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2 Modellazione di strutture in muratura.

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2 Modellazione di strutture in muratura.

2.1 – Premessa

La fase della modellazione strutturale è di fondamentale importanza, poichè bisogna cogliere e schematizzare quella che è la situazione più vicina alla realtà, soprattutto per quanto concerne la distribuzione delle masse e la distribuzione delle rigidezze.

Talvolta, lo stesso edificio può essere modellato con modelli diversi in dipendenza del tipo di azioni che si considerano.

Ad esempio, l’analisi della struttura muraria per le azioni orizzontali viene condotta in modo diverso se l’azione è dovuta al vento oppure al sisma. Infatti, la risposta nei due casi è simile solo in parte: l’azione sismica (corrispondente a sisma violento) è una azione eccezionale a fronte della quale si accettano livelli di danneggiamento molto maggiori, quindi la risposta è notevolmente influenzata dal comportamento non lineare, di cui occorre tener conto.

Inoltre, nella risposta alle azioni sismiche, il rapporto fra azioni orizzontali e verticali è piuttosto grande, pertanto nei maschi murari sopravento si verifica una notevole decompressione, legata al comportamento globale. Tale decompressione ha come effetto una diminuzione della capacità portante delle pareti (maggiore parzializzazione della sezione), che non è trascurabile.

Come conseguenza, mentre nell’analisi dell’edificio per le azioni verticali e da vento è possibile effettuare due analisi separate e poi sommare gli effetti, nell’analisi della risposta alle azioni sismiche non è lecito valutare separatamente gli effetti delle azioni orizzontali da quelle verticali, per l’ importanza delle non linearità.

Gli edifici con struttura portante in muratura sono forme costruttive che possono differire considerevolmente per materiali, tessitura, concezione d’insieme del sistema strutturale e dettagli costruttivi.

Il territorio nazionale presenta un elevato numero di costruzioni, che sono strutture in muratura portante tipiche del passato.

Spesso è possibile incontrare nell’edilizia esistente edifici realizzati con blocchi non lavorati, di forma irregolare, di diverse dimensioni ed anche di diverso materiale,

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- 36 - generalmente mal collegati tra loro, e da malte di scarsa qualità, sia per composizione che per resistenza.

La complessità della tipologia di queste strutture, la loro storia, i danni e gli interventi subiti col trascorrere del tempo, rende difficile e complicata la conoscenza del loro comportamento sotto le azioni sismiche. Non è inoltre semplice riuscire a modellare questo tipo di strutture a causa dell’incertezza nella definizione della distribuzione delle rigidezze e delle resistenze, dovuta sia alla eterogeneità dell’opera in muratura come detto, sia all’evoluzione e agli interventi subiti nel corso del tempo.

A causa di questa grande varietà, lo studio teorico non è in grado di fornire metodi di calcolo specifici al caso che si può presentare; gli strumenti che ci vengono forniti ad oggi sono, adattabili a tutte le problematiche che si possono presentare, nell’ intento di evitare errori macroscopici nella previsione della vulnerabilità di un edificio nei confronti dell’ azione sismica.

I metodi di calcolo applicativi utilizzati si differenziano in metodi che permettono di cogliere gli effetti locali della muratura, e metodi che forniscono una valutazione globale della risposta degli edifici sottoposti ad una qualsiasi azione orizzontale nel piano della parete. I primi hanno il pregio di fornire risultati sullo stato tensionale locale, ma comportano un onere computazionale notevole ed una modellazione più accurata che richiede maggior tempo nell’ inserimento dei dati in ingresso.

Gli altri metodi sono un tipo di modellazione semplificata, basata su schemi semplici, allo scopo di limitare i gradi di libertà del problema e capaci di riprodurre globalmente la risposta strutturale di un edificio. La modellazione avviene a mezzo di macroelementi, rappresentativi di un intero pannello murario, capace di cogliere i meccanismi elementari di deformazione, danneggiamento e dissipazione delle strutture murarie.

Per gli edifici storici, il concetto di “verifica globale” è da intendersi con un significato molto differente da quello delle moderne costruzioni intelaiate, ovvero che l’analisi della struttura ai fini della valutazione della sicurezza deve essere effettuata mediante verifiche di dettaglio dei singoli elementi.

In altre parole ciò significa che non è realistico analizzare l’intera struttura muraria come se fosse pluriconnessa: è necessario, piuttosto, ricercarne il suo punto debole.

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- 37 - Quindi l’analisi sismica globale è un analisi dell’intero edificio volta ad individuare i possibili meccanismi di collasso che l’azione sismica è in grado di produrre in ogni parte della struttura.

In quest’ottica il complesso strutturale è da ritenere come un assemblaggio di elementi staticamente determinati, non perfettamente elastici e vincolati in maniera monolatera: ciò significa che i carichi agenti sugli elementi vengono trasferiti agli altri elementi nei punti di appoggio. Senza dubbio il comportamento è quindi molto discosto da quello di una struttura con comportamento elastico e pluriconnesso.

La vulnerabilità sismica delle strutture esistenti in muratura è influenzata dal tipo e dalla qualità dei collegamenti tra i vari elementi costituenti i quali giocano in maniera estremamente determinante nei confronti delle azioni orizzontali.

Nella schematizzazione della struttura è necessario operare delle semplificazioni in maniera tale che risulti contemporaneamente semplice e soddisfacente. Per questo motivo va tenuto conto:

- che il complesso strutturale non deve essere ritenuto come un unico organismo ma come l’unione di più elementi collegati in maniera incerta;

- che il materiale costituente possiede scarsa o trascurabile resistenza a trazione; - dei possibili meccanismi di collasso che possono manifestarsi;

- dell’incerta valutazione del coefficiente di sicurezza nei confronti dell’azione sismica.

