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Modello di calcolo per la struttura esistente ed analisi dinamica modale

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Capitolo 3

Modello di calcolo per la struttura esistente ed

analisi dinamica modale

3.1 Ulteriore studio della struttura e prove in situ

Dopo aver completato la fase di rilievo, la quale ha dato la possibilità di avere gli elaborati architettonici aggiornati e una maggiore conoscenza delle dimensioni effettive degli elementi portanti verticali ed orizzontali, si è passati ad un’analisi più dettagliata per estrapolare i dati e le conoscenze utili per definire con accuratezza il modello di calcolo.

Questa fase è stata caratterizzata dallo studio delle armature di pilastri e travi poiché nelle relazioni di calcolo degli anni ’60 erano presenti solo poche indicazioni su alcune parti della struttura. Qualche indagine, quindi, è stata necessaria per avere un riscontro sulla metodologia utilizzata per armare gli elementi, riportata nelle relazioni originali ma solamente accennata in alcuni casi.

3.1.1 GLI ELEMENTI PORTANTI E PORTATI

Il principale problema nello studio degli elementi portanti è stato la presenza di molteplici tipologie diverse di sezioni utilizzate. Per gli elementi verticali sono state adoperate ben 27 tipologie diverse di sezioni, variando da quella di dimensioni minori ossia 20x40cm a quella di dimensioni maggiori ossia 30x90cm; per la travi, invece, sono stati adoperati 33 tipi diversi di sezioni che variano dalla più piccola di dimensioni 20x20 cm a quella più grande di dimensioni 60x100cm.

Si può dedurre quindi la complessità della struttura che sommata alla scarsità delle conoscenze a disposizione, ha portato ad un’analisi elaborata ed articolata del telaio resistente del fabbricato.

Dal “calcolo di massima delle principali strutture” presente nei documenti ufficiali, si sono estrapolati alcuni dati importanti che hanno permesso di ipotizzare con una discreta precisione l’effettiva armatura presente negli elementi.

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Dal sopracitato documento risalente al Dicembre del 1958, si evince che i pilastri, appartenenti ad esempio al secondo piano, di sezione 25x40cm sono stati armati con 4 barre da 10mm di diametro (

ϕ10) e staffati con barre da 6 mm di diametro (ϕ

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disposte con passo 12,5 cm; l’approccio progettuale, ovviamente, è stato

quello di armare una pilastrata, che si sviluppasse dal piano seminterrato fino

in sommità, con un’armatura più differenziata, meno consistente al crescere

dei piani. Ai piani superiori, infatti, la stessa sezione 25x40cm risulta armata

con ferri di diametro 12mm, 14mm e 16mm rispettivamente ai piani primo,

terra e seminterrato. Altre informazioni sono presenti sulle sezioni 25x25cm

armate con 4

ϕ12 al piano secondo e con 4

ϕ16 al piano primo; la sezione

35x35cm risulta armata con 4 ϕ18 al piano terra e la sezione 40x40cm con 4

ϕ20. Per le travi, un esempio di sezione è la 30x40cm che risulta essere

armata con 4

ϕ12 nella zona inferiore e 2

ϕ10 superiormente; si trovano

indicazioni poi sulla sezione di una trave 30x60cm armata con 5

ϕ16

inferiormente e 2

ϕ12 nella zona superiore. Le travi sono staffate in genere

con le barre di diametro 8mm disposte ad un passo di 20 cm.

Tali indicazioni hanno permesso di interpretare la metodologia utilizzata per armare gli elementi resistenti e quindi calcolare un rapporto medio tra area di calcestruzzo e area di acciaio per barre, il quale è stato adoperato per ricavare ed ipotizzare l’armatura presente negli elementi di cui si conosce, dal rilievo eseguito, la sezione ma non la percentuale di barre effettivamente presente.

Per quanto riguarda i solai sono stati utilizzati per la parte resistente dei CELERSAP 12 con peso proprio di 105 kg/mq, raggiungendo un’altezza totale di 25cm considerando l’isolamento,il massetto di ripartizione, il pavimento con sottofondo ed intonaco sottostante; il peso totale del solaio compreso di carico accidentale pari a 300 kg/mq è di 655 kg/mq; il solaio di copertura invece è di 800 kg/mq (700 kg/mq di peso proprio compreso del controsoffitto pesante e 100 kg/mq di accidentale).

Dalle relazioni originali si sono estrapolate le composizioni delle tamponature utilizzate per i fabbricati. In particolare si hanno le indicazioni relative ai pesi al metro quadrato delle pareti in mattoni pieni ad una testa dello spessore di 12cm e pari a 190 kg/mq, delle pareti in mattoni forati in foglio dello spessore di 8 cm e pari a 90 kg/mq ed infine delle pareti doppie dello spessore di 20cm con mattoni pieni ad una testa e forati in foglio con intonaco da entrambe le parti pari a 320kg/mq.

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Infine per quanto riguarda la scale, si hanno indicazioni sui pesi delle solette rampanti a ginocchio pari a 900kg/mq (comprensivo di soletta armata alta 15cm, il marmo di rivestimento ed il sovraccarico accidentale pari a 400kg/mq) e sui pesi del solettone armato che funge da cordolo pari a 1150 kg/mq (comprensivo di soletta armata alta 30cm e sovraccarico accidentale pari a 400kg/mq).

3.1.2 I MATERIALI UTILIZZATI E PROVE IN SITU

Per quanto riguarda i materiali si hanno informazioni piuttosto precise sull’acciaio adoperato per armare gli elementi. Dalle relazioni di calcolo infatti si evince che l’acciaio per barre adoperato è il FeB32k caratterizzato da una tensione di rottura non inferiore a 490 N/mm2, da una tensione di snervamento non inferiore a 315 N/mm2 e da un allungamento di rottura non inferiore al 23%. Tale tipo di acciaio per barre è anche tipico delle costruzioni in cemento armato dell’epoca.

Per quanto riguarda il conglomerato cementizio, si è ritenuto opportuno effettuare un controllo con alcune misurazioni sclerometriche per avere dati più affidabili per la definizione del modello sul programma di calcolo.

Lo sclerometro è, come noto, finalizzato ad accertare la resistenza meccanica a compressione cubica del calcestruzzo o, talvolta, della muratura ma anche di rocce. A tale scopo lo strumento è corredato da più curve di correlazione indice di battitura - resistenza meccanica determinate sperimentalmente, che variano in funzione della direzione d'uso dello sclerometro (orizzontale, verticale verso il basso, verticale verso l'alto, ecc) che, attraverso una serie di curve, consentono di risalire dalla durezza dell'elemento alla resistenza a compressione del materiale.

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Le misurazioni sclerometriche, per il padiglione oggetto dell’analisi, sono state effettuate per 3 o più pilastri per piano; per ogni elemento analizzato è stata condotta la misurazione individuando una maglia quadrata con 9 o più punti in modo da ricavare dati che non siano falsati dalla presenza di qualche barra o inerte grossolano. Le superfici su cui lo sclerometro effettuava i colpi con la massa di acciaio, sono state prima levigate e pulite in modo da non avere dati alterati per la presenza di polvere o impurità varie.

Figura 3.2 Misure sclerometriche in situ su pilastro

I risultati ottenuti dalle misurazioni sono stati prima ricondotti ai valori medi per ogni elemento e successivamente si è estrapolato un valore che rappresentasse in maniera più precisa possibile la resistenza a compressione degli elementi verticali del fabbricato.

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Figure 3.3 – 3.4 Misure sclerometriche in situ su pilastri dei vari piani

Il valore di resistenza a compressione media ottenuto è di circa 26-28 MPa; per stare a vantaggio di sicurezza e considerando dei valori che possano appartenere ai conglomerati in opera dell’epoca, si è scelto di utilizzare un calcestruzzo di classe C16/20 (quindi di resistenza minore e pari a 20 MPa).

3.2 Indagini geotecniche ed analisi sismiche

3.2.1 INDAGINI GEOGNOSTICHE, GEOTECNICHE E SISMICHE DI SUPPORTO ALLA VERIFICA DELL’ISTITUTO

In base all’OPCM 3274/2003, i comuni italiani sono stati classificati in 4 categorie principali, in base al loro rischio sismico, calcolato tramite la PGA (Peak Ground Acceleration, ovvero picco di accelerazione al suolo) e per frequenza ed intensità degli eventi.

• Zona 1: sismicità alta, PGA oltre 0,25 g. Comprende 708 comuni.

