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2 L’ultima evoluzione delle tecniche respirometriche tradizionali : la titolazione DO-Stat

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Academic year: 2021

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2

L’ultima

evoluzione

delle

tecniche

respirometriche tradizionali : la titolazione DO-Stat

2.1 La respirometria classica e le sue evoluzioni più recenti

La respirometria classica, che prevede la misura diretta del consumo di ossigeno, è ancora oggi tra le tecniche più utilizzate per lo studio dei processi metabolici. Esperimenti di questo tipo ben progettati consentono di raccogliere informazioni sull’attività della biomassa, sulla natura e la concentrazione del substrato e sulla presenza di particolari gruppi trofici (come ad esempio i batteri autotrofi ammonio ossidanti ed eterotrofi carbonio ossidanti). Sono stati implementati molti tipi di respirometro classico, ma quelli usati più comunemente sono classificabili secondo due criteri:

• Se il respirometro è aperto o chiuso rispetto ai flussi di gas e di liquido;

• Se la concentrazione dell’ossigeno viene misurata in fase acquosa o gassosa.

Per descrivere propriamente il bilancio di massa dell’ossigeno in un respirometro in cui si abbia un flusso di liquido abbinato a un flusso di gas si può fare riferimento alla seguente equazione differenziale:

(2.1) dt

DO V

d( L* )

= Qin*DOin – Qout*DO – ro * VL + VL* K * (DOsat - DO)

dove DO, DOsat e DOin sono, rispettivamente, la concentrazione

dell’ossigeno disciolto nel bioreattore, la concentrazione di ossigeno nel liquido alla saturazione di questo gas e la concentrazione di ossigeno nel flusso d’ingresso. Qin e Qout rappresentano la portata di eventuali flussi in

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bioreattore, K è il coefficiente di trasferimento di massa dell’ossigeno e ro è

un termine volumetrico che esprime il tasso di respirazione della biomassa. L’equazione (2.1) può essere semplificata in caso di assenza di flussi liquidi e gassosi. In questo caso l’unico termine che influenza l’andamento della concentrazione dell’ossigeno disciolto è ro. In questi casi ro è valutato

direttamente in termini di calo di DO, perché l’equazione (2.1) può essere semplificata come segue:

(2.2) dt DO d( )

= – ro

In respirometri chiusi tuttavia, la semplicità delle determinazione del tasso di respirazione é controbilanciata dall’esaurimento dell’ossigeno disciolto, il quale viene consumato rapidamente fino a diventare presto limitante. A questo punto, se non si sono raccolti dati a sufficienza si rende così necessario un nuovo ciclo di aerazione che rappresenta comunque una perturbazione del sistema. Inoltre durante la fase di nuova aerazione la misura di ro è temporaneamente sospesa.

Utilizzando un respirometro chiuso rispetto sia ai flussi di gas che di liquido non è quindi possibile monitorare in modo continuo il tasso di respirazione della biomassa. Inoltre quando si è in presenza di alti tassi di respirazione, l’elaborazione dei dati raccolti nella prima fase della misura deve tenere conto della dinamica di risposta della sonda dell’ossigeno. Nonostante questi inconvenienti, i respirometri chiusi sono comunque ancora molto usati per la loro semplicità di utilizzo.

Utilizzando respirometri aperti, inoltre, il bilancio di massa dell’ossigeno include il termine di trasferimento di massa di questo gas, che per essere calcolato richiede la conoscenza di K e DOsat. Tuttavia questi due

parametri dipendono a loro volta da molti fattori, come la pressione e la temperatura a cui si trova il sistema e le proprietà più generali delle fasi liquide coinvolte. Per avere misure accurate si rende quindi necessario che la loro stima venga ripetuta anche parecchie volte nel corso dell’esperimento, rendendo quest’ultimo molto impegnativo.

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Per eliminare la necessità di ripetute aerazioni successive attraverso flussi di aria (come avviene respirometri “aperti”) sono stati progettati sistemi alternativi che potessero fornire continuamente aria alla sospensione di fango attivo, anche tramite un flusso di liquido aerato.

Negli ultimi anni ha conquistato consensi e quote di mercato sempre maggiori la tecnologia della titolazione DO-stat, che si basa sul valutare il consumo di ossigeno da parte dei microrganismi misurando la quantità di titolante usato per mantenere costante nel tempo la concentrazione di ossigeno disciolto nel mix liquor.

