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CAPITOLO 1

Fondamenti Teorici Alla Base Della Total Productive Maintenance

1.1 Introduzione

La Total Productive Maintenance (TPM) è un sistema di gestione della manutenzione nato allo scopo di incrementare l’efficacia e la longevità delle macchine.

Realizza l’integrazione tra settore produttivo e settore manutentivo nella condivisione degli obiettivi di produttività e qualità, ed è un approccio alla manutenzione che ha come scopo di ridurre al minimo le fermate degli impianti ed ottenere la massima efficienza del sistema produttivo.

Sviluppata in Toyota, per rendere le proprie macchine estremamente efficienti e poter attuare il just in time mediante la tecnica pull (KAMBAN), la TPM è oggi usata in tutto il mondo da ogni azienda che voglia aumentare la capacità dei propri mezzi e poter attuare una produzione di tipo "lean".

Figura 1.1 - Origine della TPM

La manutenzione tradizionale, prevalentemente di tipo correttivo, è caratterizzata dai seguenti principi:

♦ L’operatore lavorava secondo le istruzioni che gli vengono fornite, non effettua alcun tipo di manutenzione sulla macchina, forte separazione dei compiti.

OBIETTIVO LEAN

PRODUCTION

MANUTENZIONE

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Da una netta separazione di compiti tra le funzioni di manutenzione e produzione che sono spesso in conflitto,e la funzione di manute nzione interviene solo per effettuare le riparazioni;

♦ Elevato numero di fermate;

♦ Efficienza bassissima (Overall Equipment Effectiveness 40-60%);

♦ E' considerata come centro di costo e non di profitto;

Una gestione di questo tipo causa un elevato numero di fermate e conseguentemente dei valori d'OEE estremamente bassi, in genere 40-60%.

La TPM nasce dall'idea che una corretta gestione della manutenzione possa non soltanto ridurre i costi ma generare profitto.

La drastica riduzione dei fermo macchina, l’aumento di produttività, la riduzione dei costi e l’eliminazione dei difetti, tipici obiettivi delle aziende nelle quali si voglia introdurre la TPM, vengono ottenuti ampliando le competenze del personale, integrando tra loro i sistemi di produzione e manutenzione e coinvolgendo tutto il personale aziendale.

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1.2 Total Productive Maintenance

La TPM è caratterizzata da quattro macro-fasi:

1) Lo studio di fattibilità;

2) La pianificazione dell’implementazione;

3) L’implementazione effettiva (almeno 36 mesi);

4) Il consolidamento

Lo studio di fattibilità: questa prima fase ha una durata di circa un mese, è

caratterizzata dalla raccolta dei dati necessari per poter prendere le decisioni, dall’analisi dei dati sugli impianti, sulle singole macchine, sulle caratteristiche del personale disponibile e sui rapporti costi benefici ed infine dallo sviluppo di alternative di miglioramento.

La pianificazione dell’implementazione: questa fase è caratterizzata dall’annuncio

formale del progetto, dalla creazione di un’organizzazione atta a gestirlo (TEAM), dall’addestramento ed istruzione del personale, dalla definizione e sviluppo della “vision”, della “mission”, e dalla stesura del piano operativo necessario per l’implementazione: il Master Plan.

Infine si deve assegnare le responsabilità delegando e rendendo autonomo il personale fin dall’inizio, previo opportuno addestramento. (Chi?, Cosa?, Come?, Quando?, Dove?).

L’implementazione effettiva: è la fase in cui si inizia l’implementazione del

programma pilota, cercando di proseguire ad interventi focalizzati (piccoli passi

consolidati), ricerca di rinnovare gli studi di fattibilità, gestendo accuratamente i

progressi ottenuti dall’implementazione dei vari pilastri, iniziando dalla manutenzione autonoma, dal miglioramento focalizzato e dalla manutenzione progressiva.

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Solo all’attivazione di tutti i pilastri si potrà ottenere l’eliminazione del 90-95% delle fermate e il raggiungimento del 60-70% dei risultati.

L’implementazione potrà ritenersi conclusa con successo solo se si saranno ottenuti i seguenti risultati:

⇒ Zero fermate;

⇒ 95-99% dei risultati preposti; ⇒ Zero difetti;

⇒ Addestramento completato; ⇒ Rinnovo degli obiettivi.

Il consolidamento:durante la fase finale si quantificano i risultati ottenuti, si cerca di

standardizzare metodi e procedure arrichendo il bagaglio di competenze e di conoscenze del personale ed infine si cerca di proporsi obiettivi sempre più importanti.

La TPM diventa parte integrante della cultura aziendale:

1) Zero difetti;

2) Zero fermate;

3) Efficienza ed efficacia

L'analisi dello “status quo ante” e delle perdite, anche attraverso il calcolo dell’OEE sulle macchine critiche dell'impianto, rappresenta lo strumento fondamentale per costruire un buon impianto TPM in azienda, in quanto fornisce il metro di misura degli avanzamenti ottenuti e permette di convalidare il processo di implementazione.

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E' quindi possibile iniziare ad implementare la TPM che si fonda su otto “pilastri” fondamentali:

Figura 1.2 - I pilastri della TPM 1) Leadership; 2) Organizzazione; 3) Manutenzione autonoma; 4) Miglioramento focalizzato; 5) Manutenzione progressiva; 6) Addestramento; 7) Qualità; 8) Amministrazione.

ANALISI DELLE PERDITE

TPM

Leadership

Organizzazione Man. Autonoma Migl.Focalizzato Man.Progressiva Addestramento

Qualità

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Leadership: l'implementazione della TPM richiede il coinvolgimento dei vertici aziendali. Il Management deve non soltanto mostrare un serio interesse nei confronti della sua introduzione, ma essere capace di fornire gli stimoli e le motivazioni necessari a tutto il resto del personale; deve in altri termini definire in modo opportuno gli obiettivi, comunicarli e diffonderli, gestire i principi operativi, analizzare e sviluppare le competenze ed allocare correttamente le risorse.

Organizzazione e amministrazione: a livello organizzativo e amministrativo la TPM richiede la creazione di team che ne supportino l’implementazione, garantendo l’addestramento e l’istruzione di tutto il personale e consentendo la diffusione della politica strategica del management a tutta l’azienda; è inoltre necessaria la creazione di gruppi di lavoro per la manutenzione autonoma ed il miglioramento focalizzato.

Manutenzione autonoma: per manutenzione autonoma si intende la cura giornaliera dell’impianto da parte dei tecnici di produzione per prevenire il deterioramento forzato delle attrezzature e avere macchine, la cui durata dipenda solo dal deterioramento naturale e coincida con quella di progetto.

Affiancando alle procedure prettamente tecniche procedure di lavoro tipiche della manutenzione: pulizia giornaliera, lubrificazione, check delle anomalie, riparazioni minori, gli operatori della produzione potrebbero lavorare con un numero di difetti molto minore e senza interventi esterni.

E’ evidente che la manutenzione autonoma può essere eseguita solo da personale capace di identificare le anomalie e correggerle, di fissare degli standard operativi ottimali e di mantenere tali condizioni nel tempo; ne consegue la necessità di arricchire il bagaglio di conoscenze del personale di produzione in modo da creare operatori estremamente competenti.

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Miglioramento focalizzato: si fo nda sull’analisi delle perdite e sulla corretta individuazione delle cause. I responsabili della manutenzione autonoma dovranno far ricorso al miglioramento focalizzato ogni volta che avranno a che fare con perdite croniche, le cui cause siano difficilmente identificabili.

Esso viene ottenuto attraverso la continua tendenza a semplificare macchine e processi e fornisce lo strumento per incrementare l’attitudine al “problem solving” degli operatori di produzione. Il miglioramento focalizzato, infatti, fornisce una specifica metodologia per identificare e correggere perdite particolari come quelle legate alla velocità di lavorazione e ai tempi di set up.

Manutenzione progressiva: si parla di manutenzione progressiva quando si riesce a realizzare una integrazione delle politiche di gestione per ottimizzare l’efficienza e l’efficacia delle attività manutentive.

