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Capitolo 1 Biologia della specie

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Capitolo 1

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1.1. Origini

Come ipotizzato da Matthew (1930), circa 100-120 milioni di anni fa, nel Terziario, viveva, nell’emisfero settentrionale un gruppo animale che sembra aver dato origine, sia al lupo che alle sue prede, gli ungulati. Tale gruppo animale aveva, molto probabilmente, una dieta generalista, era dotato di un alto grado di intelligenza e si era adattato a correre su lunghe distanze, caratteri questi comuni ad entrambe i gruppi a cui ha dato origine. Successivamente si sono evolute due grandi linee di mammiferi: carnivori ed erbivori. Il gruppo di carnivori primitivi, detti Creodonti, si origina circa 60 milioni di anni fa nel Nuovo Mondo, Nord America. Successivamente si sono irradianti anche nel Vecchio Mondo (Figura 1.1).

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Tali animali erano caratterizzati da un encefalo ben sviluppato, da plantigradia e pentadattilia, in grado di percorrere lunghe distanze correndo rapidamente, e presentavano denti ferini (ultimo premolare superiore e primo molare inferiore più grandi e più taglienti adatti a tranciare la carne durante la masticazione). A questo gruppo appartiene Miacis, un predatore comparso circa 55 milioni di anni fa e da cui si sono differenziate le attuali famiglie di carnivori. Circa 30-40 milioni di anni fa si sono separati il ramo degli Ursidi da quello dei Canidi, ed in questo comparve Cynodictis, con formula dentaria simile a quella dell’attuale lupo, taglia piccola, corpo allungato e flessibile. Successivamente, circa 15-30 milioni di anni fa, compaiono forme animali, come Cynodesmus e Tomarctus, con caratteristiche simili a quelle dei Canidi attuali: coda corta, zampe lunghe, piedi lunghi e compatti, dito interno del piede posteriore che diviene vestigiale, mentre quello del piede anteriore è molto ridotto. Un milione di anni fa il lupo si era già distinto nella sua attuale forma.

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1.2. Sistematica

Classe : Mammiferi Sottoclasse: Placentati Ordine: Carnivori Famiglia: Canidi Genere: Canis

Specie: Canis lupus Linnaeus,

L’ordine dei Carnivori, cui appartiene il lupo, è caratterizzato da una dieta ricca di proteine animali. Possiedono una dentatura specializzata, con canini appuntiti e denti ferini sviluppati, un apparato digerente semplice ed unghie che possono essere taglienti. Hanno cervello altamente sviluppato ed elevate capacità associative, tipiche di animali dal comportamento predatorio.

La distinzione dei Canidi dalle altre famiglie di Carnivori si basa sul numero dei denti (42), sulla presenza di quattro dita nell’arto posteriore, di piedi digitigradi e di unghie non retrattili. Il gruppo dei Canidi include numerosi generi di cui 56 estinti e 14 viventi. Al genere Canis appartengono, oltre al lupo (Canis lupus) e al cane domestico

(Canis lupus familiaris), il coyote (Canis latrans Say, 1832), lo sciacallo dorato (Canis

aureus L., 1758), lo sciacallo dalla gualdrappa (Canis mesomelas Schreber, 1755), lo

sciacallo striato (Canis adustus Sundeval, 1847), il lupo abissino o sciacallo del Siemen (Canis simensis Rüppel, 1869) e il lupo rosso degli Stati Uniti sud-orientali (Canis rufus Bailey, 1905) sul quale la classificazione a livello di specie è tuttora in discussione. Riguardo alla classificazione del cane domestico va detto che esso era, fino a pochi anni fa, classificato come specie, ma, alla luce degli attuali risultati, viene adesso considerata una sottospecie domesticata del lupo (Wilson e Reeder, 1993).

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La specie Canis lupus è divisa in diverse sottospecie, ma molti autori sono in

disaccordo sul loro numero effettivo. Data la vastità dell’areale originario di distribuzione del lupo è ampia la variabilità fenotipica (colorazione del pelo, peso e dimensioni) tra lupi che vivono in zone geograficamente ed ecologicamente distinte. Mech (1970) distinse inizialmente 32 sottospecie, di cui 24 nel continente americano e 8 in quello eurasiatico, basandosi sulle caratteristiche del cranio e sulla distribuzione geografica. Novak (1983, 1995) riconosce non più di 5 sottospecie in America e 6 in Eurasia, basandosi su tecniche di genetica molecolare ed indagini morfometriche. Egli identificava le seguenti sottospecie eurasiatiche: Canis lupus albus nelle terre artiche, C. l. communis nel bassopiano siberiano,

C. l. lupus in Europa e in Asia centrale, C. l. cubanensis nel Caucaso, C. l. pallipes

nell’Asia sud-occidentale e C. l. arabs nella penisola arabica.