La tecnologia DO-stat può essere considerata paragonabile a quella di un normale respirometro senza flusso di gas che però ammetta un flusso liquido in ingresso a cui non ne corrisponda uno in uscita. Questo sistema consiste sostanzialmente in un bioreattore in cui è inserita una sonda per l’ossigeno disciolto e in un sistema di titolazione automatico caricato con una soluzione che è in grado di mantenere costante il livello di ossigeno disciolto all’interno del bioreattore. La soluzione titolante è generalmente una diluizione di perossido di idrogeno, il quale una volta aggiunto alla sospensione viene rapidamente convertito in acqua e ossigeno molecolare dalla catalasi naturalmente prodotta dalla biomassa. La titolazione DO-stat è basata sulle stesse considerazioni che hanno portato in seguito a concepire la titolazione pH-stat. Per allestire una prova DO-stat automatizzata si pone un’aliquota di fango attivo all’interno di un bioreattore ben agitato e termostatato (sarebbe ideale mantenere le oscillazioni di temperatura all’interno di un intervallo di ± 0.2 °C). Dunque vengono applicate al bioreattore una sonda per l’ossigeno disciolto e una sonda della temperatura, le quali vengono connesse, attraverso un’apparecchiatura di controllo, a un computer per la raccolta e l’elaborazione dei dati. Quando la concentrazione dell’ossigeno disciolto misurata all’interno del bioreattore scende al di sotto del valore di set point impostato, una piccola quantità di soluzione titolante viene aggiunta alla sospensione dal sistema di dosaggio. Il sistema di dosaggio è composto da una contenitore dove è mantenuta la soluzione titolante, un tubicino in silicone che porta il liquido all’interno del bioreattore, un pompa e delle elettrovalvole controllate dal computer

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controlla l’erogazione della soluzione. Questo sistema consente di dosare microgocce del volume compreso indicativamente tra i 50 e i 100 µL.

Il titolo della soluzione deve ovviamente essere noto, controllato e deve potersi mantenere stabile nel breve periodo. Il bilancio di massa dell’ossigeno in questo caso può essere così scritto:

(2.3) dt DO V d( L* ) = Qin*DOin – ro * VL

in questo caso il flusso in ingresso è controllato e regolato per mantenere costante il valore della concentrazione dell’ossigeno all’interno del bioreattore (DO) ad un tempo infinito (ovvero

dt dDO = 0). Considerando che dt dVL

= Qin, si può riscrivere l’equazione (2.1) come segue:

(2.4) ro = L in V Q *(DOin - DO)

Inoltre se la concentrazione di ossigeno nel flusso in ingresso è abbastanza alta, si può approssimare la differenza (DOin - DO) con il valore

di DOin stesso. In questo caso la (2.4) può essere ulteriormente

approssimata: (2.5) ro = Qin * L in V DO

la quale mostra chiaramente come il consumo della biomassa è direttamente proporzionale al tasso di aggiunta della soluzione titolante.

La tecnica in questione è stata convalidata dal confronto con le tecniche di respirometria aperta e con le tecniche di respirometria chiusa. In seguito è stata applicata con successo alla valutazione della cinetica della nitrificazione e della respirazione eterotrofa. Non solo la ripetibilità di

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queste tecniche è soddisfacente, ma sono stati riscontrati molti vantaggi rispetto alle tecnologie classiche di respirometria.

I benefici che questo sistema presenta rispetto alla tecnologia tradizionale di respirometria sono essenzialmente questi:

• Permette di lavorare a concentrazioni di ossigeno liberamente scelte dall’operatore. Poiché il sistema è considerato chiuso rispetto ai flussi di gas, l’unico limite imposto sulla selezione del valore di DO a cui lavorare viene dalla necessità di evitare trasferimenti significativi di ossigeno tra la fase liquida e quella gassosa. Comunque se il bioreattore è progettato in maniera tale da minimizzare il contatto di superficie tra le due fasi in genere questa problematica può essere trascurata;

• Non c’è bisogno di stimare il coefficiente di trasferimento di massa dell’ossigeno (K); in quanto l’ossigeno è fornito tramite un flusso di liquido;

• Si può condurre una misurazione continua, in quanto non sono necessari cicli di ri-aerazione (l’ossigeno viene fornito in base al consumo);

• Non è necessaria una risposta particolarmente accurata della sonda dell’ossigeno, in quanto quest’ultima è impiegata soltanto per valutare variazioni di ossigeno disciolto all’interno di un range limitato. Inoltre il tempo di risposta del sistema di misura non ha effetto sulla stima di ro, in quanto influenza soltanto la larghezza

delle oscillazioni rilevabili di DO attorno al valore fissato.

Come sorgente di ossigeno in soluzione si può scegliere di utilizzare acqua areata oppure addizionare perossido di idrogeno. A questo punto è bene notare che la concentrazione equivalente DOin della soluzione

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l’equazione 2.1). Tuttavia la concentrazione di ossigeno disciolto nel liquido in ingresso (DOin) non deve risultare così alta da innescare oscillazioni

troppo marcate della concentrazione di ossigeno all’interno del bioreattore. In una tipica curva di titolazione DO-stat la quantità di ossigeno aggiunta espressa come equivalenti di acqua ossigenata è rappresentata in funzione del tempo. Generalmente si osserva una prima fase in cui la curva presenta una pendenza limitata tipica della respirazione endogena. Al momento dell’aggiunta del substrato nutriente la pendenza della curva subisce un repentino aumento dovuto all’incrementato consumo di ossigeno necessario per la respirazione esogena. Quando tutto il substrato è stato consumato, la pendenza della curva si assesta velocemente a valori tipici della fase endogena. Il tasso di respirazione esogeno è calcolato quindi sottraendo dalla pendenza della porzione curva di titolazione relativa alla fase esogena la pendenza della curva relativa alla respirazione endogena.