Lo scopo è quello di definire un mix ottimale di manutenzione preventiva, programmata e correttiva, di ridurre il numero di guasti, i costi di gestione della manutenzione, il MTBF e il MTTR. La realizzazione di questa forma evoluta di manutenzione richiede il miglioramento delle macchine, con l’applicazione della manutenzione autonoma e delle procedure di miglioramento focalizzato e con la gestione opportuna della manutenzione pianificata e di quella su condizione; richiede, altresì, un miglioramento delle tecnologie e delle competenze, prevedendo, ad esempio, sistemi di diagnostica e sistemi informativi di manutenzione, nuovi sistemi di ispezione e corsi di formazione del personale.

Addestramento: solo personale istruito, motivato e partecipe alle azioni aziendali può attuare in modo efficiente ed efficace le azioni previste dal TMP, l’addestramento del personale è quindi necessario e deve essere svolto in modo rigoroso e sistematico.

Qualità: una corretta gestione della manutenzione si riflette inevitabilmente in un incremento della qualità del prodotto. Gestire la manutenzione in un’ottica di qualità, significa operare in modo da prevenire problemi e difetti attraverso la corretta gestione dei processi e delle attrezzature.

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Dato che essa dipende generalmente da quattro fattori: uomini, materiali, macchine e metodi, per avere una corretta implementazione del pilastro relativo alla qualità è necessario aver sviluppato correttamente quelli della manutenzione autonoma, dell’addestramento, della manutenzione progressiva e del miglioramento focalizzato.

La competizione in qualsiasi ambito industriale ha raggiunto livelli altissimi, è necessario quindi che le aziende per essere competitive e realizzare i propri obiettivi, devono saper sfruttare in maniera ottima tutte le risorse dell’azienda.

In quest'ottica s'inserisce la filosofia della TPM (Total Productive Maintenance), che secondo la definizione ufficiale data dallo Japanese Institute of Plant Maintenance è un insieme di procedure, tecniche e pratiche organizzative atte a:

• Massimizzare la performance totale delle macchine;

• Stabilire un sistema di manutenzione che copra l’intero ciclo di vita delle macchine;

• Coinvolgere al 100% il personale aziendale nelle varie attività;

• Promuovere la formazione di piccoli gruppi autonomi e fortemente motivati per lo svolgimento di attività manutentive;

• Costruire una “corporation” che massimizzi l’efficienza dei sistemi produttivi.

Per attuare questa nuova metodologia di gestione della manutenzione e fare in modo che le risorse siano sfruttate in maniera ottima, attraverso un miglioramento continuo, è necessario individuare opportuni indici di prestazione che possano rendere chiara la situazione di partenza e i miglioramenti dovuti alle varie azioni che l’azienda L'indice più significativo per quantificare lo stato attuale della gestione della manutenzione e dell'efficacia delle soluzioni proposte è costituito da un valore

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Questo indice, come si nota dalla sua definizione, che può essere tradotta in italiano, efficacia totale dell’impianto, a differenza di molti altri non prende in considerazione la sola efficienza degli impianti produttivi, intesa come rapporto tra ciò che viene prodotto e ciò che sarebbe possibile realizzare, ma ne va a misurare l’efficacia, ampliando l’analisi, tenendo conto anche della qualità del prodotto e della disponibilità della macchina stessa.

La performance globale di un componente, di un equipaggiamento o di un intero impianto è governata dalla contemporanea influenza di tre fattori:

• Disponibilità (A);

• Performance (P);

• Qualità (Q).

L'OEE è calcolato come produttore dei tre fatto ri:

OEE = A * P * Q

Si può subito notare come per avere un elevato valore di OEE sia necessario che tutti e tre gli indici siano alti, a significare che solo un impianto in cui tutte le risorse siano sfruttate in maniera ottimale può raggiungerlo.

Un incremento dell' 1% dell'OEE corrisponde ad una riduzione del 10% dei costi diretti di manutenzione.

È necessario precisare come l’OEE sia un indice di efficacia dell’impianto quindi va a considerare esclusivamente le perdite interne ad esso.

Per garantire l'aumento dell'OEE in azienda bisogna identificare ed eliminare le sei fondamentali fonti di perdite, le SIX BIG LOSSES che vengono cosi divise:

Perdite di disponibilità:

1. Guasti;

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Perdite di performance:

3. Fermate minori;

4. Riduzione della velocità operativa;

Perdite di qualità:

5. Scarti e rilavorazioni;

6. Perdite dovute ad avviamento e prove.

Figura 1.3 - Schema Six Big Losses 1) GUASTI 2) SET-UP 6) START-UP 4) IDLE TIME 5) DIFETTI QUALITA' 3) LOW SPEED NON EFFICIENZA

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Nella parte seguente sono illustrate in modo dettagliato i vari tipi di perdita.

Le perdite di disponibilità si dividono in:

Guasti: una delle cause principali di perdita di disponibilità è data dai guasti che si presentano sugli impianti. Le macchine usano per produrre alcune parti in movimento e svariati subsistemi nei quali ogni piccola parte meccanica può deteriorarsi o rompersi e, soltanto quando è stato riparato il guasto o sostituita la parte, si può riprendere la produzione.

Ma molto spesso le cause di guasto danno segnali d'allarme primo che la macchina si rompa e la loro individuazione potrebbe essere il compito delle attività di manutenzione autonoma;

Essi possono essere di suddivisi in due tipologie in base alla frequenza di accadimento:

1) Sporadici, a loro volta classificabili in:

⇒ Improvvisi;

⇒ Catastrofici;

⇒ Generalmente semplici da correggere.

2) Fermate frequenti, che generalmente sono ignorate (non registrate) e per le

quali non si cercano soluzioni.

Set-up e tempi di attrezzamento: la disponibilità è inoltre diminuita dal tempo necessario per svolgere il cambio di attrezzatura o per preparare la macchina alla lavorazione di un prodotto differente.

Molto spesso questo tempo può aumentare a causa della pulizia della macchina, di piccoli aggiustamenti compiuti per garantire una qualità stabile al prodotto o

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dalla ricerca d'utensili, parti o persone che possono essere utili per far ripartire la produzione.

Le perdite di disponibilità sono quindi derivanti da set-up ed aggiustamenti lunghi e difficoltosi, e nelle aziende con produzioni altamente differenziate possono generare inefficienze elevate, ed infine, aggiustamenti e "fine tuning" delle macchine richiedono personale altamente qualificato ed esperto.

Altre perdite di disponibilità: alcune aziende inseriscono in questa categoria altre perdite per tenere sotto controllo e migliorare altri aspetti della realtà produttiva.

Tra questi si possono inserire infatti anche il cutting tool loss o perdita di tempo per rottura del tagliente dell’utensile, migliorabile applicando buone attività di manutenzione pianificata e di manutenzione autonoma, oppure lo startup loss o perdita legata ad una difettosa produzione dovuta alla non raggiunta produzione a regime (nel caso in cui il prodotto sia conforme, in caso contrario la perdita risulta di tipo qualitativo), oppure il time not scheduled for production o perdita dovuta a meeting, manutenzione preventiva e break.

Quest’ultima perdita non è spesso considerata nel calcolo della disponibilità e viene sottratta dal tempo operativo totale ma alcune aziende la inseriscono come perdita per incoraggiare la nascita di idee creative per ridurne l’incidenza senza eliminare l’attività.

Le perdite di performance sono schematizzabili nei seguenti gruppi:

Velocità operativa ridotta: le macchine spesso funzionano ad una velocità più bassa di quella per cui sono state progettate.

Questo viene fatto per cercare di mantenere stabile lo standard qualitativo dei prodotti che escono dalla macchina; ma in altri casi è proprio la persona a non porsi mai il problema di verificare quale sia il limite ottimale di sfruttamento delle macchine e i cicli di lavorazione sono definiti dagli operatori sulla base di "velocità di comodo" e non dall'ufficio tecnico sulla base delle potenzialità tecniche della macchina.

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Spesso la velocità per cui una macchina è stata concepita non è nota agli operatori e le lavorazioni sono eseguite sempre alla stessa velocità indipendentemente dalle loro caratteristiche.

Fermate minori o idle time: malfunzionamenti temporanei e di lieve entità non sono considerati come guasti, anche se si ripetono con frequenze molto elevate e costringono gli operatori ad interrompere spesso le attività produttive.