• Zona 2: sismicità media, PGA fra 0,15 e 0,25 g. Comprende 2.345 comuni.

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• Zona 4: sismicità molto bassa, PGA inferiore a 0,05 g. Comprende 3.488 comuni.

Figura 3.5 Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale

Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), infatti, hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascun territorio comunale, precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche [11].

Con Decreto del 14 Gennaio 2008, pubblicato sulla G.U. n. 29 del 4.02.2008 suppl. ord. n° 30, sono state inoltre approvate le nuove Norme tecniche per le costruzioni, entrate in vigore lo scorso 23 Marzo 2008. Da tale data, la stima della pericolosità sismica, intesa come accelerazione massima orizzontale su suolo rigido, è definita su una maglia quadrata di 5km di lato (Allegato A del D.M. 14 Gennaio 2008), e, tramite media pesata, ad esso competerà un valore specifico di accelerazione che dipenderà anche dalla tipologia della costruzione (vita di riferimento Vr) e dal tipo di verifica progettuale (Stati Limite di Esercizio SLO e SLD; Stati limite Ultimi SLV e SLC) [1].

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La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.) [11].

Per incarico dell’Amministrazione Provinciale di Lucca sono state effettuate indagini geognostiche, geotecniche e sismiche di supporto alla verifica sismica dell’Istituto Tecnico Commerciale “F. Carrara” sito in frazione Capoluogo del Comune di Lucca. La riclassificazione sismica del territorio nazionale intervenuta a seguito dell’emanazione della O.P.C.M. n° 3274/03 del 20 Marzo 2003, pubblicata sulla G.U. n°105 dell’8 Maggio 2003, e delle successive proroghe, ha definito il territorio del Comune di Lucca sismico di Zona 3 (equivalente alla vecchia III Categoria). Tale classificazione è stata riconfermata dalla O.P.C.M. n° 3519 del 28 Aprile 2006, in base alla quale la Regione Toscana pone il Comune di Lucca, secondo la “Proposta di riclassificazione sismica RT4” del Giugno 2006, in Zona 3 con accelerazione su suolo rigido ag = 0.15 [1].

Figura 3.6 Mappa di pericolosità sismica del territorio regionale

L’intervento in esame ricade in Classe d’Uso III (costruzioni il cui uso prevede affollamenti significativi; le varie classi sono indicate per esteso al paragrafo successivo 3.2.2) secondo il D.M. 14 Gennaio 2008 – norme tecniche per le

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costruzioni. Esso ricade in Classe di indagine 4 (opere di volume lordo maggiore di 6000 mc) ex art. 7 del DPRG 9 Luglio 2009 n. 36/R ed è inoltre classificato tra gli “edifici ed opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso” (Allegato A DPRG 9 Luglio 2009 n. 36/R). L'area delle indagini ricade nel settore centro occidentale della pianura lucchese, circa 100 m ad Est della cerchia delle mura urbane di Lucca su terreno pianeggiante posto alla quota media di circa 18,6 m s.l.m.

La Piana di Lucca è pertanto costituita da terreni di origine alluvionale depositati prevalentemente dal Fiume Serchio. Tali depositi, attribuibili al Quaternario recente, mostrano frequenti variazioni, sia in senso verticale che orizzontale, anche se è in generale riconoscibile la seguente successione stratigrafica tipo, dall'alto verso il basso:

• sedimenti prevalentemente fini (limo-argilloso-sabbiosi), depositati nelle fasi di colmamento ed impaludamento della pianura (Olocene) dello spessore di circa 3 m nell’area in studio, comprendenti anche uno strato superficiale di terreno rimaneggiato entropicamente (riporti etc.) dello spessore di circa 0.5 m;

• depositi prevalentemente grossolani (ghiaie, ciottoli e sabbie), riferibili ai paleocorsi del F. Serchio, dello spessore di circa 18 m nella zona (Pleistocene);

• depositi prevalentemente argilloso sabbiosi on livelli ghiaiosi di origine fluviolacustre (Pliocene Pleistocene) [1].

Figura 3.7 Sezione schematica della pianura di Lucca da Sud verso Nord attraverso l’area di studio Al fine di valutare la sismicità del territorio di Lucca, è stata eseguita una ricerca degli eventi storici con risentimento nel territorio comunale, all’interno dei cataloghi sismici

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pubblicati da vari enti di ricerca, in modo da avere un’idea sulla sismicità storica del territorio.

I cataloghi consultati sono i seguenti:

1. CPTI11 – Catalogo parametrico dei Terremoti Italiani. Rappresenta ad oggi il catalogo di riferimento più completo e affidabile.

2. CFTI4 med – Catalogo dei forti terremoti in Italia tra il 461 a.C. ed il 1997 e nell’area Mediterranea tra il 760 a.C ed il 1500. Contiene tutti i terremoti italiani aventi intensità epicentrale di grado VIII o superiore e una selezione dei terremoti più piccoli (in totale 1257 terremoti).

3. DOM 4.1 - Database di osservazioni macrosismiche di terremoti di area italiana al di sopra della soglia del danno (GNDT 1997). Non si tratta di un vero e proprio catalogo ma di un data-base delle osservazioni macrosismiche contenente circa 37.000 osservazioni su circa 10.000 località per 904 terremoti; da tale elaborato deriva la Carta delle Massime Intensità macrosismiche [1].

Non sono stati rilevati eventi con epicentri localizzati nel territorio comunale di Lucca: la ricerca degli eventi sismici con risentimento nel territorio comunale mostra come gli eventi più recenti con maggior risentimento (Is > 6) siano stati gli eventi del 1846, 1873, 1899, 1902, 1904, 1909, 1914 e 1930 oltre naturalmente l’evento del 1920 del terremoto della Garfagnana.

Anno Denominazione dell’area dei massimi effetti AE Magnitudo Maw Intensità (Imx) 1306 Lucca 4.83 6 1481 Lunigiana 5.84 8.5 1740 Garfagnana 5.18 7.5 1767 Fivizzano 5.06 7.5 1834 Alta Lunigiana 5.64 8.5 1837 Alpi Apuane 6.26 10 1920 Garfagnana 6.48 10

Tabella 3.1 Riassunto dei fenomeni sismici significativi

Le sorgenti epicentrali principali che hanno generato eventi con risentimenti nell’area della piana di Lucca-Capannori sono individuabili nelle strutture sismo genetiche della Garfagnana-Lunigiana, Appennino Pistoiese-Pratese e in quelle della Toscana meridionale e costiera a Sud dell’Arno.

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Gli epicentri dei sismi catalogati sono quasi tutti collocati in area appenninica ed in particolare in Garfagnana che rappresenta l’area sismogenetica più vicina e più attiva, dove si segnalano i terremoti del 1920 con intensità epicentrale del X° MCS (scala Mercalli - Cancani – Sieberg ) e del 1914 con intensità epicentrale del VII° MCS che hanno comportato un risentimento del VI-VII° MCS a Lucca. Dalle altre strutture sismogenetiche si segnalano i seguenti principali eventi: Pistoia 1293 IX°, Alpi Apuane 1837 X° , Orciano Pisano 1846 X°, mentre con minore intensità si rilevano gli eventi di Pontedera 1897 VI°, Empoli 1918 VI° [1].

Dalla Carta delle massime Osservazioni macrosismiche rilevate nei comuni italiani si deduce come il massimo osservato per il Comune di Lucca sia l’VIII° MCS (vedi Fig. 3.8): da quanto sopra descritto si può pertanto trarre la facile conclusione che la classificazione sismica del territorio comunale di Lucca e di quelli contermini è non solo opportuna, ma appare una logica conseguenza dell’analisi della sismicità storica dell’area [1].

Figura 3.8 Massime intensità macrosismiche osservate nei comuni toscani valutate a partire dalla banca dati macrosismici del GNDT e dai dati del Catalogo dei Forti Terremoti dell'ING marzo 1997

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Ai fini della ricostruzione sismostratigrafica del sottosuolo ed dell’analisi di risposta sismica locale ai sensi del vigente D.M. 14 Gennaio 2008 – Norme tecniche per le costruzioni, sono state condotte effettuate le seguenti indagini:

1) n° 1 sondaggio a carotaggio continuo della profondità di ml 32 (vedi Figura 3.9) 2) n° 2 prove penetrometriche statico_dinamiche pesanti CPT_DPSH

3) analisi di laboratorio su n° 1 campione

4) n° 1 prospezione downhole nel foro di sondaggio mediante onde dirette

5) analisi multicanale delle onde superficiali (MASW) con tecnica sia attiva sia passiva

6) misure del rumore sismico ambientale a stazione singola H/V 7) misure della frequenza fondamentale di vibrazione dell’edificio.