I valori di DO misurati all’interno del bioreattore potrebbero subire nel corso dell’esperimento leggere oscillazioni dovute al sovrapporsi dei seguenti processi:

• La dispersione delle gocce di H2O2 all’interno della sospensione;

• L’efficacia della conversione catalitica dell’ H2O2 in acqua e

ossigeno

• I tempi di risposta della sonda dell’ossigeno.

Questi fenomeni potrebbero generare degli scalini nella curva di addizione dell’ H2O2, comunque fino a quando queste dinamiche sono più

veloci delle reazioni da controllare, la determinazione dei parametri respirometrici non è influenzata dagli scalini presenti nella curva di titolazione. La tecnologia DO-stat non richiede nemmeno cicli di ri-aerazione, come invece richiede la respirometria chiusa, e non è necessario conoscere il valore del coefficiente di trasferimento di massa, come piuttosto richiede la respirometria aperta. Inoltre le misure ottenute con questa tecnica dipendono molto poco dalla risposta dinamica della sonda per l’ossigeno disciolto, perché la sonda è usata solo per misurare

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valore viene per altro determinato ad un livello comodo per l’operatore che non costituisca un impaccio per le determinazioni sperimentali. Elaborare i dati sperimentali è molto semplice, specialmente se ci si fa assistere da un buon programma di foglio elettronico, perché l’aggiunta della soluzione di acqua ossigenata è direttamente proporzionale al ritmo di ossidazione del substrato.

Gli svantaggi di questa tecnica sono dovuti al fatto che, in esperimenti di lunga durata e in quelli che presentano un alto tasso di respirazione cellulare, >1,2 mgO2/L*min (Ficara, 2000), si può incorrere in una leggera

sottostima del consumo di ossigeno. Dunque è bene evitare di condurre esperimenti con la tecnica DO-stat con sospensioni di fango dove sono state riscontrate alte concentrazioni iniziali di BOD (“short term BOD” tradotto liberamente come substrato rapidamente biodegradabile).

Per finire, grazie alla sua semplicità, questa procedura è applicabile ad ogni metodo per il controllo on line e per ogni software che possa essere ritenuto utile per il calcolo dei coefficienti respirometrici.

Per quanto riguarda la riproducibilità dei dati ottenuti con questa tecnica, analisi sperimentali di confronto condotte sui tassi di respirazione della biomassa eterotrofa dimostrano come i risultati basati sulla tecnologia DO-stat collimano molto bene con quelli ottenuti tramite le tecniche classiche di respirometria aperta e chiusa (Ficara, 2000).

Essendo usata in soluzioni diluite al 3% come disinfettante, è risaputo che l’acqua ossigenata ha effetti tossici sulle cellule viventi. Quindi l’uso di questo prodotto potrebbe ragionevolmente far sorgere il sospetto di provocare l’inibizione della biomassa e una sottostima della respirazione stessa. Se tuttavia l’acqua ossigenata viene convertita rapidamente dalla catalasi della biomassa, è ragionevole pensare che il suo effetto tossico dipenda dal bilancio tra il suo tasso di aggiunta e quello della sua decomposizione. Ci si aspetterà pertanto che gli effetti tossici maggiori si esplichino per alte velocità di aggiunta del titolante e per basse concentrazioni di biomassa (e dunque una bassa concentrazione di catalasi attiva). In letteratura si trovano esempi di esperimenti tesi a valutare gli effetti tossici dell’acqua ossigenata sulle biocenosi tipiche dei fanghi attivi.

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è stata valutata da Ficara (2000) su periodi massimi di 2,5 h. E’ stato allestito un esperimento di titolazione DO-stat con etanolo come substrato, che induce tassi più alti di respirazione rispetto al glucosio. L’etanolo è stato aggiunto per tutta la durata dell’esperimento a intervalli regolari per evitare che non venisse raggiunta una concentrazione limitante e che si avesse quindi il massimo tasso di aggiunta di soluzione di acqua ossigenata.

E’ stato allestito dunque un esperimento di controllo, in cui l’ossigeno venisse aggiunto per normale flusso di aria attraverso una pietra porosa, ed è stato dunque calcolato l’effetto inibitorio della soluzione titolante sull’attività della biomassa.

Tuttavia poiché la velocità di aggiunta dell’acqua ossigenata è in qualche maniera proporzionale alla concentrazione della biomassa nella sospensione, questi due fattori non sono del tutto indipendenti. E’ stato osservato come, agli alti ritmi di aggiunta osservati in questi test di tossicità (1,2 – 1,8 mg O2/(L*min)) l’inibizione della respirazione cellulare rimaneva

su valori accettabili per i fini sperimentali (con un calo percentuale della velocità di respirazione fino al 10% del valore originario) fino a quando l’aggiunta della soluzione di acqua ossigenata non raggiungeva un determinato valore soglia. Questa conclusione ha trovato riscontro nei test di ripetibilità effettuati anche con le tecniche respirometriche classiche. I risultati ottenuti mostrano poi come, nonostante che il calo della velocità di respirazione possa essere considerato trascurabile nei test di breve durata, l’inibizione della biomassa non possa essere trascurata per test di lunga durata (t > 2h).

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