Spesso capitano nelle linee automatiche, per esempio quando i componenti di un prodotto ostacolano il nastro trasportatore oppure quando i sensori rilevano la presenza di corpi estranei e fermano la macchina (spesso si tratta di segnali errati, dovuti a sporco, polvere,..), e possono sembrare uguali a piccoli fastidi, ma essi rappresentano una delle maggiori perdite per molti impianti.

Tra questo tipo di fermate vanno considerate le fermate compiute dall’operatore per le pause che non siano definite da contratto.

Le perdite di qualità sono divise in:

Scarti e rilavorazioni: i prodotti che non presentano le caratteristiche chieste dal cliente rappresentano evidentemente delle perdite.

Un prodotto scartato è una perdita di tempo, energia e materiale, cioè un prodotto che ha subito una rilavorazione costituisce una perdita di tempo e di energia. Spesso i difetti di qualità derivano da una cattiva programmazione dei cicli di lavorazione e non da reali problemi riscontrati sulle macchine, è pertanto doverosa sia una corretta stesura dei cicli, sia una rigorosa esecuzione di questi.

Le perdite d’avviamento o Start-up loss: molte macchine impiegano un certo tempo primo di raggiungere le giuste condizioni operative.

Variazioni ambientali, come temperatura ed umidità, possono rendere problematico l’ avviamento e determinare prestazioni scarse e non omogenee; variazioni nelle caratteristiche fisiche e chimiche delle parti di ricambio, dei liquidi refrigeranti o lubrificanti possono determinare differenze significative nella qualità del prodotto e nella velocità di lavorazione.

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Se durante questo periodo la macchina produce pezzi di qualità è opportuno considerare l’avviamento come riduttivo della disponibilità, in caso contrario come riduttivo della qualità.

Anche se molte aziende non distinguono tra pezzi difettosi o che necessitano rilavorazioni, realizzati con le giuste condizioni operative, da quelli non conformi realizzati in avviamento, una tale distinzione risulta opportuna per valutare eventuali problemi in avviamento.

Eliminando le perdite di produttività e avendo quindi come obiettivo la massimizzazione dell’OEE, per ogni grande perdita individuata in precedenza si hanno dei risultati a cui si dovrebbe cercare di tendere:

Figura 1.4 – Obiettivi da raggiungere per le varie perdite Zero 1) Guasti

Meno di 10 min per set-up senza aggiustamenti

successivi

2) Set-up

3) Perdite di velocità Pari o superiore a quella di progetto

Difettosità in parti per milione

5) Difetti di qualità

6) Avviamento Ridurre al minimo

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Generalmente, i valori di OEE misurati dalle aziende prima di iniziare a adottare tecniche come il TPM, sono molto bassi, oscillando dal 50% al 60%, ciò significa che le aziende operano sfruttando metà della loro capacità produttiva!

Obiettivo OEE: massimizzare l'efficienza mediante la definizione delle relazioni

ottimali tra le persone e gli strumenti di lavoro.

Metodo: eliminazione delle sei fondamentali fonti di perdita (Six Big Losses).

Figura 1.5 - OEE: obiettivo

Guasti

Set-up

Idle

Qualità

Start-up

Velocità

Disponibilità A>90% Performance P>95% Qualità Q>99,9% OEE>85%

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1.3 Implementazione Della TPM

L'implementazione della metodologia della Total Productive Maintenance si basa sull'applicazione della metodologia delle 5S.

Il termine 5S è un acronimo che si riferisce alle cinque parole, che in lingua giapponese, indicano i fondamenti del Visual Workplace, cioè del controllo visivo sul posto di lavoro:

1 ° S SEIRI : Selezionare e separare; 2 ° S SEITON : Sistemare ed organizzare; 3 ° S SEISO : Pulire;

4 ° S SEIKETSU : Standardizzare e migliorare;

5 ° S SHITSUKE : Disciplina: mantenere e migliorare gli standard.

Col presente capitolo s'introducono i fondamenti alla base della metodologia delle 5S, una vera e propria “filosofia” di gestione, improntata alla qualità degli ambienti lavorativi e all’ottenimento del Visual Control in azienda.

Le 5S sono la base per il miglioramento di tutte quelle attività necessarie per l’attuazione della TPM e della Lean Production, ed in particolare dei pilastri della Manutenzione Autonoma e della Manutenzione Pianificata.

I benefici ottenibili dall’applicazione di questa metodologia sono così riassumibili:

1. Zero tempi di cambio tipo: per una produzione diversificata; 2. Zero difetti: per un aumento della qualità;

3. Zero sprechi: per minori costi; 4. Zero ritardi: per consegne certe;

5. Zero infortuni: per promuovere la sicurezza;

6. Zero guasti: per una maggiore disponibilità degli equipaggiamenti; 7. Zero reclami: per maggiore riservatezza e fiducia con i clienti; 8. Zero passività: accrescimento della motivazione dei lavoratori; 9. Zero indecisioni: standardizzazione dei metodi di lavoro.

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1.4 La Prima Esse: Seiri.

La prima delle “5S” significa:" Selezionare e separare, cioè eliminare tutto ciò che non è necessario".

Figura 1.6 – Selezionare e separare

Si tratta di eliminare dall’ambiente lavorativo tutto ciò che non sia necessario per la produzione o per le mansioni d’ufficio correnti.

Questo principio risponde a quello base del JIT, che afferma: “Solo quel che serve, nella quantità che serve ed al momento in cui serve”.

Le fabbriche e gli uffici solitamente pullulano d'oggetti non necessari per le operazioni correnti, questi si accumulano, e col tempo sorgono i seguenti ordini di problemi, che si manifestano ad un certo punto in tutta la loro gravità:

- le fabbriche divengono sempre più affollate e risulta difficile lavorarvi, poiché scorte e macchine non necessarie od inutili occupano indebitamente spazio;

- gli spazi vengono sempre più ad essere occupati da articoli non necessari, e quindi non possono essere adoperati in modo produttivo, ossia dedicandoli ad attività che portino valore aggiunto;

A

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- il personale è costretto a camminare e lavorare aggirando gli ostacoli rappresentati dagli articoli non necessari, il che aumenta gli sprechi rappresentati da spostamenti che non portano alcuna produttività;

- quando oggetti inutili si accumulano nei magazzini, si perde più tempo nella ricerca di ciò che invece è necessario;

- il numero di strumenti di cui si ha effettivamente bisogno è di piccola entità, è facile dimenticare di rimetterli a posto, e spendere poi un tempo eccessivo nella loro ricerca;

- le scorte ed i macchinari non necessari impongono delle spese per il loro mantenimento, e letteralmente “corrodono” il profitto;

- le scorte in eccesso spesso si deteriorano col tempo, diventando obsolete e quindi di nessuna utilità;

- i cambiamenti progettuali rendono superate le scorte già esistenti, dunque, se le scorte rappresentano un’immobilizzazione ingente e l’azienda si trova in condizione di dover risparmiare, si ha perdita di flessibilità e di competitività;

- le scorte non necessarie sono sinonimo di spreco di denaro, a causa degli oneri che si debbono sostenere per gestirle;

- un eccesso di scorte a disposizione tende a nascondere altri tipi di problema (ad esempio, poca forza operativa, processi non bilanciati, realizzazione di beni affetti da difettosità, rotture delle macchine, strumenti mancanti, consegne ritardate, lentezza nei set-up);

- quando si effettua l’inventario, sorge la necessità di tener conto anche degli oggetti non necessari alla produzione, ciò dà luogo a lavoro aggiuntivo per chi gestisce le scorte;

- gli strumenti e le apparecchiature inutili rappresentano ostacoli al ridisegno dei layout, spesso necessario qualora si voglia apportare un miglioramento dei flussi produttivi;

- scaffali, armadi e stipetti che vengano contemplati per contenere oggetti non necessari frappongono delle barriere tra personale di uno stesso posto di lavoro, ostacolando la comunicazione;

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- anche qua lora gli oggetti siano ben etichettati, mischiare quelli necessari con quelli inutili implica il dover cercare più a lungo per trovare quel che effettivamente serve (si parla di “ricerca a perdere”);

- il contemplare sulle scrivanie cancelleria non necessaria fa lievitare i costi;

- la produttività dell’ufficio diminuisce quando le scrivanie sono colme di oggetti inutilizzati;

- l’avere intorno scorte e documenti inutili diventa la norma, accettata come inevitabile.