In base a caratteristiche morfologiche distinte Altobello (1921) descrisse il Canis

lupus italicus: colorazione tipica del mantello, dentatura meno tranciante e dimensioni

corporee inferiori rispetto ai lupi centro europei. In seguito tale assegnazione è stata messa in discussione sia per le metodologie usate dall’autore, essenzialmente descrittive ed inadeguate agli attuali criteri tassonomici, sia per il ridotto numero di esemplari osservati, e più recentemente con analisi su DNA mitocondriale (Boitani, 1981, Boitani e Fabbri, 1983; Ciucci e Boitani, 1998; Randi et al., 2000). Nel 2002 è stata infine riconosciuta la sottospecie italicus come distinta dalle altre (Nowak e Federoff, 2002).

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1.3. Distribuzione

1.3.1. Nel Mondo

Il lupo è il secondo mammifero carnivoro terrestre selvatico, successivo solo al leone (Pantera leo) del Pleistocene, che ha raggiunto, almeno in tempi storici, la più vasta distribuzione geografica (Novak, 1983). L’areale pregresso del lupo infatti si estendeva su tutto il continente nordamericano, compreso tutto il Messico, e sul continente eurasiatico, compreso il Giappone. Tale distribuzione è stata definita ‘oloartica circumpolare’ (Stains, 1975), nel senso che è ampiamente presente nell’emisfero boreale, dall’ottantesimo al ventesimo parallelo nord.

Attualmente i territori di presenza dell’animale si sono drasticamente ridotti e solo le aree più settentrionali presentano una distribuzione continua con il maggior numero di individui. Tale riduzione è stata determinata dalle continue persecuzioni da parte dell’uomo.

In America la specie è stabilmente presente in Canada e in Alaska, mentre presenta una condizione precaria nel resto degli Stati Uniti. Sta ritornando nel Montana e nello Stato di Washington; dal Minnesota si è spostato verso il Michingan ed il Wisconsin dove attualmente si trova la maggior parte di esemplari di lupo grigio, protetto da leggi contro il bracconaggio dal 1973. Inoltre sono state effettuate reintroduzioni nel Parco di Yellowstone e nell’Idaho.

In Europa alla fine del XVIII secolo il lupo era presente in tutti i paesi ad eccezione delle Isole Britanniche, ma già nel XIX secolo, a causa dell’intensa persecuzione ad opera dell’uomo, si assisteva all’estinzione della specie nei paesi dell’Europa settentrionale e centrale. Attualmente il lupo è presente con popolazioni più o meno ridotte in Portogallo, Francia, Italia, Grecia, Paesi dell’ex-Jugoslavia e Paesi Scandinavi, e con una distribuzione continua nell’Europa orientale. Nella Penisola Iberica vive la principale popolazione di

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lupo dell’Europa Occidentale (Ciucci e Boitani, 1998). In Germania si registrano presenze di tipo erratico, che si stanno affermando al confine con la Polonia, con alcuni casi di riproduzione. Di particolare interesse per la nostra area di ricerca sono le situazioni in Francia e in Svizzera.

Intorno agli anni Novanta il lupo in Francia si era stanziato nel Parco del Mercantour, e le successive analisi genetiche avevano confermato che si trattava di una ricolonizzazione ad opera di esemplari provenienti da popolazioni della Penisola Italiana (Taberlet et al., 1996, Scandura et al., 2001). Attualmente la distribuzione di lupi in Francia ricopre ampiamente l’arco alpino francese sul confine col territorio italiano (AA.VV.,2001). In Svizzera la situazione è limitata a presenze occasionali e non è mai stata confermata la presenza di un branco stabile (Weber, 2004). Per quanto riguarda la gestione della specie, il lupo è considerato una specie protetta (convenzione di Berna 1979), ma sia Francia che Svizzera si sono dotate di piani di gestione che prevedono la possibilità di abbattimento di individui particolarmente “problematici”. In Francia è tuttora presente un piano d’abbattimento di lupi nella misura del 10% annuo della popolazione stimata (Plan d’action sur le loup, 2004). In Svizzera continuano ad essere abbattuti lupi (Weber, 2004). Nella tabella 1.1 è riportato lo status e le tendenze del lupo nei diversi Paesi Europei aggiornato al 2003 (Mech e Boitani, 2003).