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Figura 3.10 Parte delle carote di terreno del sondaggio S1 (profondità 20-25 metri)

Di seguito verranno descritte le procedure sopracitate, utilizzate per la definizione dell’azione sismica sulla struttura in esame:

1) La prova SPT consiste nella valutazione della resistenza che il terreno offre alla penetrazione dinamica da parte di un campionatore tipo Raymond infisso per uno spessore di 45 centimetri a partire dal fondo del foro di sondaggio a determinate profondità. Si fa cadere con modalità automatica un maglio del peso di 63.5 kg da un'altezza di 76 centimetri, su una testa di battuta fissata alla sommità di una batteria d'aste alla cui estremità inferiore è avvitato il campionatore Raymond precedentemente descritto.

2) La prova Penetrometrica Dinamica Standard (DPSH), con o senza rivestimento laterale, consiste nell'infiggere una punta conica sormontata da una batteria di aste nel terreno, utilizzando una massa battente (maglio) che cade liberamente da un'altezza fissa alla velocità costante di 20÷25 battute al minuto. Durante la prova, ogni 20 cm di avanzamento di rileva il numero di colpi N necessari all'affondamento della punta; per ogni asta si valuta la verticalità della batteria d'aste e l'attrito laterale lungo la stessa (nelle prove senza rivestimento).

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Nelle prove con rivestimento viene invece misurato anche il numero di colpi necessario all’avanzamento delle aste cave (Nriv), che segue quello della punta con un intervallo di 20 cm.

4) La prova downhole consiste nel produrre, sulla superficie del terreno, una sollecitazione orizzontale mediante una sorgente meccanica, e nello studiare il treno d’onde, P e S, che si propagano all’interno del terreno alle varie profondità in direzione verticale, con vibrazioni polarizzate nella direzione di propagazione (onde P), e dirette perpendicolarmente alla direzione di propagazione, polarizzate su un piano orizzontale (onde SH). Mediante due ricevitori (geofoni) disposti nel terreno, a profondità note, viene valutato l’istante di arrivo del treno di onde P e S, rispetto all’istante in cui vengono indotte le sollecitazioni alla sorgente; dividendo quindi per tali valori la distanza (nota) tra sorgente e ricevitori, si può ricavare la velocità delle onde P e S.

5) Il metodo MASW (Multichannel Analisys of Surface Waves) è una tecnica di indagine sismica di recente introduzione che, attraverso l’analisi di onde superficiali di tipo Rayleigh registrate contemporaneamente da 12 o più sensori (geofoni o accelerometri), mira ad ottenere profili Vsv-Z (velocità delle onde di taglio verticali – profondità) mono o bidimensionali. Questo metodo di indagine può essere sia attivo che passivo. La metodologia qui usata è di tipo attivo, ossia la perturbazione sismica viene generata da una massa battente, costituita da una mazza o da un grave in caduta libera, e misurata da uno stendimento lineare di sensori. L’analisi dei dati ottenuti permette di ottenere un’immagine di dispersione dove sono rappresentati, nel campo velocità di fase - frequenza, diversi modi delle onde di Rayleigh. L’analisi di questi spettri di velocità consente l’estrazione delle curve di dispersione dalla cui inversione si ottengono i profili di velocità delle onde Sv [1].

L’acquisizione dei dati in campagna è stata eseguita utilizzando un sistema composto dalle seguenti parti:

• sismografo

• sorgente energizzante • trigger

• apparecchiatura di ricezione

Il sismografo è costituito da una serie di elementi che consentono la rappresentazione grafica dell'andamento del segnale sismometrico nel tempo sotto forma di un sismogramma. Analizzando il sismogramma si può conoscere l'entità, la

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natura (con una singola stazione solo in modo parziale), e la distanza del sisma dal punto dove è avvenuta la registrazione del sismogramma stesso. Il sismografo deve dunque rappresentare fedelmente il movimento del suolo oppure le grandezze (accelerazione o velocità) con le quali si può in seguito estrapolare il movimento assoluto del suolo.

Come sorgente energizzante per le onde di Rayleigh è stato utilizzato un maglio di 200 kg in caduta libera da un’altezza di circa 2 metri, capace di generare frequenze sufficientemente basse e tali da assicurare una profondità di indagine di almeno 30 metri.

Il trigger utilizzato consiste in un circuito elettrico che viene chiuso mediante un apparecchio starter (geofono starter, starter a lamelle, piezoelettrico od altro) nell’istante in cui il sistema energizzante (maglio, mazza, etc.) colpisce la base di battuta, consentendo ad un condensatore di scaricare la carica precedentemente immagazzinata e la produzione di un impulso della durata di qualche secondo che viene inviato al sensore collegato al sistema di acquisizione dati.

Per la registrazione delle onde superficiali sono stati adottati 48 geofoni verticali con frequenza propria di 4,5 Hz.

E’ stata eseguita una prospezione con il metodo MASW utilizzando un sistema di acquisizione a 41 geofoni con la seguente configurazione sorgente-ricevitori:

X = 6 e 21 m; dx = 3m (X= distanza sorgente-geofono più vicino (offset minimo); dx= distanza intergeofonica).

Figura 3.11 Indagini MASW: spettro di velocità tra le frequenze di 40 e 3 Hz

Sono state eseguite 12 energizzazioni, sei ad ogni estremo della linea, con offset di 6 e 40 m sia dal geofono 1 che dal geofono 41, in modo da poter valutare, nella fase di

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elaborazione dati, diversi spettri di velocità derivanti da diverse configurazioni sorgente-ricevitori ed ottenere dal loro confronto un quadro più completo che agevoli il riconoscimento dei modi delle onde di Rayleigh effettivamente presenti, non essendo possibile stabilire a priori, in campagna, quale sia la migliore configurazione. Lo spettro di velocità di Figura 3.11, rappresentativo delle velocità di fase del sottosuolo indagato fino a circa 50 metri di profondità, ha consentito di confrontare e controllare, soprattutto alle basse frequenze, gli spettri di velocità ReMi e la curva di dispersione ESAC, utilizzati per le elaborazioni congiunte con le curve H/V delle misure di microtremore (v. parte III e IV del rapporto).

La tecnica di indagine Re.Mi. (Louie, 2001), acronimo di Refraction Microtremor, mira ad analizzare la dispersione delle onde superficiali come la tecnica MASW, della quale può essere considerata la variante passiva. Anche la tecnica Re.Mi. utilizza stendimenti lineari di geofoni ma, a differenza della MASW che necessita di un’energizzazione attiva in linea con lo stendimento, sfrutta segnali provenienti da sorgenti di onde superficiali per lo più di origine antropica (traffico, attività industriali ed artigianali) di cui non si conosce esattamente l’ubicazione.

A causa della distribuzione random e della posizione non nota delle possibili sorgenti di onde superficiali, le indagini Re.Mi. necessitano di registrazioni molto più lunghe (superiori ai 5 minuti) rispetto alle indagini attive, in modo da poter ottenere uno spettro medio di velocità di fase-frequenza derivante dall’analisi di una mole significativa di dati.

Una conseguenza della posizione random delle sorgenti è che le Re.Mi. restituiscono uno spettro medio che tende a sovrastimare le velocità di fase, poiché solo i segnali provenienti da sorgenti allineate con lo stendimento forniscono velocità reali mentre i segnali provenienti da tutte le altre sorgenti, in posizione qualsiasi rispetto allo stendimento, portano ad una sovrastima delle velocità.

La tecnica ESAC (Estended Spatial Autocorrelation) può essere vista come una generalizzazione del metodo Re.Mi. Il metodo ESAC permette di superare questo limite con la possibilità di usare configurazioni bidimensionali di geofoni di forma qualsiasi. Occorre però conoscere con precisione la posizione dei singoli ricevitori rispetto ad un comune sistema di riferimento. La bidimensionalità dello stendimento, inoltre, consente di superare i problemi di cui soffre la tecnica Re.Mi., legati alla mancanza di informazioni sulla posizione delle sorgenti. Anche le acquisizioni ESAC,

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necessitano di tempi lunghi di registrazione (superiori a 5 minuti) per ottenere curve di dispersione attendibili.