Questa trascuratezza rende più probabile la fuoriuscita dall’azienda di prodotti difettosi e d'informazioni che dovrebbero invece rimanere riservate.

Ecco che emerge in tutta chiarezza la necessità dell'organizzazione, intesa appunto come selezione e separazione.

Quando si chiede ad una persona di organizzare, spesso questa si limita a mettere in ordine le cose, senza eliminare quelle superflue, ma organizzare non significa soltanto disporre le cose in insiemi, ma anche gettare via gli oggetti non usati correntemente, lasciando solo l’essenziale.

Quindi bisogna distinguere in modo chiaro gli articoli in due categorie principali:

1) Necessari: ciò che serve e che quindi deve essere mantenuto;

2) Inutili: ciò che non serve e/o è inutile e quindi deve essere scartato.

Bisogna poi dividere ulteriormente la categoria dei necessari in:

• Ad uso frequente; • Ad uso occasionale; • Ad uso raro.

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Si possono individuare, a titolo d'esempio, le seguenti suddivisioni:

- Se un oggetto presenta funzioni tutte necessarie ed è disponibile quando serve e nella quantità che serve, allora lo si può individuare come “oggetto che può essere utilizzato frequentemente”;

- Se un oggetto non presenta alcune delle caratteristiche desiderate, non sempre è disponibile nel momento in cui serve e nella quantità richiesta (ad esempio, una macchina produttiva difettosa, che non svolga tutte le funzioni necessarie), allora si dovrebbe catalogarlo come “oggetto che può essere utilizzato occasionalmente”;

- Infine, ci sono oggetti che magari soddisfano il criterio di utilizzabilità, ma che comunq ue non vengono utilizzati per altre ragioni, ad esempio per la loro riscontrata tendenza a rompersi occasionalmente, o per un temporaneo calo della richiesta di essi, si parla, in tal caso, di “oggetti che sono utilizzati raramente”.

In genere, ciò che non può essere utilizzato o che viene utilizzato raramente dovrebbe essere identificato come “inutile” e quindi essere scartato.

Di seguito sono riportati esempi pratici di come gli oggetti inutili tendano ad essere accumulati nelle fabbriche e negli uffici.

Nelle fabbriche, basti pensare ai magazzini interoperazionali e finali, in cui gli oggetti difettosi o inutili tendono ad essere accumulati nei luoghi più svariati:

- negli angoli delle pareti in cui si trova l’accesso al magazzino o l’uscita da esso, nell’ombra proiettata dalle pareti divisorie e negli scaffali .

- Nelle stanze o in quegli spazi sul pavimento non destinati a fini ben precisi tendono a divenire luoghi di raccolta per gli oggetti inutili o non utilizzabili, tali oggetti tendono anche ad essere lasciati lungo le pareti o dietro le colonne, vicino all’entrata e all’uscita della fabbrica, e lungo i camminamenti.

- Lungo le linee d’assemblaggio, bisogna ricercare se ci siano oggetti inutili lasciati sotto nastri trasportatori.

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- Bisogna ricercare oggetti, strumenti, stracci nascosti al di sotto dei macchinari, ispezionare ogni parte di macchina su cui si sia posato uno spesso strato di polvere, ogni parte di un equipaggiamento elettrico il cui cavo di alimentazione sia rotto o non inserito.

- Sulle pareti, nelle indicazioni e nei piani di lavoro apposti dal management, bisogna ricercare i poster e gli slogan ormai obsoleti, individuare gli avvisi ormai scaduti,i piani d’azione del management e le schedulazioni di produzione non più utilizzati.

Mentre, negli uffici, oggetti non necessari possono essere individuati osservando il contenuto di scatole non etichettate, o mucchi costituiti da articoli di varia natura accumulati sotto le scrivanie o all’interno dei cassetti e negli armadietti d’archiviazione dei documenti, o la base di alte pile di oggetti.

Gli oggetti inutili devono essere ricercati in mucchi costituiti da articoli di varia natura, soprattutto in fondo ed in cima, vanno ricercati oggetti, strumenti e ritagli che siano è stati chiusi in armadietti, vecchi stracci e piccoli componenti che siano stati lasciati sparpagliati in giro, strumenti rotti o arrugginiti.

Inoltre, bisogna frugare in quegli scatoloni il cui contenuto non appaia essere stato ordinato in modo chiaro, e cercare se ci siano stampi sporchi di olio o in cui si sia accumulata della polvere.

E’ necessario osservare il retro dei cassetti delle scrivanie degli impiegati, ed individuare eventuali articoli di cancelleria non necessari; bisogna ricercare se ci siano pile disorganizzate di giornali sui tavoli, ed ispezionare il contenuto di qualsiasi scatolone tenuto sotto di essi.

Bisogna guardare dentro gli armadietti, gli scaffali, gli stipettai, ed attorno ad essi, per ricercare carte inutili, archivi e disegni; vanno ricercati oggetti lasciati negli angoli delle stanze o vicino ai tavoli.

La suddivisione degli oggetti nelle categorie precedentemente descritte e lo scarto di quelli selezionati come inutili è alla base di una metodologia di selezione degli oggetti che si indica col termine di “Organizzazione visiva” [Visual Organization].

Il metodo principe dell’organizzazione visiva è la “Strategia del Cartellino Rosso”

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1.5 La Strategia Del Cartellino Rosso

Negli ultimi anni si è assistito ad un rapido aumento del numero di aziende che hanno attuato la strategia in questione, indispensabile per gettare le fondamenta su cui effettuare i miglioramenti, queste stesse aziende di solito hanno messo in atto tutte le 5S.

Le imprese si sono rese conto del fatto che, ad un costo contenuto, questi sforzi possono portare ingenti ritorni, come quantitativi di scorte drasticamente ridotti, produttività più elevata, miglioramento dell’efficienza degli uffici. Inoltre, l’affiggere un cartellino rosso agli oggetti che non servono è un compito semplice, che può essere svolto da chiunque, e questo è un ulteriore motivo per cui la strategia è stata applicata di buon grado.

La Strategia del Cartellino Rosso è divenuta popolare in molti Paesi come efficiente strumento di Organizzazione Visiva [Visual Organization].

Le persone sono abituate a considerare ciò che si trova in fabbrica come un bene personale, per questo risulta tanto importante guardarsi intorno e riuscire a distinguere ciò che è realmente necessario da ciò che non lo è.

E’ necessario disporre di un metodo semplice per portare in superficie questi sprechi, e per rendere capaci anche i manager o i direttori d’azienda più rigidamente fermi nelle proprie convinzioni di riconoscere la differenza tra ciò che serve e ciò che non serve.

Il rosso è stato utilizzato perchè appariscente, perchè è il colore dei semafori quando impediscono il passaggio, ed infine, la parola giapponese che significa “rosso” ha anche il significato di “sporco”.

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Figura 1.7 - Esempio di Red tag

I criteri in base ai quali affiggere i cartellini differiscono da fabbrica a fabbrica.

Tipicamente, i cartellini sono attaccati a qualunque oggetto che non sia necessario per la produzione schedulata per il mese successivo.

Nelle fabbriche più rigorose, il “periodo di necessità” degli oggetti è individuato nella schedulazione di produzione per la settimana successiva.

Segue uno schema suddiviso in passi sequenziali, che mostra come impostare una strategia del cartellino rosso.

Passo 1: Lanciare il “Progetto Cartellino Rosso”.

La persona responsabile del progetto dovrebbe essere un top manager – il presidente di compagnia, o il capo della divisione produttiva.

I membri del progetto dovrebbero provenire da tutte le divisioni dell’impresa.

E’ particolarmente importante coinvolgere attivamente il reparto contabile nell’eliminazione delle scorte e dei macchinari inutili.

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Passo 2: Identificare i destinatari dei cartellini.

Nell’area produttiva, i destinatari principali, sono scorte, apparecchiature e spazi. Le scorte possono essere suddivise in “a magazzino” o “interoperazionali”, le prime hanno una loro suddivisione: materiali, componenti, prodotti, e così via.

Bisogna essere particolarmente accorti nell’applicare cartellini rossi a tutte le scorte che non hanno una collocazione specifica (ad esempio, quelle che sono impilate lungo i corridoi o nelle scaffalature presenti in fabbrica).