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Tabella 1.1 Situazione del lupo in Europa.

Paese N. di Lupi Tendenza Status legale Portogallo 300/400 + Protetto Spagna 2000 + Protetto

Francia >30 + Protetto-Abbattimenti selettivi Italia 400/500 + Protetto

Germania >5 + Protetto Norvegia 5/10 +/= Protetto

Svezia 40/50 + Protetto-Abbattimenti selettivi Finlandia 150 +/= Protetto-Abbattimenti selettivi Estonia <500 -/= Non protetto

Lituania 600 + Non protetto Lettonia 900 = Non protetto Bielorussia 2000/2500 +/= Non protetto Polonia 600/700 + Protetto Rep. Ceca <20 + Protetto

Slovacchia 350/400 + Protetto Ucraina 2000/3000 ? ? Non protetto Slovenia 30/50 + Protetto Ungheria <50 = Protetto

Romania 2500 + Caccia controllata Bosnia-Erzegovina 400 ca. - Non protetto

Croazia 50/100 = Protetto Jugoslavia 500 ca. ? Protetto Albania 250 + Protetto Macedonia >1000 + Non protetto Bulgaria 800/1000 + Non protetto Grecia 200/300 - Protetto

1.3.2. In Italia

In Italia il lupo era ampiamente diffuso fino alla metà del Settecento, tranne che in Sardegna, dove non è mai stato presente (Cagnolaro et al., 1974); in seguito ha subito una forte riduzione numerica senza comunque raggiungere mai l’estinzione. È scomparso dall’arco alpino intorno agli anni ’20 (Brunetti, 1984) e dalla Sicilia negli anni ’40 (Cagnolaro et al.,1974); è sopravvissuto invece in varie località dell’Appennino dall’Emilia Romagna alla Calabria, dove però ha subito una spietata persecuzione. Oltre

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alle uccisioni dirette, hanno contribuito al suo declino il continuo incremento della popolazione umana e la conseguente scomparsa dei requisiti ecologici indispensabili alla sua sopravvivenza in gran parte del territorio, nonché lo sterminio degli ungulati selvatici, le sue prede naturali. Il numero di lupi è andato progressivamente diminuendo fino a toccare il minimo storico intorno agli anni ’70, quando rimanevano non più di 100 individui localizzati quasi esclusivamente nelle regioni appenniniche più impervie e inaccessibili (Zimen e Boitani, 1975). Questi nuclei relativamente isolati sono sopravvissuti sfruttando risorse di origine antropica (rifiuti nelle discariche) (Ragni et al., 1985) e modificando le proprie abitudini alimentari; infatti, per la scarsità di prede selvatiche, sono stati costretti a predare animali domestici incrementando così l’ostilità degli allevatori nei loro confronti.

Nel Luglio 1971 venne emanato un decreto ministeriale speciale, con validità biennale, che prevede il divieto di attività venatoria a carico del lupo su tutto il territorio nazionale. Tale divieto fu rinnovato nel 1973 con un decreto a validità triennale e infine, nel 1976, la specie fu dichiarata legalmente protetta e sono state rese illegali le esche avvelenate, i lacci, le trappole, ecc.. la legge nazionale 968/77 e la successiva 157/92 hanno definitivamente dichiarato il lupo specie pienamente e particolarmente protetta, condizione ribadita dall’ultimo D.P.R. 357/97 (attuazione della direttiva 92/43/CEE). A partire da quel momento, in concomitanza anche all’aumento demografico delle prede naturali soprattutto cinghiale e capriolo, la situazione è andata gradualmente migliorando portando la specie ad un’espansione geografica e numerica.

Un’indagine condotta nei primi anni ‘80, evidenziava una espansione dell’areale di distribuzione del lupo (Boscagli, 1985). In quel periodo la specie già presente sulla gran parte dei rilievi appenninici: Appennino ligure-piemontese, Appennino tosco-emiliano e tosco-romagnolo, Toscana centro-meridionale (Maremma), Monti Sibillini (Marche sud-

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occidentali e Umbria) e Monti della Laga (Lazio-Abruzzo), Umbria meridionale e Monti Reatini (Lazio), Monti del Tolfa (Lazio), gruppo del Velino-Sirente fino al Gran Sasso (Abruzzo), Massiccio della Maiella, Parco Nazionale d’Abruzzo, Monti Simbruini e catena delle Mainarde (Abruzzo, Lazio, Molise), alto Molise, la Catena dei Monti del Matese (Molise, Campania, Puglia), Monti Piacentini (Campania), Monti Raparo, Sirno-Papa (Basilicata occidentale), Massiccio del Pollino e catena costiera (Basilicata sud-occidentale, Calabria settentrionale), Monti della Sila e Aspromonte (Calabria). La specie è assente in Sicilia e Sardegna.