Il metodo ESAC consente di ottenere una curva di dispersione effettiva, ossia una curva che tiene conto di tutti i modi delle onde di Rayleigh. Il segnale sismico acquisito è stato analizzato in finestre di 50 secondi ognuna. Sono stati così ottenuti 26 spettri di velocità per le analisi Re.Mi.. Tra questi sono stati selezionati i migliori 12 spettri la cui integrazione ha fornito lo spettro medio utilizzato per le analisi finali, riportato nella Figura 3.12, con la sovrapposizione della curva di dispersione ESAC.

Figura 3.12 Spettro medio utilizzato per le analisi finali

I risultati consentono di estrapolare il profilo sismostratigrafico del sottosuolo del sito in studio a profondità maggiori dei 32 metri raggiunti con le indagini downhole.

In particolare, i dati ottenuti sono stati utilizzati insieme ai dati H/V, derivanti dalle misure di microtremore a stazione singola, per un’elaborazione congiunta [1].

6) Sono state effettuate sei misure di rumore sismico ambientale a stazione singola (TR1-TR6) nel terreno adiacente agli edifici scolastici, di cui la misura TR5 a pochi metri dal foro del Sondaggio S1, sede della prova downhole descritta precedentemente. Le misure hanno avuto un duplice scopo: 1) misurare le frequenze di vibrazione naturali del sottosuolo del sito; 2) sulla base dei dati stratigrafici e sismici disponibili, estendere il profilo delle velocità delle onde S a profondità maggiori dei 32 metri ottenuti con la simica in foro, attraverso la modellazione in avanti (forward modelling) di una delle curve H/V ottenuta dalle misure di microtremore. La modellazione è stata effettuata congiuntamente ai dati Re.Mi. ed ESAC riportati nella parte III del rapporto.

Il rumore sismico, generato dai fenomeni atmosferici (onde oceaniche, vento) e dall’attività antropica, è presente ovunque sulla superficie terreste. Si chiama anche

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microtremore poiché riguarda oscillazioni molto più piccole di quelle indotte dai terremoti nel campo prossimo all’epicentro. Nelle zone in cui non è presente alcuna sorgente di rumore locale e in assenza di vento, lo spettro in frequenza del rumore di fondo, in un terreno roccioso e pianeggiante, ha un andamento caratterizzato da due picchi a 0.14 e 0.07Hz che sono prodotti delle onde oceaniche sulle coste. Tali componenti spettrali vengono attenuate relativamente poco anche dopo tragitti di migliaia di chilometri per effetto di guida d’onda.

A questo rumore di fondo, che è sempre presente, si sovrappongono le sorgenti locali, antropiche (traffico, industrie ecc.) e naturali. I microtremori sono solo in parte costituiti da onde di volume, P o S. In essi giocano un ruolo fondamentale le onde superficiali, che hanno velocità prossima a quella delle onde S, il che spiega la dipendenza di tutta la formulazione dalla velocità di queste ultime.

La tecnica è universalmente riconosciuta come efficace nel fornire stime affidabili della frequenza fondamentale di risonanza del sottosuolo e nella stima dello spessore della copertura, qualora si abbiano a disposizione, come nel caso in esame, sufficienti dati sismo-stratigrafici al contorno.

7) La caratterizzazione strutturale dinamica di una struttura, attraverso la misura dei suoi modi di vibrare, può essere effettuata in condizioni di vibrazioni forzate/libere oppure in condizioni di vibrazioni ambientali. Nel primo caso la struttura viene sollecitata ad hoc, ad esempio, attraverso la caduta di gravi o l’uso di vibrodine. Nel secondo caso vengono misurate le vibrazioni indotte sulla struttura dal microtremore sismico ambientale, presente ovunque e che ha origini sia naturali (vento, moto ondoso) sia antropiche (es. traffico, attività industriali). Nel presente lavoro è stata utilizzata la seconda metodologia.

Sono state eseguite 12 misure all’interno degli edifici scolastici distribuite su tre verticali. Per ogni misura sono state considerate le due componenti orizzontali dello spettro misurato, orientate parallelamente alle due direzioni principali del fabbricato. Lungo ogni verticale è stato inoltre rimosso l’effetto di sito, ossia l’effetto delle vibrazioni tipiche del terreno su cui poggia l’edificio, in modo da evidenziare più chiaramente i modi di vibrazione propri dell’edificio e l’ampiezza delle vibrazioni ad ogni piano. Sono stati cioè considerati i rapporti spettrali Hi/Ho (componente orizzontale al piano iesimo Hi deconvoluta per l’omologa componente orizzontale al piano di fondazione Ho) e confrontati con i rapporti H/V ottenuti dalle misure TR descritte nel capitolo precedente. Il confronto ha lo scopo di evidenziare eventuali

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coincidenze delle risonanze suolo-struttura che renderebbero possibili pericolosi fenomeni di doppia risonanza in caso di terremoto.

Lungo le tre verticali di misura sono stati registrati modi naturali di vibrazione degli edifici tra loro confrontabili. La situazione riscontrata porta ragionevolmente ad escludere importanti fenomeni di doppia risonanza suolo-struttura in caso di terremoto [1].

3.2.2 CALCOLO DELL’AZIONE SISMICA E DEGLI SPETTRI DI RISPOSTA

Per effetto della propagazione delle onde sismiche, il terreno trasmette sui fabbricati il moto sismico ovvero l’azione sismica, alla quale le strutture reagiscono con una risposta dinamica che va verificata negli aspetti di sicurezza e di prestazioni attese dell’opera in progetto.

Le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il rispetto dei diversi stati limite considerati, sono stabilite a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito di costruzione: questa è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica

orizzontale (categoria A), nonché di ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente Se(T), con riferimento a prefissate possibilità di

eccedenza PVr (vedi tabella 3.2) nel periodo di riferimento Vr (Vr = Vita di riferimento).

Le forme spettrali sono definite, per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVr, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:

ag: accelerazione orizzontale massima al sito;

F0: valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione

orizzontale;

Tc: periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione

orizzontale [6].

Nei confronti delle azioni sismiche gli stati limite, di esercizio ed ultimi, sono riportati in Tabella 3.2.

(19)

Tabella 3.2 Probabilità di superamento nel periodo di riferimento Vr per gli stati limite

Dove:

SLO: Stato limite di operatività SLD: Stato limite di danno

SLV: Stato limite di salvaguardia della vita

SLC: Stato limite ultimo di prevenzione del collasso

Vr = Vn * Cu = vita di riferimento, data dal prodotto della Vita Nominale “ Vn ” per il coefficiente d’uso “ Cu ”.

In presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso, le costruzioni sono suddivise in classi d’uso così definite:

Classe I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.

Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.

Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso.

Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5 novembre 2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra

(20)

capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica [6].

Tabella 3.3 Valori del coefficiente Cu relativi alle diverse classi d’uso

Per quanto concerne i parametri da assumere nella progettazione della struttura in esame, per una vita nominale dell’edificio Vn = 50 anni ed una Classe d’uso III, si ha una vita di riferimento Vr = Cu*Vn =1,5*50 = 75 anni, il che determina i seguenti valori dei parametri da assumere per la progettazione agli stati limite, ottenuti con il programma “Spettri – NTC” pubblicato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici:

Tabella 3.4 Valori dei parametri ag,F0 e Tc per i vari TR associati a ciascuno stato limite

Per le indicazioni presenti sulle norme NTC 2008 deve innanzitutto essere verificato che i terreni siano esenti da rischi di instabilità di pendii e di cedimenti permanenti causati da fenomeni di liquefazione o eccessivo addensamento in caso di terremoto. Nel caso dell’ITC “Carrara” sono esclusi problemi di stabilità, essendo il sito subpianeggiante.

Inoltre, in base al criterio granulometrico e dello stato di addensamento e secondo le stratigrafie rilevate dai sondaggi in situ, non sono presenti strati francamente sabbiosi sotto falda potenzialmente liquefacibili. Pertanto, anche con riferimento alle curve Resistenza alla liquefazione CRR contro velocità delle onde di taglio Vs calcolate si evince che il deposito non è comunque liquefacibile in quanto Vs è sempre > 210 m/sec, velocità limite per Magnitudo del terremoto M = 7.5 contro la magnitudo di Lucca M = 4.96 [1].

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Al fine di valutare la risposta sismica locale per l’edificio ITC “Carrara” di Lucca, sono state condotte analisi sismiche monodimensionali ad hoc sulla base delle informazioni sismostratigrafiche dedotte dalle indagini di esplorazione multidisciplinare del sottosuolo condotte nell’area.