Alla luce di tutto ciò è facile capire che le costruzioni storiche evidenziano grandi differenze nei confronti delle nuove strutture in muratura.

Malgrado ciò va sottolineato che anche le metodologie di calcolo delle strutture esistenti sono inserite negli approcci che operano nell’ambito della Scienza delle Costruzioni. Modellare una struttura soggetta ad azione sismica risulta pertanto essere uno degli aspetti più importanti e delicati che ogni progettista deve affrontare per poter poi procedere all’analisi della stessa.

I fattori che influenzano e rendono possibile lo sviluppo di un modello di calcolo sono dunque la geometria della struttura, i materiali che la caratterizzano e le azioni cui è sottoposta. Poiché una stessa struttura può essere rappresentata da più modelli è necessario prendere in considerazione solamente quelli che risultino essere al tempo stesso rappresentativi del comportamento reale e risolubili con gli strumenti e le conoscenze di cui si dispone.

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- 38 - 2.2 Metodi di analisi.

L’analisi delle strutture soggette ad azione sismica può essere lineare o non lineare. Oltre che in relazione al fatto che l’analisi sia lineare o non lineare, i metodi d’analisi sono articolati anche in relazione al fatto che l’equilibrio sia trattato staticamente o dinamicamente.

Il metodo d’analisi lineare di riferimento per determinare gli effetti dell’azione sismica, è l’analisi modale con spettro di risposta o “analisi lineare dinamica”. In essa l’equilibrio è trattato dinamicamente e l’azione sismica è modellata direttamente attraverso lo spettro di progetto.

Per le sole costruzioni la cui risposta sismica, in ogni direzione principale, non dipenda significativamente dai modi di vibrare superiori, è possibile utilizzare, il metodo delle forze laterali o “analisi lineare statica”. In essa l’equilibrio è trattato staticamente, l’analisi della struttura è lineare, si modella l’azione sismica direttamente attraverso lo spettro di progetto.

Infine, per determinare gli effetti dell’azione sismica, si possono effettuare analisi non lineari. In esse l’equilibrio è trattato staticamente (“analisi non lineare statica”) modellando l’azione sismica direttamente mediante forze statiche fatte crescere monotonamente o dinamicamente (“analisi non lineare dinamica”) modellando l’azione sismica indirettamente mediante accelerogrammi.

Analisi lineare dinamica

L’analisi dinamica lineare consiste:

- nella determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale), - nel calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di

risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati, - nella combinazione di questi effetti.

Devono essere considerati tutti i modi con massa partecipante significativa. È opportuno a tal riguardo considerare tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% e comunque un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’85%. Per la combinazione degli effetti relativi ai singoli modi deve essere utilizzata una combinazione quadratica completa degli effetti relativi a ciascun modo.

Per gli edifici, gli effetti della eccentricità accidentale del centro di massa possono essere determinati mediante l’applicazione di carichi statici costituiti da momenti

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- 39 - torcenti di valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, moltiplicata per l’eccentricità accidentale del baricentro delle masse.

Maggiori informazioni per questo tipo di analisi, si trovano nel capitolo specifico di questa tesi.

Analisi lineare statica

L’analisi statica lineare consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze di inerzia indotte dall’azione sismica e può essere effettuata a condizione che il periodo del modo di vibrare principale nella direzione in esame (T1) non superi 2,5 TC o TD e che la costruzione sia regolare in altezza.

L’entità delle forze si ottiene dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo T1 e la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di vibrare principale nella direzione in esame, valutata in modo approssimato.

Questo metodo può essere applicato a un modello spaziale oppure a due modelli piani separati in caso di edifici regolari.

Analisi non lineare statica

L’analisi non lineare statica, spesso indicato con il nome di “analisi pushover ”, consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite, ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante Fb (taglio alla base).

Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il centro di massa dell’ultimo livello della costruzione. Il diagramma Fb - dc rappresenta la curva di capacità della struttura. L’utilizzo dell’analisi statica non lineare permette una valutazione più precisa della risposta attesa per lo studio e la verifica di edifici esistenti, tale analisi si rende necessaria per valutare in modo attendibile la sicurezza della struttura.

Le analisi pushover possono essere utilmente impiegate anche per verificare la coerenza tra i fattori di struttura assunti in base alle indicazioni normative e le reali duttilità e capacità dissipative della struttura.

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- 40 - Le analisi pushover danno informazioni precise sulla disposizione delle zone dissipative nella struttura, evidenziando i meccanismi di collasso, globali o parziali, ed eventuali concentrazioni di danno in elementi particolari. Viceversa sono molto meno attendibili le informazioni più di dettaglio che si possono trarre da queste analisi, come ad esempio la rotazione di una singola cerniera plastica o la successione con cui le cerniere plastiche si formano nella struttura.

Maggiori informazioni per questo tipo di analisi, si trovano nel capitolo specifico di questa tesi.

Analisi non lineare dinamica

L’analisi non lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della struttura e gli accelerogrammi. Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili.

L’analisi dinamica non lineare deve essere confrontata con una analisi modale con spettro di risposta di progetto, al fine di controllare le differenze in termini di sollecitazioni globali alla base delle strutture.

Questo tipo di analisi è in teoria il più completo in quanto permette di conoscere nel tempo sollecitazioni e deformazioni degli elementi costituenti la struttura.

Aspetti fondamentali e critici dell’analisi dinamica non lineare sono la definizione dei legami costitutivi isteretici dei materiali, nonché la scelta degli accelerogrammi da utilizzare come input, i quali devono rappresentare correttamente gli eventi sismici attesi.