L’espansione settentrionale ha portato alla ricolonizzazione dell’arco alpino Occidentale (Alpi Marittime), con nuclei stabili in Val Pesio, in Valle Stura, in Val di Susa e nel Parco del Mercantour, in Francia (Poulle et al., 1997).

La distribuzione del lupo attuale interessa quindi l’intera catena appenninica, dall’Aspromonte alle Alpi Occidentali, con importanti ramificazioni nel Lazio settentrionale e nella Toscana centro-meridionale. Oggigiorno non esistono stime accurate di consistenza della popolazione di lupi italiana sebbene sembra eccedere i 400-500 individui.

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Il processo di espansione del lupo è dovuto a una serie di fattori di natura storica, ecologica e di conservazione quali l’aumento di popolazioni di ungulati selvatici, soprattutto il cinghiale, il progressivo abbandono delle campagne e della montagna, una legislazione adeguata ed anche la capacità di adattamento e di dispersione che caratterizzano questa specie. Priva di qualsiasi fondamento è l’ipotesi che il lupo sia stato immesso in varie zone da parte di privati o enti pubblici. Nonostante l’esistenza di leggi regionali che prevedono l’indennizzo, totale o parziale, dei danni provocati dal lupo al patrimonio zootecnico, permane purtroppo il grave problema del conflitto con le attività zootecniche, anche perché tali leggi risultano spesso di difficile applicazione.

1.3.3. In Piemonte

Come precedentemente detto, l’espansione della popolazione appenninica ha permesso il ritorno del lupo sull’arco alpino. Il primo avvistamento confermato sulle Alpi è del 1987 nell’area del Col di Tenda; negli anni successivi la presenza si è consolidata sia in Francia che in Italia. Sul versante italiano le prime segnalazioni della specie sono riconducibili all’area della Valle Pesio e della Valle Stura, in provincia di Cuneo, nei primi anni ’90, mentre in provincia di Torino le prime segnalazioni risalgono al 1994, tuttavia in questo ultimo settore la presenza stabile di un branco di lupi è stata accertata solamente nel 1997, documentata dalla riproduzione di una coppia all’interno del Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand (Bertotto e Luccarini, 1999).

Le analisi genetiche su campioni biologici (escrementi, tessuto,sangue) raccolti su tutto il territorio regionale, attestano che i lupi campionati in Piemonte appartengono alla popolazione italiana di lupo (AA.VV., 2001).

Il totale delle popolazioni di lupi insediata sulle Alpi occidentali è oggi stimato in circa 40-50 esemplari, con circa una decina di unità riproduttive (AA.VV., 2005).

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Nell’arco alpino orientale non si hanno segnalazioni sicure di avvistamento di lupi in territorio italiano, anche se è possibile, alla luce delle tendenze demografiche attuali, una colonizzazione in un prossimo futuro (Ciucci e Boitani, 1998).

La tendenza demografica positiva del lupo in Italia, è la conseguenza di più fattori: da una parte l’estrema plasticità del lupo che è riuscito, nonostante la pressione umana, a sopravvivere e adattarsi alle nuove condizioni ambientali, dall’altra il graduale abbandono da parte dell’uomo delle zone montane, ed il conseguente cambiamento della politica di gestione dell’ambiente e della fauna selvatica, avvenuto dopo gli anni settanta. L’attuazione di una serie di programmi rivolti alla tutela ambientale, come l’istituzione della aree protette, la reintroduzione e il popolamento di ungulati selvatici hanno consentito al lupo di riappropriarsi, almeno in parte, del proprio ambiente naturale.

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1.4. Caratteri fisici

1.4.1. Dimensioni

Il lupo è uno dei più grandi membri della famiglia dei Canidi. In Italia il lupo ha una lunghezza di 110-148 centimetri, senza coda, la quale misura 30-35 centimetri; l’altezza al garrese varia tra i 50 e i 70 centimetri; la mole varia dai 25 ai 35 chilogrammi, con un peso massimo registrato di 45 chilogrammi (la femmina ha un peso di circa il 20% inferiore a quello dl maschio) (Ciucci e Boitani, 1998).

