UNIVERSITÀ DI PISA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA
CORSO DI LAUREA IN
SCIENZE E TECNOLOGIE GEOLOGICHE
Caratterizzazione geomorfologica ed evoluzione recente della pianura
costiera compresa tra Castiglioncello e Cecina (Livorno)
Relatore: Candidata:
Prof.ssa Maria Cristina Salvatore Francesca Biasci
Correlatore: Controrelatore:
Prof. Carlo Baroni Prof. Giovanni Sarti
INDICE
INDICE
INDICE
INDICE
RIASSUNTO ... i ABSTRACT ... iii INTRODUZIONE ... 1 1 – INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ... 3 2 – INQUADRAMENTO GEOLOGICO ... 12 3 – INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO ... 33 4 – MATERIALI E METODI ... 46 5 – RISULTATI ... 67 Settore occidentale ... 67 Settore centrale ... 97 Settore orientale ... 104 6 – CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ... 112 APPENDICE 1 ... 119 APPENDICE 2 ... 130 APPENDICE 3 ... 132 APPENDICE 4 ... 138 BIBLIOGRAFIA ... 140TAVOLE FUORI TESTO
Tav 1: Linea di riva del settore Punta del Lillatro - Pietrabianca
Tav 2: Linea di riva del settore Pietrabiaca – Pontile Vittorio Veneto
Tav 3: Linea di riva del settore Pontile Vittorio Veneto – Fosso Tripesce
Tav 4: Linea di riva del settore Fosso Tripesce – Punta del Tesorino
Tav 5: Linea di riva del settore Punta del Tesorino – Capo Cavallo
Tav 6: Linea di riva del settore Capo Cavallo – Fiume Cecina
ALLEGATO 1
Carta geomorfologica dell’area compresa tra Castiglioncello e Cecina (Livorno), scala 1:15.000
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RIASSUNTO
RIASSUNTO
RIASSUNTO
RIASSUNTO
L’obiettivo principale di questo lavoro di tesi è la caratterizzazione geomorfologica della pianura costiera compresa tra il promontorio di Castiglioncello e la foce del Fiume Cecina e la realizzazione, come prodotto finale, di una carta geomorfologica. Per quest’area le informazioni presenti in letteratura risultano frammentate e sparse in tanti singoli lavori che numerosi si concentrano tra gli anni ’70 – ’80 e che principalmente trattano argomenti concernenti la fascia costiera. Uno degli obiettivi del presente lavoro è quindi quello di offrire una visione d’insieme dei dati raccolti dalla letteratura e di estendere ad aree più interne lo studio della geomorfologia al fine di ottenere un quadro più completo dei processi che hanno operato e che operano tutt’ora nell’area di studio. Per il raggiungimento di questo obiettivo sono state adottate tecniche di indagine indiretta che hanno consistito nella raccolta ed analisi della letteratura esistente, nel reperimento di dati archeologici, nella ricerca ed acquisizione della cartografia storica e nel censimento di immagini telerilevate: fotografie aeree, immagini satellitari e Modello Digitale del Terreno (DTM), da cui è stato elaborato un hillshade. L’analisi fotointerpretativa multitemporale, multispaziale e multispettrale ha permesso il riconoscimento di elementi geomorfologici talvolta poco evidenti da rilievi sul terreno mentre l’hillshade, con il quale è stata accentuata l’altimetria e che ha una maggiore risoluzione rispetto alle tradizionali ortofotografie, ha permesso l’identificazione di elementi anche in presenza di una densa copertura vegetale e di elementi debolmente rilevati o depressi in aree prevalentemente pianeggianti. L’elaborazione dei dati, avvenuta in ambiente GIS, ha permesso la digitalizzazione tramite primitive geometriche e la creazione di un geodatabase geomorfologico. L’informatizzazione di tipo vettoriale ha permesso inoltre di eseguire valutazioni quantitative come la variazione lineare media ed il tasso di spostamento della linea di riva o l’estensione areale delle superfici dunari.
I risultati ottenuti sono stati riportati in una carta geomorfologica nella quale, sulla base della loro morfogenesi, si individuano tre settori: occidentale, centrale ed orientale. Nel settore occidentale, che si sviluppa parallelamente alla costa, le forme prevalenti sono quelle riconducibili alla genesi marina ed eolica, influenzate in parte dall’agente morfogenetico antropico e fra le quali risaltano la linea di riva, le dune ed i beach ridge. Il settore centrale, corrispondente alla zona retrodunale, è caratterizzato da una fascia che in passato è stata fortemente interessata da processi di tipo palustri. Infine, il settore orientale, il più vasto e più
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interno, dove i processi prevalenti sono stati e sono tutt’ora quelli fluviali ed in cui sono stati individuati numerosi morfotipi.
Il confronto tra dati geologici, geomorfologici ed archeologici ha permesso di attribuire età limite a depositi pleistocenici ed olocenici e ad alcune unità morfologiche dell’area che risulta insediata dall’uomo già a partire dalla preistoria. L’uomo, inteso come agente morfogenetico, si inserisce prepotentemente a partire dagli ultimi due – tre secoli ma soprattutto dal secondo dopo guerra a seguito del quale si è avuta un’intensa antropizzazione ed urbanizzazione del territorio, specialmente nel settore prossimo alla costa. L’identificazione nel settore orientale di un conoide alluvionale e di terrazzi convergenti fornisce importanti informazioni paleoclimatiche testimoniando infatti l’avvenimento, in passato, di variazioni climatiche. Infine, la costruzione di un geodatabase geomorfologico strutturato secondo parole chiave ha permesso la realizzazione di una carta geomorfologica le cui informazioni sono omogenee su tutto il territorio e di registrare i dati ottenuti da questo lavoro all’interno di una banca dati versatile che potrà essere aggiornata ed arricchita con informazioni provenienti da future ricerche.
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ABSTRACT
ABSTRACT
ABSTRACT
ABSTRACT
The purpose of present paper is the geomorphologic characterization of the study area, between the Castiglioncello promontory and the mouth of Cecina River, and to create a geomorphological map. The aim was achieved through indirect surveys such the analysis of historical maps, archaeological data, aerial photographs and Digital Terrain Model (DTM) generated from Lidar. The management in a GIS environment of the data collected it allowed the creation of geometric primitive and of geomorphological geodatabase. The vector data allowed quantitative analysis such as the shoreline erosion - accretion trends or the areal variation of the dune surface.
Results of this study identified based on their morphogenesis three sectors: western, central and eastern. In the western sector, that is parallel to the coast, the marine and aeolian morphotypes prevail but also the antropogenic agent is very present. The central sector, in the retrodunal zone, characterized until the recent past by palustrine processes. At last, the largest and innermost eastern sector where the fluvial processes always prevail.
The comparison between geological, geomorphological and archaeological data allowed to assign "limit age" to Pleistocene and Holocene deposits and to some morphological units of the study area that is established by humans since prehistoric times. Moreover, the identification of alluvial conoid and descending terraces it provides paleoclimatic and paleoenvironmental indication. Lastly, the building of geomorphological database allowed the production of geomorfophological maps whose information are homogeneus on the whole territory and to record all the information obtained from this work in a structured container according to key words and that it can be updated and enriched by future research.
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INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
La presente tesi propone la caratterizzazione geomorfologica della pianura costiera compresa tra il promontorio di Castiglioncello e la foce del Fiume Cecina e di realizzare, come prodotto finale, una carta geomorfologica di base ma con finalità anche applicative, che può costituire “uno strumento valido ed indispensabile per una adeguata politica d’intervento e per una corretta programmazione territoriale” (Gruppo di Lavoro per la Cartografia Geomorfologica, 1994).
Negli ultimi anni, l’attenzione da parte degli enti locali verso le tematiche di gestione e protezione del territorio è fortemente aumentata, anche nell’area di studio, che riveste un notevole ruolo in ambito regionale, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista ambientale, culturale e storico. A questo proposito sono stati promossi numerosi studi per una corretta pianificazione del territorio che, ad oggi, non può non tenere conto che alla necessità di una crescita socio – economica deve affiancarsi una efficace tutela e sostenibilità dell’ambiente circostante.
L’area in esame è stata oggetto di numerose indagini scientifiche, soprattutto negli anni ’70 – ’80, che hanno contribuito ad una maggiore conoscenza del territorio e hanno prodotto una grande quantità di informazioni anche se talvolta disomogenee nelle tecniche di indagine adottate. I dati in letteratura sono distribuiti in vari lavori, molti dei quali si concentrano sulla fascia costiera dove, negli ultimi decenni, è esploso in tutta la sua gravità un evidente impatto sull’ambiente. In quest’ottica, uno degli obiettivi principali del presente lavoro è quello di offrire una visione d’insieme dei dati raccolti dalla letteratura e di estendere ad aree più interne l’analisi geomorfologica, al fine di ottenere un quadro più completo dei processi che hanno operato e che operano tutt’ora nell’area.
