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188 CAPITOLO 5 Il “porto a secco”: un’alternativa progettuale

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CAPITOLO 5

Il “porto a secco”: un’alternativa progettuale

5.1 I principali vantaggi in termini economici ed ambientali

Nei porti turistici adatti ad ospitare barche di dimensioni medio-piccole ( minori di 10 m di lunghezza ), il sistema del cosiddetto “porto a secco” rappresenta una valida alternativa alla permanenza delle barche in acqua, specialmente per lunghi periodi. Questo sistema consiste essenzialmente nel ricovero delle imbarcazioni in apposite aree a terra, in alternativa al classico ormeggio in acqua. Esistono sostanzialmente due tipologie di approdo “a secco”: una che sfrutta la disponibilità di ampi piazzali per il rimessaggio a terra su invasatura fissa; l’altra, molto diffusa negli U.S.A., che sfrutta un sistema di stivaggio “a scaffale” spesso al coperto e su almeno tre livelli. L’approdo “a secco” rappresenta un’ottima soluzione per aumentare l’offerta di posti barca pur non disponendo di un adeguato bacino, o non volendo comunque intervenire con escavi o strutture che modificherebbero l’ecosistema del sito. La tecnica di gestione del porto “a secco” è molto semplice: il cliente in previsione dell’utilizzo della barca prenota il varo e il personale operativo provvede in modo da far trovare la barca in acqua al cliente quando arriva all’approdo. Questo sistema è particolarmente adatto per quel tipo di clientela stanziale che proviene da distanze mediamente elevate e che fa un uso non assiduo della barca.

Dal punto di vista organizzativo è necessario disporre di un efficiente sistema di raccolta delle prenotazioni e di pianificazione delle operazioni, dotando inoltre

l’approdo di un numero adeguato di travel lift, in modo da poter effettuare l’elevato numero di vari e alaggi richiesti dalla clientela Figura 5.1 Travel lift per l’alaggio dei natanti. Port de Leucate , Francia.

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nei periodi di punta (un’operazione di varo, effettuata da personale esperto, può richiedere indicativamente da 20 a 30 minuti).

La tipologia “a scaffalatura” (vedi figura 5.2) aumenta considerevolmente il numero delle imbarcazioni che si possono rimessare in una determinata superficie (le scaffalature si sviluppano in altezza); ad esempio, negli Usa per barche di 7 metri si utilizza una densità pari a 392 barche per acro, contro le 84 barche per acro in acqua, cioè quasi cinque volte di più; il costo di un posto barca a secco, definito per volume e non per lunghezza, è da due a quattro volte più basso rispetto al corrispondente posto barca di pari caratteristiche realizzato in acqua.

In definitiva, anche da quanto già esposto, si denota che la soluzione del porto a secco (“dry storage” ) presenta validi benefici sia dal punto di vista economico che ambientale.

Figura 5.2 Ormeggio a secco su “scaffalature” . Port Adhoc de Leucate, Francia.

Per quanto riguarda i benefici economici, innanzi tutto si ha un certo risparmio in termini di denaro per l’affitto dei posti barca, per i diportisti che devono lasciare i natanti a lungo inattivi (date le tariffe di ricovero a terra più basse); in termini di costi di esecuzione, si ha un risparmio grazie all’utilizzazione di spazio a terra a scapito di spazio in acqua, il quale per essere realizzato, richiede senza dubbio un costo più elevato per il dragaggio dei fondali del bacino portuale, sia esso realizzato a terra (darsene interne), che a mare (marine); per dare un ‘idea dei costi complessivi per la realizzazione di un porto a secco, si riportano delle indicazioni di massima fornite da

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alcuni studiosi francesi del settore, da cui si possono trarre delle considerazioni estendibili, con maggiori approfondimenti, anche all’ eventuale realizzazione di strutture a secco in Italia: la realizzazione di un porto a secco necessita l’acquisto (o il pagamento di un canone d’affitto per la concessione demaniale) di una porzione fondiaria in prossimità del litorale, per cui il costo per tale operazione è per sua natura molto variabile e difficile da stimare; ma secondo i professionisti del settore, l’ammontare medio di un investimento per la realizzazione di un porto a secco è di circa 250000 Euro per uno spazio adatto ad 80 posti barca, compreso l’acquisto di un carrello elevatore (intorno ai 100000 Euro), della costruzione degli hangar posti su platea di base in calcestruzzo e della realizzazione di un pontile per l’attracco delle imbarcazioni.