La corporatura è robusta e slanciata: gli arti sono più lunghi rispetto a quelli degli altri Canidi (Hildebrand, 1952), il torace possente, i fianchi stretti, la testa ampia, il muso ampio ed appuntito e il collo corto e robusto. Gli arti anteriori sembrano compressi nel torace, hanno il gomito ruotato all’interno e le zampe all’esterno, e ciò permette sia alla zampa anteriore sia alla posteriore dello stesso lato di muoversi lungo la stessa linea. Nell’insieme questa conformazione consente un’andatura al trotto, e in generale l’acquisizione di movimenti agili e veloci. La postura del lupo è digitigrada, con cinque dita negli arti anteriori, di cui uno non tocca terra, e quattro negli arti posteriori. Ogni dito ha un polpastrello calloso e un’unghia robusta non retrattile e posteriormente è presente un grosso cuscinetto plantare a forma lobata.

1.4.2. Cranio

L’ampia testa con muso allungato termina con un callo nasale nudo, sono presenti occhi frontali a pupilla rotonda ed orecchie a forma triangolare con base larga e lunghe 10-11 centimetri. Il cranio, largo e massiccio, è caratterizzato da un lungo rostro e dalla scatola cranica fortemente ossificata, con ampie e robuste arcate zigomatiche e cresta sagittale particolarmente sviluppata, in cui si inseriscono le porzioni distali dei temporali.

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Un parametro di distinzione tra il cranio del lupo e quello del cane è l’angolo orbitale (angolo acuto formato dalle intersezioni delle tangenti alle sommità del cranio e all’arcata zigomatica) (Figura 1.3). Nella grande maggioranza delle razze canine l’angolo misura tra i 53° e i 60°, ad eccezione delle razze più primitive (ad es. pastore tedesco) che possiedono un angolo orbitale di 50°-52°. Nel lupo l’angolo misura dai 40° ai 45°, conferendo al cranio un aspetto più schiacciato ed affusolato (Iljin, 1941).

Figura 1.3 Rappresentazione del cranio di lupo (a) e del cranio di cane (b).

La formula dentaria di un individuo adulto è: I 3/3, C 1/1, P 4/4, M 2/3, per un totale di 42 denti. Nel cucciolo la dentizione definitiva rimpiazza quella da latte tra la 16a e la 26a settimana. Come in altri carnivori, sono presenti i denti ferini (P4 e M1) che offrono

una meccanica di masticazione di tipo tagliente atta a lacerare tendini e grossi pezzi di carne. Tale combinazione cranio massiccio, muscoli potenti e forte dentizione è una prerogativa fondamentale per un predatore, come il lupo, che si nutre di prede di grosse dimensioni.

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Figura 1.4 Particolari del cranio di lupo

1.4.3. Colorazione

La colorazione del mantello è estremamente variabile, all’interno dell’areale di distribuzione; essa può variare anche nella medesima popolazione. Le tonalità predominanti sono il grigio-fulvo, il nero, il bianco, il color crema, il marrone e l’argento. Alcune colorazioni sono esclusive di determinate aree geografiche, con fasi monocromatiche bianche e nere più frequenti alle latitudini più elevate (Figura 1.5).

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La tipica colorazione del lupo appenninico è grigio-fulva, con tonalità tendenti al marrone-rossiccio nel periodo estivo (Figura 1.6). Sono comunque presenti anche lupi neri. In Italia, come nelle altre regioni dell’Europa meridionale, il lupo ha evidenti bandeggi scuri, tendenti al nero, nella regione dorsale, sulla punta della coda e della orecchie, e lungo gli arti anteriori. Le regioni più chiare, tendenti al crema, sono quelle ventrali e addominali, incluse le superfici interne delle zampe; ai lati del muso è caratteristica la mascherina facciale bianca. Le caratteristiche del mantello, come la lunghezza del pelo, il suo spessore e la lucentezza, possono variare in base a differenze individuali, all’età, allo stato di nutrizione e di salute, ma anche in base alla stagione. Il ricambio stagionale del pelo (muta), si verifica una volta l’anno, con caduta in primavera e ricrescita del pelo invernale già dai primi mesi autunnali. Il mantello invernale è più folto, e ciò è dovuto alla maggiore percentuale di “borra”, o sottopelo, che consente un maggior isolamento termico, permettendogli di sopportare le rigide temperature invernali, anche delle regioni più settentrionali del globo.

