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Abstract- Dottorato in Storia- X Ciclo Candidato Dott. Andrea Marino

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Abstract- Dottorato in Storia- X Ciclo Candidato Dott. Andrea Marino

Dal Pentapartito a Forza Italia. La formazione del centro-destra in Italia 1994-2001.

Nel 1994 culminò la crisi del sistema politico e si aprì una nuova fase della democrazia in Italia. Nelle elezioni di marzo vinse il Polo delle Libertà. Forza Italia ottenendo il 21 per cento ed otto milioni di voti divenne il primo partito in Italia. Il suo leader, Silvio Berlusconi, veniva nominato presidente del Consiglio. Dopo cinquanta anni di sostanziale immobilità del sistema politico a guidare l’esecutivo ci sarebbe stato un partito nato solo pochi mesi prima.

La crisi del biennio 1992-93 aveva portato al dissolvimento delle forze politiche che avevano guidato l’Italia dal postfascismo. L’alleanza di pentapartito che aveva retto le redini del governo nell’ultimo decennio semplicemente non esisteva più.

Compariva Forza Italia, il movimento attorno al quale, Silvio Berlusconi, aveva costruito la coalizione che aveva sconfitto l’alleanza di sinistra.

Nei suoi quattordici anni di vita, Forza Italia, ha rappresentato la novità più consistente del quadro politico scaturito dopo la crisi e la fine della «Prima repubblica». Berlusconi è stato due volte presidente del Consiglio e il suo partito ha avuto sempre risultati elettorali eccellenti, radicandosi, con il passare del tempo, sul territorio, con migliaia di militanti ed amministratori. Elettoralmente Forza Italia ereditò, come è emerso dalle ricerche sui flussi elettorali, sempre con maggiore consistenza, il voto moderato e il radicamento territoriale che fu del pentapartito. A cui poi seguì anche un trasferimento dei gruppi dirigenti della vecchia maggioranza di governo. Partito in sordina, in periferia, attraverso le elezioni amministrative, è poi diventato un fenomeno rilevante anche a livello nazionale, soprattutto dopo il 2001. Nel contempo molti dirigenti nazionali artefici della “rivoluzione del ‘94”

invece, seguendo il percorso inverso, tornarono in provincia come sindaci e governatori. Tutto ciò rese naturale anche un ripensamento culturale di Forza Italia.

Dopo la prima fase, dove l’identità del partito si riduceva all’identificazione con il leader e al modello dell’efficienza aziendale, si aprì un dibattito più ampio sulle radici culturali del partito. Forza Italia da interpretare non più solo come il partito nuovo che interveniva a dare una risposta di trasparenza ed efficienza contro la partitocrazia, ma una forza politica con l’ambizione di raccogliere il meglio della tradizione di quei partiti politici. Un tentativo di ridare dignità a delle tradizioni politiche e a dei partiti che dagli anni Ottanta erano degenerati in comitati d’affari,

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dando vita a frequenti episodi di malgoverno e corruzione, ma che in precedenza avevano costituito il fulcro del riformismo italiano.

Forza Italia sembra essersi caratterizzata per il tentativo di ricucire lo strappo che avvenne nel biennio ’92-’93 tra società e potere politico. Dare rappresentanza dal Nord al Sud ad ampie fasce di popolazione, con enormi differenze geografiche e sociali, ma che cercavano una via d’uscita moderata al crollo dei partiti della «prima repubblica». La sinistra sottovalutò la complessità della sfida e lesse il fenomeno Berlusconi come l’avventurismo del singolo. C’era anche questo in Forza Italia, naturalmente le enormi risorse del leader erano parte del successo, ma la chiave di volta era da ricercare nella risposta moderata che offrì Forza Italia per uscire dalla crisi politica italiana aperta da tangentopoli. Per questo Forza Italia ha ereditato, senza difficoltà, gran parte dell’elettorato ed un importante numero di dirigenti del pentapartito.

Forza Italia ha posto, a nostro avviso, più che una discontinuità rispetto al precedente sistema politico, un’accelerazione nella persistenza. La personalizzazione dell’agire politico, la campagna elettorale accentrata sul leader, la creazione di un partito attraverso le proprie risorse personali, sono stati sicuramente elementi di novità per il sistema politico italiano, ma una rottura.

Questi fenomeni, come abbiamo visto, erano già in divenire, e per esempio avevano avuto in Craxi un anticipatore. Ma in tutta Europa oggi come ieri il partito personale e/o carismatico sembrava la risposta più efficace per non perdere il contatto tra politica e società, un ruolo che i partiti ormai stentavano a svolgere. È ovvio che la concentrazione di potere economico e politico che ha coinciso con l’esperienza di Forza Italia hanno costituito un unico difficilmente emulabile. Allo stesso tempo, però, emergono dalle ricerche anche degli evidenti elementi di continuità, anzi di persistenza tra Forza Italia e pentapartito. Quindi, la funzione di Forza Italia sembra essere stata quella di punto di incontro tra le forze di governo della «prima repubblica» che non volevano, che non potevano, che non riuscivano più a riformarsi a cui questo nuovo partito ha concesso un sbocco nella «seconda repubblica». In conclusione sembra congeniale una citazione da Andrea Graziosi: «La storia umana è una storia di persistenze, più che di continuità, oltreché di rotture».

Il racconto della nascita di Forza Italia sembra proprio questo, oltre la rottura della fine della «prima repubblica», è stata la storia di una continuità, anzi di più, di una persistenza.

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