Nella divisione amministrativa, bisogna etichettare in rosso tutti i documenti, le scrivanie, gli armadietti non necessari.

Il punto è rendere immediatamente visibile ciò che è necessario e ciò che non lo è, che è il fine della strategia dei cartellini rossi.

Passo 3: Stabilire i criteri per l’applicazione del cartellino rosso

Il punto più difficile è riuscire a distinguere che cosa è necessario da ciò che non lo è, se il membro del “team red-tag” chiede a qualcuno che operi direttamente sul posto di lavoro se un dato oggetto sia necessario, la risposta sarà praticamente sempre: “Sì”.

Anche oggetti quali parti e macchine che vengano usati una volta ogni due o tre anni saranno ritenuti necessari dagli operatori.

Questo attaccamento sentimentale alle cose accresce in modo particolare quando gli oggetti in questione sono stati realizzati o personalizzati dagli operatori stessi.

In genere, il criterio più comunemente usato per superare il problema è la schedulazione di produzione per il mese successivo: si mantiene tutto ciò che servirà per soddisfare tale programmazione, mentre tutto ciò che non serve e si ritiene superfluo, è eliminato.

Alcune aziende possono usare un criterio più stringente, prendendo a riferimento la produzione schedulata per la settimana successiva, anziché per il mese successivo: tuttavia, in media, il criterio in questione porta ad etichettare praticamente tutto di rosso.

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Passo 4: Realizzazione dei cartellini rossi.

Il materiale utilizzato per i cartellini non è importante: carta rossa, nastro rosso spesso, o altro, la chiave è assicurarsi che i cartellini attraggano l’attenzione.

Le informazioni da contemplare sul cartellino sono le seguenti:

- Categoria: fornisce un’idea generale del tipo d’oggetto al quale il cartellino sia stato applicato (ad esempio, un oggetto a scorta o una macchina).

Le categorie generali sono: materie prime, scorte interoperazionali, prodotti, macchinari, attrezzature, strumenti, stampi.

- Nome dell’oggetto: è l’indicazione dell’oggetto cui il cartellino è applicato.

- Quantità: indica il numero d'oggetti demarcati dal medesimo cartellino.

- Motivazioni: è una descrizione del motivo per cui si sia applicato un dato cartellino.

- Reparto: deve riportare il nome del reparto responsabile della gestione dell’oggetto cui si sia affisso il cartellino.

- Data: deve essere quella di applicazione del cartellino.

Passo 5: Applicazione dei cartellini rossi

Bisogna assicurarsi del fatto che tutta la squadra di lavoro “Cartellino Rosso” abbia compreso a fondo i criteri che differenziano gli oggetti inutili da quelli necessari: solo essendo certi di ciò i componenti possono essere inviati “sul campo”.

E’ meglio che l’affissione dei cartellini in una data area di lavoro sia svolta da manager o da dipendenti di altre aree: questo perché tale personale trova minori ostacoli di tipo “sentimentale” nel decidere di cosa sbarazzarsi.

Il modo migliore per portare avanti l’opera di applicazione dei cartellini è di estenderla alla fabbrica nella sua interezza in modo molto veloce – se possibile, l’intervento andrebbe condotto in una o due giornate.

Allungare il periodo oltre il tempo strettamente necessario abbatte il morale. In breve, è importante considerare l’applicazione dei cartellini rossi come un evento rapido e potente.

(26)

Passo 6: Valutazione degli obiettivi dei cartellini.

Il passo finale nell’applicazione di cartellini rossi –, la valutazione degli obiettivi dell’azione – è molto importante.

Prima di tutto, bisognerebbe esaminare gli obiettivi nelle categorie di scorta, per chiarire quali siano le tipologie d'oggetti a scorta non necessari e comprendere dove siano conservati.

Questo aiuta a decidere che fare di tali oggetti.

I macchinari sono tanto importanti quanto le scorte di magazzino: bisognerebbe spostare tutte le macchine etichettate di rosso dalle aree in cui si svolgono le operazioni produttive giornaliere.

I grandi macchinari e quelli fissati al suolo potrebbero essere costosi da rimuovere: per evitare spese inutili, in tali casi è meglio non spostarli, salvo che non interferiscano con le attività di produzione quotidiana o siano d’ostacolo al miglioramento dell’area di lavoro.

Finché ciò non accada, etichettare i macchinari inutili ed ingombranti con un cartellino rosso “di congelamento”.

Quando si spostano gli oggetti etichettati dalla linea produttiva alla Red-Tag Holding Area ci si rende improvvisamente conto che la fabbrica è costellata di spazi vuoti – un segno d'effettivo progresso.

Si può conseguentemente cambiare la disposizione delle apparecchiature e dei tavoli di lavoro, per sfruttare lo spazio liberato.

Quei manager che pensavano di dover costruire una nuova fabbrica per realizzare nuovi prodotti hanno scoperto, grazie alla strategia dei cartellini rossi, un’abbondanza di spazio disponibile nello stabile attuale.

Le basi per proporre la strategia del cartellino rosso ed indispensabili per la riuscita del progetto sono riassumibili:

Passo 1. Stabilire gruppi dedicati ai cartellini rossi rispondenti ai seguenti

criteri:

(27)

2. Se possibile, ci dovrebbe essere un numero di partecipanti sufficiente per poter

effettuare il red-tagging contemporaneamente per tutti i siti individuati,i gruppi dovrebbero essere composti indicativamente di cinque membri.

3. Una volta formati i gruppi, tra i membri si dovrebbe attuare una chiara divisione dei

compiti per gli specifici siti obiettivo dell’azione.

Passo 2. Applicazione dei cartellini.

Stabilire i destinatari dei cartellini rossi come mostrato nella seguente tabella (1.1):

Tabella 1.1

Passo 3

. Riunire e trasportare gli oggetti non necessari ed inutili.

Il punto di raccolta primario per gli oggetti etichettati di rosso (la Red-Tag Holding Area) dovrebbe essere specificato da chi si occupa della produttività dipartimentale, in base ad obiettivi e classificazioni di natura organizzativa.

Quando si è pronti per raccogliere e trasportare gli oggetti etichettati di rosso bisogna, radunare tutto ciò che è etichettato di rosso nel punto di raccolta primario entro 48 ore (cioè due giorni lavorativi) dall’inizio della messa in atto della strategia dei cartellini rossi.

Obiettivo Descrizione

Scorte

Materie prime, parti d’assemblaggio, scorte interoperazionali, prodotti semifiniti, ed altri oggetti legati alla produzione

Apparecchiature

Macchine, apparati produttivi, strumenti, strumenti di misura, carrelli, scorte, utilities, pallets

Spazio

Aree di svolgimento operazioni, camminamenti, scaffali, spazi adibiti al magazzinaggio

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Una volta che gli oggetti etichettati di rosso siano giunti al punto di raccolta primario, individuare i pesi individuali, i numeri, i volumi, l’occupazione di spazio sul pavimento, in accordo ad ogni obiettivo e classificazione dell’Organizzazione.

Passo 4

. Magazzinaggio ed eliminazione degli oggetti non necessari od inutili.

Trattare gli oggetti non necessari od inutili secondo criteri d’Organizzazione, come mostrato in tabella (1.2):

Tabella 1.2

Passo 5. Report e osservazioni sui risultati delle eliminazioni

Le “squadre cartellino rosso” forniscano a chi si occupa della produttività del reparto dei report riassuntivi delle “campagne cartellino rosso” e dei loro risultati.

Una volta che tutti gli oggetti etichettati di rosso siano stati opportunamente trattati, chi si occupa della produttività del reparto compila un report relativo ai risultati del trattamento, che include i punti seguenti:

- Un elenco degli oggetti etichettati di rosso;

- Una classificazione in base a criteri d’Organizzazione degli oggetti etichettati di rosso;

- Il peso (o il volume, o il valore) di ciò che è stato eliminato o venduto;

Classe Organizzativa

Trattamento

A) Inutile

Eliminazione, vendita, restituzione, dare in prestito all’esterno

B) Non necessario

Restituzione, prestito all’esterno, cambiamento di collocazione, applicazione dell’Ordine

C) Non necessario Restituzione, cambiamento di

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- Documenti generati durante il trattamento di ciò che è stato etichettato di rosso.