Non è da sottovalutare nemmeno un certo risparmio per i diportisti per quanto riguarda le operazioni di manutenzione delle barche, le quali si renderanno più semplici e sicuramente meno frequenti; infatti il risparmio economico nella manutenzione è essenzialmente dovuto:

- ad un minor utilizzo delle vernici antivegetative, non più necessarie per un ricovero fuori acqua, soprattutto se il risciacquo della scocca dell’imbarcazione con acqua dolce è affidato agli addetti portuali, con apposita organizzazione.

- ad una meno frequente sostituzione degli anodi sacrificali ed ad una minore velocità di corrosione delle componenti del motore dell’imbarcazione

- ad un fenomeno di osmosi pressoché assente sugli scafi, nel caso di ricovero frequente fuori acqua, con conseguente minor frequenza di interventi manutentivi. Dal punto di vista dei cambiamenti sullo stato di usura degli scafi, è però utile fare una precisazione; infatti un’ imbarcazione tirata a secco necessita di alcune attenzioni di cui un imbarcazione in acqua non ha bisogno; ad es. abbiamo l’evaporazione dell’umidità del fasciame per le imbarcazioni con lo scafo in legno, rischi di microfessurazione anche per le imbarcazioni più piccole in vetroresina sottoposte a frequenti sollecitazioni di sollevamento, azione corrosiva salina e infiltrazioni di polvere e sabbia. Quindi per lunghi periodi ( ad es. la stagione invernale ), è sicuramente preferibile la soluzione di ricoverare le imbarcazioni in locali chiusi, per evitare che gli agenti atmosferici suddetti deteriorino lo scafo, oltre che per scongiurare eventuali manomissioni.

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I benefici ambientali nell’utilizzo del porto a secco come alternativa progettuale sono molteplici e si possono individuare:

1) nella necessità di impiegare minori quantità di vernici anti-vegetative, che rappresentano una fonte di inquinamento notevole ed altamente tossica delle acque portuali e non solo ( vedi approfondimento in Appendice )

2) nella diminuzione generale di scarichi di inquinanti in acqua

3) nell’assenza di sversamenti di carburante in acqua durante i rifornimenti (a tal proposito, negli allegati 4 e 5, sono riportate alcune tipologie di barriere di contenimento e di assorbimento in caso di sversamento accidentale di idrocarburi in acqua, che può avvenire nelle normali operazioni all’interno del bacino portuale acqueo, nei normali porti)

4) nell’assenza di opere a mare, con minore o totalmente inesistente interferenza con i fenomeni naturali sottocosta (quest’ultima caratteristica è peraltro già presente nel caso di darsene interne)

5) nella possibilità di riutilizzo e potenziamento di opere portuali già esistenti e spesso sottosfruttate

Figura 1.3 Stoccaggio a secco di imbarcazioni su piazzale scoperto in periodi estivi ( Chantier Naval du four, Francia )

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Questa metodologia, ancora sviluppata artigianalmente in Italia (es. Marinella a Palermo, Canale Santa Liberata a Orbetello, ecc.) ha un’affermazione notevole negli Stati Uniti e nel centro-sud America, dove le si riconoscono, oltre alla mancanza di effetti negativi sui litorali, un modesto costo di primo impianto (1/5 rispetto a un porto tradizionale) e una ridotta manutenzione delle imbarcazioni così stivate, pari a circa il 50% di quanto necessario per il mantenimento di una eguale imbarcazione ormeggiata tradizionalmente in un bacino protetto.

Figura 5.4 Un esempio di porto a secco in Italia: il porto turistico di cala dei Normanni ,Arenella (PA), capace di offrire 250 posti barca a terra su doppia elevazione, nel periodo

estivo, per natanti di dimensioni inferiori agli 8 m di lunghezza.