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1.5 Habitat

Considerando l’ampiezza geografica del proprio areale si può intuire che il lupo non abbia dei requisiti stretti per quanto riguarda l’habitat: esso è distribuito nella maggior parte degli habitat presenti nell’emisfero settentrionale (Mech, 1970; Carbyn, 1987). I maggiori fattori che ne limitano la distribuzione territoriale sono la persecuzione diretta ed indiretta da parte dell’uomo, la disponibilità di prede, la distruzione e la frammentazione degli habitat naturali (Fuller, 1995).

In Italia la specie veniva storicamente riscontrata in una varietà di habitat, dall’altezza del mare alle più alte catene montuose (Cagnolaro et al., 1974). Attualmente si riscontra ancora tale tendenza, benché in misura più ristretta (Ciucci e Boitani, 1998). Inoltre la recente espansione lungo l’arco alpino ha incluso nell’areale della specie habitat presenti ad altitudini maggiori rispetto a quelle appenniniche. Sebbene la specie ricopra una grande varietà di habitat, in Italia sono le zone montane, densamente forestate, relativamente non antropizzate, ad essere quelle più interessate alla distribuzione più numerosa (Zimen e Boitani, 1975). Si parla quindi di habitat ottimali per indicare quegli ambienti in cui è presente uno scarso impatto antropico.

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1.6. Socialità

Il lupo vive in unità sociali (mute o branchi) costituite da un gruppo d’individui che si spostano, cacciano, si nutrono, si riposano insieme in una libera associazione, ma uniti l’uno con l’altro da vincoli sociali (Mech, 1970). Il branco corrisponde essenzialmente ad un’unità familiare che prende origine quando due individui di sesso opposto si incontrano su un territorio idoneo e si riproducono e la sua coesione viene assicurata dai legami sociali esistenti tra i componenti del gruppo (Rothman e Mech, 1979; Fritts e Mech, 1981).

La tendenza all’aggregazione è stata interpretata nel lupo e in altri carnivori sociali, come adattamento specifico al ruolo di predatori di grossi mammiferi (Bekoff e Wells, 1980; Zimen, 1976), anche se esistono testimonianze di predazioni su grossi ungulati da parte di animali solitari (Cowan, 1947; Thurber e Peterson, 1993).

Secondo Mech (1970) esistono quattro fattori principali che influenzano la dimensione del gruppo: 1) il numero minimo di lupi richiesto per localizzare e uccidere la preda; 2) il numero massimo di lupi che la preda cacciata può sfamare, 3) il numero di altri membri del branco con cui ogni individuo può stabilire legami sociali; 4) il grado di competizione sociale che ogni individuo può sopportare.

Schmidt e Mech (1997), in seguito, hanno proposto l’ipotesi della kin selection per interpretare la tendenza dei lupi a vivere nel branco: gli adulti investono sui figli attraverso la condivisione del cibo in surplus e attraverso l’insegnamento, in modo da massimizzare l’efficienza energetica nell’ereditarietà genetica. Questi autori basano la loro ipotesi su tre considerazioni: 1) solitamente un branco è composto dalla coppia parentale con i figli di 1-3 anni (Murie, 1944; Mech, 1970; Mech et al., 1998); 2) sulla efficienza di caccia di due individui anche su grandi mammiferi; 3) i membri della coppia acquisiscono più cibo per lupo rispetto ad un branco di 3-4 individui.

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La disponibilità delle prede è un ulteriore fattore che interviene nella regolazione del branco, in quanto influenza, direttamente il tasso di sopravvivenza e produttività, e indirettamente l’intensità della competizione tra i membri del gruppo (Zimen, 1976).

La dimensione del branco è in funzione della mortalità, della produttività e dell’età media in cui gli individui entrano in dispersione.

La composizione media di ciascun branco è di circa 7 individui (Mech, 1970) e può variare tra 2 e 21, anche se gruppi composti da più di 13 esemplari sono rari (Zimen, 1976). Sono riportati comunque casi eccezionali, come quello di un branco segnalato in Alaska che era composto da 36 individui (Rausch, 1967), mentre gruppi di 20-22 lupi erano presenti sull’Isle Royale nel Lago Superiore (Jordan et al., 1967). Si tratta in ogni modo di eventi eccezionali, lo stesso Rausch (1967) riporta che il 28% di 1357 avvistamenti erano branchi con al massimo 7 individui. In Italia, secondo le stime disponibili le dimensioni dei gruppi variano tra 2 e 7 individui (Capitani et al., 2004; Ciucci et al., 2003; Apollonio et al., 2004; Schenone et al., 2004).

I legami sociali sono fondamentali per la coesione del branco e si verificano durante il corteggiamento e l’accoppiamento della coppia dominante, durante l’allevamento dei piccoli da parte degli adulti, e tra cuccioli nelle prime settimane di vita.