Chi è addetto alla produttività del reparto dovrebbe effettuare una riunione di presentazione di questo report.

Infine, si riportano le cinque chiavi che, secondo Hirano, rappresentano i punti fondamentali che portano al successo della strategia:

Figura 1.8 - Le cinque chiavi di Hirano

Chiave 1

:

Insegnare l’importanza delle 5S

Le 5S sono, per qualunque fabbrica, la chiave per la sopravvivenza nel lungo termine, la loro applicazione in modo proprio porta benefici smisurati in termini di qualità, produttività, e lead- time di consegna

(30)

Quindi è essenziale che chiunque – dai top manager agli operatori d’avanzamento-produzione – comprenda l’importanza delle 5S.

Chiave 2: Assicurarsi che chiunque comprenda il significato di Organizzazione

La semplice ridisposizione dei beni non necessari in gruppi più netti non vuol dire Organizzare, se le persone si sono limitate a fare questo, hanno bisogno di essere formate nuovamente, in modo brutale, organizzare significa eliminare tutto ciò che non è necessario.

Chiave 3: Il presidente della compagnia dovrebbe essere a capo del Consiglio

per la Promozione del Cartellino Rosso

La domanda iniziale (“Abbiamo già tentato di applicare la metodologia una volta,...”) rivela una scarsa fiducia – come se la strategia fosse stata un tentativo fatto da un piccolo gruppo di persone, che la considerassero una sperimentazione non impegnativa.

La strategia non sarà successo finché il presidente della compagnia non andrà di là di ciò, e non guiderà personalmente la Promozione del Cartellino Rosso.

L’organizzazione della strategia del cartellino rosso deve essere radicata nella gerarchia decisionale dell’azienda, e ricevere il sostegno della compagnia intera.

Chiave 4: Far affiggere i cartellini rossi da persone che non abbiano relazione

diretta con gli oggetti che ne siano destinatari

L’effettiva applicazione dei cartellini dovrebbe essere effettuata da gruppi costituiti da personale che non abbia collegamenti diretti con gli oggetti destinatari dei cartellini stessi, se la gente che lavora con tali oggetti o vicino ad essi dovesse effettuare l’etichettatura, il sentimentalismo la porterebbe ad evitare di sbarazzarsi di ciò che non è necessario (ad esempio, strumenti realizzati da tali persone, o macchine da esse usate in passato).

(31)

Chiave 5: Stabilire ed utilizzare osservatori delle 5S

L’Organizzazione è seguita dall’Ordine e dalle restanti “S”: Pulizia, Standardizzazione delle operazioni di pulizia, Disciplina.

Col procedere dell’applicazione delle 5S, dovrebbero essere nominati periodicamente, degli osservatori delle 5S, che ispezionassero i luoghi di lavoro e controllassero le condizioni delle 5S su una checklist.

E’ d’aiuto anche il fatto che il presidente della compagnia conduca ispezioni personali ogni tanto, tutto ciò ricorda efficacemente alle persone che siano ricadute nelle vecchie abitudini che bisogna mantenere operative le condizioni delle 5S.

E’ insolito che il fatto che la campagna non produca un’abbondanza d'oggetti etichettati di rosso, mentre su dieci compagnie, si stima che otto appongano un numero di cartellini superiore al previsto.

I maggiori ostacoli nell’applicare cartellini sono rappresentati dalla paura che siano rimossi oggetti la cui assenza causi, un domani, un fermo della produzione.

Il consiglio che si dà è di aderire in modo fermo ai criteri d’etichettatura, e lasciare che il domani vada come deve andare.

(32)

1.6 La Seconda Esse: Seiton.

La seconda delle cinque esse significa "ordine": non si dovrebbe mai mettere in ordine senza contemporaneamente organizzare, detto in altri termini, le prime due esse, Seiri e Seiton, sono inscindibili.

Figura 1.9 - Sistemare ed organizzare

Non importa quanto bene si ordini: si otterranno sempre risultati mediocri se molti degli oggetti messi in ordine saranno non necessari od inutili.

L’organizzazione richiede audacia e nessun sentimentalismo quando si tratta di sbarazzarsi di ciò che non serve.

Nessuna delle due “esse” porta granché se applicata singolarmente, invece, quando combinate insieme in una “Strategia d’Organizzazione e d’Ordine”, si può contemplare il reale valore di esse, ciò significa che Seiri e Seiton vanno messe in atto congiuntamente.

La definizione di “Ordine” è “il disporre gli oggetti utili in modo tale da facilitarne l’uso, ed etichettarli in modo tale da rendere facilmente individuabile da chiunque il luogo in cui sono riposti”.

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La parola chiave di questa definizione è “chiunque”, una volta che in un ambiente di lavoro sia stata messa in atto l’Organizzazione, in modo da eliminare ciò che non è necessario, bisogna Ordinare quel che è rimasto.

Ogni oggetto deve essere disposto in modo che chiunque possa vedere dove si trovi, possa facilmente prelevarlo, adoperarlo, e rimetterlo al posto che gli compete.

In altri termini, l’ordinare consiste nello strutturare le attività in modo tale da minimizzare gli sprechi dovuti a ricerche, a difficoltà riscontrate nell’uso degli oggetti e nel capire quale collocazione gli oggetti devono occupare quando non più utilizzati. Sia le fabbriche, sia gli uffici contemplano molto lavoro “di ricerca”, ad esempio, non è raro, per un riattrezzaggio macchina di tre ore, che, sul totale del tempo, 30 minuti vadano spesi in ricerche di varia natura: per reperire una chiave inglese, una brugola, un carrello, uno stampo.

Quando si tenta di ridurre drasticamente la durata di un riattrezzaggio (ad esempio, da tre ore a soli dieci minuti), chiaramente non si ha assolutamente tempo da spendere in ricerche.

Ordine è sinonimo di standardizzazione: quello della standardizzazione è indubbiamente un tema importante per le aziende.

Che cosa ci si può aspettare da un’isola di lavorazione in cui solo l’operatore A sappia come adoperare la macchina A, e solo l’operatore B sappia usare la macchina B?

Non molto, al contrario, ci si può ragionevolmente attendere di più da un’isola di lavorazione in cui qualsiasi operatore , anche uno che sia stato appena addestrato ,sappia usare tutti i macchinari contemplati, e la ragione di ciò va sotto il nome di “standardizzazione”.

Le fabbriche e gli uffici sono pieni di cose che debbono essere standardizzate (ad esempio, macchinari, operazioni, mansioni, ed informazioni di vario tipo).

Per poter convivere, le persone debbono rendere standard anche il proprio comportamento, anche se è vero che l’individualità va sempre preservata.

Tra tutti questi tipi di standardizzazione, l’Ordine è quello fondamentale: si tratta di standardizzare la collocazione dei vari oggetti.

(34)

Quando si pensa alla parola “standardizzazione”, subito deve venire alla mente un altro termine: “chiunque”, poiché la standardizzazione dei macchinari si persegue facendo sì che chiunque sia in grado di utilizzarli.

La standardizzazione delle operazioni si persegue facendo sì che chiunque sia in grado di portare queste ultime a termine.

In questo contesto, si pensa all’Ordine, la base della standardizzazione, in termini di come disporre le cose in modo che chiunque possa individuare dove un oggetto si trovi, possa agevolmente e velocemente prelevarlo ed utilizzarlo, e possa facilmente e rapidamente rimetterlo al proprio posto.

L’individuare dove le cose siano collocate (s'intende individuazione “a colpo d’occhio”) porta al concetto di Visual Control, di cui uno degli strumenti principali è la cosiddetta “Strategia delle Insegne” [Signboard Strategy], grazie alla quale chiunque può individuare con un’occhiata la collocazione degli oggetti.

Quando si riesce a far diventare la standardizzazione una forma di Visual Control, c’è un’unica collocazione possibile per ogni oggetto, e si può comprendere immediatamente se una certa operazione stia procedendo come dovrebbe o sia fuori specifica.

Per esempio, quando è previsto che la scorta interoperazionale tra due processi consecutivi sia pari ad un semilavorato, ci dovrebbe essere un cartello nel luogo dedicato, indicante “scorta pari ad un pezzo”.