Figura 5.5 Rimessaggio a secco di natanti nel porto turistico di Cala dei Normanni, Arenella (PA)

A conclusione delle caratteristiche citate dei porti a secco, è doveroso sottolineare, che l’alternativa proposta è valida, come detto in precedenza, soprattutto per le barche di lunghezza inferiore ai 10 m; infatti i natanti più grandi presentano maggiori difficoltà di movimentazione, nonché maggiori costi per eseguirla; inoltre

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sottolineiamo ancora che le cicliche operazioni di sollevamento possono aumentare notevolmente i rischi di microfessurazione dei natanti di discrete dimensioni spesso in vetroresina. Tuttavia va sottolineato che gli sforzi progettuali di potenziamento del settore della portualità a secco, soprattutto all’estero, stanno producendo importanti risultati, tra cui anche la sempre maggiore possibilità di alaggio e ricovero in condizioni di sicurezza ed asciutte di natanti di dimensioni crescenti.

5.2 Riferimenti normativi per le strutture portuali turistiche a secco

Le strutture portuali a secco non possiedono una specifica normativa ad esse dedicata; per questa tipologia di strutture si fa ancora riferimento alle norme che regolano la demanialità marittima in materia di porti turistici, sia a livello nazionale che regionale, con particolare attenzione a quelle leggi o decreti che riportano specificatamente anche dei rimandi a questo genere di strutture dedicate alla nautica. A tal proposito si può notare come le istituzioni puntino sempre più la loro attenzione nell’incentivare la realizzazione dei cosiddetti “ormeggi asciutti”, viste le prerogative già elencate di questo tipo di opere, in riferimento, in particolare, ai problemi ambientali e paesaggistici.

Va comunque sottolineato come l’appartenenza o meno delle aree di parcheggio a secco delle imbarcazioni a porti turistici di specifica competenza del Demanio marittimo sia il fattore determinante per capire a quale tipo di legislazione l’area si assoggettata. In altre parole il porto a secco può essere parte integrante di porto o darsena turistica avente anche uno specifico bacino acqueo, oppure può essere una struttura unica ed indipendente, in alcuni casi anche posta su aree private. E’ importante sottolineare questo aspetto, in quanto è stato l’oggetto di azioni legali tra Ministero delle infrastrutture ed associazioni raggruppanti gestori di porti turistici, in materia di pagamento dei canoni per le concessioni di beni demaniali marittimi; il contenzioso, risalente a pochi anni fa, riguardava in particolare la possibilità o meno da parte degli organi gestori delle infrastrutture marittime classificabili come “porti a secco su aree private” , di non pagare i canoni per le concessioni suddette, in quanto non facenti parte di aree appartenenti al demanio marittimo, secondo quanto riportato dalla normativa vigente. ( contenzioso tra ministero delle infrastrutture e trasporti e varie associazioni di approdi turistici, tra cui l’Associazione Italiana Approdi Turistici dell'Adriatico ) Il risultato di queste vicende legali è riportato nelle seguenti “massime” da sentenza, da cui si evincono dei principi generali riguardanti l’assogettibilità o meno di aree private di parcheggio a secco per imbarcazioni ai beni