“Statica lineare”, “Dinamica modale”, “Statica non lineare”, “Dinamica non lineare” sono i quattro metodi di analisi, elencati in ordine crescente per livello di complessità e di precisione, proposti dalle attuali normative antisismiche. La scelta di uno dei quattro metodi dovrà essere fatta in base alle caratteristiche e all’importanza della struttura da esaminare.

La normativa definisce come “metodo normale” l’analisi modale associata allo spettro di risposta di progetto e applicata ad un modello tridimensionale dell’edificio. In sostituzione al modello tridimensionale è possibile utilizzare due modelli piani separati

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- 41 - ed una semplice analisi statica lineare se la struttura presenta i requisiti di regolarità in pianta ed in alzato richiesti dalla normativa come riportato nella Tabella 2.1.

Regolarità geometrica Semplificazioni ammesse

Pianta Altezza Modello Analisi

SI SI PIANO STATICA LINEARE

SI NO PIANO DINAMICA MODALE

NO SI SPAZIALE STATICA LINEARE

NO NO SPAZIALE DINAMICA MODALE

Tab. 2.1 - Tipi di modelli e metodi di analisi ammessi dalla normativa in funzione della regolarità dell’edificio

2.3 Modelli di calcolo

La scarsa resistenza a trazione della muratura non consente l’utilizzo diretto dei modelli elastici lineari nella previsione del danneggiamento di un edificio soggetto ad azioni sismiche.

Il comportamento della struttura soggetta ad un sisma violento è fortemente influenzato dalla non linearità della risposta; in molti casi è possibile giustificare la resistenza dell’edificio all’evento sismico solo tenendo conto delle deformazioni anelastiche che la struttura è in grado di esibire.

Di ciò ne fu tenuto conto già a partire dagli anni Settanta, a seguito del terremoto del Friuli nel 1976, introducendo nelle normative l’analisi non lineare, sotto forma di metodi semplificati di tipo statico equivalente. Il metodo POR progenitore del metodi suddetti, si diffuse velocemente e fu ripreso nella circolare esplicativa al D.M. 02/07/81 “Norme per le riparazioni ed il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia”.

Un altro modello a macroelementi è il metodo PORDIN di derivazione POR, il quale esegue l’analisi dinamica non lineare, con tecnica al passo, di strutture in muratura aventi orizzontamenti rigidi nel proprio piano e congruenti con i setti murari.

Alternativamente sono stati proposti altri metodi di analisi non lineare di pareti caricate nel piano come ad esempio le analisi per macroelementi bidimensionali riferiti a materiale non resistente a trazione (Braga e Liberatore, 1991, D’Asdia e Viskovic, 1994) metodi basati sulla schematizzazione mediante bielle o puntoni equivalenti

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- 42 - (Calderoni, Lenza e Pagano,1989), metodi basati sull’analisi limite (Abruzzese, Como e Lanni, 1992), schematizzazioni a telaio equivalente fondati sui concetti fondamentali del metodo POR (Magenes e Della Fontana, 1998).

Le analisi non lineari risultano particolarmente onerose dal punto di vista computazionale e della lettura dei risultati.

I modelli semplificati sopracitati consentono di effettuare un’analisi non lineare, sicuramente meno accurata ma certamente più gestibile a fronte di un ridotto onere computazionale.

Notevoli progressi si sono riscontrati anche nella schematizzazione del comportamento ciclico attraverso modelli ad elementi finiti (Gambarotta e Lagomarsino, 1997), sia mediante macroelementi ( Brencich e Lagomarsino, 1997).

I metodi di analisi possono essere raggruppati in tre classi distinte: - Analisi limite o rigido-plastica,

- Analisi lineare elastica, - Analisi non lineare,

per le quali sono stati proposti i relativi modelli di calcolo.

Nella figura che segue è riportato lo schema dei vari modelli di calcolo impiegati nelle analisi.

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- 43 - 2.3.1 I modelli di calcolo impiegati nell’analisi lineare e non lineare.

Un possibile approccio da seguire nella determinazione della risposta sismica di un edificio sia basa su una serie di modelli operanti in campo elastico ed eventuali deformazioni in campo post-elastico.

Questi modelli si suddividono in due gruppi: da un lato è possibile schematizzare la struttura attraverso modelli esatti agli elementi finiti, dall’altro sono rese disponibili schematizzazioni semplificate definite “a macro-elementi”.

2.3.1.1 Il modello agli elementi finiti.

Attualmente lo strumento di calcolo strutturale più potente è quello degli elementi finiti. Il suo impiego nell’analisi degli edifici storici fornisce una rappresentazione molto fedele che riesce a cogliere anche forme geometriche complesse di ossature di strutture esistenti.

Il metodo di discretizzazione agli elementi finiti consiste nel suddividere una struttura in un insieme di elementi di piccola dimensione, connessi tra loro solamente in corrispondenza dei vertici che prendono il nome di “nodi”. La struttura è pertanto rappresentata da un insieme di nodi che formano un sistema di “punti materiali” collegati elasticamente dagli elementi e sottoposti alle azioni esterne di carico, opportunamente schematizzate come carichi nodali equivalenti, ed alle azioni interne. I gradi di libertà incogniti della struttura sono dati dagli spostamenti dei nodi, una volta noti i quali si risale allo stato di tensione e di deformazione di ciascun elemento.

La modellazione agli elementi finiti offre poi la possibilità di analizzare strutture di forma qualunque utilizzando elementi sia piani che solidi, a seconda che si vogliano rappresentare strutture bidimensionali come le pareti, o tridimensionali come le volte, oppure tramite elementi monodimensionali nel caso di travi e di orditure secondarie dei solai.

