decisione definitiva della causa;

- nella fattispecie – in disparte la già rilevata parità di "status" tra amministratori di nomina assembleare e amministratori di nomina pubblica – nessun apprezzamento collegiale in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della misura cautelare ha avuto luogo, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione;

- nel caso che ne occupa, dunque, posto che la pronuncia declinatoria della giurisdizione determina la cessazione degli effetti del decreto monocratico, la eventuale persistenza di esigenze cautelari non potrà che essere fronteggiata attraverso gli ordinari strumenti di tutela esperibili dinanzi al Giudice munito di giurisdizione (cfr. Cons. St. n. 318 del 2013, cit.);

- le peculiarità della vicenda, come emergenti dalla documentazione in atti, giustificano, nondimeno l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul giudizio in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione in favore della giurisdizione del giudice

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ordinario, dinanzi al quale il processo può essere proseguito con le modalità e nei termini di cui all’art. 11 c.p.a..

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2020, in collegamento da remoto mediante videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere Brunella Bruno, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Brunella Bruno Elena Stanizzi

IL SEGRETARIO

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