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specifici del demani marittimo ( Consiglio di Stato Sezione VI, del 27 marzo 2003 sentenza n. 1601.):” La nozione di porto cui fa riferimento l'art. 28 Cod. Nav. presuppone una realtà che deve esistere naturalmente, e come tale assolvere alla funzione sua propria, anche senza opere di adattamento o perfezionamento, intendendosi con tale nozione il tratto di mare chiuso che per la sua particolare natura fisica è atto al rifugio, all'ancoraggio ed all'attracco delle imbarcazioni provenienti dall'alto mare. In questo contesto è evidente che la darsena costruita a secco su area privata non è assimilabile al porto e non fa parte del demanio marittimo naturale. La demanialità non deriva infatti dall'aver realizzato un bacino mediante lo scavo artificiale del terreno e dalla conseguente utilizzazione dello specchio d'acqua per le necessità dei natanti, ma solo dalla particolare natura fisica di tale specchio d'acqua, e cioè dal fatto che esso costituisce un tratto di mare chiuso. Per altro verso, nemmeno è possibile ricomprendere le darsene nel demanio marittimo artificiale, a norma dell'art.29 Cod. Nav., dal momento che, "le costruzioni e le altre opere" realizzate "entro i limiti del demanio marittimo" entrano a far parte di detto demanio solo in ragione della loro appartenenza allo Stato. Ugualmente non possono annoverarsi tra i beni del demanio marittimo, secondo il vigente Codice della Navigazione, i "canali di comunicazione con il mare" (e "relative sponde...") costruiti in funzione della darsena: e ciò per la decisiva considerazione che, ai sensi dell'art.28, lett. c) Cod. Nav., sono definiti come demaniali i soli canali "utilizzabili ad uso pubblico marittimo", mentre il canale che colleghi al mare una darsena, ove questa sia privata, non assolve certamente ad un uso pubblico”. A conferma della non assogettibilità delle darsene a secco, costruite su terreni privati,ai beni del demanio marittimo, si riporta anche l’altra massima, contenuta nella sentenza suddetta: Le opere di "canali di comunicazione con il mare" e "specchi acquei portuali realizzati in base a concessione", unitamente alle "relative sponde..." che si identificano in pratica nelle darsene costruite "a secco" su aree private, e nei canali di comunicazione con il mare realizzati in funzione delle stesse darsene – non possono essere ricomprese in alcuna delle categorie dei beni del demanio marittimo naturale, così come elencate nell'art.28 Cod. Nav. (oltre che nell'art.822, I° comma, prima parte, Cod. Civ.), e neppure tra i beni del demanio marittimo artificiale di cui al successivo art. 29 Cod. Nav.

Recenti resoconti di sedute del “Ministero dei lavori pubblici (anno 2003) illustrano l’attualità del dibattito, sviluppatosi anche alla Camera dei deputati, circa il regime giuridico delle sponde dei "porti a secco", richiamando i temi del dibattito tra i sostenitori del regime pubblicistico, che ritengono prevalente il fatto che le sponde siano bagnate da acque demaniali e i sostenitori della tesi che la proprietà delle

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sponde deve rimanere tale salvo il pagamento di un canone sull'acqua che bagna queste proprietà. A tale proposito, una bozza di legge è attualmente "in lavorazione" al Parlamento; si tratta della proposta n. 4067, presentata il 16 giugno 2003 alla Camera dei Deputati, intitolata "Disposizioni per la realizzazione di strutture per la nautica da diporto su aree private". Questo disegno di legge si ripromette di fornire i principi giuridici di base su cui fondare la corretta normativa per il rilascio, da parte delle autorità competenti, delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione delle strutture destinate all'ormeggio e all'assistenza tecnica e turistica delle unità da diporto, e costruite, non nell'ambito dei porti, marittimi o delle acque interne, ma su aree di proprietà privata e con i bacini acquei scavati a secco e successivamente collegati al mare, o alle acque interne, a mezzo di canali artificiali. La questione è perciò ancora in corso d’evoluzione; in sede di discussione, peraltro, è già emerso come la definizione dei principi giuridici in questa materia rappresenterebbe un importante aiuto al settore della nautica da diporto ed in particolare alle imprese minori.

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5.3 Valutazione di un’area di porto asciutto per il progetto in esame Ipotesi di darsena turistica in sinistra idrografica del fosso Cervia. Comune di Follonica (GR)

Nel caso in esame, vista la destinazione della darsena ad uso turistico per imbarcazioni piccole ( 6,5-8 m di lunghezza ), si può valutare l’ipotesi di una zona da adibire a ‘parcheggio’ delle imbarcazioni per periodi medio - piccoli ( ad es. una o più settimane ), con l’intento di favorire un maggior risparmio per i diportisti in termini di affitto del posto-barca, oltre che per aumentare lo spazio disponibile in acqua per natanti in movimento e di passaggio.

A tal proposito si è scelto di ubicare al zona di “parcheggio a terra” nel lato sud della darsena, valutando l’ipotesi di sostituire una certa porzione dello specchio liquido con un area di rimessaggio.

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Prendendo come linee guida le istruzioni riportate nel manuale “Porti turistici” di L.Franco e R.Marconi, si è ritenuto opportuno disporre i natanti come nella figura seguente.

L’area di deposito delle barche, secondo quanto riportato nelle istruzioni, deve avere caratteristiche simili ad un parcheggio per auto o ad un piazzale di stoccaggio per i contenitori.