Le applicazioni del metodo si possono suddividere in analisi lineari e non lineari.

L’analisi lineare si fonda su una perfetta congruenza delle connessioni e su un comportamento elastico lineare e isotropo. Solitamente essa è utile per interpretare comportamenti strutturali e la formazione di fessurazioni, ed è inoltre impiegata per l’analisi sia della distribuzione delle tensioni, sia delle zone di concentrazione che nascono sotto l’azione dei carichi verticali sollecitando la muratura prevalentemente a compressione.

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- 44 - L’analisi lineare è poco utile nel caso di murature soggette ad azione sismica.

Nei casi in cui le tensioni di trazione e di taglio diventano determinanti, anche la natura delle connessioni ed il comportamento del materiale oltre la fase elastica assumono un ruolo importante, è naturale indirizzare la scelta verso analisi in campo non lineare. L’applicazione di procedimenti agli elementi finiti in campo non elastico,è utile per ricercare meccanismi di collasso.

In questi casi emergono i limiti di questo metodo che presenta notevoli difficoltà: - per il comportamento dei materiali di difficile e incerta definizione, - per il comportamento delle connessioni, difficili da schematizzare, - per la disomogeneità e anisotropia del materiale,

- per la presenza di non linearità geometriche (parzializzazione). - per il comportamento scatolare globale adottato,

tali da sovrastimare, nella maggioranza dei casi, la resistenza.

Con questo strumento è possibile superare il problema della non omogeneità e non isotropia del paramento murario reale, genericamente costituito da laterizi o pietrame e malta, modellandolo con un materiale isotropo ed omogeneo equivalente sia dal punto di vista elastico che da quello meccanico.

Attraverso una relazione matriciale, che si fonda sulla costruzione della matrice di rigidezza dell’intera struttura, vengono messi in relazione gli spostamenti nodali con le forze corrispondenti.

Quando lavoriamo in campo non lineare la matrice di rigidezza diventa funzione degli spostamenti così come i carichi: è necessario applicare un procedimento iterativo che di volta in volta aggiorni sia la matrice di rigidezza che quella dei carichi.

Il metodo FEM è impiegabile nel campo della ricerca scientifica, nella calibrazione di modelli meno accurati o nella modellazione di dettagli costruttivi: ne sono un esempio i modelli accurati malta mattone (fig. 2.2):

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Fig. 2.2 - Modello accurato malta-mattone.

Nel caso di analisi di edifici eseguita attraverso modelli omogenei equivalenti è importante definire preventivamente il tipo e la dimensione della mesh nonché il legame costitutivo del materiale e il criterio di resistenza da assumere nelle verifiche.

I risultati di analisi F.E.M. forniscono mappe che mettono in luce il livello tensionale localizzato della muratura.

Fig. 2.3 - Schematizzazione dell’edificio mediante elementi omogenei.

Al fine di cogliere nella maniera più opportuna la risposta dell’edificio è necessario adottare la mesh sufficientemente fitta per garantire una soluzione più accurata nelle zone caratterizzate da una maggiore variazione dello stato tensionale; allo stesso modo la mesh non deve essere eccessivamente fitta per evitare la complicazione nella gestione dei risultati.

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- 46 - 2.3.1.2 I modelli semplificati – modellazione a macro-elementi

Alternativo al metodo di modellazione agli elementi finiti e di più largo utilizzo è il metodo di discretizzazione “ai macro-elementi ”.

Negli scorsi decenni, la ricerca si è posta come obiettivo l‟individuazione di una metodologia di indagine capace di sintetizzare in maniera efficace il comportamento delle strutture in muratura, evitando di dover ricorrere alla descrizione puntuale dei singoli edifici, i quali risultano inevitabilmente sempre diversi tra di loro.

Un macroelemento è una parte costruttivamente riconoscibile e compiuta di una struttura che si vuole modellare, le cui dimensioni sono comparabili con l’altezza di interpiano o con le dimensioni delle aperture della struttura, che mostra un comportamento unitario relativamente ai meccanismi di danno che possono verificarsi in caso di sisma. Non necessariamente deve coincidere con una parte identificabile anche sotto l‟aspetto architettonico e funzionale (ad esempio facciata) ma ad esempio, la parete muraria forata dalle aperture viene schematizzata come un insieme di pannelli reciprocamente connessi.

La scomposizione di una struttura in macroelementi, pur essendo comunque di carattere convenzionale, ha il fine di descrivere e localizzare i fenomeni di danno e i meccanismi di dissesto, presenti e/o potenzialmente futuri, individuabili attraverso gli spostamenti relativi rispetto ai macroelementi limitrofi o attraverso gli spostamenti tra parti del macroelemento stesso.

L‟interazione tra i vari macroelementi avviene attraverso una zona o fascia di sovrapposizione, posta in prossimità dei bordi.

Generalmente una parete viene suddivisa in macroelementi bidimensionali rappresentativi dei pannelli murari come riportato nello schema di Figura 2.4.

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- 47 - Tale metodo di discretizzazione è stato adottato per la prima volta in Italia negli anni settanta attraverso metodi di calcolo quali, ad esempio, i metodi VET (metodo di calcolo manuale) e il metodo POR.

I modelli a macro-elementi si adattano bene al soddisfacimento di esigenze quali ridotti oneri progettuali, maggiore facilità di lettura e interpretazione dei dati ed ampie possibilità applicative. Questo tipo di modellazione è pertanto un valido strumento per l’analisi e la previsione del comportamento delle strutture in muratura.

