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Constant – La libertà degli antichi e dei moderni

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Academic year: 2021

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Constant – La libertà degli antichi e dei moderni

da un discorso del 1819.

Voi vedete, Signori, che le mie osservazioni non tendono affatto a diminuire il valore della libertà politica. Io non traggo per niente dai fatti che vi ho dimostrato le conseguenze che altri ne traggono. Dal fatto che gli antichi fossero liberi, e che noi non possiamo più essere liberi come gli antichi, ne concludono che noi siamo destinati a essere schiavi. Essi vorrebbero costituire il nuovo stato sociale con un piccolo numero di elementi che affermano essere i soli adatti alla situazione del mondo attuale. Questi elementi sono dei pregiudizi per spaventare gli uomini, dell’egoismo per corromperli, della frivolezza per stordirli, dei piaceri volgari per degradarli, del dispotismo per guidarli, e, anche questo è necessario, delle conoscenze positive e delle scienze esatte per servire più avvedutamente il dispotismo. Sarebbe strano che questo fosse il risultato di quaranta secoli durante i quali il genere umano ha conquistato un numero sempre crescente di mezzi fisici e morali: io non posso pensarlo. Io traggo dalle differenze che ci distinguono dall’antichità delle conseguenze del tutto opposte. Non si tratta di indebolire la garanzia, ma di estendere il godimento. Non è alla libertà politica che voglio rinunciare; è la libertà civile che io reclamo, con altre forme di libertà politica. I governi non hanno più che in altre epoche il diritto di arrogarsi un potere illegittimo.

Anzi, i governi che hanno una derivazione legittima hanno meno di una volta il diritto di esercitare sugli individui una supremazia arbitraria. Noi abbiamo ancora oggi i diritti che abbiamo sempre avuto, quei diritti eterni di dare il consenso alle leggi, di deliberare sui nostri interessi, di essere parte integrante del corpo sociale di cui siamo membri. Ma i governi hanno nuovi doveri; il progresso della civiltà, i cambiamenti operati attraverso i secoli, impongono all’autorità un rispetto maggiore per le abitudini, per gli affetti, per l’indipendenza degli individui.

Essa deve operare in tutte queste materie con mano più prudente e più leggera. []

Ne deriva che l’esistenza individuale è meno assorbita dall’esistenza politica. Gli individui portano assai lontano i propri tesori; con questi, essi si prendono tutti i piaceri della vita privata.

Il commercio ha reso le nazioni più vicine, ha fornito loro usanze e abitudini che sono pressoché identiche; i capi di stato saranno pure nemici, ma i popoli sono compatrioti. Che il potere dunque si rassegni: noi abbiamo bisogno della libertà, e l’avremo; ma siccome la libertà di cui abbiamo bisogno è diversa da quella degli antichi, bisogna dare a questa libertà una organizzazione diversa da quella che avrebbe potuto convenire alla libertà antica; in questa, più tempo e più forza l’uomo consacrava all’esercizio dei suoi diritti politici, più si credeva libero; nel tipo di libertà cui siamo maggiormente sensibili, più tempo l’esercizio dei nostri diritti politici ci lascerà per i nostri interessi privati, più la libertà ci sarà preziosa.

Da ciò deriva, Signori, la necessità del sistema rappresentativo. Il sistema rappresentativo non è altro che una organizzazione attraverso la quale una nazione affida ad alcuni individui ciò che essa non può o non vuol fare da sé. Le persone povere fanno da sé i propri affari; gli uomini ricchi prendono degli amministratori. È la storia delle nazioni antiche e delle nazioni moderne. Il sistema rappresentativo è una procura data a un certo numero di uomini dalla massa del popolo, che vuole che i suoi interessi siano difesi e che tuttavia non ha il tempo di difenderli sempre da solo. Ma a meno che non siano insensati, i ricchi che hanno degli amministratori esaminano con attenzione e severità che questi amministratori facciano il loro dovere, che non siano negligenti o corruttibili o incapaci; e per giudicare della gestione di quei mandatari, i committenti che hanno qualche prudenza si mettono bene al corrente degli affari di cui gli affidano l’amministrazione. Parimenti, popoli che, per godere la libertà a loro più conveniente, ricorrono al sistema rappresentativo, devono esercitare una sorveglianza attiva e costante sui loro rappresentanti, e riservarsi, a scadenze non troppo ampie, il diritto di metterli da parte se hanno deluso le loro speranze e di revocare loro i poteri di cui avessero abusato.

Dal fatto che la libertà odierna si diversifica da quella antica deriva che è anche minacciata da un pericolo di diversa specie. Il pericolo della libertà antica era che gli uomini, attenti unicamente ad assicurarsi la partecipazione al potere sociale, vendessero a troppo poco prezzo i diritti e le soddisfazioni individuali.