Lo studio della geomorfologia nelle aree di pianura presenta talvolta delle problematicità per la difficoltà nel riconoscimento delle forme che l’intervento antropico modifica rimodellandole o addirittura cancellandole completamente. Se in passato questa pianura ha ospitato attività in buon equilibrio con l’ambiente, negli ultimi decenni lo sviluppo di numerosi insediamenti industriali e l’ampliarsi dei centri urbani hanno portato ad una progressiva modifica di gran parte dell’ambiente naturale. L’uomo, inteso come agente morfogenetico, si inserisce infatti prepotentemente a partire dagli ultimi due – tre secoli ma soprattutto dal secondo dopo guerra. Infatti, con la ricostruzione, si è avuta un’intensa
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antropizzazione ed urbanizzazione del territorio, specialmente nel settore prossimo alla costa.
L’approccio metodologico adottato in questa tesi per la caratterizzazione geomorfologica della pianura costiera in esame si basa prevalentemente sull’utilizzo di tecniche di indagine indiretta, in particolare fotointerpretative.
La disponibilità di un’ampia documentazione aerofotografica permette, infatti, sia la ricostruzione dell’assetto del territorio in differenti periodi storici, sia di riconoscere quelle forme più difficilmente percepibili da rilievi diretti. Per un’esaustiva caratterizzazione geomorfologica, oltre alla letteratura esistente, un contributo importante è dato dall’acquisizione e dallo studio di cartografie storiche che permettono di apprezzare con buon dettaglio le trasformazioni avvenute nel corso degli ultimi secoli.
Da diversi anni le pubbliche amministrazioni fanno ampio uso di Sistemi Informativi Geografici (GIS), anche open source, sia ai fini applicativi sia per rendere fruibili dati territoriali attraverso webgis. La possibilità di disporre di database territoriali gestibili in ambiente GIS rappresenta un potente strumento per una corretta gestione degli interventi da eseguire sul territorio. In quest’ottica risulta di particolare rilievo la possibilità di disporre anche di dati geomorfologici e morfocronologici, utilizzabili per definire le principali tappe dell’evoluzione recente (morfodinamica) dell’area costiera tra Castiglioncello e Cecina. La carta geomorfologica e il geodatabase geomorfologico rappresentano, pertanto, solidi strumenti di base da utilizzare in chiave applicativa anche per fini di pianificazione territoriale (Piani strutturali).
Questo lavoro di tesi vuole quindi fornire un contributo alla conoscenza dell’area compresa tra Castiglioncello e Cecina raccogliendo ed omogenizzando nuovi dati e informazioni già note, estendendo ad aree più interne l’analisi geomorfologica al fine di ottenere un quadro più completo dei processi che hanno operato e che operano tutt’ora nell’area di studio.
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– INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
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INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
L’area oggetto della presente tesi è situata nel settore centro meridionale della Toscana e ricade, per la maggior parte, nel territorio amministrativo dei Comuni di Rosignano Marittimo e di Cecina (provincia di Livorno) e solo per piccole porzioni nei Comuni di Castellina Marittima, Riparbella e Montescudaio (Provincia di Pisa, fig. 1.1).
Cartograficamente è individuata nei fogli N°284 sez. III “Rosignano Marittimo”, N°284 sez. II “Chianni”, N°294 sez. IV “Rosignano Solvay” e N°294 sez. I “Cecina” della Carta d’Italia IGM alla scala 1:25.000 e nelle sezioni della Carta Tecnica Regionale (CTR) alla scala di 1:10.000: 284130 “Castiglioncello”, 284140 “Rosignano Marittimo”, 294020 “Rosignano Solvay”, 294030
“Terriccio”, 294060 “Marina di Cecina Nord”, 294070 “Cecina” (fig. 1.2).
Figura 1.2. Le sezioni della carta tecnica regionale in scala 1:10.000 che ricoprono l’area di studio. (da Regione Toscana).
Figura 1.1. Province e Comuni ricadenti nell’area di studio (da www.regione.toscana.it, modificata)
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L’area di studio si estende in direzione NW – SE per una lunghezza di circa 13 km e ricopre una superficie di circa 73 km2. È delimitata a N dai Monti Livornesi, ad E dai rilievi collinari di Castellina Marittima, a S dall’abitato di Cecina e Marina di Cecina ed infine ad W dal Mar Tirreno.
Al suo interno ricadono diversi centri abitati tra cui i principali sono Cecina, Rosignano Solvay, Rosignano Marittimo, Vada e Castiglioncello, che, sebbene non abbiano un elevatissimo numero di residenti, vedono un importante aumento durante la stagione estiva per il notevole interesse turistico (tab. 1.1; fig. 1.3).
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CENTRI ABITATI POPOLAZIONE COORDINATE
ALTEZZA s.l.m.m. Rosignano Marittimo 3282 43°24’32.71” N 155 m 10°28’19.81” E Rosignano Solvay 16572 43°23’14.23” N 10 m 10°26’18.53” E Castiglioncello 3872 43°24’14.43” N 31 m 10°24’24.66” E Vada 5127 43°21’04” N 3 m 10°26'18.53” E Cecina 28027 43°18’30.66” N 11 m 10°31’07.86” E
Tabella 1.1. I principali centri abitati ricadenti all'interno dell'area di studio.
L’entroterra risulta meno urbanizzato rispetto alla fascia costiera la quale, nel corso degli anni, in particolare a partire dagli anni 50, è stata fortemente modificata e rimodellata a seguito degli interventi antropici legati alla realizzazione, oltre che degli insediamenti urbani, a quella degli stabilimenti balneari, dei numerosi moli, pennelli e opere di difese varie e di porticcioli e porti turistici, di cui il più recente è quello di Rosignano Solvay noto come “Cala De’ Medici”. Di notevole rilevanza è anche l’imponente polo industriale a cui fa capo la Società Solvay, che si estende per un’area di circa 2 km2 e che ha avuto un importante impatto sul territorio in questione, soprattutto nel tratto di litorale antistante.
L’area di studio è attraversata da diversi corsi d’acqua, tra i quali i principali, per estensione e portata, sono il fiume Fine e il fiume Cecina, dei quali solo una parte dei loro bacini idrografici ricade entro l’area di interesse (fig. 1.4).
Il principale corso d’acqua è il fiume Cecina, ubicato all’interno di una depressione allungata in direzione circa E – W, entro la quale fluisce per circa 80 km per sfociare in mare in prossimità dell’omonimo centro abitato. Il fiume si origina in prossimità delle Cornate di Gerfalco, in provincia di Grosseto, a circa 812 m di altitudine s.l.m.m. e segue un percorso che si sviluppa, dalla zona di testata fino all’altezza di Volterra in direzione SE - NW e poi in direzione W fino al mare (fig. 1.4). Il suo bacino idrografico, ampio circa 900 km2, è delimitato a Nord dalle alture di Riparbella, Montecatini e Volterra, ad Est dal crinale che va dal Monte Pilleri al Poggio di Montieri mentre a Sud lo spartiacque segue la dorsale delle Colline Metallifere.
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ll reticolo idrografico del Fiume Cecina presenta una marcata dissimmetria trasversale, con gli affluenti in destra idrografica più brevi ed a carattere torrentizio, a causa delle maggiori pendenze dei versanti, rispetto a quelli di sinistra che invece mostrano percorsi più lunghi e letti più ampi (Raggi e Bicchi, 1985).
Il regime di questo corso d’acqua è di tipo torrentizio con portate molto variabili che oscillano da un minimo di 0,01 m3/s ad un massimo di 1030 m3/s con periodi di lunghe magre durante i mesi caldi e abbondanti piene a partire dall’autunno (ARPAT, 2004).
Il fiume Fine, più piccolo rispetto al fiume Cecina ma con un’influenza maggiore sul litorale esaminato, si origina in prossimità dell’abitato di Santa Luce (PI), ha uno sviluppo di circa 29 km e sfocia in mare poco a sud di Rosignano Solvay.
Il suo bacino idrografico, contiguo in parte con quello del Fiume Cecina, occupa la depressione compresa fra i Monti Livornesi e la dorsale di M. Vaso, al confine fra le province di Livorno e Pisa (Raggi e Bicchi, 1985). Nei primi anni ’60 il corso d’acqua è stato sbarrato artificialmente ad opera della Società Solvay dando origine ad un bacino artificiale, il lago di Santa Luce, esteso per circa 1 km2. Utilizzato prevalentemente per uso industriale, nel 1995 il lago diviene un Oasi
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della LIPU e nel 2000 viene istituita la Riserva Naturale Provinciale del Lago di Santa Luce a seguito di un protocollo d'intesa fra Provincia di Pisa, Solvay Italia e LIPU.