I metodi di calcolo ai macro-elementi più conosciuti sono il metodo RAN (Augenti, 1984), che esegue verifiche sismiche per piano, il metodo SAM (Magenes- Calvi, 1994), che analizza in dettaglio il comportamento delle fasce di piano e il metodo 3MURI (Gambarotta e Lagomarsino, 1996).

I tre metodi di calcolo elencati ipotizzano tutti gli stessi meccanismi di crisi per i pannelli murari. A differenza del metodo RAN, gli altri due metodi SAM e 3MURI offrono un criterio di analisi globale della struttura.

Esempi di modelli a macro-elementi sono riportati in figura 2.5.

Fig. 2.5 - Modelli a macro-elementi

I modelli semplificati consentono l’analisi di interi edifici attraverso un onere computazionale ridotto.

A questa categoria appartengono:

• i modelli monodimensionali rappresentativi di elementi murari quali fasce e maschi schematizzabili come travi tozze a comportamento non lineare ovvero come bielle (puntoni);

• i modelli bidimensionali rappresentativi di pareti piane;

• una terza categoria di modelli, classificati come tridimensionali, che simulano il comportamento dei setti murari non solo nel piano ma anche al di fuori di esso.

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- 48 - 2.3.1.2.1 - I modelli monodimensionali.

I modelli monodimensionali sono ulteriormente divisibili in due gruppi: ™ Modelli a bielle compresse.

I modelli con elementi monodimensionali basati sull’idealizzazione a biella o a puntone (Calderoni e al., 1987 e 1989) schematizza il pannello murario attraverso un elemento biella in cui l’inclinazione e la rigidezza sono assunti sulla base del comportamento del pannello.

Questi metodi sono detti “a geometria variabile” in quanto l’inclinazione della biella e la sua sezione variano in funzione dell’aumento della parzializzazione della sezione. La parete è in grado di resistere all’azione sismica con la formazione di un sistema di isostatiche di compressione congiungenti i punti di applicazione delle forze sismiche orizzontali con i vincoli a terra. Al sistema di isostatiche si fa corrispondere un sistema resistente di puntoni obliqui di muratura.

Fig. 2.6 - Modellazione del pannello murario con bielle equivalenti.

Il peso proprio dell’edificio sovrastante e quello della muratura compressa sottostante equilibrano la componente verticale del puntone.

L’equilibrio orizzontale dell’azione sismica è garantito dalla reazione del terreno e dai tiranti quali catene o cordoli collocati ai piani. In mancanza, le spinte orizzontali provocano il distacco di parti, nella zona superiore delle pareti, di forma triangolare o trapezoidale. I tiranti quindi assorbono le spinte, le quali vengono poi distribuite ai puntoni giungendo così a terra.

Il collasso della singola parete è associato al raggiungimento di una configurazione limite di equilibrio o alla rottura per compressione del puntone.

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- 49 - ™ Modelli che utilizzano l’elemento trave con deformazione a taglio. Nell’ambito della schematizzazione attraverso elementi trave con deformazione a taglio, gli elementi sono stati proposti con rigidezza variabile in funzione della parzializzazione della sezione (Braga e Dolce, 1982) ovvero con rigidezza costante in fase elastica seguita da una fase a deformazione plastica, (Tomazevic,1978, Dolce,1989,Tomazevic e Weiss,1990), in cui la non linearità di comportamento deriva dal raggiungimento di una condizione limite di resistenza.

Il metodo più noto appartenente a quest’ultima classe di modelli è il metodo POR (Tomazevic, 1978); ne sono poi susseguiti altri il PORFLEX, il POR90 , ecc.

™ Il metodo POR.

Questo metodo si fonda sul presupposto che il meccanismo di collasso predominante è dato dalla rottura dei maschi di un piano valutando la risposta taglio-spostamento per ciascun interpiano. La schematizzazione della struttura avviene in modo molto semplificato, tenendo conto del contributo resistente dei soli elementi murari disposti verticalmente, senza prendere in esame la rigidezza reale delle fasce orizzontali di muratura, considerate rigide. Inoltre, per ogni tipo di struttura si rende obbligatorio fare considerazioni cinematiche formulando l’ ipotesi di considerare gli impalcati infinitamente rigidi.

In esso le pareti sono suddivise in pannelli piani (maschi, fasce, nodi) a cui sono attribuite opportune proprietà di resistenze e rigidezza. Il metodo si basa su una procedura iterativa incrementale (analisi statica non lineare) in cui si valuta il carico di collasso sismico dell’edificio.

Il metodo POR si fonda sull’assunzione di legame costitutivo taglio-spostamento per il singolo maschio murario che si basa sulla definizione di un tratto elastico caratterizzato da una rigidezza che tiene conto sia della componente flessionale che tagliante. Il ramo plastico invece si considera limitato.

La resistenza è misurata in base al criterio di rottura per taglio diagonale.

Questo metodo consente in fase elastica la ripartizione del taglio tra gli elementi di diversa rigidezza; il comportamento plastico consente invece di definire rigidezze secanti che dipendono dallo spostamento raggiunto in campo plastico; è quindi possibile ridistribuire il tagliante anche in campo plastico.

La verifica viene condotta attraverso un metodo al passo che termina con il raggiungimento della deformazione ultima dell’elemento meno deformabile.

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- 50 - Questo metodo produce come risultato dell’analisi, per descriverne il comportamento del piano i-esimo dell’edificio, il diagramma Taglio-spostamento.