Spesso il branco include, oltre alla coppia parentale, i giovani dei precedenti 1-3 anni (Murie, 1944; Mech, 1970; Mech et al., 1998); raramente si formano associazioni di più famiglie (Murie, 1944; Mech et al., 1998). Eccezionalmente il branco accetta un lupo non imparentato o parente di uno dei due riproduttori (Van Ballemberghe, 1993; Mech et

al., 1998); oppure un genitore è rimpiazzato da un lupo estraneo (Rothman e Mech, 1979;

Fritts e Mech, 1981). Il branco è un’unità stabile durante tutto il corso dell’anno (Mech, 1970). Studi condotti in cattività hanno descritto la struttura sociale del branco come una gerarchia lineare di dominanza che interessa i componenti di entrambi i sessi (Rabb et al.,

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1967; Zimen, 1976; Van Hoff et al., 1987) e nella quale le relazioni individuali sono regolate da una serie di comportamenti ritualizzati (Mech, 1970; Zimen, 1976). La gerarchia sociale si traduce in differenze di ruoli all’interno del branco che si possono manifestare in termini di iniziativa (spostamenti, caccia, difesa del territorio, ecc.) e privilegio (accesso al cibo, riproduzione, ecc.). Attraverso la gerarchia di dominanza, ed i suoi meccanismi di mantenimento, l’aggressività dei singoli individui viene ritualizzata e inibita, e vengono, invece, assicurate l’intesa e l’integrazione funzionale tra i componenti del gruppo. Il rango superiore è occupato da due individui di sesso opposto (coppia alfa), gli altri individui di rango inferiore sono subordinati. Secondo Mech (1970, 1999) il ruolo sociale degli individui non è permanente, infatti anche un subordinato è un potenziale riproduttore, e al momento in cui si riproduce diventa automaticamente un individuo alfa. Tale ipotesi si contrappone all’idea della posizione sociale innata, o definita precocemente, affermata da Fox (1975).

Può capitare che alcuni lupi vivano per un periodo una condizione solitaria, spesso si tratta di vecchi individui che hanno perso il compagno, o di lupi cacciati dal branco, o giovani maturi sessualmente, che si sono distaccati volontariamente dall’unità familiare alla ricerca di un nuovo territorio e di un compagno, per riprodursi (Messier, 1985; Gese e Mech, 1991; Mech et al., 1998). I lupi solitari tendono a seguire a distanza il branco, cibandosi di carcasse abbandonate (Harrington e Mech, 1979).

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1.7 Comportamento riproduttivo

Il lupo raggiunge la maturità sessuale non prima del secondo anno di età, sebbene in cattività siano stati riportati casi di femmine in grado di riprodursi all’età di 10 mesi.

Nel lupo esiste un solo ciclo riproduttivo (la femmina ha un unico estro annuale), strettamente legato ai fattori climatico-ambientali e di latitudine. La latitudine alle quali vivono le popolazioni di lupo condiziona il decorso della stagione degli accoppiamenti, che va dalla fine di Gennaio e Aprile. Mech (1970) sostiene l’esistenza di una correlazione tra le alte altitudini e il ritardo del periodo degli accoppiamenti. In Italia il periodo riproduttivo va da Febbraio a Marzo.

Le potenzialità riproduttive dipendono dallo stato nutrizionale dell’animale (Boertje e Stephenson, 1992).

L’estro della femmina dura mediamente dai 5 ai 7 giorni (Mech, 1974). Nel periodo invernale è frequente trovare tracce di sanguinamenti della femmina su neve, evento che precede di qualche settimana la fase di estro.

Almeno tre settimane prima della nascita dei piccoli (Jordan et al., 1967; Fuller, 1989), la femmina ricerca il luogo adatto dove partorire, realizza la tana (Jordan et al., 1967), dove generalmente vi attende il parto (Young, 1944). Molte tane di lupo sono cavità naturali da tronchi, o anfratti di rocce, oppure possono essere riutilizzate tane di altri mammiferi abbandonate (di volpe, tasso, istrice).