Il Fiume Fine, il secondo per importanza nell’area esaminata, presenta un reticolo idrografico marcatamente asimmetrico: gli affluenti in destra rispetto a quelli in sinistra sono in numero nettamente minore, percorrono tratti ben più brevi, in direzione NO – SE, rispetto a quelli di sinistra, che si immettono nell’asta principale con direzione NE – SO, e che formano un reticolo idrografico più complesso (fig. 1.4).
Sia per il Fiume Cecina sia per il Fiume Fine, sono noti eventi di esondazione, ben documentate a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Per quanto riguarda il Cecina, le quote raggiunte sul livello medio del mare durante tali eventi sono indicate nelle targhe murate presso l’edificio del Molino a Fuoco (in località Mazzanta) ed in particolare sono:
- 29 settembre 1857 – 1, 40 m - 9 novembre 1907 – 1,69 m - 29 settembre 1930 – 1,60 m - 4 novembre 1966 – 0,91 m
Anche per il Fiume Fine sono note esondazioni, tra le quali si rammenta quella del 1° ottobre 1949 e il 10 ottobre 1993 a causa della quale si ebbero “linee ferroviarie tagliate, strade interrotte, interi paesi sotto due metri d'acqua”1.
1 GALATI FABIO – “Maltempo, ancora 3 morti la Toscana nella bufera”, la Repubblica, 9 Ottobre 1993, p. 20.
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Più a sud invece, tra il fiume Fine ed il fiume Cecina, si snoda un altro corso d’acqua completamente indipendente: il torrente Tripesce, che, sebbene sia un corso d’acqua minore, rientra, come anche i corsi principali, nel progetto di messa in sicurezza idraulica del Consorzio di Bonifica delle Colline Livornesi (fig. 1.5). Al fine di ridurre le conseguenze negative per il territorio, l’ambiente, le infrastrutture ecc. a seguito di eventi alluvionali, la Regione Toscana ha realizzato una “Mappa di Pericolosità da Alluvione” che ha come obiettivo quello di “rappresentare le aree potenzialmente interessate da alluvioni secondo gli scenari prestabiliti dal D. Lgs. 49/2010 art. 6” e che rappresenta la base per una corretto piano di gestione del rischio da alluvioni. In questa mappa, sia Il Fiume Fine che il Fiume Cecina, ricadono nella classe di pericolosità P3 di elevata probabilità di accadimento con tempo di ritorno compreso tra 20 e 50 anni” mentre il Fosso Tripesce ricade nella classe inferiore, P2 di media probabilità, con tempi di ritorno compresi fra 100 e 200 anni.
Oltre ai due corsi d’acqua principali, vi sono molti altri corsi che caratterizzano l’area, concentrati per la maggior parte nella zona più settentrionale (fig. 1.5). Questi si originano a partire dal limite orientale dello spartiacque che delimita il bacino del fiume Fine, e muovendosi in direzione NE – SO percorrono il loro tragitto incassati in strette incisioni fino a raggiungere il mare. Fra questi, i corsi d’acqua di maggior rilievo sono il Botro Iurco che si unisce al Botro Crocetta prima di arrivare al mare, così come il Botro Secco con il Botro Cotone ed infine, più a nord, il Botro Grande.
Tutta la piana costiera si caratterizza, infine, per lo sviluppo di una articolata e diffusa rete di fossi e canali artificiali, in particolare nell’area più prossima alla costa, realizzati a partire dal XVIII secolo, che costituiscono la rete drenante per il prosciugamento e la bonifica delle zone umide di Vada e del suo intorno.
L’area di studio interessa un lungo tratto di litorale la cui dinamica è governata dagli effetti di vari parametri meteomarini fra cui il moto ondoso. Quest’ultimo è controllato indirettamente dal regime anemometrico ed in particolar modo dal fetch ovvero quel tratto di mare sul quale il vento ha velocità e direzione costanti per un determinato periodo di tempo (Rapetti e Vittorini, 1974). Per definire quali siano i venti che più interessano il litorale si è scelto di utilizzare il settore di traversia determinato da Auterio e Milano (1979) e che comprende le direzioni estreme di 172° (tangente al Promontorio di Piombino) e di 323° (tangente al promontorio di Levanto). Le lunghezze di fetch più significative, indicate sempre
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dagli stessi autori, sono di 1010 km a 238°, 330 km a 263°, 180 km a 285° e 100 km a 323° (fig. 1.6).
I principali venti che generano il moto ondoso sono il Ponente, il Libeccio ed il Maestrale ed ognuno di questi frange lungo costa con direzioni ed energia variabili.
Figura 1.6. Stereogramma relativo ad un settore del litorale di interesse (Aiello et alii, 1981, modificata). Figura 1.7. Valori di fetch sul litorale (da Auterio e Milano, 1979, modificata).
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Le onde di Libeccio hanno una forte azione erosiva sul tratto di costa tra Bocca di Cecina e Punta del Tesorino, su quella oltre la zona de “I Catini” ed infine su quello antistante Rosignano Solvay (fig. 1.7).
Quelle di Ponente si infrangono sulle Secche di Vada all’altezza del Faro e della loro azione ne risente principalmente il litorale a Nord de “I Catini”, a sud di Punta del Tesorino, dove oltre che un’azione erosiva svolge anche un’azione di trasporto verso SE, mentre è protetta dal corpo centrale delle Secche il tratto di costa compresa fra Punta del Tesorino e “I Catini” (fig. 1.7). Infine, le onde di Maestrale, mostrano un angolo di incidenza massimo rispetto al litorale ed esercitano più che un’azione erosiva una di trasporto da NO a SE.
Per quanto riguarda le precipitazioni, i dati forniti da Bartoletti et alii (1985b) per il periodo compreso tra il 1969 – 1983 e basati sulle stazioni di Vada Bonifica, Polveroni e Terriccio, indicano un valore di precipitazioni medie di 753 mm, con un massimo di 981 mm nel 1976 ed
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un minimo di 606 mm nel 1982 (fig. 1.8). Queste informazioni trovano riscontro nel lavoro di Rapetti e Vittorini (2012) per i quali, sulla base dell’analisi delle precipitazioni per il periodo 1956-1985, l’area di studio è compresa fra le isoiete dei 700 e 800 mm.
I valori delle temperature medie sono riportati nella figura tratta da Bartoletti et alii (1985b) ottenuta con i dati raccolti tra il 1932 e il 1977 e che mettono in evidenza come le temperature diminuiscono mano a mano che ci si sposta verso l’interno, lontano dal mare risentendo quindi del rilievo (fig. 1.9).
Sempre gli stessi autori hanno elaborato i dati messi a disposizione dalla Stazione meteorologica della Società Solvay per l’arco temporale compreso tra il 1969 ed il 1983. La temperatura media annua è risultata di 15,1 °C con un massimo di 16,9 °C nel 1979 ed un minimo di 13,9 °C nel 1981. Questi dati sono in accordo con la “Carta climatica della Toscana” alla scala 1:250.000 di Rapetti e Vittorini (1974) dove, per l’area di studio, è indicata la temperatura media annua di 15 °C.
Figura 1.9. Distribuzione della temperatura media annua (isoterme al suolo) del periodo 1932 – 1977 (da Bartoletti e ali, 1985b, modificata).
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L’evoluzione geologica dell’area di studio è direttamente collegata a quella del suo bacino di appartenenza, noto come Bacino di Castiglioncello – S. Vincenzo. Questo bacino fa parte della cosidetta Toscana Costiera o Marittima la cui storia si inserisce nel contesto evolutivo dell’Appennino Settentrionale.
Quest’ultimo è il risultato di una tettonica polifasica che ha portato allo sviluppo di una catena a thrust e pieghe formatasi durante il Terziario in conseguenza della collisione, da W verso E, fra il margine del Continente Paleoeuropeo e la Microplacca Adria, promontorio nord – orientale del Continente Africano (Carmignani e Kligfield 1990; Carmignani et alii, 1993; Carmignani et alii, 1994; Elter e Sandrelli 1994; Carmignani, 2007). Questo edificio strutturale è costituito da una serie di unità tettoniche sovrapposte l’una all’altra: Unità Liguri Interne ed Epiliguri, Unità Subliguri, Unità Toscane non metamorfiche (Falda Toscana), Unità Metamorfiche e Unità Umbro – Marchigiane, tutte derivanti da domini paleogeografici diversi (fig. 2.1).