Questo diagramma viene costruito passo dopo passo nel corso del calcolo Por, riportando in corrispondenza di ogni spostamento orizzontale, nella direzione del sisma, del baricentro di piano G, la forza reattiva complessivamente sviluppata dall’organismo murario. Il Por procede per incrementi successivi dello spostamento del centro delle rigidezze R; per ogni spostamento di R si calcola lo spostamento di G; in generale lo spostamento di G non coincide con quello di R a causa degli effetti torsionali.

Il metodo POR trova applicazione all’interno di un campo ristretto; al di fuori esso risulta poco affidabile e conduce a risultati poco attendibili. In particolare tale metodo non tiene conto della snellezza, che determina rotture differenti dalla crisi per taglio diagonale, sovrastimando così la resistenza.

Esso ipotizza infatti che la rottura possa avvenire solamente per taglio diagonale con conseguente schematizzazione dei traversi infinitamente rigidi e resistenti; inoltre nell’ipotizzare un solo possibili meccanismo di rottura dei maschi murari consistente nella rottura per taglio per fessurazione diagonale, non tiene conto del fatto che nel caso di edifici alti la rottura può avvenire anche per pressoflessione: questo ci consente di affermare che il metodo POR è applicabile specialmente a edifici che hanno al massimo tre piani.

Negli anni seguenti all’adozione del metodo POR sono stati prese in considerazione altre proposte di miglioramento del metodo che hanno introdotto altri possibili meccanismi di rottura ma che ancora considerano i maschi murari come unica sede di deformazioni tralasciando l’eventualità di rottura negli altri elementi quali le fasce. Nel PORFLEX ad esempio si riteneva ancora le fasce infinitamente rigide, ma rimuovendo l’ipotesi per esse di infinita resistenza. Ciò significa che nel caso in cui essa arriva a rottura, essa comporta il raggiungimento del collasso. Il metodo quindi considera come meccanismo di rottura non solo quello a taglio diagonale come il POR, ma prende in considerazione che la rottura può essere raggiunta anche con il meccanismo di presso-flessione.

Nei modelli basati sull’ipotesi di “meccanismo di piano” l’analisi taglio-spostamento è eseguita separatamente per ciascun interpiano e richiede che vengano assunte delle ipotesi sul grado di vincolo presente all’estremità dei maschi murari. Tuttavia tale vincolo dipende dalla rigidezza e dalla resistenza degli elementi orizzontali di accoppiamento quali fasce e cordoli di piano che risultano sollecitati in maniera

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- 51 - crescente al crescere delle forze sismiche orizzontali e che quindi sono suscettibili di fessurazione o rottura. Ciò significa che solo attraverso una analisi globale dell’intera parete o dell’edificio è possibile cogliere questi fenomeni ed inoltre è possibile rispettare gli equilibri globale e locale.

™ Il metodo SAM.

Il modello si basa su una schematizzazione a telaio equivalente.

Il telaio equivalente è un metodo di calcolo semplificato che fornisce una modellazione della struttura le cui finalità sono quelle di ricercare una risposta globale dell’ edificio all’ azione sismica.

Il meccanismo resistente, per la valutazione della capacità portante dell’edificio, è governato dalla risposta nel piano della muratura. Infatti il requisito fondamentale per le analisi a macroelementi (sia del metodo POR che del metodo a telaio equivalente), è che eventuali meccanismi di collasso fuori dal piano siano prevenuti da dettagli strutturali, quali la presenza di catene o un’efficace ammorsamento tra le pareti portanti.

Esso prende in esame tutti i principali meccanismi di collasso nel piano senza tener conto dei meccanismi di collasso associati alla risposta dinamica fuori piano.

Il modello è riferito ad una parete muraria multipiano con presenza di aperture, soggetta ad azioni nel piano quali carichi verticali costanti e forze orizzontali crescenti applicate a livello dei solai con distribuzione assegnata.

Nel caso che la geometria del setto e dei vani sia piuttosto regolare è possibile schematizzare la parete attraverso un modello a telaio equivalente costituito da:

- elementi ad asse verticale, i maschi; - elementi ad asse orizzontale, le fasce; - elementi nodo;

I maschi e le fasce sono modellati come elementi di telaio deformabili a taglio dove si concentrano deformazioni e danneggiamenti; i nodi sono supposti infinitamente rigidi e resistenti, modellati attraverso opportuni bracci rigidi posti all’estremità dei maschi e delle fasce (Fig. 2.7):

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- 52 - Fig. 2.7 – Passaggio da struttura reale a telaio equivalente

Fig. 2.8 - Schematizzazione a telaio equivalente di una parete muraria caricata nel piano.

Questa classificazione degli elementi discende da accurate osservazioni dei danni provocati da terremoti avvenuti in passato e da simulazioni sperimentali.

Quindi maschi e fasce sono modellati con macroelementi finiti bidimensionali, rappresentativi di pannelli murari, a due nodi con tre gradi di libertà per nodo (due

traslazioni e una rotazione, nella modellazione piana). Le restanti porzioni di parete vengono considerate come nodi rigidi bidimensionali, di dimensioni finite, a cui sono connessi i macroelementi; questi ultimi trasmettono, ad ognuno dei nodi incidenti, le azioni lungo i tre gradi di libertà del piano.

Il metodo di calcolo a telaio equivalente può essere impiegato anche per modellazioni tridimensionali; in tal caso i gradi di libertà per nodo non sono più tre ma sei, le tre traslazioni e le tre rotazioni. Nella modellazione 3D gli ammorsamenti fra le pareti sono

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- 53 - rappresentati dai nodi rigidi e collegati con i nodi rigidi del piano perpendicolare attraverso cerniere.