Si è ritenuto opportuno dimensionare, nel 1° progetto, tutti i posti barca con le stesse dimensioni ( 8 x 2,5 m ) dei posti barca in acqua.

Inoltre i parcheggi sono stati disposti in modo da favorire le manovre di alaggio e di spostamento mediante carrelli. A questo proposito, i corridoi di passaggio dei carrelli devono avere una larghezza non inferiore a 1,5 volte la lunghezza della barca più grande. Poiché la barca più grande ospitabile ha una lunghezza di 7.5m, si è assunto come larghezza della via di passaggio dei carrelli per le manovre un valore di poco superiore a 7.5 m x 1.5 = 11.25 m → 12 m.

Inoltre si è lasciato una certo spazio, della larghezza di 4 m, tra la banchina prossima al porto a secco e la fila di posti barca a terra più vicina, in modo da favorire il transito di persone ed anche di mezzi sulla banchina, nonché per migliorare l’impatto visivo dei diportisti in procinto di attraccare.

9

9

71

32

N° posti barca a terra 48

Dimensione posti barca 8 x 2.5 m

Area complessiva 2341 mq.

N° posti barca in acqua 365

4

12

13

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Complessivamente si è creato un insieme di posti barca a terra per un numero totale di 48, mentre si rinuncia in questo modo a 46 posti barca nello specchio liquido.

La percentuale di posti barca a terra rispetto a quelli in acqua è così del 13% circa.

Soluzione alternativa:

Al fine di creare un maggior numero di posti barca a terra, nell’ipotesi che la maggior parte delle barche utilizzanti la darsena sia di dimensioni non superiori a 6 x 2,2 m, si è pensato di poter disporre i posti a terra nel modo seguente, tenendo conto delle esigenze di movimentazione delle barche e dei relativi spazi necessari, come fatto in precedenza. 8 8 71 15 32 12 9

3 N° posti barca a terra 118

N° posti barca 6 x 2.2 m 96 N° posti barca 8 x 2.5 m 22 Superficie occupata 3193 mq. N° posti barca in acqua 365

Fig. 5.8 Particolare dell’area per ‘ormeggi asciutti’ ( alternativa 2)

In questo caso si ottiene un n° di posti a secco notevolmente maggiore, con l’onere però di prolungare l’area riservata alle manovre di movimentazione delle barche di 12 m ( larghezza min. per manovra del carrello calcolata come sopra ), area tratteggiata

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in figura. Inoltre si è creato un n° di posti barca sì più elevato ma soprattutto per barche più piccole.

Da rilevare come la disposizione sia stata progettata nell’esigenza di porre barche delle stesse dimensioni affiancate allo stesso corridoio di manovra, in modo da ottimizzare gli spazi.

Poiché l’area di stoccaggio delle imbarcazioni a terra presenta dei vantaggi in termini ambientali, in quanto permette un minor numero di imbarcazioni da lasciare in acqua, con i benefici ecologici spiegati nel par 5.1, è utile cercare di non diminuire l’entità del migliore impatto ambientale a causa di un peggior impatto paesaggistico; in altre parole il rimessaggio a secco delle imbarcazioni, soprattutto se fatto utilizzando hangar multipiano, rende visibili i natanti a distanze elevate sia per chi proviene dal mare, sia sulla terraferma, con un peggioramento della qualità del paesaggio marino; appare quindi utile circondare l’area di rimessaggio ( e plausibilmente anche l’intera area portuale ) con vegetazione arborea idonea a nascondere i natanti parcheggiati alla vista dei diportisti in transito e dei fruitori delle spiagge vicine all’area portuale, con ovvi benefici anche dal punto di vista turistico.

Figura

Figura 5.2  Ormeggio a secco su “scaffalature” . Port Adhoc de Leucate, Francia.
Figura 1.3 Stoccaggio a secco di imbarcazioni su piazzale scoperto in periodi estivi                     ( Chantier Naval du  four, Francia )
Figura 5.5  Rimessaggio a secco di natanti nel porto turistico di Cala dei Normanni,           Arenella   (PA)
Fig. 5.6  Darsena completa di parcheggio a terra per imbarcazioni ( parcheggi in nero )
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