L’impilamento è avvenuto in due fasi compressive principali, in un periodo che va dal Cretaceo superiore al Miocene superiore:
- la “fase ligure”, durante la quale si assiste ad un raccorciamento connesso alla chiusura dell’oceano ligure – piemontese e, successivamente, alla collisione continentale tra la placca Sardo – Corsa e la Microplacca Adria che ha portato alla formazione di accavallamenti chilometrici e pieghe isoclinali;
- la “fase toscana”: ulteriori raccorciamenti caratterizzati da movimenti che hanno portato alla sovrapposizione delle successioni in origine più distanti dal continente africano su quelle più in prossimità di tale margine (Carmignani e Kligfield 1990; Boccaletti e Coli, 1983).
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A partire dal Miocene inferiore si è avuta anche una tettonica distensiva che ha portato all’assetto strutturale attuale della Toscana ad occidente dell’Appennino Settentrionale e allo smantellamento di quest’ultimo. In particolare, sono stati distinti due diversi eventi distensivi: durante il primo evento, riferito ad un intervallo di tempo compreso tra il Miocene inferiore ed il Miocene superiore, ha operato una serie di faglie dirette a basso angolo che ha portato alla elisione di forti spessori di successione stratigrafica nota con il nome “serie ridotta”; il secondo evento, iniziato a partire dal Miocene superiore, è collegato al processo di rifting dovuto all’apertura del Mar Tirreno che ha portato ad un’ulteriore estensione e allo sviluppo di faglie ad alto angolo, dislocando quelle già esistenti e portando alla formazione di un sistema tipo horst e graben in tutta la Toscana (Boccaletti et alii, 1980; Boccaletti e Coli, 1983; Carmignani et alii, 1993; Carmignani et alii, 1994). L’apertura di queste fosse tettoniche, allungate in direzione da N – S (le più antiche) a NO – SE (le più recenti), non si è verificata contemporaneamente ma si è sviluppata progressivamente da ovest ad est, verosimilmente seguendo la deriva verso NE della catena appenninica in rotazione antioraria (Boccaletti et alii 1980; Boccaletti e Coli, 1983; Elter, 1985). Questo sistema, che vedeva bacini di sprofondamento tettonico (Bacino del Tora – Fine, Bacino di Castiglioncello – San Vincenzo ecc.) separati da aree rimaste più o meno elevate (Monti Livornesi, Monti di Casciana – Chianni ecc..), è stato interessato dalla deposizione di sedimenti inizialmente fluviali e lacustri e, successivamente, di sedimenti marini.
I sedimenti quindi che si depongono nella Toscana Marittima, a partire da questo periodo, costituiscono il ciclo sedimentario Neoautoctono o, secondo la più aggiornata nomenclatura, la successione “Neogenica – Quaternaria del versante tirrenico dell’Appennino Settentrionale” (Mazzanti, 1983; Elter, 1985; Bossio et alii, 1993; Boschian et alii, 2006).
NEOGENE – QUATERNARIO
Lo sviluppo Neogenico – Quaternario che ha interessato la Toscana Costiera è stato in gran parte controllato dai movimenti tettonici distensivi post – collisionali con conseguenti variazioni del livello del mare. L’elemento che permette appunto la distinzione della Toscana Marittima da quella più interna, è un alto morfologico che comincia ad individuarsi a partire dal Miocene superiore e che rappresenta l’attuale Dorsale Medio Toscana. Questa ha
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costituito un elemento di separazione fra due aree, occidentale ed orientale, soggette poi ad una diversa evoluzione (Ambrosetti et alii, 1978) (fig. 2.2).
Nel settore occidentale, che rappresenta la Toscana Costiera, sono stati riconosciuti, all’interno del Miocene, quattro episodi principali:
Figura 2.2. Distribuzione dei principali bacini di sedimentazione formatisi in Toscana, nel corso del Pliocene e del Quaternario. In grigio sono indicate le aree emerse, in rigato i bacini di sedimentazione marina ed in puntinato i bacini continentali. a) faglie bordiere dei Graben; b) fasce trasversali di deformazione e/o discontinuità. Sigle dei Bacini: B.A.V.M.: Bacino dell'Alta Val di Magra; B.B.V.M: B. della bassa Val di Magra; B.S.: B. del Serchio; B.V.: B. della Versilia; B.M.: B. del Mugello; B.F.: B. di Firenze; B.V.E.: B. della Val d'Elsa; B.V.V.E.: B. di Volterra - Val d'Era; B.V.F.: B. della Val di Fine; B.B.V.C.: B. della bassa Val di Cecina; B.P.: B. di Piombino; B.C.: B. del Casentino; B.V.A.: B. del Val d'Arno; B. Ch.: B. di Chiusdino; B.V.T.: B. della Val Tiberino; B.V.C.: B. della Val di Chiana; B.S.: B. di Siena; B.R.: B. di Radicofani; B.G.: B. di Grosseto. Il Bacino di Castiglioncello - San Vincenzo ricade all'interno del Bacino della Bassa Val di Cecina (in Costantini et alii, 1982; modifcata).
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- Il primo rappresenta una fase di deposizione di sedimenti fluvio – lacustri e lacustri all’interno delle fosse tettoniche formatesi in seguito ad una tettonica distensiva. Il perdurare dell’attività di quest’ultima ha permesso lo sviluppo di una trasgressione marina ad Ovest della Dorsale Medio Toscana che ha visto il passaggio da un ambiente lacustre a quello marino marginale e, nell’area di studio, anche con sedimentazione carbonatica (Ambrosetti et alii, 1978; Bossio et alii, 1993; Pandeli et alii, 2010);
- Il secondo è un ciclo regressivo – trasgressivo. Secondo Bossio et alii (1993) in “conseguenza di un probabile eustatismo negativo che si è sovrapposto all’attività di subsidenza” si è sviluppata una fase regressiva che ha comportato l’emersione di alcune aree precedentemente sommerse e la precipitazione di evaporiti in alcune parti delle lagune più interne. Dopo questa fase, si ha una nuova trasgressione marina (Ambrosetti et alii, 1978; Bossio et alii, 1993);
- Il terzo è un nuovo ciclo trasgressivo – regressivo che vede inizialmente una marcata trasgressione marina che arriva ad interessare tutto il settore Ovest della Dorsale Toscana e si conclude con una drammatica regressione comportando la precipitazione di depositi evaporitici connessi alla crisi di salinità. Quest’ultima è dovuta all’isolamento del Mar Mediterraneo che ha portato ad un aumento di salinità e quindi al passaggio mano a mano ad un ambiente lagunare fino alla precipitazione di evaporiti (Ambrosetti et alii, 1978; Bossio et alii, 1993; Pandeli et alii 2010).
- Nel Messiniano superiore si ha il quarto episodio durante il quale nelle aree depresse si sviluppa una fase sedimentaria di tipo lago – mare caratterizzata dal passaggio da una facies di bassa salinità ad una fase con prevalenti bacini lacustri (Ambrosetti et alii, 1978; Bossio et alii, 1993; Pandeli et alii, 2010; Boschian et alii, 2006).
Nel Pliocene inferiore si ha il ripristino della circolazione fra Mar Mediterraneo ed Oceano Atlantico con lo sviluppo di una nuova trasgressione che raggiunge e sommerge quasi completamente la Dorsale Medio Toscana. Nel Pliocene medio - superiore si ha una regressione marina legata a sollevamenti di estensione regionale (epirogenesi) messi in relazione con una risalita di materiali ad alta densità che ha portato all’emersione dell’area continentale Toscana (Baldi et alii, 1994; Ambrosetti et alii, 1978; Elter, 1985; Lazzarotto, 1993; Bossio et alii, 1993).
Nel Pleistocene inferiore continua il sollevamento epirogenetico, interrotto da circoscritti episodi di sprofondamento in alcuni bacini, fra cui quello di Castiglioncello – San Vincenzo che
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inducono una trasgressione marina ed la deposizione di formazioni marino – salmastre. Lo spessore dei sedimenti, di alcune centinaia di metri (almeno 300 m nel sottosuolo di Rosignano Solvay), conferma lo sprofondamento tettonico del bacino mentre le quote a cui si ritrovano i sedimenti della base trasgressiva, comprese fra i 150 m e i 250 m, indicano il sollevamento successivo alla loro deposizione (Ambrosetti et alii, 1978; Mazzanti, 1983; Bossio et alii, 1993; Federici e Mazzanti 1995).