L’elemento maschio è supposto costituito da un tratto avente resistenza finita e da due parti infinitamente rigide e resistenti alle estremità dell’elemento (Fig. 2.9):

Fig. 2.9 - Rappresentazione dell’elemento maschio nella schematizzazione a telaio equivalente.

Il comportamento dell’elemento maschio è supposto elesto-plastico con limite in deformazione ovvero il comportamento è assunto elastico lineare fintanto che non si manifesta un possibile meccanismo di rottura.

In fase elastica la matrice di rigidezza risulta assegnata attraverso il modulo elastico E, il modulo di elasticità tangenziale G e la geometria della sezione.

I meccanismi di rottura che si possono manifestare nei maschi murari sono: • Rottura per pressoflessione o ribaltamento:

si manifesta quando il momento sollecitante agente in una delle sezioni estreme del tratto deformabile del maschio raggiunge il momento ultimo che corrisponde allo schiacciamento della zona compressa della sezione. Nella sezione in cui si è raggiunto il momento ultimo viene introdotta una cerniera plastica.

• Rottura per taglio con fessurazione diagonale:

Si manifesta quando il taglio sollecitante nel maschio raggiunge il valore ultimo Vu corrispondente al più piccolo dei due valori associati rispettivamente alla fessurazione diagonale per cedimento dei giunti di malta e alla fessurazione

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- 54 - diagonale per rottura dei conci, facendo uso dei criteri di rottura proposti da Magenes e Calvi (1997) per la muratura di mattoni.

Nel caso di rottura per sollecitazioni taglianti, si ipotizza che nell’elemento si verifichino deformazioni plastiche (Fig. 2.10) in cui si pone un limite alla deformazione angolare θ, somma della deformazione flessionale ϕ e tagliante γ

(Fig. 2.11), oltre il quale la resistenza si annulla:

Fig. 2.10 - Comportamento anelastico del maschio murario nel caso di rottura a taglio.

Fig. 2.11 - Deformazioni angolari all’estremo i dell’elemento.

Il modello di comportamento elasto-plastico con limite in deformazione coincide con le ipotesi alla base del metodo POR. In questi metodi il modello bilineare adottato riproduce in maniera approssimata l’inviluppo dei risultati ottenuti da prove sperimentali cicliche e lo spostamento ultimo è associato al raggiungimento di un opportuno degrado della resistenza (fig. 2.12):

Fig. 2.12 - Interpolazione dell’inviluppo sperimentale taglio-spostamento di un pannello murario mediante una bilatera.

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- 55 - Solitamente il limite ultimo è espresso in termini di duttilità.

Con il lavoro svolto da Magenes e Calvi, si introduce un limite di deformazione angolare θu in sostituzione di un limite di duttilità in relazione al fatto che pannelli murari con diversi rapporti di forma portati a rottura per taglio presentano una dispersione della deformazione angolare molto contenuta, mentre mostrano una dispersione maggiore della duttilità ultima in spostamento.

• Rottura a taglio per scorrimento:

Si ipotizza che la rottura del maschio murario per scorrimento avvenga lungo un letto di malta in corrispondenza di una delle sezioni estreme i’ o j’ della parte deformabile dell’elemento. La deformazione anelastica associata alla rottura per scorrimento è modellata in analogia alla rottura per fessurazione, con deformazione plastica a taglio che si sviluppa secondo il grafico della fig. 2.10.

I criteri di rottura fanno sì che all’annullarsi della compressione verticale si annulli anche la resistenza a flessione e a scorrimento e che la resistenza assiale del maschio murario si annulli in presenza di deformazione di trazione.

L’elemento fascia è studiato in maniera simile all’elemento maschio, mantenendo i bracci rigidi con conseguente lunghezza efficace dell’elemento, applicabile con buoni risultati nel caso di aperture allineate assegnando una lunghezza efficace pari alla luce libera della aperture (fig. 2.13 (a)).

Fig. 2.13 - Determinazione della lunghezza efficace delle fasce.

Attualmente non sono state ancora svolte analisi per aperture disallineate verticalmente ma si può pensare di assumere tale lunghezza come indicato in fig. 2.13 (b).

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- 56 - 2.3.1.2.2 I modelli bidimensionali.

I modelli di tipo bidimensionali si basano fondamentalmente sull’ipotesi di resistenza a trazione nulla del materiale (comportamento monolatero) che conferisce una rigidezza variabile all’elemento in funzione della sollecitazione. La resistenza a trazione nulla può essere intesa per ciascuna giacitura oppure limitata a giaciture particolari orientate secondo i letti di malta.

L’implementazione della condizione “no tension” avviene utilizzando tecniche che modificano la geometria degli elementi in maniera tale da non considerare le zone soggette a trazione (D’Asdia e Viskovic, 1994) (fig. 2.14):

Fig. 2.14 - Modello con elementi a geometria variabile (D’Asdia e Viskovic, 1994)

ovvero mediante una opportuna formulazione del campo degli sforzi all’interno del pannello (Braga e Liberatore, 1990) (fig. 2.15):

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- 57 - Fig. 2.15 - Modello a macroelementi con campo di sforzi “no tension” (Braga e

Liberatore, 1990).

Nei due modelli sopracitati, nelle zone compresse degli elementi sono mantenute le relazioni costitutive di tipo elastico lineare, quindi per tener conto dei meccanismi di rottura quali lo schiacciamento della muratura compressa è necessario effettuare la verifiche sui massimi valori delle tensioni di compressione, in quanto l’ipotesi di comportamento “no tension” non è necessariamente cautelativa nei confronti di questi meccanismi. In entrambi i modelli si introducono dei criteri di verifica della resistenza nei confronti di alcuni meccanismi possibili di rottura delle parti reagenti, interrompendo l’analisi nel caso che uno dei criteri risulti non rispettato.