In particolare le analisi sono state effettuate in riferimento agli step, di seguito illustrati:

1) Determinazione dell’accelerazione massima di riferimento e delle caratteristiche sismologiche dell’area;

2) Estrazione dei terremoti sismo-compatibili e spettro-compatibili da utilizzare come input nelle analisi;

3) Definizione del profilo sismostratigrafico del sito di progetto;

4) Realizzazione delle analisi di risposta sismica locale e relativa rappresentazione dei risultati [1].

Tale procedura, eseguita dai tecnici per la redazione della relazione geotecnica e geognostica di supporto alle analisi sismiche, ha permesso di estrapolare gli spettri elastici, riferiti proprio al suolo sottostante la struttura in esame, da applicare al modello di calcolo (sviluppato sul programma SAP 2000, vedi paragrafo successivo 3.3) per l’analisi statica e sismica.

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Figura 3.14 Input sismici per SLD e SLO (spettri); la figura rappresenta gli spettri di risposta scalati sulla base dei valori propri dello SLD. Per SLO i medesimi spettri sono stati riscalati ai valori opportuni.

Gli accelerogrammi estratti per ogni stato limite (rappresentati in Figura 3.13 e 3.14 come spettri di risposta), sono caratterizzati dall’avere una buona sismo compatibilità con la pericolosità sismica del sito, spettrocompatibilità con lo spettro target di cat. A del sito in esame e bassi valori del fattore di scala.

Una volta ottenuti gli spettri ai vari stati limite, sono stati calcolati gli spettri normalizzati riferiti al risultato delle analisi per SLV,SDL e SLO.

Questi spettri, caratterizzati da una forma similare a quella relativa all’approccio semplificato di normativa, sono stati ricavati calcolando i parametri indipendenti (relativi alla localizzazione geografica del sito ed alle scelte progettuali) ed i parametri dipendenti (derivanti dall’amplificazione propria del sito). In particolare, per quanto concerne i parametri dipendenti, i valori di Tb e Tc sono stati ricavati graficamente dal

confronto con lo spettro derivante dall’analisi di risposta sismica locale, mentre Td sulla base della formula 3.2.9 delle NTC2008.

Il parametro di amplificazione S è stato desunto dalle formule riportate al cap. 3.2.3.2.1 delle NTC2008 [2]. Infatti, prendendo in considerazione la formula valida per il tratto pianeggiante dello spettro (caratterizzato dai maggiori valori di accelerazione spettrale):

(23)

I valori di ag ed F0 sono parametri indipendenti e quindi noti, Se(T) viene ricavato

graficamente (basandosi sul massimo in accelerazione spettrale dello spettro desunto dalla risposta sismica locale) ed η è uguale ad 1 (lavorando per lo spettro di risposta elastico con un coefficiente di smorzamento ξ convenzionale pari al 5%). Quindi è possibile ricavare per estrapolazione il valore del parametro S per poi inserirlo nelle altre formule del capitolo cap. 3.2.3.2.1 per il calcolo di Se(T) relativo

agli altri tratti dello spettro.

Figura 3.15 Confronto tra spettro di progetto e spettri di norma agli SLV

(24)

Figura 3.17 Confronto tra spettro di progetto e spettri di norma agli SLD

(25)

Figura 3.19 Confronto tra spettro di progetto e spettri di norma agli SLO

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3.3 Definizione del modello di calcolo ed analisi dinamica lineare

Dopo aver analizzato tutte le informazioni necessarie, si è passati alla definizione del modello di calcolo sul programma SAP 2000.

La struttura esistente è stata ricreata grazie alle informazioni ricavate dal rilievo in situ, attraverso il quale si è venuti a conoscenza delle dimensioni degli elementi portanti in cemento armato e dei materiali (riportati nei paragrafi 3.1.1 e 3.1.2) da assegnare a tali sezioni. Il passo successivo è stato l’assegnazione dei carichi (analizzati già al paragrafo 3.1.1) quali i pesi dei solai da assegnare alle travi di riferimento, i pesi degli elementi portati, i carichi accidentali, il peso della neve in copertura, il carico del vento, l’incidenza delle restanti parti in cemento armato (ad esempio le rifiniture esterne con funzione decorativa) valutata pari a 150 kg/mq e l’incidenza delle ulteriori parti di completamento quali infissi e tamponature valutate pari a 150 kg/mq.

La fase successiva è stata caratterizzata dallo studio delle forze sismiche da assegnare alla struttura per avere un quadro completo delle azioni agenti e per poter successivamente proseguire con le combinazioni di carico.

Lo studio dei dati acquisiti, delle informazioni di carattere geometrico ed architettonico derivanti dal rilievo strutturale, del numero e dei risultati delle prove in situ, fin qui riportati, ha permesso di definire l’analisi in questione con un livello di conoscenza LC1 secondo la classificazione riportata al capitolo 1 (vedi Tabella 1.1) E’ con tale classificazione che si procede quindi alla fase di analisi e verifica.

3.3.1 ANALISI SISMICHE

La maggior parte degli attuali codici di progettazione sismica (Eurocodice 8 e NTC 2008) prevede due procedure di analisi. Esse si distinguono in approcci di calcolo di tipo lineare e non lineare. Le procedure lineari, siano esse statiche o dinamiche, sono sostanzialmente basate sull’impiego di spettri di risposta per la valutazione delle forze massime agenti sul sistema strutturale. Si tratta delle tipologie di analisi più semplici da adottare e più agevoli, sia in fase di implementazione del modello numerico che in fase di verifica, in quanto forze e spostamenti vengono valutati in regime elastico-lineare ed eventualmente corretti mediante coefficienti che tengono conto in modo approssimato di alcuni effetti di non linearità. In alternativa ai metodi

(27)

lineari di analisi, esistono approcci nei quali è possibile considerare in maniera esplicita il comportamento non lineare degli elementi strutturali (procedure non lineari), dipendente sia dalla non linearità dei materiali sia dalla non linearità geometrica. La maggiore accuratezza associata a questo tipo di analisi ha una più elevata complessità e un conseguente maggiore onere computazionale [2].

Le metodologie di analisi sin qui delineate vengono anche distinte in due ulteriori categorie a seconda che l’equilibrio sia trattato staticamente o dinamicamente.

La normativa italiana in linea con l’EC8 e molti altri codici internazionali, definisce quattro tipologie di analisi, di seguito descritte brevemente:

• Analisi statica lineare

• Analisi dinamica lineare (analisi modale)

• Analisi statica non lineare

• Analisi dinamica non lineare

L’analisi statica lineare è un’analisi di tipo semplificato. Essa è basata sull’ipotesi che la risposta della struttura sia dominata dal primo modo di vibrazione.

L’analisi dinamica lineare (che verrà approfondita successivamente poiché quella utilizzata per il caso in esame) è il metodo convenzionalmente adottato dai vari codici normativi come metodo “normale” e considera la risposta strutturale come combinazione dei modi di vibrare significativi.

L’analisi statica non lineare permette la stima della massima deformazione in campo anelastico mediante l’applicazione sulla struttura di un sistema di forze monotonamente crescenti e incrementate sino alla condizione di collasso ( analisi pushover).

L’analisi dinamica non lineare fornisce la risposta temporale al passo (time-history) della struttura ad una storia di accelerazioni data in imput [2].

3.3.2 ANALISI DINAMICA LINEARE (ANALISI MODALE)

Il tipo di analisi scelto per la struttura in esame è la dinamica lineare (analisi modale). L’analisi dinamica multimodale con spettro di risposta, o più semplicemente analisi modale, è il metodo d’analisi lineare di riferimento per determinare gli effetti dell’azione sismica. Essa costituisce per la maggior parte delle strutture in zona

(28)

sismica un approccio di grande utilità, il cui aspetto più importante risiede nel fatto di operare in campo lineare. Tale procedura semplifica notevolmente la risoluzione dei problemi dinamici a molti gradi di libertà, in quanto permette la trasformazione del sistema di equazioni differenziali accoppiate (equazioni del moto) in un gruppo di equazioni disaccoppiate, in cui ogni equazione contiene soltanto una variabile. In altri termini, il calcolo di un sistema a n gradi di libertà viene ricondotto alla risoluzione di un problema dinamico più semplice, quello associato a n equazioni riferite a sistemi ad un singolo grado di libertà. In questo modo l’analisi modale possiede il vantaggio di considerare la risposta di ogni modo di vibrare che fornisce un contributo significativo. Dal punto di vista del calcolo strutturale l’onere computazionale è molto ridotto se confrontato con quello richiesto per un’analisi non lineare, mentre la precisione della soluzione del problema (risposta della struttura) dipende dal numero dei modi di vibrare coinvolti nella soluzione stessa [2].