Nel Pleistocene medio – superiore si registra una serie di cicli marino – continentali lungo il litorale tirrenico. In tutta la Toscana Marittima sono stati riconosciuti uno o più terrazzi del Pleistocene medio e Pleistocene superiore caratterizzati da ampie spianate di abrasione al di sopra delle quali, localmente, sono stati individuati sedimenti di spiaggia in sottili livelli. Questi depositi terrazzati sono caratterizzati da spessori di poche decine di metri, al contrario delle formazioni sedimentarie del Pleistocene inferiore di più ampia potenza (Mazzanti, 1983; Bossio et alii, 1993; Federici e Mazzanti 1995). Sia i terrazzi del Pleistocene medio sia quelli del Pleistocene superiore sono ritenuti policiclici, poichè caratterizzati da più cicli sedimentari ed erosivi, che vanno a costituire un’unità morfologica entro la quale Federici e Mazzanti (1995) individuano due terrazzi distinti (<Terrazzo I> e <Terrazzo II>). I depositi più antichi sono disposti a quote maggiori rispetto a quelli più recenti e testimonierebbero sollevamenti tettonici pleistocenici. Il terrazzo del più basso stadio pleistocenico viene correlati dai medesimi autori alla glaciazione Würm durante la quale il mare ha raggiunto il minimo assoluto, almeno 120 m più basso rispetto alla quota attuale (Ambrosetti 1978; Mazzanti, 1983; Bossio et alii, 1993).
Al termine di questo periodo glaciale comincia una fase trasgressiva nota come “trasgressione versiliana” (Blanc, 1937; Mazzanti, 1983; Bossio et alii 1993). Questa risalita eustatica non è stata sempre continua, ma sarebbe stata interrotta da due brevi periodi di inversione individuati intorno a 6500 e 3500 anni fa, con un abbassamento del livello del mare di 2 metri al massimo. È possibile poi che si siano verificate altre inversioni di piccola entità in corrispondenza dei cambiamenti climatici che hanno interessato l’emisfero boreale (Mazzanti, 2000; Mazzanti, 2006).
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INQUADRAMENTO GEOLOGICO DELL’AREA DI STUDIO
L’area di studio ricade in varie sezioni della carta geologica regionale in scala 1:10.000 e cioè le sezioni 284130 “Castiglioncello”, 284140 “Rosignano Marittimo”, 294020 “Rosignano Solvay”, 294030 “Terriccio”, 294060 “Marina di Cecina Nord”, 294070 “Cecina”. I criteri con cui sono state realizzate le sezioni del foglio 284, da parte dell’Università di Pisa, e quelle del foglio 294, da parte dell’Università di Firenze, sono diversi tra loro: l’Università di Pisa ha applicato un criterio prettamente litostratigrafico, mentre l’Università di Firenze ha distinto i depositi quaternari con unità stratigrafiche che definiscono sintemi o UBSU (Unconformity –
Bounded Stratigraphic Units). Le carte così prodotte non sono pertanto direttamente
correlabili tra di loro. Nella sezione 294020 il Pleistocene risulta suddiviso in due sintemi: il “Sintema del Fiume Cecina” che va dal Pleistocene inferiore - finale al Pleistocene superiore ed il “Sintema di Casale Marittimo” che invece rappresenta il Pleistocene inferiore. Ciascuno di essi è suddiviso poi in più subsintemi. Nella sezione 294030 invece il Pleistocene è accorpato tutto in un unico sintema definito ancora come “Sintema del Fiume Cecina”, che ricopre tutto il periodo dal Pleistocene inferiore al superiore, al suo interno sono stati ulteriormente distinti vari subsintemi.
Nelle sezioni 294060 e 294070 le nomenclature utilizzate sono invece diverse. Vi è un sintema definito come “Sintema 1” che nella sezione 294060 contiene due subsintemi, il “Subsintema 1a0” riferito al Pleistocene medio ed il “Subsintema 1a” riferito al Pleistocene medio - finale mentre nella sezione 294070 sempre lo stesso sintema include al suo interno vari subsintemi tutti relativi al Pleistocene medio.
Secondo Sarti e Guidi (2005) “l’utilizzo delle UBSU nel rilevamento dei depositi quaternari della Toscana nella fascia costiera tra Livorno e Piombino, secondo l’accezione rigorosa, non è di facile adottabilità, sia per la bassa qualità e quantità degli affioramenti sia, più in generale, perché le discontinuità che separano le diverse unità, soprattutto se di origine non prettamente continentale ma litorale o di transizione, non sempre sono chiaramente identificabili (e dunque visibili) in affioramento”. Secondo tali autori sembrano di miglior applicabilità le Unità Allostratigrafiche (UA) che “hanno come requisito fondamentale la tracciabilità su base cartografica delle discontinuità che le delimitano, e possono, inoltre, avere un’estensione locale e non necessariamente regionale”.
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Il Continuum Geologico realizzato dalla Regione Toscana è il risultato di un lungo lavoro che ha visto la creazione di una nuova banca dati geologica omogenea per tutto il territorio regionale eliminando le varie disomogeneità presenti fino ad ora nelle carte prodotte nell’ambito del progetto CARG (www.regionetoscana.it).
Nonostante il Continuum Geologico presenti dati omogenei per tutto il territorio, fornisce comunque informazioni semplificate e generali dovute ai vari accorpamenti che si sono resi necessari, soprattutto per quanto riguarda il Pleistocene, che comprende buona parte del substrato dell’area di studio. Una proposta di suddivisione, secondo il criterio delle UA, è quella di Sarti e Guidi (2005) che hanno definito una serie di raggruppamenti in unità inconformi dei depositi pleistocenici, suddividendoli in 7 UA numerate dalla più giovane alla più antica.
Per fornire un quadro esaustivo ai fini della presente tesi circa sulla storia pleistocenica che interessa buona parte dell’area di studio, si è fatto riferimento anche alla ricca bibliografia esistente (Mazzanti, 1983; Bartoletti et alii, 1985a; Bossio et alii, 1993; Mazzanti, 2000; Boschian et alii, 2006). Inoltre, si è ritenuto opportuno consultare anche la “Carta geologica del Comune di Rosignano Marittimo” di Bartoletti et alii (1985) e la “Carta geologica della Bassa Val di Cecina“di Mazzanti e Sanesi (1984), entrambe realizzate alla scala di 1:25.000, che in proporzioni variabili ricoprono l’area di interesse.
I dati forniti dalla letteratura insieme al Continuum Geologico hanno quindi rappresentato una solida base di partenza per l’individuazione della natura geologica del substrato quaternario (fig. 2.3; fig. 2.4).
L’area in esame risulta caratterizzata - sulla base di quanto precedentemente descritto - sia dalla tettonica regionale Cenozoica e Quaternaria sia dalle variazioni eustatiche legate a mutamenti climatici globali. Tutto questo ha portato alla formazione di vari bacini di sprofondamento che, soprattutto nella Toscana Costiera, sono stati interessati dall’alternarsi di varie trasgressioni e regressioni.
L’area di studio è ubicata all’interno di uno di questi bacini, quello di Castiglioncello – San Vincenzo, caratterizzato per la maggior parte dai depositi neogenici – quaternari.
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Figura 2.3. Carta geologica derivata dall'unione della "Carta geologica del Comune di Rosignano Marittimo” di Bartoletti et alii (1985) e della “Carta geologica della Bassa Val di Cecina“ di Mazzanti e Sanesi (1984).
20 Legenda Carta Geologica
Figura 2.4. La legenda della carta geologica (da Bartoletti et alii (1985) e Mazzanti e Sanesi (1984),
modificata).
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A partire da Punta del Lillatro fino alla foce del fiume Cecina e procedendo dal mare verso Est, si trova una fascia di depositi olocenici costituiti da sedimenti di spiaggia e depositi eolici (dune) e, nelle zone retrodunali, da sedimenti di tipo palustre e di colmata.
Muovendosi ancora verso Est, tali sedimenti lasciano il posto alle successioni marino – continentali pleistoceniche che caratterizzano la quasi totalità dell’area di studio (fig. 2.5). Dapprima si incontrano le più recenti Sabbie rosso – arancio di Donoratico che si estendono, oltre che verso oriente, anche nella parte più settentrionale e che costituiscono la copertura del Terrazzo II con parte della << Panchina >> di Castiglioncello affiorante lungo il litorale, da Sud a Nord, da Punta del Lillatro fino a Caletta. La linea di riva della trasgressione olocenica passa su questo “terrazzo” dividendolo in una parte sommersa ed in una ancora emersa. Questi depositi del Pleistocene superiore si attestano “base contro base” ai depositi del
Pleistocene medio cui appartengono le Sabbie Rosse di Val Gori, un deposito eolico che sormonta le formazioni geologiche più profonde sulle quali è incisa la spianata del Terrazzo I. Queste si estendono verso le zone collinari e mano a mano lasciano il posto a loro volta alle altre formazioni, sempre appartenenti al Complesso Neoautoctono, ma di cui si hanno affioramenti frammentari e di estensione minore.