Uno studio in Minnesota condotto da Ciucci e Mech (1992), ha rilevato che la scelta della localizzazione della tana, all’interno del territorio può dipendere dall’interazione di molti fattori: 1) dalla tradizione (una tana può essere utilizzata più volte dalla stessa femmina o da femmine diverse) (Murie, 1944; Mech, 1970; Harrington e Mech, 1983); 2) dalla disponibilità e distribuzione delle risorse di cibo; 3) dall’influenza dei branchi vicini; 4) dalla dimensione del territorio. La loro ricerca suggerisce una

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correlazione positiva tra la posizione della tana e la dimensione del territorio: solo in territori vasti essa tende ad essere centrale in modo da minimizzare le distanze da e per la tana, in territori relativamente piccoli la sua localizzazione rispetto al centro è random. Spesso, inoltre, sono situate in zone isolate e prossime a corsi d’acqua.

La gestazione dura circa 63 giorni e la femmina partorisce in media 6 cuccioli, con variazioni da 1 a 11 (Mech, 1974). La dimensione delle cucciolate, così come la sopravvivenza dei cuccioli entro il primo anno di vita, è direttamente proporzionale alla disponibilità di prede, misurata come biomassa preda/lupo (Keith, 1983).

Sebbene siano riportati casi in cui 2 cucciolate sono state prodotte all’interno dello stesso branco (Canada, Alaska) nella stessa stagione riproduttiva, normalmente la riproduzione è prerogativa del maschio e della femmina dominanti: tramite meccanismi di controllo sociale viene ridotta la possibilità che altri individui si accoppino, benché fisiologicamente maturi. In tal modo gli adulti che non si riproducono e i giovani di un anno sono disponibili ad aiutare la coppia dominante nella cura della prole (cure allo parentali), aumentando così la probabilità di sopravvivenza dei cuccioli.

I cuccioli alla nascita, sono sordi, ciechi e pesano circa 500 grammi (Rutter e Pimlott, 1968), e per i primi 23 giorni si nutrono esclusivamente di latte materno, successivamente ricevono il cibo predigerito e rigurgitato dalla madre, ma anche dagli altri componenti del branco (maschio alfa o altri adulti ausiliari). Dopo 40 giorni i cuccioli cominciano a nutrirsi da soli.

I cuccioli si allontanano definitivamente dalla tana dopo 7-8 settimane dalla nascita. E l’intera attività del branco si sposta in una successione di aree (rendez-vous sites), dove avviene la fase finale dello sviluppo dei nuovi nati. Se non esistono elementi di disturbo gli

home sites (tane e rendez-vous sites) possono essere utilizzati anche per più anni di seguito

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dell’inverno, nel periodo compreso tra Settembre-Ottobre (Murie, 1944; Joslin, 1966; Harrington e Mech, 1982b), al momento in cui i giovani hanno maturato le capacità fisiche per seguire gli adulti negli spostamenti.

I cuccioli hanno uno sviluppo fisico veloce: all’età di sei mesi hanno già acquisito il fenotipo di un adulto, ma l’accrescimento definitivo è ad un anno con la fusione delle ossa lunghe.

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1.8 Territorialità

Il lupo è generalmente una specie territoriale, specialmente se preda specie stanziali, e ogni branco tende ad occupare un territorio esclusivo, dal quale vengono attivamente esclusi eventuali cospecifici (Mech, 1974).

Il territorio di un branco comprende le aree di caccia e di spostamento (Mech, 1970). Questo è attivamente difeso tramite segnali di presenza acustici (ululati), che agiscono da repellente (Harrington e Mech, 1979; 1983), ma anche da segnali olfattivi, come le marcature odorose (Peters e Mech, 1975; Rothman e Mech, 1979), che agiscono per un tempo prolungato: tutto ciò consente di ridurre al minimo l’incontro diretto con individui di altri branchi. Tali incontri tra individui di territori limitrofi sono generalmente molto rari, ma possono essere causa di scontri fisici in cui i lupi rimangono spesso feriti o uccisi. Specialmente nei periodi di scarsità di prede ed in condizioni di alta densità intraspecifica, le invasioni territoriali possono essere frequenti e determinare alti tassi di mortalità (Mech, 1977).

Spesso i territori di branchi limitrofi possono sovrapporsi e in questi casi si formano aree a cuscinetto (buffer zones) frequentate da entrambi i branchi in momenti diversi, e le marcature odorose diventano, quindi, indicative dell’intervallo temporale trascorso dall’ultimo passaggio (Mech, 1970; 1994; Peters e Mech, 1975; Fritts e Mech, 1981).

Figura

Figura 1.1 Evoluzione del lupo.
Tabella 1.1 Situazione del lupo in Europa.
Figura 1.2 Distribuzione del lupo in Italia a) 1974 (Cagnolaro et al., 1974), b) 2005
Figura 1.3 Rappresentazione del cranio di lupo (a) e del cranio di cane (b).
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