In accordo alle NTC, l’analisi modale è applicabile nei casi in cui non sono soddisfatti i requisiti di applicabilità per l’analisi statica lineare, ossia il periodo del modo di vibrare principale nella direzione in esame (T1) non superi 2,5 TC o TD e che la costruzione sia regolare in altezza [6].

La struttura in esame presenta irregolarità evidenti sia nello sviluppo in pianta che in altezza, quindi la scelta sull’analisi modale è risultata piuttosto obbligata.

Secondo le NTC (al punto 7.3.3.1), l’analisi dinamica lineare consiste:

• a) nella determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale);

• b) nel calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati;

• c) nella combinazione di questi effetti.

Per quanto riguarda il passaggio a) inoltre la norma afferma che devono essere considerati tutti i modi con massa partecipante significativa. È opportuno a tal riguardo considerare tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% e comunque un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’85% [6].

Per quanto riguarda il terzo passaggio (combinazione degli effetti), una volta calcolato il massimo effetto del singolo modo di vibrare è necessario calcolare il massimo effetto complessivo. Non è infatti possibile valutare quest’ultimo come semplice somma dei massimi effetti forniti da ciascun modo di vibrare, poiché i moti non sono sincroni, ovvero frequenze diverse e smorzamenti diversi raggiungono i

(29)

loro massimi in tempi diversi. Relativamente a questi aspetti, la norma italiana interviene fornendo due fondamentali tecniche di combinazione dei modi derivate da analisi di natura probabilistica:

• se i modi propri di oscillazione Ti differiscono fra loro meno del 10%

(situazione frequente nel caso di schemi tridimensionali quali quelli richiesti dalle NTC) si utilizzerà una combinazione quadratica completa (CQC) (metodo utilizzato dal programma di calcolo adoperato). Questa indicazione, benché il testo delle NTC non lo preveda, è contenuta nella Circolare Esplicativa.

• se i periodi propri di oscillazione Ti sono ben definiti fra loro si procederà al

calcolo dei massimi effetti mediante radice quadrata della somma dei quadrati (SRSS).

Nelle NTC sono inoltre riportate ulteriori indicazioni da seguire.

Per gli edifici, gli effetti dell’eccentricità accidentale del centro di massa possono essere determinati mediante l’applicazione di carichi statici costituiti da momenti torcenti di valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, determinata come in un’analisi statica lineare (le indicazioni sono presenti nella norma al punto 7.3.3.2), moltiplicata per l’eccentricità accidentale del baricentro delle masse rispetto alla sua posizione di calcolo.

Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza di più accurate determinazioni l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.

Da tali indicazioni si evince che prima di procedere con l’analisi dinamica modale col programma di calcolo SAP2000, è necessario ricorrere ad un’analisi statica lineare per il calcolo dei momenti torcenti da applicare alla struttura per via delle eccentricità accidentali precedentemente citate.

Si riporta quindi di seguito un riassunto dell’analisi statica lineare effettuata per il calcolo dei momenti torcenti da applicare al modello di calcolo.

(30)

Dati della struttura:

Ao=AT= 918 mq aree del piano seminterrato e del piano terra

A1=A2=AC=720 mq aree dei piani 1, 2 e della copertura

Analisi dei carichi:

Solaio di copertura =700 daN/mq (compreso controsoffitto pesante) Solaio intermedio = 310 daN/mq

Accidentale copertura = 100 daN/mq Accidentale solai intermedi = 300 daN/mq Accidentale neve = 80 daN/mq (Lucca zona 3) Incidenza struttura in C.A. = 150 daN/mq Incidenza murature e finiture = 150 daN/mq

Calcolo delle masse di piano PIANO DELLA COPERTURA

G1cop= peso solaio copertura + peso tamponatura + peso struttura in c.a. =

700+(150+150)/2 = 850 daN/mq Q1cop=80 daN/mq (neve)

Q2cop=100 daN/mq (accidentale)

Per avere i pesi sismici vanno moltiplicati i pesi per l'area di piano: G1cop x Ac = 850 x 720 = 612000 daN

Q1cop x Ac = 80 x 720 = 57600 daN

Q2cop x Ac = 100 x 720 = 72000 daN

PIANO SECONDO

G1P2= peso solaio + peso tamponatura + peso struttura in c.a. = 310+150+150 = 610

daN/mq

Q1P2=300 daN/mq (accidentale)

Per avere i pesi sismici vanno moltiplicati i pesi per l'area di piano: G1P2 x A2 = 610 x 720 = 439200 daN

Q1P2 x A2 = 300 x 720 = 216000 daN

(31)

G1P1= peso solaio + peso tamponatura + peso struttura in c.a. = 310+150+150 = 610

daN/mq

Q1P1=300 daN/mq (accidentale)

Per avere i pesi sismici vanno moltiplicati i pesi per l'area di piano: G1P1 x A1 = 610 x 720 = 439200 daN

Q1P1 x A1 = 300 x 720 = 216000 daN

PIANO TERRA

G1P1= peso solaio + peso tamponatura + peso struttura in c.a. = 310+150+150 = 610

daN/mq

Q1P1=300 daN/mq (accidentale)

Per avere i pesi sismici vanno moltiplicati i pesi per l'area di piano G1P1 x A1 = 610 x 918 = 559980 daN

Q1P1 x A1 = 300 x 918 = 275400 daN

Calcolo delle forze di piano

F =

∑ ∗∗ ∗

Dove:

=

( )∗ ∗

; ( Fh = taglio orizzontale alla base) ;

Wtot = peso complessivo della costruzione = pesiG1 + 0.6 Qi = G1cop+0.6 x Q2cop+0.6 x

Q1cop+G1P1+0.6 x Q1P1 = 612000+0.6 x 72000+439200+0.6 x 216000+439200+0.6 x

216000 + 559980+0,6 x 275400 = =2518020 daN ; g = accelerazione di gravità

λ = 0,85 se la struttura ha almeno 3 orizzontamenti e se T1 < 2Tc ;

λ =1 in tutti gli altri casi (si prende λ=1 cautelativamente);

Sd(t) = ordinata dello spettro di risposta di progetto corrispondente al periodo fondamentale T1 e calcolato come segue (foglio di calcolo “Spettri di risposta-NTC”

(32)
(33)
(34)

Figura 3.23 Elaborati del foglio di calcolo del Consiglio dei LL.PP.

Alla luce di ciò è risultato uno spettro SLV con Sd(t)/g= 0.240

Procedendo con il calcolo:

=

( )

∗ ∗

Fh = 0.283 x 1 x 2518020 = 712600 daN Zc = 14,5 m Z2 = 10,2 m Z1 = 6,7 m ZT = 2,7 m

=

∗ ∗

!

! ! Wc = 612000+0.6 x 72000=684000 daN

(35)

" !∗ ! = (14,5 x 684000) + (10,2 x 568800) + (6,7 x 568800) + (2,7 x 725220) ! = 21488814 =712600 x 14,5x 68400021488814 = 328895 daN F45 = 712600 x 10,2 x 56880021488814 = 192395 daN F46 = 712600 x 6,7 x 56880021488814 = 126377 daN F47 = 712600 x 2,7 x 72522021488814 = 64933 daN Fcop = 3288,9 kN Fp2 = 1923,9 kN Fp1 = 1263,7 kN FpT = 649,3 kN

Come visto in precedenza, per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Tale eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti. Le forze di piano, infatti, sono state applicate al modello di calcolo tenendo conto di tale eccentricità, dando luogo ai momenti torcenti accennati precedentemente; le grandezze ottenute una volte inserite nel modello sono state combinate come indicato in normativa al punto 7.3.5:

E = 1,00*Ex + 0,3*Ey + 0,3*Ez

con rotazione dei coefficienti moltiplicativi (per ciascuna delle tre componenti) e conseguente individuazione degli effetti più gravosi. La componente verticale verrà tenuta in conto ove necessario [6].

(36)

L’ultimo passo infatti, prima di aver fatto eseguire al programma di calcolo l’analisi modale, è stato creare le combinazioni di carico come esplicato nelle NTC per le azioni statiche e per quelle sismiche e sia agli stati limite ultimi (SLU,SLV,SLC) che di esercizio (SLE,SLO,SLD).