2.3.2 - I modelli di calcolo impiegati nell’analisi limite o rigido-plastica.

Al fine di verificare la sicurezza nei riguardi di una condizione limite di collasso è possibile fare riferimento a metodi di analisi semplici ed efficaci, che pur se non in grado di descrivere il comportamento in condizioni di esercizio, possono cogliere le condizioni ultime. Per l’analisi a collasso delle strutture murarie solitamente si ricorre all’analisi limite dell’equilibrio, utilizzando il teorema cinematico.

L’analisi per cinematismi considera la struttura come composta da blocchi rigidi. Nel caso in cui questi siano correttamente individuati, l’analisi ci fornisce in modo semplice una stime delle risorse ultime della struttura.

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- 58 - La validità del teorema si fonda:

- sull’ipotesi di non resistenza a trazione del materiale; - sull’infinita resistenza a compressione;

- sulla limitata deformabilità; - sull’assenza di scorrimenti.

La non resistenza a trazione costituisce sempre un’ipotesi a favore di sicurezza ovvero essa porta a sottostimare la reale capacità della struttura.

Nel caso in cui i piano di rottura sono scelti in corrispondenza dei giunti principali della muratura, essendo essi dotati di resistenza a trazione molto bassa, tale sottostima è relativamente contenuta. Viceversa nel caso in cui i piani di rottura interessano zone di ammorsamento, tale contributo dovrà essere adeguatamente modellato onde evitare stime eccessivamente cautelative.

L’infinita resistenza a compressione della muratura è al contrario un’ipotesi a sfavore di sicurezza, in quanto la condizione ultima non si verifica in corrispondenza di un contatto puntuale tra i blocchi (che comporterebbe una tensione di compressione infinita), ma quando la sezione reagente parzializzata è tale da portare alla rottura per schiacciamento della muratura. Tuttavia l’analisi limite può essere ancora impiegata a patto di considerare un margine geometrico nella posizione delle cerniere che definiscono il cinematismo.

La limitata deformabilità è un’ipotesi generalmente accettabile almeno nel caso della costruzioni in muratura dotate di grande massa. L’analisi limite valuta la condizione di equilibrio di una struttura labile, costituita dall’assemblaggio di porzioni di muratura rigide, ovvero si controlla che essa risulti staticamente determinata sotto i carichi assegnati, prevalentemente grazie alla propria forma.

Trascurare la deformabilità significa ipotizzare che anche nella configurazione variata, non determinabile attraverso l’analisi limite, la struttura sia ancora in equilibrio.

L’assenza di scorrimenti tra i conci murari può generalmente essere assunta come ipotesi salvo poi controllare successivamente che essi non si verifichino in concomitanza alle azioni che vengono prese in considerazione nell’analisi.

Solitamente le azioni mutue tra conci murari sono perpendicolari ai giunti principali sedi di possibili scorrimenti e comunque all’interno del cono di attrito relativo alle strutture murarie.

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- 59 - L’analisi limite può essere impiegata anche per valutare la capacità sismica di un edificio, considerando tale azione come un sistema di forze orizzontali proporzionali alle masse attraverso un moltiplicatore il quale può essere messo in relazione all’accelerazione massima del suolo. Tuttavia è noto che l’accelerazione sismica che attiva il meccanismo di collasso è inferiore rispetto a quella che produce la vera e propria crisi: l’azione sismica infatti è di natura dinamica per cui un sistema labile di blocchi rigidi può tornare nella configurazione di equilibrio se l’impulso che ha attivato il meccanismo ha energia e durata limitate e i successivi impulsi sono tali da non incrementare ulteriormente gli spostamenti. E’ quindi possibile valutare la capacità di spostamento della struttura prima del vero e proprio collasso facendo riferimento a condizioni variate del cinematismo.

Il calcolo plastico si basa sulla definizione di condizioni staticamente ammissibili e cinematicamente sufficienti. Le condizioni sono staticamente ammissibili quando in ogni punto della struttura sono verificate le condizioni di equilibrio e le tensioni sono inferiori a quelle di rottura; si parla invece di meccanismi cinematicamente sufficienti quando sono tali da portare al collasso.

Inoltre va sottolineato che l’analisi limite può essere applicata solo nel caso di comportamento indefinitamente plastico del materiale. Nel caso della muratura, essendo un materiale a comportamento non duttile, possiamo applicare tale metodo solo a meccanismi elementari che non necessitano ridistribuzioni di sollecitazioni.

Lo studio prevede la schematizzazione delle pareti come elementi rigidi soggetti al peso proprio, ai carichi derivanti dai solai e alle azioni orizzontali definite attraverso un moltiplicatore di collasso c.

La procedura di calcolo consiste nell’ipotizzare opportuni cinematismi di ribaltamento, rottura o scorrimento attraverso l’introduzione di cerniere plastiche tali da ridurre la struttura ad una volta labile ed associando ad ogni meccanismo il corrispondente moltiplicatore di collasso.

Questo metodo è impiegato per le verifiche a collasso fuori dal piano e nel piano e fornisce, attraverso l’utilizzo del teorema cinematico, il limite superiore del moltiplicatore di collasso della struttura e quindi il valore minimo dell’azione orizzontale sopportabile.

Figura

Tab. 2.1 - Tipi di modelli e metodi di analisi ammessi dalla normativa in funzione       della regolarità dell’edificio
Fig. 2.1 - Schema dei possibili modelli di calcolo.
Fig. 2.2 - Modello accurato malta-mattone.
Fig. 2.4 - Modellazione a macro-elementi
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