Nella parte settentrionale gli affioramenti sono più differenziati e mostrano passaggi tra varie formazioni di età diverse ed appartenenti anche a differenti Complessi Strutturali. Presso Villa Casamarina, nel promontorio di Castiglioncello, il Terrazzo II sormonta le formazioni geologiche del Dominio Ligure, in particolar modo le Argille a Palombini. In corrispondenza e nell’intorno dell’abitato di Rosignano Marittimo si osservano i depositi appartenenti al Complesso Neoautoctono, ed in particolare i sedimenti marini pre – evaporitici e quelli lacustri Figura 2.5. Sezione geologica schematica dei dintorni di Vada. 1: Calcareniti e sabbie di Grotti; 2: Sabbie rosse di Val di Gori; 3: Calcareniti sabbiose di Castiglioncello del primo ciclo del Tirreniano, Sabbie rosso - arancio di Donoratico; 4: Calcareniti sabbiose del secondo ciclo del Tirreniano, sabbie rosso – arancio eolico – colluviali; 5: limi fluviali e palustri; 6: lido; 7: depositi lagunari; 8: dune attuali e depositi recenti della trasgressione olocenica. (Da Federici e Mazzanti, 1995, modificata).
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post – evaporitici, in alternanza alle formazioni più antiche appartenenti al Complesso del Dominio Ligure. Quest’ultimo è rappresentato sia dal substrato ofiolitico che dalla sua successione sedimentaria; il primo affiora in corrispondenza dell’abitato di Rosignano Marittimo e nei dintorni ed è rappresentato dai Gabbri (che si ritrovano anche lungo il promontorio di Castiglioncello), dai Filoni di basalto nei Gabbri e dai Basalti, quest’ultimi in netta prevalenza; il secondo da piccole lenti di Diaspri e Calcari a Calpionelle ed in maniera più estesa dalle Argille a Palombini che si rinvengono principalmente nella parte settentrionale dell’area di studio procedendo da Rosignano Marittimo verso l’abitato di Castiglioncello dove, come già detto in precedenza, sono in parte ricoperte dalla trasgressione del Pleistocene superiore.
DESCRIZIONE DELLE FORMAZIONI E DEI DEPOSITI
Il paragrafo descrive le formazioni riportate sulle carte geologiche di riferimento che ricadono all’interno dell’area di studio. Queste sono suddivise a seconda dei Complessi Strutturali di appartenenza e riportate in ordine cronologico di deposizione, dalla più antica alla più recente (fig. 2.3; fig. 2.4).
DOMINIO LIGURE
Σ – Serpentiniti – Giurassico
Queste rocce ultrabasiche derivate dal processo di serpentinizzazione delle peridotiti affiorano su una parte del versante meridionale del Poggio Ginepraia e nella zona più elevata di Castiglioncello.
Γ – Gabbro – Giurassico
Affiorano lungo la costa del promontorio di Castiglioncello (fig. 2.6). Presentano un certo grado di metamorfismo polifasico: una prima fase caratterizzata da temperature elevate e bassa pressione (metamorfismo di “fondo oceanico”); una seconda fase intermedia che si è manifestata attorno alle microfratture; infine una terza fase di grado più basso che si è sviluppata in vene (Bartoletti et alii, 1985a).
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Δ – Diabase – Giurassico
Con questo termine si intende un particolare tipo di basalti in cui i pirosseni hanno subito un processo di uralitizzazione (i pirosseni originari si sono trasformati in uralite). Questi affiorano nel fianco orientale ed occidentale del colle di Rosignano Marittimo, sia con strutture massive sia come basalti a pillows e talvolta come brecce (Bartoletti et alii, 1985 ).
ΓΔ – Filoni di diabase in gabbri e serpentiniti – Giurassico
Si tratta di filoni di spessore fino a 3 – 4 metri ad andamento frequentemente subparallelo. Data l’assenza di deformazioni relative alla fase metamorfica di alta temperatura che ha
Figura 2.6. Gabbro lungo il promontorio di Castiglioncello.
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interessato i gabbri. Bartoletti et alii (1985a) suppongono che la loro messa in posto sia successiva a quest’ultimi. Affiorano nel versante meridionale del colle di Rosignano Marittimo (fig 2.7).
g – Diaspri – Giurassico superiore
È la prima formazione costituente la copertura sedimentaria del substrato ofiolitico. È formata da rocce sedimentarie in sottili strati (massimo 10 cm) quasi sempre di colore rosso, talora alternati a sottili livelli argillitici – marnosi (Bartoletti et alii, 1985a). Questa Formazione è nota anche come “Radiolarite” poiché al suo interno si ritrovano radiolari, dei microrganismi unicellulari a scheletro siliceo tipici di un ambiente marino profondo.
c1 – Calcari a Calpionelle – Cretaceo inferiore
Formazione costituita da calcilutiti grigio chiare, ben stratificate in strati medi o spessi, con rare intercalazioni di argilliti e marne di piccolo spessore più frequenti al passaggio con la formazione sovrastante delle Argille a Palombini. L’ambiente di deposizione è marino profondo (Bartoletti et alii, 1985a). Nell’area di studio vi sono modesti affioramenti sparsi nella zona settentrionale.
c2 – Argille a Palombini – Cretaceo inferiore
È la formazione più estesa e di spessore maggiore fra quelle che formano la copertura sedimentaria del substrato ofiolitico. Questa poggia in concordanza al disopra dei Calcari a Calpionelle ed è costituita da un’alternanza di strati di argilliti, da grigio scure a nere in strati da medi a spessi, e strati, sempre da medi a spessi, di calcilutiti e calcilutiti silicee, talvolta con la base calcarenitica. L’ambiente di sedimentazione è quello marino profondo (Bartoletti et alii, 1985a). Queste affiorano lungo il bordo settentrionale dell’area di studio.
c5 – Argilloscisti varicolori del Fortulla – Cretaceo superiore
Questa formazione riunisce al suo interno strati di litotipi diversi. In prevalenza vi sono strati di argille rosso – verde a cui si intercalano livelli marnosi – arenacei e livelli di radiolariti nere. Nella parte inferiore di questa formazione, fra le varie intercalazioni, compaiono anche livelli calcarenitici. Affiora all’interno del Botro Crocetta come un sovrascorrimento (Bartoletti et alii, 1985a).
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SUCCESSIONE NEOGENICO – QUATERNARIA
Formazione Calcare di Rosignano – Miocene superiore
Si tratta di un insieme di litologie nel quale prevalgono culciruditi e conglomerati insieme a calcari biocostruiti a coralli ed alghe rosse. L’assetto di questa formazione è sia massiccio che stratificato con fossili presenti in abbondanza. Questi affiorano in corrispondenza dell’abitato di Rosignano Marittimo (fig. 2.8) ed in corrispondenza del promontorio di Castiglioncello. La formazione è suddivisa in 4 membri:
m1 –Conglomerati delle Cantine: si tratta di conglomerati a ciottoli ben arrotondati contenuti in abbondante matrice calcarea. È un sedimento depostosi in ambiente costiero nella fase iniziale di una trasgressione (Bartoletti et alii, 1985a; Bossio et alii, 1993).
m2 – Calcari dell’Acquabona: facies di scarpata di scogliera con sequenze di calcareniti bioclastiche stratificate – impalcature di Coralli (Porites) – banchi di biocalciruditi (Bossio et alii, 1993).
m3 –Conglomerati di Villa Mirabella: conglomerati costituiti in prevalenza da materiali divelti dal substrato direttamente sottostante legati da una matrice nella quale sono presenti croste carbonatiche indicative di acque sovrasature. I tipi litologici dei clasti passano da una prevalenza dei calcari ad ofioliti. L’ambiente di sedimentazione è
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considerato di tipo deltizio con possibilità di ripetute variazioni fra il fluviale emerso e quello di prodelta sommerso (Bartoletti et alii, 1985a).
m4 –Calcari di Castelnuovo: sono di ambiente lagunare – marino caratterizzato da una biocostruzione discontinua in patch reef (piccole scogliere isolate) che ha portato alla formazione di calcari a Porites (Coralli) e alghe corallinacee associati a calciruditi (Bartoletti et alii, 1985a; Bossio et alii, 1993; Sarti, 1995).
m5 – marne e marne argillose – Miocene superiore
Questa formazione è caratterizzata da una stratificazione in sottili lamine che si alternano da più calcaree a più argillose nella parte inferiore mentre nella parte superiore la stratificazione è più grossolana e lascia il posto a marne siltose e sabbiose. La sua deposizione non è stata continua, ma interrotta e ripresa più volte. L’ambiente di sedimentazione va da un ambiente marino, con le ultime fasi privo di ossigenazione ed iperalino, a quello continentale con acque dolci (Bartoletti et alii, 1985a). Queste affiorano ai piedi di Rosignano Marittimo.
q1 – Conglomerati di Villa Magrini – Pleistocene inferiore
Conglomerati eterogenei eterometrici i cui clasti provengono dalle formazioni liguridi sottostante con matrice sabbiosa e sabbioso – marnosa e con spessori modesti. Sono di ambiente marino a ridosso di falesia e rappresentano un livello basale del ciclo trasgressivo pleistocenico inferiore (Bartoletti et alii, 1985a). Compaiono presso Castiglioncello a Villa Magrini, alle Case Trik-Troi e in prossimità del Botro Crocetta.
q2 – Sabbie e argille ad Artica – Pleistocene inferiore
Questa formazione è stata definita in tempi più recenti come “Formazione di Morrona” (Boschian et alii, 2006). È costituita in prevalenza da argille, più o meno sabbiose, in cui si ritrovano i resti del lamellibranco Artica Islandica che ne assicura un’età pleistocenica (Bartoletti et alii, 1985a; Bossio et alii, 1993). Gli affioramenti sono piuttosto esigui e si ritrovano lungo il corso del Botro Crocetta e in destra del Fiume Fine.