3.4 Risultati sulla struttura esistente ottenuti

Una volta analizzati e definiti tutti gli aspetti necessari, come descritto in precedenza, si è passati all’analisi dinamica lineare attraverso l’utilizzo del programma di calcolo SAP2000.

Figura 3.24 Vista 3d del modello di calcolo dell’ITC Carrara

L'analisi sismica ha permesso di evidenziare il comportamento della struttura esistente in termini di modi di vibrare, partecipazione di massa e sollecitazioni sugli elementi resistenti.

(37)

Si riportano di seguito i valori ottenuti:

Tabella 3.5 Modi di vibrare e periodi della struttura esistente derivanti dall’analisi modale

Si raggiunge l'85% della massa partecipante al 9°modo di vibrare sia lungo la direzione x che lungo la direzione y (raccomandazione della norma già descritta al paragrafo 3.3.2).

Figura 3.25 Vista 3d del modello di calcolo dell’ITC Carrara

modo di vibrare periodo

0,7303s 0,7184s 0,6229s 0,2594s 1° 2° 3° 5° 6° 7° 8° 9° 0,2396s 0,2115s 0,1288s 0,1190s 0,1067s 4°

(38)

Figura 3.26 Vista 3d del modello di calcolo dell’ITC Carrara

3.4.1 VERIFICHE SULLA STRUTTURA ESISTENTE

La verifica consiste nell'analizzare il comportamento agli SLV (stati limite di salvaguardia della vita) e SLU (stati limite ultimi) degli elementi esistenti che assorbono le maggiori azioni e che risultano essere, quindi, maggiormente sollecitati. Le verifiche hanno riguardato gli elementi più critici e successivamente si riportano le verifiche effettuate per gli elementi verticali ( pilastri in c.a.) ed orizzontali ( travi in c.a.) più sollecitati. I pilastri che risultano maggiormente sollecitati sono presenti al piano seminterrato e sono evidenziati nella seguente immagine:

(39)

PILASTRO 1 Luce ( l ) = 2,7 m Luce ( l ) = 2700 mm Base ( b ) = 500 mm Altezza ( h ) = 900 mm Altezza utile ( d ) = 870 mm Copriferro ( c ) = 30 mm

Tensione di snervamento di calcolo acciaio: fyd = 315 N/mm2 (acciaio FeB 32 K)

Resistenza media a trazione cls: fctm = 0,30*fck^2/3 = 1,90 N/mm2 (Cls C16/20)

Resistenza di calcolo a compressione cls: fcd = (αcc*fck)/γc = 9,07 N/mm2

Dagli estratti delle relazioni di calcolo del 1959 si viene a conoscenza dell'armatura utilizzata per i pilastri di dimensione 40x40 cm (vedi anche paragrafo 3.1.1). Si calcola quindi la percentuale di armatura relativa a tale sezione di cls e si ipotizza, di conseguenza, la percentuale di armatura per i pilastri maggiormente sollecitati, di cui è nota la dimensione (dal rilievo effettuato) ma non si conosce l'effettiva armatura. Per il pilastro in esame di area= 4500 cm2

occorre un'area di armatura pari a = 35,35 cm2

Il dato ricavato verrà introdotto nel programma Gelfi per la verifica a pressoflessione deviata.

Tabella 3.6 Sollecitazioni per il pilastro 1 agli SLV e SLU

N M2 V3 M3 V2 KN KN KN KN-m KN-m Max 309,29 143,92 307,75 292,27 236,69 Min -317,360 -143,92 -307,75 -301,72 -244,25 Max -1956,67 -103,92 -67,25 -20,08 -11,43 Min -2046,460 -111,58 -72,11 -20,76 -11,83 Max 309,29 687,87 307,75 357,79 236,69 Min -317,360 -687,87 -307,75 -346,81 -244,25 Max -2002,24 83,12 -67,25 11,19 -11,43 Min -2092,02 77,67 -72,11 10,77 -11,83 sezione valore piede testa inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU combo

(40)

Verifica a pressoflessione deviata per la sezione di testa

Figura 3.28 Verifica a pressoflessione della sezione di testa (dominio di resistenza) La verifica non è soddisfatta; in particolare si ha:

MxEd = -143,92 kN*m ≤ MxRd = -76,01 kN*m NON VERIFICATO

MyEd = -301,72 kN*m ≤ MyRd = -179 kN*m NON VERIFICATO

Verifica a pressoflessione deviata per la sezione al piede

Figura 3.29 Verifica a pressoflessione della sezione al piede (dominio di resistenza) La verifica non è soddisfatta; in particolare si ha:

MxEd = 687,87 kN*m ≤ MxRd = 340,9 kN*m NON VERIFICATO

(41)

PILASTRO 2 Luce ( l ) = 2,7 m Luce ( l ) = 2700 mm Base ( b ) = 500 mm Altezza ( h ) = 900 mm Altezza utile ( d ) = 870 mm Copriferro ( c ) = 30 mm

Tensione di snervamento di calcolo acciaio: fyd = 315 N/mm2 (acciaio FeB 32 K)

Resistenza media a trazione cls: fctm = 0,30*fck^2/3 = 1,90 N/mm2 (Cls C16/20)

Resistenza di calcolo a compressione cls: fcd = (αcc*fck)/γc = 9,07 N/mm2

Dagli estratti delle relazioni di calcolo del 1959 si viene a conoscenza dell'armatura utilizzata per i pilastri di dimensione 40x40 cm (vedi anche paragrafo 3.1.1). Si calcola quindi la percentuale di armatura relativa a tale sezione di cls e si ipotizza, di conseguenza, la percentuale di armatura per i pilastri maggiormente sollecitati, di cui è nota la dimensione (dal rilievo effettuato) ma non si conosce l'effettiva armatura. Per il pilastro in esame di area= 5400 cm2

occorre un'area di armatura pari a = 42,42 cm2

Il dato ricavato verrà introdotto nel programma Gelfi per la verifica a pressoflessione deviata.

Tabella 3.7 Sollecitazioni per il pilastro 2 agli SLV e SLU

N M2 V3 M3 V2 KN KN KN KN-m KN-m Max 500,56 79,82 366,98 147,67 328,38 Min -519,970 -79,82 -366,98 -140,65 -314,4 Max -2197,01 123,65 55,65 -24,47 -15,42 Min -2296,740 115,53 51,9 -25,96 -16,33 Max 500,56 853,75 366,98 555,25 328,38 Min -519,970 -853,75 -366,98 -578,99 -314,4 Max -2243,79 1,33 55,65 9,96 -15,42 Min -2343,52 1,2 51,9 9,45 -16,33

sezione combo valore

testa inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU piede inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU

(42)

Verifica a pressoflessione deviata per la sezione di testa

Figura 3.30 Verifica a pressoflessione della sezione di testa (dominio di resistenza) La verifica è soddisfatta; in particolare si ha:

MxEd = -79,82 kN*m ≤ MxRd = -140,7 kN*m VERIFICATO

MyEd = 147,65 kN*m ≤ MyRd = 223,7 kN*m VERIFICATO

Verifica a pressoflessione deviata per la sezione al piede

Figura 3.31 Verifica a pressoflessione della sezione al piede (dominio di resistenza) La verifica non è soddisfatta; in particolare si ha:

MxEd = -853,75 kN*m ≤ MxRd = -253,9 kN*m NON VERIFICATO

(43)

Fin dalle prime verifiche si evince quindi che la struttura esistente non è capace di assorbire gli sforzi derivanti dall’analisi sismica. Tale esito risulta essere facilmente comprensibile considerando la mancanza, negli anni ’60, di prescrizioni riguardanti le azioni sismiche; la cultura della progettazione antisismica infatti si è evoluta solo qualche anno fa soprattutto con l’introduzione delle nuove normative.

Si reputa, dunque, non necessario riportare le altre verifiche eseguite poiché si giunge già da subito alla conclusione che la struttura in esame richiede interventi di miglioramento e consolidamento.

Per completezza, però, si riportano gli esiti delle verifiche effettuate anche sugli elementi orizzontali.