Se capita di vedere in quel luogo due o tre pezzi, un’occhiata al cartello evidenzia immediatamente una qualche irregolarità, di solito si è in grado di ricondurre il problema alla sua causa, che potrebbe essere una parte mancante, un prodotto difettoso, o la rottura di una macchina.

(35)

Tabella 1.3

Una volta identificato il problema, annotatolo, ed immediatamente messo in atto un intervento di miglioramento delle condizioni, si può affermare che si sia attuato concretamente il concetto di “ordine visivo” (o Visual Control), e non si esagera nell’attribuirgli un’importanza fondamentale.

L’intervento per l’applicazione delle 5S ad una realtà produttiva di solito inizia con la “Strategia del Cartellino Rosso” (Red-Tag Strategy), che abbiamo già trattato precedentemente, ed in seguito si attua la “Strategia delle Insegne” [Signboard Strategy],metodologia che consente di mostrare chiaramente dove siano reperibili gli oggetti rivelatisi necessari al passo precedente.

La “Strategia della Vernice” [Painting Strategy] è un ulteriore metodo, che può essere applicato per i pavimenti ed i camminamenti, praticamente in contemporanea con l’applicazione della Signboard Strategy, consiste nel demarcare in modo differente i camminamenti e le aree di svolgimento operazioni.

Dapprima, si dovrebbero realizzare linee divisorie che separino camminamenti ed aree operative, assicurandosi di lasciare abbastanza spazio per i camminamenti. Le considerazioni chiave quando si delimitano i camminamenti sono la sicurezza ed il garantire la scorrevole zza del flusso produttivo.

Categoria

Obiettivi del mettere in ordine

Spazi Pavimenti, camminamenti, aree per lo svolgimento delle operazioni, pareti, scaffalature, magazzini

Prodotti

Materie prime, forniture esterne, componenti di macchine, scorte interoperazionali, parti da assemblare, semilavorati, prodotti finiti

Equipaggiamenti produttivi

Macchine, attrezzature, strumenti, utensili da taglio, strumenti di misura, stampi, carrelli, mezzi di trasporto, tabelle di lavoro, armadietti, sedie

(36)

Ci sono molte fabbriche che hanno il pavimento costellato di protuberanze o di buchi, è bene investire in riparazioni che livellino la superficie dei pavimenti.

La configurazione dei camminamenti è determinata in parte dal layout dei processi produttivi.

Dato che non si può sfuggire a tale limite, comunque bisognerebbe tentare di evitare di contemplare molte svolte e curve nei camminamenti, più svolte e curve ci sono, più aumenta il rischio di collisioni e di altri incidenti, questo è particolarmente vero quando in fabbrica vengono pilotati dei carrelli, essi sono un potenziale rischio, che richiede grande attenzione nella configurazione dei layout delle piste.

La strategia è detta “della vernice” perché in genere è la vernice il materiale usato per tracciare le linee divisorie, tuttavia, molte fabbriche optano per fogli in acrilico. Per quel che riguarda i colori, è meglio usare quelli più luminosi, che si vedono chiaramente anche in zone povere di luce.

Lo spessore delle linee dovrebbe essere compreso tra 5 e 10 cm, i 3 cm non sono abbastanza visibili, ed i 15 cm finiscono per occupare troppo spazio, ossia per costituire uno spreco, la dimensione più comune è un’ampiezza di 7 cm.

Le linee di demarcazione possono fare la differenza tra la vita e la morte negli stabilimenti che impiegano macchinari grandi e potenzialmente rischiosi, in tali contesti bisogna adottare e sostenere con forza lo slogan “Non oltrepassare la linea” [“Don’t cross the line” campaigns].

Dopo aver tracciato le linee di separazione tra i camminamenti e le aree operative, si possono iniziare a demarcare, all’interno di queste ultime, gli spazi destinati ad accogliere determinati oggetti, come scorte interoperazionali e carrelli.

Tali demarcazioni possono delimitare l’intero oggetto o solo i suoi angoli. Dato che le scorte interoperazionali tendono a subire variazioni ogni volta che si apportano cambiamenti al flusso di produzione, è meglio demarcare le aree ad esse destinate con materiale economico e facile da rimuovere.

Le linee “tigrate” possono essere adoperate come ausilio nella prevenzione di incidenti, naturalmente, la misura preventiva più efficace è rendere impossibile che le apparecchiature di lavoro invadano i camminamenti, ma se tali “invasioni” sono inevitabili, comunque le demarcazioni tigrate costituiscono una fonte di sicurezza in più.

(37)

L'insieme di queste tecniche sono utilizzate per creare e mantenere l'ordine all'interno dell'azienda.

L'ordine nei magazzini: le insegne sono lo strumento fondamentale per

l’ordine nei magazzini,in molte fabbriche le scorte sono impilate un po’ ovunque, il modo peggiore di ammucchiare scorte è l’impilare oggetti di tipologia diversa l’uno sopra l’altro, infatti, se c’è necessità di qualcosa che si trovi alla base, bisogna prima rimuovere tutto ciò che sta sopra.

Questa configurazione provoca molte perdite di tempo, tuttavia, anche il disporre di pile costituite da oggetti tutti dello stesso tipo può porre dei problemi: il primo oggetto stoccato non sarà il primo ad essere prelevato.

Il ricorso alla disciplina FIFO anziché alla LIFO aiuta a prevenire il deterioramento, ed, in generale, l’obsolescenza, delle scorte, e quindi limita la probabilità di difettosità dei prodotti finiti.

Uso efficiente dei mezzi di trasporto: ciò che chiamiamo “scorta” o “scorta interoperazionale” è in ogni caso qualcosa d'inattivo che risiede da qualche parte in fabbrica, questa sua condizione è detta “di conservazione”.

Se un oggetto è conservato, dovrà essere movimentato in un secondo tempo, ed il suo trasporto è una forma di spreco.

Ovviamente, l’ideale sarebbe eliminare qualsiasi movimentazione di beni conservati, quando ciò non è possibile, la cosa migliore da fare è il rendere il più semplice possibile la movimentazione delle scorte, delle scorte interoperazionali e degli altri oggetti conservati in fabbrica.

L'ordine nelle attrezzature e negli strumenti: questi differiscono dai

materiali e dai componenti per il fatto di dover essere riposti dopo l’uso, infatti, mentre i materiali ed i componenti vengono prelevati da qualche luogo, usati per realizzare il prodotto, e quindi impacchettati e spediti come parte del prodotto stesso, le attrezzature e gli strumenti vengono prelevati, adoperati, e quindi rimessi a posto per un loro uso successivo.

(38)

Questo fa la grossa differenza nel confronto tra le scorte di strumenti ed attrezzature e le scorte di materiali e parti.

Si hanno vari stadi nello sviluppo dell’ordine per le attrezzature e gli strumenti:

Figura 1.10 - Stadi nello sviluppo dell'ordine

Stadio 0 _ Nessun senso d’ordine [completo disordine]: in questo caso non si

considera il valore del rimettere a posto le cose: finito con l’oggetto in questione, lo si appoggia ovunque.

Così, quando c’è bisogno di qualcosa, è necessario spendere del tempo per cercarlo.

(39)

Stadio 1 _ Le attrezzature e gli strumenti sono raggruppati [ordine di facile

comprensione], in queste postazioni di lavoro le attrezzature, gli strumenti, gli utensili da taglio, gli stracci, e perfino le parti da mandare in produzione sono tenute nella medesima area. In questo modo, qualora un operatore abbia bisogno di qualcosa, almeno sa dove recarsi per iniziarne la ricerca.

Stadio 2 _ Visibilità del luogo in cui riporre attrezzature e strumenti [Easy-to-Confirm

Visual Orderliness], a questo stadio il personale ricerca una conferma visiva del luogo in cui riporre attrezzi e strumenti dopo averli usati, significa che sono stati adottati i seguenti metodi:

• Insegne: mostrano, in modo comprensibile a chiunque, dove vadano le cose.

• Parole chiave: “che cosa” [what] ed “in quale luogo” [where].

• Codifiche date dai colori: la codificazione colorata può essere usata per mostrare con chiarezza quali attrezzature e strumenti debbano essere usati per un dato fine.