Secondo Sarti et alii (2007), che hanno studiato in un’area limitrofa, l’età di questa unità litostratigrafica andrebbe ringiovanita sulla base dei contenuti fossiliferi costituiti sia da ospiti freddi, come Artica Islandica, sia di coralli tipici di acque temperate – calde.
q3 – Calcari sabbiosi di Montescudaio – Pleistocene inferiore
Calcari detritici più o meno ricchi di frazione sabbiosa ed a varia cementazione; nella parte basale compaiono spesso delle marne siltose bianche ed intercalazioni di sabbie grossolane
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(Boschian et alii, 2006). Il paleoambiente da cui deriva questa formazione è marino di acque poco profonde (Bossio et alii, 1985; Bossio et alii, 1993). Questa formazione rappresenta la fase conclusiva del primo cuneo sedimentario del Pleistocene Inferiore nel Bacino di Castiglioncello – San Vincenzo (Boschian et alii, 2006).
Il nome di questa formazione è stato successivamente cambiato in “Calcari di Montescudaio” da Boschian et alii (2006) e successivamente in “Arenarie e sabbie di Montescudaio” da Sarti et alii (2007). Quest’ultima denominazione si basa sulle osservazioni fatte dagli autori durante il rilevamento nell’ambito del progetto CARG, secondo i quali, in un’area limitrofa a quella del presente lavoro, la frazione rilevante in questi depositi è quella silicoclastica ed il grado di cementazione è dovuto principalmente a cause secondarie (percolazione di carbonato di calcio dalle formazioni sovrastanti). Una conseguenza di questa osservazione è che il limite inferiore finora considerato per questa formazione era basato su un criterio non valido (cambiamento nel grado di cementazione), per cui, la parte bassa di questo litotipo viene incoporata nella formazione precedente (Sabbie ed argille ad Artica) mentre la parte alta va a costituire le “Arenarie e sabbie di Montescudaio” vere e proprie con un età ringiovanita.
q4 – Conglomerati di San Marco – Pleistocene medio
Si tratta di conglomerati con clasti eterogenei ed eterometrici piuttosto arrotondati di elaborazione fluviale. La parte inferiore del deposito è caratterizzata da ciottoli di dimensioni mediamente maggiori, con presenza di cemento carbonatico mentre verso il tetto passa a strati di un’argilla marnosa grigio – chiara (Bartoletti et alii, 1985a). L’unità affiora in destra al Fine, nei pressi del Podere San Marco.
q5 – Calcareniti sabbiose, sabbie e conglomerati di Bibbona – Pleistocene medio
Questi sono indicati attualmente con il nome “Formazione di Bibbona”. In questa formazione, di spessore modesto, si possono riconoscere gli ambienti di mare sottile, di spiaggia e di duna rappresentati da conglomerati (generalmente ciottoli molto appiattiti), calcareniti e sabbie con strati piano paralleli ed incrociati (Bossio et alii, 1993; Mazzanti e Sanesi,1986; Boaschian et alii, 2006). Questi affiorano a SE dell’area di studio.
q5 – Panchina di Grotti – Pleistocene medio
Il nome di quest’unità è stato sostituito da Dall’Antonia et alii (2005) in “Formazione di Casa Saracino” in quanto il toponimo <Grotti> risultava già in uso. La sigla q5, utilizzata anche per la “Formazione di Bibbona”, sta ad indicare l’identità della posizione stratigrafica riconosciuta da
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Bossio et alii (1993). Questa formazione è costituita da una calcarenite sabbiosa laminare (Bartoletti et alii, 1985a) ed affiora in destra al Fine, nei dintorni della località Le Fabbriche, ed in sinistra, in corrispondenza di Casa Argine. La loro deposizione indica un ambiente di retro spiaggia dominato dall’attività eolica (Boschian et alii, 2006).
q6 – Sabbie e ciottoli delle Spianate – Pleistocene medio
Questa formazione nel corso degli anni è stata indicata con vari nomi. Grazie alla descrizione del luogo dell’affioramento riportato in Bartoletti et alii (1985a) “ai due lati del Botro Quercetano, fra la Ragnaia e Casa Casina, a quote comprese fra 70 e 165 m”, ripreso con le medesime parole da Branchetti et alii (2012) se ne deduce che tale formazione prende attualmente il nome di “Conglomerati di Villa Battaglia”. Questi sono noti anche come Conglomerati di Villa Umberto I (Giannelli et alii, 1982) o come Conglomerati di Villa Corridi (Boschian et alii, 2006). Sono dei conglomerati mal classati, rivestiti da croste carbonatico - arenacee, i cui clasti provengono dalle formazioni appartenenti al Dominio Ligure. L’ambiente di formazione è deltizio (Bartoletti et alii 1985a).
q7 – Sabbie rosse di Val di Gori – Pleistocene medio
Questa formazione, che giace al di sopra della spianata di abrasione del Terrazzo I, è composta prevalentemente da sabbie di colore rosso, più o meno vivo, e da una notevole quantità di matrice argillosa. Lo spessore è vario, da pochi metri fino a 20 metri, in quanto la sua sedimentazione si è impostata su un substrato morfologicamente molto inciso. Il paleoambiente è di tipo continentale, dove l’agente principale è stato quello eolico misto a colluviale, con alcuni episodi di esondazioni torrentizie testimoniate dalla presenza dei livelli conglomeratici indicati in carta come “ciottoli nelle sabbie”, di conseguenza la loro deposizione non è avvenuta in un’unica fase. Il colore rossastro è dato da processi pedogenetici che hanno mobilizzato i minerali ferromagnesiaci. (Mazzanti, 1983; Bartoletti et alii, 1985a; Mazzanti e Sanesi, 1986; Bossio et alii, 1993). Questa formazione affiora in modo esteso verso il bordo orientale dell’area di studio; altri affioramenti si hanno nella parte più settentrionale, ai piedi dell’area collinare, ed in sinistra al fiume Cecina, nei pressi dell’omonimo paese.
q8 – Calcareniti di Castiglioncello – Pleistocene superiore
Questa formazione, appartenente al Terrazzo II e nota anche con il nome di << Panchina >>, è costituita da banchi di calcareniti grossolane e medie ben cementate alternate a livelli di
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Sabbie rosso – arancio di Donoratico. I banchi calcarenitici hanno spessori che variano da 0,5 metri a 2 metri con una stratificazione sia piano parallela che incrociata. Lo spessore di questa Formazione diminuisce progressivamente da Castiglioncello fino alla piana di Rosignano Solvay – Vada.
I livelli di Panchina intercalati ad altrettanti livelli di Sabbie rosso – arancio di Donoratico sono stati rispettivamente associati alle tre fasi di trasgressione glacioeustatica del Tirreniano e alle successive fasi di continentalizzazione per cui il paleoambiente di formazione si è alternato fra litorale di spiaggia (strutture laminari incrociate di piccole dimensioni), di duna eolico (sedimentazione incrociata di dimensioni ampie) e/o colluviale (Bartoletti et alii, 1985a; Bossio et alii, 1993). La Panchina affiora lungo tutto il litorale compreso tra Villa Casamarina e la Punta del Lillatro e sul Promontorio di Castiglioncello (fig. 2.9; fig. 2.10).
q9 – Sabbie rosso arancio di Donoratico – Pleistocene superiore
Sono sabbie massive di spessore mediamente decametrico, caratterizzate da un comune colore rosso - giallastro e prive di strutture interne. Sono il risultato di una sedimentazione continentale di ambienti diversi, ma contigui: eolici, colluviali e alluvionali (quest’ultimi indicati in carta come “ciottoli nella sabbia”. Al contrario delle Sabbie Rosse di Val Gori, queste sono caratterizzate da alterazioni pedologiche di scarsa entità (Mazzanti, 1983; Bartoletti et alii, 1985a; Mazzanti e Sanesi, 1986). Costituiscono la copertura del Terrazzo II e
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rappresentano l’ultimo episodio sedimentario che si è esteso su una vasta superficie della piana di Rosignano – Vada.