TRAVE 1

Figura 3.32 Indicazione della trave 1 di cui si riportano le verifiche effettuate (pianta piano primo)

Luce ( l ) = 6,3 m Luce ( l ) = 6300 mm Base ( b ) = 500 mm Altezza ( h ) = 900 mm Altezza utile ( d ) = 870 mm Copriferro ( c ) = 30 mm

Tensione di snervamento di calcolo acciaio: fyd = 315 N/mm2 (acciaio FeB 32 K)

(44)

Resistenza di calcolo a compressione cls: fcd = (αcc*fck)/γc = 9,07 N/mm2

Dagli estratti delle relazioni di calcolo del 1959 si viene a conoscenza dell'armatura utilizzata per le travi di dimensione 40x30 cm, 30x60 cm e 25x90 cm. Nel nostro caso la TRAVE 1 presenta dimensioni 50x90 cm. Si può quindi supporre e calcolare, con margine di errore molto ridotto, la percentuale di armatura presente nelle travi in esame e di cui non si conosce l'armatura effettiva.

Tabella 3.8 Calcolo del rapporto cls/armature per le travi esistenti

Si utilizza per le travi in esame un rapporto medio tra area di cls e armature pari a 165 per stare a vantaggio di sicurezza.

Per la trave in esame di area= 4500 cm2 occorre un'area di armatura pari a = 27,27 cm2

Tabella 3.9 Sollecitazioni per la trave 1 agli SLV e SLU

b h

40 30 cioè area cls = 1200 cm2

area di armatura= 6,09 cm2 rapporto area cls/area ferri= 197,04433

b h

30 60 cioè area cls = 1800 cm2

area di armatura= 12,31 cm2 rapporto area cls/area ferri= 146,22258

b h

25 90 cioè area cls = 2250 cm2

area di armatura= 14,32 cm2 rapporto area cls/area ferri= 157,12291

TRAVI PRESENTI NELLA RELAZIONE DEL 1959

M2 V3 M3 V2 Torc. KN KN KN-m KN-m KN Max 0 0 451,68 147,1 50,2 Min 0 0 -451,68 -147,1 -53,54 Max 0 0 -282,57 -395,01 2,14 Min 0 0 -303,64 -425,15 2,02 Max 0 0 40,77 147,1 50,2 Min 0 0 -40,77 -147,1 -53,54 Max 0 0 394,46 9,94 2,14 Min 0 0 366,23 8,75 2,01 Max 0 0 475,61 147,10 50,20 Min 0 0 -475,61 -147,10 -53,54 Max 0 0 -176,59 389,16 2,14 Min 0 0 -190,27 361,37 2,02 mezzeria inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU destra inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU sinistra inviluppo SLV inviluppo SLV inviluppo SLU inviluppo SLU

(45)

SEZIONE DI SINISTRA Verifica a flessione

Si è ipotizzata la rottura in campo 3, cioè, la rottura si ha per schiacciamento del conglomerato, cui corrisponde una tensione σcmax = fcd, con armatura tesa snervata

(σs > fyd), armatura compressa snervata o in fase elastica, con il conglomerato

parzialmente fessurato. Si è operato eguagliando Trazione (T) e Compressione ( C), da questa uguaglianza si è ricavata, per tentativi la posizione dell'asse neutro. Noto il valore di y si è calcolato il Momento Resistente (MRd). La verifica agli SLU , per il

momento agente, si effettua confontando il Momento di Progetto e il Momento Resistente (MRd). Affinchè la sezione sia verificata, deve risultare: MRd > MEd .

Distribuendo le armature in zona tesa e compressa con le stesse proporzioni viste nelle relazioni di calcolo del 1959, si ottiene:

A's = 495 mm2 As= 2232 mm2 C = σs' * As' + 0,8 fcd * b * y = 925,44 kN T = As * σs = As * fyd = 703,08 kN MEd = 451,68 kN*m MRd = T*(H/2 - c)+C*(H/2-c)+B*0,8y*fcd*(H/2-0,4*y) = 938,81 kN*m MEd < MRd VERIFICATO Verifica a taglio

Come espresso dalle NTC,al fine di escludere la formazione di meccanismi inelastici dovuti al taglio, le sollecitazioni di taglio di calcolo VEd si ottengono sommando il

contributo dovuto ai carichi gravitazionali agenti sulla trave, considerata incernierata agli estremi, alle sollecitazioni di taglio corrispondenti alla formazione delle cerniere plastiche nella trave e prodotte dai momenti resistenti delle due sezioni di plasticizzazione (generalmente quelle di estremità), amplificati del fattore di sovraresistenza γRd assunto pari ad 1 per strutture in CD”B”. Per ciascuna direzione

e ciascun verso di applicazione delle azioni sismiche, si considerano due valori di sollecitazione di taglio, massimo e minimo, ipotizzando rispettivamente la presenza e l’assenza dei carichi variabili e momenti resistenti, da assumere in ogni caso di verso concorde sulla trave. Inoltre, i momenti resistenti sono da calcolare sulla base delle armature flessionali effettivamente presenti, compreso il contributo di quelle poste

(46)

all’interno della larghezza collaborante di eventuali solette piene, se ancorate al di fuori della campata in esame. Quindi si procede prendendo il valore massimo tra il VEd ricavato dalle combinazioni fondamentali e il valore ricavato dalla combinazione

SLV e calcololato nel seguente modo:

VEd = VQ+VM

VQ = quota data dai carichi (G1,G2,Qk) = ((G1+G2+ψ02*Qk)*L)/2= 124,14 kN

G1 = 11,25 kN/m

G2 = 21,824 kN/m

Qk = 21,12 kN/m

VM = quota ricavata considerando cerniere plastiche e i momenti resistenti concordi;

VMA,1=((M-A + M+B)*γRd)/L = VMB,1 = 163,04 kN VMA,2=((M+A + M-B)*γRd)/L = VMB,2 = 163,04 kN γRd= 1 per CD"B" Calcolo quindi: VA= VQ + VMA,1 = 287,19 kN VA= VQ - VMA,2 = -38,90 kN VB= VQ + VMB,2 = 287,19 kN VB= VQ - VMB,1 = -38,90 kN

Si prendono i valori massimi di VA e VB:

VA = 287,19 kN

VB = 287,19 kN

Invece il valore massimo di VEd dato dalla combinazione fondamentale (da SAP) è :

VEd fond = 275,15 kN

Quindi il VEd sollecitante è : VEd = max (VA ; VEd fond) = 287,19 kN

Nelle due sezioni di appoggio il valore del taglio supera di regola il valore resistente della sezione senza staffe. Per la verifica si è effettuato prima il calcolo senza specifica armatura a taglio e poi al calcolo della resistenza a taglio con lo schema a traliccio: si calcola cioè la resistenza a taglio fornita rispettivamente dalle staffe di acciaio e dalle bielle di cls compresse. Entrambe devono risultare maggiori del taglio di progetto.

Calcolo senza specifica armatura a taglio:

VRd = {0,18* k * (100 *ρ1 * fck )1/3/ γc + 0,15*σcp} * bw *d ≥ VEd

VRd = 267,89 kN ≥ 287,19 NON VERIFICATO (occorre considerare il contributo

(47)

Dalla relazione del 1959 risultano le seguenti armature trasversali: sezione staffe: Φ 8 = 101 mm2 ; passo = 200 mm

Calcolo con specifica armatura a taglio:

Vrcd = [0,9*d*bw*αc*f'cd*(cotgα+cotgθ)]/(1+cotgθ^2)

Vrsd = [0,9*d*(Astaffa/s)*fyd*(cotgα+cotgθ)*senα]

Vrsd = 324,56 kN > VEd VERIFICATO

Vrcd = 887,40 kN >> VEd VERIFICATO

VEd = 287,19 kN

SEZIONE DI DESTRA Verifica a flessione

Distribuendo le armature in zona tesa e compressa con le stesse proporzioni viste nelle relazioni di calcolo del 1959, si ottiene:

A's = 495 mm2 As= 2232 mm2 C = σs' * As' + 0,8 fcd * b * y = 925,44 kN T = As * σs = As * fyd = 703,08 kN MEd = 475,61 kN*m MRd = T*(H/2 - c)+C*(H/2-c)+B*0,8y*fcd*(H/2-0,4*y) = 938,81 kN*m MEd < MRd VERIFICATO Verifica a taglio VEd = VQ+VM

VQ = quota data dai carichi (G1,G2,Qk) = ((G1+G2+ψ02*Qk)*L)/2= 124,14 kN

G1 = 11,25 kN/m

G2 = 21,824 kN/m

Qk = 21,12 kN/m

VM = quota ricavata considerando cerniere plastiche e i momenti resistenti concordi;

VMA,1=((M-A + M+B)*γRd)/L = VMB,1 = 163,00 kN

VMA,2=((M+A + M-B)*γRd)/L = VMB,2 = 162,85 kN

γRd= 1 per CD"B"

Calcolo quindi:

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