Il pericolo della liberà moderna è che, assorti nel godimento della nostra indipendenza privata e nel perseguimento dei nostri interessi privati, rinunciamo troppo facilmente al nostro diritto di partecipare al potere politico. Coloro che detengono l’autorità non possono che spingerci a comportarci in questo modo. E sono anche disposti a risparmiarci tutte le preoccupazioni, tranne quelle di obbedire e di pagare! Ci verranno a dire: quale, in fin dei conti, è lo scopo dei tuoi sforzi, quale il motivo delle tue fatiche, l’oggetto di tutte le tue speranze? Non è forse la felicità? Bene, lasciaci badare a questa felicità e te la daremo. No, Signori, non

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dobbiamo lasciarglielo fare. Per quanto possa commuoverci una promessa così dolce, chiediamo alle autorità di contenersi entro i loro limiti. Si limitino ad essere giuste. Ci prenderemo per noi stessi la responsabilità di essere felici.

Potremmo mai essere resi felici da distrazioni, se queste distrazioni fossero prive di garanzie? E dove mai potremmo trovare delle garanzie se fossimo sprovvisti della libertà politica? Rinunciare ad essa, o Signori, sarebbe una follia simile a quella di chi, poiché vive soltanto al primo piano, non si preoccupi se la casa sia costruita sulla sabbia.

Inoltre, Signori, è proprio così evidente che la felicità, di qualsiasi tipo, sia l’unico scopo per l’umanità? Se fosse così, il nostro percorso sarebbe in verità angusto, e la nostra destinazione ben poco elevata. Non c’è nemmeno uno fra di noi che, se volesse degradarsi, tenere legate le proprie facoltà morali, volgere verso il basso i propri desideri, rinnegare l’attività, la gloria, le emozioni profonde e generose, potrebbe abbassarsi ed essere felice. No, Signori, mi faccio testimone della parte migliore della nostra natura, quella nobile inquietudine che ci spinge e ci tormenta, quel desiderio di ampliare la nostra conoscenza e sviluppare le nostre facoltà. Non solo verso la felicità ci chiama il nostro destino, ma verso l’impegno a svilupparci; e la libertà politica è il mezzo più potente, più efficace che il cielo ci ha dato per perfezionarci.

La libertà politica, sottoponendo a tutti i cittadini, senza eccezioni, la tutela e la valutazione dei loro interessi più sacri, amplia il loro spirito, nobilita i loro pensieri, e stabilisce fra di loro un genere di uguaglianza intellettuale che costituisce la gloria e il potere di un popolo. Guardate dunque come una nazione cresca con la prima istituzione che le restituisca l’esercizio regolare della libertà politica. Guardate i nostri concittadini di ogni classe e di ogni professione, come emergono dalla sfera dei loro soliti lavori e della loro privata industria, per trovarsi immediatamente al livello di importanti funzioni che le costituzioni conferiscono loro, e scegliere con discernimento, resistere con energia, sfidare le minacce, resistere nobilmente agli allettamenti. Guardate come un puro, profondo e sincero patriottismo trionfi nelle nostre città, resusciti i nostri più piccoli villaggi, pervada le nostre botteghe, ravvivi la nostra campagna, penetri gli spiriti giusti e onesti dei validi contadini e degli attivi commercianti con un senso dei propri diritti e della necessità di salvaguardarli; costoro, ammaestrati dalla serie di mali che hanno dovuto soffrire, e non meno consapevoli dei rimedi che tali mali richiedono, afferranno con un solo sguardo la Francia tutta, e, compiendo come nazione un atto di gratitudine, ripagano con il loro suffragio, dopo trenta anni, la fedeltà ai princìpi incarnati dal più illustre difensore della libertà [Monsieur de Lafayette, deputato della Sarthe].

Pertanto, Signori, lungi dal rinunciare all’una o all’altra delle due forme di libertà che vi ho descritto, è necessario, come vi ho mostrato, imparare a combinarle insieme. Le istituzioni … devono realizzare il destino della razza umana; esse possono conseguire il loro scopo al meglio se innalzano il maggior numero possibile di cittadini alla posizione morale più elevata.

L’opera del legislatore non è completa se egli ha semplicemente recato la pace alla gente.

Perfino quando il popolo è soddisfatto, c’è ancora molto da fare. Le istituzioni devono conseguire l’educazione morale dei cittadini. Rispettando i loro diritti individuali, assicurandone l’indipendenza, astenendosi dal turbare il loro lavoro, esse devono nondimeno proteggere come cosa sacra l’influenza che costoro esercitano sulle faccende pubbliche, chiedendo loro di contribuire con il loro voto all’esercizio del potere, garantendo loro il diritto di controllo e supervisione mediante l’espressione delle loro opinioni; e, formandoli per queste elevate funzioni tramite la pratica, dare loro tanto il desiderio quanto il diritto di eseguirle.

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