DEPOSITI OLOCENICI
di – DISCARICA – Olocene
Si tratta di accumuli artificiali di diverso tipo, come la discarica (ora in disuso) vicino al mare, in prossimità dello stabilimento Solvay o i ravaneti delle cave di Migliarino.
d – DETRITI – Olocene
Rappresentano coltri superficiali di detriti di più tipi litologici. In comune hanno la caratteristica di non presentare esplicitamente la natura del meccanismo di deposito di conseguenza vengono indicati in questa classe indifferenziata.
st – AREE IMPALUDATE SECONDO LE CARTE DEL XVIII SECOLO
Queste aeree sono state riportate sulla base di una carta storica denominata “Pianta regolare della Tenuta di Vada” relativa al 1786 e redatta da Gioacchino Rossini.
t – SEDIMENTI PALUSTRI, ALLUVIONALI E DI COLMATA – Olocene
Questi depositi sono costituiti da limi, limi argillosi e sabbie fini limose talora con livelli organici e sono presenti nelle zone retrodunali dove il deflusso delle acque verso mare era impedito dai cordoni dunali stessi provocando un allagamento delle aree morfologicamente più depresse della pianura, successivamente bonificate, in gran parte, per colmata.
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a - ALLUVIONI – Olocene
Sono i depositi delle attuali valli fluviali e costituiti principalmente da ghiaie immerse in una matrice sabbioso – argillosa. I corpi alluvionali di maggiore estensione si hanno in corrispondenza dei corsi d’acqua principali, il Fiume Cecina ed il Fine (Bartoletti et alii, 1985a).
s - SPIAGGIA – Olocene
Sono i sedimenti di spiaggia attuali, costituiti da sabbie da medie a fini, e che si ritrovano lungo il litorale dalla Punta del Lillatro fino alla foce del Fiume Cecina dove mostrano le estensioni maggiori (fig. 2.11). Piccole spiagge poi, dette anche pocket
beaches, si rinvengono nelle baie intagliate lungo la costa di tipo roccioso a nord dell’area di
studio.
sd – DUNE– Olocene
Questi sono sedimenti eolici che vanno a costituire depositi di duna ovvero accumuli di sabbie sollevate dai litorali sabbiosi e sospinte nell’entroterra fino a quando non sono fermate da un ostacolo. Queste dune, costituite da un sistema più recente esterno ed uno interno più antico, bordano parallelamente il litorale da Punta del Lillatro fino alla foce del Cecina. La carta di Bartoletti et alii (1985) riporta inoltre le dune di Monte alla Rena e dei Cannottieri, piccoli depositi eolici più interni attualmente non più presenti.
cd – CONGLOMERATI DI SPIAGGIA – Olocene
Questi affiorano parallelamente al litorale, in prossimità della foce del Fiume Fine, e si estendono per circa 600 m. È costituito da una serie di ciottoli appiattiti di tipica rielaborazione marina all’interno di una matrice sabbiosa. Questo sedimento corrisponde quindi ad un’antica linea di riva (Bartoletti et alii, 1985a).
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at – ALLUVIONI TERRAZZATE
Sono formate da depositi alluvionali costituiti da ciottoli e ghiaie immersi in una matrice sabbioso – argilloso. La differenza fra le alluvioni attuali è limitata alla disposizione in terrazzi le cui spianate e le cui basi si trovano a quote diverse da quelle delle alluvioni attuali (Bartoletti et alii, 1985a; Mazzanti e Sanesi, 1986).
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– INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO
La zona esaminata nella presente tesi è caratterizzata, dal punto di vista altimetrico, da una limitata fascia collinare e da una vasta area pianeggiante (fig. 3.1).
La zona collinare delimita il settore settentrionale dell’area tra il promontorio di Castiglioncello, con quote intorno agli 80 m s.l.m.m., e l’abitato di Rosignano Marittimo, con quota massima di 160 m s.l.m.m.. Questo settore è caratterizzato da una successione di vallecole nelle quali fluiscono piccoli corsi d’acqua che raggiungono il mare tra Castiglioncello e Rosignano Solvay.
Una fascia pedecollinare borda il limite SE dell’area di studio le cui quote massime raggiungono la curva di livello dei 50 m s.l.m.m..
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La maggior parte del territorio rientra nell’ampia piana costiera di Cecina e Rosignano, caratterizzata da blande variazioni altimetriche, che ospita i terrazzi di Rosignano Solvay – Vada, descritti da Mazzanti (1985a) e Federici e Mazzanti (1995); e la fascia di colmate, spiagge e dune costiere che caratterizzano gran parte del litorale.
Secondo Mazzanti (1985a) l’area, apparentemente pianeggiante, è di fatto costituita da una successione di superfici terrazzate: “le più recenti più basse e a debolissima inclinazione, quelle via via più antiche un poco più elevate e ad inclinazioni sempre deboli ma un po’ più accentuate”. La posizione del limite verso monte di questi terrazzi è rappresentata da “paleocoste” sepolte e segnalate da rotture di pendio. La posizione del più recente Terrazzo II rispetto al più antico Terrazzo I è marcata da una scarpata che si sviluppa per circa 1 km tra il R. Crocetta fino alla località La Fornace, in destra del fiume Fine, e tra Casa Vallone fino ad al Torrente Tripesce, in sinistra del Fiume Fine (fig. 3.2).
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Un’altra paleofalesia, posta a quote minori e meno evidente, è segnalata tra il Podere il Diaccio e il Podere Vallescaia e separa l’area dei terrazzi dalla pianura olocenica (Mazzanti,1985a). Il litorale, nei suoi 15 km di lunghezza tra Castiglioncello alla foce del fiume Cecina, presenta e alterna settori con costa alta rocciosa, con costa bassa rocciosa e costa bassa sabbiosa. Procedendo da Nord, tra il Promontorio di Castiglioncello e Villa Casamarina, troviamo una costa alta e rocciosa (fig. 3.3) costituita dai gabbri delle ofioliti giurassiche (ad eccezione di Punta Righini costituita da calcari miocenici) che costituiscono un substrato resistente all’abrasione marina, e dalle “Argille a Palombini”, che presentano una risposta all’erosione marina diversificata. Gli strati argilloscistosi sono di facile asportazione mentre quelli calcarei, molto fratturati, tendono ad evolvere per crolli, i cui accumuli vanno a formare una protezione naturale all’arretramento della falesia (Mazzanti, 1985a).
Da Villa Casamarina, proseguendo ancora verso Sud fino alla Punta del Lillatro, la costa è ancora rocciosa ma bassa e frastagliata, costituita dalla “Panchina” pleistocenica (fig. 3.4), ampiamente descritta da Mazzanti e Parea (1977).
Lungo tutto questo tratto di costa rocciosa si aprono delle piccole insenature (Portovecchio, Porticciolo, Caletta, Crepatura, Lo Scoglietto) che presentano al fondo una “spiaggia a tasca” (pocket beaches) sabbiosa – ghiaiosa la cui composizione indica una provenienza diretta da erosione della costa (Gandolfi e Paganelli, 1975; Mazzanti et alii, 1977).
Figura 3.3. Le principali baie lungo la costa alta rocciosa (da http://www.pcn.minambiente.it/PCNDYN/catalogowms.jsp?lan=it)
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Da Punta del Lillatro fino a Bocca di Cecina, il litorale è caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa. Questo non ha una falcatura regolare ma presenta delle sporgenze in corrispondenza di Punta Catena e Punta del Tesorino – Capo Cavallo diversamente interpretate dagli Autori: secondo Aiello et alii (1981) e Mazzanti (1985a) sono dovute alla rifrazione delle onde sul settore centrale e più elevato delle antistanti “Secche di Vada” mentre per Griselli (1940) rappresentano gli antichi aggetti deltizi dei fiumi Fine e Cecina (fig. 3.5; fig.3.6). Secondo Benvenuti et alii (2008) il tratto di litorale compreso tra Punta del Tesorino e Capo Cavallo costituisce parte dell’antico delta del Fiume Cecina, che solo alla fine del XVI secolo avrebbe assunto l’attuale configurazione (si rimanda al Capitolo 5 “Risultati” per un maggior approfondimento).
Figura 3.4. Il litorale nel tratto di costa bassa e rocciosa (da http://www.pcn.minambiente.it/PCNDYN/catalogowms.jsp?lan=it)