Questo è quello che si dice Color-Coding Orderliness, per esempio, se su macchine differenti sono usati strumenti ed attrezzature differenti, si può associare un colore diverso ad ogni macchina, e quindi far corrispondere il colore della macchina a quello delle etichette poste sulle attrezzature e gli strumenti corrispondenti.

Tracciare i contorni degli oggetti [Outlining Orderliness], se non è chiaro dove riporre certe attrezzature o certi strumenti, non ci si può aspettare che l’ordine sia mantenuto a lungo, il tracciare il contorno degli oggetti sui loro pannelli di collocazione è un buon modo per mostrare a colpo d’occhio dove riporli esattamente.

Stadio 3 _ L’ordine è così semplice che gli operatori lo conoscono d’istinto: la parte

più pigra di noi preferirebbe poter appoggiare uno strumento e basta, senza dover trovare e raggiungere il posto che spetta ad esso.

(40)

Sulla base di questa considerazione bisogna fare in modo che la collocazione degli strumenti di lavoro si trovi il più possibile vicino al punto in cui tali strumenti trovano impiego: se possibile, porre gli strumenti in vicinanza della loro postazione d’uso, disponendoli in maniera tale da rendere semplice un loro corretto riposizionamento in seguito all’utilizzo, senza che l’operatore non debba nemmeno guardare.

Questo principio deve valere soprattutto per le operazioni di set-up, se per un set-up sono necessari più strumenti, è opportuno disporli nella stessa sequenza in cui sono impiegati.

Figura 1.11 - Ordine nelle attrezzature

Rendere gli accessi più ampi: nel Seiton s'incontrano gli stessi problemi che si presentano a chi cerchi di infilare un ago: la difficoltà più grande è la piccolezza della cruna, se fosse più ampia, inserirvi il filo sarebbe più semplice.

Stadio 4 _ L’utilizzo dello slogan “Lascia correre” nell’Ordine [“Just let go – we don’t

even have to return it”], in alcune postazioni di lavoro, quando gli operatori terminano, semplicemente non hanno la necessità di curarsi di riporre i propri strumenti.

(41)

In Giappone, dove sono ancora molto diffusi le piccole pescherie ed i negozi ortofrutticoli, alcuni venditori tengono i propri contenitori per il denaro appesi ad un elastico che è attaccato al soffitto.

Quando ricevono denaro da un cliente, afferrano il contenitore, v'immettono la somma, prelevano l’eventuale resto e rilasciano il contenitore, che, richiamato dall’elastico, torna immediatamente nella posizione originaria.

Questa stessa idea spesso viene applicata nelle linee d’assemblaggio: per esempio, su di una linea d’assemblaggio per autovetture, dove gli strumenti sono sospesi sulle teste dei lavoratori proprio come i contenitori del denaro nei piccoli negozi nipponici. Gli impianti d’assemblaggio dei prodotti elettronici di consumo spesso sospendono i cacciaviti elettrici nella stessa maniera.

Generalmente, l’ordine di tipo “Just let go” richiede un qualche dispositivo di bilanciamento o di sospensione, che mantenga gli strumenti il più vicino possibile al loro punto d'impiego.

Stadio 5 _ L’Ordine che elimina il bisogno di un’attrezzatura o di uno strumento: la

gente non è mai soddisfatta: dopotutto, cosa c’è di più semplice del non doversi curare di riporre uno strumento dopo averlo usato, sapendo che esso sarà lì a disposizione quando se n'avrà nuovamente bisogno?

La cosa più semplice sarebbe il riuscire, in qualche modo, ad eliminare la necessità dello strumento in questione.

Il numero d’attrezzature necessarie può essere ridotto eliminando la varietà degli strumenti (in altre parole, unificando gli strumenti stessi).

Il miglior ordine è quello che elimina la necessità di fare ordine, dopo di tutto, l’ordine deve essere sempre mantenuto.

La chiave per eliminare il bisogno di riordinare gli strumenti è l’eliminazione degli strumenti in questione, in altri termini, bisogna pensare alle modalità di esecuzione di una stessa operazione senza ricorrere allo strumento che attualmente risulta necessario.

Si può iniziare chiedendosi:

(42)

(2) quali siano le sue funzioni di base,

(3) se esista un modo alternativo di ottenere le stesse funzionalità senza ricorrere

allo strumento in questione.

Figura 1.12 - Esempi di tool free alternatives

Queste domande possono portare all’individuazione di alternative prive dell’uso di attrezzature [tool-free alternatives].

Seguendo questa linea di pensiero emergono quelle che sono la funzioni-base dello strumento: se la funzione-base è quella di ruotare un oggetto, forse esiste il modo di ottenere tale rotazione senza usare alcuno strumento, ad esempio, ci sono alcune operazioni di avvitamento e di chiusura nelle quali si possono rimpiazzare i cacciaviti e le chiavi meccaniche con impugnature o manici che rendono possibile una rotazione manuale tanto efficiente quanto quella tramite strumenti ad hoc.

(43)

L’ordine negli strumenti da taglio: la collocazione nel magazzino degli

utensili da taglio: s'identificano due tipi di magazzini siffatti:

− Centralizzati: tutti gli utensili sono tenuti nello stesso magazzino, controllato in

maniera centralizzata, questa è una soluzione da adottare nel caso di uso non frequente degli utensili.

− Decentrati: gli utensili da taglio sono conservati in un certo numero di luoghi,

ognuno dei quali di solito ospita solo quegli utensili che sono usati frequentemente e/o solo quelli che sono destinati ad una macchina particolare.

Come posizionare gli utensili da taglio, dopo aver individuato dove collocare il magazzino degli utensili da taglio, bisogna decidere come posizionarvi gli utensili stessi.

Come per i magazzini destinati alle parti di ricambio, le due possibilità tra cui scegliere sono:

- Metodo basato sulle funzioni: in questo caso si ordinano gli utensili in base alla funzione che svolgono, e si raggruppano assieme quelli con funzioni uguali o simili.

Questo metodo si confà maggiormente ai sistemi che realizzano produzioni unitarie (job-shop production).

- Metodo basato sul prodotto: in questo caso si dispongono gli utensili in base al prodotto per il quale devono essere utilizzati, si forma un gruppo separato per ogni prodotto, disponendolo preferibilmente sulla linea di produzione. Questo metodo è più adeguato per produzioni ripetitive.

Nel magazzinaggio degli utensili da taglio, quando s'immagazzinano tali utensili, bisogna prendere delle misure per proteggere i loro taglienti.

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I taglienti di trapani, perforatori, e simili non dovrebbero poter venire in contatto tra loro, per evitare questo, si possono usare oli antiruggine e scanalature che separino gli utensili.

Figura 1.13 - Esempi per l'immagazzinamento degli strumenti da taglio L’ordine negli strumenti di misura: poiché questi strumenti sono usati per

eseguire misurazioni di precisione, richiedono la massima cura nel maneggiarli e riporli, per esempio, dovrebbero essere sempre immagazzinati in modo da prevenire l’accumulo di sporco, polvere, o ruggine.

L’ordine nella lubrificazione: i tecnici della lubrificazione si spostano con

regolarità, per questo, un buon modo per prevenire la commissione di errori nel percorso di lubrificazione è l’applicazione dell’Ordine basato sulla codifica tramite colori [Color-coding Orderliness], che consiste nell’associare ad ogni operazione un colore.

Per attuare questa strategia è innanzitutto necessario identificare le diverse tipologie di operazioni di lubrificazione, in seguito, si assegna un colore diverso ad ogni tipologia, ed infine, ci si assicura che ogni luogo di lubrificazione e gli strumenti di lubrificazione corrispondenti ricevano la giusta codifica dei colori.

Figura

Figura 1.1 - Origine della TPM
Figura 1.2 - I pilastri della TPM  1)  Leadership;  2)  Organizzazione;  3)  Manutenzione autonoma;  4)  Miglioramento focalizzato;  5)  Manutenzione progressiva;  6)  Addestramento;  7)  Qualità;  8)  Amministrazione
Figura 1.3 - Schema Six Big Losses 1) GUASTI  2) SET-UP 6) START-UP 4) IDLE TIME 5) DIFETTI QUALITA'  3) LOW SPEED NON EFFICIENZA
Figura 1.4 – Obiettivi da raggiungere per le varie perdite  Zero 1) Guasti
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